Forlì IN Magazine 01 2022

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ARIANNA CAVINA

INSTAGRAM COACH

GILLES COFFI DEGBOE VITA DA SOMMELIER

GIPSY GARDEN

MARKET CREATIVO

f o r l ì

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EDITORIALE

14 04 / PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA

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Un numero che racconta storie di passioni, d’impresa e di creatività, che auspichiamo porti un po’ di leggerezza in questo momento di tensione generato dall’attuale guerra tra Russia e Ucraina. In copertina, troviamo la forlivese Arianna Cavina, Instagram Coach e imprenditrice di 25 anni, e il cesenate Gilles Coffi Degboe, docente e sommelier detentore di diversi titoli. Parliamo del rilancio dei progetti per l’ex Eridania di Forlì e per la Zona Stazione di Cesena, e intervistiamo i manager Fabrizio Gavelli e Gianguido Girotti. Entriamo nel mondo di Gipsy Garden, il market itinerante dall’anima gitana, e nella piadineria QuintoQuarto di Cesenatico in stile anni Cinquanta. Proseguiamo con Frab’s di Anna Frabotta, le immagini e la storia del Teatro Bonci di Cesena, il progetto Crinale e il libro di Diesse Arredamenti. Buona lettura! DI ANDREA MASOTTI

30 / ARTIGIANATO GIPSY GARDEN GIARDINO CREATIVO

34 / DESIGN QUINTOQUARTO IL GUSTO NEI DETTAGLI

08 / PROFILI

38 / CULTURA

ARIANNA CAVINA

FRAB’S PARADISO DI CARTA

14 / PROFILI

40 / SPETTACOLO

GILLES COFFI DEGBOE

TEATRO BONCI FOTOGRAFIA IN SCENA

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20 / VISIONI LUNGO NUOVI BINARI

26 / VOCI Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it Anno XXIV N.1 marzo/aprile Reg. di Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n.27 Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Beatrice Loddo Coordinamento di redazione: Roberta Invidia Artwork e impaginazione: Francesca Fantini Ufficio commerciale: Roberto Amadori, Gianluca Braga Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 14/03/2022 Collaboratori: Barbara Baronio, Dolores Carnemolla, Lucia Caselli, Chiara Fabbri, Giulio Ferro, Lucia Lombardi, Cristina Mazzi, Francesca Miccoli. Fotografi: Andrea Bonavita, Giacomo Braschi, Simona Buccolieri, Filippo Cantoni, Alessandro Cardona, Stefano Prati, Simone Ragazzini, Gianmaria Zanotti.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

FABRIZIO GAVELLI E GIANGUIDO GIROTTI

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45 / ARTE PROGETTO CRINALE

50 / LIBRI DIESSE ARREDAMENTI INGEGNO E CORAGGIO


PILLOLE

ROBERTO MERCADINI E IL RUMORE DELLA NECESSITÀ SAN MAURO PASCOLI | Il rumore della necessità è il titolo del libro scritto da Marco Campomaggi – fondatore dell’omonima azienda di borse e accessori in pelle – a cui si ispira il monologo di Roberto Mercadini, tenutosi il 25 febbraio nella cornice di Villa Torlonia - Parco Poesia Pascoli. Nel libro, Campomaggi si mette a nudo raccontandosi in una storia in cui è facile riconoscersi: da qui nasce l’idea di presentare il libro attraverso interpretazioni e voci eccellenti, a partire da quella potentissima di Mercadini.

PER LA PACE IN UCRAINA FORLÌ | Anche il mondo scolastico non si sottrae dall’analisi del conflitto iniziato in Ucraina dopo l’aggressione russa voluta da Putin, centinaia le iniziative nelle classi di tutta Italia. A Forlì, l’evento finale del lavoro in classe dei bambini della scuola elementare “Pio Squadrani” dell’istituto comprensivo 5 “Tina Gori” è stata una grande scritta umana, nel parcheggio del palazzetto dello sport dei Romiti, formata dai piccoli alunni, ai quali sono stati consegnati anche dei palloncini bianchi per animare la coreografia. Ha collaborato all’iniziativa il comitato di quartiere dei Romiti, presente anche il sindaco di Forlì Gian Luca Zattini.

NASCE LO SPAZIO FIERISTICO VIRTUALE FORLÌ-CESENA | Approda anche in Provincia il progetto Big Business Networking: uno spazio fieristico virtuale che permette a imprenditori e professionisti di interagire per concludere affari, scambiare referenze, fare formazione. Un contenitore digitale che si affianca a quello fisico, adatto a ospitare corsi ed eventi aziendali. www.bigbusinessnetworking.it

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PROFILI

ARIANNA CAVINA INSTAGRAM COACH CON UN’IMPRESA DA MEZZO MILIONE DI EURO

DI CHIARA FABBRI

FOTO SIMONA BUCCOLIERI

Intraprendenza, autonomia, caparbietà, passione, positività: sono questi gli ingredienti indispensabili per diventare in poco tempo una quotata Instagram Coach. Se poi a 25 anni si taglia il traguardo dei 100.000 follower, si ha già un’impresa con 6 collaboratori e mezzo milione di fatturato, pare proprio che la ricetta funzioni. Il volto di questi numeri è Arianna Cavina che da Tredozio, dove ha vissuto fino ai 19 anni, ha lanciato la sua impresa digitale, un mix di competenza e stile degno di Chiara Ferragni: la sua prima ispiratrice. Dall’indirizzo moda dell’Itas Giorgina Saffi, infatti, Arianna è approdata sul social network facendone un business in continua crescita. “Sono uscita da scuola con il desiderio di lavorare nella moda, ma non c’erano grandi sbocchi. Mi sono resa conto che stavano nascendo blogger e influencer in questo campo, per cui già nel 2015 sono partita con un blog e una pagina Instagram, parlando di moda, dando consigli sull’abbigliamento e appro8

fondendoli,” racconta Arianna. Nel 2016 è iniziata l’evoluzione. “Dopo tre anni il mio seguito era cresciuto, arrivando a 40.000 follower, e ho iniziato con le prime collaborazioni retribuite, con marchi come Stroili Oro, Nivea, Yamamay e anche Amazon.” In molti si sarebbero accontentati, vista anche la giovane età, ma una delle caratteristiche di Arianna è proprio quella di volere crescere e di avere ben chiari i propri obiettivi: “Fin da piccola sognavo di fare l’imprenditrice, di lasciare un’impronta unica. Volevo fare qualcosa di più lavorando nel digital marketing, così nel 2019 ho cambiato tutto. Ho fatto pratica in un’agenzia di Faenza per formarmi, gestendo le pagine dei clienti gratuitamente per acquisire esperienza, mentre lavoravo come magazziniera. Il mio obiettivo però era lavorare in proprio, fare qualcosa da sola, così dopo un’estate di riflessione ho scelto di investire in un corso di formazione che ho pagato a rate.” Arianna è andata avanti senza aiuti econo-


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PROFILI

mici, le spese che ha affrontato sono ricadute sulle sue spalle, i genitori l’hanno sempre sostenuta nel realizzare i propri sogni, a patto che facesse il suo dovere. E lei non si è fatta pregare, anzi. Ha fatto scorta di esperienza e l’ha messa in pratica mentre ancora lavorava come magazziniera. Ed è così che nel febbraio 2020 è partito Instagram Pills Academy, un corso in cui Arianna fa da Instagram Coach a chi vuole generare reddito usando i social: “Il mio ruolo è quello di accompagnare i professionisti e gli imprenditori che vogliono utilizzare Instagram, spiego come si crea una community e come generare vendite, usando il social come strumento di lavo-

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A SOLI 25 ANNI REALIZZA IL SOGNO DI DIVENTARE IMPRENDITRICE LANCIANDO UN CORSO DI MARKETING DIGITALE DI SUCCESSO: ASSUME 6 COLLABORATORI, FATTURA MEZZO MILIONE DI EURO E PUBBLICA UN LIBRO.

ro. Ci tengo a specificare che, se non lo si sa sfruttare, non è il numero di follower che fa il guadagno. Dopo una settimana dall’avvio del corso è arrivato il primo lockdown e anche l’azienda dove lavoravo come magazziniera ha chiuso. Così mi sono dedicata al 100% a questo progetto che è cresciuto a dismisura. Visti i risultati, nell’estate 2020 ho deciso di far partire la seconda versione del corso che ha avuto un grandissimo successo. A un anno di distanza da quando l’azienda dove lavoravo ha chiuso, ho quasi 1.500 iscritti.” La pandemia ad alcuni ha dato la spinta per reinventarsi e crescere e così è stato per questa ragazza, appassionata di moda, che ha scelto una strada che la gratificava, virando in direzioni diverse per superare gli ostacoli. Perché ricordiamo che, di fatto, in pochi anni da quando si è buttata nel marketing digitale, è arrivata ad avere sei collaboratori e ad aprire una Srl, che l’anno scorso ha fatturato mezzo milione di euro, insieme al suo compagno, Francesco D’Eusanio, con cui vive e lavora a Faenza. Poi a fine gennaio è arrivato quel numero a sei cifre, 100.000 follower: “Un anno e mezzo fa erano 40.000, mi ha fatto un effetto molto strano. Quando ho iniziato era un sogno, mi ha fatto capire quanta influenza ho.” E non è tutto. In questo già denso percorso lavorativo c’è anche un libro, Passione Instagram, il manuale che ti aiuta a monetizzare la tua passione per i social. “È nato come progetto a dicembre 2020,” ricorda, “mi sono avvicinata a una casa editrice di Milano, che mi ha proposto di pubblicare con una campagna di crowdfunding, la raccolta fondi dal basso. La campagna si è conclusa positivamente e a dicembre 2021 il libro è andato in stampa, per iniziare la distribuzione dal 20 gennaio scorso nelle librerie e su Amazon. Mai avrei immaginato di scrivere un libro, è stata una sfida.” Ma il primo amore, quello per la moda, è ancora vivo. “La mia personalità è rimasta quella: mi piace curarmi e vestirmi in un certo modo, dedicare tempo alla mia immagine, credo che sui social serva anche questo. Ho ancora


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IN QUESTE PAGINE, L’IMPRENDITRICE DIGITALE ARIANNA CAVINA NELLA SUA CASA.

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una grandissima passione per il settore, amo leggere storie di grandi stilisti, guardare le sfilate... Questo mondo farà sempre parte di me.” E la giornata tipo della Instagram Coach rispecchia questa cura: “Mi alzo sulle 7 senza sveglia, scendo a fare colazione con il mio compagno e alle 8 circa inizia la mia routine del mattino, mi piace meditare e leggere, poi alle 9 mi metto davanti al computer. Sulle 13, se riesco, stacco per il pranzo, ma ho un’agenda molto fitta. Il pomeriggio dalle 14.30 sono sempre al computer per alcune ore, poi mi dedico allo sport. Ora sto seguendo un corso di pole dance, mi alleno a casa, ma faccio anche passeggiate, e trovo il tempo per rilassarmi.” Arrivare fino qui, però, non è stato semplice, specialmente all’inizio.

“Oggi i messaggi aggressivi degli hater sono pochi, ma durante i primi tempi, in una realtà piccola, sono stata criticata dai miei coetanei, non sul web. Mi ha fatto stare male il giudizio di chi conoscevo, proferito senza nemmeno sapere cosa avessi in mente. Con il tempo alcuni si sono scusati o mi hanno addirittura chiesto consigli,” conclude Arianna, che lascia un messaggio a chi vuole lanciarsi nel mondo social. “Dico sempre di buttarsi, vedo molti coetanei che si vergognano e hanno paura di essere giudicati. È vero, per me non è stato facile, ma credo che il futuro vada verso questo mondo, consiglio di creare qualcosa di positivo e sfruttarlo per cercare di realizzarsi il più possibile, provando a uscire un po’ dagli schemi, perché nulla piove dal cielo.”



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PROFILI

GILLES COFFI DEGBOE BUON VINO, TERRITORIO ED EMOZIONI: UNA VITA DA SOMMELIER

DI LUCIA CASELLI

“L’alchimia che unisce le persone intorno a un calice di vino è tutto. A distanza di tempo si può non ricordare l’etichetta o il nome della cantina, ma l’occasione e i compagni con cui si è condivisa l’emozione di un determinato vino non si dimentica. È questo potere del vino che mi ha affascinato fin dall’inizio, da quando ho cominciato a osservare l’effetto che faceva sui commensali.” Gilles Coffi Degboe, 32 anni, cresciuto tra Bacciolino e Piavola di Mercato Saraceno, è un sommelier internazionale. Primo ambasciatore in Europa e nel mondo del Negroamaro nel 2019, ambasciatore dell’Albana nello stesso anno, costantemente sul podio nei master più importanti dell’Ais (Associazione Italiana Sommelier): Nero di Troia nel 2018, Soave nel 2019, Sagrantino nel 2020 e nel 2021. Un sommelier viaggiatore dalla personalità croccante, come si definisce lui stesso, che sa raggiungere gli obiettivi con rigore e sacrificio. La sveglia del mattino è puntata alle 4:30. Si immerge nello studio ben pri-

FOTO GIANMARIA ZANOTTI

ma che il sole faccia capolino, accompagna il figlio maggiore a scuola, e via al lavoro tra studenti, cantine e ristoranti, per terminare la giornata come l’ha iniziata, ripassando. “Sacrificio è una parola che conosco bene fin da quando ero piccolo,” racconta. “Ho lavorato il doppio degli altri spesso ottenendo la metà, ma ho sempre continuato perché ero sicuro che col tempo i risultati sarebbero arrivati. Non mi importa se dormo 3 o 4 ore per notte, punto a un obiettivo e anche quando lo raggiungo non me lo godo. Posso essere felice, sì, ma non sono mai appagato al 100%. Sentirmi arrivato poi men che meno.” La strada che lo ha condotto fino a qui è partita non a caso da una terra vocata al vino, la Toscana. “Ero molto giovane, lavoravo in un ristorante di amici di famiglia,” racconta, “e vedevo giornalmente i clienti che entravano seri, a volte anche cupi e tristi, e uscivano magicamente felici. Il segreto era la titolare, Francesca, che sapeva sempre quale vino accompagnare ai piatti ordinati.” 15


PH GIACOMO BRASCHI

SUL PODIO DEI MASTER PIÙ IMPORTANTI, NEL 2019 DEGBOE SI È AGGIUDICATO IL TITOLO DI AMBASCIATORE DELL’ALBANA, IL VITIGNO BIANCO PER ECCELLENZA DELLA ROMAGNA. “IL VINO È UN LEGAME PROFONDO CON LA TERRA.”

IN QUESTE PAGINE, IL SOMMELIER E DOCENTE GILLES COFFI DEGBOE.

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Lì, un giorno è successo l’inimmaginabile. “Fino a quel momento non avevo mai mostrato particolare interesse per il vino, ma ero sempre più coinvolto dall’effetto che aveva sui commensali. Vista la mia curiosità, Francesca mi presentò un calice di Nipozzano. Annusandolo sentii profumi, emozioni, ricordi di cui non conoscevo la provenienza. All’assaggio mi esplose la testa: tutto quanto avevo pregustato con l’odore mi fu trasmesso al palato con un semplice sorso. Trovavo rispondenza e non sapevo come fosse possibile. Come facevo a conoscere quei profumi e soprattutto a sentirli così chiari in un bicchiere? Non avevo annusato un bouquet di fiori, ma del vino rosso.” Da quel momento inizia lo studio per Gilles Coffi. Capire il settore diventa la sua priori-

tà, non c’è giorno che non pensi di imparare qualcosa di nuovo sulla bevanda di Bacco. Con passione legge libri, dà una mano nelle cantine, cerca di imparare a più non posso iniziando presto a rubare con gli occhi. Arriva il momento di scegliere la scuola superiore e si indirizza all’Istituto Alberghiero di Forlimpopoli dove la sua professionalità lo porterà a lavorare nella cucina di Casa Italia alle Olimpiadi 2008 di Pechino e nella brigata di sala di chef stellati come Carlo Cracco. Nel 2013 finalmente la chiamata dalla scuola in cui ha studiato: “Divento supplente del corso di Sala/Bar, caffetteria ed enologia. Mi convinco sempre più che voglio non solo lavorare con il vino ma anche trasmettere ciò che imparo ai più giovani, cosa che continuo a fare.”


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PROFILI

che creano una liaison che si accorda con strumenti e voce.” Non a caso parla di musica, considerato che lo scorso autunno ha collaborato con la cantante jazz Kelly Joyce, che lo ha voluto per registrare il singolo Male Male anticipando il progetto e album DeCanto portato avanti insieme al trombettista Fabrizio Bosso. “È stata una bella esperienza a cui spero di poter dare seguito, perché musica e vino per me vanno a braccetto,” sottolinea ancora una volta il sommelier. Tra i progetti futuri c’è anche un libro autobiografico che potrebbe uscire già quest’anno: La mia vitae raccontata a mio figlio, in cui il sommelier cesenate rivive il suo percorso fino ad ora, esprimendo l’amore che nutre per i due figli. Nel frattempo, riprenderà la lavorazione di Duchessa Alba, la birra all’Albana secca prodotta per la prima volta nel 2020 in collaborazione con Mastro

Birraio di Cesena e Tenuta Casali di Mercato Saraceno. “Purtroppo, l’albana è un vitigno bistrattato,” commenta, “in primis dai romagnoli che non lo valorizzano come dovrebbero. Questo progetto le ha dato nuova linfa.” Nonostante i titoli e una carriera in ascesa, Gilles Coffi resta con i piedi ben saldi per terra. “Mi definisco matto schianto, un sommelier di una volta che terminate le lezioni a scuola trascorre i suoi pomeriggi nelle cantine dei ristoranti o a visitare le aziende produttrici per far emergere il territorio, perché per me questo è il vino, un legame profondo con la terra.” All’improvviso il pensiero volge al futuro, Degboe si fa più serio e conclude: “Spero che il futuro mi riservi molto altro. Voglio fare tanto e lasciare un’impronta nel mio territorio, vorrei che l’Emilia-Romagna si ricordasse di me un giorno.”

PH GIACOMO BRASCHI

Un anno più tardi è sommelier a tutti gli effetti e consulente della carta dei vini di sette locali tra Romagna e Umbria, dispensa consigli ai ristoratori sull’acquisto dei vini e suggerisce ai commensali quale bottiglia scegliere per rendere indimenticabile la serata. Il sorriso è sempre compagno della sua dedizione e della sua professionalità. “Non è un di più, è la base. Il sorriso, il dare il buongiorno, sono l’abc di tutti i lavori, ma in particolare per fare il sommelier. È fondamentale,” dice “trasmettere empatia ed entrare in confidenza. Nessuno vuole farsi consigliare da un musone scortese.” E di certo Degboe, con la sua vivacità, è l’opposto e insegna a non bere in solitudine: “per quanto mi riguarda le regole sono poche e precise: bere poco, spesso e mai da soli. Ciò che rende speciale il vino è il suo creare legami, come la musica, un intreccio di note

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VISIONI

LUNGO NUOVI BINARI RIPARTONO I PROGETTI PER L’EX ERIDANIA DI FORLÌ E LA ZONA STAZIONE DI CESENA

DI ROBERTA INVIDIA

Due progetti che sembravano su un binario morto e che ora, invece, promettono di ripartire per cambiare il volto di interi pezzi di città. Sono quelli per l’ex zuccherificio Eri-

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FOTO ANDREA BONAVITA E GIANMARIA ZANOTTI

dania di Forlì e la zona stazione di Cesena, fisicamente e idealmente collegate dai binari della ferrovia. Gli stessi binari lungo i quali, nel Novecento, sono fiorite e poi declinate attività industriali che oggi cercano una nuova identità. L’ex Eridania di Forlì è certamente una di queste. Nata nel 1900, arrivò a occupare circa 1.000 operai con una produzione annuale di circa 140.000 quintali di zucchero, che si azzerò però nel 1972, anno della sua chiusura. Cinquant’anni di amara decadenza e abbandono in cui il vecchio zuccherificio è stato riparo per senzatetto, parte lesa in un processo per le demolizioni di alcuni edifici secondari, meta di pellegrinaggio per writer e spericolati climber, candidato ideale per l’ennesima area commerciale-residenziale. Oggi l’ex Eridania con i suoi 17 ettari di terreno e un corpo di fabbrica tutelato dalla Soprintendenza è in mano al Tribunale, dopo il fallimento del suo ultimo proprietario. Un’eredità ingombrante a due passi dal centro storico, il cui


NELLA PAGINA ACCANTO, GIANLUCA ZATTINI, SINDACO DI FORLÌ, ALL’HOTEL DELLA CITTÀ. IN ALTO, L’EX ZUCCHERIFICIO ERIDIANA DI FORLÌ.

recupero si preannuncia come un’impresa titanica. Eppure, dopo diverse aste andate deserte e un prezzo in caduta libera (da 15 a 4 milioni di euro), il Comune di Forlì, guidato da Gianluca Zattini, si è dato l’obiettivo di acquisirne la proprietà entro l’anno per restituire alla città un pezzo della sua storia industriale. “Per noi 4 milioni di euro è ancora un prezzo eccessivo, ma siamo intenzionati a fare una proposta al curatore fallimentare e speriamo che si possa passare all’acquisto. Per farne cosa? Un progetto da realizzare subito ce l’abbiamo già: un nuovo parco, secondo solo al Parco Urbano per estensione. Poi ovviamente ci sarà da affrontare il tema dell’intervento sulla vecchia struttura che al momento difficilmente ci possiamo permettere. Si pensi solo che per lo stabilimento gemello di Parma è stato necessario un investimento da 60 milioni di euro. Ma pensiamo che in futuro l’ex zuccherificio possa diventare una realtà importante sul piano sportivo”, dice Zattini.

Altro punto di interesse del Comune di Forlì è l’Hotel della Città, un gioiello di design progettato dall’architetto Giò Ponti negli anni Cinquanta e anch’esso in cerca di una nuova destinazione. “Con la Fondazione Garzanti stiamo definendo il diritto di proprietà,” spiega Zattini, “per cinquant’anni saremo i proprietari dell’immobile e rispetteremo la volontà di Garzanti che lo vedeva come una sorta di casa dell’arte forlivese.” Dall’altro capo dei binari, a Cesena, i progetti del Comune si concentrano sul recupero in chiave sociale degli spazi del complesso monumentale di Palazzo Roverella, 6.000 metri quadrati in pieno centro storico, per i quali arriveranno 12 milioni di euro finanziati dal Ministero grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma soprattutto sul rilancio dell’area della Stazione ferroviaria, oggi percepita come una zona poco sicura da studenti e pendolari, specialmente nelle ore serali. “Abbiamo cominciato a ragionare su questi progetti già da tempo e ora 21


VISIONI

IN ALTO, L’AREA DELLA STAZIONE FERROVIARIA DI CESENA. A LATO, IL SINDACO DI CESENA, ENZO LATTUCA, NEL PIAZZALE KARL MARX.

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con i fondi del Pnrr la nostra visione sulle linee di rigenerazione urbana, incentrate su sociale e mobilità sostenibile, sta trovando anche le risorse per concretizzarsi,” dice il sindaco Enzo Lattuca. “Con il progetto sulla zona Stazione, per circa 10 milioni di euro, vogliamo dare a Cesena un nuovo biglietto da visita per chi arriva via treno, attraverso lo spostamento del piazzale delle corriere e la trasformazione di piazzale Carl Max in una piazza-giardino.” Nel piano è previsto anche il riutilizzo degli spazi dell’Ex Fricò (sempre su piazzale Carl Marx), dove si trasferiranno il Centro per l’Impiego e CesenaLab, e la riqualificazione degli spazi della Ferrovia da parte di RFI; mentre l’ex Deposito merci della Stazione diventerà una velostazione per creare una sorta di centro intermodale. “Sulla stessa linea avremo infatti la stazione passeggeri, la stazione dei bus e la velostazione che sarà al centro della nuova viabilità

ciclabile cesenate, quella che chiamiamo la bicipolitana.” Una linea di trasformazione urbana che, come per Forlì, corre di nuovo lungo la linea dei binari.




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VOCI

MANAGER AL TOP INTERVISTA DOPPIA A FABRIZIO GAVELLI E GIANGUIDO GIROTTI

DI FRANCESCA MICCOLI E BARBARA BARONIO

Dalla Provincia ai vertici di aziende internazionali, senza mai dimenticare le origini romagnole nella loro cosmopolita esperienza professionale, i due manager Fabrizio Gavelli e Gianguido Girotti si raccontano in una ‘intervista doppia’. Il primo, cinquantatre anni, forlivese di nascita e cittadino del mondo per vocazione, è presidente e amministratore delegato di Danone Company Italia e Grecia nonché Presidente della Fondazione Istituto Danone Italia. Eloquio brillante e cordialità genuina, il manager è legatissimo alle sue origini e rappresenta uno dei simboli della produttività romagnola, figlia di una competenza intrisa di umanità. Appassionato di sport e musica, Fabrizio riesce a conciliare passione e professione, incarnando l’anima di un’azienda che sta riscrivendo il modo di fare impresa. Attraverso la creazione e condivisione di valori, il sostegno alla sostenibilità, la promozione del benessere delle persone già nell’ambiente di lavoro. 26

Un credo ben sintetizzato nel motto One Planet. One Health: un appello al cambiamento per costruire un mondo più sano per le generazioni di oggi e di domani. Il secondo, classe 1977, a soli 3 mesi dalla nascita ha affrontato la sua prima uscita in barca con i genitori e oggi ricopre la carica di direttore generale del Gruppo Beneteau, il colosso nautico francese leader mondiale nella progettazione e nella realizzazione di barche a vela e a motore. Dopo gli studi liceali, Girotti è volato in Inghilterra dove ha frequentato Ingegneria Navale, muovendo poi i suoi primi passi nella progettazione affiancando per quattro anni lo yacht designer German Frers, fino ad approdare a Beneteau: una realtà che ha all’attivo 135 anni di storia e che negli ultimi due anni è cresciuta in borsa del 180%. Padre di Giulia e sposato con Benedetta, vive a Saint Gilles Croix de Vie in Francia e appena gli impegni glielo consentono torna in Romagna, nella sua amata Cesena, dove tutto ha avuto inizio.


FABRIZIO GAVELLI AD DI DANONE COMPANY ITALIA E GRECIA.

Qual è stato il percorso che l’ha proiettata dalla provincia ai vertici di Danone? “Conseguita la laurea in Economia all’Università di Bologna, ho iniziato un lungo peregrinare per l’Europa. Dopo aver lavorato per diverse multinazionali tra cui Procter&Gamble e Reckitt Benckiser, nel 2005 sono entrato in Mellin, storico brand di Danone. In 17 anni ho rivestito incarichi in differenti divisioni e mercati europei: sono stato due anni in Olanda in qualità di direttore marketing global dei latti per l’infanzia; in seguito ho curato la divisione di nutrizione medica a Milano come amministratore delegato di Nutricia Italia e Grecia, prima di trasferirmi in Polonia come general manager nella divisione acque minerali. Quattro anni fa il ritorno ‘a casa’: oggi sono responsabile di tutte le aziende di Danone in Italia e Grecia.” Qual è la sua visione di impresa? “Le aziende devono perseguire obiettivi non solo economici ma anche sociali, impattando positivamente sulla salute delle persone,

GIANGUIDO GIROTTI DIRETTORE GENERALE DEL GRUPPO BENETEAU.

IL MANAGER FABRIZIO GAVELLI: “DOPO LA LAUREA IN ECONOMIA HO LAVORATO PER DIVERSE MULTINAZIONALI IN EUROPA, E NEL 2005 SONO APPRODATO IN MELLIN.”

IL MANAGER GIANGUIDO GIROTTI: “DOPO GLI STUDI, GERMAN FRERS DEL TEAM DI LUNA ROSSA MI HA INVITATO A RAGGIUNGERLO A MILANO, SONO STATI ANNI INCREDIBILI.”

Dalla realtà di provincia ai vertici: qual è stato il suo percorso? “Terminati gli studi ho ricevuto la telefonata di German Frers del team di Luna Rossa che mi invitava a raggiungerlo a Milano. In quegli anni lavorare per Frers è stato incredibile, ho toccato con mano le barche da regata più importanti del mondo, ho acquisito la consapevolezza di cos’è la professionalità ad alti livelli e la forza del lavoro di squadra. Ricordo l’impegno e la dedizione di tutte quelle ore (centinaia) di lavoro in preparazione dell’American Cup. Nel 2004 poi è arrivata la direzione tecnica del Cantiere del Pardo, uno dei leader italiani nel settore della nautica, nel 2013 è stata la volta di Dufour. Nel 2015, mentre iniziavo a rivolgere il mio sguardo alle barche a motore, Madame Roux mi ha offerto di entrare a dirigere il marchio Beneteau.” Qual è la sua visione d’impresa? “La più grande performance da raggiungere nel lavoro è riuscire a trasformare l’interesse 27


VOCI

del pianeta e della comunità. Un’idea di business sostenibile che ha sempre indirizzato il nostro modo di fare impresa in Danone. Ne sono testimonianza numerosi progetti realizzati: nell’ultimo libro di Philip Kotler, il più grande esperto di marketing dell’era moderna, è annoverata tra le pratiche virtuose la nostra parental policy, volta a sostenere la genitorialità in azienda attraverso aiuti economici, psicologici e agevolazioni per il rientro al lavoro. Il risultato di queste policy? In Danone il tasso di natalità è pari al + 7,5% contro il -3,5% nazionale e il 100% delle mamme riprende l’attività dopo la maternità. Quali altri progetti state portando avanti? Activia con il programma ActForChange sostiene attivamente l’occupazione femminile con programmi formativi destinati alle donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia; Actimel supporta la campagna vaccinale attraverso l’accompagnamento protetto delle persone più fragili ai centri vaccinali, mentre Mellin pianta centinaia di migliaia di alberi in varie città sul territorio italiano. E, a riprova del fatto che obiettivi economici e sociali sono assolutamente conciliabili, nel 2021 siamo stati l’azienda food con la maggior crescita tra le prime 20 aziende in Italia del largo consumo.” Come hanno influito le origini romagnole nella sua esperienza professionale? “Noi romagnoli portiamo nel mondo la tenacia, la determinazione nel perseguire un obiettivo e, soprattutto, il saper conciliare impegni professionali con il divertimento.” Anche a fronte di agende piene di impegni? “È certamente sfidante ma lavorare divertendosi significa prima di tutto lavorare con un purpose, un obiettivo in cui si crede profondamente. Come azienda dell’alimentare i nostri prodotti entrano nella vita quotidiana delle persone ed è attraverso i nostri brand che possiamo agire per il cambiamento e tradurlo in azione, a vantaggio della salute, del pianeta e delle comunità.” 28

“LE AZIENDE DEVONO PORSI OBIETTIVI NON SOLO ECONOMICI MA ANCHE SOCIALI, IMPATTANDO POSITIVAMENTE SULLE PERSONE E SUL PIANETA.”

“LA PIÙ GRANDE PERFORMANCE DA RAGGIUNGERE NEL LAVORO È RIUSCIRE A TRASFORMARE L’INTERESSE DEL SINGOLO IN QUELLO DELLA COLLETTIVITÀ.”

del singolo in quello della collettività. Quando 2019 Madame Roux mi ha raggiunto con la proposta della direzione generale di Beneteau ho compreso come fosse indispensabile che ogni marchio (9 in totale) concorresse al successo dell’intero gruppo. È nata così la Casa dei Marchi. Abbiamo voluto definire il Gruppo Beneteau Casa e ogni marchio una sua stanza con le sue caratteristiche da mantenere e rispettare. Siamo al 2020, arriva il Covid e inaspettatamente la spinta verso la barca cresce. Negli ultimi due anni abbiamo registrato un aumento della domanda del 30% superiore alla capacità produttiva. Abbiamo anche strategicamente acquisito due nuovi stabilimenti produttivi in Portogallo per produrre 1.000 barche in più in meno di due anni.” Quali sono i progetti su cui sta lavorando? “Ad oggi Beneteau sta lanciando un marchio dedicato al fluviale a propulsione elettrica che sarà presentato in primavera: l’obiettivo saprà rispondere a una fetta di mercato specifico considerando che in Europa vi sono 60.000 km di fiumi navigabili. Inoltre abbiamo chiuso l’acquisizione del 40% delle due prime società di charter nella nautica al mondo e acquisito un boat club negli Stati Uniti. In questo modo vogliamo togliere ogni freno alla proprietà puntando sui servizi e l’utilizzo. Il mio obiettivo è fare in modo che nella democratizzazione della vela ci siano una o più date all’anno che le persone dedicano per andare in barca senza per forza preoccuparsi di tutti gli aspetti come se fossero degli armatori.” Cosa dell’essere romagnolo si è portato lungo la sua carriera e nella sua professione? “La mia Romagna è ricca di persone creative e genuine e che hanno trasformato idee in realtà. I romagnoli sanno affrontare e risolvere i problemi e sono molto orgoglioso della mia terra. Credo che il dialogo e la trasparenza siano di certo il modo migliore per lavorare e raggiungere gli obiettivi prefissati.”


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ARTIGIANATO

GIARDINO CREATIVO GIPSY GARDEN, IL MARKET ITINERANTE DALL’ANIMA GITANA

DI CLARISSA COSTA

FOTO FILIPPO CANTONI

Una carovana coloratissima animata da artigiani, artisti, danzatori e musicisti che, con un pizzico di magia, trasporta i visitatori in un’esperienza unica, nel sogno che non avevi mai creduto di poter fare a occhi aperti: stiamo parlando del Gipsy Garden, il market itinerante che riunisce i creativi e l’artigianato di qualità Made in Italy, arrivato quest’anno all’undicesima edizione. Alla guida troviamo la cesenate Isabella Poggi che, nel 2016, insieme alla madre ha dato vita a quello che poi è diventato uno tra gli eventi più attesi in Romagna. “Quella che mi piace definire l’Edizione Zero del maggio 2016 è nata da un’opportunità, dopo la cancellazione di un evento di artigianato in Toscana a cui mia mamma avreb-

be dovuto partecipare,” racconta Isabella. “Abbiamo deciso di cogliere un’occasione e sviluppare l’idea, animando un nostro disegno interiore e richiamando anche alcuni artigiani proprio di quella realtà toscana.” E a quel primo evento, tenutosi nel parco di un Bed&Breakfast in un maggio soleggiato, sono giunte tantissime persone. “È stata un’edizione di prova dove ci siamo messe in gioco: ricordo ancora quelle giornate in cui abbiamo tagliato e raccolto fiori selvatici, lungo la strada, allestendo i vasi di fiori e curando ogni dettaglio.” Da allora, a esclusione del 2020, il Gipsy Garden ha iniziato il suo viaggio facendo tappa due volte all’anno in diverse location della Romagna – l’ultima edizione di settembre si è tenuta ai Magazzini 31


ARTIGIANATO

del Sale di Cervia – per un weekend dedicato all’artigianato, alle performance artistiche, alla musica e al cibo. “Il Gipsy è dedicato a chi ha ancora nel cuore la voglia di sognare, come si faceva da bambini,” racconta, “nasce anche per condividere esperienze e del tempo di qualità, momenti che, dopo gli ultimi due anni, sono preziosi e speciali. Ho notato infatti che in entrambe le edizioni, sia quella invernale che quella estiva, le persone si godono interamente la giornata, lasciandosi meravigliare dalle diverse forme di artigianato, mestieri, idee, danze di mani che creano parole, voci. Ma anche soprattutto per lasciarsi stupire da qualcosa che non ti aspetti. Non a caso, per gli spettacoli tendo a non precisare l’orario,

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anche se mi viene chiesto, perché credo che sarebbe come togliere il momento sorpresa.” Un weekend in cui ritrovare la bellezza dei momenti vissuti in maniera più leggera, senza fretta. “Tutto anche grazie agli artigiani che credono nel progetto, alla loro fiducia e alle voci che si uniscono a questo palcoscenico, dove di volta in volta vanno in scena storie di artigianato e quindi professioni da conoscere e da scoprire, mestieri da custodire. Allo stesso tempo il palcoscenico è diventato tale anche per gli artisti, che spesso abbiamo incontrato proprio per strada in città e che abbiamo invitato a prendere parte al Gipsy.” Da quella prima Edizione Zero, Isabella (sotto, in primo piano nella foto) negli anni ha


UN EVENTO DEDICATO ALL’ARTIGIANATO, ALLE PERFORMANCE ARTISTICHE E ALLA MUSICA: UN FORMAT CHE VA OLTRE IL SEMPLICE MARKET E CHE RICHIAMA VISITATORI E CREATIVI DA TUTTA ITALIA. “IL GIPSY È DEDICATO A CHI HA ANCORA NEL CUORE LA VOGLIA DI SOGNARE,” AFFERMA ISABELLA.

sviluppato un format che va oltre il semplice market, colorandolo con grande creatività e richiamando visitatori ma anche artisti da tutta Italia. “Mia mamma ha condiviso con me il dietro le quinte, il mio ragazzo che fa il DJ ci ha aiutato inizialmente con la selezione musicale, poi naturalmente ci sono anche i miei angeli custodi, le colleghe che con un occhio creativo mi aiutano ad allestire. Il resto invece lo gestisco io, dalle candidature ai profili social: al momento ci tengo che resti così, per continuare a comunicare il progetto con un tono che sento davvero mio. Resto poi sempre sorpresa della risonanza della mia voce fuori regione, oggi arrivano visitatori e creativi da Verona fino alla Puglia e il Gipsy è diventato anche un motivo per visitare una terra, che è generosa e bellissima.” Quest’anno, la carovana di Isabella Poggi farà tappa a Rimini, nella suggestiva cornice di Villa Des Vergers, il 28 e 29 maggio. “Una bellissima location in collina, con lo sguardo verso il mare, nella stagione in cui tutto fiorisce,” racconta, ed è già poesia. E questo è alla fine il Gipsy Garden, che anche nel nome porta con sé la metafora di un giardino. “Mi piace appunto pensarlo come a un giardino dove gli alberi sono gli artigiani che di volta in volta fioriscono con noi. Poi ogni luogo ha una storia da raccontare e voglio coglierne l’essenza per farla fiorire.” Un’anteprima di questa edizione primaverile? “Sto pensando di ricreare un’altalena piena di fiori che richiama un po’ l’immagine fanciullesca del lasciarsi andare. In effetti, per me il Gipsy è come entrare in un sogno, che in parte è mio e in parte voglio che diventi degli espositori, dei visitatori, degli artisti e che di volta in volta disegniamo insieme. Dico sempre: siete pronti a sognare?” 33


DESIGN

IL GUSTO NEI DETTAGLI LA PIADINA INCONTRA LO STILE ANNI CINQUANTA A QUINTOQUARTO DI CESENATICO

DI CRISTINA MAZZI

FOTO GIANMARIA ZANOTTI


Le grandi vetrate illuminano la cucina a vista, il bancone impolverato di farina e il via vai di persone che ordinano la piadina e si siedono nei tavoli affacciati sul porto canale di Cesenatico. I passanti, dall’altra parte, si voltano attirati dai profumi che escono da quella grande finestra a lato della cucina. A invitarti a entrare da QuintoQuarto, il locale in piazza Ciceruacchio a Cesenatico, sono le mattonelle in graniglia che dipingono un gigantesco quadro, poi i sapori. Quelli del “pane del passaggio,” diceva Pascoli – che è anche il monito che si legge in cucina – o come diremmo oggi il pane da passeggio. La regina del menù che propone il locale è proprio lei: la piadina. Dalla cottura volutamente dorata, poco sale, solo strutto di mora romagnola come comanda la tradizione. Classica, quindi, oppure integrale bio o vegana, purché si senta l’acqua di mare, l’ingrediente segreto (ma usato da sempre in Romagna) di

“L’IDEA ERA CREARE UN’ATMOSFERA TUTTA ROMAGNOLA, CON LA CUCINA A VISTA,” SPIEGA FRANCA FIORINI. “VOLEVAMO CHE I PASSANTI POTESSERO VEDERE LA PREPARAZIONE E ASSAPORARE I PROFUMI.”

QuintoQuarto. “La piadina evoca la tradizione,” racconta la designer d’interni Franca Fiorini, che ha curato nei minimi dettagli la ristrutturazione del locale affacciato sul porto canale. “Per questo abbiamo scelto un design anni Cinquanta. Uno stile minimal o industriale non sarebbe stato di certo indicato.” Il tuffo nel passato lo si respira a pieni polmoni, mescolato alla brez-

za marina, con l’occhio che si perde tra le vele che filano poco più in là, lungo il canale. “L’idea era quella di creare un’atmosfera tutta romagnola,” continua la designer, “con la cucina a vista perché volevamo far vedere la lavorazione della piadina, come capita da sempre nei chioschi, con uno sfondo di mattonelle bianche che richiamano le vecchie macellerie: volevamo che i passanti lungo il canale potessero vedere la preparazione e assaporare i profumi della tradizione.” Con l’affettatrice rossa ‘Regina’ – quella d’un tempo riprodotta da una ditta moderna – che la fa da padrona. Nessun dettaglio è stato lasciato al caso. “Quando mi sono trovata per la prima volta di fronte allo stanzone tutto vuoto, con la matita in mano, ho pensato di travolgere completamente l’impostazione esistente,” continua Franca, “scelta dall’osteria che c’era prima. I servizi e il bancone erano sul lato del porto canale, noi abbiamo pen35


DESIGN

NELLE PAGINE PRECEDENTI, GLI SPAZI INTERNI DELLA PIADINERIA QUINTOQUARTO, CURATI DA FRANCA FIORINI. IN ALTO, LO STAFF DEL LOCALE DI CESENATICO INSIEME AL TITOLARE LUCA ZACCHERONI, A SINISTRA.

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sato invece di mettere la parte più nobile e a vista verso il canale, mentre i servizi e il banco ordinazioni in fondo, in modo da non creare assembramenti.” Oggi, per ordinare un piatto da QuintoQuarto, occorre infatti svoltare l’angolo nel vicoletto. “Il banco ordinazioni e la cucina a vista sono divisi da un angolo nascosto, come lo chiamiamo noi, che serve le lavorazioni dei piatti.” La stanza è fatta a trapezio, con la punta verso il canale. “Decisa l’impostazione, siamo partiti con la ricerca dei materiali e delle forme. Il difficile è stato combinare l’atmosfera anni Cinquanta che volevamo creare con le nuove tecnologie di cui ha bisogno oggi un locale. Il pavimento lo ha realizzato un artigiano cementista, si tratta di graniglie realizzate su misura per QuintoQuarto. Abbiamo scel-

to noi la forma degli esagoni, e le tre tonalità di colori: Carrara perla, Carrara bianco, verde Alpi e un pizzico di nero.” E poi la magia: l’impasto dei colori è stato versato pezzettino per pezzettino nelle forme, poi posato grezzo sul posto, in modo da farlo diventare un tappeto, senza fughe. “Non volevamo vetrate minimal moderne, ma piuttosto frammentarle in modo che ‘proteggesse’ gli ospiti. Perciò abbiamo optato per un profilo sottile, le vetrate tutto attorno al locale lo rendono luminoso, fanno vedere l’interno e d’estate fanno in modo che il locale si apra completamente.” È poi impossibile non alzare lo sguardo verso le lampade, che oltre a richiamare dettagli retrò ti fanno pensare alle vecchie vacanze al mare. “Le lampade le ho trovate nei mercatini, poi verniciate. Optando

per la forma a capannine che richiama quegli anni. I neon e i lampadari a palla li ho recuperati in una colonia abbandonata di Cesenatico, risalgono sempre al Cinquanta.” Le pale, poco più in là sul soffitto, arrivano dagli Stati Uniti. “Sono semplici, senza arzigogoli, più vintage.” Il passato ha lottato con il presente per la ricerca del frigo. “C’è stata una vera e propria caccia al frigo d’acciaio a vista con le linee e con le maniglie a scatto anni Cinquanta, dal sapore antico, che riportasse però le tecnologie moderne in tema di pulizia, igiene e conservazione del cibo.” Infine sedendosi ai tavolini si torna a scuola: stessa linea dei vecchi banchi e sedute, ma con un tocco più europeo dato dalla semplicità del legno pulito e metallo, del colore della montatura delle vetrine. Tassello dopo tassello il puzzle è stato composto in soli tre mesi, compreso il tocco finale, quello che secondo Franca Fiorini dà la vera anima al locale: “Adoro i lavori di Riccardo Guasco e appena ho messo mano al progetto gli abbiamo chiesto un’immagine legata alla piadina, fresca, leggera e dinamica, che facesse da protagonista con i colori del locale, tipo il bordeaux delle panche. Quando l’ho vista era proprio come me l’ero immaginata.” Il tocco finale per catapultarsi completamente in un’atmosfera anni Cinquanta, come la definisce la progettista “da osteria o trattoria ‘ingentilita’. Non troppo rustica ma nemmeno troppo elegante. Insomma, un ambiente che si apre a tutti.”


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CULTURA

PARADISO DI CARTA ANNA FRABOTTA E IL MONDO DELLE RIVISTE INDIPENDENTI

DI BEATRICE LODDO

FOTO ALESSANDRO CARDONA

Se vivere di ciò che si ama è per moltissimi un sogno e basta, per Anna Frabotta è invece una reale, felice congiunzione in cui si uniscono una passione parecchio specifica – quella per le riviste indipendenti – il desiderio di condividerla, e il coraggio di investire su questa professione che si è letteralmente cucita addosso. Infatti Anna, 34 anni, laureata a Forlì in Mass Media e Politica e poi assunta in un’agenzia di comunicazione cesenate, si è inventata come punto di riferimento italiano per le riviste indipendenti, scoprendo con grande sorpresa di non essere sola nel suo amore per la nicchia della carta stampata. Questo affascinante mondo sotterraneo, legato a doppio filo con l’arte, la moda, l’architettura, il design, oltre a temi “caldi” come il femminismo e l’ecologia, è infatti percorso da una quantità insospettabile di estimatori, collezionisti, appassionati e curiosi, che hanno trovato in Frab’s –

questo è il nome del negozio di Anna, prima online e poi anche fisico – la loro Mecca della rivista indipendente. “La prima rivista di questo tipo credo di averla avuta fra le mani a una fiera a Bologna. Sono sempre stata appassionata di comunicazione ed editoria, sono anche giornalista, e le riviste indipendenti sono un prodotto insolito, non solo nel contenuto ma anche nella forma,” spiega Anna con un grande sorriso. “Tutto è curato e ha livelli di qualità altissimi, dalla rilegatura al tipo di carta scelto. Gli alti costi di lavorazione e la qualità elevata dei contenuti giustificano le tirature ridotte, che ne fanno delle piccole opere d’arte. Queste realtà viaggiano a diversi livelli, dal locale al mondiale, e molto spesso sono in lingua inglese proprio per poter raggiungere il maggior numero di persone.” Finora, in Italia, la possibilità di acquistare queste riviste era limitata: “In altri Paesi è molto più


UN PROGETTO CHE PROFUMA DI CARTA: DOPO L’E-COMMERCE ONLINE, ANNA FRABOTTA APRE UN NEGOZIO DI RIVISTE INDIPENDENTI. “CONTRIBUISCO A FAR CONOSCERE FORLÌ COME LUOGO LEGATO ALLA CULTURA.”

facile trovarle. Mentre qui, oltre alle fiere, c’erano veramente pochissime occasioni. Così, nel 2019, mentre lavoravo ancora in agenzia a tempo pieno, ho deciso che se questo servizio in Italia non c’era, lo avrei creato io. All’inizio l’idea era di aprire un negozio a Bologna, ma conti alla mano, sarebbe stata davvero dura. Allora ho aperto l’e-commerce e mi sono lanciata sui social. Ho dedicato tutto il mio tempo libero a questo progetto.” La risposta al suo lavoro è così positiva che da novembre 2021 Frab’s è diventato anche un negozio fisico: “Quando ho visto che le cose funzionavano e che c’era la possibilità di farlo a tempo pieno, con Dario, il mio compagno, che mi supporta dall’inizio, ho deciso che potevo fare un passo in più, lasciare il lavoro e fare solo questo.” Forlì non è la città in cui ci si aspetterebbe di trovare un negozio simile, ma anche per questo il progetto di Anna ha

il suo fascino: “Sono nata in Basilicata, ma ormai è da più di 10 anni che vivo qui e considero Forlì la mia città. Inoltre, è bello sapere che nel mio piccolo contribuisco a farla conoscere come luogo legato alla cultura: tempo fa due ragazze sono venute dalla Calabria e, con la scusa di venirmi a trovare in negozio, si sono fermate qui in Romagna per qualche giorno, e così hanno avuto l’occasione di visitare luoghi che, fossi stata a Milano, avrebbero continuato a ignorare.” Del resto, Forlì è una base perfetta, da cui è facilissimo spostarsi un po’ ovunque: a Milano oppure a Roma, dove di recente è stata ingaggiata per la gestione del bookshop e degli eventi del Contemporary Cluster a Palazzo Brancaccio. Senza contare i progetti collaterali in cantiere, legati all’editoria e alla organizzazione di eventi, sui quali Anna per ora accenna solo vagamente: “Non vogliamo fermarci: questo è solo l’inizio!” Via Marconi, 7 Castrocaro Terme | T. 0543 767305 www.gioielleriacalonicicastrocaro.it


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SPETTACOLO

FOTOGRAFIA IN SCENA IMMAGINI, STORIA E SPETTACOLI DEL TEATRO BONCI DI CESENA

DI LUCIA LOMBARDI

FOTO SIMONE RAGAZZINI

“Avvicinarsi il più possibile, far quasi parte della scena” è l’atteggiamento camaleontico con cui il fotografo cesenate Simone Ragazzini, classe ‘77, documenta dal 2019 gli spettacoli di prosa e danza delle stagioni del Teatro Bonci di Cesena. Scatti rubati per restituire “la parte più umana di chi è in scena, come il respiro preso per compiere un passo, dire una battuta, o la rilassatezza di chi in quel momento non è sotto al riflettore. Congelando per sempre quel particolare che da platea o palchi può sfuggire: un’occhiata, un sorriso, un gesto, una carezza.” Ragazzini ha approfittato del lockdown per catalogare le immagini di scena scattate fino a quel momento, selezionando di concerto con il direttore del teatro, Franco Pollini, quelle dedicate alla danza che sono state esposte sulle pareti del foyer e degli ordini superiori del Teatro. La carriera di fotografo di scena per il teatro si è sviluppata per

“L’IMPORTANTE DOCUMENTAZIONE VISIVA DEL TEATRO BONCI SI È IMPLEMENTATA NEGLI ULTIMI ANNI,” SPIEGA POLLINI. QUESTO ANCHE GRAZIE AL LAVORO DEL FOTOGRAFO SIMONE RAGAZZINI.

caso “da amante della musica, soprattutto del genere rock. I miei primi scatti al Bonci sono avvenuti in occasione del Festival internazionale del Videoclip, con la partecipazione di Sting, e alcune mie foto del cantante sono state pubblicate sul Corriere della Sera. Così, alla luce di questo episodio, mi è stato chiesto di fotografare un balletto ed è

iniziato il percorso per diventare il fotografo del teatro.” Da bambino rubava la reflex del padre e dalla macchina fotografica non si è più separato, fino a farla diventare compagna di lavoro, seguendo corsi con i fotografi del National Geographic, visitando mostre e studiando fotografi del passato. “Per ogni genere che affronto ho diversi riferimenti artistici, guardo a differenti fotografi e alle tecniche da loro di volta in volta abbracciate, perciò mi capita di unire o sfruttare quanto visto e appreso.” “L’importante documentazione visiva del Teatro Bonci si è implementata negli ultimi anni,” spiega Franco Pollini. “Nell’Archivio sono conservate fotografie di scena di varie epoche. Più di recente campagne fotografiche sono state commissionate a fotografi di grande spessore che si sono concentrati sui singoli spettacoli, come Zangheri, Savelli, Senni e quindi Stefania Albertini, in particolare sui titoli di 41


SPETTACOLO

IN QUESTE PAGINE, DEGLI SCATTI DI SIMONE RAGAZZINI CHE DOCUMENTANO LE STAGIONI TEATRALI DEL BONCI DI CESENA. IN ALTO, NELLA FOTO IN BASSO A SINISTRA, IL DIRETTORE USCENTE FRANCO POLLINI.

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danza. Ma vorrei ricordare anche la documentazione del Teatro ragazzi, opera di Luigi Ghirri e Guido Guidi, e la registrazione video di tutti gli spettacoli teatrali dal 1996 al 2018, il Docufilm sul Teatro di Matteo Bosi e lo spot sui siti museali interni al Teatro che sta realizzando lo stesso Ragazzini.” L’archivio fotografico del Bonci è un patrimonio notevole, vivo e interessante, un tesoro da custodire, conservato prevalentemente nell’Archivio del Bonci e nell’Archivio fotografico della Biblioteca Malatestiana. Esso sarà “valorizzato attraverso mostre e pubblicazioni. Ad esempio il ricco catalogo postumo, in fase di redazione, sulla mostra del Centosettantesimo del 2016, che ha coinvolto platea e palchi, ha esposto decine di fotografie e documenti storici.”

La pandemia ha sconvolto luoghi e abitudini. Ha chiuso teatri e cinema che oggi faticano a ritrovare i propri pubblici. “Il Bonci è stato più fortunato di altri perché intanto ha utilizzato il lockdown per accelerare lavori di manutenzione, ormai necessari, che hanno riportato i vecchi legni alla loro straordinaria lucentezza. E poi perché ha già ritrovato in larga misura i suoi spettatori. Molto lavoro deve essere ancora compiuto ma possiamo essere fiduciosi. Ad ogni stagione si volta pagina e si ravvivano le esperienze. Figuriamoci dopo una cesura così drammatica.” Nell’immediato futuro, per Pollini, “occorre selezionare le proposte, potenziare le attività musicali, affidarsi ai rapporti con le scuole e le istituzioni, considerare ogni evento come generatore di un proprio pubblico. E soprat-

tutto non dimenticare mai che il nostro è un servizio alla collettività.” Franco Pollini per raggiunti limiti d’età è in fase di pensionamento e lascerà il passo a Cosetta Nicolini, perciò un bilancio sul proprio operato alla direzione di questa istituzione, tanto importante per il territorio, viene spontaneo: “Fare un consuntivo di quarant’anni di attività è molto complicato. In più ci stiamo riferendo a una istituzione storica della città che ha compiuto appena ora 175 anni! Comunque, mi sento testimone, depositario, e anche responsabile, del lavoro pluridecennale di una squadra di donne e uomini, di amministratori e tecnici che ha messo a disposizione della propria città idee e competenze, all’inseguimento di un progetto condiviso di grande respiro. Potrei citare tantissimi progetti realizzati in questi anni che sicuramente avranno sviluppi significativi negli anni a venire, tra questi la conservazione e la valorizzazione del Teatro che è divenuto museo di se stesso con un articolato e ricco tessuto di piccoli e interessanti musei, a cominciare dai Cassetti della memoria, dove sono raccolte le voci delle attrici e degli attori. Su tutto questo non mi sono risparmiato e ho intenzione di continuare la mia ricerca personale e la mia azione anche in futuro. Sarò un cittadino militante.”



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ARTE

PROGETTO CRINALE UN LUOGO IN COLLINA TRA MUSICA, CREATIVITÀ, TERRITORIO E CONDIVISIONE

DI DOLORES CARNEMOLLA

FOTO STEFANO PRATI

Sulle colline romagnole, sopra Brisighella, è nato un centro artistico e culturale: si chiama Crinale, un casolare ristrutturato nel cuore della Romagna-Toscana, fra le province di Forlì-Cesena e Ravenna, convertito in uno spazio d’arte e accoglienza. In questo luogo antico e al tempo stesso innovativo è stato dato inizio a un processo creativo nel segno della musica e dell’incontro fra persone. Un progetto sostenuto dall’Emilia-Romagna Music Commission, realizzato da Strade Blu Festival, in collaborazione con altre realtà musicali e culturali del territorio: lo studio di registrazione L’Amor Mio Non Muore di Carpena, l’azienda agricola Borgo Fregnano, la rivista Gagarin Orbite Culturali. L’idea dei suoi fondatori è stata quella di far nascere uno spazio residenziale creativo e insieme uno studio di registrazione musicale. Qui vengono ospitati anche seminari, corsi, residenze d’artista, incontri, eventi in natura e laboratori per tutti. Uno spazio appartato e a contatto con la natura, un punto di forza al servizio della produzione, della creatività. “Veniamo da alcuni mesi di lavoro che hanno fatto 45


ARTE

da preludio a questo avvio pubblico delle attività del Crinale,” racconta Antonio Gramentieri, direttore artistico. Partiamo dal nome, perché lo avete scelto? “Il crinale indica uno spartiacque, un punto di limite fra versanti diversi. Noi abbiamo messo le radici su un crinale geografico, al confine fra due province e due regioni, esattamente sul punto della collina in cui girando lo sguardo riesci ancora a cogliere tutte le direzioni possibili. Siamo su un crinale stilistico: affrontia-

DPIS RECUM EOS AUT RECTATIS AUT QUISCIA QUAE PELLABOR RE OFF.

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mo il creare musica con un metodo antico, fatto di strumenti fisici e compresenza, tuttavia consapevoli del moderno. Siamo sul crinale fra due epoche, il prima e dopo questi anni che cambieranno per sempre il modo di rapportarsi alle arti e alle persone. C’è il senso di confine, quindi, ma anche il radicamento alla terra. Alla nostra terra.” Come vi è venuto in mente di realizzare uno studio di registrazione tra le colline? “Le colline sono casa nostra. La natura periferica di questa espe-

rienza per noi non è una scelta esotica ma il senso stesso della nostra appartenenza. Crediamo nella periferia, crediamo che l’arte possa nascere e fiorire anche senza cedere sempre alla spinta centripeta verso la città. In un periodo così chiassoso, di comunicazione così violenta, di rapporti così difficili, rimettersi in gioco all’interno di una natura molto potente ha un grande valore simbolico. Fare arte, e condividerla, è una necessità vecchia come l’uomo. Creare un luogo sospeso dove recuperare questa



ARTE

UNO SPAZIO A CONTATTO CON LA NATURA NEL CUORE DELLA ROMAGNATOSCANA, AL SERVIZIO DELLA CREATIVITÀ. “CREDIAMO CHE L’ARTE POSSA NASCERE E FIORIRE ANCHE SENZA LA SPINTA CENTRIPETA VERSO LA CITTÀ.”

IN QUESTE PAGINE, IL CASOLARE RISTRUTTURATO E CONVERTITO NEL CENTRO ARTISTICO E CULTURALE CRINALE.

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necessità e tutto il suo peso rituale è la risposta meno polemica e più politica che avevamo a disposizione, di fronte a questi anni balordi. La nostra polis è questa. Questo il nostro modo di stare al mondo, quello a cui crediamo.” Quali progetti vedranno la luce in primavera? “Crinale non è uno studio di registrazione in senso classico ma più un luogo di produzione culturale, senza confini. Ospitiamo prevalentemente produzioni musicali, perché questa è la nostra materia prima e la nostra storia. Ma abbiamo anche ospiti che lavorano sulla danza, teatro, laboratori artistici per bambini,

residenze di artista. Con la primavera vogliamo anche partire con piccoli appuntamenti dal vivo, all’interno dello studio, dove un artista parli di un suo lavoro, lo racconti sia con le parole che performandolo. Raccontare il fare arte dentro un laboratorio artistico e farlo per un pubblico. Certamente non siamo nel periodo migliore per fare programmazioni a lunga scadenza, ma quella della performance per un pubblico è una dimensione che vogliamo coltivare.” Il progetto Crinale lega il territorio alla musica, alla creatività… e a cos’altro? “Crinale lega inscindibilmente

il fare arte alle persone, fisiche, in compresenza, e questo è il senso prima e ultimo di questo progetto. Certamente portiamo il nostro particolare vissuto in questa esperienza, e lo facciamo fornendo uno sguardo, con una visione. Un’idea sui suoni, sugli strumenti, sullo stare insieme, in ultima analisi sul ruolo della bellezza nella vita e nella creazione artistica. Per noi farlo sul nostro territorio ha anche il senso di riportare a casa, e mettere a disposizione di altri, le esperienze che abbiamo raccolto in questi lustri in giro per il mondo. È il modo di chiudere un cerchio allargandolo, aprendolo a nuovi sviluppi.”


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Forlì è da sempre un punto di riferimento per il settore della produzione nautica, parte integrante del comparto della costa Adriatica: il polo made in Italy di eccellenza mondiale che, superate periodiche flessioni, è ad oggi in forte e costante crescita. La forlivese Diesse Arredamenti, leader nella realizzazione degli interni degli yacht di lusso, ha deciso di ripercorrere la storia di questo settore dedicando un libro allo sviluppo dell’industria nautica locale: Ingegno e coraggio – Diesse Arredamenti e la filiera che fa grande l’industria nautica italiana, curato da Menabò Group e Maria Roberta Morso, in lingua italiana e inglese.

Il libro nasce nel trentennale di Diesse Arredamenti per celebrare il lavoro e la visione di tante persone che, coralmente, hanno dato vita e voce all’industria nautica italiana, in particolare a quella che è sorta e si è sviluppata sulla costa Adriatica, un’industria che porta il nome dell’Italia al vertice mondiale nell’ambito della costruzione di grandi yacht. Il titolo, Ingegno e coraggio, sintetizza le caratteristiche principali dell’azienda forlivese, ma anche quelle dei propri partner: la storia di Diesse Arredamenti è un capitolo importante che si inserisce a pieno titolo nella cornice dello sviluppo dell’interior yacht design italiano.

“Non abbiamo voluto che fosse un libro autocelebrativo ma che rappresentasse l’occasione per focalizzare l’interesse sull’incessante sviluppo della nautica di lusso,” afferma Paolo Ravaglioli, presidente dell’azienda. Era il 1990 quando i soci fondatori decisero di mettersi in proprio, intuendo le possibilità di un mercato in crescita, e aprendo la prima sede dell’azienda a Forlì in una porzione di capannone di poco più di 100 metri quadrati. L’intuizione fu giusta ed è stata premiata dalla crescita costante di un’azienda che ha saputo resistere agli umori e alle crisi del mercato, adattandosi e aggiornandosi continuamente, prima come partner di Ferretti, poi dal 2002 all’interno del Gruppo Ferretti e infine dal 2011, attraverso l’acquisizione da parte di Paolo Ravaglioli dell’intero pacchetto azionario, come partner di riferimento per i maggiori produttori di yatch di lusso. Nel 2020 l’azienda ha inaugurato una nuova sede da oltre 11.000 mq, per poter far fronte alle richieste dei propri clienti e continuare ad essere un punto di riferimento per questo florido settore, che riconosce in Forlì un proprio centro nevralgico.


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