Ravenna In Magazine 03 2017

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R AV EN N A

MAZZOTTI

Eleonora

TRA MUSICA E PAROLE

RAVENNA IN SCENA / L’inferno dantesco HERMES RUSTICALI / Bursòn di Romagna L’ORO BIANCO DI CERVIA / La via del sale

N° 3 AGOSTO/SETTEMBRE 2017


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EDITORIALE

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A pr i a mo questo numero estivo incontrando Eleonora Mazzotti, cantante, attrice e conduttrice radiofonica. Circa 700 ravennati hanno risposto alla chiamata pubblica di Marco Martinelli ed Ermanno Montanari e ci raccontano l’Inferno dantesco in scena al teatro Rasi. Abbiamo incontrato anche Giandomenico Bollettini ed il suo beach tennis, lo scrittore Stefano Mazzesi, Paolo Racagni, Hermes Rusticali e il Bursòn di Romagna. Partiamo poi sulle tracce dell’oro bianco a Cervia, esplorando la riserva naturale delle Saline. Visitiamo anche un meraviglioso attico con vista sulla cupola della Basilica di San Vitale e parliamo di come si possa surfare sul nostro Mare Adriatico, come se fosse quello californiano. Senza dimenticarci di “La spiaggia ama il libro” e della ravennate Clown Bianco Edizioni. Non resta che augurarvi buona lettura. Andrea Masotti

SOMMARIO

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Eleonora Mazzotti

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PARTECIPARE

Inferno dantesco

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GIOCARE

Beach Tennis

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RISCOPRIRE

Stefano Mazzesi

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IDEARE

Paolo Raccagni

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it

INCONTRARE

Libri in spiaggia

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ABITARE

DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Gianluca Gatta, Giulia Masci Ametta ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga STAMPA: Seven Seas Srl - RSM

Casa con vista

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LEGGERE

I clown bianchi

Anno XVI - N. 3 Chiuso per la stampa il 2/08/2017 Collaboratori: Nevio Galeati, Anna de Lutiis, Roberta Bezzi, Aldo Savini, Gianni Zampaglione, Linda Antonellini, Serena Onofri, Erika Baldini Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini

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DEGUSTARE

Bursòn di Romagna

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VIAGGIARE

Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine

La via del sale

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Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte

SURFARE

Come la California

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ANNOTARE

Centro Iperbarico UNDER PRESSURE

Festival premiere AL CINEMA CITY

RAVENNA È stata un’iniziativa

RAVENNA Dopo la fortunata

molto partecipata, quella promossa da TEDx Cesena Venerdì 14 luglio al Centro Iperbarico di Ravenna, centro di eccellenza della sanità romagnola. Una trentina di persone è stata coinvolta nell’approfondimento dell’effetto sotto pressione, sperimentando attivamente la camera iperbarica attraverso una seduta di circa 30 minuti, nella quale è stata simulata una profondità di 10 metri e una pressione indicativa di 2 atmosfere. Un modo pratico per analizzare assieme allo staff medico del centro, diretto dal professor Longobardi, gli aspetti e i cambiamenti dovuti alla pressione, e capirne meglio l’utilizzo che essa produce in medicina, in modo particolare nell’ossigenoterapia. Fra i partecipanti vi erano anche una decina di ragazzi del Liceo Scientifico Oriani. www.tedxcesena.com

esperienza dello scorso anno, anche la 15° edizione dei festival di cinema e letteratura Ravenna Nightmare Film Fest e Gialloluna Neronotte andranno a braccetto, dal 28 ottobre al 5 novembre al Palazzo dei Congressi di Largo Firenze a Ravenna. E, in attesa che l’autunno si dipinga di giallo, nero e rosso, sin da ora si potrà vivere ‘Festival Premiere’, nuova iniziativa per promuovere il cinema autoriale di genere. Si tratta di una serie di appuntamenti fissi a cadenza mensile, ossia film in lingua originale e sottotitolati in italiano. Le prossime proiezioni, al CinemaCity, riguarderanno ‘Blow-up’ di Antonioni’ il 14 settembre, ‘Blade Runner 2049’ di Villeneuve il 5 ottobre, ‘It’ di Muschietti il 19 ottobre e ‘Geostorm’ di Devlin l’1 novembre.

Ibernato e salvato al CECILIA HOSPITAL COTIGNOLA Fino a pochi anni fa pareva pura fantascienza, ma

i progressi della medicina riservano sempre grandi sorprese. Al Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna), che vanta una delle cardiochirurgie più importanti a livello europeo, è stato effettuato un intervento straordinario che ha permesso di salvare la vita a un uomo di 37 anni, coinvolto in un incidente stradale. L’équipe specialistica dell’Unità Operativa di Chirurgia CardioToraco-vascolare coordinata dal dottor Mauro Del Giglio, ha ibernato il suo corpo con una tecnica particolare per operare a livello dell’arco aortico. “Nell’incidente, l’uomo aveva riportato numerose e gravissime fratture ossee – spiega Del Giglio – tra cui lo schiacciamento della cassa toracica e la conseguente, improvvisa rottura dell’arco aortico, il secondo tratto dell’aorta. La criticità del quadro clinico ha consigliato una procedura di riparazione vascolare con arresto di circolo e ipotermia controllata, supportati dalla CEC, macchina cuore-polmone, senza tuttavia dover ricorrere all’aiuto di protesi tubulari artificiali come avviene nel trattamento degli aneurismi.” Non si sono presentate complicanze post-operatorie una volta concluso il periodo di ricovero in Terapia Intensiva a Maria Cecilia Hospital.

Il set de IL PESCATORE CESENA È stato girato a Ravenna il videoclip ufficiale della canzone

Il Pescatore di Fabrizio De André. La regia è stata curata da Stefano Salvati che ha diretto gli attori ravennati Derek Boschi e Alessandro Braga. Hanno partecipato anche molti cittadini di Ravenna che sono stati scelti durante il casting di fine maggio a Palazzo Rasponi delle Teste, fra cui il fotografo Alfredo Lando e Manuel Furfari, 8 anni. Le riprese sono state effettuate in centro storico (via di Roma e via Dante Alighieri), a Marina di Ravenna alla diga foranea sud, al faro e in alcune aree del Canale Candiano. L’iniziativa fa parte del progetto Capolavori immaginati proposto dalla Daimon Film srl in accordo con Sony Music Italia. Il videoclip sarà lanciato per la prima volta al Festival Mondiale del Videoclip a Cesena, dal 13 al 15 ottobre, in modo da diventare l’unico videoclip ufficiale assoluto associato alla canzone di De André. 4

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Trascorriamo le ore più belle in un luogo in cui tutto è perfetto, dove le forme sono semplici e chiare.

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ANNOTARE

Ritorna IL MORO FAENZA Resterà aperta fino

Sapore di SALE CERVIA Si terrà dall’8 all’11

settembre, in vari luoghi a Cervia, la manifestazione culturale ed enogastronomica dedicata al sale dolce di Cervia, l’oro bianco da sempre associato alla vita, alla storia e all’identità della città. Si tratta di Sapore di Sale, evento caratteristico in cui il sale è protagonista nelle sue declinazioni storiche, culturali, culinarie, ambientali e salutistiche. Da non perdere, in particolare, la rievocazione storica dell’Armesa de Sel, la distribuzione del sale di Cervia alla popolazione, dopo l’arrivo della burchiella al molo del piazzale dei Salinari ai Magazzini del Sale Darsena. Non esiste un tempo limite per completare il percorso perché non è una gara a premi.

Una mostra per CICOGNANI FORLÌ L’8 giugno scorso alla Galleria niArt di Felice Nittolo a

Ravenna è stato festeggiato a sorpresa il novantesimo compleanno di Sergio Cicognani, detto Cico, l’ultimo dello storico Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna, con una piccola mostra dei suoi ultimi lavori. Presenti familiari, ma soprattutto allievi, colleghi, amici frequentatori del suo studio di via Valpusteria. Il lungo itinerario artistico di Cicognani scorre sul doppio binario del mosaico e della pittura, integrato da quella straordinaria esperienza della traduzione in mosaico dei cartoni di famosi protagonisti dell’arte contemporanea. Nell’immediato dopoguerra è tra i protagonisti della rinascita del mosaico sul piano della sperimentazione, dell’innovazione e del restauro. Nel frattempo si dedica alla pittura, recepisce dall’esperienza parigina di Orselli le suggestioni di una cultura pittorica internazionale, alquanto lontana dalla tradizione locale. Nei lavori giovanili degli anni Cinquanta si avvertono rimandi a Cézanne e al post-cubismo, e nelle opere più recenti è evidente il richiamo a Chagall e a Klee. Dal 1961 al 1984 ha insegnato Tecnica musiva all’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna e successivamente alla Scuola per il Restauro del Mosaico presso la Sovrintendenza di Ravenna. (A.S.)

al 23 settembre, alla Bottega Bertaccini - Libri e Arte di Corso Garibaldi 4 a Faenza, la mostra Fuori dal vaso di Gianfranco Morini, detto il Moro, scultore e ceramista, ribelle e iconoclasta, che propone un’originale collezione di vasi, la più classica tra le figure dell’arte ceramica. Sono oggetti stravaganti per forme e colori, da vedere e da toccare per scoprirne l’intima essenza che consiste nella capacità di trasmettere gioia e allegria. Il Moro si è rapportato criticamente ai protagonisti della ceramica del secondo Novecento: Angelo Biancini per il senso e i valori dell’arte, Augusto Betti per il rigore della ricerca sui materiali e Alfonso Leoni per la libertà della sperimentazione. Il risultato è uno stile inconfondibile, fatto di bizzarrie, paradossi, provocazioni e semplicità. (A.S.)

Il mosaico della scultura AL MAR

ph Massimo Fiorentini

RAVENNA Durante la prossima edizione di RavennaMosaico, la

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biennale di mosaico contemporaneo che si svolgerà a Ravenna dal 7 ottobre al 26 novembre, sarà inaugurata la mostra Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini a oggi, a cura di Alfonso Panzetta con la collaborazione di Daniele Torcellini. Al Mar sarà possibile ammirare 140 opere, fino al 7 gennaio, che documentano la nascita e l’evoluzione del mosaico nella scultura. Tutto nasce grazie a Gino Severini che rinnova la pratica del mosaico in funzione della decorazione architettonica. Poi si avviano le ricerche plastiche mosaicate di Lucio Fontana e Mirko Basaldella, i precursori dell’unione felice tra scultura e mosaico. Il secondo grande evento della Biennale sarà poi l’allestimento che celebrerà i trent’anni della Sicis, una delle più grandi eccellenze del design internazionale, a Palazzo Rasponi delle Teste.


atmosfera e sapori

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ESSERE

Tra musica

E PAROLE

CANTANTE, ATTRICE, CONDUTTRICE RADIOFONICA, MA ANCHE APPASSIONATA DI PIANTE E GIARDINAGGIO. ELEONORA MAZZOTTI HA UNA VITA MOLTO INTENSA: È SEMPRE CON LA VALIGIA IN MANO PER RAGGIUNGERE, DA RAVENNA, I GRANDI PALCHI.

S

di Nevio Galeati / ph Massimo Fiorentini e Lidia Bagnara

Solare e, insieme, misteriosa. Anche se il sorriso dissolve poi ogni possibile enigma degli occhi. Perché Eleonora Mazzotti è l’ottimismo fatto persona, con un raro mix di energia e dolcezza. Doti che si esaltano nelle foto: alcuni ritratti richiamano alla memoria le grandi attrici francesi degli anni Settanta, a partire dalla regina di tutte, Catherine Deneuve. Una carriera da attrice fra le mani, dunque... se non la si ascoltasse cantare. Perché Eleonora ha una voce da brividi e sa valorizzarla. Eleonora, come nasce una passione come la tua? “Da bambina accompagnavo mio babbo che cantava nel coro di una chiesa. Ho sentito subito che le note, l’armonia, la musica erano il mio respiro profondo. Ma dovevo ancora capire come orientare questo slancio. E in questo mi ha aiutata, Cristina Brena, la carissima madrina che mi ha accompagnato dalla comunione alla cresima, fino al matrimonio. Il colpo di fulmine invece è arrivato al concerto di Giorgia, nella prima tappa del tour Senza ali del 2001, sul lungomare di Rimini. Avevo 16 anni e ho capito: volevo fare come lei.”

Così, hai cominciato a studiare non senza sacrifici… “Sì, andavo a Bologna per le lezioni di canto con la maestra Elena Ferilli, per capire come modulare la voce. E sono diventata pendolare: andavo al liceo classico la mattina e quando uscivo, passavo da casa a cambiare lo zainetto e prendevo il treno. Non tutti i giorni, certo! Nel frattempo ho studiato recitazione e un po’ anche ballo. L’idea di partecipare a un musical mi piaceva già allora. Era ancora presto, però. Così ho iniziato a partecipare ai primi concorsi per giovani. Volevo però concludere anche il mio percorso di studi… Ho studiato tanto per raggiungere la laurea triennale in Scienze delle comunicazioni e la magistrale in Semiotica. È stato un impegno significativo e, quando preparavo la tesi, sono stata costretta a staccarmi dalla musica. Ma in quel periodo ho avuto la conferma di come non potessi fare a meno di quel mondo, del palcoscenico, delle canzoni.” E Giorgia è tornata nella tua vita, giusto? “È così! Nel 2007 sono stata invitata al programma Il treno dei desideri, in prima serata su Rai1 e ho duettato proprio con lei il brano

Come saprei. Un’esperienza davvero indimenticabile. Intanto avevo imboccato la mia strada, sul serio. L’anno prima, lavorando in alcuni musical, avevo incontrato Michael Baker, per un lungo periodo music director e batterista di Whitney Houston. Mai avrei immaginato che dieci anni dopo avrei realizzato un progetto insieme a lui.” Già, per la canzone L’amore non invecchia mai… Andiamo però con ordine: qual è stata la svolta professionale, quella vera? “Tutto è partito nel 2009 con il Radio Bruno Estate Tour, esperienza che si è ripetuta l’anno successivo, quello della partecipazione alla 53a edizione del festival di Castrocaro. Mi sono detta: Adesso o mai più, e sono arrivata in finale, con la diretta di Rai1. In quell’occasione è nato anche il rapporto con la radio. Ricordo ancora la bellissima chiamata dal direttore dell’emittente Radio Italia 97, che trasmette anche in streaming e sul digitale terrestre televisivo. I dirigenti della radio mi hanno seguita nella pre-finale di Cesena dove ho vinto, sono piaciuta, così mi hanno chiesto se volessi provare a lavorare con loro. Mi hanno IN MAGAZINE

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ph Emanuela Baioni

dato completa fiducia. Per me la radio è un mito, sono stata davvero innamorata dei vecchi transistor, che si portavano in giro per la casa. Così ho iniziato a lavorare non solo come speaker, ma anche come conduttrice. Mi ha aiutato il fatto di avere alle spalle una piccola esperienza televisiva, ma ho studiato per migliorarmi. Così, ogni mattina dalle 8 alle 10, conduco il programma Coffee & Chips in diretta radio visione. Poco importa se devo un po’ correre: mi alzo alle 6, lavoro due ore in radio e alle volte devo preparami e partire per un concerto, in programma alla sera. E il giorno dopo si riparte...” Nel frattempo i concerti si sono moltiplicati e hai interpretato il meglio delle arti10

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“DA BAMBINA ACCOMPAGNAVO MIO BABBO CHE CANTAVA NEL CORO DI UNA CHIESA. HO SENTITO SUBITO CHE LE NOTE, L’ARMONIA, LA MUSICA ERANO IL MIO RESPIRO PROFONDO. MA DOVEVO ANCORA CAPIRE COME ORIENTARE QUESTO SLANCIO.”

ste, italiane e non solo, come in I Feel Like a Woman. Mancava qualcosa però, giusto? “Mancava qualcosa di mio. Così finalmente, nel 2014, sono riuscita a incidere il primo Ep, Battiti,


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Il posto dove vivere.


“I DIRIGENTI DELLA RADIO MI HANNO SEGUITA NELLA PRE-FINALE DI CESENA DOVE HO VINTO, SONO PIACIUTA, COSÌ MI HANNO CHIESTO SE VOLESSI PROVARE A LAVORARE CON LORO. MI HANNO DATO COMPLETA FIDUCIA. PER ME LA RADIO È UN MITO.”

prodotta da PMS Studio. E ho l’onore di avere la collaborazione di Matteo Mancini e Gianni Bindi, già autori per Mina, che scrivono per me È tardi ormai, singolo che precede l’uscita dell’album e che resta in top ten per due mesi nella classifica Rockol Airplay. Un altro traguardo fantastico. Ma continuo anche a partecipare ad altri progetti. Come quello dell’Orchestra Sinfonica di Pesaro, con cui mi sono trovata a cantare come solista sulle musiche dei Queen. Una fra le cose più belle che penso di aver fatto: un’orchestra con 60 elementi, affiancati da una band e da un coro, il tutto

diretto dal maestro Roberto Molinelli.” Siamo arrivati all’oggi: dischi, tour e… Cannes. Come sei arrivata alla Croisette? “È stato grazie all’incontro nel 2016 con Francesco Zarzana. Stava realizzando un progetto europeo Ladder (Local Authorities as Drivers for development Education and Raising Awareness), il docu-film Tra le onde nel cielo, dedicata alla tragedia dei sette atleti della nazionale italiana di nuoto che, insieme all’allenatore e a un giornalista Rai, nel 1966 persero la vita a Brema, durante l’atterraggio dell’aereo. Così ho scritto e composto il tema portante della colonna sonora, Among The Waves On The Sky. Il film è stato presentato al Doc Corner del Festival di Cannes dell’anno scorso e poi trasmesso in prima serata su Rai Storia. Quella stessa canzone fa parte anche dello spettacolo teatrale In A Better World, scritto e diretto in inglese sempre da Zarzana, che ha debuttato sempre lo scorso anno al Theatre de L’Archipel di Parigi e che farà tappa in altre otto città europee fino a dicembre 2017. Sono in scena

come cantante e attrice.” Così sei sempre in movimento, sempre al lavoro… e hai un marito. Come fate, non riposate mai? “Non abbiamo tempo di annoiarci. Andrea è ingegnere informatico, e anche lui si deve spostare in continuazione. Però restiamo a vivere a Ravenna. D’altra parte, sono esperienze da fare adesso, a questa età. Dopo, quando arriveranno i figli, dovremo rimodulare i progetti e il modo di vivere. Poi, a me viaggiare piace moltissimo, mi arricchisce. Quindi farlo per lavoro è il non plus ultra.” Resti così legata alla tua città, che ti ha conferito il Premio Confesercenti nel 2016 e il Premio Rotary Club Galla Placidia quest’anno. E qui si ritorna alla domanda di prima: quando e come riposi? “Riposo andando a zappare l’orto! È il bisogno di rapportarmi con la natura, per trovare un equilibrio, stare all’aria aperta, riossigenare il cervello. E alla fine ho anche partecipato al talent sul giardinaggio Guerrila Gardeners, su La5” Da non crederci...

IN QUESTE PAGINE, ALCUNI SCATTI DI ELEONORA MAZZOTTI.

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PARTECIPARE

Ravenna,

IN SCENA

CIRCA 700 RAVENNATI, DI QUALSIASI ETÀ E PROVENIENZA, HANNO RISPOSTO ALLA ‘CHIAMATA PUBBLICA’ DI MARCO MARTINELLI ED ERMANNA MONTANARI PER LA SACRA RAPPRESENTAZIONE DELL’INFERNO DANTESCO. di Anna De Lutiis

Q

Quando alcuni mesi fa Marco Martinelli presentò il ‘progetto Inferno’ nella sede romana della Società Dante Alighieri e spiegò che sarebbe partito da una ‘chiamata pubblica’ perché voleva che la Commedia, avesse le caratteristiche della ‘sacra rappresentazione’, come accadeva nel Medioevo e del teatro rivoluzionario di massa di Majakovskij, i presenti apparvero sorpresi e forse anche un po’ scettici. Nei mesi successivi iniziarono le ‘chiamate’ che invitavano i cittadini a partecipare; alla prima risposero in trecento circa e successivamente il numero aumentò fino a settecento. Era solo l’inizio di numerosi incontri per scegliere o essere scelti per un ruolo da portare avanti per un numero incredibile di rappresentazioni, dal 25 maggio al 3 luglio. La partecipazione così numerosa stupì gli stessi Marco ed Ermanna Montanari che avevano accarezzato a lungo questo progetto che ora hanno visto realizzato: la ‘mirabile visione’, un teatro capace di accogliere nel proprio campo visivo le molteplici esperienze

dell’intera umanità. Questa sacra rappresentazione di carattere medievale si snoda dalla tomba di Dante e prosegue lentamente verso la porta dell’inferno che, stranezza delle coincidenze, è proprio quel teatro Rasi che era una volta la chiesa di Santa Chiara. Parte il corteo dei cittadini insieme alle ottanta persone che effettuano l’intero percorso infernale. Così abbiamo avvicinato proprio il coro cittadino, che accompagna ogni sera il corteo preceduto dalle guide Marco e Ermanna, per capire meglio cosa ha portato persone lontane da ogni ambizione teatrale a sentirsi parte integrante e insostituibile di questa esperienza unica non solo a Ravenna e in Italia, ma al mondo. Gianni Camerani, dirigente d’azienda in pensione, signore molto compito, racconta che subito, quando il progetto è stato annunciato, si è sentito coinvolto: “L’ho visto come un contributo civico. Ho deciso di partecipare al gruppo che ogni sera rappresenta il ‘coro cittadino’ ma mi sono offerto anche per la fase organizzativa”. IN MAGAZINE

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Il corteo parte, come ogni sera, dalla Tomba di Dante, dopo la lettura del Canto che introduce alla Commedia da parte di Ermanna e Marco; notiamo, nella folla, un piccolo nucleo che si muove insieme: Erika Canaletti con due bambini, Camilla, piccolissima, 6 anni e suo fratello, 11. “Sono stato io a chiedere a mia madre di partecipare al coro cittadino, da solo non potevo, ma la mia è già una grande passione perché ho scoperto di volere fare l’attore frequentando la non-scuola durante l’anno scolastico e volevo a tutti i costi non perdere questa opportunità. Io, naturalmente, proseguirò anche con le prossime edizioni

LA SACRA RAPPRESENTAZIONE DI CARATTERE MEDIEVALE SI SNODA DALLA TOMBA DI DANTE E PROSEGUE, LENTAMENTE, VERSO LA PORTA DELL’INFERNO CHE – GUARDA CASO – È PROPRIO QUEL TEATRO RASI CHE ERA UNA VOLTA LA CHIESA DI SANTA CHIARA.

che realizzeranno il Purgatorio nel 2019 e il Paradiso nel 2021”. Famiglie intere o chi, senza alcuna compagnia, ha deciso di dare il proprio contributo come Antonella Franchini; lavora come educatrice ed è convinta che l’arte, la poesia, la musica, possano migliorare la società e stimolare la socializzazione. Per lei è un’esperienza da ripetere ‘assolutamente’, per questo si è già prenotata per le prossime ‘chiamate’. Il corteo, intanto, prosegue, sempre. C’è la sosta davanti al Teatro Alighieri con lettura di alcuni passi dell’Inferno, poi si riparte verso la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Un signore, solo, segue ripetendo puntualmente i versi che Marco legge ad alta voce. Incuriosisce un po’ perché, benché 16

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non abbia l’aria da intellettuale, rivela una pronuncia ben curata dei versi : “Sono Davide Tamagnini. Ho accompagnato mia moglie, Angela Durazzo, ai primi incontri, alle prime prove; lei lavora in un’azienda agricola ma svolge anche attività informative nelle scuole con un programma che si chiama ‘fattoria didattica’ e le piace molto coltivare il teatro come hobby. Si era proposta come comparsa, per fare l’arpia, così, dopo le prime lunghe attese per ricondurla a casa ho deciso di provare anch’io. Mi è piaciuto molto ma io mi sono fermato al ‘coro cittadino’ così ogni sera parto dalla tomba di Dante e seguo

IN APERTURA, E SOTTO ALCUNE SCENE DEL PROGETTO “INFERNO”, SVOLTOSI NELLA CORNICE DEL TEATRO RASI.


il corteo, anzi formo il corteo, fino ai cancelli del Rasi, invalicabili per noi, accesso consentito solo al pubblico fornito di pass rosso”. Naturalmente c’è anche chi non si accontenta di un solo ruolo, è il caso di Matilde, una bambina di 8 anni e mezzo che fa parte del coro cittadino ma, ci tiene a sottolineare che: “Però faccio anche l’angelo, proprio dentro l’Inferno, quello che allontana le arpie per permettere a Dante e Virgilio di proseguire il viaggio, però non tocca sempre a me perché ci sono altri angeli”. Stupisce la serietà con cui Matilde parla dei suoi ‘ruoli’, ma stupisce ancor di più scoprire che qualcuno di ruoli ne ha diversi. L’incontriamo nel retro del teatro Rasi, la sede vera dell’inferno, dove si susseguono i gironi e dove, sul portone, davanti, c’è scritto ‘Lasciate ogni speranza voi ch’entrate’. Qui si allenano i gruppi delle comparse ed è facile ritrovarsi tra Arpie, Erinni, diavoli, serpenti… qui incontriamo Paola Tassinari scrittrice di romanzi, poesie, favole, pittrice e blogger: “Non potevo non partecipare, svolgo vari ruoli, sono nel coro cittadino, nella scena del Flegetonte, nel lago Cocito, e ho fatto una volta anche il serpente. Il serpente, secondo Martinelli, fa pensare ai pazzi per questo indossiamo la camicia di forza; restiamo a ciondolare anche ad-

dosso al pubblico con le braccia legate, mentre ci contorciamo come fanno i serpenti quando si muovono. Accanto a Paola Tassinari c’è Rosetta Lavatura Berardi, arpia convinta, che ogni sera puntualmente aggredisce con urla paurose i poveri ottanta visitatori che hanno la brutta ventura di passarle davanti: “Ogni sera ci alleniamo nei movimenti del corpo e nella voce, dobbiamo essere in grado di divorare Pier delle Vigne”, e così dicendo aggiusta le lunghe maniche nere che simulano le ali delle arpie, le fastidiose e rivoltanti creature metà donna e metà uccello. Formano un coro importante, le arpie, ne fa parte anche Daniela Prantera. Già insegnante, è stata attratta dalla curiosità per questa chiamata cittadina. “È stato un modo per riuscire ad esprimermi ma anche per socializzare, quasi un corso terapeutico che mi sta facendo molto bene”. Anche la giovanissima Anna Fedrìga del Liceo Classico linguistico ha scelto di fare l’arpia attratta dalla particolarità del personaggio. E i diavoli? “Ce ne sono sempre tanti – spiega Marco Martinelli -, e cambiano periodicamente perché ne sono giunti da Roma, Matera, Milano, Lamezia Terme”. Ma ad attenderli c’è sempre il capo, colui che dirige il traffico infernale, Massimiliano Ras-

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PER L’ULTIMA SERATA, LA CITTÀ È STATA INVITATA A FORMARE IL CORO CITTADINO. È STATO UNO SPETTACOLO NELLO SPETTACOLO, UNA PARTECIPAZIONE ENTUSIASTA, CHE È STATA LA DIMOSTRAZIONE DI ORGOGLIO PER QUESTO INFERNO DANTESCO.

IN ALTO, MARCO ED ERMANNA MONTANARI ALL’INTERNO DEL CORO CITTADINO.

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su. Lui ha già una lunga esperienza di partecipazione al Teatro delle Albe e quindi è diventato il punto di riferimento per i diavoli che giungono da fuori sede. Tra le comparse ci sono anche ragazzi di colore appena arrivati che aspettano il loro turno per allenarsi: sono Ahmed Saka, nigeriano che non parla una parola d’italiano ma fa la comparsa tra i soldati che accolgono il pubblico all’ingresso dell’Inferno e si limitano a dire parole senza senso e versi intimidatori. È insieme a Sancinét Kante, appena arrivato dalla Guinea, anche lui interpreta il soldato minaccioso e sa esprimersi solo nella sua lingua. Saka vuole continuare anche dopo la fine dell’Inferno perché vuole fare l’attore qui in Italia. “Poeta, volentieri/parlerei a quei due che ‘nsieme vanno,/e paion sì al vento esser leggieri”. Era la curiosità di Dante ma anche la mia nel vedere giovani comparse che formano le coppie dei tanti Paolo e tante Francesche. “Sono Ma-

tilde Ricci, frequento il Liceo Scientifico mentre lei, Chiara Amadeo, proviene dall’Istituto Agrario: abbiamo partecipato al programma non–scuola quindi è venuta naturale, quasi come fine percorso, questa nostra partecipazione”. I Paoli stanno arrivando con passo lento: Francesco Matteucci, Thomas Alexander Casadio Malagola, entrambi del Liceo Scientifico. “L’esperienza ci piace tanto e pensiamo di continuare anche nelle prossime edizioni”. Si preparano provando con contorsioni del corpo perché devono simulare come vengono strappati e portati via dalla bufera infernale che mai s’arresta. Ogni sera, prima di iniziare lo spettacolo, Marco e Ermanna chiedono ai partecipanti di unirsi in circolo per effettuare il rito propiziatorio: vengono dette da loro due parole dal sapore arcaico che hanno lo scopo apotropaico e il coro, unito in un’unica catena, ripete con forza le frasi che porteranno alla buona riuscita dello spettacolo. Ecco la Ravenna che va in scena! Tutta la città è un palcoscenico, tutti i cittadini sono chiamati a ‘farsi luogo’, a farsi comunità. E per l’ultima serata, il 3 luglio, la città tutta è stata invitata a formare il coro cittadino ed è stato uno spettacolo nello spettacolo, una partecipazione entusiasta, affollatissima, che è stata la dimostrazione di orgoglio e gratitudine per questo Inferno dantesco, unica esperienza che sia mai stata fatta e che ha visto i cittadini veri protagonisti.


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GIOCARE

Beach

TENNIS IL PIONIERE È GIANDOMENICO BELLETTINI CHE INVENTA IL NOME, SCRIVE LE REGOLE TUTTORA VALIDE NEI TORNEI DI TUTTO IL MONDO E CREA LA SUA IFBT.

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di Roberta Bezzi / ph Massimo Fiorentini

Forse non tutti sanno che uno degli sport emergenti, che secondo i più ambizioni un giorno andrà alle Olimpiadi, è nato sulle lunghe e attrezzate spiagge di Marina di Ravenna. È il beachtennis, termine coniato dal pioniere Giandomenico Bellettini, che è praticato già nei primi anni Ottanta. Inizialmente era solo un divertente gioco da spiaggia, meglio noto come racchettone, perché si utilizzavano pesanti racchette in legno su campi di sabbia di nove metri per nove con la rete da pallavolo. Non esisteva un vero regolamento e neanche un circuito di tornei. Finché nel 1995, il ravennate Bellettini – incuriosito da questo passatempo che tanto piaceva ad amici e conoscenti per la sua semplicità – decide di scrivere il primo libro-guida Il beach-tennis in cui definisce tutta una serie di regole tuttora valide, fra cui il campo di otto metri per sedici, la rete a 170 cm di altezza, l’eliminazione del doppio vantaggio sul 40 pari com’è nel tennis. Parallelamente, apre un sito web Beachtennis.com che diventa in poco tempo un buon trampolino di lancio per la diffusione di questo sport e fonda

l’associazione sportiva Federazione Italiana Beach-Tennis (Ifbt) e successivamente l’omonima federazione mondiale che oggi conta circa settanta Paesi. Il beach-tennis si diffonde velocemente grazie anche alla spinta commerciale e presto, al posto dei racchettoni in legno di scarsa qualità, arrivano le racchette in graffite e poi quelle ancor più efficaci in carbonio. I primi campionati mondiali di beach-tennis – targati If bt – si svolgono tra Marina di Ravenna e Punta Marina, alternativamente nei vari stabilimenti balneari, così come lo storico trofeo Fiorellini che celebra quest’anno la ventitreesima edizione. “Tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio del Duemila è un vero e proprio boom – racconta Bellettini –. Il beach-tennis conquista tutti e l’interesse cresce sia in Italia sia all’estero, attirando inizialmente molti ex tennisti e poi atleti desiderosi di specializzarsi in questa disciplina. Durante i campionati mondiali, raggiungiamo presto numeri da sogno: circa 200 coppie, vale a dire 400 atleti provenienti da una ventina di nazioni, con un pubblico stimato di 3mila persone. Forte di questo successo, IN MAGAZINE

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IL BEACH-TENNIS È L’ORGOGLIO DELLE SPIAGGE DI MARINA DI RAVENNA. DOPO GLI ANNI D’ORO, I CAMPIONATI MONDIALI SONO EMIGRATI ALTROVE. MA NELL’ESTATE 2017, IL COMUNE E L’ASD RAVENNA SPORT HANNO PROMOSSO GLI INTERNAZIONALI AL MARINA BAY EXPERIENCE.

IN APERTURA, UNA PARTITA DEL TORNEO ITF 2017 A MARINA DI RAVENNA. IN ALTO, GIANDOMENICO BELLETTINI. A DESTRA, IL CAMPIONE ALEX MINGOZZI.

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la federazione decide di far diventare i mondiali un appuntamento annuale”. Sempre in quegli anni crescono gli eventi internazionali su tutte le spiagge del mondo e si costruiscono le prime strutture indoor (al chiuso) per consentire di praticare questo sport tutto l’anno. Attratta dal fenomeno, nel 2006 la Federazione Italiana Tennis (Fit) decide di entrare nell’organizzazione del beach-tennis e di fare un proprio circuito a livello nazionale. Un passaggio analogo avviene in molti altri Paesi, mentre a livello internazionale si fa capo all’International Tennis Federation (Itf), la stessa che stila le classifiche di Federer e Nadal per intenderci. Così, anche spinti dal desiderio di acquisire punteggi validi per i ranking nazionali e mondiali, gran parte dei giocatori professionisti passa gradualmente alla Fit. Un po’ ovunque nascono scuole di beach-tennis e si moltiplicano i tornei dei vari campionati. Paradossalmente però proprio a Marina di Ravenna, il

luogo in cui questo sport è nato, il clima si raffredda all’improvviso. Negli anni più duri della crisi economica, trovare sponsor per tornei importanti è sempre più difficile e la Ifbt di Bellettini – che continua il suo percorso in modo autonomo – trasloca i mondiali a Barcellona dove ha sede la Federazione Europea Beach-Tennis. “In Spagna è tutto più semplice – commenta Bellettini -, perché riesco ad avere ben cento camere d’albergo gratis per gli atleti, due uffici, i premi, i campi e le tribune per il pubblico. Grazie alla presenza di circa mille persone, fra atleti e accompagnatori, si crea un bell’indotto anche economico che resta nella città di Barcellona. Mi piacerebbe tanto poter ritornare a Ravenna, ma per il momento non ci sono le giuste condizioni”. I mondiali Itf si spostano invece a Cervia. Dopo diversi anni di assenza però, proprio quest’anno il Comune di Ravenna fa tornare a casa il beach-tennis. “Questo era uno dei nostri obiettivi di mandato – afferma l’assessore comunale allo Sport Roberto Fagnani –. E siamo riusciti subito a organizzare un torneo di livello, offrendo un sostegno economico di 10mila euro. L’obiettivo ora è di replicare l’evento ogni anno e di ingrandirlo anche con lo sforzo dei privati. Il beach-tennis è un orgoglio delle nostre spiagge, uno sport che abbiamo esportato nel mondo e che potrà in futuro rivelarsi anche fonte di turismo”. A organizzare lo scorso giugno gli Internazionali di Marina di Ra-


venna al Marina Bay Experience, un torneo Itf di grado G1, con montepremi di 10mila dollari, è stata l’Asd Ravenna Sports. A coordinare le relazioni tra la varie realtà, ci ha pensato l’avvocato Giovanni Crocetti Bernardi, specializzato in diritto sportivo e con una consolidata esperienza nella promozione di eventi. “Era significativo partire da questo sport con un torneo di buon livello – afferma –. E lo abbiamo fatto rivolgendoci a una federazione riconosciuta dal Coni, anche se qualsiasi realtà attiva nel settore è benvoluta per far crescere insieme il beach-tennis. Per tanti anni da ragazzino ho giocato a tennis a livello agonistico, per cui il passaggio al beach-tennis è stato naturale. Già a 10-11 anni avevo il racchettone di legno in mano come tanti miei coetanei d’altra parte. Da ex praticante, mi piace ora darmi da fare per tirar su una nuova generazione di sportivi”. Anche se lo sport è ormai diffuso nelle spiagge di tutto il mondo, da Aruba al Guadalupa, dal Marocco alle Canarie, dal Brasile

alla Francia, ma anche in Kazan, Giappone, Olanda, Russia, è inevitabile che i migliori atleti al mondo di beach-tennis siano romagnoli. Il più titolato di tutti i tempi è il ravennate Alex Mingozzi (36 anni), che dai 18 anni in poi non ha mai smesso di giocare. Grazie ad alcuni contratti con note aziende sportive, alla sua scuola a Porto Alegre in Brasile e ai tanti workshop in giro per il mondo, è tra i sei giocatori che riescono a vivere da professionisti. “Da qualche anno vivo fra Ravenna, in estate, e il Brasile – spiega il campione –, ma mi sposto di continuo nel corso dell’anno seguendo il calendario dei tornei. Il beach-tennis piace ovunque perché è facile e democratico. Noi ravennati non ci rendiamo conto della fortuna che ci è capitata: quando vado in Giappone, mi chiedono di Marina di Ravenna come se fosse un luogo mitico perché lì è nato questo sport. Credo che si dovrebbe al più presto mettere una statua o una targa che renda il giusto onore al beach-tennis”. Altri nomi da non dimenti-

SOLO SEI GIOCATORI AL MONDO RIESCONO A VIVERE DI PROFESSIONISMO. TRA QUESTI C’É IL RAVENNATE ALEX MINGOZZI CHE VANTA, IN DICIOTTO ANNI DI CARRIERA, OLTRE DUECENTO VITTORIE. I ROMAGNOLI SONO DOMINATORI DELLE CLASSIFICHE MONDIALI.

care? Sul fronte maschile, Matteo Marighella che con Mingozzi ha formato un duo indimenticabile, Michele Cappelletti (attuale numero uno al mondo), Luca Carli (secondo), Marco Garavini (terzo) e Alessandro Calbucci (settimo), tutti romagnoli. Fra le donne, le sorelle Alice e Serena Meloni e Rossana Pasi dal 1998 al 2008, Flaminia Daina (attuale numero uno), Giulia Gasparri (quarta), Federica Bacchetta (nona), Sofia Cimatti (sesta), tutte romagnole tranne Daina che è romana.

Vita da CAMPIONE Nel beach-tennis ha mosso i primi passi a 13 anni con gli amici di suo padre ed è stato amore a prima vista. Malgrado cinque infortuni non si è mai arreso e, in diciotto anni di carriera, vanta il record di tornei vinti: oltre duecento. Nel 1998 ha cominciato a giocare i primi tornei con buoni risultati e nel 1999 sono arrivati i primi risultati a livello italiano e internazionale. Ha conquistato vittorie in ogni angolo del mondo. Con il collega Marighella, con cui ha formato il duo M2, si è aggiudicato il primo posto in più di cento tornei italiani e internazionali tra il 2007 a il 2012. Sono stati campioni europei, italiani e americani. Dedica sempre le sue vittorie al fratello Gionata Mingozzi, ex giocatore professionista, scomparso nel 2008. IN MAGAZINE

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RISCOPRIRE

Il fascino dei

CAPANNETTI UNO SCRITTORE E ABITANTE DEL BORGO SAN ROCCO, STEFANO MAZZESI, PARLA IN MODO ROMANZATO DI QUESTI STRETTI VICOLI CHE, OGGI COME NEGLI ANNI CINQUANTA, DI NOTTE SEMBRANO SEMPRE GLI STESSI.

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di Stefano Mazzesi / ph Massimo Fiorentini

Sono tornato a vivere nel borgo San Rocco per caso, dopo quasi diciotto anni di assenza. Era il 2015 e proprio in quei giorni usciva il mio e-book Rosso e nero (Nero Press Edizioni), una storia ambientata nel borgo tra gli abitanti del borgo, tra quelli buoni e tra quelli cattivi. Che bizzarra coincidenza, ho pensato allora un po’ perplesso. Ma non avevo capito nulla, il caso non c’entrava. E infatti sono stato subito travolto dal desiderio di riappropriarmi dei vicoli, delle osterie che erano diventate case e di quelle che erano ancora osterie, della sede della polizia stradale di cui non si ricordava più nessuno. Dei silenzi nascosti dei Capannetti. Ho fatto lunghe passeggiate, di giorno ma soprattutto di notte, senza fretta e senza meta, senza pensare a nulla che non fosse già lì da un sacco di tempo. Aldo era abituato all’odore dei Capannetti – le fredde e umide casupole dei vicoli – e alle chiacchiere e alle bevute nelle osterie fetide e fumose. E a quelle facce dure come pietre. “Rosso e nero” racconta il borgo San Rocco negli ultimi giorni del 1953, giorni di attesa, di fiducia

nel futuro ma anche di miseria e brutti ricordi. Aldo è un poliziotto che ha fame di futuro, che insegue il suo sguardo e a volte non ama ciò che vede. Come il sangue in quel vicolo deserto: “Le case avevano porte e finestre sbarrate, nessuna luce filtrava all’esterno. La voce di un bambino, subito zittito, e poi basta. Da quelle parti l’ora della nanna arrivava molto presto. Per tutti”. Aldo ha visto il borgo trasformarsi. Non c’è più il mulino e i canali sono diventati piazzette, ma i Capannetti, quella zona di vicoli e brutte casupole costruite

spesso con i mattoni rubati alle mura della città, rappresenta ancora la frontiera: da lì in avanti c’è soltanto campagna. “L’insegna Gruppo Anarchico era scolorita, tanto che si leggeva a fatica, e anche tutto il resto dell’osteria non se la passava bene”. Gente di frontiera, anime libertarie, sovversive: “I carabignìr i dis ch’i n’à paura. E vujétar pulizàj?” Nel 1953 non c’è più l’osteria vicino al mulino, dove si ritrovavano i carbonari, e non c’è più neppure quella dove la setta degli AccoltelIN MAGAZINE

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latori organizzava le spedizioni. Ma per un uomo in divisa la situazione non è molto differente: “Dovete sapere che le persone si dividono in tre categorie: quelle per cui la divisa è sacra e chi la indossa non sbaglia mai, quelle che pensano il contrario e nella divisa vedono sempre un oppressore e quelle per cui la divisa è un

I CAPANNETTI, CON LE OSTERIE E L’ANTICA SEDE DELLA POLIZIA, FANNO DA CORNICE AL GIALLO “ROSSO E NERO” DI CUI È PROTAGONISTA IL COMMISSARIO DELLA POLIZIA STRADALE ALDO. OGGI AL POSTO DEL MULINO E DEI CANALI, CI SONO PIAZZETTE, CASE E BEI GIARDINI.

abito e noi siamo uomini come tutti gli altri. In genere queste categorie si equivalgono, ma per chi vive nei capannetti è diverso”. Lì ci sono i repubblicani, i comunisti, gli anarchici, i socialisti: hanno la memoria lunga, e quando si riuniscono nei loro circoli vogliono attorno persone fidate. Vogliono stare tranquilli. E Aldo 26

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è un poliziotto che fa domande e non ha paura di nessuno, che conosce tutti e sa come muoversi tra macerie, pregiudizi e silenzi. A Ravenna, anticamente, i poliziotti venivano buttati giù dalle mura e forse qualcuno vorrebbe farlo ancora. Ma questo non lo preoccupa: lui deve catturare un assassino. Uno del borgo. “Il 1954 iniziò con una gelida giornata di sole. La bora aveva spazzato via la nebbia e nell’aria c’era un odore nuovo. Qualcosa stava cambiando e Aldo se ne accorse prima ancora di uscire”. Adesso, nel 2017, è tutto diverso. I capannetti sono stati ristrutturati diventando stupende abitazioni e i vicoli vengono accuditi come bambini: ci sono piccoli giardini, deliziosi, invisibili dalla Ravegnana e spesso ignorati dagli stessi abitanti del borgo, che sembrano usciti da una fiaba. Però vi confesso una cosa: camminare di notte nei vicoli tortuosi che non portano da nessuna parte, vicoli bui, con le case che di colpo iniziano a muoversi e si avvicinano sempre di più, quasi intendessero stritolarti, beh… ma alla fine le cose cambiano per davvero? Sono tornato a vivere nel borgo San Rocco e non è stato per caso. Io sono uno del borgo.

IN APERTURA, LO SCRITTORE STEFANO MAZZESI. IN ALTO, UNO SCORCIO NOTTURNO DEI CAPANNETTI.


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NON-MOSAICO PAOLO RACAGNI CREDE NEL GIUSTO RAPPORTO FRA MOSAICO E ARCHITETTURA E NEL PREVALERE DELLA FUNZIONE RISPETTO AL DECORO. FA PARTE DI QUEI MOSAICISTI, UNICI AL MONDO, CAPACI DI ENTRARE NELL’OPERA DI ALTRI ARTISTI COGLIENDONE LO SPIRITO. di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara

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All’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna, Paolo Racagni ha avuto come maestri, tra gli altri, la mitica Isotta Fiorentini che gli ha insegnato a studiare, fornendogli un metodo, Sergio Cicognani ‘Cico’ e Ines Morigi che lo hanno avviato alla pratica del mosaico moderno. Poi, l’interesse per la pittura lo ha portato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove Saetti insegnava pittura, col quale si sentiva in sintonia perché utilizzava mosaico e pittura. In quegli anni di intensi fermenti ha avuto la possibilità di seguire grandi artisti tra cui Deluigi, Santomaso e, in particolare, il protagonista del Sessantotto veneziano Emilio Vedova che aveva la capacità di mettere in crisi tutto e tutti, premessa per acquisire una personale identità. Ritornato a Ravenna, attraverso la pratica del restauro si è confrontato con la grande tradizione musiva, con i padri nobili, ovvero la scuola bizantina, sia sul versante paleocristiano che risente della classicità greca e romana, sia su quello bizantino del VI secolo, propriamente ravennate, entrando in una di-

sciplina specifica che comporta un’attività manuale, comunque supportata da quelle conoscenze tecniche e scientifiche che vengono dalla scuola e dallo studio. Durante l’insegnamento all’Accademia ha usato spesso il termine non-mosaico in riferimento al mosaico moderno e contemporaneo, in quanto i modelli antichi servono per capire, poi devono essere abbandonati e quello che si salva è il linguaggio. Occorre cioè lavorare sulle copie per poi abbandonarle e liberarsene. Ritornava attuale la lezione di Vedova per il quale bisognava entrare nel linguaggio, distruggerlo e recuperare solo l’elemento basilare, e per il mosaico non poteva essere che la tessera, per poi costruire degli insiemi con l’uso della tecnica. Fin dagli esordi ha abbinato pittura e mosaico, in un momento dominato dall’Arte povera ha introdotto materiali che fino allora non erano usati, dal ferro ai vetri e al legno, per un’immagine forte dai toni dell’espressionismo. Pur praticando il mosaico da cavalletto, molto impegnati-

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DURANTE L’INSEGNAMENTO ALL’ACCADEMIA HA USATO SPESSO IL TERMINE “NONMOSAICO” IN RIFERIMENTO AL MOSAICO MODERNO E CONTEMPORANEO. OCCORRE LAVORARE SULLE COPIE PER POI ABBANDONARLE E LIBERARSENE.

vo ma riduttivo, è convinto che il mosaico sia nato e debba rimanere nell’architettura, facendone parte. Nei vari interventi a Ravenna – Cintura in Piazza Unità, Marea Nera a Casa Matteucci, Il Grande Saio ai Chiostri Francescani e L’Onda al Museo Archeologico di Classe – ha cercato il rapporto giusto con l’architettura che non deve essere soffocata dal mosaico come in Galla Placidia, ma neppure il mosaico sacrificato. 30

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Il mosaicista deve rendersi disponibile ai suggerimenti dell’architetto o del designer perché deve prevalere la funzione rispetto al decoro. Molti mosaicisti ravennati sono più artisti che artigiani, ma con la crisi delle scuole si rischia di perdere la componente creativa. Si è prodotto non solo una perdita per l’aspetto della formazione, più grave, con la proliferazione di corsi privati dove dopo una settimana ci si sente non artigiani ma artisti, si è generata una nonformazione. Racagni appartiene alla schiera dei mosaicisti ravennati che, unici al mondo, hanno una formazione artistica che consente loro anche di entrare nell’opera di altri artisti, cogliendone lo spirito e l’essenza poetica. Finché c’è stato Gruppo dei mosaicisti ciò è stato possibile, tanto che il mosaico è entrato alla Biennale di Venezia con Severini, ma i mosaici li aveva realizzati il ravennate Antonio Rocchi.

Una vita per L'ARTE Paolo Racagni è nato nel 1948 a Ravenna, dove tuttora vive e lavora. Ha insegnato mosaico, pittura, fotografia, teoria e tecnica di restauro del mosaico in diversi istituti di formazione pubblici e privati a Ravenna, Spilimbergo (Friuli), Paray- leMonial (Francia), Damasco (Siria), ed è stato vice-direttore e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Ha collaborato con il Gruppo Mosaicisti e l’Associazione Mosaicisti di Ravenna, i laboratori “Il Mosaico” di C. Signorini, di Luciana Notturni, P.R.P. di Paola Perpignani, e con la Fondazione Ravennantica. Ha realizzato interventi di restauro di mosaici parietali e pavimentali a Ravenna, Russi, Mozia e Marsala (TP), Galeata (FC), Aquileia (UD), Cervia, Damasco in Siria, San Paolo e Rio de Janeiro in Brasile e Iasos in Turchia.


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CLINICA DENTALE SANTA TERESA LA RIVOLUZIONE DEL 3D

ANCHE L’ODONTOIATRIA SEGUE I PROGRESSI DEL 3D E CLINICA DENTALE SANTA TERESA, CON IL SISTEMA INTEGRATO “CEREC-GALILEOS” PROMETTE UN SORRISO PERFETTO IN UN’UNICA SEDUTA.

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In un mondo che va sempre più verso il 3D, anche l’odontoiatria segue questa tendenza. Con un sistema di software e di attrezzature che dialogano in 3D, il risultato che si ottiene è un sorriso in un’unica seduta con il massimo della precisione e il minimo disagio per il paziente. Ci si lascia alle spalle, dunque, i metodi artigianali e le abilità del medico sono integrate con la programmazione e il controllo tipici dei processi industriali di precisione. Un’assoluta novità è rappresentata dal sistema integrato “CerecGalileos”, che permette di elaborare diagnosi in 3D, da un lato, e pianificare i trattamenti chirurgici e protesici dall’altro, partendo da un’impronta digitale e dalla Tac di ultima generazione: Tac Cone Beam. A parlarne è il Dottor Fabio Fusconi, odontoiatra esperto nell’applicazione di queste metodiche di ultima generazione della Clinica dentale Santa Teresa di Ravenna. Quale novità rappresenta il

sistema integrato “Cerec-Galileos”? “Consente di poter effettuare diagnosi in 3D e non più in 2D, grazie alla con Tac Cone Beam e all’impronta digitale, per poi adottare una terapia chirurgica computer-guidata che consente una precisione submillimetrica, che non è propria dell’uomo, ma solo delle macchine, e infine la fabbricazione, prima dell’intervento, di manufatti protesici biocompatibili. Con il sistema “Cerec-Galileos” oggi è possibile pianificare ognuna delle fasi in un sistema integrato che dialoga in 3D”. Può spiegare nei dettagli cosa avviene? “Nella prima fase diagnostica, le immagini tridimensionali della bocca del paziente, vengono rilevate sia con la Tac Cone Beam “Galileos” che con l’impronta digitale “Cerec”. Il Galileos, è un apparecchio radiografico CBCT (Cone Beam Computer Tomografy) di ultima generazione con tecnolo-

gia digitale, che permette di avere immagini in 3D volumetriche e con dosi radiologiche 70 volte meno di una Tac tradizionale. Il “Cerec” è composto sia da una telecamera per rilevare un’immagine in 3D della bocca del paziente, che da un software che l’odontoiatra utilizza per la progettazione in 3D dei denti. Successivamente i dati vengono inviati al fresatore “Cerec” ad alta precisione che estrae da un blocchetto di ceramica i denti finiti. Quindi non utilizziamo più le impronte tradizionali, che sono fastidiose per il paziente e otteniamo una precisione assoluta, una maggiore velocità di esecuzione, e un risultato estetico migliore, ma soprattutto un risultato biocompatibile eccellente perché non si adoperano più i metalli, talvolta causa di inestetismi. I manufatti protesici sono praticamente indistinguibili da quelli naturali”. Con questo nuovo metodo, cosa è possibile realizzare? “Corone, ponti, intarsi, ma


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UN’ASSOLUTA NOVITÀ È RAPPRESENTATA DAL SISTEMA INTEGRATO “CEREC-GALILEOS”, CHE PERMETTE DI ELABORARE DIAGNOSI IN 3D, DA UN LATO, E PIANIFICARE I TRATTAMENTI CHIRURGICI E PROTESICI DALL’ALTRO, PARTENDO DA UN’IMPRONTA DIGITALE E DALLA TAC DI ULTIMA GENERAZIONE.

possiamo anche migliorare il sorriso dei nostri pazienti con l’odontoiatria estetica delle faccette. Il professionista, sempre durante la fase diagnostica, utilizza il software 3D per ottenere tutte le informazioni necessarie riguardo i volumi, la qualità e la quantità dell’osso del paziente, informazioni fondamentali per la successiva fase chirurgica in cui vengono inseriti gli impianti dentali. L’odontoiatra implantologo, infatti, grazie al software di programmazione in 3D, progetta in modo virtuale la posizione degli impianti in bocca con una precisione e predicibilità di posizionamento che non è possibile se effettuato con il solo occhio umano del professionista. Il risultato della pianificazione chirurgica è un manufatto che si chiama mascherina chirurgica 3D, che in fase di intervento di implantologia viene posizionata in bocca al paziente. L’uso di questa metodica consente di ottenere due grandi vantaggi: il chirurgo non effettua né tagli e non mette punti di sutura, perché gli impianti dentali vengono messi con la tecnica “flapless”; si ottiene la massima precisione in termini di posizionamento degli impianti sia in senso verticale che di inclinazione e di profondità”. Che differenza c’è rispetto agli altri sistemi computer guidati? “Gli altri sistemi computer-

guidati non sono in grado di eseguire tutte le procedure in maniera digitale, ma si devono affidare in alcune fasi ancora all’artigianalità del laboratorio odontotecnico poiché il manufatto protesico è basato su modelli in gesso ricavati dalle impronte tradizionali prese sulla bocca del paziente”. La metodologia computerizzata riduce i tempi di trattamento implantologico? “Sì. Basti pensare che dopo una seduta di poco più di un’ora, nella quasi totalità dei casi viene montata al paziente la sua nuova protesi fissa sostenuta dagli impianti appena inseriti – la cosiddetta tecnica a carico immediato – dandogli la possibilità di non stare mai

senza denti e di tornare a una vita sociale fin da subito: sorride immediatamente!”. Un vero e proprio passaggio alla moderna odontoiatria… “Sì. Significa passare da operatori che usano tutta la loro abilità ed esperienza nelle fasi chirurgiche espletando interventi a mano libera, a operatori che – se assisti dal computer – eseguono l’intervento con la precisione submillimetrica. Un processo delicato e complesso che, se ben codificato, permette all’operatore di esprimere la sua esperienza non solo nella fase dell’intervento chirurgico, bensì, nelle fasi diagnostiche e durante la pianificazione pre-chirurgica del caso”.

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ROMAGNA HERMES RUSTICALI PARLA DEI BRILLANTI RISULTATI OTTENUTI DALLA TENUTA UCCELLINA DI RUSSI, IL CUI BURSÒN DELL’ANNATA 2011 È STATO VALUTATO 88/100 DALLA NOTA GUIDA GILBERT & GAILLARD.

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di Gianni Zampaglione / ph Gianni Zampaglione

C’è un angolo di Romagna, delimitato fra Bagnacavallo e i comuni a esso confinanti, che ha una storia molto particolare da raccontare, un vino autoctono da pochi anni in produzione e in commercio, il Bursòn. Detto uva Longanesi in virtù del fatto che fu Aldo Longanesi a trovare nel 1920 una vite che non aveva mai visto prima, il Bursòn viene prodotto in questi luoghi, per la caratteristica specifica delle terre argillose. Altre aziende vinicole dei territori collinari della Romagna hanno provato nel tempo a sperimentare la coltivazione dell’uva Longanesi, ma senza ottenere gli stessi risultati delle coltivazioni di pianura. Nel tempo quest’uva ha seguito un percorso che l’ha portata fino ai più recenti anni 1996/99, quando una serie di aziende vinicole hanno deciso di dare vita alla sperimentazione e produzione di questo vino, riunendosi nel Consorzio Il Bagnacavallo istituito nel 1999 al fine di valorizzare, tutelare e promuovere questo nobile vitigno. Il Consorzio ha istituito inoltre un preciso disciplinare, che i produttori sono tenuti a seguire minuziosamente, per poter ottenere

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il marchio Bursòn. Negli ultimi anni questo vino sta facendo molto parlare di sé, in ambito nazionale e internazionale, ottenendo moltissimi premi e riconoscimenti. La Tenuta Uccellina di Russi è una delle aziende vinicole che più si sta mettendo in evidenza nella produzione del Bursòn. Guidata dalla famiglia Rusticali, è il giovane figlio Hermes – che si occupa di promozione e marketing dei propri vini – a spiegare meglio la storia, lo sviluppo e le potenzialità del Bursòn. Quali sono le caratteristiche che rendono il Bursòn molto apprezzato in Italia e anche all’estero? “Si tratta di un vino rosso granato, molto consistente e tannico, mi verrebbe da dire sgarbato, che necessita di grande lavorazione e appassimento delle uve. Si presenta al palato con un bouquet di profumi molto intenso, che va dalle amarene ai frutti di bosco, spezie, vaniglia e note di tabacco. Come da disciplinare la sua gradazione non deve essere inferiore ai 14 gradi.” Le vendemmie degli ultimi dieci anni sono quelle che stanno dando grandi frutti, in termini di qualità e rico-

noscimenti. Un bel momento per voi produttori… “Sì, dopo anta fatica arrivano le gioie… Avevamo creduto fin dall’inizio che questa vite potesse dare un grande vino, e ora che si iniziano a intravedere risultati importanti è il momento di perseverare in questa produzione. Al concorso mondiale di Bruxelles, nel 2014, il nostro Consorzio era presente con dieci aziende che presentavano le proprie bottiglie della vendemmia 2008: per quanto ci riguarda, abbiamo ottenuto la Gran Medaglia d’oro con un punteggio di 92/100, altri due produttori hanno ottenuto la Medaglia d’oro con 89/100 e altri quattro le Medaglie d’argento, a conferma del gran lavoro fin qui svolto da tutti noi.” Quest’anno per voi è giunto un altro grande riconoscimento. Il Gilbert & Gaillard, una delle più importanti guide mondiali dei vini, con il punteggio di 88/100 ha definito il Bursòn vino di ottimo livello di cui è stata apprezzata la tipicità e la personalità... “Era la nostra grande scommessa. Presentarsi al Gilbert & Gaillard può essere un arma a doppio


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“SI PRESENTA AL PALATO CON UN BOUQUET DI PROFUMI MOLTO INTENSO, CHE VA DALLE AMARENE AI FRUTTI DI BOSCO, SPEZIE, VANIGLIA E NOTE DI TABACCO. COME DA DISCIPLINARE LA SUA GRADAZIONE NON DEVE ESSERE INFERIORE AI 14 GRADI.”

taglio, ci si deve arrivare con un prodotto di grande caratura per mettersi in risalto e non correre il rischio di ottenere un punteggio basso, di conseguenza una sorta di bocciatura. Noi avevamo grande fiducia che l’annata 2011 del nostro Bursòn avesse le qualità per ottenere un buon punteggio. Loro non conoscevano questo vino, ed è stata una bella scoperta. Il punteggio di 88/100 credo sia stato molto sincero, in virtù

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del fatto che fosse un prodotto sconosciuto. Questo ci spingerà a migliorare la nostra produzione e ripresentarci con un’altra annata di migliore caratura, con la speranza di entrare nell’élite dei grandi vini, con un punteggio superiore a 90/100.” Gli addetti ai lavori indicano ormai da tempo il Bursòn come antagonista dei grandi vini nazionali, Amarone su tutti, ma anche il Brunello e il Primitivo. È un confronto importante? “Sì, ma molto reale, che gratifica sicuramente il nostro Consorzio e i suoi produttori. Il Bursòn come i grandi vini italiani, più rimane a invecchiare in bottiglia e più migliora. In fatto di qualità è certamente all’altezza del confronto, purtroppo però non viene prodotto in grandi quantità. Continuando su questo percorso e creando una buona immagine dietro a questo vino, fra qualche anno potremo essere definitivamente all’altezza di questi grandi vini nazionali.”

QUI SOTTO, LA FAMIGLIA RUSTICALI PROPRIETARIA DELL’AZIENDA LA TENUTA UCCELLINA DI RUSSI, CHE PRODUCE IL BURSÒN DI ROMAGNA.


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COLAS VIGILANZA LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO

SOLUZIONI PER LA SICUREZZA CENTRALE OPERATIVA H24/365 TELE-ALLARME, VIDEO SORVEGLIANZA A DISTANZA ISPEZIONI NOTTURNE E DIURNE

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Per difendersi contro i furti, la prevenzione è la strada migliore. Per questo motivo è importante investire non solo in sistemi di allarme e di videosorveglianza efficienti, ma anche affidarsi a chi può gestirli con professionalità e continuità. Gli istituti di vigilanza privata garantiscono la sicurezza sussidiaria in collaborazione con le forze dell’ordine. Per tutelare in modo concreto dal rischio dei furti i propri beni, è ormai indispensabile affidarsi a professionisti seri e preparati. Colas Vigilanza da oltre 30 anni è presente su tutta la Provincia di Ravenna e ForlìCesena, fornendo ai propri clienti servizi di vigilanza idonei a coprire il ventaglio di tutte le esigenze di sicurezza: presidio, portierato, ispezioni notturne e diurne, tele-video sorveglianza e tele-allarme con pronto intervento. L’affidabilità e l’efficienza di Colas Vigilanza sono testimoniate, oltre che dalle certificazione di qualità UNI EN ISO

9001:2008, UNI 10891:2000, soprattutto dagli oltre 2500 clienti che hanno scelto i suoi servizi. Le tecnologie attuali consentono alla Centrale Operativa della Colas Vigilanza di monitorare in tempo reale gli impianti d’allarme del cliente, garantendo un servizio h24/365 per la gestione delle segnalazioni ricevute. In particolare, negli ultimi anni, lo sviluppo dei sistemi di video sorveglianza a distanza ha consentito un notevole incre-

mento del livello di sicurezza dei clienti, consentendo una verifica immediata dei beni da tutelare ed una più efficiente e corretta gestione delle segnalazioni d’allarme ricevute. Sfruttare le nuove tecnologie informatiche e di trasmissione dati è sicuramente la soluzione vincente per contrastare la criminalità ed aumentare le proprie difese. Colas Vigilanza, non un semplice fornitore di servizi, ma un partner affidabile al servizio della sicurezza del cliente.

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VIAGGIARE

La via

DEL SALE A CERVIA, SULLE TRACCE DELL’ORO BIANCO DI ROMAGNA, LE TAPPE D’OBBLIGO SONO LA RISERVA NATURALE DELLA SALINA E IL MUSA. di Erika Baldini


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Avocette e Cavalieri d’Italia, piccoli trampolieri, le ardeidi, come la Garzetta, l’Airone cenerino, le anatidi con l’impetuoso Germano reale e, naturalmente, i gabbiani. E poi gli ospiti più popolari: alcune centinaia di fenicotteri, ghiottissimi di Artemia salina, un piccolo crostaceo rossastro, anello fondamentale della catena alimentare delle acque salmastre. Sono tantissime le specie di uccelli che trovano in questa zona le condizioni migliori per vivere e nidificare, un’area da sogno per l’escursionismo e il birdwatching. Se si potesse osservare dall’alto – come a volo d’uccello – questa

IL CENTRO VISITE È IL LUOGO DI PARTENZA PER ESCURSIONI GUIDATE ALL’INTERNO DELL’OASI DI CERVIA. LA SALINA CAMILLONE È L’UNICA RIMASTA IN VITA FRA LE 150 A RACCONTA ARTIGIANALE DEL SALE SECONDO UN ANTICO PROCESSO DI RACCOLTA MULTIPLA.

IN APERTURA E QUI A DESTRA, ALCUNI SCORCI DELLA RISERVA NATURALE DELLE SALINE. IN ALTO A DESTRA, LA RACCOLTA DEL SALE.

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parte del litorale romagnolo, si vedrebbe una distesa di terra e acqua, una superficie di 827 ettari solcata dal vento e battuta dal sole, circondata da un complesso sistema di canali che si snoda lungo 46 km. È l’oasi della Salina di Cervia, situata a circa 1.600 metri dalla costa. Porta Sud per l’accesso al Parco Regionale del Delta del Po, dal 1979 la Salina è Riserva Naturale dello Stato, riconosciuta dalla Convenzione di Ramsar come Zona Umida di importanza internazionale per il suo elevato valore naturalistico. Quella di Cervia è la salina più a nord d’Italia, un ecosistema unico – incredibilmente interessante dal punto di vista paesaggistico e della biodiversità – che non ha paragoni nel territorio dell’Alto Adriatico. L’accorta opera dell’uomo ha saputo mantenere intatto quest’habitat così particolare, dove la vita sboccia in condizioni estreme, un trionfale matrimonio tra natura e cultura. In Salina non è possibile accedere autonomamente, ma solo accompagnati. Il Centro Visite è il luogo di partenza per escursioni guidate all’interno dell’oasi: aperto solitamente

da marzo a novembre, il Centro propone passeggiate a piedi, in bici o in barca elettrica, sviluppando un percorso conoscitivo che consente di approfondire sia le tematiche strettamente naturalistiche (oggi il centro è uno dei più importanti osservatori il censimento delle migrazioni aviarie lungo la direttrice adriatica), sia le tematiche storiche e culturali legate alla produzione del sale. All’interno della riserva si trova la Salina Camillone, utilizzata tutt’ora per la raccolta artigianale del sale attraverso un antico processo di raccolta multipla che avviene alternando i bacini. La Camillone è l’unica salina rimasta in vita delle circa 150 a raccolta artigianale cancellate con l’avvento della lavorazione industriale negli anni ‘50. Attiva grazie al volontariato svolto dal Gruppo Culturale Civiltà Salinara, l’insediamento produce annualmente circa mille quintali di sale di elevatissima qualità. Vie-


ne inoltre utilizzata per finalità didattiche. La Salina è infatti parte integrante e sezione all’aperto del MUSA, il Museo del Sale cittadino. Proprio dal museo si può partire per un viaggio alla scoperta di questa preziosa risorsa. La storia di Cervia è profondamente legata al sale: il toponimo Cervia deriva dal latino acervus (cumulo) e indicava i numerosi mucchi di sale presenti nella zona. Già in epoca romana la produzione salina era prosperosa, una notevole risorsa per il territorio e la sussistenza della sua popolazione. Sostanza fondamentale per l’organismo umano ma anche elemento base nella conservazione dei cibi, l’oro bianco era strumento di scambio e commercio. Cervia fu fondata da pescatori e salinari. Questo incredibile patrimonio storico, unito alle bellezze naturali e alla celebre ospitalità romagnola fanno di Cervia una delle mete turistiche più gettonate. Il Museo del Sale nasce dalla passione e dalla volontà di non disperdere un patrimonio culturale importantissimo, e perché no, per favorire il turismo. È Agostino Finchi, ex salinaro, che nella seconda metà degli anni ‘80 si adopera insieme a un gruppo di appassionati (nel 1989 fonderanno il Gruppo Culturale Civiltà Salinara) per il recupero del materiale collegato alla storia della locale salina: attrezzi, foto, documenti. Con il materiale raccolto viene allestita una mostra permanente a Cervia. Inaugurato con una veste rinnovata nel 2004 e posto stabilmente all’interno del Magazzino del sale “Torre”, MUSA fa parte del sistema museale della provincia di Ravenna ed è riconosciuto Museo etnografico di Qualità della Regione Emilia-Romagna. È fresca la notizia che l’autorevole rivista mensile dedicata al mondo dell’arte pubblicata dalla torinese Allemandi, Il Giornale dell’Arte, rendendo nota l’annuale classifica dei musei più visitati nel mondo e in Italia, abbia segnalato come il MUSA (in base ai dati 2016) appaia per

numero di visitatori tra i primi 100 d’Italia – più precisamente al 70° posto – nonché più volte citato nella classifica delle mostre italiane con maggiore affluenza media giornaliera. La mission del museo, che è anche al primo posto in regione per numero di visitatori, è la tutela, la conservazione e la valorizzazione di oggetti, immagini e documenti testimoni della civiltà del sale. Il percorso museale viene definito a petalo. Nel primo petalo, dedicato all’archeologia, ci sono riferimenti ai più importanti ritrovamenti avvenuti sul territorio, quali la scoperta della nave di epoca altomedievale ritrovata in una cava di Savio nel ‘56. Il secondo racconta il mito di Ficocle, da Cervia vecchia alla città nuova. Il terzo, dedicato alla terra, espone lo sviluppo agricolo su un terreno bonificato nei primi del 1900. Il quarto testimonia il legame di Cervia con il mare, inizialmente solo via di commercio del sale poi attrattiva turistica. Il museo lavora continuamente per aggiungere tutti i target di pubblico, da qui l’importanza e la cura data alle attività didattiche, alla collaborazione con la scuola e agli eventi speciali.

Il sale DOLCE Presidio Slow Food dal 2004, il sale di Cervia è definito dolce perché privo del retrogusto amaro tipico dei sali. Una speciale combinazione tra clima e lavorazione fa sì che siano presenti in minima traccia i sedimenti acri dovuti alla presenza di altri cloruri (oltre a quello di sodio), lasciando così al prezioso prodotto tipico un gusto delicato, particolarmente gradevole. Il sale è un elemento molto utilizzato in cucina e in cosmesi. Efficace rimedio sia a uso interno che a uso esterno, è in grado di regalare numerosi benefici al corpo: è fondamentale per sviluppare le attività fisiologiche e vitali come la trasmissione neurologica, la regolazione della pressione sanguigna e lo scambio dei liquidi, è utile per contrastare la cellulite, gli edemi, per rassodare la pelle, per combattere la bronchite e per depurare e disintossicare i tessuti attraverso impacchi, bagni e bendaggi. All’inizio del secolo scorso i salinari avevano già scoperto e sperimentato le proprietà terapeutiche dei fanghi di salina e delle acque madri che sono oggi alla base dei trattamenti effettuati alle Terme di Cervia. IN MAGAZINE

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CLASSENSIS LA MAGIA DI MANGIAR BENE E SOGGIORNARE

DAL 2014, LA FAMIGLIA ZAULI GESTISCE UNA STRUTTURA, RIPORTATA ALL’ANTICO SPLENDORE, CHE COMPRENDE UN HOTEL, UN RISTORANTE E UNA PIZZERIA, AL FIANCO DELLA BASILICA DI SANT’APOLLINARE IN CLASSE E CIRCONDATA DA UN MERAVIGLIOSO PARCO.

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C’è un luogo magico a Ravenna, forse più conosciuto dai turisti che non dagli stessi residenti: l’hotel, ristorante e pizzeria Classensis. Per la collocazione al fianco della basilica di Sant’Apollinare in Classe e per il meraviglioso parco verde che lo circonda. L’intera struttura è stata rilevata, il 12 aprile 2014, dalla famiglia Zauli che – dopo un’accurata ristrutturazione – ha riportato i locali all’antico splendore. Una scelta coraggiosa, considerando i precedenti due anni di chiusura, che ha ripagato i tanti sacrifici dei titolari che sono riusciti, sin da subito, a lavorare a pieno regime tutto l’anno. Al piano terra si trovano il bar, il ristorante e la reception dell’albergo. Entrando si resta subito colpiti dall’ampia zona di accoglienza, con a destra l’immenso bancone del bar e a sinistra la reception. Da qui

si accede anche al ristorantepizzeria, vero e proprio fiore all’occhiello, aperto al pubblico tutti i giorni sia per pranzo che per cena. La clientela è accolta con calore, grazie al personale attento e cordiale, ma anche in virtù di un ambiente reso intimo e familiare da arredi e decori scelti con cura. La sala ristorante ha un’eleganza sobria, con le sedie in legno bianche, le tovaglie ‘panna e cioccolato’, le pareti di color giallo pastello decorate con greche in oro. Si fanno notare le gigantografie di alcuni famosi mosaici, fra cui la beata Daria, scelta fra dodici che si trovano all’interno della basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Alla sessantina di posti a sedere interni si aggiunge la settantina di quelli all’esterno, nell’ampio porticato con piacevolissima vista parco. «Pro-

poniamo un menù di mare e di terra attento alla tradizione e alla selezione delle materie prime – spiega lo chef Beppe con esperienza venticinquennale nel settore -. Per i piatti del giorno non mancano mai proposte legate alla stagionalità dei prodotti con variazioni ogni mese e mezzo, ma teniamo fisse alcune proposte tipiche romagnole sempre molto apprezzate dalla nostra clientela, quali i capelletti, la tagliata e il misto di carne alla griglia. Mi occupo personalmente della spesa, rivolgendomi per la carne a macellai di fiducia e per il pesce da fornitori a Cesenatico o Marina di Ravenna, prediligendo solo il pescato dell’Adriatico». Tra le specialità, da segnalare gli ottimi primi con la sfoglia sempre rigorosamente fatta in casa, spaziando dai cappelletti agli strozzapreti, proposti


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LO CHEF BEPPE PROPONE UNA CARTA DI PIATTI DI TERRA E DI MARE, CON CARNI ROMAGNOLE SELEZIONATE E PESCE DELL’ADRIATICO. I PASSATELLI SONO LA SUA SPECIALITÀ, IN VARIANTI CLASSICHE E INNOVATIVE. RICCA CANTINETTA DI VINI E PRODOTTI DEL TERRITORIO, PER LA GIOIA DEI VISITATORI.

sia in una versione più classica, sia in varianti più innovative. “Sempre molto apprezzati – afferma lo chef Beppe – sono gli strozzapreti con al guanciale di Mora e scalogno stufato, ma anche tutte le mille varianti di passatelli. Ho una vera e propria passione per questo piatto romagnolo così ricco di sapore benché preparato con ingredienti poveri. I passatelli sono un mio biglietto da visita e mi diverto a prepararli anche con crema di gorgonzola, fonduta di parmigiano, allo scoglio. I turisti, sia stranieri che italiani, amano molto farsi consigliare e scoprire piatti del posto. Sempre molto richiesti sono anche i taglieri con una selezione di salumi top, fra cui salame romagnolo, strologhino e culatello. Mentre tra i dolci, vanno molto bene il salame di cioccolato con mascarpone, la millefoglie o il tortino di mele con gelato alla pesca”. Un altro nostro punto di forza sono i vini raccolti in una attrezzata cantinetta, ricavata in un’ala comoda e appartata, vicina alla sala ristorante e all’ingresso. Su solide mensole in legno, realizzate con il contributo della gente di Classe, sono in bella mostra tante bottiglie di vino che nell’80 per cento dei casi

sono del territorio. Dato che non esiste una vera e propria carta vini, il cliente che desidera bere un rosso o un bianco, viene invitato a sceglierlo direttamente nella cantinetta, in modo da avere una idea della provenienza e del prezzo. E questo è anche il posto giusto, per i turisti, di acquistare un piccolo ricordo del territorio, con una selezione accurata di prodotti fra cui spiccano il Sale di Cervia, il Nocino e le Noci di Romagna, e altre leccornie. Nel complesso, un ristorante – con annessa pizzeria con forno a legna – molto apprezzato da tutti, coppie così come famiglie, turisti così come ravennati, e

anche sportivi, in virtù anche di sponsorizzazione con il basket maschile, la pallavolo femminile e il calcio. Classensis è anche un albergo, tra i più suggestivi del Ravennate, comodo da raggiungere per chi arriva con l’auto o il pullman, per visitare la città d’arte o Mirabilandia e la riviera. Le camere sono tutte arredate in modo classico, con mobili in legno, tappezzeria blu, pareti bianche e azzurre e dotate di ogni comfort. Sono una perla le due suite matrimoniali, con salottino dotato di divano e pouf azzurri, e un romantico letto a baldacchino in legno bianco, con veli e cuscini. L’ideale anche per i week-end delle coppie.

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SURFARE

Come la

CALIFORNIA SUL MARE ADRIATICO SI PUÒ SURFARE TUTTO L’ANNO, PURCHÉ MUNITI DELLE ATTREZZATURE ADEGUATE. PER I PRINCIPIANTI, A MARINA DI RAVENNA, È CONSIGLIATA UNA ZONA PIÙ RIPARATA COME LA DIGA.

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Un po’ tutti siamo cresciuti con lo stereotipo del surfista alla Un mercoledì da leoni o alla Point Break. Anche se qui in Romagna non abbiamo i metri e metri d’onda o le barre chilometriche della California… Ma praticare il surf è comunque possibile, se si ha passione per il mare e la naura, oltre a tanta pazienza. Quest’ultima è quanto mai necessaria perché bisogna aspettare la prossima mareggiata, il giusto cambio di vento, la cosiddetta scaduta. Essere surfisti è impegnativo ma anche molto divertente. Prima di tutto è necessario conoscere il vento e sapere che, per esempio, lo scirocco, è un vento caldo da sud-est che produce onde con ottima surfabilità; il levante viene da est, è freddo e origina una bassa qualità delle onde; la bora, è vento molto freddo che spesso non produce buone onde, ma se soffia con la corretta inclinazione può produrre ottimi picchi. Un vantaggio del nostro territorio è che si può surfare tutto l’anno, l’importante è premunirsi di attrezzature adeguate come muta, guanti e calzari, e non badare a spese, perché in mare nessuno è mai morto di caldo! Un consiglio da tenere sempre a mente è di guar-

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di Serena Onofri / ph Serena Onofri

dare il mare, di imparare a leggere il moto ondoso, e di consultare il meteo. Con una buona probabilità di certezza, conoscendo bene venti, correnti e fondali, si potrebbe trovare l’onda giusta anche nel Mar Adriatico. A Ravenna alcuni dei pionieri di questo meraviglioso sport sono stati i fratelli Gerbella e i fratelli Barbadoro, Tazzari, Baroncelli, Guardigli e Manca che, negli anni Ottanta, coraggiosamente affrontavano il mare anche durante i mesi più freddi dell’anno, muniti di mute da sub due pezzi, guanti da cucina e tanta passione unita a buona volontà. Quali suggerimenti per i neofiti che si approcciano a questo sport? “Occorre essere in buona forma fisica

– afferma Federico Fileti, surfista e bagnino di salvataggio – e, ovviamente, saper nuotare soprattutto con mare mosso. Per le prime uscite è inoltre necessario essere prudenti e scegliere condizioni meteo non troppo sfavorevoli e posti considerati adatti a principianti come la nostra diga”. Quali tavole sono indicate per chi vuole iniziare? “Un long o comunque una tavola voluminosa non sotto i 7,6 piedi – aggiunge Fileti -. Poi ovviamente dipende anche dal peso e dalle condizioni atletiche della singola persona. Aggiungo che remare con acqua piatta è consigliato perché aumenta la conoscenza della tavola e del suo comportamento.”


INCONTRARE

Libri

IN SPIAGGIA NATA NEL 1993 PER PORTARE LA CULTURA SOTTO L’OMBRELLONE, LA RASSEGNA CERVIA, LA SPIAGGIA AMA IL LIBRO CELEBRA UN TRAGUARDO IMPORTANTE CON TANTI OSPITI E INCONTRI PER TURISTI E CITTADINI.

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Profumi di casa mia IN RIVIERA

In questa edizione era presente Mariavittoria Andrini (nella foto) che, nell’ambito di un coinvolgente show cooking live, ha offerto un saggio di alcune ricette del suo libro “Profumi di casa mia”, edito da Edizioni IN Magazine.

di Roberta Bezzi

Quella di quest’anno è stata un’edizione speciale di Cervia, la spiaggia ama il libro, una delle principali manifestazioni turistico-culturali della riviera romagnola. La venticinquesima per la precisione, visto che l’esordio risale al 1993 quando – con una felice intuizione – si pensò di far incontrare turismo e cultura in spiaggia. “Prima di allora – ricorda Terenzio Medri, presidente Ascom Cervia –, il 15 agosto la spiaggia era un campo di battaglia, dove le bande di ga-

vettone selvaggio si scontravano incuranti della presenza di turisti. Alla fine della battaglia i combattenti erano dei veri mostri imbrattati di fanghiglia da capo a piedi. Ci sentimmo chiamati in causa a difendere la qualità della vacanza e pensammo di impegnare la spiaggia con un’iniziativa di segno opposto. In tale contesto ha esordito Cervia, la spiaggia ama il libro con lo slogan meglio leggere un libro sotto l’ombrellone che fare il gavettone. Un esordio dapprima ferragostano, un incontro con gli scrittori sulla spiaggia davanti al Grand Hotel di Cervia, da cui poi ha avuto origine una vera e propria manifestazione. Abbiamo puntato sulla cultura contro gli stereotipi del successo legato unicamente al divertimento sfrenato, toccando con mano che la cultura è possibile anche sotto l’ombrellone. Una sfida vinta”. Da allora, Cervia, la spiaggia ama il libro non si è più fermata, diventando modello e fonte di ispirazione per tanti altri eventi simili. Al riguardo i numeri sono significativi: circa 790 incontri, 47 itinerari letterali, oltre 650mila presenze a livello di pubblico, 80 stabilimenti balneari aderenti, 300 alberghi coinvolti,

354mila libri in omaggio nelle camere d’albergo. “Agli incontri diurni e serali – spiega Cesare Brusi, direttore Confcommercio Ascom Cervia –, si sono aggiunte nel tempo diverse iniziative come la Cena con l’autore, la presentazione di un libro di gastronomia in un ristorante con cena a tema, La spiaggia incontra i bambini, gli incontri per i più piccoli con animazione e gare, La spiaggia incontra la Romagna, le giornate dedicate all’entroterra romagnolo e alle sue produzioni tipiche, Gli itinerari letterari, veri e propri percorsi-spettacolo nel territorio della provincia di Ravenna con una tappa nelle dimore storiche di grandi letterari e artisti del passato”. Per celebrare degnamente la ricorrenza, la 25esima edizione, è stata ancora più grande, viva, ricca di incontri ed eventi speciali. Tanti gli autori illustri e celebri, del panorama letterario e giornalistico, che hanno deciso di essere presenti, parlando di romanzi, saggistica, benessere, cultura, cucina, musica, sport, fatti di attualità, ma anche comicità e tradizione della Romagna. In calendario, anche due incontri in omaggio a Grazia Deledda. IN MAGAZINE

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ABITARE

Casa con

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IL MERAVIGLIOSO AFFACCIO SULLA CUPOLA DELLA BASILICA DI SAN VITALE CHE SI GODE DAL PIANO ATTICO, È IL PUNTO DI FORZA DI UN’ABITAZIONE NEL CUORE DI RAVENNA, IN CUI VIVE UNA COPPIA DI MEDICI. di Linda Antonellini/ ph Massimo Fiorentini

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Un piccolo gioiello nel cuore di Ravenna con vista mozzafiato sulla cupola della basilica di San Vitale. Il ben noto capolavoro dell’arte paleocristiana e bizantina è protagonista assoluto del panorama che si ammira dalle finestre della zona attico. Ne va molto orgoglioso il proprietario, un medico specializzato in Ortopedia e Traumatologia originario di Firenze che qui abita con la moglie ravennate, anch’essa medicochirurgo, insieme al figlio che ha appena intrapreso una carriera all’estero. Lo ha acquistato negli anni Novanta, quando ha lasciato il capoluogo toscano perché innamoratosi di questo pregiato immobile, al tempo comperato ancora al grezzo, in modo da avere il privilegio di personalizzarlo. I padroni di casa hanno dimostrato una lodevole cultura artistica, in quanto estimatori dell’antiquariato e appassionati di quadri prevalentemente moderni. Il risultato d’insieme è un felice connubio di antico e contemporaneo, sapientemente armonizzato nell’accostamento cromatico e nella scelta dei mate-

riali di finitura. Poltroncine francesi anni ‘50 a forma di imbarcazione, realizzate in cuoio da un artigiano di Forlì, dialogano con il tavolino in Plexiglass di Callegari, ma anche con alcune stampe antiche, una Consolle del 1600 proveniente della nonna urbinate e con una sedia stile Thonet, inventore del legno curvato a vapore nel 1930. Fondamentale è stato il contributo dell’arredatore Massimo Silei di Selezione Arredamenti, in via Antica Zecca 23. Il suo ‘tocco’ è evidente nel salotto con divani in tessuto vegetale-cocco e pelle e nel tavolino tondo in ferro, vetro e rattan bordeaux. Su disegno del cugino del proprietario, sono stati invece realizzati la libreria a due falde, il mobile su misura nella parete mansardata e le colonne, a opera dell’architetto Luigi Bandini Buti, premio Compasso d’Oro ADI. Non si possono inoltre tralasciare gli aspetti architettonici di questa abitazione: le grandi travi antiche al soffitto ben si sposano con il pavimento in cotto del 1600 dell’ingresso IN MAGAZINE

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e con il parquet in Afrormosia, un’essenza esotica ricavata da una pianta molto preziosa e rara, che si trova in Congo, Ghana e Camerun. E ancora, sempre di concezione Antonelliana, sono i due pilastri in stucco veneziano color porpora che incorniciano una grande porta piemontese a doppia anta, in noce di fine 700, dietro la quale si cela un piccolo corner da sommelier, essendo i proprietari anche frequentatori Slow Food ed esperti di vini. Degna di nota è anche la storia del palazzo nella cui facciata – una lapide – ricorda l’omicidio del Cardinale Alidosi di Castel del Rio per mano del duca d’Urbino,

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il 23 magio 1511, mentre si stava recando dal Papa Giulio II. La famiglia Cavalli, tra le più nobili di Romagna (qui attestata sin dal 1227), acquisì il palazzo dal conte Vincenzo Cappi nel 1806. In precedenza, lo stabile era stato dei Dal Corno e prima ancora dei Mula, entrambe famiglie estinte. Per lungo tempo palazzo Cavalli fu sede di sfarzosi ricevimenti per la più alta nobiltà ravennate, e non solo: alla festa del Carnevale del 1820 partecipò anche George Byron, da poco giunto a Ravenna, in compagnia dell’amante Teresa Guiccioli. Tra i molti ospiti illustri del palazzo, una targa commemora

IN APERTURA, LA MERAVIGLIOSA VISTA SULLA CUPOLA DI SAN VITALE. QUI SOTTO, LA LIBRERIA A DUE FALDE IN MANSARDA E, A DESTRA, IL SALOTTO CON QUADRI E COLLEZIONI VARIE.


l’ospitalità offerta a Leopardi da parte del marchese Antonio Cavalli (1795-1873) nell’agosto del 1826. Oggi, a seguito dell’accurato restauro avvenuto vent’anni fa, il palazzo è stato suddiviso in una decina di unità abitative ciascuna personalizzata sul gusto dei proprietari. La padrona di casa si è divertita per esempio ad accostare in modo audace quadri contemporanei a oggetti che rappresentano tradizioni rinnovate fra cui le collezioni brocche e boccali del 1954, in fine porcellana inglese e ancora, mini cannoni da fuochi d’artificio per feste, in bronzo del 1500. Disposti sulle librerie e in varie nicchie sia Vetri Venini di Murano che vasi in ceramica da farmacia, e ancora libri d’arte, storia e medicina, collezione di argenti e due teste in ceramica di Caltagirone, la cui storia risaliva all’ anno 1100, periodo della dominazione dei mori in Sicilia. Oltre alle raffinate Ceramiche della Manifattura Cantagalli provenienti da un’antica famiglia di maiolicari fiorentini di fine XVI° secolo, originalissime sono anche le ceramiche della faentina Mirta Morigi: superfici scabre lucide e colorate che rappresentano un ampio bestiario dai camaleonti ai geki, dalle rane alle lucertole fino ai draghi e alle civette. In Juggenstile invece il tavolo della zona giorno , che rispecchia le caratteristiche tipiche del movimento artistico sorto in Germania alla fine dell’Ottocento. Altri elementi d’arredo invece rispecchiano maggiormente lo stile Biedermeier in voga nella zona Austro-Ungarica e Germanica tra il 1815 ed il 1848. Procacciatori di tali pezzi d’antiquariato, sono stati i coniugi Volpini, molto conosciuti a Bologna per il loro pregiato negozio d’antiquariato in galleria D’Azeglio. Fra i mobili menzionati: un Luigi XVI in ciliegio, restaurato dall’abilissimo restauratore Cantori con borchie in ottone stampato, un Cassettone del 1700 in noce, una Cassapanca menzionata sul libro 1000

mobili in Emilia, l’ultima prima dell’avvento cassettoni e canterani, intarsiata in acero, noce; un Direttorio neoclassico a forma di comò e un Mobiletto inglese porta libri dell’ 800 con ruote e ancora nella camera matrimoniale un pregevole Settimanale in stile Impero. La toilette torna invece allo stile più moderno, sfoggiando un cangiante rivestimento in tessere di mosaico di vetro Bisazza a effetto bagnato, accessori in acciaio lucido a profili squadrati e un lavabo a vaso in ceramica con basamento da terra. Nello studio, da ammirare è un quadro Bruno Ceccobelli che nelle sue opere riscopre il linguaggio della poetica su tela e cerca di trasmettere un messaggio al di là di ogni movimento artistico, alla ricerca di un equilibrio interiore e di un dialogo spirituale tra il pittore e le sue creazioni, mentre paesaggi urbani, dimensioni malinconiche e personaggi fumosi sono alcuni degli elementi che caratterizzano l’immaginario figurativo di Alberto Zamboni (Bologna, 1971) il cui quadro qui esposto rappresenta suggestioni sospese, dai contorni nebbiosi. Nella pareti fra zona giorno e zona notte, oltre a Mafai e agli intonaci materici del mosaicista Cicognani, altri interessan-

UN SUGGESTIVO VIAGGIO FRA L’ECLETTISMO CONTEMPORANEO E LA RICERCATEZZA DEL CLASSICISMO NELL’ANTIQUARIATO. A QUADRI PREVALENTEMENTE MODERNI, SONO SPESSO ACCOSTATI PEZZI UNICI E COLLEZIONI DI CERAMICHE E PORCELLANE.

ti quadri fra cui: il volto di una fanciulla dello spagnolo Antonio Bueno, un quadro Pop del pittore romano Franco Giuseppe Angeli, di “Scuola di piazza del Popolo”, un movimento artistico nato negli anni ‘60 a Roma, poi ancora, un collage di materiali poveri a opera del giovane ravennate Mattia Battistini, la “Natura morta con nuvole” del 1986 di Tano Festa in contrasto con la “Natura morta in stile Peinture Fleuriste’ francese a cavallo fra XIX e XX secolo, un’opera unica di Mark Kostabi. E qui finisce il suggestivo viaggio fra l’eclettismo contemporaneo e la ricercatezza del classicismo nell’antiquariato che la casa con vista da incanto offre. IN MAGAZINE

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LEGGERE

I clown

BIANCHI LA RAVENNATE CLOWN BIANCO EDIZIONI PUBBLICA UN’ANTOLOGIA NOIR DA BRIVIDO: TREDICI AUTORI DI TALENTO E FAMA RACCONTANO STORIE IN CUI IL FILO CONDUTTORE È L’ETERNA E INQUIETANTE LOTTA TRA BENE E MALE.

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Giallo e noir, magari con una punta d’horror. I libri più letti d’estate, lo sanno bene bibliotecari e rivenditori, sono loro. Ed ecco che sotto gli ombrelloni pagine e pagine vengono divorate, all’insegna del mistero e della suspense, perché le storie che fanno paura, si sa, sono anche quelle che regalano

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di Erika Baldini

un brivido di piacere. Il filo conduttore è l’eterna dicotomia tra bene e male, tra ordine e caos, tra giusto e sbagliato. Se non c’è equilibrio tra gli elementi, nasce l’oscuro. A Ravenna c’è una piccola realtà editoriale che si propone di pubblicare romanzi e racconti di genere, con particolare attenzione al lato fosco della narrativa: la Clown Bianco Edizioni, che festeggia il primo anno di vita. E quale idea migliore per celebrare un compleanno se non pubblicare una raccolta di racconti perturbanti? Titolo dell’antologia I clown bianchi – 13 storie d’autore. La casa editrice ha chiesto a tredici scrittori, tredici amici, di scrivere altrettanti testi, in cui è contenuta l’essenza di Clown Bianco: “Il desiderio di proporre ai lettori non solo storie avvincenti, ma storie che li facciano pensare, che li mettano davanti a uno specchio deformante in cui, tra mille frammenti di follia, riescano a riconoscere qualcosa di sé. Perché dietro al trucco del clown, c’è sempre un po’ di tutti noi”, come scrive Vania Rivalta, presidente dell’associazione culturale Clown Bianco, nella prefazione del libro.

Eraldo Baldini, Alessandro Berselli, Nevio Galeati, Maria Silvia Avanzato, Gianluca Morozzi, Stefano Bonazzi, Massimo Padua, Riccardo Cazzaniga, Massimiliano Venturini, Daniele Picciuti, Stefano Mazzesi, Giorgia Lepore e Romano De Marco danno voce a paure, ossessioni, solitudini, incubi reali e immaginari: c’è l’Antonia che ha ripreso a guidare, il nipote di un vecchio amico di Fellini, una Miss, un killer innamorato, c’è una luce accesa nel giardino di una villa padronale, un attore alla sua ultima interpretazione, un tatuaggio agghiacciante, un commissario in vena di confidenze, un disegno con tre pagliacci, una ragazzina ndoki, una coppia stanca, ci sono dei bambini che giocano in una vecchia lavanderia, c’è il cadavere di una ragazza nella pineta della Bassona... Personaggi che conquistano ed emozionano, ostinatamente contro la decantata quanto inutile avversione italiana per la forma più breve della narrativa. Un racconto ben scritto invece è efficace come la pallottola di un cecchino, rapida e sconvolgente, diceva un certo Jeffery Deaver.


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