RM Magazine 2/2025

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f ederico Veronesi: “ c on o niwines siamo pronti a cambiare il mondo del V ino”

a cqua minerale, stile e qualità (organolettica) al ristorante

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Vetrina Prodotti

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mercati - VINO

Vinitaly e oltre, resistono le incognite nel calice

INTERVISTA - FEDERICO VERONESI:

«Con Oniwines pronti a cambiare il mondo del vino»

Si parla di...

Sviluppo rete

RM Magazine

Trimestrale di Ristorazione Moderna

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano

Registrazione n° 52 del 30/1/2007

Direttore responsabile Armando Brescia

Direttrice editoriale

Maria Teresa Manuelli

Bollicine e territorio uniche certezze per i produttori

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mercati - ACQUA MINERALE

Stile e qualità (organolettica) al ristorante

41

mercati - TABLEWARE

Più personalizzazione per la mise en place

49

L’ANALISI NIQ

Responsabile redazione EDM

Claudia Scorza

Responsabile editoriale

Nicola Grolla n.grolla@edizionidm.it

Responsabile publishing

Stefania Colasuono

Progetto grafico

Silvia Ballarin

Mercato VINO

Bollicine e territorio uniche certezze per i produttori

51 CASE HISTORY

Doppio Malto, GianGusto, King Pub, Fatty Patty

59 OPINION

Il gusto dell’esperienza: la rivoluzione del fine dining

61

FOCUS CANALE - Centri commerciali

Mapic Italy, il leisure prende spazio nei centri commerciali

65

ANTICIPAZIONI SUL PROSSIMO NUMERO

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Guarda dentro

Estate fuoricasa, calma piatta prima del rimbalzo

Secondo

un’analisi TheFork dedicata alle spese in vacanza che ha coinvolto 900 italiani, il 64% degli intervistati considera la buona cucina “molto importante” per la riuscita della vacanza. Più della metà degli italiani ha dichiarato di voler andare al ristorante con la stessa frequenza di sempre, se non addirittura più spesso, durante le ferie. La cena fuori è il momento preferito della giornata, un momento scelto da quasi il 70% dei vacanzieri, che vedono nel pasto serale un’occasione di convivialità e scoperta. Il budget medio resta accessibile, tra i 20 e i 35 euro a persona. Dati buoni?

Per il momento sì, ma non per questo sufficienti. Se la bella stagione rappresenta il picco dei consumi al ristorante, segue un trend difficile. Per mangiare fuori, infatti, gli italiani hanno speso lo scorso anno una media di 3.264 euro a famiglia. Il livello degli attuali consumi alimentari, per un totale di 234 miliardi (di cui 150 miliardi di consumi domestici) ci riporta ai numeri del 2015. L’inflazione e il calo del potere d’acquisto fanno il paio con possibilità di spesa basse: «Rispetto alla crisi economica del 2008, poi, gli stipendi in Italia sono oggi persino più bassi dell’8,7% in termini reali, cioè al netto dell’inflazione: significa che le persone possono fare o comprare meno cose con i soldi che guadagnano», ha affermato Mario Resca, presidente di Confimprese.

Se i mesi estivi e i flussi turistici potranno favorire il rimbalzo atteso, si capirà forse a stagione inoltrata. Secondo un’indagine Maiora Solutions, il 35% degli italiani non ha ancora deciso cosa fare durante i mesi più caldi dell’anno, mentre il 60% a fine maggio doveva ancora effettuare prenotazioni. In ogni caso, budget da mille euro a persona per il 53% degli italiani. La richiesta più gettonata? L’esperienzialità: tour gastronomici locali (40%), esperienze culinarie in barca (19%) e persino degustazioni con chef dal vivo (9%) rientrano tra le esperienze più desiderate. Il cibo, insomma, non è solo un piacere, ma diventa il vero filo conduttore della vacanza.u

LA FRASE DEL MESE

«Lontani dai riflettori delle grandi metropoli abbiamo sempre trovato dei partner immobiliari attenti e interessati al nostro modello di sviluppo, senza alcuna differenza fra landlord locali o proprietari multinazionali» (Mario Traverso, co-founder TBT Food).

Nicola Grolla, responsabile editoriale
Ristorazione Moderna

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COVER STORY

VINITALY E OLTRE, RESISTONO LE INCOGNITE NEL CALICE

LA KERMESSE VERONESE

ARRIVATA ALLA 57° EDIZIONE (6-9 APRILE) È PARTITA IN PIENA GUERRA COMMERCIALE.

LE INCOGNITE DI MERCATO

L’HANNO FATTA DA PADRONA

FRA GLI STAND. E A DISTANZA

DI QUALCHE MESE CONTINUA-

NO A TORMENTARE IL MERCATO

Vinitaly e oltre, resistono le incognite nel CALICE [

Con 97mila presenze complessive e un ventaglio di oltre 4.000 aziende del settore, associazioni di categoria, istituzioni nazionali ed europee, Vinitaly (6-9 aprile) si è confermato il punto di riferimento per il mondo del vino italiano e non solo: 32mila operatori esteri presenti in fiera provenienti da 130 Paesi (+7% sul 2024). Risultato tutt’altro che scontato, sia per il fitto calendario fieristico (Wine in Paris a febbraio, ProWein a marzo) sia per l’andamento del settore, con consumi in calo (743,4 milioni di litri venduti nel 2024, -1,5% nonostante un leggero +0,3% in valore delle vendite Gdo e retail) e fatturato pari a 14,5 miliardi di euro, che sale a 31 miliardi con

l’indotto di cui l’export copre 8,1 miliardi di euro (1,9 verso gli Usa). Numeri diffusi dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly a pochi giorni dal via della manifestazione e che traducono in cifre lo stato di salute del settore alle prese con un calo di appeal: negli ultimi 30 anni, l’Italia ha “perso” il 21% dei litri consumati all’anno. E questo non tanto per una questione generazionale, ma per un generale cambiamento dei consumi che ha origini lontane: se negli anni ’70 secondo il ministero della Salute si consumavano 16,58 litri di alcol pro-capite, nel 2010 si è raggiunto il minimo di 4,45 litri, per risalire leggermente fino ai 4,83 del 2019, l’ultimo anno in cui questo dato è stato rilevato. Nel 2024 è ancora il vino rosso ad andare per la maggiore (1,1 miliardi di litri di consumi), seguito dai bianchi (751 milioni di litri), dagli spumanti (347 milioni di litri) e dai rosati (122 milioni di litri).

La crescita del no-low alcol

Non sorprende che l’edizione 2025 di Vinitaly sia stata anche quella che ha sdoganato il no-low alcol. Un mercato globale che attualmente vale 2,4 miliardi di dollari e che punta a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028 secondo l’analisi dell’Osservatorio su base dati Iwsr. Numeri bassi, ma che tracciano una direzione. Per i no-low alcol è previsto un crescita CAGR del +7% in volume nel periodo 2024-28, a differenza di un -0,9% del totale vino, e un +8,1% in valore, contro il +0,3% del totale vino sempre nello stesso periodo. Certo, stiamo parlando di un segmento ancora piccolo (1,2% del totale delle vendite). La produzione dei vini dealcolati italiani, per esempio, è attesa salire quest’anno di circa il 60% rispetto al 2024, con una quota maggioritaria per i zero alcohol (83%) e gli spumanti. «La nicchia produttiva è nella sua fase embrionale ma già si registra l’effetto positivo generato dal decreto di dicembre che disciplina le disposizioni nazionali sulla produzione della categoria. Prova ne sia che oltre all’aumento dell’offerta la gran parte delle imprese esprime l’intenzione di trasferire la produzione in Italia», ha commentato a tal riguardo Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv. Nel frattempo, un nuovo decreto del Masaf ha sciolto anche due dei tre nodi per facilitare la produzione di dealcolati: la gestione dell’anidride carbonica per i NoLo (no e low alcol) spumantizzati e la possibilità di utilizzare gli stessi stabilimenti in cui vengono lavorati i vini tradizionali. Resta invece ancora da chiarire il terzo nodo, quello sulle accise da applicare ai nuovi prodotti. Per Micaela Pallini, presidente di Federvini, «è un segnale di ascolto importante da parte delle istituzioni e un passo concreto per dotare il comparto di un quadro normativo moderno e aderente alle esigenze delle imprese per rispondere a nuove tipologie di domanda».

Dazi? Tutto rinviato a luglio

Cambiamenti che pesano tanto quanto il tema dazi. Sebbene ad oggi (13 giugno, ndr) la situazione sia tornata di attualità dopo aver condizionato i giorni di Vinitaly, è pur vero che si tratta dell’ennesimo giro di giostra. Gli Usa di Donald Trump hanno sospeso la minaccia del 50% di tariffe verso i prodotti dell’Ue fino al 9 luglio. Una buona notizia solo a metà. Di fatto, «la nuova minaccia del presidente Trump rappresenta un ulteriore fardello di incertezza per le imprese italiane, a partire da quelle del vino. Da mesi ormai il settore, che negli Stati Uniti spedisce il 24% (1,94 miliardi di euro) dell’intero export enologico, non riesce più a programmare il proprio

futuro, e questo è un danno enorme. Più che tariffe queste sarebbero un vero e proprio embargo», ha denunciato Lamberto Frescobaldi, presidente di Uiv. L’allarme c’è, ma per ora non resta che attendere dati dell’export aggiornati. Quelli di marzo, paradossalmente, parlano addirittura di un +4% (sebbene in rallentamento in prossimità di fine marzo e l’avvento dei primi annunci). «Tenteremo in ogni modo la de-escalation delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti – aveva annunciati a Vinitaly il Commissario europeo all’Agricoltura e lo sviluppo rurale, Christophe Hansen - L’attuale contesto politico favorirà il dialogo e i negoziati con altri Paesi terzi, inclusa l’India. Questa pressione internazionale deve essere usata per aprire nuovi mercati».

L’intervento di Olivér Várhelyi a Vinitaly

Nel frattempo, anche una riflessione sul legame tra consumo di vino e salute potrebbe aiutare il business. Su questo è intervenuto a Verona un altro commissario europeo, quello alla Salute, Olivér Várhelyi: «Bere un bicchiere di vino a pranzo o cena è una scelta personale, ma è anche parte della dieta mediterranea da cui emerge che un consumo molto moderato ed equilibrato può rientrare tra le abitudini alimentari. Quando parliamo di vino, infatti, non si tratta solo di alcol: è un prodotto unico, anche per i suoi effetti microbiologici. Cibo e bevande non sono solo nutrizione e sopravvivenza: fanno parte di ciò che rende la vita piacevole e sono anche centrali per il nostro patrimonio europeo. Le persone devono avere a disposizione tutte le informazioni per compiere scelte personali che sostengano la loro salute. La politica pubblica è importante, ma anche la capacità di influenzare le scelte individuali. L’Italia è un

Vinitaly International Award - Pasqua Vigneti e Cantine: storica azienda vitivinicola veronese che ha saputo reinterpretare con audacia i propri vini in forza di un legame “ontologico” con l’arte contemporanea. Facendo della creatività l’anello di congiunzione tra arte e vino e grazie a un profondo rinnovamento con investimenti dentro e fuori il vigneto.

Vinitaly International Award Estero - Neil Empson: fondatore, assieme alla moglie Maria, della Empson & Co., scomparso lo scorso 14 settembre a 85 anni. Sorta nel 1972 a Milano, la celebre azienda di esportazione di vini italiani di alta gamma fu, tra le altre cose, la prima a portare lo Chardonnay sui mercati internazionali. Facendo da apripista, coniò il termine "Super Tuscan” e fece conoscere brand divenuti iconici al mercato americano.

Premio Vinitaly alla Carriera - Franco Barnabei: riconosciuto l’impegno nella valorizzazione dei vitigni tipici/autoctoni di ogni regione. Professionista di fama mondiale e già vincitore nel 2000 dell‘Oscar del Vino’ come miglior enologo, è conosciuto come “Mister Sangiovese”.

Ristorazione d’Eccellenza - Massimo Bottura: due volte al vertice della classifica The World's 50 Best Restaurants e attiva da 30 anni, Osteria Francescana ha scalato le vette dell’enogastronomia mondiale grazie ad una filosofia basata sul cibo come memoria e innovazione, le brigate come famiglia, l’inclusione come responsabilità sociale, le donne come forza trainante del cambiamento, l’ospitalità come gesto d’amore.

RM N.3-2024

Premio Vinitaly 100 anni – Consorzio tutela vini Valpolicella: ha tagliato il simbolico traguardo dei 100 anni lo scorso febbraio in occasione di Amarone Opera Prima. Ad oggi sono oltre 2.400 aziende del territorio associate.

buon esempio: la Dieta Mediterranea è una scelta quotidiana per milioni di italiani nel mondo. Sappiamo che il consumo di alcol, se si mantiene un equilibrio, non ostacola la longevità». Parole che hanno disteso gli animi fra industry del vino e Bruxelles alle prese con la nuova querelle relativa all’etichettatura e alle indicazioni sui rischi per la salute.u

CONSUMI FUORICASA DI VINO

Gli allarmi e le preoccupazioni dei produttori per il calo dei consumi di vino trovano purtroppo un riscontro nella pratica del fuoricasa. A confermarlo sono alcuni dati Circana: rispetto allo scorso anno, nei 12 mesi terminati a marzo 2025, si è registrato un -9,2% in termini di atti d'acquisto. Gli italiani scelgono di consumare meno vino nelle loro occasioni fuoricasa, la cui incidenza sul totale delle visite è scesa sensibilmentee (dal 4,8% del 2019 al 4,5% del 2025). «Siamo di fronte gli effetti dovuti all’introduzione del Codice della Strada a fine dello scorso anno piuttosto che a quelli dovuti al calo delle presenze nei ristoranti – afferma Matteo Figura di Circana – A soffrire di più sono i rossi, seguiti dalla bollicine mentre tiene maggiormente il bianco fermo». Guardando ai canali della ristorazione, comunque, il full service è il canale preferito per il rosso che vede il 73% della categoria venduto in questo canale. Situazione diametralmente opposta per le bollicine principalmente vendute nel quick service (63%). Interessante approfondire i profili che generano queste dinamiche di consumo: «Se i giovani frequentano meno il fuoricasa e in generale preferiscono un consumo veloce, facile, destrutturato che prende le forme dell’aperitivo in cui le bollicine sono protagoniste, sono gli over 50, principalmente maschi, a trainare il consumo di vino – afferma Figura – Nota a parte meritano le famiglie con figli under 12: rappresentano un potenziale inespresso nel consumo di vino, dal momento che solo il 9,1% si concede del vino durante le visite fuoricasa». Un aiuto potrebbe arrivare dalle promozioni: il 20% degli atti di acquisto di vino avviene in “combo”. «Un dato al di sotto della media del fuoricasa, che si attesta al 24%, ma che lascia margine, a chi dovesse trovare il giusto equilibrio, per incrementare i consumi di vino», conclude Figura.

DopoFederico Veronesi:

“Con

Oniwines pronti a cambiare il mondo del vino”

IL DEBUTTO A VINITALY HA RAPPRESENTATO

IL TRAMPOLINO DI LANCIO PER LA DIVISIO -

NE DEL GRUPPO ONIVERSE CHE RIUNISCE

VILLA BUCCI, TENIMENTI LEONE, LA GIUVA E PODERE GUARDIA GRANDE. UN MODELLO DI

BUSINESS CHE GUARDA AL TERRITORIO E MA

VUOLE TENERE IL PASSO CON L’EVOLUZIONE

DEI CONSUMATORI

una serie di acquisizioni iniziate dalla famiglia Veronesi nel 2015 con Tenimenti Leone nel Lazio e impreziosite dall’ultima arrivata Villa Bucci (Marche) nel 2024, a Vinitaly 2025 ha fatto il suo debutto Oniwines, la divisione dedicata al vino di Oniverse, a cui fa capo anche il brand Calzedonia. Un palcoscenico che, nonostante le difficoltà che sta attraversando il settore, ha permesso all’azienda di completare la filiera (che comprende anche La Giuva, Veneto e Podere Guardia Grande, Sardegna) dopo il lancio, nel 2012, del format di enoteca con cucina targato Signorvino. «Abbiamo un modo unico di fare le cose – racconta Federico Veronesi, figlio più giovane del patron Sandro e amministratore di Oniwines - Dal prodotto alla comunicazione vogliamo portare il nostro stile in un settore che, sebbene stia vivendo un momento di appannamento, esiste dall’alba dei tempi e il cui futuro è positivo a patto di saper interrogarsi sulle logiche che favoriscono la filiera».

Da dove nasce la sua passione per il vino? E quella di famiglia? Intorno ai 16 anni comincia a nascere in me un interesse verso il mondo del vino, frutto della mia passione per la cucina che avevo fin da bambino. Tanto che all’epoca avevo anche considerato di frequentare l’istituto alberghiero. Crescendo, ho portato avanti questa passione, frequentando in modo indipendente

il corso da sommelier in parallelo alla crescita imprenditoriale nel food retail; culminata con la nascita di Signorvino. Per me e la mia famiglia, così come per molte altre in Italia, il vino è sempre stato uno degli elementi culturali della nostra tavola, del nostro modo di star bene e di divertirci. Da qui l’idea e l’opportunità di poter valorizzare questi aspetti all’interno di una strategia che legasse l’Italian life style, il piacere del bello, con il business e gli investimenti.

Come è stato il primo Vinitaly con Oniwines?

Siamo una realtà nuova e abbiamo riscosso tanta curiosità. Per Signorvino, penso che mai come quest’anno abbiamo stappato così tante bottiglie.

Oniwines è il risultato di un processo di acquisizioni e aggregazioni. Da dove nasce questo approccio e qual è l’obiettivo?

Oniwines nasce quasi per caso, nel 2017, dall’idea di raggruppare le cantine di proprietà e dalla convinzione che mancasse nel mondo produttivo una realtà simile, che potesse far tesoro della relazione con il pubblico sviluppata da Signorvino valorizzando il prodotto nel modo corretto: dalla vigna al calice. Se ampliamo lo sguardo, infatti, l’Italia è da sempre un grande Paese esportatore per volume, ma non per valore medio. E su questo c’è ampio margine di miglioramento. A patto di saper organizzare e rendere più efficiente il business. Ad oggi sono ancora decine di migliaia i singoli produttori in Italia. Spesso troppo piccoli per dimensione da avere la forza di comunicare e conquistare nuovi mercati. Lo stesso si può dire delle realtà che aggreghiamo noi, tutte accomunate da un Dna unico, profondamente legato al territorio che si esalta all’interno di un modello di business verticale.

Altre acquisizioni in vista?

A settembre annunceremo un’operazione nella zona del Trentodoc, sopra i mille metri di altitudine e a breve un’acquisizione in Piemonte che porterà le cantine di Oniwines a quota 6. L’obiettivo è superare l’attuale giro d’affari che viaggia sui 5 milioni di euro per un totale di un milione di bottiglie prodotte.

A medio termine, non vi preoccupano gli effetti dei dazi?

Considerando i nostri volumi totali, il mercato dove vogliamo essere più presenti è l’Italia. Questo non significa abbandonare gli Usa, ma non farsi nemmeno preoccupare troppo; soprattutto visto il personaggio (Trump, ndr) che fa, disfa, rilancia e torna indietro. Alla fine, sentendo anche gli operatori americani, la soluzione dovrebbe attestarsi intorno a dazi del 10% per il vino italiano. Sostenibili.

Diverse, invece, le considerazioni sulle abitudini di consumo che cambiano. Cosa cercano i wine lovers? Se è vero che il consumo di vino e alcol sta calando nel mondo, questa tendenza assume diversi aspetti a seconda dei contesti considerati. In Occidente, Italia compresa, si osserva che la maggior parte della popolazione che può bere, beve almeno una volta al mese del vino. Il tema vero riguarda il consumo dei giovani della Gen Z. Differentemente dai Millennial che li hanno preceduti, e per cui il consumo di vino è passato dal bicchiere di vino a pasto come facevano i loro genitori alla bottiglia nel weekend, i ventenni di oggi viaggiano un po’ alla larga. Colpa di un modo un po’ elitario di

raccontare il prodotto ma anche di una forte campagna mediatica che ne ha messo nel mirino il consumo, come se non esistesse possibilità di moderazione. Aspetti che premiano più la qualità che la quantità e che abilitano momenti di approfondimento e conoscenza capaci di unire gusto, tradizione, provenienza, curiosità per i metodi produttivi, ecc e per cui la gente è disposta a spendere un euro in più. Bisogna riportarli al centro dell’esperienza vino, insieme a un’enfasi sul benessere mentale.

Qual è la chiave per riuscirci?

Secondo me serve un linguaggio senza troppi fronzoli. Se vado in un’enoteca o in un ristorante vorrei che il sommelier mi parlasse in modo amichevole, cordiale, includente. Tanti giovani imprenditori lo hanno capito e messo in pratica con l’obiettivo di raccontare il vino in modo godurioso, senza banalizzare ma destrutturando un heritage per cui se non si è esperti di una particolare nicchia non si può apprezzare fino in fondo quello che si beve. Insomma, meno preconcetti e pregiudizi, più spunti.

Il food pairing può aiutare?

Chi È Federico Veronesi

Giovane imprenditore, classe 1992, dopo la laurea in Bocconi nel programma triennale in lingua inglese Biemf (Bachelor in International economics management and Finance) e la specialistica in Arts, culture, media and entertainment management si cimenta anche nella ristorazione Beanacus Gin (tre locali). Federico Veronesi ha arricchito il suo percorso nell’azienda di famiglia (Calzedonia) e anche nel mondo del vino: diplomato Ais, possiede anche il certificato di terzo livello Wset (Wine and spirit education trust). Oggi guida Oniwines, la divisione vino di Oniverse.

È molto gettonato all’estero, soprattutto in Giappone e Usa dove sono molto attenti a cosa abbinare al vino. Secondo me, al di là di un po’ di buon senso, per cui non abbinerà mai dell’Amarone con una cruditè, poi sta al gusto personale. La degustazione deve essere un momento di relax, senza forzature. Al massimo si può aiutare il cliente a trovare ciò che gli piace di più nella nostra offerta, ma senza diventare tecnici altrimenti si manda in confusione il consumatore.

L’aperitivo, quindi, che ruolo gioca per il vino nel fuoricasa?

Rimane uno dei riti più rappresentativi della nostra cultura. Su questo abbiamo puntato la differenziazione di Signorvino. Tanto che stiamo introducendo formule ad hoc per potenziarne l’offerta. Anche per quanto riguarda Oniwines abbiamo gli stili giusti per affrontare questo momento di consumo che predilige vini freschi, di facile beva, da consumare anche in piedi.

Signorvino: che progetti?

Dovremmo raggiungere le 50 aperture a fine anno. Oggi siamo a 43 locali. Altri 4 sicuramente vedranno la luce alla fine dell’anno gli altri forse slitteranno in avanti. Questo dovrebbe proiettarci comunque verso i 120 milioni di giro d’affari rispetto ai 100 milioni del 2024. Veniamo da un trimestre difficile iniziato con l’annuncio del nuovo Codice della Strada. Una botta da -30-40% di fatturato nel fuoricasa. Da Pasqua è partito il miglioramento. Le vendite retail pesano per il 30% del volume. Puntiamo forte sulla formazione: uno staff che non solo vende, ma parla, studia il vino e pure il cliente. Il risultato è un rapporto diretto, schietto. Una piccola rivoluzione.u

Estate 2025, c'è voglia di gelato: +4% di vendite in Italia

Con una crescita delle vendite attesa intorno al +4%, la stagione estiva 2025 del gelato in Italia si preannuncia positiva per il settore. A confermarlo sono i dati (CREST-Circana e Associazione italiana gelatieri) elaborati per l'Osservatorio Sigep. Guardando al conteso europeo, nel 2024, pur a fronte di un lieve calo delle visite (-0,5%) la voglia di gelato non si è arrestata, registrando un +2,1%. In Italia si sono superate le 600 milioni di porzioni vendute, classificando il nostro Paese al primo posto continentale con un 26,4% di quota sul totale delle vendite. "Per l’estate 2025 – ha affermato Claudio Pica, segretario generale dell’Aiggli artigiani devono investire di più sulla formazione, e non solo sulle creazioni in laboratorio: purtroppo la carenza di personale è un tema anche nelle gelaterie, dove mancano circa 15-20mila addetti alla vendita al bancone".u

Aperitivo, il 77% degli italiani se lo concede fuoricasa

Gli italiani sono dei veri e propri "aperitaster". A dirlo è un'analisi CGA by NIQ diffusa in occasione dell'Aperitivo Festival di Milano (dal 9 all'11 maggio). Negli ultimi tre mesi, infatti, il 37% del campione dichiara di averne consumato uno (+7 punti percentuali rispetto al 2015) e di questi il 46% non rinuncia ad almeno un aperitivo al mese. Il 77% ama concederselo fuoricasa, nei bar diurni (39%), nei cocktail bar o locali dedicati (34%), seguiti da enoteche, trattorie e discobar (15%), ristoranti (13%) pub e birrerie (10%). Non solo. L’attenzione all’abbinamento è una caratteristica imprescindibile per l’85% del campione. Si guarda al Km Zero, alle certificazioni come la Dop, al territorio, alla cura nella preparazione che parte dalle materie prime. L’importanza dell’offerta gastronomica nella golden hour supera perfino l’attenzione alla qualità del bere (41% di fan del cibo contro il 38% di fan del beverage nel criterio di scelta del locale).u

Löwengrube e Tosca aprono il capitale a Sal Service

Dopo la joint-venture firmata nel 2023, i brand Löwengrube e Tosca aprono il proprio capitale al player immobiliare Sal Service per accelerare la crescita. Una mission che viene affidata a Fabrizio Tonfoni, direttore generale dei marchi ristorativi. Al suo fianco rimane, con una quota minoritaria, Pietro Nicastro, fondatore con Monica Fantoni delle insegne food retail. Diversamente dalla storia recente, Löwengrube perseguirà uno sviluppo diretto già due aperture entro la fine del 2025 (di cui una all'interno del Waterfront Genova) e poi un ritmo di crescita di almeno 3/4 aperture all’anno. Per Tosca - Eccellenze Toscane, la cui offerta ruota attorno alla tradizionale schiacciata toscana farcita con prodotti Dop e Igp del territorio regionale, oltre alle 6 location già attive e le imminenti prossime aperture in Italia e Francia, sarà privilegiato un modello di sviluppo misto.u

Assobirra, calano i consumi di birra ma il fuoricasa sale al 38,5%

Se, dopo un decennio di crescita, il settore birraio ha chiuso un 2024 in flessione, sono i consumi di birra fuoricasa a crescere raggiungendo il 38,5% del totale. A dirlo è l'Annual Report di Assobirra: i consumi sono stati di 21,5 milioni di ettolitri, in lieve calo rispetto al 2023; contrazione che va di pari passo con il calo del consumo pro-capite (36,4 litri rispetto ai 37,1 litri del 2023). Nonostante la flessione rispetto al picco storico del 2022 (22,5 milioni), i consumi 2024 restano solidamente sopra la soglia pre-Covid del 2019 (21,2 milioni). Crescono le scelte no-low alcohol: il 50% degli italiani apprezza queste varianti, il 40% le considera un'opzione valida per il consumo quotidiano ed è la Gen Z a guidare la tendenza, che al 53% ne apprezza il profilo aromatico. Pesa il tema accise che nel 2024 hanno superato quota 714 milioni di euro: +20 milioni rispetto al 2023, principalmente a causa dell'aumento dell'aliquota e considerando il calo dei consumi. Una spirale negativa da interrompere, per Assobirra, rimodulando l'accisa che, ad oggi, incide fino al 40% del prezzo finale nel formato da 66 cl.u

La Yogurteria e Nescafé debuttano nel travel retail con Art Caffè

Il format Art Caffè, nato dalla collaborazione fra La Yogurteria e Nescafé fa tappa alla Stazione di Milano Centrale con un'offerta a misura di viaggiatore. Un luogo unico in cui si incontrano due eccellenze: da un lato il Frozen Yogurt, dall’altro le miscele di caffè in grani finemente tostate di Nescafé Espresso Bar: una miscela dal gusto autentico e inconfondibile, approvvigionata al 100% da fonti responsabili. Dopo il successo delle precedenti aperture a Napoli, Varese e Olbia, l'insegna food retail e il marchio di caffè solubile conquistano il canale travel retail. Un’oasi di gusto e qualità dove prendersi una pausa speciale oppure, per chi è di fretta, scegliere una tra le tante proposte on-the-go da gustare comodamente in treno. Il nuovo punto vendita, inoltre, offre un menu ricco e creativo che spazia dalle special edition di frozen yogurt a base Nescafé a golosi caffè freddi firmati, fino alle proposte originali come gli Yo Coffee: milkshake al cappuccino con Frozen Yogurt. Per il brand nato nel 2007 dall’idea di Alberto Langella e che oggi conta oltre 90 locali grazie allo sviluppo franchising.u

Ramen Bar Akira apre il terzo locale a Torino (11 in totale)

ATorino , in via Sant'Ottaviano 12, apre le porte un angolo di Giappon e grazie all'iniziativa di Ramen Bar Akira , ormai giunto a 11 locali attivi in Italia. L'operazione è parte di una più ampia strategia di espansione, che prevede anche il lancio di nuovi format smart per i centri commerciali e il progressivo sviluppo del concept legato ai fluffy pancake. L'obiettivo è quello di raggiungere gli 8 milioni di euro di fatturato nel 2025 con una crescita costante del 30% all’anno. Alle spalle del brand c'è il fondatore Akira Yoshida , originario della prefettura di Hyogo, in Giappone, arrivato in Italia all’età di 18 anni per inseguire un sogno: diventare calciatore professionista. Appese le scarpette al chiodo, ha deciso di dedicarsi alla ristorazione proponendo una vera e propria immersione nel mondo del ramen. Il segreto? Un brodo artigianale preparato in casa con cottura lenta di 12 ore, noodles impastati freschi ogni giorno (oltre 60 tonnellate prodotte ogni anno), cuochi giapponesi e materie prime selezionate da Akira in persona. u

Minuto Bauli sbarca a New York: secondo locale all'estero

Dopo Vienna, Minuto Bauli raddoppia la sua presenza estera aprendo il locale di New York e portando così a 15 la rete di negozi di pasticcerie-caffetterie. La location prescelta è la centralissima Union Square, al numero 866 di Broadway, dove l'insegna ha tagliato il nastro il 21 maggio dando così avvio all'espansione negli Usa. «Da Verona a New York: Minuto Bauli è il simbolo perfetto del nostro modo di innovare. Una nuova, autentica e personale esperienza di

consumo racchiusa in un piccolo capolavoro di maestria pasticceria», ha affermato Enrico Bauli, presidente di Minuto Bauli e vicepresidente di Bauli Spa. Un format che unisce prodotto (un lievitato pronto in 20 minuti e da farcire ancora caldo con creme, confetture e guarnizioni) ed esperienza (grazie a un layout sui toni del lilla con simboli e indizi di italianità). A completare il servizio c’è la caffetteria da accompagnamento, fra classici tricolori e prodotti più creativi.u

Cioccolatitaliani arriva a Bangkok e dà avvio allo sviluppo asiatico

All'interno del prestigioso mall Central World di Bangkok, in Thailandia, prende avvio lo sviluppo asiatico del brand food retail Cioccolatitaliani. Una tappa fondamentale per l'insegna parte di Gioia Group che non solo debutta nel Paese grazie alla partnership con un player locale ma si proietta verso la costruzione di un network di almeno 10 store nella regione, parte di un piano di crescita internazionale sempre più ambizioso. Il primo locale thailandese del brand della famiglia Ferrieri è nato dalla collaborazione con Fico Group, realtà di riferimento nel settore dell’hospitality e del retail di lusso.

«La Thailandia è un mercato chiave per il nostro sviluppo internazionale – ha commentato Vincenzo Ferrieri, ceo di Gioia Group - E Bangkok è la città ideale da cui partire: dinamica, multiculturale e con un pubblico attento alla qualità. Questo primo store rappresenta il primo passo di un progetto ambizioso che ci vedrà impegnati nell’intero territorio con nuove aperture nei prossimi anni». L’obiettivo è quello di riuscire a raggiungere, entro fine 2025, una cifra compresa tra 45 e 47 milioni di euro di fatturato.u

Panino

Giusto, restyling

e

riapertura

con un nuovo concept a Milano

All'intero del palazzo Galimberti di Milano, in via Malpighi, Panino Giusto ha completato il restyling del proprio locale e riaperto con un nuovo concept. L'insegna food retail, simbolo della ristorazione veloce meneghina e del panino gourmet dal 1979, rilancia quindi la propria offerta puntando sulla mixology, a cui è stata dedicata la Malpighi Cocktail Room: un luogo nel luogo dove il tempo diventa protagonista assoluto. A pranzo la consueta esperienza che ha reso famoso e conosciuto il brand; alla sera, un'esperienza metropolitana e contemporanea. «Con questa ristrutturazione, abbiamo voluto dare ancora di più valore a quel periodo e alla vocazione di Panino Giusto di offrire da sempre la migliore esperienza, che sia il pranzo, l’aperitivo o la cena, mantenendo inalterata la nostra identità e conservando l'eccellenza dell’offerta gastronomica», ha commentato Antonio Civita, ceo di Panino Giusto. Ad occuparsi della miscelazione, Riccardo Tesini, bar manager dell’insegna meneghina, che ha ideato una drink list rivisitando in chiave moderna alcuni cocktail intramontabili dell’aperitivo italiano.u

Kebhouze, terzo locale a Torino e prossimi passi

a Roma e in Sicilia

Apochi passi da piazza Vittorio Veneto a Torino e dalle principali sedi universitarie, in via Po 53, Kebhouze apre il 20° ristorante della sua rete dedicata al kebab. Attivo da inizio maggio, in una delle zone più trafficate della città, si tratta del terzo locale nel capoluogo piemontese: circa 70 mq a piano strada, con 15/20 posti a sedere distribuiti tra l’interno e l’area esterna, include un kiosk di cassa automatica per un’esperienza d’acquisto ancora più rapida e digitale (il locale funge anche da hub logistico per le forniture dei grandi eventi in città). L'operazione si inserisce in una strategia di crescita volta a rafforzare la presenza del brand in location ad alta visibilità e passaggio, combinando efficacemente servizio in-store e delivery. Confermata quindi la vocazione pop e inclusiva del brand nato nel 2020 e che vanta anche due punti vendita all'estero, uno a Ibiza e uno a Londra, oltre a due temporary store: uno all'interno della discoteca Il Muretto di Jesolo (che riprende l'attività con l'avvio della stagione estiva) l'altro dentro Nice Disco di Roma. Nel 2025 Kebhouze si rafforzerà prima a Roma e poi nel Sud Italia , a partire dalla Sicilia. u

DESCRIZIONE

Nasce la nuova linea Mini Brioche firmate Rinaldini, pensata per il mondo ho.re.ca. Piccoli lievitati, artigianali, soffici e fragranti, che racchiudono tutta la qualità e l’eccellenza della nostra produzione in un formato pratico e versatile. Realizzati con farine selezionate, ingredienti genuini e una lievitazione lenta che dona all’impasto leggerezza e fragranza per un’esperienza di gusto memorabile. Disponibili in tre varianti sono ideali per colazioni raffinate, coffee break e buffet di alta gamma.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Size: 20g

Varianti disponibili: mini brioche classica, mini brioche salata, mini croissant al caffè

Modalità di preparazione: prodotto frozen (-18°), da lievitare e cuocere

Confezionamento: confezioni da 270 PZ

Shelf life: 4 mesi

PLUS

1. Massima versatilità: ideali per essere servite in diversi momenti della giornata.

2. Varietà nel servizio

Il formato mini consente di proporre più varianti in un’unica esperienza.

3. Gusti distintivi

L’impasto al caffè è all’insegna del gusto della tradizione italiana.

4. Porzioni equilibrate e leggere

5. Appeal premium, estetica curata e qualità impeccabile.

6. Ottimizzazione food cost

Riduzione degli sprechi grazie alla porzionatura precisa.

MARKETING E COMUNICAZIONE

Eleganti nel formato e ricche di gusto, le Mini Brioche Rinaldini permettono di costruire momenti di consumo memorabili, anche in contesti ad alto flusso. Facili da inserire in colazioni à la carte, buffet, welcome kit o coffee break, queste creazioni artigianali comunicano attenzione al dettaglio, gusto e raffinatezza, elevano l’immagine del servizio offerto e lasciano un segno nell’esperienza dell’ospite.

Pinsami Professional, le soluzioni per i menu primavera-estate

Con l'avvicinarsi della bella stagione, si rinnovano anche i menu dei locali e Pinsami Professional si propone con la sua linea di pinse dedicata all'Horeca. L'obiettivo è intercettare le necessità di una clientela che ama concedersi aperitivi, brunch e cene nei dehors dei locali. Qualità e gusto, con un tocco veg, le caratteristiche principali. Pronte in pochissimi minuti, adatte a qualsiasi tipo di locale e di forno le basi dell'azienda sono proposte in diversi formati e in differenti modalità di conservazione (fresco, frozen e ambient). Realizzati con un mix equilibrato di tre farine (frumento, riso e soia) e lievito madre, finemente lavorati per ottenere un panificato altamente idratato e sottoposto a una lunga lievitazione, i prodotti Pinsami Professional si abbinano bene anche alla carta cocktail.u

Eraclea lancia il ginseng vegano nel canale bar

Iconsumi al bar evolvono e anche il ginseng non resta fermo, grazie a Eraclea, brand del gruppo Lavazza, che lancia la versione vegana per il fuoricasa. Una referenza che si affianca a quella light e punta a intercettare le esigenze della clientela in termini di personalizzazione e consumi consapevoli. Da gustare anche in abbinamento a ricette dolci per una colazione, una pausa o una merenda di gusto. D'altronde, il ginseng è sempre più amato dai consumatori che lo possono trovare in quasi tutti i bar d'Italia (grazie a una penetrazione di mercato di oltre il 90%) anche in versioni aggiornate. In totale sono 5 le referenze ginseng pensate per il canale bar.u

Caffè Motta, nuova linea professional: 4 miscele in grani, 2 in cialda

Qualità, sostenibilità e formati intelligenti sono le caratteristiche base della nuova gamma di miscele in grani e cialde studiate per l'Horeca da Caffè Motta. Parte così l'avvenutura nel foodservice della storica realtà italiana. La proposta per il canale Horeca della realtà salernitana è composta da una selezione di 4 miscele di caffè in grani e 2 di cialde compostabili pensate per garantire performance elevate in estrazione e un bouquet aromatico riconoscibile, adatto a ogni tipo di cliente Motta.u

Ri-Drink, dall'albedo di limone arriva l'analcolica di Biova Project

Un nuovo capitolo nella lotta allo spreco alimentare si apre con Ri-Drink, la prima bevanda analcolica firmata Biova Project, realizzata con l’albedo di limone. Frutto della collaborazione con il Consorzio di tutela del Limone di Sorrento Igp, questa referenza unisce eccellenza agroalimentare italiana e innovazione circolare. L’albedo è la parte bianca del limone che solitamente viene scartata per il suo sapore amarognolo. In realtà è ricca di fibre, flavonoidi e antiossidanti naturali. Grazie all’utilizzo del kombucha come base fermentata, la startup torinese è riuscita a trasformare questo sottoprodotto in una bevanda fresca, funzionale e sostenibile. In bocca, una leggera effervescenza naturale e il caratteristico retrogusto acidulo.u

BRINDO: la soluzione che

fa “parlare” le bottiglie di vino

Il modo più rapido, comodo ed efficiente per condividere con i consumatori le informazioni sugli ingredienti e sui valori nutrizionali di un vino? Così come le indicazioni per berlo in modo responsabile? È semplice e sta tutto in una parola: Brindo.

Brindo è la soluzione sviluppata da GS1 Italy Servizi per permettere alle aziende di produzione e distribuzione del settore vitivinicolo di creare l’etichetta digitale dei loro vini, attraverso uno speciale QR Code sulla bottiglia che permette di condividere con i consumatori tutte le informazioni di prodotto, a partire da quelle rese obbligatorie dal Regolamento Ue 2021/2117. Tutto questo senza rovinare l’estetica delle etichette.

Già adottato da decine di produttori italiani per le loro oltre 2.600 referenze, Brindo si appoggia su una piattaforma esclusiva di GS1 Italy Servizi, che si occupa di tutto, dall’hosting alla gestione delle pagine web. Su questa piattaforma sono caricate sia le informazioni relative al vino sia le immagini della bottiglia. A partire da questi input il sistema crea automaticamente per ogni prodotto una pagina dedicata, dove sono raccolte e presentate chiaramente tutte le informazioni, obbligatorie e non.

A renderle condivisibili e fruibili anche dai consumatori è il QR Code che contiene un GS1 Digital Link, generato in modo automatico e pronto da apporre sull’etichetta. Così, scannerizzandolo semplicemente con il proprio smartphone, ogni consumatore può accedere a tutte le informazioni sul vino senza dover installare alcuna applicazione. Non solo: i produttori possono utilizzare lo stesso QR code per fornire e collegare tanti altri dati utili e importanti da comunicare, come l’etichetta ambientale o le certificazioni aziendali.

A rendere unico Brindo è proprio l’utilizzo del GS1 Digital Link, un indirizzo web con una struttura standard che identifica in modo univoco il prodotto fisico, collegandolo al suo gemello digitale. Il GS1 Digital Link è un valore aggiunto importante perché garantisce la tracciabilità e la veridicità di ogni dato, oltre a essere garanzia di sicurezza, perché protegge dalle frodi. È grazie a questa tecnologia che Brindo permette alle aziende del settore vitivinicolo di garantire e condividere informazioni sicure e dati certificati, abbinandole a immagini di qualità, e rendendole disponibili su un sito già strutturato, facile da utilizzare e da consultare.

mercati

BOLLICINE E TERRITORIO UNICHE CERTEZZE PER I PRODUTTORI

u Montelvini ingrandisce il formato in fusto

u Val D’Oca a tutte bollicine (analcoliche comprese)

u Bortolomiol al cuore del Prosecco

u Bianco e rosso, Cesari lancia Justo

u Allegrini Wines presenta Grola, il vino per tutte le stagioni

u Bellussi completa la gamma BellusSì

[Bollicine e territorio

uniche certezze per i produttori

LE CANTINE ITALIANE

AFFRONTANO IL CALO DEI

CONSUMI PUNTANDO SU

SPUMANTI E VINI DI FACILE

BEVUTA. ANCHE ROSSI.

SENZA DIMENTICARE LE CHICCHE DEL TERRITORIO

E I NUOVI MOMENTI DI CONSUMO

Sul vino tricolore incombono i dazi americani, ma i produttori di vino si attendono per il 2025 una crescita delle vendite complessive dell’1,7% e dell’export del 2%. Le bollicine rimarranno il traino del comparto, +4,4% dei ricavi e +6,1% dell’export, mentre i vini fermi si aspettano un più modesto +0,9% delle vendite e +1,2% dell’export. Queste le indicazioni raccolte da un sondaggio dell’Area studi Mediobanca nel tradizionale rapporto sul settore vinicolo in Italia (pubblicato post-Vinitaly).

Più cautela emerge, invece, quando si parla di consumi interni. Un terzo delle vendite avviene ancora in Gdo (3,2 miliardi di euro) mentre l’Horeca si ferma al 17,6% a causa di un andamento negativo per i consumi fuoricasa in generale e i contraccolpi del Codice della strada e delle tensioni geopolitiche. A soffrire sono maggiormente enoteche e wine bar (5,7% di share). Da qui ripartono quindi i produttori per trovare la giusta chiave con qui (ri)conquistare il mercato.

Montelvini ingrandisce il formato in fusto

Dopo un Vinitaly positivo, nonostante le premesse parlassero solo di dazi, Moltelvini si è ributtata sul mercato: «C’è ancora un po’ di preoccupazione. Più dei dazi, infatti, sono le dinamiche di consumo del vino a incidere maggiormente sull’andamento del comparto – ammette Alberto Serena, ceo dell’azienda vitivinicola – La demonizzazione del prodotto a cui abbiamo assistito ultimamente, con campagne che non distinguono tra abuso e moderazione, hanno contribuito a un primo trimestre molto complicato. Vedo ancora una certa paura fra i consumatori». Montelvini è una delle realtà vitivinicole più dinamiche nel panorama italiano, con sede a Venegazzù, piccola frazione di Volpago del Montello (TV), nel cuore della Docg Asolo Montello. Da 5 generazioni della famiglia e oltre 140 anni di impegno nella produzione di vini di qualità e ha deciso di riconquistare la fiducia dei consumatori e stimolare i rivenditori, con una novità: il vino in fusto a basso contenuto alcolico da 20 litri. «Si tratta di un prodotto che utilizza solo le migliori uve Glera che donano il classico profilo fruttato e aromatico del Prosecco. Contiamo così di aprirci a nuove opportunità, a partire dalla crescente diffusione del consumo al calice, che complica anche le operazioni di stoccaggio delle tradizionali bottiglie», sottolinea Serena. La richiesta, per il momento, arriva più dai paesi dell’Europa del Nord, ma le potenzialità non mancano nemmeno in Italia. D’altronde, rischiare adesso potrebbe risultare azzeccato: «Nel primo trimestre il calo c’è stato – rivela Serena – anche del -15-20%. La strategia quindi è quella di differenziare l’offerta rivolgendoci tanto al fine dining quanto al momento dell’aperitivo. Questo rimane il clou per le bollicine e lo sarà anche in futuro, quando si allargherà lo spazio per una bevuta più semplice, meno strutturata ma comunque riconoscibile».

Il 2025 di Val d’Oca, come testimoniato all’ultimo Vinitaly, rappresenta il completamento dell’attività di rebranding della cantina che ha aggiunto la linea Signature alle già presenti Heritage e Rive. In particolare, due le etichette simbolo: Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg Dry e Uvaggio Storico Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Dry; due

autentiche espressioni del territorio. Dal design moderno ed essenziale, le nuove etichette presentano come colore predominante il nero, simbolo di esclusività e raffinatezza. La bottiglia personalizzata, arricchita dal logo di Val d’Oca (un grappolo stilizzato nella fase di allegagione, realizzato con la tecnica dell’embossing) diventa un elemento distintivo del brand, suggerendo un’identità visiva forte e coerente anche con altre referenze dell’azienda come la collezione Rive Signature. Completano la nuova veste le capsule nere con dettagli dorati. Referenze che mirano a riconnettersi con il consumo: «Queste novità sono dirette a chi cerca un grado alcolico minore; e il Prosecco si sposa naturalmente con questa esigenza – spiega Stefano Gava, direttore generale - A livello di consorzi si sta ragionando su alcune sperimentazioni attraverso cui portare sul mercato prodotti con 7-8° alcol. Una riduzione del 20% del contenuto alcolico che permette al vino di rimanere vino». Approccio ideale per intercettare la domanda dell’aperitivo: «Vini strutturati, che hanno bisogno di un abbinamento fanno fatica sul mercato. Oggi vince la semplicità e la mixabilità insieme a un packaging attraente», sintetizza Gava. In questo senso va letto anche la partnership con Bella, brand di Mareno di Piave (TV) specializzato in bevande non alcoliche di qualità. Questa collaborazione segna un passo strategico per Val d’Oca: l’accordo prevede la distribuzione dei prodotti Bella attraverso la rete vendita di Val d’Oca, forte di una presenza consolidata sia a livello nazionale che internazionale. Grazie a questa sinergia Val d’Oca introdurrà nel proprio portfolio una selezione di bevande rinfrescanti, ideali per chi cerca alternative prive di alcol senza rinunciare a gusto e qualità. Item che si sposano bene con le necessità del food retail: «Pensiamo di avvicinarci sempre di più a gruppo di fine dining o catene di hambrugeria o sushi bar, anche mettendo in campo iniziative di co-marketing che possano sfruttare la multilocalizzazione del network con priorità alle mini catene», conclude Gava. Così l’azienda punta a chiudere il 2025 a 65 milioni di euro di fatturato (57,6 milioni nel 2023-2024) con oltre 15 milioni di bottiglie vendute (di cui il 30% sui mercati esteri).

Bortolomiol al cuore del Prosecco

Nel 2024, il recupero si è visto da settembre. Per il 2025, in casa Bortolomiol si spera di anticipare i tempi. «Lo scorso anno abbiamo chiuso con 14,8 milioni di fatturato e tre milioni di bottiglie vendute. Dopo un inizio anno complicato, e nonostante le situazioni avverse come i dazi che hanno accompagnato anche l’ultimo Vinitaly, ora ci sembra che il Prosecco abbia trovato una sua stabilità grazie anche alla nostra disponibilità nel sostenere gli importatori con piccoli sconti. Più preoccupante il livello dei consumi, appesantiti dalle conseguen-

ze del Nutriscore, delle politiche Ue contro l’alcol e dal Codice della Strada. A livello internazionale, rallenta la Germania, mentre l’Italia e altri paesi soffrono l’inflazione», afferma Elvira Bortolomiol, alla guida della cantina veneta. Per questo la cantina ha deciso di puntare sulla rinascita dei millesimati tradizionali. «Abbiamo pensato di riscoprire le radici, fare restyling della linea e trovare nuova identità. Volevamo che ogni bottiglia raccontasse con maggiore sincerità chi siamo e cosa proponiamo. Abbiamo lavorato sui colori, più profondi, interiorizzanti, con una base di pattern legate ai luoghi per restituire maggiore artigianalità. Insomma, un “back to the roots”», racconta Bortolomiol. Approccio che dal layout dell’etichetta passa anche dall’aspetto organolettico. «Ci siamo applicati e studiato gli antichi protocolli che aveva registrato mio padre Giuliano serviti per capire come intensificare caratteristiche del vino e renderlo adatto al bere moderno. Questo studio sui nostri vecchi processi ha favorito bottiglie con un carattere particolare. Dal Brut all’Extra Brut, con uve che si trovano su pendici con terroir più complesso. Infine, uno charmat lungo dare maggiore finezza di gusto e di bollicine», precisa la manager. Una proposta che trova posto anche da Obicà o Signorvino. E soprattutto nelle scelte dei giovani: «I 25-35enni preferiscono prodotti a bassa gradazione alcolica ed etichette che parlano del territorio, come i nostri cru le Rive. Anche al calice. Oppure a tutto pasto e durante l’aperitivo, grazie ai nostri Doc, apripista per un consumo più selezionato», afferma Bortolomiol.

Bianco e rosso, Cesari lancia Justo

Sotto il cappello di Caviro, all’ultimo Vinitaly si è fatto notare Cesari con il lancio dell’etichetta Justo: due vini, un bianco e un rosso, entrambi Veneto Igt che parla a un target giovane anagraficamente e come status percepito nel mondo vino. «Per il rosso c’è l’uva Corvina per il bianco è il Garganega, due vitigni territoriali. Poi abbiamo strutturato i vini con l’aggiunta di vitigni internazionali, come Merlot e Riesling, che potessero ingentilire il prodotto grazie a note fruttate di ciliegio, della frutta rossa e, per il bianco, del fruttato non stucchevole, punta di acidità e facile beva», descrive Nicolò Maroni, marketing manager di Cesari. Con un totale vitato di 140 ettari in Valpolicella e 10 in Lugana, Cesari conta una squadra di 30 dipendenti e 2 enologi, con controllo di ogni fase del

processo di produzione dei propri vini, una distribuzione omnicanale capillare, e vanta un’esportazione in più di 50 paesi. L’obiettivo ora è quello di intercettare un pubblico trasversale, quindi, a partire dal codice comunicativo che strizza l’occhio al rock anni 80 e alla scena attuale con artisti come Billie Eilish e Travis Scott. Di particolare interesse il lavoro sul grado alcolico: «Mantenendo fisso lo stile della cantina abbiamo alleggerito la gradazione, con un rosso a 12,5 e un bianco a 12 gradi alcol. In linea con i trend che spingono verso il low-alcol; a cui guardiamo ma a cui rispondiamo con un vino in tutto e per tutto», ricorda Maroni. Tanto che Justo punta a farsi spazio sia durante l’aperitivo che come dopo cena. D’altronde, «il contesto è in continua evoluzione e nel 2025, con le recenti novità a livello legislativo e i trend di consumo gli effetti si sono sentiti. Siamo ben consci della situazione e di come rispondere dando alla ristorazione i giusti strumenti per incrociare l’interesse e le possibilità del cliente finale. Il consumo responsabile rimane sempre prioritario», conclude il manager.

Allegrini Wines presenta Grola, il vino per tutte le stagioni

Per un mondo del vino in forte cambiamento, c’è una società che ha trovato la barra dritta. Dopo un periodo di riassetto, l’ultimo Vinitaly è stata un’occasione unica per Allegrini Wines

che ha chiuso l’ultimo bilancio intorno ai 20 milioni di euro. Riflettori puntati sul lancio di Grola: Valpolicella Classico Superiore per tutte le stagioni, che proviene da una singola vigna sull’omonima collina, acquistata dal nonno degli attuali proprietari, nel 1979. «La Grola ha avuto percorso non lineare – racconta Oscar Lanciani, direttore vendite Italia di Allegrini Wines – Dopo essere stato un IGT Rosso Veronese torna alla sua corretta denominazione e a un assemblaggio più curato. Un omaggio a un territorio iconico per la zona: qui si è cominciato a coltivare in collina e qui sono spuntati i primi filari a Gouyot». Il progetto di lancio della nuova etichetta passa attraverso una più ampia riscoperta del Valpolicella. Se l’Amarone rimane il prodotto di punta di Allegrini, il Valpolicella «può finalmente esprimere la sua essenza. Anche al calice; una richiesta sempre più frequente nel fuoricasa - afferma Lanciani – Le persone sono più curiose e quando escono vogliono provare più etichette. Ovviamente prestando attenzione al portafogli. Di fatto, si beve meno ma meglio e questo ci aiuta». In caso, un aiuto può arrivare dall’attività distributiva messa in campo da Allegrini Wines: «Nell’ultimo anno abbiamo ampliato il canale di distribuzione, con l’ingresso di Champagne Boizel per esempio o Corte Giara. L’idea è quella di colmare quelle occasioni di consumo non coperte dai nostri rossi attivando partnership commerciali con aziende simili ad Allegrini sia in termini di qualità sia di zonizzazione», spiega Lanciani.

Bellussi completa la gamma BellusSì

Non solo Prosecco, spazio anche allo spumante in casa Bellussi che a Vinitaly ha presentato BellusSì Blanc de Blancs Millesimemato Extra Brut 2023, da uve 100% Chardonnay coltivate nelle montagne della Val di Cembra, in Trentino, su terreni di origine vulcanica. Un’etichetta che va fuori dai soliti canoni e punta a premiumizzare i consumi: «Oggi gli italiani faticano a spendere nel fuoricasa – racconta Francesca Martellozzo, sales manager di Bellussi – Fortunatamente, le nostre bollicine rimangono un lusso accessibile, soprattutto in Italia dove concentriamo quasi il 70% del nostro fatturato, con buone performance anche nel canale della Gdo». Frutto di una selezione meticolosa di uve raccolte a mano, BellusSì Blanc de Blancs viene vinificato con pressatura soffice e una parziale macerazione a freddo, tecnica che ne esalta il profilo aromatico. Il processo di spumantizzazione avviene con il Metodo Charmat lungo. Questa scelta conferisce al vino una struttura raffinata e un perlage fine e persistente che regala un elegante equilibrio di freschezza e

complessità. La naturale bassa gradazione alcolica, poi, lo rende un vino in linea con le recenti tendenze di consumo. Infine, il basso contenuto zuccherino, di circa 3 grammi per litro, esalta ulteriormente il carattere asciutto che armonizza con la complessità aromatica. Un’etichetta che unisce terroir e savoir-faire enologico e va a completare la gamma che già comprende BellusSì Blanc de Noir Millesimato Brut e il BellusSì Prosecco Rosé. Ideale per ristoranti ed enoteche. Nota a parte merita il 20° anniversario di Belpoggio, l’elegante cantina boutique di Bellussi nel Montalcino dove si producono Brunello di Montalcino Docg, Rosso di Montalcino Doc, Riserva e Igt Toscana.u

mercati

ACQUA MINERALE, STILE E QUALITÀ (ORGANOLETTICA) AL RISTORANTE

u Chiarella, la qualità fedele a se stessa

u Ferrarelle, diversificazione premium per l’Horeca

u San Benedetto punta sul vetro per Millennium Water

u Maniva, fascino vintage per la personalizzazione

u Sant’Anna, debutto nell’Horeca con vetro, lattina e tetrapak

Acqua minerale, stile e qualità (organolettica) al ristorante

NEL

CANALE HORECA L’ACQUA È ORMAI UN ELEMENTO CENTRALE SIA

DEL PASTO SIA DELLA MISE EN PLACE. A LIVELLO DI GUSTO, VINCONO

LE PROPOSTE LEGGERE, DA ABBINAMENTO. CURIOSITÀ PER LE

VARIANTI IN LATTINA

Con un consumo pro-capite di 248 litri all’anno nel 2023, le acque minerali rappresentano l’alimento più consumato dagli Italiani (per un totale di 14,6 miliardi di litri in un anno). A farla da padrona, secondo i dati dell’ultimo report Acquitalia, redatto in collaborazione con Mineracque, l’associazione delle aziende di acque minerali (oltre 80 che gestiscono circa 130 stabilimenti, imbottigliando 230 marche diverse), sono le acque lisce naturali che coprono il 70% dei consumi. Le frizzanti, invece, si fermano al 16% mentre le effervescenti naturali arrivano al 14%. A livello territoriale, i consumi si dividono quasi equamente fra Nord, Centro e Sud Italia (nessuno supera il 30%). Numeri a cui concorre anche l’acqua al ristorante Sempre più una scelta che unisce gusto, funzionalità e posizionamento commerciale.

Chiarella, la qualità fedele a se stessa

Con 55 milioni di bottiglie prodotte, di cui 16 milioni in vetro, e una maggiore richiesta dal comparto Horeca, Acqua Chiarella ha chiuso il 2024 portando a compimento il rebranding avviato quattro anni prima. Dal lancio della bottiglia da 0,70 litri, disegnata da Lorenzo Palmeri, all’introduzione del formato da 0,92 litri che ricorda i tempi delle prime acque minerali industriali, l’azienda ha rinnovato la sua proposta per il fuoricasa mantenendo «una forte attenzione al packaging, al posizionamento, alla storia e ai valori del brand. A causa della crescita degli erogatori e dell’acqua alla spina, ormai l’acqua è data per scontata. Per riuscire a distinguersi, oltre alla qualità intrinseca del prodotto, serve un lavoro di dettaglio che funziona anche all’estero, dove generiamo circa il 10% del fatturato con Germania e Stati Uniti primi clienti», afferma Andrea Vaccani, amministratore di Acqua Chiarella. Un pH neutro, che non va a disturbare l’abbinamento, un sodio fra i più bassi d’Italia e un ottimo bilanciamento di calcio, magnesio e potassio sono le caratteristiche più apprezzate. L’obiettivo è quello di agganciare la ripresa del settore attesa dall’estate in poi, dopo un inizio 2025 complicato in termini di consumi, che ha premiato quelli fuoricasa. Un ruolo possono giocarlo sicuramente le catene: «Un fenomeno molto interessante e in crescita all’interno di un mercato frammentato come quello italiano. Sicuramente quello che ancora manca è una certa dose di managerialità, ma si sta avviando un processo di industrializzazione della filiera. Generare migliori economie di scala, riducendo gli interlocutori, libera maggiori risorse per lo sviluppo della ristorazione», sottolinea Vaccani. Risorse utili anche a contrastare l’ascesa dell’acqua filtrata nei ristoranti: «In Italia stiamo assistendo alla crescita pericolosa dell’acqua alla spina o al depuratore. Tuttavia, questo non fa altro che allargare la forbice tra chi vive l’acqua come una commodity e chi la vede come espressione di un gusto, di un luogo, di una tradizione», conclude Vaccani.

Ferrarelle, diversificazione premium per l’Horeca

In un mercato delle acque flat per il canale Horeca, Ferrarelle Società Benefit «si è difesa bene», è la sintesi di Antonio Marzocchella, head of sales Horeca dell'azienda che proprio nel fuoricasa genera il 24% del suo fatturato. L’azienda ha superato il miliardo di litri con buona performance a volume, consolidandosi al quarto posto nel retail. Mentre secondo a volume e terzo a valore nell’Horeca. Merito di un processo di premiumizzazione che ha risposto bene anche all’inizio del 2025, complicato da una riduzione complessiva delle visite fuoricasa (intorno al 5%). In questo senso hanno concorso alcune novità in casa Ferrarelle. A partire dalla referenza liscia, che genera il 65% del fatturato Horeca fino al lancio di un nuovo brand di acqua li-

scia, Electa (con pattern di colore ambrato) che sostituirà Natia: «Di origine vulcanica, ricca di sodio, potassio e Co2 che abbatte il pH e rende il gusto leggermente più acido, questo prodotto non risponde più ai gusti attuali. Ora si preferisce un’acqua più carbonatica, come Electa, povera di sodio, ricca di calcio e magnesio, con bassa Co2 e un gusto più morbido», aggiunge Marzocchella. In pipeline c’è il lancio dell’acqua in lattina: Maxima Decisamente Frizzante, Ferrarelle effervescente naturale ed Electa da 33 cl. Un’operazione che guarda più al consumo estero che nazionale. Infine, attesa per l’ultimo lancio: la linea Prestige, formato vap da 0,75 litri e da 0,25 litri sia Maxima sia Electa, con shape accattivante, studiata per il fine dining. Una proposta che punta ad abbattere la crescita dell’acqua microfiltrata al ristorante: «Sul tema c'è ancora tanta confusione – ammette Marzocchella -. Spesso i gestori ancora non conoscono la differenza fra acqua trattata e acqua minerale a livello normativo e quindi non conoscono nemmeno i rischi e le sanzioni in cui incorrono. La cultura che deve passare è quella dell’acqua come alimento, non solo come servizio». Un tema che potrebbe fare breccia anche nel food retail: «Internamente abbiamo una divisione che se ne occupa, con un occhio di riguardo alle catene fine dining o premium. Sono l’unico canale in crescita, +2% le visite nell’ultimo anno», conclude il manager.

San Benedetto punta sul vetro di Millennium Water

Grazie a un fatturato globale consolidato di 1,1 miliardi di euro e una presenza in oltre 105 Paesi al mondo, San Benedetto è protagonista del comparto acque (con una quota interna dell’11,2%) e bevande (per un totale del 17,1% del mercato; fonte: GlobalData 2024). «Abbiamo recentemente rinnovato l’offerta di San Benedetto Millennium Water: la linea in vetro si amplia con il nuovo formato da 0,5 litri, perfetto per il fine dining e l'hospitality di alto livello. Nuova anche la Mito Collection, disponibile nei formati PET da 0,5 litri e 0,75 litri, caratterizzata da un design sofisticato e da una praticità senza compromessi. Infine, la lattina Extra Sparkling, con la sua frizzantezza leggendaria e il look accattivante, promette un'esperienza sensoriale unica», racconta Vincenzo Tundo, direttore commerciale e marketing Italia San Benedetto. No-

vità che intendono intercettare i nuovi modelli di consumo: «Notiamo una maggiore attenzione verso i prodotti dedicati a momenti di attenzione verso sé stessi, gratificazione e soddisfazione personale. Questo vuol dire, in termini di prodotto, andare ad accogliere quelle che possono essere le svariate esigenze dei consumatori, sia dal punto di vista palatale che dal punto di vista estetico», aggiunge Tundo. Nel frattempo, San Benedetto è impegnata nella comunicazione che vede Acqua di Nepi e San Benedetto Millennium Water protagoniste di Uniche, come la tua scelta con lo chef Alessandro Borghese. «Proprio come un grande piatto nasce dall’equilibrio perfetto degli ingredienti, la scelta dell’acqua può fare la differenza, elevando ogni creazione culinaria a un livello superiore. San Benedetto Millennium Water e Acqua di Nepi diventano così le protagoniste di una narrazione autentica e raffinata, in cui l’acqua non è solo un dettaglio, ma un elemento essenziale che completa e arricchisce l’esperienza gastrono-

Maniva, fascino

Vintage per la personalizzazione

Nell’ultimo triennio, il gruppo Maniva ha registrato un incremento a due cifre del fatturato che ha superato i 30 milioni di euro grazie alla vendita di 200 milioni di bottiglie. Particolare importanza ricopre il canale Horeca che, seppure in lieve flessione, vale circa il 60% dei ricavi. Per questo l’azienda ha presentato la nuova bottiglia personalizzata in vetro Vintage Maniva (formato da un litro nelle tre versioni naturale, frizzante e leggermente frizzante) che «andrà progressivamente a sostituire la bottiglia di pari capacità presente attualmente in commercio. Si tratta di una bottiglia mainstream studiata particolarmente per la ristorazione che va a completare il range di offerta introducendo sul mercato del vetro a rendere una delle pochissime bottiglie personalizzate da un litro, dall’estetica distintiva e senza tempo, in forma conica, con le caratteristiche “costolature” sul fianco e la scritta Vintage in rilievo sotto l’etichetta», spiega Michele Foglio, ad di Maniva. D’altronde, l’acqua minerale non è più un prodotto banale e indifferenziato come lo era fino al decennio scorso.

Oggi, attraverso le sue caratteristiche e il suo packaging questo prodotto «è “obbligato” a entrare in sintonia con la personalità di chi lo consuma, soprattutto nel fuoricasa», ammette Foglio. Così temi come esclusività, benessere, responsabilità ambientale diventano tutti fattori che fanno e faranno sempre più parte dell’orientamento del processo d’acquisto (che si può declinare anche sui brand Chef Maniva, AQ Balda e Verna). E quelli su cui puntare per reggere la sfida degli erogatori: «Il fenomeno si sta allargando – concorda Foglia - e possiamo di fatto considerarlo uno dei fattori che

stanno determinando il rallentamento dei consumi di acqua minerale nella ristorazione. Da più parti e in più occasioni si sostiene che l’acqua microfiltrata non sempre garantisce un buon servizio alla clientela, avendo riscontrato che dopo il trattamento può perdere i requisiti di potabilità e che spesso il livello di pulizia dei contenitori è al di sotto di standard minimi. Di fatto registriamo che il più delle volte non c’è chiarezza sul tipo di acqua che viene servita alla clientela».

Sant’Anna debutta nell’Horeca con vetro, lattina e tetrapak

Complice TuttoFood (dal 5 all’8 maggio a Milano), Acqua Sant’Anna ha messo in vetrina le ultime novità espressamente dedicate al fuoricasa e frutto della recente acquisizione della francese Eau Neuve. «Dopo tanti anni – afferma Guido De Donno, field sales manager - torniamo a TuttoFood portando una novità: la bottiglia in vetro disponibile nel formato da 0,75 litri, sia naturale che frizzante. A questa si affiancano altre versioni più smart: nel tetrapak (da 0,5 e 0,33 litri, ndr) e nelle originali alubottles in alluminio richiudibili (da 0,33, 0,5 e 0,75 litri, ndr)». Sfruttando l’expertise della start-up francese (che può contare su una ricca gamma di pack sostenibili, come alluminio, carta e vetro da aggiungersi all' attuale gamma in R-Pet e PLA di Sant’Anna), Sant’Anna a rafforza la propria presenza nel fuoricasa perseguendo una strategia no-channel che va dalla casa al bar, dalla palestra alla ristorazione. Al centro dell’offerta resterà l’Acqua Sant’Anna che sgorga dalle montagne sopra Vinadio (CN), la più scelta dagli italiani, apprezzata per i suoi valori organolettici distintivi, in particolare la leggerezza (residuo fisso 22,0 mg/l) e il bassissimo contenuto di sodio (solo 1,5 mg/l). Tra le prime in Italia a ricevere l’autorizzazione ministeriale per la dieta dei neonati, è indicata anche per le diete povere di sodio. Elementi che incontrano le preferenze per un gusto piatto anche nel fuoricasa, dove c’è da battere la concorrenza degli erogatori: «L’acqua microfiltrata è un competitor solo a causa della disinformazione. Anche fra gli addetti al settore. Non c’è una conoscenza approfondita delle norme per l’utilizzo di questo servizio: dal tipo di contenitore alla frequenza di cambio dei filtri, ecc. Noi ci proponiamo come un’alternativa di qualità in un mercato che si sta sempre più polarizzando», conclude De Donno.u

Dalle maschere italiane al bancone: i Tiki di RCR miscelano stile, allegria e funzionalità. Impilabili, versatili, Made in Italy.

mercati

PIÙ PERSONALIZZAZIONE PER LA MISE EN PLACE

u RCR Cristalleria, priorità a ristorazione e mixology

u Villeroy & Boch focus sulle catene premium

u Tognana riposiziona il Made in Italy

Più

personalizzazione

per la

LE AZIENDE DEL COMPARTO GUARDANO

ALLA RISTORAZIONE ORGANIZZATA PER

RECUPERARE I MARGINI RIDOTTI NEL

SEGMENTO RETAIL. INNOVAZIONE E

DIFFERENZIAZIONE GLI ELEMENTI

PRINCIPALI. PERCHÉ IL GUSTO PASSA

ANCHE DA PIATTI E BICCHIERI DI DESIGN

mise en place[

Un mercato tendenzialmente stabile quello dell’arredo tavola e cucina, nei canali Horeca e retail: è quanto emerge dall’ultima rilevazione effettuata dall’Osservatorio Art- Arti della tavola e del regalo. Secondo gli ultimi dati disponibili (2023) questo segmento vale 7,62 miliardi di euro e prosegue il trend positivo degli ultimi anni anche nel primo trimestre del 2025, con i dati a consuntivo che segnalano una ripresa del canale Horeca per il 33% delle aziende produttrici. Il motivo?

La richiesta di novità da parte dei ristoratori che puntano sul tableware per differenziare la propria proposta gastronomica e far risaltare lo stile del locale. Che sia con un calice personalizzato oppure un piatto colorato.

RCR Cristalleria,priorità alla ristorazione e alla

mixology

Con oltre 50mila calici o bicchieri prodotti al giorno, RCR Cristalleria è uno dei colossi nazionali ed europei dell’arredo tavola: 50 milioni di fatturato, di cui l’80% generato tramite l’export (dagli Usa alla Gran Bretagna, passando per il Vecchio Continente, i paesi del Golfo, il Nord Africa e l’estremo oriente). Dopo un 2024 sfidante e un 2025 iniziato sulle stesse dinamiche, appesantite dalla minaccia dei dazi Usa e dalle tensioni geopolitiche globali, l’azienda punta sull’Horeca per recuperare la difficoltà delle vendite al dettaglio. «RCR nasce negli anni ‘60 dedicandosi al retail e alle liste nozze – racconta Roberto Pierucci, ceo di RCR Cristalleria – Dagli anni 2000 ci siamo buttati sulla ristorazione mettendo un accento sempre più forte sulle performance del prodotto. Ancora oggi, questo è un mercato in pieno sviluppo per noi. Pian piano stiamo allargando il nostro network collaborando sia con grossisti e distributori specializzati sia direttamente con gruppo ristorativi o catene di ristorazione». Tre le macroaree di interesse nel fuoricasa: l’arredo tavola tout court, la mixology e le degustazioni. Fiore all’occhiello, i calici realizzati in Luxion: «Un crystal glass realizzato con una formula che contiene almeno il 10% di ossidi nobi-

li secondo una “ricetta” brevettata che rende il calice più resistente sia agli urti sia ai lavaggi e quindi all’opacizzazione», afferma Pierucci. Per quanto riguarda il tableware, l’azienda di Colle Val d’Elsa (SI) lancia ogni anno almeno 2-3 nuove linee di prodotto, per un totale di 20-25 referenze pensate per stimolare un mercato che sempre di più punta sulla semplicità: «Che sia una trattoria o un ristorante stellato la priorità è la personalizzazione – racconta Pierucci – Se prima si cercava di mettere sulla tavola almeno 2-3 calici diversi per i vini e poi un altro paio di bicchieri per l’acqua e le altre bevande, oggi questo approccio è minoritario. Meglio avere un calice solo, ma che identifichi lo stile del locale». Detto diversamente: spazio a calici universali che funzionino sia per il rosso (quindi con la giusta apertura per l’ottimale ossigenazione del contenuto) che per il bianco (attraverso uno sviluppo verticale che accompagni l’ascesa degli aromi) e pure per le bollicine (con delle

Villeroy & Boch, FOCUS

Qualità, resistenza e un design curato nei minimi dettagli sono le caratteristiche che contraddistinguono ogni creazione di Villeroy & Boch studiate per rispondere alle esigenze del settore dell’ospitalità, garantendo funzionalità, durabilità e facilità di impilaggio. Elementi che hanno garantito all’azienda di chiudere l’anno fiscale 2024 con un fatturato record pari a 1,41 miliardi di euro (+57,6% rispetto all’anno precedente). In particolare, «la divisione Dining & Lifestyle ha generato un fatturato di 319,3 milioni di euro. Nonostante un contesto economico difficile, il fatturato è rimasto stabile rispetto all’anno precedente. In particolare, si è registrata una crescita nel business dedicato a progetti per hotel e ristoranti . Comprese le catene di ristorazione che, sebbene in Italia non siano ancora particolarmenmicro-incisioni laser che favoriscono il perlage). A fianco, un bicchiere per l’acqua, «meglio se colorato». Discorso diverso, invece, per la mixology (segmento in cui RCR può contare sulla partnership con IBA - International bartenders association): «Il nostro approccio punta, da un lato, a una stretta collaborazione con i professionisti del settore al fine di trasformare un contenitore in uno strumento tecnico. Dall’altro lato, attraverso la mixology vogliamo intercettare un pubblico giovane, più attento all’ambiente. Così nascono il bicchiere in vetro per il Moscow Mule oppure la linea per i Tiki Cocktail», conclude Pierucci.

SULLE catene della ristorazione premium

te diffuse, stanno dando vita a concept anche nel segmento medio-alto del mercato a cui si riferisce il marchio attraverso il partner distributivo Broggi», spiega Burkhard Schmidt, sales director hospitality di Villeroy & Boch. Fra le collaborazioni spiccano Vesta, Dal Bolognese, Cannavacciuolo Bistrot, Iginio Massari, La Ménagère, Cova, AB di Alessandro Borghese. Qui trovano spazio alcuni dei best seller e delle novità del catalogo Villeroy & Boch. Della prima categoria fanno parte Stella o Affinity, prodotti che «rappresentano la base ideale per creare design personalizzati, da semplici loghi a decorazioni complete. Queste soluzioni su misura si integrano perfettamente con gli interni e l’atmosfera di ristoranti e hotel, contribuendo a valorizzare l’esperienza degli ospiti», afferma Schmidt. Fra le novità, invece, gli ultimi lanci sono stati quelli di Afina (linea elegante in bianco, caratterizzata da dettagli raffinati) e Perlemor (look di tendenza ottenuto grazie all’utilizzo di porcellana di alta qualità ed elevata resistenza prodotta in Germania).

Tognana

riposiziona il Made in Italy

Dopo il grande rimbalzo post-Covid del 2023, la divisione Tognana Professional si è assestata intorno ai 18-19 milioni di fatturato nel 2024 (50% Italia e 50% estero fra Germania, Francia, Spagna, Est Europa, paesi del Golfo, Usa e Brasile) a fronte di un risultato di gruppo

pari a 85 milioni di euro. Performance merito della vendita di circa 5-6 milioni di pezzi dedicati all’arredo tavola per l’Horeca. Comprese la linea Tex Mex : «Lanciata all’ultimo HostMilano, ha riscosso subito un grande successo grazie al ricorso all’acciaio inox. Di fatto - racconta Marco Marocchi, sales & marketing manager Tognana – abbiamo inaugurato una nuova categoria di complementi per l’arredo tavola dal sapore un po’ vintage». Un risultato che racconta meglio di altre cose i trend in atto nel fuoricasa e l’innovazione in casa Tognana. In sintesi, più personalizzazione e riposizionamento dello stile Made in Italy. «Oggi, resistenza, durezza e funzionalità sono elementi che il professionista dà per scontato quando sceglie l’arredo tavola. La differenza la fa la personalizzazione del prodotto e la sua capacità di veicolare il look&feel del punto vendita . Spazio quindi a soluzioni di ottima qualità, siano esse colorate o bianche, che si prestano a esaltare il lato estetico della ricetta e coerenti con il posizionamento del locale. In -

somma, se sono saltate tutte le regole classiche della mise en place, è forte la ricerca di prodotti ad alta connotazione che trasformano il contenitore in un componente dell’esperienza fuoricasa», aggiunge Marocchi. Approccio che funziona sia nel fine dining sia nel food retail. «Abbiamo diverse collaborazioni con le insegne della ristorazione a catena, tutte caratterizzate da un rapporto diretto con chi si occupa degli acquisti – conclude Marocchi – La speranza è che queste realtà strutturate aumentino e trainino con sé un nuovo modo di concepire la ristorazione; soprattutto a livello imprenditoriale». u

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In Italia si rilevano 2.797 fast food, con una distribuzione concentrata nei due estremi opposti del territorio nazionale (area 1 = 29,0%, area 4 = 29,7%). Cambia però lo scenario urbano in queste due aree geografiche: i fast food sono localizzati principalmente in zone centrali e semicentrali dei comuni dell’area 4 (35,6% e 34,4%) mentre in area 1 c'è una forte predilezione verso questo formato nelle zone periferiche e rurali (35,4% e 33,9%). In questo contesto, non stupisce scoprire che il peso delle catene è sostanzioso, vicino e/o superiore al 50%. L’unica eccezione è rappresentata dall’area 4 dove le catene pesano meno di 1/3 dei punti di consumo (27,8%). Le paninoteche e piadinerie sono 5.072, leggermente sovrallocate al sud (35,3%). Proprio in area 4, le zone suburbane (41,6%) e semicentrali (40,5%) sembrano raccogliere la maggioranza di questi punti di consumo. A differenza di quanto evidenziato per il mondo dei fast food, le catene rappresentano una minoranza. Per quanto riguarda i pub e le birrerie, in Italia registriamo 8.342 punti di consumo. Ancora una volta, l’area 4 si contraddistingue per il contributo distributivo maggiore (35,5%). In questo caso, non si rilevano grosse differenze in termini di zone presidiate. Infine, 2.368 sono le rosticcerie e gastronomie presenti su tutto il territorio nazionale. Il Nord e Centro Italia non sembrano prediligere questo format di vendita a differenza del Sud dove ritroviamo il 44,6% dei punti di consumo. Non si rilevano distinzioni per zona di insediamento e predomina l’assenza di catene.

SOLO UNO SPE[IALISTA PUÒ RA[[ONTARE

UNA STORIA SPE[IALE.

La nostra vocazione è valorizzare le patate con sapienza e creatività: lo facciamo da tre generazioni mettendo in campo l'esperienza di una realtà solida che ha le sue radici a Bologna, un territorio da sempre vocato alla coltivazione di patate di qualità. Da specialisti delle patate ogni giorno ci impegniamo per offrire prodotti freschi e surgelati, dai più classici ai più innovativi.

Lo specialista italiano delle patate

Case History

u Doppio Malto, “posto felice” per birra, carne alla brace e non solo

u GianGusto, l’altra piadineria aggiorna l’affiliazione

u King Pub rinnova un classico del food retail

u Fatty Patty, lo smash burger padovano verso i 10 locali

Doppio Malto, “posto felice” fra birra, carne alla brace e non solo

L’INSEGNA GUIDATA DA GIOVANNI PORCU A FINE ANNO TOCCHERÀ LE 60 LOCATION.

NEL MENU, LA RIVISITAZIONE DI UN’ABBINATA CLASSICA DEL FOOD RETAIL : BIRRA E CUCINA.

CON QUALCHE VARIANTE A TUTTA CONDIVISIONE

Una birra tira l’altra e, dopo aver chiuso un 2024 a 80 milioni di fatturato, con una crescita del +15% sull’anno precedente, Doppio Malto rilancia. L’insegna guidata da Giovanni Porcu, forte di una filiera integrata, dalla produzione a Iglesias (in Sardegna, con una capacità produttiva di oltre cinque milioni di litri) alla vendita della propria birra, è ormai a capo di un network che a fine anno dovrebbe toccare i 60 locali. Dei veri e propri “posti felici”, come recita il claim, dove birra, hamburger, carne alla griglia, contorni e molto altro si abbinano a un’atmosfera conviviale, informale e tendente al ludico; anche per i più grandi. «La rete cresce in termini numerici ed evolve in termini di versatilità del format. Ci siamo rafforzati nel travel, con una nuova apertura a inizio anno con Lagardére all’aeroporto di Venezia, lavoriamo su location più strettamente commerciali – commenta Porcu - ma anche su stand alone nelle vie di accesso alle città, con location come quella di Pavia, dove abbiamo aperto a metà maggio o Lucca, dove apriremo in estate. L’altro importante elemento è la crescita dell’intero sistema Doppio Malto. Questo significa portare la birra in bottiglia nella grande distribuzione in tutta Italia, ma anche proseguire nella costruzione del centro di produzione di semilavorati e carni che ci consentirà via via un controllo sempre maggiore della filiera».

Nel menu Doppio Malto vincono i grandi classici, con qualche variazione

Con uno scontrino medio intorno ai 22 euro, Doppio Malto ha saputo rinnovare la tradizione della birra nel fuoricasa accostando all’artigianalità del boccale un’offerta food variegata. «I clienti mostrano di scegliere sempre volentieri i grandi classici, con carne alla brace e burger che la fanno da padrone. Tuttavia, ci siamo accorti che il mercato richiede anche proposte più semplici, vegetariane e in generale all’insegna della leggerezza. Per questo nel menu estivo che abbiamo lanciato a metà maggio su tutta la rete di locali abbiamo rafforzato la proposta di antipasti, mezze porzioni e piattini da condividere, modello tapas. La risposta, devo dire, è ottima in termini di volumi e di gradimento da parte dei clienti», ha precisato Porcu. Da tempo, inoltre, l’insegna ha eliminato alcuni item tipici dell’offerta fast food e puntato, piuttosto, su piatti con forti citazioni regionali italiane: dal fritto siciliano alle crocché passando per l’antipasto tricolore (con stracciatella di burrata, salumi e focaccia barese). Amatissimi anche lo gnocco fritto emiliano, le bombette pugliesi e gli arrosticini abruzzesi. Ricette tutte preparate a partire dalla migliore materia prima selezionata.

Proposta analcolica, Super Chiara e Summer Ipa Proposte gastronomiche che hanno saputo tenere botta al calo di consumi (soprattutto alcolici) avvenuto nella prima parte dell’anno (che dovrebbe chiudersi a 100 milioni di euro di fatturato) e attenuatosi a partire dalla Pasqua. Un ulteriore boost potrebbe arrivare dallo sviluppo della birra analcolica: «I nostri mastri birrai hanno continuato a sperimentare e finalmente siamo arrivati ad una quadra – commenta Porcu - A fine maggio sono arrivate sulla rete due delle nostre referenze più amate Super Chiara e Summer Ipa in versione analcolica. Sono soddisfatto perché sono delle buone birre, non semplicemente acqua gassata con un aroma diverso. Il cliente si aspetta anche questa alternativa. Sono tanti i motivi per cui si può voler o dover stare leggeri e un tipo di format come il nostro non può non tenerne conto».

Digitale, personale e location: sfide e opportunità

Questione di customer experience, potremmo dire. Un percorso in cui giocano un ruolo fondamentale anche il digitale, il personale e la location. Nel primo caso, l’innovazione più recente è stata l’introduzione di QodeUp, sistema che consente il pagamento al tavolo tramite carta di credito e anche buoni pasto e con cui ora stiamo lanciando anche un programma di loyalty. A livello di personale, Doppio Malto ha da tempo assunto un atteggiamento proattivo accogliendo, valorizzando, formando e coinvolgendo il suo staff a partire dalle operazioni di candidatura. Infine, per quanto riguarda il mercato retail real estate, con l’obiettivo di raggiungere 100 location in tre anni, «non è facile trovare le metrature che cerchiamo – ammette Porcu - ma il format è flessibile e funziona anche in spazi più contenuti, comunque non sotto i 250 mq. Diciamo che, sia in Francia che in Italia, comanda la qualità della location rispetto alle dimensioni».

GianGusto,

l’altra piadineria aggiorna l’affiliazione

CON UNA RETE DI 26 PUNTI

VENDITA , IL BRAND DEDICATO

ALLA RICETTA ROMAGNOLA

HA COMPLETATO LA RIPRESA

POST-COVID E ORA SI PREPARA A NUOVI PROGETTI . ALLA

BASE, UN PRODOTTO INGEGNERIZZATO E UN MODELLO FLESSIBILE

Dopo quasi 25 anni nel food retail, prima con L’Altra Piadineria nel 2001 e successivamente con GianGusto dal 2010, Paolo Malfassi ha percorso diverse fasi del food retail e oggi ha deciso di ripercorrere le correnti dell’affiliazione per rilanciare il proprio brand. La base di partenza è un gruppo da 2 milioni di euro diretto (6 negozi), 26 punti vendita totali (-4 rispetto ai 30 del pre-Covid) e 800mila pezzi di piadina all’anno nei diretti. « I numeri negli ultimi due anni non sono stati positivi. Dopo diverse aperture a Brescia, Roma, Veneto, ecc. il lockdown aveva bruciato la cassa necessaria a spingere GianGusto e abbiamo perso qualche affiliato – afferma Malfassi - Il 2025 segna la svolta, con nuovi investitori e la completa ripresa del marchio dal post-pandemia».

La proposta di GianGusto: piadina e insalatone Alla base dell’offerta, uno dei classici del food retail e street food tricolore e qualche aggiunta. «Soprattutto in pausa pranzo soddisfiamo il “mangione” con il Crudo di Parma o la salsa tartufata e chi cerca una proposta più leggera, con la possibilità di scegliere fra 4 basi cereali diverse e oli vegetali. Nell’allargamento delle nostre referenze abbiamo proposto GianGusto Bowl: 4 insalatone bilanciate con bresaola, salmone, ecc. E abbiamo proposto, per primi come catena, l’America dentro la Romagna: una lingua piccola

di pasta, base piadina, contenitore per hamburger», spiega Malfassi. Ricette frutto di operations ottimizzate: «L’industria alimentare ha fatto passi da gigante per il food retail. Loro hanno la carne, loro la schiacciano, loro la speziano al meglio e poi la consegnano a -20 gradi. In store non resta che rinvenire il prodotto, cucinarlo e impiattare», aggiunge il ceo. Per lo staff che avesse qualche dubbio, a breve arriverà anche il bot GianGusto al quale gli operatori potranno chiedere consigli e suggerimenti per realizzare la piadina corretta. Una sorta di manuale operativo virtuale.

Shelf life e più controllo di filiera

Da un lato, quindi, GianGusto punta a sfruttare la shelf life di 18 mesi del prodotto base (un semilavorato crudo) per raggiungere più facilmente i punti vendita, come dimostra l’operazione finalizzata lo scorso anno per un’apertura, la prima di 4, a Cipro. Dall’altro, intende mettere a terra l’esperienza maturata in termini di digitalizzazione e gestione della rete. «Con software creati negli anni abbiamo un completo controllo della filiera. Attraverso lo shop online di GianGusto, i punti vendita possono rifornirsi di tutto: dalla carta igienica al prosciutto cotto. Lo store manager dal registratore di cassa fa tutti gli ordini ai rappresentati dei fornitori di zona. Tutto in automatico. E integrato con i dati sulle vendite. A tendere potremmo introdurre i kiosk su tutta la rete», specifica il founder.

Riparte l'affiliazione

Asset interessanti per eventuali franchisee. Il target? «Dipende dalla testa dell’affiliato – confessa Malfassi - Quando parti con un brand e dal secondo negozio devi fare il terzo in affiliazione accetti un po’ tutti. Tra questi ci sono persone con capacità diverse che spesso faticano a tenere il passo degli standard di prodotto e servizio che una catena deve garantire. Da qui l’idea di selezionare insieme ad altri investitori delle realtà più strutturate; Mumbo ma non solo. Pacchetto da 120mila euro. L’obiettivo è arrivare ad essere il co-leader di mercato nel segmento piadine». A livello di canali di sviluppo, priorità ai centri commerciali: «È l’unica destinazione che permette di lavorare 363 giorni l’anno. Rispetto all’high street, risente meno di fattori esogeni come meteo, turismo, smart working, ecc. A livello immobiliare, inoltre, i landlord dei centri commerciali sono maggiormente disposti a diventare partner nelle vendite», conclude Malfassi.

King Pub rinnova

un classico food retail tra hamburger, panini e birra

Natonel 2017 rilevando un’insegna già esistente, King Pub è l’idea food retail di Francesco Dalle Crode. Una prima esperienza nel settore alberghiero e l’obiettivo di realizzare una proposta in linea con le esigenze delle famiglie e la filiera del territorio; meglio se a chilometro zero. «Il primo locale apre a Lignano Sabbiadoro. Dopo due anni raddoppiamo a Latisana e proseguia-

mo a Pordenone e Udine. Tutti punti vendita a gestione diretta, compresi tre ristoranti resi operativi in pieno Covid – racconta l’imprenditore – Nel frattempo, tramite un finanziamento, abbiamo avviato l’attività di microbirrificio. Il risultato è la King: una birra non filtrata, 5.500 fusti all’anno nei nostri locali». Alla base del format c’è un menu che mette al centro l’hamburger, disponibile in tre grammature e 12 tipologie (a cui si aggiungono anche 6 club sandwich e piadina romagnola), accompagnato da prodotti di prima qualità e una selezione di 8 birre alla spina (anche senza glutine). Il tutto da gustare in ambienti famigliari (su superfici che variano dai 220 ai 560 mq), realizzati in legno naturale, con finiture verde scuro, accessibili alle famiglie e con uno scontrino medio dai 13,50 ai 35 euro. Il delivery, invece, vale il 15% del fatturato. Dopo aver chiuso il 2024 con un Ebitda del 18%, l’obiettivo è raggiungere il 21% a fine anno su un fatturato di 14 milioni di euro. Anche grazie al franchising. Una strategia sostenuta da una rete di fornitura che dalla sede centrale, con funzione di laboratorio, arriva direttamente nei locali con pane, hamburger, verdure grigliate, ecc. «Quando ho aperto il King volevo creare il pub moderno. Portare questa tipologia di location a un livello “più ristorativo”, con il 60% di food e il 40% di beverage e una mise en place e servizio di sala all'altezza», conclude Dalle Crode. Prossimi passi? Contratti già firmati a Napoli, Roma, Perugia, Firenze e Bari. I primi apriranno a giugno. Il restante da settembre a novembre.

Fatty Patty, lo smash padovano

verso i 10 locali

Ilprogetto Fatty Patty nasce a novembre

2020. Quasi per caso. All’interno di un piano di sviluppo molto più ampio che ha visto, nello stesso periodo, anche l’apertura di altre attività nel segmento food retail e food tech. Il primo locale sorge in centro a Padova: «Un proprietario immobiliare ci ha chiamati proponendoci un piccolo negozio, in piazza Mazzini: 33 mq, zero sedute né dehors, solo take away e delivery, che arrivava a cubare anche il 73% del fatturato. In pieno Covid, nessuno avrebbe preso in locazione questo locale, noi ci abbiamo scommesso», racconta Umberto Marzotti, ceo di Fatty Patty ed ex socio di U30 Capital, holding che fino a un paio di anni fa controllava alcuni brand del mondo poke e ristorazione full service. La svolta, però, arriva nel 2023 quando la holding si divide e Fatty Patty si ingrandisce in città passando a un locale da 60 posti interni e 60 esterni, dotato di ordinazioni omnicanale e prodotti

da filiera controllata. Un format che oggi, a distanza di un anno e mezzo, ha sviluppato una mini-catena che conta 4 locali, compresi gli store di Albignasego, Jesolo e Chioggia. «Con Alessandro Pigozzo abbiamo puntato su città medio piccole, dai 60 ai 300mila residenti massimo, con sedi universitarie o liceali, una popolazione residente attiva e giovane e fuori dalle logiche delle città tier one. Di fatto, siamo first mover in tutte le nostre sedi. Questo ci ha ripagato. Insieme al prodotto, fedele alla tradizione americana», sottolinea Marzotti. In totale, 9 panini di cui uno special che ruota due-tre volte all’anno, generalmente in partnership con altri brand locali forti. Un’offerta interamente disponibile anche in versione vegetariana (prima con Future Farm e ora con Beyond Meat). A fianco, fritti, patatine, hot dog (tre tipi con pane Rock&Roll bread con taglio verticale), nuggets, due tipologie di insalata e pure i milkshake. «L’ultima novità che abbiamo lanciato per primi in Italia è lo smash tacos: procedimento simile allo smash burger ma con tortilla di mais che poi viene chiusa come un normale taco», rivela Marzotti. In previsione altre due aperture entro la fine dell'anno, che porteranno i locali a gestione diretta a 6 e poi a 10 entro la fine del 2026. Per lo sviluppo, oltre alle aperture dirette, Fatty Patty sta valutando e pianificando operazioni di M&A con altri piccoli player che abbiano da 1 a 4 punti, così da accelerare la crescita in modo organico e sostenibile. Il fatturato del brand si attesterà a fine anno 2025 intorno ai 2,5 milioni di euro.u

Nuovo Ragù di seppia de I Sugosi ® : new entry della linea I Prestigiosi, sono pepite® che profumano d’estate

Il Ragù di seppia della linea I Prestigiosi è la novità della gamma Sugosi®, ottimo sempre, ma particolarmente nella stagione estiva. Un condimento pronto all’uso dal gusto intenso e raffinato, che consente di inserire con facilità in carta piatti a base di pesce. Proposto nel pratico formato in pepite®, consente un dosaggio preciso, senza sprechi di materia prima o prodotto finito, con un controllo puntuale del costo porzione. Perfetto per tutta la ristorazione, trova nella ristorazione commerciale un ambito d’applicazione ideale grazie alla sua capacità di rispondere a esigenze molto specifiche: velocità d’esecuzione anche nei momenti di massimo flusso, garanzia di standardizzazione del risultato, praticità d’uso

anche con personale ridotto, lunga shelf life, facilità di stoccaggio e porzionabilità ottimale. Come tutti i Sugosi®, il Ragù di seppia è frutto di ricette curate nei minimi dettagli con ingredienti di alta qualità, senza conservanti aggiunti grazie alla surgelazione industriale che ne preserva le caratteristiche nutrizionali e organolettiche. Un alleato versatile per primi, secondi o appetizer, perfetto per ottimizzare i tempi senza rinunciare al gusto.

www.surgital.it

Il gusto dell’esperienza : la rivoluzione del fine dining

Nel

mondo dell’alta ristorazione, la qualità del cibo è solo una parte dell’equazione. Sempre più spesso, ciò che realmente conquista il cliente è l’esperienza complessiva, intesa come atmosfera, servizio, narrazione e design. Il piatto resta centrale, ma non è più l’unico protagonista. Insomma, chi sceglie un ristorante fine dining oggi cerca un momento memorabile, non solo una buona cena. Il servizio diventa parte integrante del racconto: empatico, curato, capace di anticipare bisogni e creare un dialogo autentico. Non si tratta solo di portare piatti al tavolo, ma di trasmettere emozioni.

Anche il layout del locale gioca un ruolo cruciale. L’interior design non è più un elemento estetico accessorio, ma uno strumento di immersione. Open kitchen, luci studiate, materiali caldi: tutto contribuisce a un'esperienza coerente con l’identità del brand. A rendere il tutto ancora più coinvolgente è lo “show al tavolo”: un gesto spettacolare ma misurato, dove lo chef de rang completa il piatto davanti al cliente. È un momento di teatralità che trasforma la cena in un ricordo vivo

Esempi internazionali? Al Sublimotion di Ibiza la cena è uno spettacolo immersivo, con proiezioni, suoni e profumi che accompagnano ogni portata. Da Enigma a Barcellona, ogni sala rappresenta un nuovo atto dell’esperienza. Catene come Amazónico o Zuma, presenti in città globali come Londra, Dubai e Madrid, riescono a combinare cucina di alto livello, atmosfere scenografiche e intrattenimento, trasformando ogni cena in un evento sociale.

Non sorprende che questi concept stiano riscuotendo un successo maggiore rispetto a molti ristoranti stellati. Sono più flessibili, meno formali, e parlano un linguaggio contemporaneo che mette al centro il piacere, la condivisione e il divertimento. Nel fine dining, chi saprà fondere sapore, spazio, servizio e cultura in una narrazione unica conquisterà non solo il palato, ma anche il cuore del cliente.u

Imprenditore del food retail e ceo di Salty Consulting, azienda di consulenza nata nel 2024 che unisce competenze diverse per supportare l'imprenditoria della ristorazione a catena offrendo una serie di servizi innovativi: dalla consulenza strategica alla target audience, dal set up delle operations al business data analysis e molto altro.

DESCRIZIONE

FibrAware® Personalizzato di ILIP: bicchieri in cartoncino con doppia barriera PE, ideali per bevande fredde, con ghiaccio e alcol. Perfetti per l’asporto, offrono resistenza, sicurezza e alta qualità di stampa. Disponibili in 3 formati, personalizzabili in quadricromia. Riciclabili nella carta, dove consentito.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Materiale: cartoncino con doppia barriera in PE

Formati disponibili: 300 ml (9 oz) 445 ml (12 oz), 530 ml (16 oz)

Accessori: coperchio disponibile in carta o in PS

Personalizzazione: stampa in quadricromia su tutta la superficie

Smaltimento: raccolta differenziata della carta (dove consentito dalle normative locali)

PLUS

Idonei al contatto con bevande ghiacciate e alcoliche

· Ottima resa grafica grazie alla stampa in quadricromia

· Personalizzazione completa della superficie

· Soluzione sostenibile e riciclabile

· Ideale per cocktail bar, street food e takeaway

MARKETING E COMUNICAZIONE

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FOCUS CANALE

MAPIC ITALY, IL LEISURE PRENDE SPAZIO NEI CENTRI COMMERCIALI

Mapic Italy, il leisure prende spazio nei centri commerciali

CON DUEMILA PARTECIPANTI E 700 RETAILER SI È CHIUSA L’ULTIMA

EDIZIONE AL SUPERSTUDIO MAXI (DAL 2026 A RHO FIERAMILANO).

LE TENDENZE E I PROGETTI CHE RIDISEGNANO LE SHOPPING DESTINATION

(E PURE L’HIGH STREET)

Siè chiusa con 2.000 partecipanti e 700 retailers da 17 Paesi l'edizione 2025 di Mapic Italy, la fiera dedicata al retail real estate tenutasi a Milano. All'interno degli spazi di Superstudio Maxi (mentre dal 2026 la fiera si sposta a Rho, il 27 e 28 maggio), il tema principale è stato "Creare valore per costruire la crescita", ossia la ricerca di una nuova formula che condensi shopping, leisure e food retail in soluzioni sostenibili; sia dal punto di vista della redditività sia da quello Esg.« Il valore percepito dai consumatori e dagli investitori è oggi l’elemento determinante delle decisioni dei player del mercato», ha affermato Francesco Pupillo, show director di Mapic Italy. La fiera è stata l’occasione per la community retail real estate di confrontarsi su diversi temi e svelare qualche dettaglio in più sui prossimi progetti.

I trend del mercato

L’omnicanalità e l’integrazione tra fisico e digitale rimangono cruciali per il successo dei retailer, influenzando le loro strategie di localizzazione. L’innovazione tecnologica sta accompagnando il settore retail in una nuova era, dove cambia la funzione dei negozi fisici sempre più hub strategici per la costruzione dell’identità dei brand. Altro elemento centrale nella trasformazione del settore è la crescente attenzione ai criteri di sostenibilità, che sta diventando un fattore sempre più determinante nelle decisioni di investimento. Contestualmente, si modificano anche le priorità di intervento immobiliare volte a mettere al centro sempre di più l'esperienzialità.

Superata l'ubriacatura della digitalizzazione, ormai data per scontata, si è quindi tornati a ragionare su luoghi di vita capaci di instaurare un rapporto quotidiano con il territorio. Servizi integrati, spazi verdi, fruizioni differenziate degli spazi e aree per il tempo libero sono ormai un must dell’immobiliare.

Ristorazione in rallentamento nel 2025 Anche perché, nel frattempo, le classiche categorie merceologiche dei centri commerciali risultano in rallentamento. Ristorazione compresa. Ad aprile i fatturati dei centri commerciali monitorati dall'osservatorio Cncc ed EY hanno segnato un -3,8% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Dato che porta ad un risultato progressivo lievemente negativo nei primi quattro mesi del 2025 (-2,3%) per le 300 strutture e i 10mila punti vendita analizzati. Il food&beverage, in particolare, di un -1,8% ad aprile e di un -1,4% se si considera il primo quadrimestre dell’anno. Andamenti riconducibili principalmente alla lieve contrazione dell’affluenza pari allo -0,8% nei primi quattro mesi dell’anno e a una maggiore cautela da parte dei consumatori nelle decisioni di spesa.

High street sotto i riflettori

Discorso a parte merita l’high street fotografato dai dati del Report Retail Unboxed - Insights, Shifts, and the Road Ahead di Colliers. Da questa analisi emerge che l'Italia si conferma un mercato chiave per gli investimenti nel retail high street, con Milano in prima linea; mentre cresce l’interesse per le high street anche a Roma e Firenze. Nel primo semestre del 2025, il mercato immobiliare commerciale in Italia ha registrato una netta ripresa, con un volume complessivo di investimenti pari a 2,7 miliardi di euro, segnando un aumento del +46% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Particolarmente rilevante è la performance del settore retail, che rappresenta il 21% del totale con circa 560 milioni di euro investiti.u

I PROGETTI IN PIPELINE

Parma Promenade - La destinazione conosciuta come Parma Retail si prepara all'apertura nel 2026: 40mila mq di Gla, di cui 15mila riservati alle attività leisure (con una decina di campi da padel), e una proposta food composta da 20 ristoranti pronta a interagire con l'esterno. Ad oggi, secondo i dati di Svicom, il tasso di commercializzazione è già al 90%.

Centro commerciale Rescaldina - Il progetto di riqualificazione del centro commerciale a Nord di Milano affidato a Nhood si dovrebbe concludere a marzo 2026. L'intervento interesserà un'area di 11mila mq al primo piano della struttura. Qui sorgerà una nuova food court di circa 1.500 mq integrata con l'offerta leisure, sport e benessere.

Centro commerciale Messina - In apertura nel 2027, questo centro commerciale può contare su 34.400 mq di Gla e un bacino di utenza di 285mila persone. Al centro, le esigenze del cliente moderno (a partire dagli orari di apertura prolungati), soddisfatte da una proposta commerciale di circa 55 punti vendita e un parcheggio con oltre duemila posti. Il tutto per un investimento di 100 milioni di euro a natura esclusivamente privata.

Roma Outlet Villa – Atteso il prossimo anno, questo nuovo outlet include 21mila mq di Gla nella prima fase e ulteriori 11mila nella seconda. In totale, 140 negozi. L’obiettivo è quello di intercettare il traffico proveniente dalla città di Roma, a partire dai flussi turistici.

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FOCUS CANALE: Travel retail

CASE HISTORY:

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