Genova Meravigliosa - Winter 2023/2024

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ANNO 2 - NUMERO 2 INVERNO 2023 - 2024

INVERNO 2023 / 2024


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GENOV A eravigliosa M

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Editore Massimiliano Monti S.r.l.

via XX Settembre, 41/3 Tel. +39 010 5532701 amministrazione@edizioniliguri.it Ufficio pubblicità via XX Settembre, 41/3 Tel. +39 010 5532701 redazione@edizioniguri.it Direttore Responsabile Giampiero Timossi Produzione Massimiliano Lussana Direzione artistica & Impaginazione Rolando Cassinari Stampato da Giuseppe Lang – Arti Grafiche Via Romairone, 66 - 16163 Genova Foto copertina: Cecilia Bermond+Zorbailgatto

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Contenuti 6

Waterfront. un pezzo alla volta il sogno in riva al mare si realizza

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Filippo Dellepiane. imprenditore social e "sociale"

19 AMT. Un nuovo modello di mobilità 24 Dall'industria pesante alla sostenibilità. La storia della famiglia Parodi di Isoverde 30 #comprosottocasa, il piacere della qualità e della fiducia 33 Rigenerazione urbana, così rivivono città e paesi. Intervista a Marco Scajola 40 HELAN l’azienda che ha inventato la natura 46 4 Assi, la Forza di Genova 50 La città ridisegnata, il ruolo sociale degli architetti 57 Fascicolo del cittadino, tutto il Comune e le pratiche in un clic 64 Mercati di Bolzaneto, il mercato del futuro è già qua 70 Gilardino e il Genoa, storia di un amore 75 Genova città a misura di bicicletta 78 Manfredi, l’uomo che vuole far tornare il cielo sempre più blu(cerchiato) 84 Carlo sempre più Felice. Tutta la stagione con un pensiero particolare ai giovani 90 La regata delle antiche repubbliche marinare 95 Genova Capitale del libro (e delle biblioteche) 101 Genova, viaggio nella City degli inglesi 106 Teatro Nazionale, da Fantozzi al nuovo teatro Ivo Chiesa, una stagione da ricordare 113 Palazzo Nicolosio Lomellino, il più fiorito dei Rolli 120 La stagione kolossal di TELENORD 126 Sua maestà la cucina ligure 132 I Mille… motivi per visitare il memoriale di Quarto, dove partirono i garibaldini 137 Natale a Genova. Le luci e le Feste attraverso le foto dell’Archivio Leoni 142 I Forti di Genova per 13 chilometri da sogno

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Editoriale

Breve storia del futuro Di Massimiliano Monti

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a Genova che verrà si può riassumere anche nel titolo di uno dei tanti saggi di Jacques Attali, economista, storico, scrittore, oggi brillante ottantenne e negli anni Novanta ascoltato consigliere del presidente francese François Mitterrand. La Genova che verrà è già iniziata, racconta di un 2024 che vedrà aperti 100 cantieri, grandi e piccoli, cifra tonda e dichiarata dal sindaco Marco Bucci. Sarà l’anno di una rivoluzione radicale, che “è giusto dirlo richiederà pure qualche disagio per i genovesi” come ha spiegato Bucci in una lunga chiacchierata con Telenord. Lo ha fatto senza sottrarsi, comprendendo che arrivare alla meta magari non sarà facile, “ma si farà tutto quanto è stato programmato”. Bene, forse proprio in questo sta il bello, il senso della sfida, la voglia di fare che accompagna il primo cittadino e la sua giunta anche in questa fare del suo secondo e ultimo mandato amministrativo.

Per il sindaco del fare l’anno 2024 si potrebbe anche lanciare con uno slogan, un passo in avanti, una trasformazione , un aggettivo sostantivato in più che farebbe di Marco Bucci il sindaco del fare tutto. Bella sfida, insieme a quella già lanciata di Genova Capitale del Libro, che viene seguita a ruota da Genova Capitale dello Sport. Definire questi momenti solo eventi risulterebbe riduttivo. Nel 2024 Genova diventerà centro italiano dello sport anche perché i campioni e le loro storie vivranno nei palasport e nei campi che accompagneranno anche la Genova del futuro. Sarà qualcosa che resterà per la città che verrà, una Genova Meravigliosa oggi e domani, come lo è stata nel suo Secolo d’Oro, quello di Genova sul tetto del mondo, in quegli anni tra il 1550 e il 1620. Anni raccontati in modo meraviglioso in ‘Breve storia del futuro’. Un libro e una storia tutta da leggere.

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un pezzo alla volta il sogno in riva al mare si realizza Di Valentina Carosini

È

già considerato il simbolo della Genova del futuro e tutto corre dentro e intorno all'area della Fiera di Genova dove prende forma sotto gli occhi della città il Waterfront di Levante, che ridisegnerà il fronte mare del capoluogo ligure e che prosegue la sua galoppata verso il completamento. Un'area che, una volta pronta, offrirà cinque lotti funzionali capaci di far vivere a pieno ritmo il nuovo quartiere 365 giorni l'anno. Una visione stilata da Renzo Piano, che ha firmato il progetto di completo restyling dell'affaccio al mare di Genova, uno dei più vasti progetti di rigenerazione ur-

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bana in Italia per ricollegare due parti di città divise, sulla direttrice levante-ponente, e creare uno spazio vivo notte e giorno con attività in sinergia tra pubblico e privato. Il 2024 vedrà il completamento di Palasport, residenze, il terzo lotto già avanzato e poi arriverà il Parco Urbano, ultimato per il 2025. Completato l’allagamento dei canali navigabili, inaugurati con l'arrivo di Ocean Race, ora l'acqua circonda già il padiglione Blu come un'enorme isola galleggiante, 15mila i metri quadrati di superficie totale, una profondità di tre metri e mezzo, per una capienza di 54mila metri cubi d’acqua e una

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lunghezza di circa 450 metri: lo spazio in acqua permetterà anche l'obiettivo di traguardare i 300 nuovi posti barca destinati ad incrementare le aree per il Salone Nautico Internazionale, che passerà da 1100 a 1400 posti per le imbarcazioni. Ma l'operazione più vasta è stato il ripensare un intero quartiere, con collegamenti funzionali tra il lungomare di corso Italia e Boccadasse ma anche legati a doppia mandata a via Brigate Partigiane e al lato a ponente dell'ex area Fiera. Ci sarà il nuovo parco urbano da circa 16.000 metri quadri, per collegare sull'asse Est-Ovest l'area delle mura storiche al Waterfront e da lì a Boccadasse, che metterà insieme passeggiata e area ciclabile. Ci sono già le residenze, nascerà uno studentato,

riprenderà nuova forma il Palasport, e ci sarà l'area che da sola farà da cornice ad una serie di esperimenti a livello urbanistico. Momento simbolico è stato il riempimento dei canali che visivamente circondano le strutture e i padiglioni del quartiere fieristico e che ha fatto parlare di 'fase storica' i vertici del comune di Genova a partire dal sindaco Marco Bucci. "Un grande passo avanti per Genova - aveva commentato il primo cittadino, nell'assistere all'operazione - continuiamo a lavorare per raggiungere il nostro obiettivo. Vedere l'acqua nei canali rappresenta anche un segnale di buon auspicio sia per i genovesi sia per tutti coloro che lavorano in questo cantiere". Canali che oltre all'impatto visivo sono dotati di un impianto di ricircolo dell’acqua, detto “talas8


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Waterfront sotermico”, per mantenere costantemente pulite le acque interne. La visione del Waterfront di Levante, una cerniera per ricucire la distanza tra porto e città riqualificando le aree dismesse della Ex-Fiera, è sviluppato da RPBW e OBR, un affaccio sul mare con nuove funzioni urbane e portuali, pubbliche e private, pensato per ricollegare levante e ponente e per tradurre in pratica una nuova idea di città, che prevede tra l'altro anche una riduzione di circa due terzi della volumetria preesistente e dimezzando la superficie costruita. Centrale l'opera di rigenerazione del nuovo Palasport, che sarà dedicato allo sport ed anche ai grandi eventi, uno spazio unico in città. "L'obiettivo è l'apertura dell'Arena sportiva per l'estate-autunno 2024, sarà una struttura di nuova generazione all'interno della quale potranno essere praticate dodici discipline sportive a livello di massima serie oltre ad eventi di natura internazionale". Lo racconta Massimo Moretti, direttore generale CDS holding spa, che del nuovo palasport cura la riqualificazione e il rilancio. Con una capienza fino a cinquemila persone, "sono tanti gli elementi che caratterizzano questa arena sportiva nella sua qualità - spiega - Il primo è la sua flessibilità:

non sarà il classico palasport che vive una volta alla settimana, ma un palasport che attraverso la sua configurazione e le sue tribune retrattili potrà far convivere ben cinque delegazioni o squadre sportive che potranno fare le loro attività, potremo avere la ginnastica artistica in contemporanea con la scherma, la pallavolo e la pallacanestro. La missione era ed è quella di costruire un ambiente che sia sempre vivo tutti i giorni tutto l'anno, pronto per i grandi eventi nazionali e internazionali, ma anche a disposizione della cittadinanza e degli agonisti per la loro attività quotidiana". 9


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Flessibilità significa che la struttura è studiata per ospitare eventi sportivi ma non solo, "superando - continua Moretti - anche i problemi che diversi impianti della città hanno e quindi dando la possibilità di far arrivare all'interno anche palchi e altri elementi". Altri temi importanti sono la sostenibilità, l'architettura e la qualità. Una struttura adeguata agli standard stringenti del Coni sulla quale si è lavorato per dare una piena visibilità di tutta l'area da gioco da ogni seduta e per abbattere le barriere architettoniche. Di più, per superare ogni forma di discriminazione. "Abbiamo voluto che questo Palasport fosse inclusivo completamente privo di barriere architettoniche - dice Moretti- o elementi di discriminazione. Abbiamo lavorato molto con la Consulta disabili e il comune realizzato un ingresso a raso e collegamenti con gli ascensori e i percorsi, perché anche i disabili motori, che normalmente per ragioni di sicurezza hanno un'area accanto al campo riservata, potessero accedere ai posti anche nelle parti alte della struttura, chiaramente in sicurezza in caso di deflusso". Altro elemento importante è quello della sostenibilità. "C'è - sottolinea ancora - una presenza massiva di pannelli fotovoltaici, caldo e freddo saranno generati attraverso la talassotermia". Centrale l'aspetto architettonico del Palasport, firmato da Renzo Piano. "Abbiamo l'orgoglio che lui abbia accettato di firmare questo progetto - ricorda Moretti - facendo fare a quest'area in un salto di qualità, esaltandone la circolarità con elementi straordinari. Si è creata un'arena vera e propria che avrà, tutto intorno, nove metri di altezza di pannelli fonoassorbenti per superare il grande problema del riverbero e dell'acustica che aveva il Palasport precedente. E poi l'elemento eccezionale, che io chiamo 'Palasport hollywoodiano': su questi pannelli fonoassorbenti sarà possibile proiettare delle immagini e quindi diventa un ambiente emozionale, come trovarsi seduti all'interno di un cinema". Nell'insieme: "il simbolo di una nuova Liguria, con le magnifiche torri realizzate da Renzo Piano, i canali d’acqua, il palazzetto dello sport – come ha spiegato anche il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti - che ripaga dei tantissimi sforzi fatti il Comune di Genova, Regione Liguria, i nostri tecnici, i soci di questo gigantesco cantiere, il più grande di rigenerazione urbana del nostro Paese.

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Waterfront

Un intero quartiere di centinaia e centinaia di metri fronte mare e completamente rifatto con abitazioni, locali, palazzetti dello sport, credo sia qualcosa di unico". Filosofia portante, quella di vedere la città riappropriarsi del suo affaccio al mare. "Un cantiere 'parlante' in un’area che non abbiamo mai voluto chiudere, ma che abbiamo voluto tenere viva, permettendo che vi si svolgessero gli eventi fondamentali".

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Nelle parole del vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Pietro Piciocchi che ha scandito anche il cronoprogramma delle operazioni e del cantiere, fino al termine del progetto. "L'obiettivo - aveva spiegato in occasione dell'inaugurazione dei nuovi canali - è quello di concludere tutta l'operazione Waterfront entro il 31 dicembre del 2024, il che significa che l'anno prossimo avremo la conclusione del palasport, l'edificazione degli edifici tra il canale navigabile e le mura quindi a nord del padiglione Blu e dell'edificio a ponente del padiglione stesso; sono già in corso di scavo le fondazioni a nord del canale navigabile e contiamo di concludere la parte di viabilità nel mese di settembre. Dopodiché toccherà al parco, perché va ricordato che in questa zona della città, insieme con l'area di piazzale Kennedy, avremo il più grande parco urbano cittadino e anche questo vedrà la luce entro la primavera 2025".

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Filippo Dellepiane imprenditore social e "sociale" Di Giampiero Timossi

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ilippo Dellepiane vive il suo tempo come si trattasse di un participio presente: guarda all’oggi, proiettato al domani. Per esempio: segue le evoluzioni, non le mode, non si lascia trascinare dalle tendenze, ma s’informa sulle trasformazioni. Così trova una visione del futuro. È una buona qualità per un imprenditore. Dellepiane, 49 anni, genovese, diploma classico al Vittorino da Feltre, laurea in Ingegneria Civile, master in general management alla Bocconi, dottorato in curiosità permanente è (anche) un imprenditore. Un manager che non perde d’occhio quello che gli sta intorno, il sociale, inteso in particolare come impegno associativo. Dal sociale ai social, c’è un piccolo nesso. Lui sorride: “Ogni tanto sbircio cose su Twitter, io lo chiamo ancora così e non X. Soprattutto leggo quello che scrivono altri che per me meritano attenzione”. Ripartiamo da qui, dalla definizione che Filippo Dellepiane dà di se stesso su Twitter. “Imprenditore edile-liberale di corrente fogliante”. Vale più di mille curricula e si chiude (è quasi ovvio) con quel participio che definisce un certo modo d’ intendere l’informazione. E una sincera passione. Conferma: “Il Foglio è un quotidiano che mi piace leggere, soprattutto per l’originalità dei contenuti e mi piace di tanto in tanto confrontarmi con il direttore Claudio Cerasa e alcuni suoi giornalisti”. Così, proseguendo con un po’ di gradevole disordine, si può anche raccontare di certe indiscrezioni che vorrebbero Filippo Dellepiane interessato a un nuovo progetto editoriale. Lui sorride: “Dicevo appunto che amo un certo modo di fare informazione e in questo senso non sono particolarmente interessato alle indiscrezioni”. Insomma, si vedrà. A far correre la fantasia contribuirebbe una delle ultime tappe del per-

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corso imprenditoriale di Filippo e della famiglia Dellepiane: aver ceduto Rimorchiatori Mediterranei a Msc. “Un’operazione economicamente importante per tutti noi soci, ovviamente non solo per la nostra famiglia”, spiega. Soci ai quali fa ancora capo il Gruppo Rimorchiatori Riuniti, del quale Filippo Dellepiane è stato anche consigliere d’amministrazione. “La portualità è senza dubbio uno dei miei interessi imprenditoriali e in questo senso credo che, per Genova, investimenti come quello della nuova diga foranea e del tunnel sub portuale siano importanti, a condizione che vengano accompagnati da opere infrastrutturali che servono da troppo tempo. Penso al terzo valico; voglio fidarmi del fatto che sarà completato entro la scadenza annunciata del 2026 e per completato intendo anche nel tratto padano”. Sviluppo e una visione d’insieme. Perché, sempre per tornare a quella definizione social, Dellepiane è anche (o soprattutto) imprenditore edile. Dell’edilizia ha un’idea in equilibrio, espressa nei suoi interventi associativi, perché nell’Associazione nazionale costruttori edili ha ricoperto molti incarichi di vertice, regionali e nazionali. E oggi in Ance ha la delega al comitato di presidenza nazionale. Sostiene: “Costruire bene, perché andare incontro alla qualità di vita della popolazione è il solo modo che conosco per andare nella direzione giusta per favorire lo sviluppo del mercato”. Di Genova ha un’idea precisa, del suo sindaco Marco Bucci pure: “Può andare bene anche un sindaco che entra come una ruspa, in una situazione di stallo”. Poi ci sono le sfumature, quelle di Dellepiane dicono: “Una città di 600.000 abitanti non può essere solo turismo, non ha le dimensioni di Siena, giusto per fare un esempio che credo sia centrato; dunque, non può avere le stessa vocazione di Siena”. Lo stesso discorso vale per la sua conformazione o se vi pare per l’abito che dovrà indossare. Pensare al guardaroba di una grande città significa in qualche modo prevedere le stagioni, sapere cosa dovrà indossare per il tempo libero e per il lavoro, come disegnare quelle aree ancora in parte dismesse o altre in cerca di una nuova destinazione. “C’è la discussione sulle aree ex Ilva? Per me quelle aree sono porto ed è dunque un ragionamento corretto pensare che con le attività portuali vada ricostruito il loro futuro. Non totalmente? Se ne discuta, considerando un giusto mix tra parte turistica e industriale, ma cambiarne radicalmente la storia a mio parere rappresenta un errore. Un qualcosa già fatto con la Fiumara”.

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n’è una che resiste, non è l’unica, ma sembra quasi un simbolo, color grigio tendente al ruggine. “Il gasometro che si vedeva da Ponte Morandi e che si vede da Ponte San Giorgio. Quella cosa meritava di essere vincolata? No, per me il no è categorico. Non era possibile buttarlo giù, ora è una monumentale accozzaglia di ruggine, simbolo del non saper decidere per chi arriva a Genova dall’Europa”. Ecco Genova per lui è anche questo, è molte cose, una città che immagine come una grande famiglia, dove Dellepiane vive con la moglie Maria Matilde e le figlie Margherita e Ludovica, 12 e 9 anni. Una città che merita di essere finalmente connessa e qui il tema social si fa sociale. “Genova non può essere, non è in competizione con Milano, offre opportunità di lavoro diverse, mi sembra evidente. A Milano ci sono gli studi di grandi professionisti, anche genovesi, vere eccellenze nazionali e internazionali, che però scelgono il capoluogo lombardo per dare un centro operativo alla loro professione. Dunque la nostra città può e deve crescere, individuando le giuste strategie. Come? Intanto, creando nuove opportunità lavorative, ma per farlo deve essere necessariamente connessa in modo adeguato con i tempi. Ci sono ritardi decennali,

Un errore? “Si, credo lo sia stato. Meglio, penso resti un’occasione persa dalla città per dare una nuova fisionomia al centroponente”. Un ricostruire o costruire senza storia, senza una narrazione che partisse

dal passato per guardare al futuro. Un paradosso, se si pensa all’ostinazione poi dimostrata in altri brandelli della città. Buttar giù non è un mantra del costruttore edile, anche qui si tratta di sfumature. Ce

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Filippo Dellepiane mi pare evidente. Bisogna potenziare i collegamenti ferroviari, con il Terzo Valico, per le attività portuali, ma bisogna anche mettere mano al traffico passeggeri. Non basta, bisogna anche sviluppare i collegamenti autostradali. Certo, la Gronda. Però siamo certi che la Gronda sia l’unica soluzione? Non basta, bisogna mettere mano in tempi ragionevoli all’autostrada A7, stiamo parlando della Camionale, costruita nel Ventennio, va ‘raddrizzata’, non è possibile considerarla un’autostrada. È evidente a tutti che la situazione dei cantieri autostradali, dichiaratamente destinata a proseguire per almeno altri cinque anni, deve portare a un sistema che sia almeno accettabile per connettere la nostra città con il resto del Nord”. Così, un passo alla volta, il participio presente di Filippo Dellepiane si carica di sfumature che rendono la tela colorata e originale. E il taglio imprenditoriale si unisce a una certa passione politica. Dellepiane sorride: “La politica e i suoi ragionamenti mi appassionano, da anni, dai miei giovanili sentimenti radicali fino a oggi. Ho declinato questo impegno anche nella vita associativa, certo”. Un impegno politico diverso? “Ammetto di averci anche pensato, mai però con la dovuta convinzione, arrivando infine alla conclusione che non sarei adeguatamente attrezzato per assorbire certi colpi bassi

della politica”. Per il momento (autostrade permettendo) meglio salire quando c’è tempo in Valle d’Aosta e andar per montagne, “perché alpinismo e sci sono le mie grandi passioni,

insieme ai viaggi e ora vorrei fare un bel trekking in Nepal, una di quelle cose senza esagerare con imprese rischiose a cifre inadeguate”. Buona strada, imprenditore sorridente.

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Un nuovo modello di mobilità La rivoluzione delle tariffe e la metro gratis portano Genova nel futuro Parla la presidente Ilaria Gavuglio Di Massimiliano Lussana

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ul tavolo di Ilaria Gavuglio, presidente di AMT, ci sono tabelle e tariffe dei mezzi che saranno in vigore dal gennaio 2024 da cui emerge subito un particolare: un “disboscamento” delle modalità tariffarie, oggi molto più semplici da leggere. Perché, sostanzialmente, siamo di fronte a una rivoluzione copernicana del modello di mobilità: non si ragiona più da Nervi a Voltri, a Pontede-

cimo e a Prato, ma su tutta la Città Metropolitana di Genova, da Cogoleto a Moneglia e poi tutte le valli: Stura, Scrivia, Trebbia, Petronio, Aveto, Graveglia, Fontanabuona, Polcevera e tutti i 67 Comuni della Città Metropolitana di Genova, fino ai confini con le province di Savona e La Spezia a ponente e a levante, e poi con il Piemonte e la provincia di Alessandria e l’Emilia-Romagna con quelle di Parma e Piacenza.

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più persone all’uso dei mezzi pubblici e fidelizzarle, in modo che AMT sia la prima scelta di mobilità sostenibile sulla rete metropolitana genovese”. Presidente Gavuglio, partiamo dalla notizia migliore: la metropolitana sarà sempre gratis, anche uscendo dalle fasce orarie di questa prima fase di sperimentazione, così come gli impianti verticali e tutti i mezzi per alcune fasce di età. E’ un passo ulteriore verso l’idea del sindaco Marco Bucci di rendere completamente gratuito il servizio pubblico finanziandolo con altre risorse? “Iniziamo col dire che è una manovra che non ha uguali in tutta Italia che nasce da uno studio iniziato dal primo giorno in cui ho assunto questo incarico, a dicembre del 2022. Ringrazio il sindaco e l’amministrazione per averci indicato la direzione e, da questa, noi ci siamo mossi sui dati che dimostrano come la gratuità degli impianti verticali e poi anche quella della metropolitana abbia incentivato l’uso del mezzo pubblico, anche nelle fasce in cui invece il biglietto era ancora a pagamento. Pensi che l’uso degli impianti verticali è cresciuto

Dove, ad esempio, appena passato il confine di Gorreto, il compartimento dell’Anas è già quello di Bologna. “Ecco, con i nuovi biglietti AMT si può arrivare ovunque” sorride la presidente della municipalizzata dei trasporti, non più urbani, ma metropolitani, Ilaria Gavuglio: “Abbiamo lavorato molto sulla semplificazione della scelta e sulla convenienza. L’obiettivo finale è quello di incentivare sempre

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AMT del 40 per cento, quello della metropolitana del 30 per cento”.

di quelle collinari, vedranno aumentare le frequenze sulla base di uno studio sull’utilizzo e sulla densità di popolazione nelle varie zone”.

Certamente l’avrà incentivato. Ma, a volte, soprattutto in determinate fasce orarie, si trovano i mezzi strapieni, cosa che invece non “incentiva” a salire sull’autobus…. “Ha detto bene “soprattutto in determinate fasce orarie”. Infatti, la nostra preoccupazione, anche con questa manovra mira al riequilibrio dei carichi, svuotando per quanto possibile i bus nelle ore di

Leggendo il dettaglio di tutte le tariffe si vede che queste agevolazioni sono riservate ai residenti della Città Metropolitana di Genova. E i foresti? Volete rinverdire i tormentoni dei cabarettisti sull’ospitalità ligure? “Assolutamente no, anzi la nostra scelta va nella stessa direzione delle città turistiche, che hanno

punta e offrendo il trasporto pubblico gratuitamente ad alcune categorie anche con una finalità sociale”.

prezzi e modalità di trasporto differenziate fra turisti e residenti. Ma anche i primi godranno di ottime novità sui titoli di viaggio, come quello valido per 24 ore a dieci euro in tutta la Città Metropolitana, compresa la Navebus, il Volabus, il trenino di Casella e la gettonatissima linea 782 fra Santa Margherita Ligure e Portofino, che è la preferita dai turisti per arrivare in Piazzetta. Per comprendere quanto sia vantaggiosa questa offerta, basti pensare che da solo il biglietto di corsa semplice sulla 782 costa 5 euro”.

Gratis, finalità sociale, autobus parzialmente svuotati…E che è? E’ una manovra tariffaria o Babbo Natale? “Faccia poco lo spiritoso, glielo spiego. Oltre alla gratuità tutto il giorno per metropolitana e impianti verticali ne viene inserita una nuova per i ragazzi under 14, scelta che vuole avere anche una finalità educativa e sostenibile, visto che loro saranno i viaggiatori del trasporto pubblico dei prossimi anni, e una per gli over 70, anche in questo caso legata al discorso sociale, ma solo dopo le 9,30, in modo che i viaggiatori che beneficiano di questa agevolazione non scelgano i mezzi nelle ore più affollate in cui i ragazzi vanno a scuola. In più alcune linee, penso alla 1, ma anche ad alcune

Lei ha citato anche il trenino di Casella e la Navebus. La caratteristica principale di Amt rispetto ad altre aziende di trasporto pubblico è la scelta dei mezzi. Andrete avanti su questa strada quasi “intermodale”? “Certamente: abbiamo gli autobus, urbani e diretti alle varie zone della Città Metropolitana, il si21


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stema degli ascensori, compreso quello orizzontale-verticale di Montegalletto, da via Balbi a Castelletto, la Genova-Casella per l’appunto, le funicolari Zecca-Righi e Sant’Anna, la Navebus dal Porto Antico al Molo Archetti a Pegli, il treno a Cremagliera da Principe a Granarolo, la metropolitana, la possibilità di utilizzare il treno di Trenitalia nei tratti urbani, i servizi integrativi e i taxibus e i servizi a chiamata.

Tutto molto bello, ma c’è anche una cattiva notizia. In questo quadro il biglietto del bus salirà a due euro e quello integrato treno più bus a due euro e venti centesimi. Come si concilia questo con la volontà di incentivare il mezzo pubblico? “In realtà questo biglietto offre un servizio diverso rispetto al titolo di viaggio precedente, visto che estende la validità del viaggio a tutta la

Qualcosa che non ha uguali in tutta Italia e cinque di queste modalità sono già green al 100 per cento”.

rete XXL di AMT e viene estesa anche la durata del biglietto a 110 minuti. Contemporaneamente, calano molto i prezzi degli abbonamenti, in modo da fidelizzare ulteriormente i nostri passeggeri”

Ecco, a proposito di sostenibilità, quando potremo dimenticare gli sbuffi scuri che escono dagli scarichi dei bus? “Di fatto, in molti casi, sono già un lontano ricordo. Abbiamo 142 mezzi green, 24 linee dove sono in esercizio mezzi elettrici, la linea filoviaria del 20 e stazioni di ricarica elettrica nelle rimesse Mangini alla Foce, a Cornigliano, a Carasco e a Rapallo”.

Avete spiegato che è una rivoluzione ed effettivamente lo è. Ma ogni rivoluzione ha il suo scopo. Il vostro qual è? “Far sì che la nostra rete sia la prima scelta di mobilità sostenibile in tutta la Città Metropolitana di Genova. Una delle conseguenze sarà che in questo modo diminuirà ovviamente il traffico di mezzi privati”.

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Verezzi

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Dall'industria pesante alla sostenibilità la storia della famiglia Parodi di Isoverde Di Gilberto Volpara

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mpossibile sintetizzare tutti i fronti aperti di un’impresa, la A&A Fratelli Parodi SpA, orientata in un business traducibile con un unico filo conduttore: sostenibilità e innovazione. Il cuore pulsante resta tra Campomorone e Ceranesi alle spalle della Lanterna. Fatturato intorno ai 300 milioni di euro, con una forza lavoro pari a 300 persone più l’indotto. Tra i settori di maggiore 24


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La famiglia Parodi di Isoverde interesse e parallela espansione spicca l’impegno in tema di microalghe per nutrimento destinate agli allevamenti di pesce con relativa collaborazione tra l’azienda e l’Acquario di Genova. Gli ultimi mesi, per il gruppo, hanno segnato l’acquisizione di una realtà imprenditoriale biotech sita all’interno delle aree dell’ospedale San Martino: qui lo studio e l’estrazione di integratori naturali in riferimento ai derivati dell’olio di pesce. Spaccati di un’industria d’alta Valpolcevera, sulle prima alture di Liguria che, attra-

verso gli ultimi decenni, ha saputo adattarsi ai tempi grazie alla mentalità del proprio riferimento: Augusto Parodi, presidente di Apg Group, ossia, la realtà che ingloba tutte le sfide dell’intera proprietà giunta alla quarta generazione con l’avvento dei figli sempre più presenti assieme alla moglie. La sintesi di Parodi: “E’ complesso spiegare l’ampia gamma dei nostri investimenti, peraltro il potenziale è ancora in evoluzione. Senza dubbio una delle principali attenzioni è rivolta al comparto delle biotecnologie.

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dotta da fonti rinnovabili, valutiamo ulteriore espansione su 20 ettari della Piana di Albenga. Utilizziamo l’acqua salmastra in profondità. Tanto nel sito imperiese quanto in quello ingauno, l’anidride carbonica liberata dai diversi processi viene in parte riutilizzata nella produzione di microalghe, coltivate su una superficie fotosintetica. Parliamo di microrganismi in grado di assorbire l’anidride carbonica per completare il proprio metabolismo e riprodursi. Il vantaggio è anche economico. Quando le microalghe sono essiccate, possono essere vendute come biomassa, mangime o integratori e superfood nell’alimentazione umana”. Oltre il ponente, e le varie presenze in più continenti, per quella che i valligiani del genovesato considerano, semplicemente, “la Fratelli Parodi” c’è la sfida milanese di Inveruno. Si tratta del nuovo

Oltre alla sede di Camporosso, dove produciamo circa 7000 tonnellate di olii alimentari e cosmetici all’anno, con energia elettrica e termica pro26


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La famiglia Parodi di Isoverde sito produttivo del milanese. Un complesso industriale di 10 ettari con il particolare non secondario, in rapporto al territorio ligure, d’essere dislocato in un contesto pianeggiante. “Qui produciamo acidi grassi, la materia prima dell’oleochimica, usando più possibile sottoprodotti, in una logica di vera economia circolare. Accorciamo la filiera, evitando l’utilizzo forzato dell’olio di palma d’origine asiatica. Dunque, benefici ambientali ed economici. Sempre qui, con una fondamentale dotazione proveniente dal Pnrr, e relativa ‘benedizione’ europea, l’ambiziosa sfida

all’estrazione del glucosio dagli scarti del legno. Necessitiamo di 20 o 30 ettari, ci stiamo guardando intorno per essere pronti al momento giusto”. Nel frattempo, sono trascorsi 68 anni da quel 1955 data di fondazione dell’avventura imprenditoriale nella borgata di Isoverde sopra il centro di Campomorone: “Quale è stato il segreto del nostro successo? Probabilmente, aver introdotto una filosofia incentrata sulla chimica green in largo anticipo rispetto al resto del mercato internazionale. Questa visione ha portato allo sviluppo di un know-how che, oggi, ci con-

di un impianto pilota, primo a livello continentale, per la rigenerazione dei bio lubrificanti esausti: grassi e olii non più utilizzabili. Ulteriore obiettivo, un impianto fotovoltaico e pro biogas per sfruttare al meglio i picchi di produzione. C’è, poi, il traguardo dei sogni, quelli che Augusto Parodi ha saputo trasformare, spesso, in realtà: “Stiamo progettando un’espansione legata

traddistingue per una struttura produttiva caratterizzata da grande elasticità e dalla capacità di diversificare le soluzioni, un vero e proprio traguardo nel settore della chimica industriale. Sguardo sul mondo che, però, non abbandona le origini: “Siamo partiti dalla Valverde in alta Valpolcevera e, nonostante oggettive difficoltà d’espansione, siamo legati a questa terra. 27


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Precetti, verrà accorpato il nostro centro ricerche con la nascita del polo della cosmetica (vedi progetto nella foto). Un ulteriore radicamento, con incremento occupazionale nell’ordine delle 30 persone, in una vallata che ha segnato il nostro avvio e rappresenterà ancora il futuro” prosegue Parodi. Peraltro, i laboratori dell’azienda rappresentano eccellenze a livello italiano ed europeo, garanzia che i prodotti rispecchino sempre i più alti standard di qualità, grazie a test e analisi continue effettuate da personale altamente qualificato. Questo lavoro è alla base della fornitura di lavorazioni caratterizzate da grande stabilità nel tempo e dalla minimizzazione del rischio di cali di performance o di pro-

La dimostrazione giunge dall’ultimo passo che abbiamo voluto compiere a poche centinaia di metri dalla nostra sede. Sul territorio di Ceranesi, in un sito industriale conosciuto come ex

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La famiglia Parodi di Isoverde dotti non conformi alle specifiche. Infine, un ulteriore tassello che resta in agenda per suggellare, ancora una volta, il legame tra la famiglia Parodi e il proprio hinterland. A descrivere la visione, questa volta sono Alessia Parodi, dottoressa in biotecnologie industriali, figlia del titolare, e l’agronomo Matteo Olivieri: “Nei terreni di Campora, adiacenti alla sede, oltre alla creazione di sistemi idraulici e a interventi anti dissesto, abbiamo impiantato 200 piante di ulivo. I progetti futuri riguarderanno la rimessa a coltura con nursery di piante officinali e spontanee autoctone dei territori liguri. Saranno reimpiegate nell’area di Cravasco, nel comune di Campomorone, con un processo interamente

svolto a livello aziendale. A seguire, la pulizia della zona adiacente con parco giochi fruibile dai bambini della vicina scuola e utilizzabile per la comunità. Proprio a Cravasco, dopo un’ingente opera di pulizia, il traguardo sarebbe quello d’attivare una coltura di piante officinali miste autoctone, allevate da seme per l’estrazione di olii essenziali da reimpiegare nelle fi-

liere aziendali e, principalmente, in campo cosmetico. Ne saranno esempi lavanda, timo, origano, menta o rosmarino. Inoltre, istituiremo un appezzamento per la produzione di piante spontanee da utilizzare in preparazioni alimentari proponendo collaborazioni ad altre aziende del territorio: tarassaco, ortica, borragine, bietola, cicoria”. I prodotti derivanti dalle sopracitate attività, dopo estrazione dei principi attivi, saranno testati per le loro specificità su vari ceppi di batteri in laboratorio. Le verifiche verranno fatte in vivo sia su ceppi batterici probiotici che patogeni per l’organismo umano. I risultati potranno permettere l’utilizzazione in filiere cosmetiche e nutraceutiche. Valverde modello nazionale? La risposta è quella di papà Augusto: “Un passo alla volta. Innegabile che qui ci siano significati sociali, ambientali ed economici. Sfruttando i principi dei nonni, adattati alle tecnologie d’oggi, auspichiamo ulteriore occupazione. Ora, però, sotto con lavoro e fatica”.

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#comprosottocasa,

il piacere della qualità e della fiducia

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a davvero vogliamo città tristi e grigie, senza le luci delle vetrine perché i negozi hanno chiuso e gli acquisti ci vengono recapitati a casa dal corriere o in alternativa si va a fare compere in super e ipermercati? “Comprare sotto casa” è una scelta virtuosa e non virtuale. Ma è anche una scelta di qualità perché ci affidiamo a chi conosce i nostri gusti le nostre abitudini e sa consigliarci per soddisfare le nostre esigenze. È una scelta sostenibile e vicina al territorio. Anche quest’anno la spesa dei genovesi sarà all’insegna del motto #comprasottocasa. È la campagna promossa dalla Camera di Commercio e dalle associazioni di categoria del commercio e dell’artigianato (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e Cna Genova) e sostenuta da Regione, Comune di Genova e Fondazione Carige.

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Lo scopo è rendere consapevoli i residenti e i visitatori della nostra città di quanto sia importante fare acquisti dai produttori e dai commercianti locali. È un'iniziativa nata nel 2020 come risposta alla pandemia e come sostegno ai produttori locali in un momento eccezionale, la campagna è stata rilanciata e via via rinforzata, puntando sulle tante peculiarità degli acquisti nei negozi di vicinato, dall’importanza del fattore umano alla sostenibilità ambientale e sociale. Persuadere i cittadini ad acquistare con fiducia nelle attività del proprio territorio, valorizzando tutte le possibilità offerte e dando la possibilità al mercato tradizionale di esprimere e far conoscere i propri valori sono fondamento di cultura, civiltà e ricchezza economica per il territorio. Per #comprosottocasa” si è scelto il periodo invernale perché è quello clou per quanto riguarda il commercio al dettaglio. Gli acquisti da mettere sotto l'albero sono un simbolo, ma è evidente che la scelta di privilegiare i negozi di quartiere va proiettata sui dodici mesi. Ci sono valori sociali e umani da salvaguardare che non valgono il risparmio di qualche euro. E la Camera di Commercio di Genova, dopo aver valorizzato insieme al Comune le Botteghe Storiche della nostra città, è in prima linea per quanto riguarda la realizzazione di questo progetto. Le parole con le quali Paolo Odone, il presidente di Ascom Foto di Twice25 e Rinina25 Confcommercio Genova scom7 31


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parso lo scorso aprile, presentò lo un anno fa la campagna #comprasottocasa, aiutano a comprendere meglio quanto sia importante questa iniziativa: "Il piccolo commercio è importantissimo perché fa vivere la città, una città che è sempre più turistica e che sta cambiando e migliorando. Il commercio rende vivo il tessuto della città. Aiuta i quartieri a restare puliti, illuminati, sicuri e vivibili. E poi crea relazioni tra clienti e residenti. Ha anche un aspetto sociale. Guardiamo ad esempio al nostro centro storico che vive situazioni difficili con la movida. Viviamo in un momento difficile ma c'è voglia di resistere. Iniziative come 'comprosottocasa' aiutano tutto il tessuto cittadino".

Foto di Alain Rouiller

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così rivivono città e paesi Intervista a Marco Scajola Di Massimiliano Lussana

quasi una parola magica, un “abracadabra”, l’endiadi “rigenerazione urbana” che sta contraddistinguendo negli ultimi anni l’opera in questo campo della giunta regionale di Giovanni Toti e il lavoro del suo assessore all’Urbanistica che, dal 2021 ad oggi, in due anni di vita di questo progetto, ha già finanziato più di cento interventi, 116 per la precisione, facendo una media quasi un Comune su due in tutta la regione, con un investimento complessivo di 28 milioni di euro.

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Assessore, cosa sta rigenerando in questo momento? Marco Scajola si rigenera il suo leggendario ciuffo e parte con la lista degli ultimi interventi, che sono 35 in tutto il territorio ligure con uno stanziamento di 8 milioni e 434mila euro. “Abbiamo raggiunto un risultato straordinario di reale riqualificazione del territorio e con questi nuovi interventi arriveremo al record di cinquanta opere di questo genere finanziate nel solo 2023 per oltre 14,5 milioni di euro. Numeri mai visti prima, che testimoniano, ancora una volta, il netto cambio di passo che la Liguria ha intrapreso in questo settore con la nostra amministrazione regionale. Siamo diventati un punto di riferimento a livello nazionale per il recupero dell’esistente, nella riqualificazione di 34


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Rigenerazione urbana borghi e città senza nuovo consumo di suolo. Con queste nuove risorse recupereremo piazze, vie, passeggiate, giardini, edifici di edilizia residenziale pubblica e sociale con il doppio obiettivo di migliorare la qualità della vita dei cittadini e rendere tanti Comuni liguri sempre più belli e attrattivi per i turisti”.

anche a questi ultimi perché sappiamo che più servizi, più sicurezza, più bellezza, più collegamenti, riqualificazione con maggiori standard, significano la vita stessa del nostro entroterra. E devo ringraziare i Comuni per il grande supporto che ci hanno dato, perché sono loro che fanno i progetti e poi ce li sottopongono”. Insomma, la rigenerazione urbana è un lavoro da sindaco? “E’ un lavoro di squadra, ma il lavoro dei primi cittadini è decisivo, perché conoscono il territorio. Noi chiediamo loro che i progetti siano sostenibili e immediatamente cantierabili e l’idea che ci ha mosso con il presidente Toti e tutta la giunta è stata quella di cambiare completamente l’idea dei finanziamenti a pioggia o irrealizzabili o fermi ai progetti preliminari, per cui magari la prima pietra si pone cinque anni dopo la richiesta, con il rischio che i progetti siano vecchi e i costi completamente mal calcolati. Insomma, abbiamo ribaltato proprio la mentalità che c’era prima”.

Assessore, fuori i nomi e i numeri. “Dall’inizio del progetto, nell’area metropolitana di Genova sono stati finanziati 26 interventi per circa tre milioni e mezzo di euro, 1 milione 220 mila euro dei quali in quest’ultima tranche: per la precisione riqualificheremo via Fonte dei Doria a Santo Stefano d’Aveto, i percorsi pedonali a Ronco Scrivia, il parco Cavagnari a Cicagna, il percorso e l’area Piana Nardin a Busalla e l’area esterna della chiesa millenaria di San Marziano a Carasco”.

Tutto molto giusto e tutto molto bello. Ma i piccoli Comuni come possono permettersi di fare progetti esecutivi di opere magari complesse come il rifacimento di una piazza o di una strada che in una metropoli sembra ordinaria amministrazione, ma che in un paesino può significare l’intero budget dell’anno solo per fare il progetto? “Proprio per questo abbiamo appena stanziato due milioni di euro dal fondo strategico regionale per fronteggiare le spese per l’elaborazione di progetti di opere pubbliche inserite nei documenti di programmazione regionale.

Belli, ma come gli scegliete? Qual è la molla che fa finanziare un borgo? “Il nostro scopo è quello di dare sostegno e attivazione puntale ai piani dei Comuni, sia costieri, sia dell’entroterra, con molta attenzione 35


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Abbiamo parlato molto dell’entroterra di Genova. Ma pensate anche ai Comuni sul mare o stanno già talmente bene che non hanno bisogno di essere rigenerati? “Ovviamente non dimentichiamo i Comuni costieri. Anche recentemente ho incontrato in Comune a Camogli il sindaco Anelli e la sua amministrazione. Camogli è una realtà importante, per la sua vocazione turistica e non solo.

Foto di Filippo Alessandra

Diamo un supporto concreto ai Comuni, quasi un manifesto della grande vicinanza che Regione Liguria sta dando in questi anni agli amministratori del territorio. Il nostro è un modo per accompagnare i Comuni dall’inizio alla fine del progetto. Molte piccole amministrazioni senza questo non potrebbero nemmeno pensare a questi interventi”. Ma alla fine chi paga tutta questa “rigenerazione urbana”? “Il 70 per cento viene dal fondo regionale strategico, il resto viene da una legge nazionale che ogni anno stanzia fondi per questi interventi. Invece, qui non ci sono fondi europei che invece sono destinati ad esempio a parte dell’efficientamento energetico dell’edilizia popolare delle varie Arte, le aziende che se ne occupano”.

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Rigenerazione urbana Abbiamo ragionato insieme su come rendere il borgo ancora più attrattivo e vivibile anche attraverso possibili progetti futuri di rigenerazione urbana. Ritengo fondamentale il contatto continuo con il territorio per comprenderne necessità, esigenze, ma anche eventuali problematiche e costruire di conseguenza un ragionamento condiviso nell’interesse dei cittadini. Insomma, è proprio un esempio di come agiamo parlando con i nostri territori”.

chieste ed esigenze. Anche qui è una rivoluzione copernicana del modo di ragionare: non ci interessava più avere

Rigenerazione urbana, però, non significa solo borghi. Anche a Begato avete declinato questo concetto. E’ perché suona bene per tutto “rigenerazione urbana”, come certi colori che vanno su ogni outfit, o è l’espressione giusta per raccontare la demolizione della Diga, che era un modello di ecomostro e di terribili periferie nate dall’architettura ideologica degli anni Ottanta? “No, no, è esattamente lo stesso concetto, non una comoda definizione che vale per tutto. Quella di Begato è una riqualificazione storica, la prima in Italia nel suo genere che racconta anche un nuovo modo di declinare l’edilizia residenziale pubblica, con la trasformazione di una periferia in un quartiere verde, che dà importanza alla qualità della vita e crea aree di aggregazione sociale, culturale e non più solo per famiglie in difficoltà. Insomma, abbiamo puntato sulla qualità abitativa a 360 gradi, pensando ad esempio all’efficientamento energetico delle abitazioni”. E tutti quelli che abitavano nella Diga, cioè il palazzone demolito? “Sono stati ricollocati secondo le rispettive ri-

tanta quantità, altrimenti se solo avessimo voluto in questo intervento avremmo addirittura aumentato il numero di appartamenti a dispo-

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sizione “vendendoci” il record di case e mi sarei fatto bello con i numeri”. Farsi bello per lei è la normalità, i sondaggi dicono che è l’assessore più ammirato dal pubblico femminile… “Faccia poco lo spiritoso. Intendo dire che abbiamo scelto di fare meno alloggi, ma di qualità molto più elevata. Basta con la cultura dei casermoni e della quantità, ma attenzione alla vivibilità di queste case, anche nelle periferie, che diventano nuovi centri, e alle esigenze delle famiglie che ci abitano. E i primi riscontri che abbiamo avuto, anche nel resto della regione, visto che abbiamo ragionato così ovunque, sono stati ottimi”.

Foto di Stefano59Rivara

A proposito di riscontri, c’è qualche aneddoto nei piccoli Comuni dove avete inaugurato le opere frutto del programma di rigenerazione urbana? “Sono proprio le cose che mi porto più nel cuore da quando abbiamo iniziato questo lavoro. Io personalmente sono stato a inaugurare i vari interventi e mi sono commosso. Ho visto persone anziane con le lacrime agli occhi che mi ringraziavano per i lavori o sindaci di piccoli Comuni visibilmente emozionati perché avevamo dato una nuova veste al loro paese”. Commossi loro, commosso lei. Come è finita? “Con me che dicevo loro che non dovevano essere loro a ringraziare me, ma io loro per averci fornito le idee e i progetti e che ciascuno di noi aveva interpretato al meglio il proprio lavoro, migliorando la comunità e rendendo più di cento Comuni migliori, più riqualificati, più sicuri, con un grande gioco di squadra fra l’ente Regione e l’ente Comune. Insomma, credo che se si dovesse dare una definizione di buona amministrazione, la storia che abbiamo raccontato sarebbe ottima”.

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PROMOZIONE

Dimentica ogni limite! Una grande rete di trasporto pubblico per scoprire con una soluzione unica le bellezze della Città Metropolitana


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HELAN

l’azienda che ha inventato la natura Da Casella al mondo Di Massimiliano Lussana

è una parola, una sola, in cui si può riassu’ C mere questa storia. E la parola è bellezza.

grazie alle caratteristiche uniche al mondo degli italiani. Che lo sono anche in positivo. Del resto, Malva Moncalvo ha il destino già nel nome, chiamarsi come un fiore è un ottimo presupposto per raccontare questa storia, che ha per l’appunto come protagonisti i fiori, la natura, l’amore per il territorio e la passione per la valorizzazione di ciò che ci circonda, portandolo al centro del proprio lavoro. E allora partiamo dall’inizio per arrivare ai numeri che contraddistinguono oggi Helan, l’azienda di cosmetici che ha lo stabilimento a Casella e l’anima a Genova e in Liguria, ma che ha saputo imporsi in tutta Italia: 47 anni di attività, 44 linee di prodotto, oltre cinquecento prodotti nel bouquet (e mai espressione va intesa in senso più letterale), più di 3000 rivenditori in tutta Italia. Tutto questo nasce da una follia, ma una follia erasmiana, che ha come protagonisti mamma e

Intesa in ogni senso: perché stiamo parlando di un’azienda che produce prodotti cosmetici per la bellezza di chi li usa. Ma anche perché, come raccontano i fondatori, è nata dall’”amore per la bellezza”. E anche perché, a partire da Malva, splendido cuore e anima commerciale della società, tutti i membri della famiglia e dello staff emanano bellezza. Insomma, è qualcosa che va molto, ma molto oltre il racconto di una storia aziendale, seppure d’eccellenza e che si è diffusa da Genova a tutto il resto d’Italia e ha anche le caratteristiche per arrivare in altre parti del mondo. Prima ancora di essere una storia aziendale di successo, questa è una storia antropologica, filosofica, umana, etica, qualcosa che racconta la spina dorsale del nostro Paese, storie di piccole e medie imprese che hanno fatto grande l’Italia, 40


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Helan papà dei tre fratelli che gestiscono Helan, avvenuta nel 1976, quando l’idea di commercializzare prodotti cosmetici naturali non passava nemmeno per l’anticamera del cervello al mercato e anzi veniva vista come una cosa stramba, in un mondo che invece sembrava correre verso una

di diventare imprenditori, puntando sui prodotti naturali. Una scelta molto flower power, innovativa e visionaria. Qualcosa di assolutamente nuovo nell’Italia di allora e che, da quel momento pioneristico, un passo avanti lo è tuttora: il primo

modernità inarrestabile e senza sosta. Invece. Invece, un giovane avvocato che stava iniziando a cogliere i suoi primi successi in aula, Enzo Moncalvo, e sua moglie, una giovane ricercatrice universitaria alla facoltà di Farmacia, che insegnava “Chimica dei prodotti cosmetici e dietetici” e aveva la carriera accademica spianata davanti, decidono di lasciarsi andare al proprio cuore, “all’amore per i sentimenti, per la bellezza, per la natura, per le nostre passioni” e decidono 41


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nel quartiere genovese di Albaro, in via Trento; poi a un certo punto, nel 1998, servono metrature maggiori e c’è un primo trasferimento a Molassana, in via Adamoli. Poi, nel 2016, il salto di qualità ulteriore con il nuovo grande stabilimento a Casella, in Valle Scrivia. Che poi dire “stabilimento” è qualcosa di estremamente semplificato e riduttivo: fare un giro fra i padiglioni di Casella è un’esperienza sensoriale, che coinvolge i cinque sensi, a partire ovviamente dall’olfatto con la collaborazione di “nasi”, cioè coloro che individuano le migliori combinazioni per i profumi. A mamma Elisa e papà Enzo che vigilano comunque sul lavoro, oggi sono subentrati i tre figli Ludovico, ingegnere che si occupa di tutta la gestione finanziaria e infatti fa l’amministratore delegato, con ottimi risultati; Marco, farmacista che è il creativo della famiglia, sempre alla ricerca di nuovi profumi e nuove emozioni, combinando idee e sensazioni che spesso portano a intuizioni sempre avanti sul mercato; e per l’appunto Malva che coordina tutto l’aspetto di marketing e commerciale dell’azienda. L’ultima intuizione, in particolare, ha avuto uno straordinario successo: la linea si chiama “Cuor

di petali” e parte dalla coltivazione “artigianale” delle leggendarie rose della Valle Scrivia, le stesse che a Busalla, a pochi chilometri da qui, portano allo sciroppo di rose che è uno straordinario prodotto amato in tutto il mondo. Il concetto spiegato da Marco è quello del “Roseto anima viva”, con i profumi e le essenze delle varie qualità di rosa, con alla mattina all’alba un profumo più dolce, a mezzogiorno lo scoppio della vita e la sera, complice il rilascio di sostanze minerali, sapori e tonalità ancora diverse. Con tanto di “roseto aziendale” nell’area verde attorno ai laboratori, con una piantagione sperimentale di antiche rose della Valle Scrivia, che ora potrebbero dare vita a nuove linee di produzione. Perché quest’ultima intuizione sulle rose è solo l’ultimo capolavoro della storia di Helan che, dalla tutela della natura alla lotta contro gli esperimenti sugli animali in campo cosmetico porta avanti da quasi cinquant’anni, prima che fosse di moda, battaglie e istanze che poi sono diventate il pane quotidiano di tre generazioni. E in tutto questo c’è anche l’anticipazione del concetto di chilometri zero, anzi di centimetri zero, con una produzione dedicata dei roseti 42


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Helan della Valle Scrivia che hanno venduto 400 chili di rose e una richiesta ulteriore, con una serie di collaborazioni con una particolare attenzione alla biodiversità. Insomma, un capolavoro, che diventa capolavoro a potenza quando le rose si innescano sulle idee di marketing e sulle collaborazioni con il territorio genovese e le sue strutture che hanno in Malva una sorta di catalizzatore di idee: con l’Università degli Studi di Genova si lavora per lo studio della Botanica e la declinazione di tutto questo all’ultima edizione del Festival della Scienza, conclusa da poco, è stato un incontro alla scoperta delle rose della Valle Scrivia, organizzato in collaborazione con il dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita, con l’associazione “Le rose della Valle Scrivia”, con Coldiretti e con il Comune di Busalla. Una storia che ha in Helan i continuatori di una tradizione iniziata nel Seicento, con gli “zuccari rosati” che avevano proprietà rinfrescanti e astringenti e poi è una delle produzioni citate negli storici ricettari genovesi ottocenteschi de “La cuciniera genovese” e “Cucina di strettissimo magro”. E anche in questa storia c’è l’anima e lo spirito che permea tutta l’attività di Helan e della famiglia Moncalvo, il connubio vitale di innovazione e tradizione. Quasi una metafora di tutta questa storia. Storicamente, nel giorno di Santa Rosa, il 23 agosto, gli abitanti di tutta la Valle Scrivia si scambiavano talee, favorendo così la comparsa di diverse tipologie di rosa, come la “rugosa”, che ha caratteristiche perfette per il territorio tipico e il clima della Valle Scrivia. E questo è il passato, ma c’è anche il futuro: infatti, la rosa della Valle Scrivia è arrivata anche

alla stazione spaziale internazionale, grazie a Franco Malerba, primo astronauta italiano e anima del Festival dello Spazio che si svolge ogni anno a Busalla. Ecco, Helan in qualche modo è la perfetta continuazione di tutto questo e, ad esempio, sempre nell’eterno bivio fra tradizione e modernità che è al centro della missione aziendale e di tutto questo nostro racconto, ha studiato anche

una partnership con il Teatro Nazionale di Genova che, come tutto ciò che tocca Davide Livermore, il maggior regista teatrale italiano, ha una carica innovativa. 43


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Storicamente, fin dal quindicesimo secolo, dopo le prime teatrali, gli attori protagonisti venivano omaggiati di bouquet profumati che da quest’anno sono sostituiti da una speciale essenza studiata da Helan insieme a Livermore con una base di rosa nera mineralizzata, che rispecchia bene lo spirito dell’iniziativa.

sella, con la fantasia creativa di Marco Moncalvo si abbinano le tecniche dell’industria alimentare con quelle farmaceutiche, con reminiscenze dei nostri studi sull’osmosi inversa e varie interpretazioni come l’ambra che diventa la linea “Rosso d’ambra”. Insomma, siamo sulla linea di confine fra il mas-

E ancora altre partnership: da quella storica con il Politeama genovese per gli abbonati, a Plastipremia insieme ad Amiu, fino alla collaborazione con la Band degli Orsi, che ospita le famiglie dei bimbi del Gaslini e per cui Helan ha studiato uno speciale profumo per ambienti e con il Comune di Genova che dona un kit di prodotti a tutti i nuovi nati in tutti gli ospedali genovesi. Ma, ovunque si giri per questi laboratori di Ca-

simo della modernità, laboratori di ricerca e sviluppo interni a cui si dedica addirittura il 15 per cento del personale dell’intera struttura, e un approccio attentissimo alla tradizione e a quelle che sono storicamente le migliori pratiche di laboratorio, come avveniva regolarmente per la preparazione di tutti i prodotti galenici. In più, oltre ai classicissimi, dai cosmetici antirughe alle creme, a tutto il resto, purchè sempre e

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Helan rigorosamente naturale, la “linea bimbi” che – proprio per le caratteristiche assolutamente naturali e bio del prodotto – è amatissima dalle mamme ed è lo storico cavallo di battaglia, basato su una selezione di materie prime fra cui gli oli di mandorle dolci, carota e calendula che è quasi una parola magica per tutto ciò che ri-

Tutto questo abbinato ad altre linee specifiche per i bimbi: quella dedicata alle neomamme, “Occhio al pidocchio” e “Bollicine”, cioè il bucato per i più piccoli. E poi ancora altre macroaree, sempre contraddistinte dalla scelta assolutamente naturale: quella per il viso, i profumi per lei, i profumi per

guarda la pelle dei bimbi, l’aloe vera in gel e l’amido di riso, che sono le basi per trattare nel migliore dei modi la cute dei bimbi, soprattutto neonati. E tutto questo è studiato anche con appositi packaging, che ad esempio sulla linea bimbi ha il cavallino e atmosfere di una volta, sane e pulite, esattamente come i prodotti, come elemento unificante.

lui, i prodotti per l’estate, con solari e addirittura una sorta di stick per le punture di meduse, i prodotti per il make up, quelli per il corpo, quelli per la casa, quelli per i capelli e infine l’igiene intima di persona e ambienti per un totale, come si diceva, di più di 500 diversi prodotti, divisi in 44 linee diverse. Modernissime, ma anche antichissime. Insomma, Helan.

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4 Assi, la Forza di Genova

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artito con i primi cantieri in Valbisagno, il progetto dei “4 Assi di Forza” porterà entro il 2026 al radicale cambiamento e miglioramento della mobilità cittadina. Si punterà alla realizzazione di un sistema filoviario a zero emissioni inquinanti e operante su quattro direttrici, appunto i 4 Assi con una lunghezza lineare di 96 chilometri: Centro, Levante, Ponente e Val Bisagno. Con la finalità di dare una copertura efficace ed efficiente del territorio genovese. Come spiegato da Matteo Campora, assessore comunale di Genova: «Stiamo costruendo un nuovo sistema di trasporto elettrico basato sul rinnovamento della flotta, l’acquisto di 145 mezzi e la riqualificazione delle rimesse: linee strategiche di intervento che, messe a rete, ci consentiranno di dotare Genova di un trasporto pubblico più efficiente e ad emissioni zero. Un traguardo che farà della nostra città in un modello nazionale di sostenibilità». 46


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Non solo bus

Oltre ai 145 mezzi tra filobus e bus elettrici, il piano prevede l’installazione di 300 pensiline e fermate intelligenti. Si utilizzeranno, inoltre, i sistemi di sicurezza più evoluti e il tutto sarà gestito dalle piattaforme di Leonardo che si impegneranno a monitorare e proteggere i dati e gli asset strategici, installati nella attuale centrale operativa di AMT di Genova. La novità è l’utilizzo della tecnologia flash charging che consentirà ai bus elettrici di ricaricarsi sfruttando il tempo di salita e discesa dei passeggeri, senza alcun impatto sull’orario e la velocità del trasporto. Il metodo di ricarica non avrà alcun impatto sul paesaggio, dal momento che il sistema non necessita di cavi per l’alimentazione.

Le due fasi dei lavori

Il contratto d’appalto integrato, dal valore di 177 milioni di euro, è stato firmato nel marzo 2023 tra il Comune e la RTI (Raggruppamento Temporaneo d’Impresa) formata da ICM, Leonardo e Colas Rail. Nella prima fase, già cominciata, è prevista l’introduzione di 112 filobus e 27 bus elettrici, tutti di 18 metri.

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Questa sarà la flotta che, al costo di 125 milioni di euro, dovrà gestire la maggior parte del futuro trasporto pubblico. Inizialmente si lavorerà sulle rimesse di Gavette e Staglieno, con l’obiettivo di arrivare a fine giugno 2025 con i primi mezzi disponibili e in funzione. In generale si utilizzeranno filobus, che dovranno per lo più appoggiarsi alle linee esistenti; in qualche tratto potremo alzare alcuni fasci di cavi in più. Per il resto del tracciato andranno avanti grazie alla batteria alimentata dal flash charging e dal motion charging. Una seconda fase, con un lotto da oltre 200 milioni appaltato già a marzo, prevede un adeguamento delle sedi stradali a partire da novembre. Le rimesse così acquisite dovranno essere in grado di ospitare i nuovi mezzi: Gavette dovrà ospitare circa 200 mezzi, e vedrà una ristrutturazione complessiva con verde e spazi pubblici. I lavori si concluderanno nel prossimo giugno.

I partner operativi

I lavori sono stati assegnati nel marzo 2023 al raggruppamento ICM SpA, Colas Rail SpA e Leonardo SpA, imprese leader nei settori delle costruzioni, impiantistica e alta tecnologia, aggiudicatarie dalla gara di appalto integrato per la progettazione esecutiva e i lavori bandita dal Comune di Genova. ICM è il capogruppo che coordinerà l’intero intervento, specializzato nelle opere edilizie e infrastrutturali. Leonardo è l’azienda leader nell’alta tecnologia e nell’integrazione di soluzioni multidominio. Colas Rail è un player internazionale specialista nei sistemi di elettrificazione.

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manomissioni 2022 — 2024

Gennaio Circuito Cinema Basilico L’infinito è là in fondo di Stefano Santamato

fondazione-oage.org

connessioni (e azioni) trasversali

Febbraio Biblioteca Berio Le biblioteche e la città

Aprile Palazzo Ducale Cara Casa festival


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La città ridisegnata, il ruolo sociale degli architetti Di Marta Calcagno

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mmaginare una città e il suo futuro, tenendo insieme aspetti tecnici e umanistici, e poi cucire insieme le nuove funzioni, per rendere organici i progetti ad una visione complessiva. È la missione degli architetti di Genova che si intreccia ai nuovi piani per la città, dalle infrastrutture ai trasporti al rilancio di intere aree, prendendo per mano la parte più strettamente tecnica e quella decisionale e politica per fare da collante nell'immaginare un nuovo volto del capoluogo ligure. La carne al fuoco è tanta, i progetti di più, il Pnrr detta tempi stretti: ma tra velocità ed esigenze di traguardare il compimento delle opere, spicca il nuovo ruolo degli architetti. “Quest’anno - racconta Riccardo Miselli, presidente dell'Ordine degli Architetti di Genova - ricorre il centenario della firma della legge 1395 che ha regolamentato la nostra professione, riconoscendole la pubblica utilità e il valore sociale. Da allora la società ha subito profondi cambiamenti per restituirci negli ultimi anni una realtà particolarmente complessa e articolata, all’interno della quale le nostre attività sono per lo più occasioni di trasformazione puntuali del territorio. Il ritrovato dialogo tra istituzioni, il valore della programmazione e il senso della progettazione quale piattaforma multidisciplinare sono aspetti che abbiamo conosciuto grazie al

PNRR e con cui abbiamo imparato a confrontarci. Saranno le basi del futuro a cui dobbiamo pensare già ora. Non c’è di fatto trasformazione che non passi tra le nostre mani: è importante riconoscerci per tempo questo ruolo perché il nostro lavoro va ben oltre il rispetto della normativa e un calcolo ingegneristico. Per forma-

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Architetti zione e cultura siamo capaci di interpretare la complessità dei territori e farne una sintesi basata sulla nostra sensibilità”.

suo rapporto con il Centro dei liguri, nel cuore di Genova, lo Skymetro e la Valbisagno e la scommessa della Valpolcevera relativamente ad aree ferroviarie non più in uso che dovrebbero essere restituite alla città. Guardando all'opera che forse cambierà di più la città, il tunnel sotto il porto, una delle principali scommesse di rinnovamento urbano riguarderà proprio la zona sottostante il palazzo della Regione di via Fieschi, che un tempo fu il quartiere di Ponticello con via Madre di Dio, uno dei cuori pulsanti del centro storico, demolito a fine anni '60. "Il Centro dei Liguri e i giardini Baltimora per come li conosciamo oggi nascono da un disegno d’insieme che proponeva di collegare il centro urbano con la marina. Un disegno che purtroppo è rimasto incompiuto restituendoci un’area che, a fronte di interessanti edifici firmati da alcuni protagonisti dell’architettura del Novecento, è rimasta un’enclave chiusa su sé stessa. Abbiamo colto con piacere l’invito dell’Amministrazione a lavorare assieme ad un importante

E a Genova i temi da affrontare sono tanti, dal nuovo tunnel sub portuale, all'area del Waterfront di Levante che prende forma sotto i nostri occhi, il rilancio dei quartieri, non solo della periferia ma anche del centro: tutto contribuirà a disegnare una Genova nuova e diversa, anche negli equilibri e nella funzionalità delle sue aree. “Genova - continua Miselli - rispetto ad altre città ha un rapporto stringente con le sue infrastrutture, che sono sostanzialmente di tre tipi: a rete, ovvero i sistemi di trasporto, digitali ovvero i mezzi di comunicazione, e diffuse, cioè quegli episodi che in una logica d'insieme offrono servizi e senso di città come, per esempio, il verde pubblico, il paesaggio, le scuole e i servizi". Partendo dalle prime, dal centro alle vallate sono tre i punti emblematici su cui corre il binario del cambiamento: il nuovo tunnel e il

Cara Casa Festival, laboratori con le scuole_ph Anna Gugliandolo

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Centro dei Liguri_ph Jacopo Baccani

concorso che ci restituisca un piano di rigenerazione urbana di ampio respiro. Sappiamo che il nuovo tunnel prevede in questo punto sensi di marcia inversi rispetto agli attuali, modificando radicalmente la percezione dell’area che sarà la porta di accesso al centro cittadino. Questo concorso ci restituirà uno strumento che orienterà le trasformazioni future, nel rispetto delle realtà esistenti e, al contempo, innovativo e coerente con lo sviluppo della città”.

Lo Skymetro? “La Val Bisagno chiede da tempo nuove infrastrutture e lo Skymetro, oggi, è una risposta concreta, finanziata e in gran parte condivisa. Parallelamente alla dimensione ingegneristica che necessariamente un’opera di questo tipo richiede, penso sia necessario avviare programmi di rigenerazione urbana nelle aree attraversate. Se da un lato va compreso e risolto il rapporto con l’edificato e il tessuto consolidato, dall’altro 51


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Architetti l’infrastruttura deve attivare processi che diano valore allo spazio pubblico, sperimentando e proponendo forme innovative di spazi urbani sostenibili, dal basso impatto ambientale, che siano di relazione con i diversi sistemi di mobilità e punti di aggregazione e sviluppo, per rendere la valle anche meta da raggiungere e non solo luogo da cui partire.

tere in relazione l’enorme quantità dei dati che oggi sono disponibili. Arriveremo presto a software capaci di interpretare, in tempo reale, le norme così da contrarre in maniera significativa i tempi necessari per i processi autorizzativi. Forse Genova, per le competenze che già ha sul territorio, potrebbe diventare precursore di questa innovazione”.

Un altro punto fondamentale in tema di rilancio è quello delle aree in disuso nelle periferie. "Nella Genova policentrica la Val Polcevera è un esempio emblematico. Non è periferia come quella delle altre grandi città, ma un insieme di centri ognuno dei quali deve riscattare la propria identità. A Certosa, ad esempio, in questo gioca un ruolo chiave l’area dell’ex deposito locomotori. Questo comparto è stato identificato dall’Amministrazione quale luogo ideale per collocarvi il nuovo Liceo Tecnologico Sperimentale ideato da Alpim, ovvero la prima scuola secondaria di secondo grado ad insediarsi nella valle e l’unica in Italia destinata a formare giovani interessati all’high tech e al mondo digitale. Il nostro Ordine è parte attiva di questo importante processo di rigenerazione che sarà attuato anche in questo caso attraverso un concorso di progettazione, procedura che ascolterà i territori e premierà le connessioni con l’ambiente circostante, per una scuola dal tempo lungo profondamente innovativa e vissuta dal quartiere”. Sul digitale Genova gioca una grande partita, quello di hub informatico e digitale, che può aprire scenari di sviluppo. "Genova anche grazie al Bluemed sarà un nuovo porto digitale per il traffico internet globale. Un campo molto delicato che si sta evolvendo velocemente, in cui ha un ruolo determinante l’intelligenza artificiale e le relative implicazioni intellettuali, che per il mondo delle costruzioni rappresenta sicuramente una nuova sfida. Se da un lato il rischio principale legato al design generativo basato su algoritmi è quello di trascurare aspetti qualitativi dello spazio e del contesto, la vera occasione per il mondo dell’architettura risiede nella possibilità di met-

Riccardo Miselli, presidente Ordine Architetti PPC di Genova

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Il terzo tema è forse quello in cui gli architetti hanno la possibilità di incidere di più è quello delle infrastrutture diffuse. "Assecondando i principi del New European Bauhaus - sostenibilità, accessibilità ed estetica - operiamo attraverso interventi diffusi sul territorio - ricorda Miselli – confrontandoci per lo più con l’ordinario quotidiano. Anche in questi casi serve una visione d’insieme perché di fatto

tecipazione alla Conferenza dell’Edilizia istituita dall’assessorato all’urbanistica del Comune di Genova. Piani strutturati anche grazie alle competenze dei colleghi architetti in capo all’Amministrazione che condividono con noi una visione di città più articolata e complessa di quella del passato, dove aspetti ambientali, culturali ed economici dovranno convivere in maniera organica e alimentare sviluppo e progresso.

Convegno Neblands_ph Silvia Aresca

queste occasioni, oltre a dare risposta immediata a problemi contingenti, hanno un profondo e significativo ruolo educativo. La qualità dello spazio pubblico, il verde urbano, il ruolo sociale delle scuole e dei servizi sono centrali in questo ragionamento. In questo ambito il nostro Ordine è coinvolto sulle scelte strategiche future attraverso la par-

Un futuro in cui peraltro dovremo confrontarci, non si sa ancora bene con quale formula, con gli indirizzi della direttiva europea delle “case green”, che per il portato che potrebbero avere dovranno superare l’esperienza dei bonus edilizi per trovare logiche legate alla rigenerazione urbana, favorendo forme di compartecipazione di soggetti pubblici e privati”. 54


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Architetti

Maledetti Architetti, visita guidata Villa Canali Gaslini_ph Silvia Aresca

Professione, ricerca e cultura quindi… “La nostra comunità fatta di quasi 3mila iscritti è mossa da una profonda passione per il proprio lavoro. Un entusiasmo che ci spinge a essere promotori di diverse iniziative che si propongono di costruire una “cultura della domanda” di valore del territorio e del bene pubblico e lo facciamo sia attraverso iniziative proprie dell’Ordine sia altre in condivisione con enti ed associazioni, tra cui giocano un ruolo chiave il Consiglio Nazionale degli Architetti, il Comune di Genova, la Regione Liguria e, ovviamente, la nostra Fondazione. Portiamo avanti da diversi anni il programma “Abitare il Paese” che apre le porte delle classi delle scuole di primo e secondo grado agli architetti avvicinando con attività di vario genere i ra-

gazzi ai temi della città del futuro; siamo autorevoli guide nelle visite di “Maledetti Architetti”, ovvero i Rolli Days dell’architettura del Novecento dove edifici spesso poco noti e inaccessibili vengono aperti al pubblico; infine sollecitiamo, attraverso le iniziative legate al “New European Bauhaus”, i piccoli centri a intraprendere percorsi multidisciplinari virtuosi. Nel 2024 verrà riproposta la seconda edizione del festival “Cara Casa”, riprendendo la riflessione già avviata sul tema dell’abitare, che per via del veloce cambiamento che stiamo vivendo sarà sempre più necessario affrontare in maniera strutturata anche nella nostra città, dove diversi fattori convergenti potrebbero candidarla come un laboratorio sull’abitare contemporaneo”. 55


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Fascicolo del cittadino, tutto il Comune e le pratiche in un clic Di Valentina Carosini

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agare una multa, controllare la scadenza della revisione auto o magari il pagamento del bollo, i propri pass per i posteggi o gli abbonamenti al trasporto pubblico: sta per compiere tre anni il Fascicolo del Cittadino, la piattaforma digitale creata dal Comune di Genova per semplificare l'accesso ai servizi amministrativi che vanno dall'anagrafica ai dati catastali, dalla propria residenza alla mobilità alle imposte. 80 servizi digitali nativi e circa 250 servizi dematerializzati, per un totale di 330 servizi in costante crescita che permettono ai cittadini di gestire pratiche per cui prima era necessario recarsi allo sportello, magari mettendosi in coda, il tutto comodamente da remoto. Lanciato a Genova, città pilota in Italia, ha già avuto un seguito e sono diversi i Comuni che si sono accodati per fornire un'interfaccia web accessibile con Spid e soprattutto con Carta d’Identità Elettronica o Carta Nazionale dei Servizi, in modo rapido veloce e soprattutto sicuro, sul fronte della protezione dei dati.

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Digitalizzazione ed esperienze genovesi che dalla città sono diventate esempio virtuoso da mettere in circolo come buone pratiche di sviluppo nel confronto in seno ad Anci tra i Comuni italiani. "Siamo stati i primi a partire - racconta l'assessore comunale Marta Brusoni, con delega a Servizi civici, Informatica e semplificazione delle procedure amministrative - dopodiché alcuni Comuni hanno seguito lo stesso percorso. Come

Comune di Genova siamo decisamente molto propensi alla digitalizzazione, siamo anche stati chiamati, sia dal punto di vista politico sia da quello tecnico e in varie occasioni, a raccontare la nostra esperienza proprio perché siamo presi come modello. E questo indubbiamente ci onora. Siamo stati i primi a fare in modo tale che si conoscesse la carta d'identità elettronica che naturalmente è collegata ai servizi che offre il Fascicolo del cittadino e abbiamo avuto un'ot58


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Fascicoli del cittadino tima collaborazione con l'Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato, e con questa collaborazione abbiamo già l'anno scorso permesso a tutta la cittadinanza di conoscere la carta d'identità digitale e poterla fare in diretta in sportelli fuori dalle sedi dei Municipi e di Corso Torino. L'abbiamo fatto anche in Università, in Capitaneria di Porto, più volte presso il Matitone e presso Palazzo Tursi affinché anche i dipendenti potessero essere agevolati e quanti più possibile potessero conoscere questo servizio". E certamente la Carta di identità elettronica è stata una delle chiavi di volta e il trampolino di lancio per il servizio, diventato di largo utilizzo per i cittadini genovesi per la semplicità di accesso: bastano una carta d'identità elettronica e una app per poter gestire comodamente da casa o dall'ufficio pratiche che prima richiedevano la presenza fisica. "Abbiamo anche un po' sperato nel tam tam - prosegue Brusoni - perché si dif-

dere direttamente ai servizi del Fascicolo". Un passo in avanti non scontato in una città anagraficamente avanti con l'età, ma senza dimenticare chi invece può avere ancora qualche difficoltà nell'accesso ai servizi web. "Può servire per servizi legati alla scuola e per chi ha preso ahimè una multa - spiega l'assessore - ha tanti servizi diversi all'interno e mi permetto di ricordare una cosa importante: la digitalizzazione è fondamentale, ma non ci possiamo dimenticare di coloro che non sono ancora digitalizzati. Quindi in tutti i Municipi abbiamo anche predisposto dei corsi con giornate dedicate perché le persone che magari non sono ancora così avvezze all'uso del computer potessero imparare le procedure per poter accedere al Fascicolo del cittadino". Spiegato in breve il Fascicolo, in due anni dalla sua nascita, ha visto un numero costantemente in crescita di utenti, nella platea di cittadini resi-

fondesse questo genere di servizio ed effettivamente ad oggi possiamo dire che il 75 per cento dei cittadini genovesi ha a disposizione la carta d'identità digitale in modo tale da poter acce-

denti e non, che a gennaio 2023 era arrivato a circa 150mila, 860 mila le sessioni attivate per le pratiche amministrative. E' organizzato in sezioni che corrispondono ai diversi tipi di soggetti 59


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privata e tramite trasporto pubblico locale, ma anche “Io Contribuente”, “Io Cittadino” e “Io Genitore”. Ma ci sono anche "Io abito", che tiene conto dei contratti Arte attivi dando la possibilità di accedere ai bonus per il teleriscaldamento, "Io contribuente" per pagare ad esempio la Tari o visionare il proprio quadro tributario e, non ultimo, "Io propongo", che è l'area dedicata alla possibilità di attivare patti di collaborazione con il Comune di Genova. Il Fascicolo conta anche i servizi erogati da enti o società che operano a Genova, tra cui aziende partecipate, Regione Liguria o Motorizzazione Civile. A far decollare il suo utilizzo il collegamento con la "App IO" per permettere anche di avvisare il cittadino in caso di scadenza della carta identità oppure per le graduatorie delle borse di studio, servizi di cortesia, nuove sanzioni, avendo accesso al dettaglio, con un totale di più di 80 servizi digitali nativi e circa 250 servizi dematerializzati, in costante aumento. Ma non si ferma qui l'impegno del comune alla digitalizzazione e alla semplificazione della vita dei cittadini. "Sempre per la digitalizzazione - prosegue l'assessore Brusoni - noi siamo tra le città più avanzate e ad esempio anche dal punto di vista turistico la digitalizzazione per noi riveste enorme importanza. Uno degli obiettivi è stato

(genitori, contribuenti, automobilisti) che possono avere necessità di contattare la Pubblica Amministrazione Le sezioni che hanno registrato i maggiori successi sono “Io Mi Muovo”, dedicata alla mobilità

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Fascicoli del cittadino fare un tour virtuale. E per il futuro sicuramente i nostri servizi digitali e la nostra direzione digitale sono sempre rivolti a trovare nuove possibilità senza assolutamente lasciare indietro nessuno né dimenticare anche la formazione nei confronti di quelle persone che non sono ancora digitalizzate". Per quanto riguarda l'ulteriore sviluppo del Fascicolo del cittadino, oltre all'arricchimento di nuovi servizi che vengono via via aggiunti, resta l'ampliamento della platea. "E' un obiettivo di mandato - conclude l'assessore Brusoni - è ambizioso ma vorrei raggiungere dal 75 per cento al 100 per cento degli utenti abilitati a poter accedere al fascicolo. Sarebbe una bella sfida, penso che ci potremmo arrivare. Nella mia esperienza anche come assessore alla scuola i bambini insegnano in questo: muovono le famiglie verso le novità". Non solo servizi amministrativi, però: la Liguria è capofila anche sul fronte della digitalizzazione sanitaria grazie alla app mi@Salute che permette di accedere e rendere immediatamente fruibile e su tutto il territorio nazionale la storia clinica personale, attraverso i dati del Fascicolo Sanitario Elettronico. Tecnologia al servizio dei cittadini che nasce dalla collaborazione tra Regione Liguria, Liguria Digitale ma anche ospedale San Martino di Genova e Fondazione Aidr - Italian Digital Revolution. Si parte dall'esperienza digitale che durante il Covid ha permesso di traguardare prima la piattaforma dedicata alla prenotazione dei vaccini in Liguria, evoluta poi nella possibilità di accedere tramite la piattaforma innovativa Prenoto Salute alla prenotazione di esami diagnostici.

quello di lavorare in questo senso per dare la possibilità ad esempio di visitare quei luoghi che magari sono difficili da raggiungere. Uno su tutti è il lavoro fatto sul Cimitero Monumentale di Staglieno, che ha subito un processo di digitalizzazione in modo tale da poter essere visitato turisticamente anche da persone o anziane o disabili, che comodamente da casa loro possono

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Se l'inizio è stato il Covid, con la possibilità di prenotare da remoto le prestazioni sanitarie, ora la Regione sembra più lanciata che mai nell'implementare il servizio, che dall'autunno 2022 ha allargato l'offerta degli esami prenotabili a tutte le prime visite specialistiche oltre alle già previste prenotazioni per visite in angiologia, nefro-

standosi su una media di oltre 16 mila al mese e con davanti un ampio panorama di sviluppo. "Uno strumento utile soprattutto per quei cittadini che hanno difficoltà a prenotare in altri orari o nei giorni feriali – commenta Enrico Castanini, amministratore unico di Liguria Digitale – un successo dovuto anche alla grande semplicità di

logia, otorinolaringoiatria, proctologia e reumatologia, tramite un portale di facile accesso che permette di comprimere le tempistiche di prenotazione, affiancando e non sostituendo i consueti canali che vanno dal numero verde Cup e dagli sportelli alle farmacie e ai medici di medicina generale. Servizio promosso dalla cittadinanza ligure che ha risposto in massa alla possibilità di accedere alle prenotazioni tramite i canali web. Servizio già allargato anche nella sua platea di riferimento, con l'obiettivo della semplificazione. Solo nei primi sei mesi di attività la piattaforma ha sforato la quota 100mila prenotazioni, atte-

utilizzo e alla flessibilità che ha ottenuto un grande risultato anche dal punto di vista delle disdette. Con pochi clic e in qualunque momento della sua giornata, ogni cittadino può annullare una prenotazione: e questo ha permesso di rimettere subito in agenda più di 23mila appuntamenti", subito a disposizione di chi ne ha bisogno. E dopo quel successo in campo sanitario, Castanini e Liguria Digitale – che sono stati decisivi per il successo del Fascicolo del Cittadino a Genova che abbiamo raccontato fino ad ora – studiano sempre nuovi servizi per i cittadini, da estendere a molti altri Comuni in tutta la regione. 62


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Bolzaneto, il mercato del futuro è già qua

Intervista a Gianni Vassallo, presidente di Società Gestione Mercato Di Edoardo Meoli

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l Mercato Florovivaistico, inaugurato quest’anno, è l’ultimo brillante di un “trilogy” commerciale formato anche dal Mercato Ortofrutticolo e dal padiglione logistico. Un diamante che ha portato Genova dalla posizione di “quasi Cenerentola” del settore a punto di riferimento capace di attrarre operatori non solo dalla Liguria, che è ormai conquistata al 100 per 100, ma anche dal Basso Piemonte, dalla Bassa Lombardia e persino dalla Costa Azzurra. Già: parte dei fiori che ammiriamo da turisti a Nizza nella nella splendida location di Cours Saleya sono traspor-

tati da camion provenienti dalla Valpolcevera. Ed è qui, in via Sardorella, che ogni notte e ogni giorno lavorano circa 2200 persone, tra dipendenti diretti e indotto. Di quella che è una delle realtà più importanti del settore abbiamo parlato con Gianni Vassallo, vecchio leone della politica, dirigente nel campo industriale e dal 2019 presidente di Società Gestione Mercato. Con l’amministratore delegato Giovanni Battista Ratto, espressione diretta dei grossisti, è alla guida di questa macchina da guerra commerciale. 64


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Mercato dei fiori di Bolzaneto

offre servizi e utilizza 8.000 metri quadrati e per ultimo in ordine di tempo è arrivato il Mercato Florovivaistico che si sviluppa su 2.000 metri quadrati. Spazi interdipendenti, che danno lavoro e fatturato”.

“Di sicuro è una macchina complessa, perché il mercato oggi non è più solamente il luogo della contrattazione. Qui le merci vengono lavorate, trasformate. Qui si acquistano servizi e non solo merci. Questo mondo è cambiato a 360 gradi e noi qui a Genova siamo riusciti a cogliere il momento”.

Come va il Mercato dei Fiori, l’ultimo nato? “L’inaugurazione è dello scorso giugno, ma di fatto gli operatori già lavoravano da qualche mese. Il Mercato Florovivaistico di Genova è realizzato dal Comune di Genova tramite Spim e gestito da Società Gestione Mercato.

Quali sono le dimensioni di questo polo a tre moduli? “Abbiamo il Mercato Ortofrutticolo che occupa 24.000 metri quadrati, il padiglione logistico che

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Con la presenza delle imprese florovivaistiche, quello che era il Mercato Ortofrutticolo di Genova, a 13 anni dal trasferimento nella nuova sede, completa così il processo di trasformazione che lo ha portato a diventare un Centro Agroalimentare di rilevanza nazionale”.

ratteristiche strutturali e logistiche che la rendono un Polo di commercializzazione e logistica di eccellenza, competitivo a livello nazionale. La nuova struttura completa il ciclo di servizi del Centro Agroalimentare, creando ulteriori sbocchi

L’edificio dei Florovivaisti è ipertecnologico. “Sì, rappresenta una struttura di eccellenza. Legno, luce e colori sono gli ingredienti di un progetto che segna un cambio di passo in ottica di sostenibilità. Le scelte progettuali, dalle vetrate all’impianto fotovoltaico in copertura, sono state messe a punto per limitare i fabbisogni energetici per la climatizzazione estiva e contenere la temperatura interna degli ambienti, su modello dei modernissimi edifici Near Zero Emission Building. Un cantiere significativo che ha permesso di consegnare alla città una struttura all’avanguardia, moderna e funzionale, attenta alla sostenibilità e in una posizione strategica dal punto di vista logistico”. Siamo diventati competitivi anche per i fiori? “Certo la sede del Mercato florovivaistico ha ca66


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Mercato dei fiori di Bolzaneto per fiori e ortofrutta soprattutto sul fronte dell’internazionalizzazione dei prodotti”.

E la crisi dei dettaglianti? “Certo, ci sono meno negozi di ortofrutta. Ma la platea a livello di domanda è molto più vasta. I nostri grossisti, che hanno saputo cambiare e investire, lo sanno e per questo è nato il polo di via Sardorella”.

Molti quando pensano al Mercato all’ingrosso s’immaginano quello di corso Sardegna e se rivedono nella memoria quello dei fiori si materializza nella mente quello di Brignole… “Quel mondo non c’è più. O meglio è cambiato radicalmente e non solo per la logistica, che ha fatto scegliere un’area come quella di Bolzaneto. Sono diverse le cose che si chiedono a un mercato moderno, dove non c’è solo lo scambio tra grossisti e dettaglianti. Oggi il mercato lavora con gli alberghi e i ristoranti. Con la grande distribuzione. Trasforma i prodotti e nel caso di Genova è anche connesso al porto. Questo è un mercato che lavora di notte e all’alba, come quelli di una volta. Ma non stacca mai neppure di giorno, perché le richieste di acquisto possono arrivare anche alle 10 o al pomeriggio e vanno soddisfatte. Questo non è più un semplice mercato, ma un vero stabilimento. Oggi il mestiere non è più quello di vendere il prodotto, ma di fornire un servizio”.

Il settore Horeca, ovvero quello della ristorazione e dell’hotellerie è diventato predominante? “Da tredici anni c’è il padiglione tradizionale dedicato alla commercializzazione dell’ortofrutta che movimenta quasi due milioni di quintali all’anno garantendo l’incontro tra le esigenze della produzione, quelle della distribuzione tradizionale, della Grande Distribuzione e appunto del settore Horeca. Un punto di riferimento per produttori nazionali e internazionali nonché per tutta l’agricoltura ligure che ha in questo Mercato la possibilità di veicolare i suoi prodotti tipici e di qualità, non solo ortofrutticoli, come hanno dimostrato le iniziative con i Consorzi DOP, che sono un elemento di forza anche per il marketing territoriale. Siamo di fronte a un nuovo feno-

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meno: si lavora di giorno per andare incontro a necessità diverse che hanno bisogno nel corso della giornata, dal ristorante al supermercato. C’è stata un’evoluzione per cui non è più un luogo di contrattazione”.

“Io faccio il presidente dal 2019; ma nella mia vita ho fatto il dirigente d’aziende e anche di associazione industriale. La mia cultura è una cultura industriale. Per questo mi sono trovato bene in un settore che non è più soltanto o semplicemente commerciale. In fondo qui mi trovo a casa mia”.

Il padiglione della logistica come funziona? “Si tratta di uno spazio dedicato alla lavorazione dei prodotti e alla logistica, con investimenti in crescita sulla movimentazione delle merci sempre più smart, grazie a consegne con mezzi elettrici

E la politica le manca? “Ho fatto politica negli anni Ottanta quando era una cosa diversa. L’esperienza amministrativa, soprattutto da assessore al commercio, mi è servita molto anche nel ruolo che ricopro oggi. Questa struttura, poi, è un esempio davvero interessante e positivo di rapporto tra pubblico e privato. La società è partecipata al 40% dai grossisti, per il 35% dal Comune e per il restante 25% dalla Camera di Commercio; si è creata una sinergia che funziona. E i grossisti genovesi sono partner davvero in gamba, capaci di investire e di non mugugnare mai. Con l’amministratore delegato Giovanni Battista Ratto, scelto da loro, mi trovo benissimo”.

fino all’ultimo miglio, la digitalizzazione delle compravendite, l’ammodernamento della catena del freddo”.

Fate anche corsi per le scuole? “Si, grazie a un accordo con i Lions genovesi portiamo le scuole elementari a visitare il Mercato, con lezioni dedicate di educazione alimentare. Sono visite che piacciono molto e credo siano utili a creare futuri consumatori consapevoli”.

Le persone vogliono essere sempre rassicurate da punto di vista della sicurezza alimentare e dell’igiene. “Siamo all’avanguardia anche su questo fronte. Ad esempio, per l’ortofrutta ogni cassetta che esce è tracciata e sappiamo da dove arriva e dove va. C’è una tracciabilità assoluta e questo per garanzia. Voglio ricordare che durante il Covid qui non abbiamo mai chiuso perché neppure un caso di Covid è entrato nell’area operativa”.

Fate anche azioni solidali? “Certo, ogni giorno, perché la merce non commercializzabile, ma commestibile, viene destinata a cooperative onlus e di volontariato, che poi le usano per le mense dei bisognosi. Tutti i giorni riforniamo molte mense e di questo siamo orgogliosi”.

Anche per lei essere presidente di SGM deve aver rappresentato un cambiamento.

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Dove rendere prestigioso il Vostro evento?

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Alberto Gilardino

Gilardino e il Genoa, storia di un amore Di Gessi Adamoli

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aleotto fu il secondo o forse il terzo gin tonic sulla terrazza dei Bagni Siro a Spotorno in occasione del raduno di vecchie glorie che Michele Sbravati organizza annualmente. E' il 23 giugno 2022, una data destinata a cambiare la storia recente del club più antico d'Italia. La presenza di Gilardino ha anche e soprattutto lo scopo di capire se l'ex violinista del gol, reduce dalla traumatica esperienza di Siena, avesse voglia di rimettersi in gioco accettando la proposta di allenare la Primavera rossoblù, fresca di retrocessione. Dopo la cena di gala, restano Gilardino, Taldo, il direttore sportivo della Primavera rossoblù, e Sbravati. Si tira tardi parlando di calcio. E Gilardino ed il Genoa immediatamente si piacciono vicendevolmente. “L'aspetto stupefacente – rivelò poi Taldo – è che Gilardino era preparatissimo, sapeva tutto sui giocatori della nostra Primavera. Si era documentato in maniera estremamente

approfondita, dimostrando una grandissima professionalità”. Taldo e Sbravati incassano un “sì” quasi insperato: “Ho accettato senza pensarci due volte. Ritenevo che fosse un altro step importante per completare il mio percorso di crescita”. Gilardino si rivelerà l'uomo giusto al posto, non tanto per la Primavera che comunque vincerà il campionato e sarà a sua volta promossa, ma per la prima squadra. Viene chiamato al capezzale di un Grifone in grave sofferenza dopo che persino il direttore sportivo Spors si è dovuto arrendere ammettendo che Blessin, teutonico come lui e da lui scelto e difeso, non era l'allenatore adatto per riportare il Genoa in serie A. Rilevata da Blessin una squadra, ormai senza più né capo né coda, Gilardino riuscirà a centrare l'obiettivo, facendo numeri da fantascienza: 50 punti in 23 partite alla straordinaria media di 2.17 punti a partita.

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Una promozione costruita attorno ad una difesa di ferro (20 clean sheets). Ed entrerà di diritto nella storia dei grandi allenatori del Genoa. Come Ellena, Gei, Silvestri, Simoni, Scoglio e Gasperini, i mister protagonisti delle promozioni del dopoguerra. L'avventura da allenatore di Gilardino era partita da Rezzato, sconosciuto paese del bresciano. “E qualcuno mi aveva preso per matto: un campione del mondo in serie D? Invece era quella la strada giusta. I proprietari della società erano due fratelli innamorati di calcio e volevano il Gilardino calciatore, ma io a giocare non ci pensavo proprio più. Volevo capire cosa volessi fare davvero da grande e se quello dell'allenatore potesse essere il mio futuro”. A distanza di dodici mesi, sempre in occasione dello “Spoturnito”, il suo fedele secondo Gaetano Caridi confiderà: “Mai più ci saremmo

aspettati dopo un anno di ritrovarci in serie A alla guida della prima squadra. E' una favola... E' la zucca che diventa carrozza...”. E Gilardino,

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Alberto Gilardino dopo l'inizio choc in casa contro la Fiorentina, dimostrerà che è stata azzeccata la scelta della proprietà americana di confermarlo alla guida del Genoa, nonostante non avesse alcuna esperienza di serie A. L'uomo giusto al posto giusto viene da Cossato, paesino del biellese. Ma “Genova per noi che stiamo in fondo alla campagna” di Paolo Conte non fa per lui: “Amo il mare al punto di essermi da tempo trasferito a vivere in Versilia”. Da calciatore faceva il centravanti, non poteva essere altrimenti essendo nato il 5 luglio 1982, il giorno in cui Paolo Rossi affondava con tre gol il Brasile: “E subito dopo che mia madre aveva partorito, mio padre è corso a casa a vedere la partita in tv”. Era partito con l'etichetta di 'allenatore ad interim', certificata anche sul comunicato ufficiale di investitura. Non si è scomposto, del resto purtroppo In Italia il precariato è quasi una regola. Gli sono bastate quattro partite per spazzare via quell'etichetta brutta e anche un po' antipatica. La partita di Bari, la sera di Santo Stefano, è stata quella della svolta. Per il Genoa e per la sua carriera di allenatore. “Il segreto del mio successo? L'alchimia straordinaria che si è creata con la nostra gente. Sapevo che alla squadra dovevo dare un'identità forte e che soprattutto i ragazzi andavano responsabilizzati. Ma contemporaneamente dovevo ricreare fiducia e dare punti di riferimento certi”. Gattuso, Grosso, Pippo Inzaghi, Pirlo, Nesta, Oddo, Cannavaro e De Rossi: tanti di quel Mondiale sono poi diventati allenatori. “Evidentemente Lippi, che era stato straordinario a forgiare quel gruppo, ci ha contagiati. Io sono stato fortunato ad avere grandi allenatori e cerco di rubare qualcosa ad ognuno di loro. Ho avuto Ancelotti, Prandelli, Pioli e Gasperini che è un duro e che dai suoi giocatori pretende sempre il massimo”. 73


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cessità, i grandi club che se lo possono permettere hanno tutti l'attaccante di peso. Mi riferisco a Benzema, Holland, Giraud, Dzeko e Benzema”. Non è un talebano che pretende di giocare sempre e solo in un modo. “Tutti i moduli sono validi, ma devi scegliere il vestito adatto rispetto ai giocatori che hai a disposizione. Un allenatore non deve avere vincoli tattici, per prima cosa deve capire dove si trova e valutare il materiale umano che ha a disposizione. A quel punto si comincia a lavorare sui concetti e i principi di gioco. E io al Genoa ho la fortuna di avere giocatori pensanti, estremamente intelligenti. Cerco di coinvolgere tutti. Poi, è normale che un allenatore è chiamato a delle scelte. E alcune, vi assicuro, sono molto sofferte”. E anche grazie a lui Gudmundsson, Retegui, Frendrup, Dragusin e Vasquez hanno avuto una crescita esponenziale. Valgono un patrimonio, ma i 777 se li tengono stretti.

Il Supercorso di Coverciano, che gli è valso il patentino Uefa A, l'ha brillantemente superato ovviamente con una tesi sul centravanti: “Ho analizzato l'evoluzione negli ultimi 15 anni dell'attaccante centrale: come sono cambiate le caratteristiche, il modo di stare in campo e di pensare della prima punta. Ma credo che, dopo tanti anni di falsi nueve si ritornerà al centravanti di peso. Più che una scelta è stata una ne-

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Genova città a misura di bicicletta

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i parte dalla bike line del 2020 e si arriva all’adesione ad “Adotta una ciclabile”; in mezzo resta l’Agenda 2030 dell’Unione Europea che indirizza gli Stati membri verso la transizione ambientale e che ha tra i capisaldi la mobilità sostenibile: infrastrutture e servizi di mobilità sicuri, efficaci, efficienti, ma anche e soprattutto rispettosi dell’ambiente. Da tempo il Comune di Genova ha avviato una politica che punta ad aumentare i percorsi urbani, a renderli più sicuri. Alcuni punti fermi ci sono come emerso a metà ottobre a Palazzo Madama, dove Genova ha partecipato ad “Adotta una ciclabile”, un nuovo progetto di mobilità sostenibile rivolto alle amministrazioni comunali italiane.

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Due vallate da scoprire

Genova, rappresentata dall’assessore alla mobilità integrata e trasporti Matteo Campora, è stata la prima città italiana, con Napoli e Roma, ad aderire al progetto mirato ad adottare e sponsorizzare uno o più ciclo percorsi urbani. Il progetto “Adotta una ciclabile” prevede un contest nel quale i ciclisti di ciascuna delle città aderenti, attraverso una APP che sarà appositamente creata, potranno registrare i tragitti compiuti quotidianamente in bicicletta. In base al numero di chilometri percorsi in ogni città, sarà adottato e sponsorizzato un numero proporzionale di piste ciclabili. L’iniziativa mira a promuovere la mobilità sostenibile e a migliorare le condizioni delle piste ciclabili e con esse la qualità della vita delle persone.

Una strada bianca

La manutenzione delle piste ciclabili è un aspetto importante per garantire la sicurezza di chi si muove in bicicletta e spingere sempre più persone verso forme di mobilità più rispettose dell’ambiente e, come spiega l’assessore Matteo Campora «a Genova siamo passati dai 20 chilometri di ciclabili del 2017 ai circa 70 chilometri di oggi, una rete che nei prossimi anni si estenderà ulteriormente. Ciò richiede oneri sempre maggiori per la manutenzione dei percorsi riservati alle biciclette, per questo Genova ha aderito subito al progetto “Adotta una ciclabile” che rappresenta anche una ghiotta occasione per far conoscere i nostri investimenti nel campo della mobilità sostenibile per un totale di oltre un miliardo di euro».

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Un parco da vivere

È stato naturalmente l’assessore alla sicurezza e alla polizia locale, Sergio Gambino, a soffermarsi sul tema fondamentale della pedalata sicura: «Il concetto di sicurezza stradale deve essere sempre all’ordine del giorno e noi dobbiamo rendere le strade più sicure e più inclusive: questa è la filosofia che abbiamo sposato». Genova è in testa alla classifica per l’implementazione delle piste ciclabili e di conseguenza l’amministrazione segue una politica di campagne di formazione e di sensibilizzazione come “Pensaci prima”, che ha raggiunto tre milioni di visualizzazioni e 30mila interazioni e serve a far riflettere i giovani sulla necessità di avere comportamenti corretti.

Se la bici batte la mafia

Tra le ultime news sul tema c’è l’inaugurazione tra vico Boccanegra e vico Cannoni, nel Sestiere della Maddalena, di due nuovi Bici- box "Casa della Bicicletta", per un totale di 24 posti bici, a disposizione dei residenti. Si tratta del terzo “ciclo posteggio” costruito in città dal Comune, dopo quello di Largo della Zecca e piazza De Ferrari, a cui si è aggiunto anche il primo “bike box” del Matitone, in via Cantore. I due nuovi “ciclo posteggi”, realizzati nei locali confiscati alla mafia, saranno gestiti dalla cooperativa “Il Laboratorio SCS” e potranno essere utilizzati esclusivamente dai residenti, offrendo un'opzione sicura e conveniente per parcheggiare le proprie biciclette. Questo servizio contribuirà a promuovere l'uso delle due ruote come mezzo di trasporto sostenibile, migliorando la mobilità e riducendo l'impatto ambientale nel cuore di Genova. 77


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Manfredi, l’uomo che vuole far tornare il cielo sempre più blu(cerchiato) Di Maurizio Michieli

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atteo Manfredi, 44 anni, amministratore delegato di Gestio Capital, multi family office che gestisce capitali privati da lui fondata nel 2012 con sede a Londra e successivamente anche a Milano, è l'uomo in procinto di avere tra le mani il destino della Sampdoria, un patrimonio economico e di passione salvato con una complicatissima operazione finanziaria realizzata la primavera scorsa insieme ad Andrea Radrizzani in veste di socio investitore e manager e con la consulenza determinante di un pool di professionisti guidati dall'avvocato Francesco De Gennaro. Come spiegato a Forever Samp, in onda su Telenord, da Roberto Albisetti, consulente aziendale e docente universitario di economia, Gestio Capital negli ultimi tempi ha investito in aziende innovative cosiddette unicorno perché raggiungono un valore di capitalizzazione di borsa superiore al miliardo di dollari. Gojek, Cipla Quality Chemical Industries, Insilico Medicines, Hiro Capital, Revolut, Planet Farms, Space X, Palantir ed OpenAI sono alcune delle società appartenenti alla new economy oggetto di investimenti da parte di Gestio Capital, che sotto la supervisione sportiva di Andrea Radrizzani, già protagonista nel calcio in Inghilterra attraverso il Leeds United, adesso ha puntato anche sul calcio e su un club sofferente ma dalle grandi prospettive come la Sampdoria.

Foto U.C. Sampdoria

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Matteo Manfredi

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Ecco perché nelle scorse settimane al "Ferraris", in occasione delle partite casalinghe della squadra di Pirlo, sono stati ospitati in tribuna d'onore rappresentanti del mondo finanziario, in particolare del sud est asiatico, laddove Manfredi sta tessendo relazioni per alimentare l'interesse economico nei confronti della Sampdoria, vista come un potenziale business d'impresa. Ferme restando tutte le difficoltà di una situazione che appena sei mesi orsono appariva sull'orlo di un baratro, cioè del fallimento. Era infatti il 27 maggio quando Manfredi e Radrizzani portavano a compimento l'acquisizione del pacchetto di maggioranza del club, avvenuta al termine di una lunga trattativa con l'ex presidente Massimo Ferrero e sotto la "sorveglianza" del Tribunale delle Imprese di Genova a causa del regime di "composizione negoziata" in cui il Consiglio di amministrazione aveva incapsulato

la Samp per proteggerla dal rischio di scomparire. Il passaggio delle quote avvenne dopo che gli azionisti diedero il loro lasciapassare ad un piano

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Matteo Manfredi di ristrutturazione che prevedeva un'iniezione di liquidità di 40 milioni di euro per sostenere le finanze del club attraverso un prestito obbligazionario (erogato da Banca Sistema) convertibile in azioni. Con la prima tranche di conversione da sei milioni i nuovi proprietari hanno messo in minoranza Ferrero, che ha fatto ricorso contro questa operazione, perdendolo. "Con l’omologa vogliamo dimenticarci per sempre la parola crisi", ha successivamente detto Matteo Manfredi quando, tra il 13 e il 14 ottobre scorso, il provvedimento di via libera da parte del Tribunale all'accordo di ristrutturazione del debito con i creditori della Sampdoria è ufficialmente arrivato con l’omologa definitiva. Le parole successive sono state: "Adesso dobbiamo investire pesantemente per rifondare l’infrastruttura". Intesa come società e squadra. Per quanto riguarda la parte aziendale, intanto va sottolineato come sinora tutte le scadenze dei pagamenti siano state rispettate e nel frattempo siano anche ripartiti i lavori, dopo uno stop di parecchi mesi, nel cantiere del "Gloriano Mugnaini" a Bogliasco.

La buona notizia è che presto potrebbe esserci addirittura l'inaugurazione ufficiale della nuova palazzina che ospiterà nuovi spogliatoi, palestra, piscina e quant'altro per mettere la parte tecnica nelle condizioni di lavorare al meglio. Ecco perché la palla passa poi inevitabilmente tra le mani di Pirlo e i piedi dei suoi calciatori. Per risultare definitivamente appetibile e attrattiva nei confronti di nuovi investitori la Sampdoria dovrà trasformare questa annata in una stagione non di sofferenza, come è stato nella prima parte, bensì di transizione, facilmente assorbibile da tutte le componenti societarie e assolutamente digeribile da parte dei tifosi, che da subito hanno sposato questo piano di salvataggio dell'U.C Sampdoria. "La Samp ha numeri e storia che la posizionano fra i top team europei - ha dichiarato di recente Matteo Manfredi - e lo dice il suo palmares: in 77 anni di vita, 11 in B, gli altri in A, passando per uno scudetto e altri successi. Abbiamo interlocuzioni regolari con investitori interessati alla Samp. Valuteremo se ci sarà quello strategico per il bene del club".

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Manfredi ha già incontrato il sindaco Marco Bucci e i contatti sono continuati con il vice sindaco Pietro Piciocchi. L'obiettivo è quello di trasformare l'impianto da costo a fonte di ricavi. Serviranno investimenti, ma la volontà esiste anche in questa direzione. La Sampdoria ha intrapreso un percorso, imprenditoriale e sportivo, reso complicato da un avviamento al rallentatore, complesso a causa dei numerosi paletti finanziari da rispettare. Ma la strada è senza ritorno, nel senso che è l'unica percorribile. Ed è fondamentale che società e squadra procedano parallelamente lungo gli stessi binari per arrivare a destinazione: ovvero dare un futuro orgoglioso e stabile all'U.C. Sampdoria 1946.

Insomma, questo è soltanto l'inizio di un'impresa a cui dovrebbe aggiungersi anche l'asset dello stadio "Luigi Ferraris", da assumere in gestione pluriennale insieme al Genoa.

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Carlo sempre più Felice Tutta la stagione con un pensiero particolare ai giovani Di Valentina Carosini

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radizione e storia, l'apertura ai giovani e agli eventi pop di respiro nazionale: ci sono l'opera, la lirica, il balletto e la musica sinfonica, ma ci sono anche i ritratti dei protagonisti, anzi delle protagoniste della chanson francese e, come spettacoli ospiti, quelli contemporanei della musica italiana nel cuore della stagione del Teatro Carlo Felice di Genova. Una stagione 2023-2024 che, tra repertorio e novità, si svela al pubblico e non solo a quello genovese. Davanti agli occhi una programmazione che guarda lontano, con orizzonte fino al 2025-2026. Nello scrigno aumentano i titoli per la lirica, nove in tutto e cioè uno in più rispetto allo scorso anno, e quattro produzioni. A questo si aggiungono la riapertura del teatro della Gioventù di Genova, gli eventi in diverse location della Liguria, Madame che ha incantato il pubblico sotto la Lanterna portando nel teatro lirico della città un respiro nuovo e un pubblico che magari non ci aveva mai messo piede, trasformando il Carlo Felice per una notte in una grande discoteca, ma senza nulla togliere alla sacralità del luogo che infatti il giorno successivo ha nuovamente ospitato il “Werther” con le splendide scene di Dante Ferretti.

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cademia Ligustica passando per il Teatro Nazionale, il Conservatorio Paganini, Gog, Premio Paganini. Dopo le aperture con il Midsummer Night’s Dream, adattamento shakespeariano di Benjamin Britten e il Werther diretto da Renzetti, i temi portanti nel cuore del calendario 2023-24 si chiamano Édith Piaf e l'anno pucciniano. Fino al 21 dicembre, a 60 anni dalla scomparsa della più celebre cantautrice francese il cartellone ha proposto la prima rappresentazione assoluta, su commissione della Fondazione Teatro Carlo Felice, dell'opera in due atti Édith, dedicata a Édith Piaf, di Maurizio Fabrizio e su libretto di Guido Morra – con la direzione di Donato Renzetti e l’allestimento scenico a cura

E a febbraio, il 15 per la precisione, tornerà anche Massimo Ranieri, un altro abituato ai sold out al Carlo Felice con il suo “Tutti i sogni ancora in volo”. "Tanti titoli importanti, eventi dedicati ai giovani e collaborazioni internazionali - ha raccontato il sovrintendente Carlo Orazi introducendo la stagione in corso - ben quattro nuove produzioni e sul podio eccellenti direttori tra cui Donato Renzetti, Fabio Luisi e il direttore musicale Riccardo Minasi". Una grande stagione che vedrà confermate le collaborazioni con le principali istituzioni culturali della città, dall'Ateneo di Genova all'Ac86


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Carlo Felice Gli altri titoli vedono, con la direzione di Riccardo Minasi – direttore musicale del Teatro il dramma per musica Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart, nell’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice con la regia di Matthias Hartmann. Nell’ambito poi del progetto “Genova Capitale del Medioevo 2024”, Riccardo Minasi dirigerà Beatrice di Tenda, di Vincenzo Bellini, in un nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia. Nell’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice torna anche La bohème di Giacomo Puccini, per la direzione di Riccardo Minasi e la regia di Augusto Fornari.

dell’Accademia Ligustica di Belle Arti. Dal 19 al 28 gennaio Fabio Luisi – direttore onorario – dirige invece la Madama Butterfly di Giacomo Puccini, per la regia di Alvis Hermanis in un allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice.

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Scala ha commissionato 'Il nome della Rosa', lo spettacolo che andrà in scena nel 2025 a Milano arriverà nel 2026 anche nel capoluogo ligure. Ad aprire ancora nuovi orizzonti anche la riapertura del Teatro della Gioventù che, spiega Orazi, "sarà dedicato ai giovani e alla nuova creatività, in collaborazione anche con il Conservatorio e con l’Accademia ligustica, aperto ad associazioni culturali, teatrali e musicali della città". Più spazi, più spettacoli, più linguaggi. E anche più luoghi, perché continuano anche gli eventi e i concerti di “Liguria musica” nelle chiese e negli spazi della regione, in un discorso in cui il teatro esce dal teatro. All’Opera.

Con la direzione di Renato Palumbo e la regia di Lamberto Puggelli, il melodramma in tre atti Il corsaro, di Giuseppe Verdi nell’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Parma. Chiuderà la stagione lirica Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, con la direzione di Giancarlo Andretta, per la regia di Damiano Michieletto, protagonisti i Solisti dell’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale del teatro e cantanti lirici, diretta da Francesco Meli. Ma il Carlo Felice guarda anche al prossimo futuro e prepara Genova ad un inedito: grazie alla collaborazione con il compositore residente Francesco Filidei, a cui il Teatro alla 88


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no dei grandi eventi in programma per Genova Capitale Europea dello Sport 2024 sarà la Regata delle Antiche Repubbliche Marinare. Un percorso iniziato tre anni fa culminerà nel 2024 con un ricco cartellone di manifestazioni di portata locale, nazionale e internazionale. Eventi e progetti sportivi, agonistici e amatoriali,

per atleti giovani e anziani. Tantissimi eventi sportivi e iniziative nell’area metropolitana della nostra città per la realizzazione di un vero e proprio “modello Genova” anche per lo sport in una grande manifestazione che metterà la città al centro dello sport in Europa. Genova Capitale Europea dello Sport 2024 si

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basa sulla concezione dello sport come fenomeno sociale fondato su valori come integrità, solidarietà, rispetto dei diritti umani, inclusione sociali, fair-play e tutela della salute. Un’idea dello sport su cui si basa anche il Codice Etico approvato dall’Amministrazione, rivolto all’associazionismo sportivo e mirato al raggiun-

gimento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda ONU 2030. La Regata, rievocazione storica, istituita nel 1955 con lo scopo di ricordare le imprese e la rivalità delle quattro più note Repubbliche marinare italiane, sarà dunque uno dei momenti clou di Genova 2024.

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Il nostro galeone partirà favorito anche nell'edizione numero 69 del Palio e non solo per avere il vantaggio di giocare in casa e di essere di conseguenza spinto dall'incitamento di migliaia di genovesi che affolleranno il campo di regata. Gli ultimi anni infatti sono stati tutti sotto il segno dell'armo con la bandiera della Croce di San Giorgio. Quella dello scorso 3 giugno è stata la seconda vittoria consecutiva, la terza in quattro anni e Genova vinse anche l’edizione che precedette lo stop per la pandemia. Lo scorso anno a Venezia (percorso di duemila metri con partenza dal Ponte dell’Aurelia e arrivo in Canal Grande) è stata una marcia trionfale. I ragazzi genovesi sono stati infatti in testa sin dalle primissime battute, al secondo posto Venezia, al terzo Amalfi e al quarto Pisa.

“Sono orgoglioso di voi, avete fatto una gara stupenda”, è stato l'entusiastico commento del sindaco Marco Bucci. Gli aveva fatto eco l'assessore allo Sport Alessandra Bianchi: “E' stata un’emozione fortissima veder vincere i nostri ragazzi per il secondo anno consecutivo questo Palio così antico, suggestivo e pieno di storia. Sono stati bravissimi, in netto vantaggio su Venezia già dalla seconda boa, non hanno mai mollato e anzi hanno accelerato negli ultimi metri, dimostrando tenacia, forza e passione. Una superiorità schiacciante”. E' il dodicesimo successo di Genova e nell'albo d'oro Genova punta il secondo posto, essendo ormai ad una sola lunghezza da Amalfi. Al primo, irraggiungibile, c'è Venezia con 34 vittorie. Il Palio delle Antiche Repubbliche marinare è segno vivo e vitale del legame che Genova, Ve92


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Repubbliche marinare forzò le mura di Gerusalemme il 15 luglio 1099 e conquistò Cesarea e Tiro, nel 1101, grazie a congegni ideati da lui. L’Embriaco riportò come premio il Sacro Catino, e il corteo storico rievoca la consegna alla Cattedrale della preziosa reliquia: un guerriero armato di spadone precede il paggio che porta il Catino e subito dopo l’Alfiere con le insegne dell’Embriaco ed un paggio che sorregge lo spadone del condottiero, cui segue l’annalista Caffaro di Rustico, Signore di Caschifellone. Chiude il corteo una delegazione di nobili e popolani nei tipici costumi dell’epoca, preceduta da una scorta di armati e accompagnata dal gonfalone della città, con gli stemmi delle otto antiche Compagne di Genova, e da una fanfara di 12 elementi.

nezia, Pisa e Amalfi hanno con l’acqua che ancora oggi è fonte di vita e moderna ricchezza. La Regata rappresenta un momento in cui la forza, la competizione, divengono grandi motori di un orgoglio antico. È la propria identità che simbolicamente viene rappresentata in questa competizione ed ognuno degli equipaggi porta in dote la propria storia e la propria tradizione. Un momento di grande suggestione è il corteo storico che è la parte coreografica più bella della manifestazione. Ogni città è impegnata con circa 80 figuranti che sfilano preparando il pubblico al clima della regata. I costumi sono riproduzioni d’epoca e spesso gli stessi sono divenuti, con il tempo, autentici pezzi da museo.

I figuranti interpretano al meglio fatti ed avvenimenti dell’epoca e scorrono nel corteo con l’ausilio di cavalli e portantini al tempo scandito da timpanisti, tamburini e trombettieri. Genova celebra la figura di uno dei suoi cittadini più illustri: Guglielmo Embriaco, il grande condottiero crociato detto 'testa di maglio'. Guglielmo guidò la spedizione, composta da 26 galee che 93


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Capitale del libro (e delle biblioteche) Genova sfoglia le sue pagine più belle Di Valentina Carosini

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l libro come risorsa e opportunità per un'operazione di democrazia su larga scala, con l'obiettivo di rappresentare solo l'inizio di un percorso. E' questa la filosofia di Genova Capitale del Libro 2023 nelle parole di Giacomo Montanari, il coordinatore del Tavolo della cultura del Comune di Genova, che racconta un'operazione da 22 mostre, 9 festival, 12 tra spettacoli e reading, 175 presentazioni, con la semplicità di una frase: il libro come "acceleratore culturale, una porta per la formazione delle persone, la condivisione del sapere".

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E' fatto di questo e tanto altro l'anno di Genova capitale nazionale del libro, tra aperture straordinarie delle biblioteche civiche, incontri con ospiti internazionali, premi Nobel e Pulitzer in giro per la città a sostenere un calendario di eventi di alto profilo, 'A pagine spiegate!', come recita il tema progettuale. Il Ministero della Cultura ha scelto la Città della Lanterna come Capitale Italiana 2023 con l'obiettivo della promozione della cultura del libro, ma anche il potenziamento del sistema bibliotecario, l'accessibilità del patrimonio librario e culturale genovese attraverso i libri, protagonisti come strumento di inclusività.

Dall'ambasciatrice d’eccezione, Jhumpa Lahiri, Premio Pulitzer per la narrativa a nomi del calibro di Orhan Pamuk, autore turco Premio Nobel per la Letteratura, e l'autrice messicana Guadalupe Nettel, passando per la riscoperta dei tesori cartacei come l'Offiziolo Durazzo, la valorizzazione del patrimonio delle biblioteche territoriali, passando per gli eventi, le letture, l'affollatissimo Book Pride: un programma che ha fatto di Genova un polo di riferimento per il mondo del libro, lanciando l'obiettivo futuro di sviluppare da qui in poi una traccia profonda sul territorio. "Inizia - sottolinea Montanari, stilando un bilancio di questi mesi - l'obiettivo di questa iniziativa, 96


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Genova capitale italiana del libro raviglioso attraverso uno strumento tecnologico originato da un libro, di Alberto Manguel, voce narrante di questo percorso e autore del volume 'La biblioteca di notte', che è un po' la guida di questa esposizione, che si tiene all'interno di un palazzo dei Rolli ma che usa la tecnologia per avvicinare tutti e abbattere le barriere dell'accessibilità al patrimonio straordinario che sono le nostre biblioteche". Un'installazione, per portare i visitatori alla scoperta delle più grandi biblioteche del mondo, esistenti e mai esistite, le dieci più celebri biblioteche al mondo inclusa quella tragicamente perduta di Alessandria d’Egitto. "Ovviamente - ricorda - vogliamo che questo abbia una ricaduta che ha a che fare con il tessuto della città, dentro questo percorso voluto dal Comune di Genova sono coinvolte anche le biblioteche cittadine, progetto destinato pure alle scuole proprio per educare alla ricchezza e la straordinarietà che è quello che rappresentano le biblioteche nella cultura internazionale". Duplice il registro: “La mostra - ricorda Montanari - suggerisce proprio che le biblioteche la notte abbiano qualcosa in più da dire, che siano

proseguire lasciando una traccia, per ricordare che il libro è una risorsa straordinaria e che le nuove tecnologie che oggi lo affiancano sono strumenti extra ideati proprio per permettere alle future generazioni di mantenersi in contatto con la cultura, con questa straordinaria opportunità che è accederci tutti liberamente e democraticamente". L'autunno-inverno di Genova ricchissimo di appuntamenti per il pubblico ha preso le mosse dalla prima mostra completamente virtuale messa in piedi in Liguria. "La mostra The library at night/La biblioteca di notte - sottolinea Montanari - è un viaggio me97


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dell'Università di Genova riporta il fatto che abbiamo tantissimi studenti lavoratori, che fanno una grande fatica per stare dietro ai programmi e agli esami ed è giusto che la città riconosca questo impegno, offrendo possibilità a chiunque possa davvero trovare spazio e modo di studiare, di dedicarsi a quello che è ad esempio il mondo della lettura". Un altro tema portante di Genova capitale del libro sono le presenze internazionali, come quella di Orhan Pamuk, scrittore e saggista turco, premio Nobel per la Letteratura, arrivato nel capoluogo ligure in novembre, un'occasione per riscoprire i contatti culturali che legano a doppio filo Genova e la Turchia. Non il primo incontro sul tema, a Palazzo della Meridiana la presentazione del libro 'La marcia turca - Istanbul, crocevia del mondo' di Marco Ansaldo ha aperto proprio alla conoscenza geopolitica e alle nuove frontiere della Turchia, partendo da una radice comune con Genova. "Un'altra iniziativa ricorda Montanari - a cui teniamo tutti moltissimo sarà il convegno legato ai circuiti di Limes che avrà come tema proprio Genova e i rapporti con il Mar Nero, l'impero genovese legato a quelle che erano le colonie d'oltremare e le città d'Oriente per parlare di un linguaggio Mediterraneo che ha nella letteratura e nella cultura fattori aggreganti che legano tutte le popolazioni che si affacciano su questo mare, e che attra-

luoghi che vivono una seconda vita più tranquilla, più serena da un certo punto di vista, perché non c'è tutta l'utenza diurna e quindi siano anche esplorabili con un punto di vista differente". E un altro grande successo dell'operazione è stato quello di aprire le biblioteche in orario serale. "L'apertura, ad esempio, della biblioteca civica Berio - sottolinea - per lo studio anche la

sera voleva comunicare che le biblioteche ci sono. Sono spazi della città, di tutti, di chi per tante ragioni non ha la possibilità di accedervi negli orari diurni e può così fruirne in altri momenti. Questo perché l'esperienza anche all'interno di quella che è l'offerta didattica 98


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Genova capitale italiana del libro verso il mare si tengono in contatto in tanti modi diversi. Certe volte il mare è stato anche uno spazio su cui portare la guerra ma per Genova i rapporti sono stati soprattutto commerciali e culturali e questo sulla città si riflette moltissimo e introduce un tema che sarà la guida per la città, nel 2024, che è quello del Medioevo. Ne trarremo le conseguenze nelle epoche successive, la memoria del Medioevo ad esempio nella stagione dei palazzi dei Rolli è vivissima, così negli affreschi e in quello che le famiglie enfatizzano proprio perché si cerca questa memoria della grande Genova che si muoveva sul Medi-

terraneo trasportando merci, ma anche sapere, cultura e arte". "Sono tutti percorsi partecipati - conclude Montanari - in cui tantissimi enti pubblici e privati ma anche associazioni si stringono con un'idea di sforzo comune. 'Genova città che legge' e Genova ha firmato un 'Patto per la lettura' che ha posto i prerequisiti che hanno portato a poter vincere questo titolo di Capitale del Libro che appunto non è qualcosa che finisce con il cartellone degli eventi ma inizia in questo modo, con l'obiettivo di proseguire in una grande operazione di democrazia del territorio".

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Genova,

viaggio nella City degli inglesi Di Gessi Adamoli

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enova è la città più inglese d'Italia ed il legame con il Regno Unito è così forte che se a Londra esiste Genoa Avenue, nel sobborgo residenziale di Putney, presto nella nostra città dovrebbe essere intitolata una via alla capitale inglese. Del resto, la bandiera dell'Inghilterra (da non confondersi con l'Union Jack che è la bandiera di tutta la Gran Bretagna), la famosa Croce di San Giorgio, bianca con la croce rossa, Riccardo I, il mitico Cuor di Leone, la prese in affitto dalla Repubblica di Genova. Verità o leggenda? Non esistono documenti al proposito, ma è tenuta in grande considerazione l'esposizione del vescovo Agostino Giustiniani che, quasi 300 anni dopo che il fatto sarebbe avvenuto, raccontò come Riccardo I di Inghilterra in partenza da Genova per la Terza Crociata chiese perché mai le navi dei mercanti genovesi non venissero mai attaccate dai pirati.

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Gli risposero che esisteva un tacito patto di non belligeranza, i predoni del mare non ritenevano salutare sfidare i balestrieri e gli arcieri, infallibili nella mira, e i marinai, abilissimi nelle manovre, imbarcati sulle navi che battevano la bandiera con la Croce di San Giorgio ovvero la bandiera della città di Genova.

Per iniziativa di un gruppo di sudditi inglesi, alla presenza del Console Sir Alfred Payton, viene infatti costituito il Genoa Cricket and Athletic Club. All'unanimità alla presidenza del club è nominato

Così Riccardo I chiese, ovviamente a fronte di un lauto compenso, di poter esporre sulle proprie navi la bandiera bianca con la croce rossa. Insomma, si comprò quello che di fatto era un vero e proprio salvacondotto. Il contratto d'affitto sarebbe proseguito sino al 1717, ma anche in questo caso non esiste nessuna carta a comprovarlo, nemmeno una ricevuta. Un legame forte, dunque. E a Genova ci sono sette posti dove l'Inghilterra è presente. Iniziamo da via Palestro, la lunga e dritta strada signorile che parte da piazza Corvetto, inframezzata dopo qualche decina di metri, da piazza Marsala. Bene, al civico 10 di via Palestro nel 1893 aveva sede il consolato britannico ed è lì che a tutti gli effetti è nato il calcio in Italia.

Mr. De Grave Sells. Da via Palestro passando da Corvetto, imboccando salita Santa Caterina, attraversando piazza delle Fontane Marose e percorrendo via Luccoli e piazza Macelli di Soziglia si arriva in piazza Campetto. Al civico 9 era ubicato l'albergo Unione che fu, semplicemente per una questione di praticità, anche la prima sede sociale del Genoa. All'albergo Unione risiedeva infatti anche James Spensley, “o mego ingleise” come veniva chiamato, ovvero il primo pioniere 102


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Genova, viaggio nella City degli inglesi del glorioso Genoa Football Club. Ed è soprattutto grazie a lui che nel 1897 il Genoa, che sino a quel momento era una prerogativa esclusivamente dei sudditi di sua maestà Giorgio V, apre ai cittadini italiani. Nell'atrio di quello che era una volta l'albergo Unione nel 1977 il Comune di Genova ed il Genoa 1893 hanno posato una targa: “Qui visse James R. Splensley, sportivo, grande amico dell'Italia, pioniere del giuoco del calcio nel Genoa Cricket and Foot Ball Club, iniziatore dello scoutismo genovese”. Fabrizio Calzia, Gino Carosini e Peter O'Master, in occasione

toripa, che risale all'inizio del XIV secolo, aveva i portici affacciati direttamente sul mare e

piazza Caricamento fu costruita su nuovi riempimenti ed in parte sull'area del palazzo di Padri del Comune, che venne demolito, e su alcune propaggini di mura il cui posto fu preso dai nuovi magazzini portuali. Caricamento era caotica e multiculturale, si incontravano tante persone provenienti dal tutto il mondo e di fatto era un grande mercato all'aperto. Tantissime erano le navi mercantili che approdavano nel porto di Genova e ci furono numerosi imprenditori britannici a Genova fondarono fabbriche e attività commerciali. Erano così tante le navi inglesi nel porto di Genova che fu necessario sbarcare dei medici in modo che fossero costantemente a disposizione. Soprattutto avevano bisogno di assistenza i marinai, a rischio silicosi, per i vapori emessi dal carbone. Uno di questi medici fu per l'appunto sir James Spensley. A questo punto è obbligata una tappa nel vicino Porto Antico dove, dal 2008, nella Palazzina Giobatta ha sede il Museo del Genoa (originariamente era in salita Di Negro, nella tipografia del glorioso Lavoro, il quotidiano socialista di Genova). Si può percepire quanta influenza abbiano avuto gli inglesi nella storia del glorioso Genoa 1893. Il Museo ripercorre dalle origini le gesta del club più antico d’Italia, la visita si articola lungo un percorso tematico e cronologico, che unisce sport, cultura e società.

Foto Brunner - P B Lantieri546

dei 130 anni del Genoa, hanno prodotto un libro a fumetti sulla storia di Spensley dal titolo significativo: “Il primo mito genoano”. Da Campetto a Caricamento il passo è breve. La piazza fu realizzata nel 1839 e prese il nome di Caricamento nel 1854 quando divenne uno snodo ferroviario fondamentale per collegare il porto di Genova a Torino che era la città dei Savoia e la Capitale d'Italia. La palazzata di Sot103


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Soluzioni interattive e multimediali regalano un vortice di emozioni, tra oltre 500 cimeli, trofei, documenti e fotografie, attraverso due secoli di storia. All’interno delle dieci sale, si trovano articoli unici come il pallone utilizzato nel primo campionato nazionale, il più antico documento tra i club calcistici del nostro paese e oltre 200 video. Il Museo è anche uno strumento di dialogo, di trasmissione di sentimenti tra leFoto Trabert FI P B Lantieri308 generazioni, per condividere un’identità comune e la passione per lo sport più popolare del mondo. La quinta tappa è alla Chiesa delle Vigne, recentemente ristrutturata, che è una delle più antiche della Liguria: visitarla è una esperienza bellissima ed anche sorprendente. E' come fare un viaggio nel tempo, tornando indietro di mille anni. Non ti aspetteresti mai che quella chiesa soffocata nel centro storico possa offrire tante meraviglie. Decorazioni e affreschi di tutte le pareti, soffitti e cupola sono tesori nascosti di una Genova che spesso neanche i genovesi conoscono. E il collegamento con l'Inghilterra? Nello splendido chiostro tra le tante lapidi ce n'è una che fa riferimento al 1913 e a quando proprio in quel posto il solito James Spensley, esattamente trent’anni dopo aver fondato il Genoa, diede vita al primo centro di scout nella nostra città. La visita del Centro Storico ha una tappa obbligata: via Garibaldi. O se preferite Strada Nuova. O se preferite Via Aurea. Era e resta il salotto buono della città. L'UNESCO l'ha inse-

rita fra i patrimoni mondiali dell'umanità, l'influsso urbanistico e architettonico che ha esercitato ha fatto diventare via Garibaldi un riferimento per molte città. Al tempo stesso è anche testimonianza di come la Genova del ‘600 seppe raggiungere la vetta della potenza politica ed economica in Europa.

E all'inizio della strada l'Unesco ha fatto porre questa targa: «La via conserva spazi urbani di epoca tardo rinascimentale e barocca, fiancheggiati da oltre cento palazzi di famiglie nobiliari cittadine». Dalla vicina piazza Portello parte la Funicolare Sant'Anna inaugurata il 26 novembre 1891. 104


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Genova, viaggio nella City degli inglesi che fa sognare i tifosi del Genoa. Acclamato dalla folla, si è affacciato ad una delle finestre che danno su piazza De Ferrari come se fosse il nuovo doge della città. Il Ducale ospita la Società Ligure di Storia Patria, associazione alla quale molti inglesi hanno dato il loro contributo e che si occupa della tutela e della conoscenza della storia cittadina attraverso la raccolta e pubblicazione di documenti, in parte riuniti in atti. L'ultima tappa di questo viaggio che potremmo definire “Genova e gli inglesi: non solo Genoa” ci porta a Villetta Serra, proprio davanti al Parco dell'Acquasola. Ha uno stile particolare, a forma di piccolo castello con una torre posta in corrispondenza di uno degli spigoli. All’interno della torre si trova la scala a chiocciola che permette l’accesso ai piani superiori. Formato da un semi-interrato e da tre piani fuori terra ha nella terrazza uno splendido punto panoramico con una vista che spazia da levante a ponente. E' stata dal 1982 al 2013 sede del Museo Biblioteca dell’Attore e dal 1911 al 1924, anno dell'ultimo scudetto, sede del Genoa sotto la presidenza di uno scozzese: sir George Davidson.

Funzionava con un sistema di azionamento ad acqua, che, sfruttando la forza di gravità, permetteva di far scendere una vettura zavorrata con un cassone pieno d'acqua trascinando, per mezzo della fune, l'altra vettura in salita. All'arrivo nella stazione a valle il cassone veniva vuotato, ed il ciclo si ripeteva. A volere fortemente la funicolare e a finanziarla fu un ricchissimo signore inglese, sir Frederick Brow, che insieme al fratello Montague era proprietario di una banca che aveva sede in via Garibaldi. Abitavano inizialmente in un palazzo di via Cairoli, poi si trasferirono a villa Cambiaso in via Santa Maria della Sanità (l’attuale Via Mameli). Le notevoli disponibilità finanziarie permisero ai due fratelli di acquistare rispettivamente, Montague, il Castello di Portofino (che ancora oggi è chiamato Castello Brown) e Frederick il castello di Paraggi ora noto come Villa Bonomi Bolchini attualmente di proprietà della famiglia Berlusconi. I due fratelli erano anche grandi appassionati di calcio, o meglio di football, e furono tra i primi e più munifici sostenitori del Genoa. Chiunque visiti Genova non può non fermarsi a Palazzo Ducale. Era la casa del doge, attualmente è il principale centro di produzione culturale della città con mostre d’arte, convegni, cicli di incontri, festival, rassegne e attività didattiche. A Palazzo Ducale si è svolta la presentazione di Retegui, il centravanti argentino 105


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Teatro Nazionale,

da Fantozzi al nuovo teatro Ivo Chiesa, una stagione da ricordare Parla Davide Livermore Di Valentina Carosini

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na stagione 'mAravigliosa', come dice il nostro incipit: 'Del teatro la 'mAraviglia'". Davide Livermore parte così e aggiunge le parole di Domenico Modugno, per descrivere la stagione 2023-2024 del Teatro Nazionale di Genova. Se si chiede al direttore di descrivere la stagione in corso, la risposta passa per una frase: 'Tutto il mio folle amore lo soffia il cielo' - dice - Ed è quello che ispira profondamente

noi artisti". Parole che raccontano il percorso fatto fin qua e soprattutto la scommessa di un rinnovato e stretto rapporto con Genova, intorno al suo teatro, che ha premiato e continua a premiare la sua direzione. "Qua ci troviamo di fronte a una città che attrae, come non ce ne sono altre in Italia spiega Livermore - una città che sa che cos'è il teatro, quello vero.

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Teatro Nazionale

E sta riconoscendo in maniera importantissima il nostro lavoro, a livello di abbonamenti, di seguito, a livello di feedback e quindi di fronte a quello che è questa nuova proposta, noi seguiamo un preciso manifesto ideologico". Mentre gli abbonamenti salgono e con un cartellone arricchito da nuove proposte per un totale di 74 titoli, tra cui 20 produzioni, oltre agli appuntamenti dedicati al teatro dei ragazzi,

resta fisso l'impegno con il pubblico di riferimento. La filosofia alla base? "Ogni stagione che componiamo - racconta Livermore - prevede classici che vengono realizzati nel massimo rispetto del testo. Non ci sono le riscritture, noi abbiamo il dovere di educare e restituire alle persone il testo originale di Shakespeare, o di Goldoni, di Pirandello o di Eschilo, di chiunque anche contemporaneo.

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Riportare la fedeltà del testo è l'obiettivo. A questo abbiamo puntato con grande serietà perché le riscritture, che sono state fondamentali in un certo momento storico, oggi non possono valere: tutto quello che è riscritto tiene conto del fatto che c'è un pubblico che conosce la matrice originale. In questo caso non abbiamo più un pubblico che abbia veramente la conoscenza di che cos'è Amleto, ad esempio. Ne hanno visto probabilmente delle riscritture o degli adattamenti". Alle spalle un amore viscerale per il suo lavoro e il senso di responsabilità, verso il teatro e verso il pubblico. "Noi - dice - siamo il Teatro nazionale di Genova e Amleto deve essere una cosa sacrosanta, deve essere restituito nella sua interezza, parola per parola: questo è l'approccio che abbiamo con i classici". Un'attenzione che si rinnova anche nei confronti della drammaturgia contemporanea. "L'abbiamo dimostrato come nessun'altro - prosegue il direttore - per esempio nel commissionare nove nuovi testi di drammaturgia contempora-

nea per una profonda riflessione a vent'anni del G8 di Genova, nel 2021. Noi vogliamo commissionare e trovare chi sappia scrivere oggi per il teatro. E sono molti, giovani e meno giovani, che continuano a credere che il teatro sia lo specchio meraviglioso, lo specchio nero implacabile che

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Teatro Nazionale possa mostrare alla nostra società soprattutto le parti più scure, le parti più nere, più dolorose, quelle che ci fanno crescere come comunità e società. Questi sono i due aspetti davvero fondanti e poi una grande attenzione naturalmente ai giovani e alle nuove tecnologie, al teatro dei ragazzi, al linguaggio. Lo spazio teatrale è sempre storicamente, da 2500 anni a questa parte, lo spazio della sperimentazione e lo spazio della sperimentazione tecnologica, che da semplice tecnologia può servire a tante cose, diventa emozione attraverso la narrazione". Il teatro-elemento vivo, che agisce come un moltiplicatore di emozioni e come lente per capire la realtà. E, tornando al cartellone, tra gli spettacoli in calendario la chiave di lettura della realtà passa attraverso due grandi temi: da un lato l'amore e il trauma, dall'altro la commedia dell'arte per guardare al lavoro, alla vita, la realtà impiegatizia con gli occhi di una 'maschera' novecentesca mai così reale, in entrambi i casi con la regia di Livermore stesso.

"Parto da 'Il viaggio di Victor' (dal 3 al 19 maggio 2024 al teatro Modena) e prima ancora da 'Fantozzi. Una tragedia' (dal 30 gennaio all'11 febbraio 2023 al Teatro Ivo Chiesa)", spiega Livermore che nel secondo titolo celebra Paolo Villaggio come autore e artista, per la prima volta allestito dal Teatro Nazionale di Genova. E spiega: "Stiamo rendendo merito a una persona come Paolo Villaggio, un artista e un poeta che, insieme a Gabriele D'Annunzio, è stato l'unica persona in grado di rivoluzionare l'italiano, parlo del lessico e della lingua, capace nella vulgata quotidiana e nella parola di tutti i giorni di rappresentarci e darci delle parole attraverso cui rappresentiamo noi stessi e le nostre umane fragilità in una maniera completamente diversa. 109


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dramma e della tragedia umana così comico da rendere più leggera la nostra vita". Ne 'Il viaggio di Victor', invece, il tema centrale è la memoria. "E' un testo - continua Livermore - contemporaneo e di altissimo livello, un viaggio nella memoria di un uomo che l'ha persa per un trauma e di una donna che questo viaggio nella memoria deve e vuole farlo insieme a lui". Sul palco Filippo Dini e Linda Gennari con cui "farò anche io un viaggio importantissimo - prosegue il direttore - nell'arte della parola che è sempre capace di rappresentare le azioni e l'etica di una vita, tutti coinvolti nella ricerca delle nostre verità e sarà profondamente emozionante". A proposito della parola e del linguaggio, in maggio il Teatro nazionale omaggerà Michela Murgia con uno spettacolo tratto da “Accabadora”, romanzo con cui la scrittrice aveva vinto il Premio Viareggio nel 2010. "La modernità era il rapporto linguistico che Michela Murgia aveva e ha tuttora, perché le sue parole sono vive, con la contemporaneità - continua Livermore - Un rapporto che ci porta costante-

Facile ridurlo a un 'come è umano lei' ma tutto questo rappresenta un mondo enorme, ancora vivo, vivissimo, e lo scopriamo quotidianamente attraverso l'attenzione che i giovani hanno nei confronti di Fantozzi, perché Paolo Villaggio ancora adesso crea le condizioni linguistiche per poter rappresentare un dolore esistenziale contemporaneo e con un senso del

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Teatro Nazionale

mente a riconoscere che dietro una parola c'è sempre la rappresentazione di un'azione e dell'etica dell'azione stessa. Rappresentare Michela Murgia non è solo rappresentare una grande storia, ma celebrare una donna che ha sempre fatto riflessioni profondissime sul senso delle parole, che determinano sempre il rispetto o la mancanza del rispetto, e il rapporto etico che ognuno ha nei confronti di se stesso e del prossimo". In tutto il cartellone saranno una trentina gli spettacoli in scena a Sampierdarena, tra il teatro Modena e la Sala Mercato: un'altra scommessa vinta, quella di accendere i riflettori su una parte di città che non è quella del centro, del ‘salotto buono'. Sampierdarena, continua il direttore del Teatro Nazionale, "è uno dei centri di questa città policentrica e il teatro Modena non è solo lo spazio ottocentesco per eccellenza di questa città. Ma è anche lo spazio più bello, in un quartiere delicato ma vorrei citare le parole del capo della Polizia municipale di Sampierdarena che dice 111

che ogni volta che c'è spettacolo non ci sono crimini, si accende una luce enorme. La cultura fa questo, il teatro è sempre parlare alla parte migliore di noi". "La qualità della vita - conclude - cambia profondamente in un territorio dove c'è un teatro che funziona".


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DA GENOVA ALLE AUTOSTRADE DEL MARE Il porto di Genova, cuore della Città d’adozione di Aldo Grimaldi, è da sempre la nostra “casa”. Il luogo che ospita la nostra storia, in cui siamo sempre ritornati dopo aver percorso le mille rotte di una lunga avventura imprenditoriale. Percorsi che ci hanno portato lontano, per aprire nuovi orizzonti. Abbiamo sviluppato innovazione e tecnologie per consolidare una tradizione che vede protagonista il mare, il grande mondo che unisce popoli e culture. Abbiamo tracciato nuove vie d’acqua e continueremo a farlo. Per dare valore a Genova, la nostra Città. Via XII Ottobre 2/151, 16121 Genova - Ph. +39 010.27.95.021


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Palazzo Nicolosio Lomellino,

il più fiorito dei Rolli Di Anna Podestà

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asseggiando in Via Garibaldi, nel centro storico di Genova, si viene accolti da un vivace caleidoscopio urbano: alcuni risalgono dai vicoli, appesantiti da ingombranti borse della spesa, mentre i turisti che camminano con il naso all’insù - per non perdere nemmeno un dettaglio degli antichi palazzi nobiliari - vengono distrattamente superati dagli universitari che si affrettano verso via Balbi. Il risultato è un vivido mosaico di ciò che oggi è la vita quotidiana in città, ma non è sempre stato così. Strada Nuova - questo il primo nome della via - nasce a metà del Cinquecento con un obiettivo ben preciso: diventare il quartiere di magnificenza degli aristocratici genovesi.

Credits C. Bigaretti

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Le memorie di quei secoli di grandezza si possono leggere sulle sontuose facciate dei palazzi, tutti riccamente affrescati, ma è impossibile non rimanere ammaliati dal gioco di luci e ombre creato dai magnifici stucchi che adornano il civico 7 di Via Garibaldi. Già a colpo d’occhio Palazzo Lomellino strega chi passeggia, invitando i visitatori a immergersi nelle atmosfere di un'epoca lontana.

Dopo avere varcato l'ampio portale d'ingresso, lontani dalla frenesia del centro storico, si raggiunge un luogo d'incanto e di mistero: un giardino sospeso che consente al palazzo di aprirsi verso l'esterno, alla ricerca di un continuo scambio visivo tra la natura e la decorazione degli ambienti interni. Pur volendo destinare il palazzo agli affari, Nicolosio Lomellino - primo proprietario dell’edi-

Strutturato su tre piani su progetto dell'architetto Giovanni Battista Castello, il palazzo fu costruito tra il 1563 e il 1569 per volere di Nicolosio Lomellino, entrando a far parte di un'iniziativa per collegare il centro medievale di Genova alle aree orientali tramite via Garibaldi. Questa nuova via, conosciuta come l'antica 'Strada Nuova dei Palazzi', divenne una zona elitaria dove l'aristocrazia genovese, desiderosa di celebrare la propria grandezza, commissionò residenze eleganti agli architetti più importanti dell'epoca, che si sfidarono a colpi di bozzetti e progetti per lasciare una firma indelebile sulla città.

ficio che aveva accumulato una considerevole fortuna grazie agli investimenti nella pesca del corallo a Tabarka, un'isola tunisina - desiderava che il palazzo cittadino custodisse, come in uno scrigno, uno spazio privato simile ad un giardino segreto. In scala urbana ridotta, il progetto architettonico riprende il mito di una città "ideale" in cui civitas e natura trovano il loro equilibrio. Un incanto, la cui realizzazione venne ultimata solo nel Settecento quando il Palazzo era di proprietà dei Pallavicini, e che fu reso possibile grazie all’estro progettuale di Domenico Parodi. 114


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Palazzo Nicolosio Lomellino L’artista volle ampliare lo spazio della terrazza naturale mediante opere di sbancamento delle pendici del monte Castelletto, amplificando il risultato ottenuto grazie a suggestivi effetti

pongono la “natura artificiosa" del grande salto d’acqua, Parodi progettò l’intera animazione plastica del parco: dai satiri sulla balaustra che si affaccia sul primo terrazzamento, alle cinque statue che dominano il giardino dall'alto del muraglione del secondo livello. L’imponente muro è occupato al centro da una profonda nicchia: qui una vasca in pietra di Finale è animata da un enorme Sileno in stucco, impegnato a versare da un'anfora il vino - l'acqua della fonte - nella bocca di Bacco. Sul fianco si apre invece una grotta, con stalattiti e conchiglie, nel cui antro tenta di rifugiarsi un cinghiale cacciato da Adone. Ad accompagnare la visita, un pergolato settecentesco in ferro, il cui percorso è scandito da busti marmorei dei dodici Cesari. Infine, uno scenografico ninfeo conclude l'asse di raccordo disegnato tra atrio, androne e cortile. Sempre a Parodi si deve l'aspetto monumentale della fonte che diventa teatro di un potente e famosissimo mito: la tragica vicenda di Fetonte, figlio del Sole che aveva ottenuto faticosamente la possibilità di guidare per un giorno il carro del padre ma, non sapendo reggerne i focosi cavalli, aveva incautamente bruciato il Cielo e la Terra, ed era stato per questo rovesciato da Zeus con un fulmine e precipitato in un fiume.

ottici raggiunti per mezzo di ardite architetture, come il ninfeo e la grotta poste a sfondo del giardino vero e proprio. Tra il marmo e lo stucco, la pietra e i materiali naturali che com115


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Il gruppo scultoreo che ritraeva la caduta di Fetonte è però andato perduto con il susseguirsi dei secoli. Con l'ingresso della famiglia Pallavicini nel 1711, il palazzo è stato oggetto di un processo di rinnovamento che, oltre al giardino, ha interessato anche una sequenza di tre stanze del secondo piano nobile. Spicca qui la propensione settecentesca per una decorazione totalizzante, dove la bidimensionalità della pittura si sposa con la tridimensionalità dello stucco. I soggetti raffigurati sono propri della cultura classica, come dimostrato da “Giove e la capra Amaltea” di Giacomo Antonio Boni e il tema bacchico sviluppato da Domenico Parodi nella sala centrale, dove Bacco regge la corona di Arianna. La ragione per la quale Palazzo Nicolosio Lomellino è però divenuto celebre nel mondo, in seguito alla sua prima apertura al pubblico

in occasione di Genova 2004 Capitale Europea della Cultura, riguarda una straordinaria scoperta: un ciclo inedito di affreschi realizzati da Bernardo Strozzi, famoso artista del Seicento genovese. Il ritrovamento degli affreschi, per lungo tempo occultati e ritenuti ormai perduti, ha permesso di ricostruire un’intricata vicenda giudiziaria che nel 1625 riguardò in prima persona l’artista e il proprietario dell’epoca, Luigi Centurione. Il 24 novembre 1625 Strozzi scrisse al Senato di Genova sostenendo di aver lavorato per il Centurione sei volte più del previsto e chiese il pagamento per il lavoro extra e un rapido atto di "giustizia sommaria", poiché doveva sostenere la sua famiglia. Il Centurione rispose nello stesso giorno, lamentando che l'artista non aveva rispettato il contratto "né nei tempi, né nel lavoro, né 116


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Palazzo Nicolosio Lomellino per per altra cosa". A causa del momento di tensione, Luigi Centurione decise di coprire gli affreschi realizzati dallo Strozzi con pesanti mani di malta. Per questa ragione si è reso necessario un lungo processo di restauro, avviato grazie all’intuizione della storica dell’arte americana Mary Newcome Schleier: praticando un foro di indagine nella volta è stato possibile ritro-

vare ancora quanto lo Strozzi dipinse, straordinariamente conservato grazie alla volta in canniccio di controsoffittatura. Tra gli affreschi restaurati, il ritrovamento più emozionante, però, avvenne dopo aver forato il controsoffitto della sala centrale del primo piano nobile, quando all’improvviso apparvero il volto e la mano di una figura femminile, più tardi identificata come la Fede.

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Al centro della volta si trova una composizione verticale in cui un nobiluomo sembra essere invitato a salire su una scialuppa a remi da una donna, che rappresenta la Fede cri-

stiana o, più probabilmente, è lui stesso che la aiuta a sbarcare sulla terraferma, per portare la fede agli indigeni del Nuovo Mondo, abitato dagli “indiani” e dagli animali raffigurati nelle lunette circostanti. La scena sembra quindi voler commemorare la frequentazione e l’amicizia di antica data tra la famiglia Centurione Scotto e Cristoforo Colombo. Sempre allo Strozzi è stato attribuito l’affresco della Sala dell’Astrologia, l'unica delle tre che affacciano su Strada Nuova ad aver mantenuto inalterate le dimensioni originali. Al centro del soffitto affiora debolmente un'immagine femminile dalle ampie ali rosse, con ai piedi un'aquila bianca: questo affresco è tra quelli occultati per volere di Luigi Centu-

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Palazzo Nicolosio Lomellino rione e per questo la sua conservazione risulta visibilmente compromessa. Il restauro di Palazzo Lomellino, iniziato nel marzo del 2000, ha riguardato inoltre le decorazioni in stucco policromo dell'atrio. Le stratificazioni di colorazioni a base di calce e tempere, applicate nel corso del tempo, avevano oscurato e danneggiato le originali decorazioni attribuite a Giovanni Battista Castello il Bergamasco. Grazie alla recente conclusione del restauro del prospetto su Strada Nuova, ora è possibile apprezzare il colore originale delle facciate, caratterizzate dal contrasto tra lo stucco naturale e il blu-ardesia dei fondi. Testimone silente di secoli di storia, ora Palazzo Nicolosio Pallavicino trova nuova vita nelle mani di un'associazione dedicata alla sua conservazione e valorizzazione. Oggi, le maestose sale e i corridoi intrisi di ricordi sono aperti al pubblico, offrendo una finestra affascinante sul passato. Attraverso eventi culturali, mostre e attività educative, l'associazione si impegna a mantenere viva la memoria di questo gioiello architettonico, rendendolo accessibile a generazioni presenti e future. L'antico palazzo, con le sue pareti che custodiscono segreti e storie di nobiltà e cambiamenti, è un luogo in cui l'eredità del passato si intreccia con l'entusiasmo del presente. L'impegno dell'associazione nel preservare e promuovere il patrimonio storico si traduce in un capitolo nuovo e significativo per questa icona, che continua a ispirare e a connettersi con la comunità. Con il passaggio di proprietà a un'entità che valorizza il suo significato storico, il palazzo nobiliare vive una nuova fase della sua lunga storia, un ponte tra ieri e domani che affascina e arricchisce chiunque varchi la sua soglia.

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La stagione kolossal di Più territori, cultura, calcio: tutti i giorni in diretta nelle case dei liguri Di Massimiliano Lussana

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ulla scrivania di Massimiliano Monti, editore di Telenord, ci sono grafici con gli andamenti degli ascolti che, a tratti, ricordano le altimetrie delle tappe più dure del Tour de France, quelli con salite hors catégorie, fuori categoria, con l’ascesa ripidissima. E questi numeri, che farebbero la gioia di ogni editore televisivo, si abbinano al peso sempre crescente di Telenord e del suo universo, non solo a Genova e in Liguria.

Naturale che quindi Monti accolga nel suo studio con un sorriso “a tutto schermo” anche perché è un po’ il coronamento di una carriera da editore, come l’Oscar a tutto il lavoro di una vita: “Telenord è nata nel 1977 – racconta – e siamo prossimi a festeggiare i cinquant’anni, ma con l’arrivo alla direzione di

Giampiero Timossi, un fuoriclasse del giornalismo, abbiamo fatto il cambio di passo decisivo. Certo, nella nostra storia ci sono grandi eventi e grandi nomi da anni: da Aldo Biscardi a Vittorio Sgarbi, passando da scoop di cui si è parlato in tutto il mondo, come il commento di due partite di calcio allo stadio da parte del segretario di Stato vaticano, allora arcivescovo di Genova, Tarcisio Bertone, di cui si parlò in tutto il mondo. E da sempre siamo l’unica televisione locale in Italia a schierare volti nazionali, da Maria Teresa Ruta a Matilde Brandi, così come da sempre schieriamo sul calcio opinionisti di assoluto livello, ex giocatori e giornalisti famosi, non gente improvvisata”. Ma la stagione appena iniziata è quella del salto di qualità definitivo, proprio perché il tandem Monti-editore e Timossi-direttore ha tradotto le eccellenze già presenti a Telenord in un vero e proprio progetto editoriale, che permea tutta la programmazione televisiva, ma anche tutto il resto delle iniziative della galassia Telenord: “Abbiamo dato un nuovo imprinting che ora fa sì che diamo opinioni, informazione, approfondimenti, costume con nuovi arrivi nella nostra televisione, di assoluto livello: Maurizio Michieli, Stefano Rissetto e Gilberto Volpara, con tutta la sua squadra,

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dal cucinosofo Sergio Rossi con “Benvenuti in Liguria”, al professor Franco Bampi che dà lezioni di genovese in “Scignoria” e i progressi settimana dopo settimana dell’allieva Carolina Barneri.

mente aggiornato, la presenza continua sui principali social anche con una parte video sempre più ricca, e la nuova app. In più prodotti come il format nazionale Transport, leader per i trasporti e la logistica, “Chef per passione” che si è imposto sempre più, la programmazione di “Genova meravigliosa” che ha voluto essere un nostro regalo alla città e alle sue bellezze, per farla conoscere sempre più…”. E’ un fiume in piena Monti nel suo racconto, ma l’elenco delle sue meraviglie della stagione kolossal di Telenord non si ferma qui: “Partiamo con “Liguria Point”, incontri mensili su temi di attualità; e poi abbiamo ogni mattina la rassegna stampa con opinionisti di testate nazionali che commentano con i nostri giornalisti i fatti del giorno, TGN e TGN calcio che danno in tempo reale tutte le notizie… Insomma, con la direzione Timossi stiamo diventando sempre più un player importante regionale, che ovviamente nasce genovacentrico con la nostra finestra sempre aperta su piazza De Ferrari, ma poi si dirama a tutta la Liguria”.

E in questo quadro anche il telegiornale di Telenord ha un nuovo volto riconoscibile e identificabile: quello di Carlotta Nicoletti”. Tutto questo si innesca nella nuova “mission” di Telenord, che è rivoluzionaria rispetto alla fruizione della televisione come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi: “Ora siamo una galassia a 360 gradi – spiega Monti – che comprende e parte ovviamente dalla tivù, con 400mila contatti medi giornalieri e una struttura tecnica di primo livello, con 104 impianti, ma è anche organizzatrice di eventi, come il convegno nazionale sullo shipping di Rapallo o quello sulla sanità, il centro MAG sempre pronto e attrezzato per ospitare convegni e eventi, che poi possono anche essere ripresi e trasmessi, e una piattaforma multimediale ricchissima: la tv HD per l’appunto, l’HBB Tv, la programmazione on demand, il sito continua122


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E qui arriva il racconto della nuova ragione sociale di Telenord: “Siamo un soggetto multimediale che, anche attraverso una straordinaria rete di relazioni ed eventi – con la tivù tradizionale, con la presenza sul web e sui social, con i format regionali e nazionali - è al servizio della nostra regione da Ventimiglia a Sarzana, per co-

conseguenza e, oltre a quelli che abbiamo già fatto e allo staff interno guidato da Giampiero Timossi, che è un nome dell’argenteria di famiglia del giornalismo italiano, dalla “Gazzetta dello sport” al “Secolo XIX”, passando per il “Corriere della sera” e “Il Foglio”, Massimiliano Monti schiera una sorta di nazionale del giorna-

municare questo straordinario territorio, in una cornice che lo valorizza ulteriormente e che non a caso è sempre più apprezzata da sponsor non solo locali e parla anche ai principali soggetti economici nazionali”. Ovviamente, i nomi della squadra vengono di

lismo: “Abbiamo ovviamente con noi le migliori firme del giornalismo genovese e ligure, ma anche come ho detto le grandi firme di opinionisti per la rassegna stampa del mattino e poi una squadra di dodici opinionisti sportivi, ex calciatori e giornalisti di grandissimo livello, non 124


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commentatori del bar sottocasa”. E qui, come se fosse il più classico dei “Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea…”, l’editore di Telenord parte orgoglioso della sua squadra, che vanta nazionali, vincitori di scudetti e Champions, oltre a nomi amatissimi dai tifosi di Genoa e Sampdoria, che hanno in Telenord la loro rete di riferimento, e scandisce: “Goran Pandev, Stefano Eranio, Gigi Turci, Alessandro Grandoni, Thomas Skuhravy, l’ex arbitro Mauro Bergonzi che è anche il moviolista della “Domenica sportiva”, Franco Ordine, volto amatissimo delle tivù nazionali sportive, gli storici capitani di Genoa e Sampdoria Claudio Onofri e Enrico Nicolini, un direttore

sportivo come Elio Signorelli (e, prima di tornare al calcio giocato è stato dei nostri anche Stefano Capozzucca), Giorgio Garbarini e Enrico Dordoni. E poi ancora il meglio del giornalismo locale, mai su posizioni scontate e banali: Gessi Adamoli, Maurizio Michieli, Stefano Rissetto, Paolo Zerbini, Piero Sessarego, Beppe Nuti, Edoardo Cozza, Pierluigi Gambino, Luca Podestà e Massimiliano Lussana. Davvero una Nazionale”. E, maiuscola o minuscola, proprio la parola “nazionale” è la chiave per capire la nuova stagione kolossal di Telenord: da Genova e dalla Liguria e al servizio del territorio di riferimento per renderlo sempre più centrale in tutta Italia.

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Saporita ma genuina, tradizionale e insieme versatile

Sua maestà la cucina ligure Di Anna Podestà

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Piatti tipici

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er ritrovare i sapori più autentici della tradizione gastronomica della nostra regione non serve scomodare sofisticati chef stellati: è sufficiente immergersi nella carta ingiallita dal tempo e dall’usura dei ricettari avidamente custoditi dalle nonne della Superba. Panciuti e strabordanti di note e foglietti sparsi, quasi come se avessero gustato anche loro l’intero menù, i ricettari sono veri e propri diari di viaggio, attraverso ricordi e sperimentazioni culinarie. Così, quando la nostalgia di quelle straordinarie tavolate dove il cibo è ancora motivo di unione si fa sentire, armatevi di intraprendenza, prendete un ricettario antico e lasciatevi condurre. Il tour gastronomico che vi proponiamo è frutto di un’appassionata tenzone: un botta e risposta tra arzille signore a suon di consigli e racconti tipici. Non aspettatevi però le ricette della quotidianità, per quelle le nonne vanno ad occhio. Un aspetto t ra d i z i o n a l m e n t e forte della cultura alimentare, che oggi sembra essere andato perduto se non nella cucina casalinga, è quello che attribuisce al cibo un valore significativo rispetto allo scorrere del tempo. Il primo piatto che presentiamo è tipico della stagione fredda: i ceci in zimino, simbolo della cucina povera della tradizione contadina. La ricetta unisce la dolcezza dei ceci alla freschezza degli spinaci. La sua preparazione è semplice: i ceci vengono lasciati in ammollo per ore, poi bolliti fino a diventare

teneri. Nel frattempo, si prepara un soffritto di cipolle, pomodori e aromi, a cui vengono aggiunti gli spinaci tagliati a striscioline sottili. Nonna Anna lo presenta come il piatto “di magro” della Vigilia di Natale; nonna Marisa lo ricorda invece come la ricetta del Giorno dei Morti.

Altra Mandilli al pesto tradizione di questa particolare ricorrenza sono le tipiche “reste”, collane commestibili realizzate con i “balletti”, castagne bollite con alloro o finocchio selvatico. Oggi vengono richiamate alla memoria dalle famose fave dei morti, gustosi dolcetti di pasta di mandorla a forma di fava o di castagna. 127


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In realtà, non esiste una sola variante: ogni casa ha la ricetta del suo tocco. Infatti, già dalla scelta della carne le opinioni divergono: per il sugo nonna Rita si fa servire dal suo macellaio di fiducia un pezzo di sottopaletta, mentre nonna Elda predilige il perfilo. In base a questa scelta si determina il tempo di cottura, che in ogni caso non deve essere inferiore alle quattro ore, la carne si può considerare pronta quando si riesce a tagliare con la forchetta. Il dibattito si è riacceso sul ripieno dei ravioli: c’è chi predilige un gusto più delicato mischiando alla carne (comprensiva di cervella e filoni) un composto di erbe, altri, in alternativa, per ottenere un sapore più deciso, realizzano la farcitura con vari tipi di carne. Tradizionalmente, poi, si usa servire la carne nel sugo il giorno seguente. Se vi sono avanzati ingredienti e preparati durante queste prime ricette, non disperate: tutto si risolve con le tomaxelle, spiegano le nonne. Nonna Luciana le definisce come «un modo creativo per recuperare gli avanzi delle festività ». Si tratta infatti di piccoli involtini di carne di vitello farciti con ripieno delicato e saporito, rea-

Ravioli di paganini

Caposaldo della cucina ligure, immancabile sulle tavole di ogni ricorrenza invernale che si rispetti, i ravioli al tocco [i raieu au tuccu] raccontano non solo i momenti di fibrillazione che preludono al pranzo delle festività, ma anche un modo di cucinare fatto di manualità e pazienza. La manualità è necessaria per realizzare la sfoglia sottile quasi a far intravedere il ripieno; la pazienza serve per la lunga cottura del sugo ed è proprio dalla preparazione del tuccu che le nonne ci suggeriscono di iniziare. Tuccu indica un pezzo intero di carne, e il sugo, nel quale si lascia cuocere a lungo la carne con gli aromi, fino ad acquistare un colore dorato. A rendere davvero speciale questo piatto, come suggerisce nonna Elisabetta, è l’uso di una pentola di terracotta, dove far appassire i sapori, precedentemente resi impalpabili nel tagliere, a suon di “mezzaluna”.

Focaccia di San Giorgio

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Piatti tipici

Neccio - Foto Di Claudio Minghi - Opera propria, CC BY-SA 4.0

lizzato con ciò che non si è consumato. Ad esempio, si possono farcire servendosi delle frattaglie avanzate dal ripieno dei ravioli. Una volta chiusi saldamente gli involtini, ciò che rende le tomaxelle genovesi ancora più speciali, come racconta nonna Marisa, è la loro storia, risalente al 1800, quando Genova fu assediata dagli austriaci e i genovesi, con un moto di superbia, decisero di presentare ai loro prigionieri

questa ricetta per dimostrare che l’assedio non stava sortendo gli effetti da loro sperati. Nuova stagione, altra preparazione: se i ravioli al tocco sono l’emblema del Natale, i pansoti alla salsa di noci imbandiscono le tavole pasquali. È in primavera infatti, quando i primi timidi raggi solari fanno germogliare le specie perenni, che sui sentieri liguri si assiste ad un fenomeno peculiare: le nonne, accompagnate da un ristretto 129


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numero di fortunati, vanno alla ricerca del preboggion. È il ripieno infatti - caratterizzato da una mescolanza di erbette saporite, per l’appunto il preboggion - che contraddistingue i pansoti. La raccolta delle foglioline - specificano le nonne - va fatta preferibilmente di mattina,

Per la salsa invece si possono seguire varie versioni: c’è chi, come nonna Luisa, per ottenere un gusto più delicato sbollenta i gherigli per alcuni minuti, così da poterli spellare; chi invece aggiunge qualche foglia di maggiorana per aromatizzare il composto. L’unica cosa certa è l’uso del mortaio, così da pestare insieme tutti gli ingredienti, aggiungendo lentamente l’olio a filo e regolando infine di sale. Il segreto del sugo di noci è nel suo cuore di pane bagnato nel latte: il risultato deve essere un impasto corposo e profumato. Per finire è necessario allungare la salsa con l’acqua di cottura della pasta, poco alla volta, fino a renderla morbida e cremosa, come se ci fosse la vietatissima panna. Caratteristica portante della cucina delle nonne liguri è avere sempre qualcosa di pronto per accogliere eventuali ospiti inattesi. Sono molti, infatti i piatti freddi che fanno parte della nostra tradizione culinaria regionale che, non a caso, veniva definita da Montale come “una cucina per gli assenti”. Di questa particolare tipologia di preparazioni, tipiche soprattutto della bella stagione, le nonne ricordano: le verdure ripiene, le famose torte salate - di riso e di verdure - e ovviamente i polpettoni. Merita però una maggiore attenzione la celebre torta pasqualina. Anticamente nota per le sue trentatré sfoglie tirate a mano e oliate una

Panissa con acciughe Foto Pampuco

quando la rugiada se n’è andata e il sole ancora non brucia. Definire precisamente che cosa sia il preboggion o la sua composizione non è facile: secondo la tradizione, le erbe devono essere sette, e, per dare al ripieno il suo gusto caratteristico, non devono mancare la cicerbita, il dente di cane, la pimpinella e di sicuro la borragine.

Torta Pasqualina Foto Diosverde

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Piatti tipici per una con la piuma d’oca, questa torta salata è stata oggetto di varie rivisitazioni, senza mai perdere in gusto e prelibatezza. Oggi è molto gettonata nelle sue due versioni con bietole o carciofi. Capitolo a parte è quello dedicato alle merende, che nell’ottica delle nonne devono essere nutrienti e genuine. In particolare, tra le più apprezzate da grandi e piccini, troviamo il latte dolce, una coccola golosa dal sapore antico. La rapidità di preparazione non è tra le sue caratteristiche, essendo una via di mezzo tra la crema pasticcera e il budino. Gli ingredienti sono Focaccia_di_Recco_Foto Michele Ursino semplici (latte, farina, uova, zucchero, scorza di limone), il risultato è un com- molto semplice: basta mescolare in una ciotola posto vellutato che va prima cotto in casseruola, la farina di castagna e l’acqua appena tiepida. quindi steso a raffreddare, tagliato a losanghe, Una volta ottenuto un composto semiliquido, è impanato e infine fritto in olio. Tocco finale, una necessario farlo riposare qualche ora. L’impasto tenderà ad ispessirsi pur restando cremoso e spolverata di zucchero a velo. Se invece avete già acceso il forno è impossibile fluido. Prima di infornarlo, si può aromatizzare il non cimentarsi con i canestrelli e il gustoso ca- castagnaccio con pinoli e semi di finocchio o con stagnaccio. I primi sono tanto semplici quanto aghi di rosmarino fresco. L’unico elemento su cui tutte le signore hanno concordato è che l’amore per la cucina non si esprime solo attraverso la realizzazione di pietanze prelibate, ma anche nella passione che si mette nel conservare le ricette di famiglia, nel fare la spesa scegliendo gli ingredienti migliori, nel desiderio di preparare una tavola ben apparecchiata e un piatto cucinato con il cuore. L’obiettivo non è solo saziare gli stomaci voraci di figli e nipoti, ma realizzare piatti capaci di riBarbaguiai Foto Lemone scaldare l’animo. Il calore di quei momenti reirresistibili grazie all’iconica forma a fiore; il se- sterà impresso nella vostra mente per molto condo ha origini antichissime ed è tipico delle tempo e quando comincerete a sentirlo meno campagne dove, ancora oggi, i castagneti sono vicino, vi basterà riaprire il ricettario e lasciarvi numerosi. La ricetta - spiega nonna Emma - è trasportare in una nuova avventura. 131


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I Mille…

motivi per visitare il memoriale di Quarto, dove partirono i garibaldini Di Anna Podestà

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elato dal tripudio colorato dei teli mare, ad un occhio inesperto lo scoglio di Quarto sembra solo un sperone roccioso su cui è calato inesorabile il velo del tempo. D'altronde, la storia di Genova e dell’Italia intera, così ricche di avvenimenti, nascondono spesso memorie di tempi lontani nei più insospettabili luoghi della quotidianità. E se da un lato è proprio questo il bello di vivere immersi nella storia, dare nuova vita al teatro di affascinanti gesta passate, dall’altro è imprescindibile tenere vivo il ricordo non solo delle imprese ma anche di coloro che le hanno compiute. Sentinella guardinga della storia d'Italia, Genova - città dei patrioti - serba innumerevoli ricordi di quella notte del 5 maggio 1860, quando il coraggio di 1089 intrepidi sognatori ha fatto dell’Italia una Nazione. Tra quei Mille figurava anche un giovane Cesare Abba che, quasi ad ammonire i posteri, scriveva: «Si dice che un giorno a Quarto sorgerà un monumento con su tutti i nomi dei Mille incisi nel marmo. Sarà cosa che onorerà la Patria». Quel giorno è arrivato con un secolo e mezzo di ritardo, ormai più di 10 anni fa, in occasione delle celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Eppure, ancora oggi, l’esistenza del Sacrario dei Mille Garibaldini giace per lo più nell’oblio. Dimenticato dai genovesi e ignorato dai turisti, il memoriale consiste in una lastra di trenta metri dove sono incisi i nomi dei 1089 volontari che sbarcarono a Marsala sotto la guida di Garibaldi. Ben più famoso è il gruppo bronzeo realizzato da Eugenio Baroni, inaugurato da Gabriele D’Annunzio nel 1915 con una delle sue più famose orazioni in favore della propaganda interventista.

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Avvicinandosi alla lastra è impossibile non soffermarsi a leggere i nomi, scritti in rigoroso ordine alfabetico con l’obiettivo di riscattare i patrioti dall’oblio e dall’anonimato. È una grande emozione leggerli con in sottofondo lo sciabordio delle onde, respirando la salsedine. Mentre la nostra mente cerca di localizzare i più noti, si viene inevitabilmente attratti da quelli sconosciuti, e ad un tratto sembra quasi di sentire quel vociare concitato e rumoroso, fatto di dialetti da ogni parte d'Italia, che caratterizzò la

Il monumento di Quarto, così come è cristallizzato nell’immaginario dei genovesi, costituisce un esempio lampante della celebrazione delle gesta dell’eroe. Non a caso le dodici figure che formano la sua struttura piramidale, tendono verso Garibaldi. Al contrario il memoriale creato nel 2011 è un simbolo puntuale di unione e sacrificio: l’idea è quella di non tramandare solo la memoria dei comandanti, ma anche quella dei tanti volontari, altrimenti sconosciuti, definendo così un modo diverso di concepire la storia, un guizzo di modernità nella coscienza collettiva. Nato dal progetto «I luoghi della memoria», un’iniziativa statale con 68 interventi di restauro su tutto il territorio nazionale, il memoriale sfrutta la discesa verso il mare come spazio informativo sulla missione dei Mille: superata la terrazza - che permette di ammirare il panorama dal Promontorio di Portofino a Capo Santa Chiara - si percorre una scalinata che conduce al livello del mare, dove la lastra in acciaio svetta imponente. Scendendo le scale la si può osservare da una diversa prospettiva: le lettere in rilievo creano un suggestivo effetto ottico andando a comporre “I Mille - 5 maggio 1860”. 134


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I Mille notte precedente all’impresa. Tra di loro, come scrisse Giuseppe Guerzoni, c’era «il patriota sfuggito per prodigio alle forche austriache e alle galere borboniche, il siciliano in cerca della Patria, il poeta in cerca d’un romanzo, l’innamorato in cerca dell’oblio, il notaio in cerca di un’emozione, il miserabile in cerca d’un pane, l’infelice in cerca della morte».

genovese al comando del piroscafo Lombardo, e gli eroi per caso: i macchinisti, fuochisti e marinai - come Francesco Castellini e Ranieri Bonan - ancora a bordo del “Piemonte” e del “Lombardo” quando Bixio, con un finto atto di pirateria, nella notte tra il 5 e 6 maggio 1860 si impadronì dei due piroscafi della Compagnia Rubattino ancorati nel porto di Genova.

Si possono riconoscere le generalità di uomini come Antonio Mosto e Francesco Bartolomeo Savi, entrambi genovesi, rispettivamente comandante e vicecomandante dei Carabinieri. I due, pur essendo irriducibili repubblicani, seguirono a malincuore Garibaldi versò un’Italia quella monarchica - che non li soddisfaceva. Figurano poi gli eroi celebrati come Nino Bixio,

Eroi imprevisti ma egualmente intrepidi, pur non avendo l’esperienza degli esuli meridionali o la lunga attesa dei volontari lombardi. I nomi di alcuni di loro sono andati ad intitolare le strade genovesi: spiccano in questo senso Benedetto Cairoli, futuro presidente del Consiglio dei Ministri, e l’ungherese Stefano Türr, uno dei pochi stranieri ad aver preso parte alla spedi135


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zione. Impossibile poi non notare il nome di Francesco Crispi, accompagnato a sua insaputa e contro il suo volere dalla moglie Rose Montmasson. Unica donna della spedizione, venne soprannominata dai patrioti come “l’angelo di Calatafimi". Si narra che si imbarcò travestita da uomo, dopo aver ottenuto il consenso di Garibaldi in persona.

Se è vero che il memoriale dei Mille è un ponte capace di connettere passato e presente, è anche vero che non è più sufficiente celebrare il valore storico dell'impresa senza ragionare sul suo significato nell'attualità. Ricordare va oltre la mera riconoscenza: è un impegno continuo per costruire una realtà migliore. Solo in questo modo possiamo diventare i custodi non solo della memoria di un evento storico, ma anche dei sogni e delle speranze della minoranza di entusiasti che si radunò a GenovaQuarto con un unico desiderio nel cuore: l'Italia.

Tra i letterati compaiono invece il già citato Giuseppe Cesare Abba, un giovane Giuseppe Bandi - noto soprattutto per essere l’autore di uno dei capolavori della letteratura garibaldina “I Mille, da Genova a Capua” - e il celebre Ippolito Nievo. Si potrebbe continuare a raccontare le loro storie ancora a lungo, ma ciò che resta anche solo dopo questo breve viaggio nella vita dei Garibaldini è un ritrovato senso di unità, la convinzione che le gesta del singolo possano influire compiutamente su un risultato collettivo.

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Natale a Genova

Le luci e le Feste attraverso le foto dell’Archivio Leoni Di Gessi Adamoli

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atale è la festa dei bambini, gli adulti ricordano i loro Natali con nostalgia e un pizzico di malinconia. E a loro è dedicato questo magico tuffo nel passato che ci siamo potuti permettere grazie allo straordinario Archivio Leoni che i genovesi possono visitare al Galata-Museo del Mare grazie alla Fondazione Paolo e Giuliana Clerici. Le luci che inondano via Venti Settembre sono datate 1963. L'Italia era ripartita dopo

la guerra ed era in pieno boom economico. Non si bada a spese, c'è voglia di esorcizzare il recente passato drammatico e si guarda avanti con fiducia e spensieratezza. Dieci anni dopo le luci si spengono, il Governo impone “l'austerity”, una riduzione forzata dei consumi energetici che modificano le abitudini dei cittadini e rendono l’opinione pubblica consapevole della fine di un lungo ciclo di espansione economica.

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L'Italia la domenica viaggia a targhe alterne, una volta possono circolare solo le auto con numero finale pari e la successiva quelle con numero finale dispari. In via Venti si spengono le luci e a De Ferrari l'albero ricco di palline e decorazioni viene sostituito con una spartanissima stella montata su tubi Innocenti. Per i bambini, non ancora conquistati dai giochi elettronici, la magia del Natale era rappresentata dal Luna Park. Anzi, dai Baracconi come veniva definito (e viene definito ancor oggi) dai genovesi quel festoso assembramento di vecchie giostre

di felliniana memoria via via sostituite da attrazioni sempre più moderne. Per ottanta anni, dal 1943, i Baracconi sotto Natale arrivavano alla Foce, nel grosso spiazzo che sarebbe poi diventato l'odierno piazzale Kennedy, ed erano presi d'assalto da migliaia di genovesi: la pesca miracolosa, il labirinto, le montagne russe, la ruota panoramica, i “calcinculo”, ma soprattutto gli autoscontri. E quest'anno la magia si è ripetuta nella nuova sede di Ponte Parodi, con il Luna Park direttamente sul mare. Babbo Natale si muove in slitta, ma a Genova nel 1978 arriva da Francoforte a bordo 138


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Natale a Genova di un aereo della Lufthansa e gira per la città su una corriera che a quei tempi veniva chiamata Lazzi. Natale dal 1926 a Genova è anche la Fiera del Libro, la signorile Galleria Mazzini viene occupata lungo tutto il suo percorso da bancarelle che offrono le proposte più disparate: dagli ultimi best seller a libri antichi ad introvabili volumi per amatori. L’edizione di quest'inverno è la numero 98,

lini e Ivo Chiesa, storico direttore del Teatro Stabile di Genova per quasi 50 anni. E una miniatura del Teatro dell'Opera, finalmente restituito alla città, nel Natale del 1979 viene usata, in una macelleria di Soziglia, nel presepe al posto della tradizionale capanna. E poi la straordinaria illuminazione di piazza De Ferrari con uno splendido colpo d’occhio che vede tutte le facciate dei principali pa-

l'obiettivo di Leoni ci riporta indietro a quella del 1978. E' di quell'anno l'incontro pubblico organizzato all'esterno dal rinato Carlo Felice con relatori di prestigio il sindaco Fulvio Cerofo-

lazzi che si affacciano su De Ferrari (Ducale, Teatro Carlo Felice, Accademia ligustica di Belle Arti, palazzo di via XX Settembre 41, Palazzo della Borsa) risplendere grazie a un milione le micro luci a led e bassissimo con139


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sumo energetico, per un totale di 6.500 metri quadrati di facciate rivestite. "Per noi questo senso di comunità significa anche

promozione del territorio e aiuto al commercio delle nostre città, contribuendo allo svago dei cittadini. Il regalo più bello di queste Feste sono le migliaia di persone in piazza con la voglia di stare insieme e di essere una comunità e un milione di led a illuminare una delle piazze più belle della nostra regione e d'Italia. Promettiamoci tutti insieme che non rinunceremo a conquistare i nostri sogni e il

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Natale a Genova nostro futuro" ha detto il presidente della Regione Giovanni Toti. E l'arrivo della Befana era l'occasione per una grande festa dei Vigili Urbani. I “cantuné”, come ancora vengono chiamati, perché erano letteralmente i sorveglianti dei “cantoni”, gli angoli delle strade. Non c’erano ancora gli spietati cacciatori di divieti di sosta, con i cittadini c'era un rapporto cordiale ed anche affettuoso. La gente riconosceva loro l'importanza del lavoro che svolgevano stando in piedi per ore su pedane circolari al centro dell'incrocio sotto la pioggia battente o il sole di agosto. Facevano funzionare la viabilità ed evitavano il caos nelle strade.

Così, in occasione dell’Epifania i cittadini riconoscevano il loro impegno lasciando ai piedi delle pedane dove dirigevano il traffico bottiglie di vino, cibo di vario tipo e diversi doni. L’usanza è rimasta in voga fino agli anni

Sessanta quando l’avvento dei semafori ha radicalmente cambiato il modo di andar per strada. E tra i tanti immortalati a Genova a lasciar doni ai cantunè, anche Fausto Coppi, il Campionissimo che aveva spostato una ragazza di Sestri Ponente, Bruna Ciampolini, e che per qualche anno ha abitato in via Donizetti proprio nel cuore della popolosa delegazione ponentina. Ma c'era anche la Befana dei Carabinieri: l'obiettivo di Leoni, nel 1967, immortala il cardinale Siri consegnare una bicicletta ad un'emozionatissima bimba.

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I Forti di Genova per 13 chilometri da sogno

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n progetto da 8,6 milioni di euro, finanziati dai fondi complementari del Pnrr. Tanto vale il ripristino, la valorizzazione e la creazione del percorso attrezzato, che collegherà piazza Manin a forte Diamante. Un intervento che interesserà, in varie fasi, circa 13 chilometri di sentieri. Dunque, si tratta di creare una rete che veramente possa permettere di collegare il centro della city al suo patrimonio verde. La presenza, in piazza Manin, della stazione di partenza del trenino di Casella, esalta la funzione turistica di questo ambizioso progetto. Con l’intervento sono previste l’installazione di nuova segnaletica, la pavimentazione e opere di regimazione delle acque bianche per prevenirne l’eventuale dissesto idrogeologico. L’opera sarà pronta per la fine del 2024. 142


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Due vallate da scoprire

L’intervento prevede la realizzazione di un percorso turistico attrezzato, che collegherà la città ai sei forti che si trovano a guardia della Val Bisagno e della Val Polcevera. In una seconda fase ad altre quattro fortificazioni, scendendo verso sud, fino a raggiungere Sampierdarena. Partendo da piazza Manin, il percorso sale lungo viali alberati, seguendo le mura di San Bartolomeo e raggiunge Righi proseguendo sempre in parallelo alle mura e costeggiando i Forti Castellaccio e Sperone (quota 512 m) per poi raggiungere, attraverso strade bianche e sentieri, il crinale tra la Val Polcevera e la Val Bisagno. Qui si innalzano i Forti Begato, Puin, Fratello Minore e Diamante. Da quest’ultimo si scende al valico di Trensasco. I diversi percorsi saranno attrezzati con belvedere, bacheche informative per facilitare la “lettura” dei siti, spazi per la sosta e infine due punti ristoro sul crinale per completare l’offoto BBruno ferta di servizi lungo il percorso.

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Una strada bianca

Nel suo tratto fuori dalla cerchia urbana, il percorso assume già quel carattere di strada bianca, ovvero una tipologia di percorso a bassissimo impatto ambientale che è stato attuato per la prima volta in Italia nelle colline del Chianti, in Toscana. Un sistema che verrà mantenuto per tutto il resto del progetto, fino al valico di Trensasco: una massicciata costituita da un fondo di materiale lapideo grossolano compattato e consolidato con leganti naturali, dando luogo ad una realizzazione che si rivela in piena armonia con il paesaggio esistente. Al percorso, aperto esclusivamente a pedoni escursionisti e mountain bike, potranno accedere mezzi carrabili autorizzati sia di soccorso, sia impiegati per la manutenzione del territorio e per i successivi interventi di recupero dei Forti.

foto BBruno

Un parco da vivere

Il magnifico paesaggio dell’Area Naturale Protetta d’interesse locale “Parco delle Mura” deve il suo nome alle Mura Nuove, erette nel Seicento a maggior difesa della città e del suo bacino portuale; queste sono ancora ben conservate e circondano Genova in un abbraccio alto e quasi invisibile per chi vive e si muove giù in basso, nelle vie del centro. Sono un monumento urbanistico e storico unico e prezioso e costituiscono un magnifico luogo di incontro fra la città e la natura - a tratti selvatica e selvaggia - che la circonda. Il Parco dal 2008 tutela 617 ettari di colline; il percorso classico inizia dal capolinea superiore della funicolare (Righi) e prosegue verso i Forti Castellaccio e Sperone, a 450 metri di quota; già da qui la vista si apre su tutta la città e la natura è sovrana. L’escursione continua verso l’ottocentesco Forte Begato che domina la Val Polcevera, o verso l’interno per raggiungere il piccolo Forte Puin ed il magnifico Forte Diamante, posto a 660 metri di quota, il più alto ed isolato del Parco.

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ANNO 2 - NUMERO 2 INVERNO 2023 - 2024

INVERNO 2023 / 2024


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