Coricio di Gaza e la sua opera, a cura di Eugenio Amato, Lucie Thévenet, Gianluca Ventrella

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Aldo Corcella

Non manca, in questa posizione, una certa verità; e, come abbiamo visto, l’equilibrio fra antico e moderno, fra tradizione pagana e morale cristiana, fra serio e giocoso è un ideale che Coricio espressamente teorizza e proclama. Pure, non sono mancati studiosi che hanno messo in luce come questo ideale equilibrio si riveli, nella realtà, instabile e animato da una tensione continua: in tal senso si è espresso, in particolare, Jan R. Stenger, che ha notato come le stesse citazioni del mito siano spesso accompagnate, in Coricio, da riserve e formule relativizzanti, tali da far intravedere un certo «unease about myths» e un atteggiamento difensivo rispetto a critici della cultura classica che non dovevano a Gaza, evidentemente, mancare22. L’analisi fin qui condotta dei passi in cui Coricio descrive l’equilibrio tra serio e giocoso mi pare rafforzi questa seconda prospettiva. Da un lato, certo, Gaza è il luogo nel quale, in una rappresentazione ideale, σεμνότης e ἀστειόσυνη si conciliano; ma la stessa insistenza con cui Coricio ripropone questa visione si presta ad essere intesa come la volontà di diffondere un messaggio non per tutti ovvio più che come l’affermazione di una sicura e indiscussa verità. E, in effetti, lo stesso Coricio, nel proprio commento d’autore alla Apologia mimorum, puntualmente rivela che il pubblico cui si rivolge è almeno potenzialmente diviso tra persone più inclini ad accettare il lato giocoso della vita senza troppi problemi ed altre pronte, invece, a vestirsi di una estremistica serietà sulla base della quale muovere critiche e accuse al prossimo. La tensione poteva restare latente, e allora si può ben immaginare che il governatore, e anche lo stesso vescovo, tranquillamente accettassero, a fianco o addirittura all’interno o di una festa religiosa, elementi non immediatamente riconducibili alla morale e alla sensibilità cristiana. In alcuni momenti, però, e in alcune specifiche situazioni, il contrasto poteva invece scoppiare, e il retore doveva allora tenerne conto. Il suo mestiere consi-

«Viator», XVI, 1985, pp. 1-20 o in J.H.W.G. Liebeschuetz, The Decline and Fall of the Roman City, Oxford 2001, pp. 229-230; ma anche per questo punto si rinvia alla più ampia discussione nella rassegna della bibliografia coriciana (1929-2010) da me curata per «Lustrum». 22 Si veda specialmente J. Stenger, Chorikios und die Ekphrasis der Stephanoskirche von Gaza: Bildung und Christentum im städtischen Kontext, in «JbAC», LIII, 2010, pp. 81-103. La cautela coriciana rispetto al mito era stata del resto già ottimamente notata da A. Stock, De prolaliarum usu rhetorico, diss. Regimonti 1911, p. 98.


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