«Dante, Petrarca, Giotto, Simone», di Valerio Capasa ed Emanuele Triggiani

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Valerio Capasa

Emanuele Triggiani

d a n t e petrarca g i o t t o s i m o n e il cammino obliquo: la svolta del moderno prefazione di Davide Rondoni

edizioni di


Prefazione di Davide Rondoni

Un libro del genere nasce dall’abbaglio. Ovvero dall’esser noi – qui attraverso loro, gli studiosi scrittori – abbagliati dall’opera grande e feconda di alcuni geni. Il genio non è un monumento lontano, ma è un pozzo, una cisterna. Verrebbe da dire quasi: una gran pentola. Di quelle delle feste, da dove si continua per ore, vicino ai fuochi, tra i balli e le canzoni, a cavar cibo, e sughi e nutrimenti. O le botti inesauste di vino buono, forte. Lavorare intorno ai geni, con l’umiltà di una lettura breve, intensa, e sintetica come questa, è avvicinarsi a quei vulcani, e rapinare veloci il fuoco loro, il loro sapore, il loro sapere. Perciò ci vuole abilità, destrezza e rapidità di mano, occhio di lince. I due di qui mi pare ne abbiano. Non sono uno specialista, ma il loro gesto mi pare allenato, efficace. E un libretto del genere è anche uno di quei vascelli rapidi che nei momenti di maggior pericolo servono a dar buona sorte alla battaglia. V


Il lavoro di Capasa e Triggiani, ferreo nel metodo di cura scientifica e appassionato come la vera opera critica deve essere, càpita infatti in un momento di pericolo. Chi non lo annusa, chi non ne trema, lasci stare la letteratura e l’arte e scelga altro come intrattenimento o come deliquio. Il pericolo consiste nella rapida cancellatura dei tratti del nostro volto cristiano. Del volto che sulla terra d’Occidente e d’Oriente ha potuto guardare il volto di Dio non come a una vanvera, e quindi il volto dei compagni fratelli come a una Sua somiglianza. Il pericolo è che sia cancellato il volto che è nell’opera e nel gesto di Giotto, di Dante, e anche, coi passaggi di luce intellettuale e di temperie che i due studiosi illuminano, in Simone Martini, in Petrarca. Commuoversi per quei volti, restarne abbagliati e comprenderne la vita è un fatto sempre più raro. Si sta cancellando quel volto. In mille modi, con molti colpi di micidiali cimose, e anche con colpi di spada, di falce. Si sta cancellando. Anche quando ha bestemmiato, quel viso aveva il volto del Dio-Uomo nelle pupille. Anche quando s’è voltato verso il delirio della tenebra, aveva quell’altro Volto in una penombra. Si sta cancellando il volto che si è curvato sul volto del compagno fratello con ammirazione e pietà, con simpatia prima che con calcolo, prima che con indifferenza o vile dimenticanza o con demente ira. Il pericolo della cancellazione è forte. Lo vediamo ovunque. E anche il pur abusato ritornello intorno alle radici culturali dell’Europa non introduce quasi mai ad un lavoro reale di riappropriazione, di rimessa in vita della tradizione. Ritornello retorico, e per ciò stesso odioso. VI


Qui non si fa retorica, qui si studia. Cioè ci si prende cura di quei volti e di quel che irradiano come vita e come problema. Ci si accosta ancora a quelle cisterne. A gustarne le differenze. A riprender da quel loro dono d’arte una nuova lena, un più acuto senso del nostro presente. A riprender giudizio. Non si ama, non si studia se non annotando le differenze. Tra Dante e Petrarca ci sono grandi archi di continuità (come la critica più recente ha in modo definitivo attestato). Ma ci sono pure fratture, messe in crisi, che occorre comprendere bene per avere giudizio sull’esperienza dell’arte e quindi della conoscenza che è giunta fino a noi. E lo stesso si dica per Giotto e Simone, in un concerto a incroci e a rimandi – biografici e d’opera – che si danno in questa magnifica quadriglia. L’attualità di questo libro è data non solo dalla ricorrenza del settecentesimo anniversario della nascita di Petrarca che cade – con gran fioritura di studi, di convegni e di edizioni – in questo 2004, ma anche dal rinnovato vigore di riflessione e di ascolto intorno a Dante a cui si assiste in vario modo, e dalla attenzione che tutt’oggi circonda le figure di Giotto e di Simone Martini (quest’ultimo «oggetto» di un bellissimo libro di versi del meno filopetrarchesco dei nostri poeti viventi, Mario Luzi – ed ecco un altro incrocio a chiasmo…). Ma, ancor più che da fattori per così dire esteriori e occasionali, la attualità e la necessità di questo libro è data dalla messa a fuoco del tema del desiderio, e nel suo sviluppo come relazione tra individuo e storia, e tra individuo e destino. Oggi, infatti, il valore del desiderio è provato da nuove crisi, e talora azzerato. Tanto esaltato nelle sue riduzioni banali ed esibizioniste, il desiderio nella sua radicalità profonda e totalizzante appare invece avvilito e, per così dire, sottostimaVII


to come propellente e come «regola» nelle relazioni. Il desiderio della pienezza e della felicità non sembra avere più cittadinanza, e neppure credibilità. Nelle opere di questi mirabili maestri, invece, pare che il fuoco del desiderio operi a far crescere l’arte, a darle dignità e splendore e luogo nel mondo. In loro operando e in loro differenziandosi, la forza del desiderio di totalità è miracoloso operatore, è lena, è signore. A quella loro estrema libertà, alla infinita industria e alla luminosa pazienza noi possiamo ancora guardare. Come a una bandiera. Come a un’acqua dataci nella conca delle mani, visitata da una luce imprendibile.

VIII


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Elenco delle illustrazioni

Fig. 1. Simone Martini, Allegoria virgiliana, ms. Ambrosiano S.P. 10.27, miniatura, Milano, Biblioteca Ambrosiana (1340). Fig. 2. Simone Martini, Maestà, affresco, Siena, Palazzo pubblico (13131321). Fig. 3a. Simone Martini, Maestà, particolare della Madonna col Bambino, affresco, Siena, Palazzo pubblico (1313-1315). Fig. 3b. Simone Martini, Maestà, particolare della Madonna col Bambino, affresco, Siena, Palazzo pubblico (1313-1315). Fig. 4. Duccio di Buoninsegna, Maestà, tempera su tavola, Siena, Museo dell’Opera del duomo (1308-1311). Fig. 5. Giotto, La rinuncia ai beni, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (1295-1297). Fig. 6. Simone Martini, L’investitura a cavaliere, affresco, Assisi, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco (1314-1318). Fig. 7. Giotto, Il presepe di Greccio, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (1295-1297). Fig. 8a. Giotto, Il presepe di Greccio, particolare dei monaci cantori, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (1295-1297). Fig. 8b. Simone Martini, I funerali di san Martino, particolare dei monaci cantori, affresco, Assisi, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco (1314-1318). Fig. 9. Simone Martini, I funerali di san Martino, affresco, Assisi, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco (1314-1318).

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Fig. 10. Giotto, La predica dinanzi a Onorio III, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (1295-1297). Fig. 11. Giotto, Il miracolo della fonte, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (1295- 1297). Fig. 12. Giotto, Gioacchino tra i pastori, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni (1303-1305). Fig. 13a. Giotto, Il miracolo della fonte, particolare dei due discepoli del Santo, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (1295-1297). Fig. 13b. Giotto, Gioacchino tra i pastori, particolare dei pastori, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni (1303-1305). Fig. 14. Simone Martini, Il miracolo del fanciullo resuscitato, affresco, Assisi, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco (1314-1318). Fig. 15. Simone Martini, Il miracolo del fanciullo resuscitato, particolare dei tre personaggi in alto a destra, affresco, Assisi, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco (1314-1318). Fig. 16. Simone Martini, Dedicazione della cappella, affresco, Assisi, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco (1314-1318). Fig. 17. Giotto, Maddalena col cardinale Pietro vescovo della Sabina, affresco, Assisi, Cappella della Maddalena, Basilica Inferiore di San Francesco (1309). Fig. 18. Giotto, Maddalena col cardinale Pietro vescovo della Sabina, particolare del volto del cardinale, affresco, Assisi, Cappella della Maddalena, Basilica Inferiore di San Francesco (1309). Fig. 19. Giotto, Bacio di Giuda, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni (1303-1305). Fig. 20. Giotto, Lavanda dei piedi, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni (1303-1305). Fig. 21a. Giotto, Bacio di Guida, particolare, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni (1303-1305). Fig. 21b. Giotto, Lavanda dei piedi, particolare di san Pietro, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni (1303-1305). Fig. 22. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco, navata unica. Fig. 23. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco, parete sinistra vista dal presbiterio. Fig. 24. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco, parete destra, affreschi della seconda campata. Fig. 25. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco, prospetto degli affreschi della navata, parete destra. Fig. 26. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco, prospetto degli affreschi della navata, parete sinistra.

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Indice

Prefazione di Davide Rondoni

V

Introduzione

IX

Parte prima L’io e il desiderio I. Petrarca e l’Umanesimo hanno davvero messo al centro l’uomo?

2

1. L’esaltazione dell’uomo nella tradizione medievale, p. 2 • 2. La riduzione dell’io a stato d’animo: «quanto piace al mondo è breve sogno», p. 6 • 3. L’insinuarsi del dubbio nella coscienza di Petrarca, p. 10 • 4. La negazione del desiderio, p. 12 • 5. Dante e la piramide dei desideri, p. 15 • 6. Folgorazione e coagulazione dello stato d’animo, p. 21

II. «Duos pictores egregios»

24

1. Letterati e pittori: analogie e differenze, p. 24 • 2. Simone Martini tra Assisi e Siena: nostalgia di una certezza passata, p. 29 • 3. Giotto: il sentimento nella narrazione, p. 32 • 4. Dalla sintassi alla paratassi: ciò che si sente, non ciò che accade, p. 36 135


Parte seconda L’eterno e l’effimero III. Laura e Beatrice: ostacolo o segno dell’ideale

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1. Un equivoco tutto moderno, p. 40 • 2. Da Beatrice l’unità dell’io, p. 43 • 3. Petrarca e la frammentazione dell’io, p. 46 • 4. O Dio o la realtà, p. 47 • 5. Beatrice, il simbolo, p. 50 • 6. Laura, il diavolo, p. 53 • 7. La bellezza come strada o distrazione, p. 56 • 8. Beatrice porta la libertà, Laura la toglie, p. 65 • 9. Il segno ridotto ad apparenza: verso lo spiritualismo, p. 71

IV. «E ora ha Giotto il grido»

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1. Il polimorfismo linguistico di Assisi, p. 80 • 2. «Figura» e «compimento» nel ciclo di san Francesco: il significato nel visibile, p. 82 • 3. Umanità e metodo nel confronto tra conventuali e spirituali, p. 86 • 4. L’ontologia fonte dell’etica: la Cappella degli Scrovegni, p. 88

Parte terza L’inferno e il limbo V. La scrittura al posto della realtà

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1. Scrivere per il popolo o per gli intellettuali, p. 92 • 2. Dal plurilinguismo al monolinguismo: depurare realtà e scrittura, p. 95 • 3. Petrarca «che sí soave piagne», p. 101 • 4. L’uomo moderno, signore dell’assenza, p. 106

VI. «Nel cielo si ponno immaginar, non qui tra noi»

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1. Per una bellezza pura e disincarnata, p. 109 • 2. Dal santo al divo: il «Guidoriccio da Fogliano», p. 112 • 3. L’«Annunciazione» del 1333: «Maria rimase turbata», p. 116 • 4. La separazione fra terra e cielo, p. 118

Bibliografia

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Elenco delle illustrazioni

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