circa 1 ora nel 1976, nel 1978 la Via dei Comaschi al Cavalcorto (350m VI), la Via Boga alla Punta Allievi (600m VI) e parecchie delle vie meno ripetute delle Grigne, in Dolomiti nel 1979, il Diedro Armani al Croz dell’Altissimo (Brenta, 700m, 4 ore), il Diedro Aste al Crozzon di Brenta (900m, 3 ore e mezza), la Steger al Catinaccio (600m, 2 ore), la Eisenstecken alla Roda di Vael (350m, 2 ore), la Via dei Fachiri e la Lacedelli alla Cima Scotoni (entrambe 600m, 3 ore e mezza e 4 ore e mezza rispettivamente), la Costantini/Apollonio alla Tofana di Rozes (550m, 2 ore e mezza) e il coriaceo Diedro Cozzolino al Piccolo Mangart di Coritenza (800m, 5 ore). Tornando nel Màsino/Bregaglia sono da ricordare le grandiose vie aperte sul Sasso Manduino: Tramonto della Luna (900m, VI+, nessun ancoraggio intermedio) e Nelle stanze del passato (900m, VII-, 2 nut intermedi) (1978 e 1983). Ancora sul Manduino, nel 1979, Guerini traccia in solitaria Trapasso nel vero (1000m, VII+, con due tentativi di autoassicurazione falliti e materiale lasciato in parete per documentare il proprio passaggio). Concludiamo con le “vie in falesia salite in libera a protezione naturale”, per le quali Ivan tiene a precisare che si tratta d’itinerari lungo i quali le difficoltà sono concentrate in brevi tratti e che, proprio per questa ragione, risultano non confrontabili con le vie di continuità percorse utilizzando gli spit. Ricordiamo infine che Guerini non è Accademico del CAI, Guida o Istruttore e nemmeno sponsorizzato e sulle falesie del comprensorio lariano, ha aperto in tutto circa novecento vie non utilizzando (ne attrezzandole) spit/fix per evitare di trasformarle in palestre*. Mario Sertori
“La mia esperienza nella Valle non ha rappresentato una “via di fuga” come reazione alle responsabilità e alle insoddisfazioni esistenziali, né un “motivo di contesto” in rapporto ai dissidi sociali che travagliavano l’Italia in quel periodo. Per me, si trattava di una esperienza disancorata dal “mito della contestazione” che nel mondo naturale giostrava chi allora era ammaliato da una eredità politica. Mia madre, entusiasmata dal mio trasporto per la Valle, mi trovò in loco un punto d’appoggio dove trascorrere i fine settimana. Così la baita divenne un vero e proprio osservatorio sulle particolarità di quel mondo singolare. I miei occhi di adolescente guardavano quelle placche sterminate che si alzavano dal fondovalle al cielo, e brillavano al primo sole nelle terse mattine dopo la pioggia. Così mi ritrovai spontaneamente a salire per pareti assai difficili, rispetto alle mie capacità di arrampicatore ancora agli esordi. Quelle placche da “sogni ad occhi aperti” di un giovane sparuto divennero in pochi mesi i primi percorsi esplorativi su una pietra senza pari, che permetteva un’arrampicata libera assolutamente naturale. Quell’arrampicata libera autentica, che in futuro sarebbe stata annientata dai tracciati ad infissi geotecnici permanenti. Con l’andar del tempo, riconobbi in me una natura da scopritore, e scaturì il percorso conoscitivo che intrapresi, non rivolto nostalgicamente al passato, ma rivolto espressamente alla capacità di percepire l’essenza intima della pietra. Rammento con gioia le sensazioni di ciò che allora scoprivo: di come l’ombra della stagione invernale, cristallizzando ogni rumore, rivelava i sussurri discreti del luogo. I giorni in baita, in attesa del bel tempo, alla luce fioca delle candele, evidenziavano il valore di “restare” in un luogo per apprezzarne l’essenza, udire lontano il soffio delle slavine come voce del disgelo primaverile. Fermarsi nelle miti distese fiorite come in quelle pietrificate, osservati dagli sguardi degli animali incuriositi. Per arrivare a comprendere che animali, piante e pietra hanno nel mondo la stessa straordinaria importanza. Osservare la fisionomie delle strutture rocciose per capirne l’espressione delle forme, capire che i lati dei massi erano miniature di pareti. Capire che gli itinerari facili valevano al pari di quelli più difficili”.** * Parte del curriculum è tratto da un’intervista a Ivan Guerini di Carlo Caccia apparsa su www.intraisass.it/ritratto06htm. ** Meridiani Montagne N° 59 - Val di Mello. Pag. 73 - Testimonianze, di Ivan Guerini.
Ivan Guerini (Il gioco arrampicata..., Zanichelli 1979)h 83