Pesaro IN Magazine 02 2021

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p e s a r o

n.2 2021 w w w. i n m a g a z i n e . i t

PAOLO BURONI

FRA ARTE E TECNOLOGIA

START-UP VERSO IL FUTURO

SPACEWEAR, HYDORGHEN, E-TOOL

VILLINO RUGGERI TRIONFO LIBERTY



EDITORIALE

28 06 / PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA

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Con i migliori auguri a tutti i nostri lettori, entriamo nel 2022 immergendoci nella “ricerca della terza immagine” di Paolo Buroni, fondatore dell’azienda Stark, produttrice di strumenti specifici per proiettare immagini su ogni tipo di superficie. Ci lanciamo nel futuro insieme a tre start-up che da Pesaro vogliono rivoluzionare tre diversi settori: Spacewear, l’abbigliamento; Hydorghen, l’energia; E-tool, il più classico dei mezzi di trasporto pesaresi, la bici. Viviamo l’emozione con quattro personaggi del teatro e del cinema: il cantante lirico Nicola Alaimo, la lettrice di audiolibri Francesca Di Modugno, l’attore Massimo Fradelloni e la regista Marta Miniucchi. Viviamo il fascino dell’Art Nouveau riscoprendo l’incredibile storia del Villino Ruggeri, riscopriamo le origini del Parco Urbano di Scultura di Pesaro, e molto altro ancora: buona lettura. DI ANDREA MASOTTI

28 / ARCHITETTURE TRIONFO LIBERTY

35 / ARTE PARCO URBANO SCULTURA

08 / PROFILI

40 / MESTIERI

PAOLO BURONI

CARLO DIAMANTINI

15 / ECCELLENZE

45 / MUSICA

CREARE IL FUTURO

ROBERTA PANDOLFI

20 / CULTURA

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POKER DI EMOZIONI Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it Anno XV N. 2 dicembre/gennaio Reg. di Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n.6 Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Beatrice Loddo Coordinamento di redazione: Simonetta Campanelli Artwork e impaginazione: Francesca Fantini, Agnese Lodola Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Laura De Paoli Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 10/12/2021 Collaboratori: Simonetta Campanelli, Elisabetta Marsigli, Alice Muri, Deborah Papisca, Giovanna Patrignani, Michele Romano, Silvia Sinibaldi Fotografi: Archivio Team Luna Rossa, Laura De Paoli, Andrea Speziali, Luca Toni

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

20 48 / SPORT ROBERTO BISCONTINI




PILLOLE

NEL NOME DELL’ARTE PESARO | È uscito recentemente nei cinema italiani il film Napoleone. Nel nome dell’arte, diretto dal regista pesarese Giovanni Piscaglia. Voce narrante e guida del documentario è il Premio Oscar Jeremy Irons. Nell’anniversario dei 200 anni dalla morte, la pellicola di Piscaglia rivela le doti di grande uomo e il carisma di politico, l’approccio alla vita, al mondo, alla storia, all’arte di Napoleone, che voleva lasciare ai posteri un segno indelebile e desiderava essere ricordato non solo per le battaglie, ma per avere donato al popolo bellezza e cultura. (S.C.)

ORIENTARSI NELL’IMMOBILIARE PESARO | Tommaso Andreani riconfermato alla presidenza del Consiglio Provinciale FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali) di Pesaro-Urbino: “Lavoriamo per la tutela e il supporto delle scelte degli utenti e dei servizi ai cittadini. Tra i nostri progetti c’è Orienta Casa, lo sportello informativo per i cittadini per un orientamento consapevole su compravendita e locazioni immobiliari, bonus per il risparmio energetico… È stato avviato anche un altro progetto di collaborazione con il Comune di Pesaro, per la riqualificazione delle aree urbane nel rispetto dell’ambiente e a tutela della natura”. (S.C.)

MANI DI FATA PESARO | Si è fatta notare anche da Glamour Silvia Mazzoli con le sue creazioni, fatte a mano e personalizzabili: la passatoia a bollini (un materiale in speciale PVC usato per rivestire i pavimenti di interni ed esterni) è materia prima per borse, zaini, pochette, e tanto altro ancora, nel suo negozio/laboratorio Silvia’s Think nel cuore del centro storico di Pesaro. (D.P.)



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PROFILI

PAOLO BURONI

UN VIAGGIO ONIRICO FRA ARTE E TECNOLOGIA

DI SILVIA SINIBALDI

Una grande storia artistica e produttiva nata sulla passione di un bambino. Tutto parte, infatti, dalla passione per la fotografia che ha stregato Paolo Buroni fin dall’infanzia. Poi gli spazi si sono dilatati, le immagini si sono trasformate acquisendo il movimento ma restando altro dal cinema. Fino ad arrivare al potente proiettore da lui progettato e realizzato pezzo per pezzo, per spalmare la magia onirica delle sue immagini da piazza Duomo a Milano alla Grand Place di Bruxelles. I pesaresi hanno assaggiato quella che lui definisce “multivisione architetturale” in piazza del Popolo ma anche in piazza Matteotti a Cagli, uno dei luoghi del cuore dell’artista. A Fano applauditissimo il videomapping sull’Arco di Augusto, a Urbino la spettacolare proiezione di dipinti e la lettura di preziosi libri della Galleria Nazionale delle Marche e del Palazzo Ducale. La carriera di Buroni si apre con i reportage fotografici commissionati da grandi agenzie come Grazia Neri e Focus Team che lo

FOTO LAURA DE PAOLI

portano in giro per il mondo. Ma l’utilizzo giornalistico delle sue immagini non lo soddisfa. “Vivevo una sensazione sgradevole, la sensazione che la fotografia non ottenesse il dovuto rispetto, venduta a tanti giornali perdeva di personalità. Io scattavo immagini che raccontavano storie, servizi che equivalevano a una narrazione ma il risultato del mio lavoro di freelance mi stava stretto.” Lo anima infatti uno spirito artistico, e l’idea di liberare le immagini dalla prigionia dello schermo così da ridisegnare grandi spazi architettonici. Ma la sua creatività non basta, perché Paolo Buroni si è prodotto anche gli strumenti per realizzarla. Proiettare immagini su monumenti, pareti di edifici, facciate di grandi dimensioni richiede strumenti specifici che, dal 1992, il visual designer ha cominciato a produrre fondando l’azienda Stark, la società nella quale lavora insieme ai figli Alex (creative designer) e Alice (architetto e project designer) e alla moglie Sabine Lindner (grafi9


PROFILI

ca e artista). Fondamentale nella sua attività il passaggio alla computer art e agli strumenti che gli consentono realizzare le sue grandi installazioni che coniugano immagini, musica e architetture dando vita a un nuovo linguaggio, a un nuovo registro artistico con la creazione di veri e propri ambienti virtuali. Portano la sua firma anche gli studi televisivi di Che tempo che fa e di X Factor, dove la multimedialità è di rigore. Ma grazie alla Stark l’attività artistica e di produzione di Paolo Buroni e del suo family team propone anche proiezioni architetturali interattive all’interno di grandi eventi: Biennale, Mostra del Cinema, Luis Vuitton Cup per la Coppa America, allestimenti mu-

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GRAZIE ALLA STARK L’ATTIVITÀ ARTISTICA E DI PRODUZIONE DI BURONI E DEL SUO FAMILY TEAM PROPONE ANCHE SUGGESTIVE PROIEZIONI ARCHITETTURALI INTERATTIVE PER GRANDI EVENTI.

seali, video mapping in 3D e ologrammi. E – grazie alla sua anima tecnologica – produzione di apparati per effetti speciali interattivi. Nel palazzo Ducale di Gubbio è diventata un’installazione permanente la rappresentazione tridimensionale olografica a grandezza naturale del Duca Federico da Montefeltro. Quanto agli allestimenti museali, si è concluso da poco l’intervento multimediale di “Interactive and immersive experience”, al Museo Pontificio della Santa Casa di Loreto che ha offerto l’incredibile emozione di toccare la Madonna del Velo o Madonna di Loreto di Raffaello. Bellissima anche la ricostruzione virtuale della facciata incompiuta della chiesa di San Lorenzo a Firenze, parte



PROFILI

IN QUESTE PAGINE, PAOLO BURONI, ARTISTA DEL VIDEOMAPPING E FONDATORE DI STARK. NELLA PAGINA PRECEDENTE, BURONI INSIEME AI FIGLI ALICE E ALEX, E UN MOMENTO DEL VIDEOMAPPING ALLA GRAND PLACE DI BRUSSELS.

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integrante di quel percorso che l’artista definisce “la ricerca della terza immagine” e che lo ha portato a proiettare immagini su ogni tipo di architettura e di piattaforma. “Ho proiettato sull’acqua, sull’erba, sugli alberi, sulla neve e sulle nuvole,” racconta. Impossibile elencare i luoghi, le strutture, i musei, le piazze e le performance realizzate in giro per il mondo. Ma aprendo il suo sito è possibile scoprire un universo di arte e tecnologia. “Non ho mai avuto paura,” aggiunge Buroni, “e mi sono sempre sentito libero di sperimentare.” E per farlo ha scelto la provincia, ha scelto un piccolo paese come Smirra: “Un posto bellissimo dove respiro la campagna, mi immergo nella bellezza. Credo che i piccoli centri oggi siano i luoghi della creatività. Penso alle residenze artistiche che coinvolgono quasi sempre piccole realtà che garantiscono lo spazio mentale per fare ciò che si vuole”. “I miei allestimenti rispondono al desiderio di mutare gli spazi sui quali intervengo. Spes-

so scelgo luoghi abbandonati, come chiese in disuso, periferie dimenticate per trasformare quegli spazi attraverso le immagini e in questo modo creare una realtà nuova. Per esempio, al Museo Enzo Ferrari ho installato 15 schermi creando un ambiente unico e lo spettatore che vi si trova immerso prova un senso di libertà, perché non si limita a osservare le immagini, ma ci naviga all’interno.” La sfida è senza dubbio raggiungere il giusto sincronismo, armonizzare la multimedialità. Per esempio, rallentare l’immagine di un braccio che si alza. Scegliere la velocità da imporre a quel gesto produce un duplice effetto emozionante: “Scoprire l’incanto di un movimento e immergersi in quella immagine per creare la tua storia”. Questo è il cuore del concept artistico di Paolo Buroni, viaggi onirici nel tempo e nelle spazio, immersioni nella tridimensionalità, stupore e sorpresa, calore e commozione grazie al gioco di sensori e telecamere con cui esprime la sua anima.


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ECCELLENZE

CREARE IL FUTURO TRE START-UP PER RIVOLUZIONARE TRE SETTORI

DI MICHELE ROMANO

Chi lo avrebbe mai detto? A Fano si studiano nuovi tessuti e materiali partendo dalle esperienze nello spazio, a Tavullia si progettano impianti di nuova generazione per la produzione di idrogeno e a Pesaro, città della bicicletta, le producono non solo green ma anche intelligenti e socialmente utili. La nostra Provincia, insomma, ha una larghissima rappresentanza lungo la nuova frontiera dell’innovazione: sono 65 le start-up attualmente attive, 406 nelle Marche. Idee forti, che nascono da imprenditori che contaminano esperienze professionali e competenze; proiettate nel futuro e sui mercati globali, e che (come del resto in tutta Italia) sono alla ricerca di investitori, le cui risorse servono come il pane a non far arenare progetti eccellenti, per passare dal pionerismo allo strutturato. Marcello Azzoni, co-fondatore di Spacewear: perché una startup che opera nel comparto della moda e che prende ispirazione dallo spazio? “Nasciamo a Fano dal connubio di designer e ingegneri di vari settori e abbiamo un’identica visione: è necessario recuperare il gap enorme che si è creato nel settore abbigliamento, che non è

FOTO LUCA TONI

LA NOSTRA PROVINCIA HA UNA LARGHISSIMA RAPPRESENTANZA LUNGO LA NUOVA FRONTIERA DELL’INNOVAZIONE. IDEE FORTI, PROIETTATE NEL FUTURO E SUI MERCATI GLOBALI.

più adeguato all’attuale sistema di vita quotidiano della gente. Abbiamo partecipato a molte sessioni e web conference sulla space economy e recepito molti input che ci hanno permesso di immaginare e capire le necessità di innovazione da poter sperimentare su un capo da testare in volo.” È nata così Spacewear Fly Suite 1, la tuta indossata dal colonnello Villadei in occasione del primo volo suborbitale di Aeronautica Militare e CNR con un vettore Virgin Galactics. “È realizzata con materiali ignifughi e antimagnetici, in mischia 15


ECCELLENZE

IN APERTURA, MARCELLO AZZONI DI SPACEWEAR. IN QUESTA PAGINA, DAVIDE MARINI, CEO DI HYDORGHEN E UN RENDERING DEL LORO PROTOTIPO DI ELETTROLIZZATORE.

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con materie prime naturali. Sono 150 pezzi assemblati tra loro per ottenere una saldatura ultraresistente alle accelerazioni e un comfort assoluto. Senza contare che è completamente wearable e grazie alla presenza di device è in grado di registrare tutti i dati biometrici di chi la indossa.” Con quali prospettive? “Penso, ad esempio, ai nuovi megatrend che saranno generati e al loro sviluppo in termini di nuovi materiali, funzionalità e design innovativo, che giovani e meno giovani faranno propri.” Il progetto Hydorghen è nato due anni fa, ma dietro ci sono almeno 10 anni di ricerca e sviluppo maturati nel settore degli elettrolizzatori alcalini. I tre soci fondatori della startup, Davide Marini (CEO), Enrico Zucchiatti (responsabile di R&S) e Loris Laporta (responsabile produzione e commerciale) hanno fissato il loro quartier generale a Tavullia. Marini, qual è il vostro obiettivo?

“Sviluppare e produrre una nuova tipologia di impianti di generazione di idrogeno. Sfruttando un’innovativa ed esclusiva tecnologia, attualmente in corso di brevettazione, Hydorghen sarà in grado di completare il processo produttivo con consumo di energia molto ridotto e in modalità zero emissioni.” State sfidando i grandi colossi dell’energia… “I nostri competitor operano con una tecnologia consolidata con consumi di energia superiore al 4 Kw/h Nm3, noi vogliamo scendere a un valore prossimo di 3,6 Kw/h Nm3, con un consistente risparmio energetico. Abbiamo sviluppato la tecnologia completamente in house e, facendo leva sull’esperienza acquisita dal team nel settore oil&gas e impianti industriali, ci proponiamo come produttori ma anche erogatori di servizi.” Avete già realizzato e testato il primo prototipo di elettrolizzatore: con quali risultati? “Ottimi riscontri in termini di

efficienza energetica e il prodotto è già sul mercato. Al momento siamo in procinto di iniziare la progettazione di un elettrolizzatore da 1 megawatt di potenza installata.” Il progetto E-tool nasce da una idea dei due co-fondatori della start-up: Massimiliano Ascolillo, con esperienze professionali nel mercato impiantistico e degli appalti pubblici con particolare attenzione al mondo delle Esco (Energy Service Company), dei sistemi ingegneristici complessi e delle smart cities, e Luca Cavoli, che ha una specializzazione pluriennale nel mondo del management gestionale, organizzativo e amministrativo. E-tool è la prima city e-bike completamente connessa, grazie al sistema composto da e-bike, smartphone, piattaforme, app, GPRS e sensoristica di bordo. Luca Cavoli, quali caratteristiche ha questa bici del futuro? “La si ordina con un click e una volta ricevuta basterà scaricare l’App, inquadrare il QRcode e


Tra le vie del Centro storico di Pesaro, nel 2017, è nato Hiro10, frutto dell’esperienza del maestro e Chef Kentaro Mori, originario di Tokyo e della passione di Valentina Ceccolini. Ceccolini L’obiettivo della famiglia Hiro10 è garantire a clienti esperienza e amici non un semplice pasto, ma un’esperienza unica in un ambiente raffinato ma informale, informale tra canne di bambù, tende Noren, tazze di sakè e scatole Bentō.

Chiuso domenica e lunedì


ECCELLENZE

LE START-UP SONO ALLA RICERCA DI INVESTITORI, LE CUI RISORSE SONO INDISPENSABILI PER NON FAR ARENARE PROGETTI ECCELLENTI, PER PASSARE FINALMENTE DAL PIONERISMO ALLO STRUTTURATO.

connettere il proprio smartphone, che diventa la chiave di accensione e di gestione totale della e-tool. Inserendo i dati biometrici personali sarà poi possibile sbloccarla, bloccarla e rintracciarla, perché è sempre geo-referenziata, e determinare l’attività svolta.” Ed è così intelligente da dare indicazioni sullo stato di salute di chi la guida… “Il combinato disposto della sensoristica di bordo, composta da manopole in grado di monitorare costantemente il battito cardiaco, giroscopio incorporato e crash detection, costituiscono il sistema Alert Angel, che si attiva automaticamente in caso di picco cardiaco o di evento accidentale.” L’idea di E-tool nasce nel periodo più buio del Covid, durante il lockdown. “È stato un lavoro enorme riu-

scire, in poco più di 18 mesi, a definire la struttura aziendale in ottica di sostenibilità smart, progettare, prototipare e definire la catena industriale attuatrice del progetto. Fanno parte della nostra squadra il designer Giovanni Vampa, il responsabile tecnico Luca Destro, Giulio Mancino e Lorenzo Forcellini di Digital Ide-

ators, che hanno positivamente e con grande professionalità attuato tutte le funzioni di ingegneria applicate all’IoT. Comunicazione e web design sono stati curati da Numero3 di Sara Caiazza, con il prezioso ausilio di Gianluca Guidi per le immagini e le riprese del concept.” Tutte le componenti sono Made in Italy? “E-tool è totalmente assemblata a Pesaro, con componenti realizzati da noi e per noi e con componenti, quelli standard, provenienti da Usa, Germania e mercato asiatico.” E più si pedala più si risparmia sugli acquisti. “È il marketing innovativo, che ristora gli utilizzatori virtuosi della bike. Si raccolgono i crediti nel wallet elettronico personale per poi accedere a sconti e convenzioni che si attivano sul territorio, il tutto per vivacizzare gli scambi commerciali con gli esercizi cittadini fortemente penalizzati nel periodo pandemico e post pandemico, quando l’abitudine all’acquisto on-line ha prevalso rispetto al tradizionale modo di fare la spesa.”

IN ALTO, MASSIMILIANO ASCOLILLO E LUCA CAVOLI DI E-TOOL. IN BASSO, UN DETTAGLIO DELLA LORO BIKE INTELLIGENTE.

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CULTURA

POKER DI EMOZIONI QUATTRO ARTISTI DELLO SPETTACOLO, DAL VIVO, ALLA RADIO, ALLO SCHERMO

DI ELISABETTA MARSIGLI

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FOTO LUCA TONI


“IL NOSTRO È IL LAVORO PIÙ BELLO DEL MONDO: DONARE EMOZIONI AL PUBBLICO TI DÀ PROFONDA SODDISFAZIONE. CERTO MI PIACEREBBE CANTARE DI PIÙ IN ITALIA,” RACCONTA NICOLA ALAIMO.

Il palcoscenico ha un fascino particolare: che sia un teatro o un set cinematografico, dietro o davanti la macchina da presa, l’ebbrezza e l’emozione delle luci della ribalta non hanno eguali. Non sempre sono emozioni in grado di essere descritte: è qualcosa di intimo, in un dialogo diretto con il pubblico, in uno scambio puro, di grande empatia. Nicola Alaimo, splendido cantante lirico siciliano che ha la cittadinanza onoraria nella nostra città, è cresciuto in una famiglia di musicisti e cantanti e per lui è stata un’evoluzione naturale salire su un palco. “Con la vocazione per l’opera, mi sentivo un po’ diverso dal resto dei miei compagni che mi prendevano in giro per questa passione. Già all’età di 10 anni volevo esibirmi, perché il palcoscenico mi dava la possibilità di entrare nei panni di qualcun altro e non essere più Nicola, con i suoi limiti, la sua timidezza e fragilità.” E da allora l’emozione non si è mai

affievolita: “A volte è anche motivo di preoccupazione in quegli istanti prima di entrare, che poi sono lo stimolo a dare il meglio di me stesso. Forse si è un po’ attenuata la frenesia al lavoro, da quando sono diventato padre, perché la lontananza dalla famiglia mi pesa moltissimo. Il nostro è il lavoro più bello del mondo: donare emozioni al pubblico, sia facendo ridere che commuovendo, ti dà profonda soddisfazione. Lì nasce la magia, la profonda empatia. Certo mi piacerebbe cantare di più in Italia: abbiamo i teatri più belli del mondo”. Anche il primo amore di Francesca Di Modugno è stato il teatro e l’emozione del palcoscenico le è rimasta dentro, tanto che ancora oggi, compatibilmente con i suoi impegni famigliari, non ci rinuncia. La sua voce è molto nota in città e non solo: dal lavoro con Radio Veronica, alla lettura di audiolibri: “Fu proprio alla Radio che mi proposero di farlo. Mi è risultato subito molto 21


CULTURA

facile, anche se non lo è per nulla. Mi piace leggere per i bambini e collaboro con diverse case editrici di audiolibri scolastici. Con la voce si può spaziare a 360 gradi ed è per questo che lavoro da anni anche con Coccole Sonore, dove canto canzoncine”. La voce di Francesca è davvero emozionante, capace di interpretare streghe o regine, orchi e principi: “Le canzoni per bambini hanno tantissime visualizzazioni e, a volte, mi sento quasi Lady Gaga!”, scherza. Ma l’emozione vera rimane il pubblico: “Le letture, le collaborazioni con i musicisti, dove c’è una interazione tra parole e musica che riesci a far penetrare fino a immedesimarti, anima e corpo, rimangono senza paragoni. Fare quello che faccio mi emoziona ogni giorno

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“IL TEATRO NON MI AFFASCINA COME IL SET. L’EMOZIONE È STATA RITROVARSI IN UN CAMERINO DI CINECITTÀ CON IL MIO NOME SCRITTO SOPRA, ACCANTO A NOMI FAMOSISSIMI,” RACCONTA MASSIMO FRADELLONI.

di più”. Preso dai film degli anni ’80 che seguiva con grande passione, in Massimo Fradelloni è nato il desiderio di poter essere su un set. “Ho realizzato una parodia di 3 spot pubblicitari e,

non essendo figlio d’arte, sono andato personalmente a caccia di registi,” racconta Massimo. “Ho iniziato con Leandro Castellani e mi si è aperto un mondo, perché nell’incontro di persona si trasmette molto. L’emozione è stato ritrovarsi in un camerino di Cinecittà con il mio nome scritto sopra, accanto a nomi famosissimi.” Il fascino del set: “Il teatro non mi affascina come il set, dove ci sono tante persone che vedi lavorare per te ed è molto emozionante”. Massimo non ha mai smesso di credere nel suo grande sogno: “Occorre perseverare e crederci davvero, soprattutto nell’approccio diretto con le persone. Non ho mai mandato mail né curriculum. L’emozione del palcoscenico è bello poi ritrovarla quando esce

NELLA PAGINA PRECEDENTE, IL CANTANTE LIRICO NICOLA ALAIMO NEI PANNI DI FALSTAFF. IN QUESTA PAGINA, L’ATTORE MASSIMO FRADELLONI E FRANCESCA DI MODUGNO, LETTRICE DI AUDIOLIBRI.



RUBRICA

“LA PASSIONE PER IL CINEMA C’È SEMPRE STATA, ANCHE PROPRIO QUELLA DI ANDARE AL CINEMA. OGNI VOLTA PENSO A UNA MAGIA, A QUALCOSA CHE SI COMPIE IN MODO MOLTO PARTICOLARE,” RACCONTA MARTA MINIUCCHI.

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il film: essere vicino a grandi attori, durante la premiazione di un film, è davvero qualcosa di unico”. Anche nel caso di Marta Miniucchi, regista del docufilm Benelli su Benelli, il palcoscenico viene dopo essere stata dietro la macchina da presa: “È eccitante creare dal vero, vivere quel momento intenso e creativo dietro la macchina da presa,” spiega Marta. “Il palcoscenico viene dopo, come nel caso del film su Tonino Benelli che, a Venezia, mi ha fatto vivere grandi emozioni. Ho avuto anche una intera giornata di interviste, come mi sono sempre immaginata

facciano le grandi attrici. Per un regista è sempre qualcosa di strano, diverso.” Marta ha fatto poche esperienze da attrice o da ballerina, le è sempre piaciuto di più il fascino della macchina da presa: “La passione per il cinema c’è sempre stata, anche proprio quella di andare al cinema, guardare un film sul grande schermo. Ogni volta penso a una magia, a qualcosa che si compie in modo molto particolare. Il passo da produttrice a regista è stato quasi naturale e iniziare con il successo di Benelli, al mio esordio con il lungometraggio, è stato bellissimo”.

IN ALTO, LA REGISTA MARTA MINIUCCHI.


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ARCHITETTURE

TRIONFO LIBERTY TUTTO IL FASCINO DEL VILLINO RUGGERI

DI GIOVANNA PATRIGNANI FOTO ANDREA SPEZIALI

Al n. 1 del Piazzale della Libertà sorge il Villino Ruggeri, in stile Liberty, in adesione con il movimento artistico internazionale Art Nouveau. Fu edificato nel primo decennio del Novecento, quando intorno allo Stabilimento Balneare, in quella zona di nuovo sviluppo urbano tra il centro storico e il mare, con funzione di centro residenziale degli emergenti ceti borghesi ma anche di polo turistico, iniziò a sbocciare la città-giardino con la costruzione di vari villini, caratterizzati dalla decorazione floreale delle facciate. Pioniere e protagonista della trasformazione della zona mare fu l’industriale farmaceutico Oreste Ruggeri (Urbino 1857 - 1912 Pesaro), che nel 1902 iniziò la costruzione del suo villino al mare, alla fine del viale dello Stabilimento – oggi viale della Repubblica. Era il quinto edificato, dopo le ville Calamaio, Mancini, Donati e Aurora. Negli anni seguenti fece erigere, nelle immediate vicinanze, anche Villa Olga, dal nome della moglie, e Villa Iside, dal nome della figlia, tuttora esistenti. 28

Il Villino Ruggeri fu completato nel 1907, quando divenne residenza di villeggiatura estiva della famiglia, status symbol della sua folgorante ascesa economica e del successo sociale. Ruggeri ne affidò la costruzione al concittadino Giuseppe Brega (Urbino 1877 - Pesaro 1960), pittore e decoratore di grande talento, divenuto architetto nel 1929. Il villino fu il risultato della collaborazione tra i due, legati da solida amicizia; ma parte fondamentale vi ebbero anche gli abilissimi artigiani, esecutori delle microstrutture, tutte in stile Liberty: cancellata, inferriate, balaustre, vetri, portoni, porte interne, mobilio, arredi, decorazioni degli ambienti, ornamenti del giardino. Nelle parti più alte del tetto a pagoda l’altezza del villino raggiunge i 13 m, mentre la cuspide della guglia sfiora i 16 m. Le quattro facciate sono una diversa dall’altra, ma armonizzate tra loro nelle briose decorazioni esterne, marine e floreali, plasmate a mano in cemento armato in un variopinto cromati-


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smo esasperato, purtroppo ormai scomparso, sostituito nel 1952 dal tinteggio monocromatico grigio-verde chiaro. Numerose sono le porte-finestre e finestre, di cui nel primo piano sono sopravvissuti alcuni vetri originari, sui quali è riportato il monogramma OR, iniziali di Oreste Ruggeri. Il portone bronzeo dell’ingresso principale è andato perduto nel 1921: l’attuale è in legno laccato grigio-verde chiaro. Ripete solo in parte il disegno di quello originario, sul quale erano scolpiti i busti dei coniugi Ruggeri e dei loro sei figli. Il villino si sviluppa su quattro piani; per ciascuna delle quattro stanze principali del primo piano, Brega aveva idea-

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IL GIARDINO ORIGINARIO È ANDATO DISTRUTTO; È RIMASTA SOLO LA GRANDE FONTANA CIRCOLARE CON IL BACINO DECORATO DA ARAGOSTE, IDENTICHE A QUELLE SOTTO IL CORNICIONE DEL VILLINO.

to un motivo floreale predominante nelle decorazioni parietali, nell’arredamento e nella tappezzeria, derivando da esso la denominazione delle stanze: degli ippocastani, dei glicini, dei girasoli, dei narcisi. L’edificio, a forma di parallelepipedo, di 90 mq circa, è collocato eccentricamente in un giardino recintato a forma di pentagono irregolare di circa 800 mq; la bellissima recinzione originaria in ferro battuto è andata perduta nel 1936, quando gli eredi Ruggeri vennero costretti a cederla per dare “ferro alla patria”. È rimasto solo il grande cancello d’ingresso a due ante, sorretto da due pilastri ricostruiti in occasione dei lavori di restau-


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ARCHITETTURE

LE QUATTRO FACCIATE SONO UNA DIVERSA DALL’ALTRA, MA ARMONIZZATE TRA LORO NELLE BRIOSE DECORAZIONI ESTERNE, MARINE E FLOREALI, PLASMATE A MANO IN CEMENTO ARMATO.

ro realizzati dagli eredi Ruggeri nel 1963, ai quali si appoggia la nuova e più leggera cancellata. Il ricchissimo giardino originario – nespoli del Giappone, gelsi, palme, fiori variopinti – tipicamente Liberty, è andato distrutto a seguito di eventi bellici; è rimasta solo la grande fontana circolare con il basso bacino decorato da aragoste, identiche a quelle presenti sotto il cornicione del villino. Il giardino era illuminato da lampade elettriche, anch’esse scomparse, che accentuavano la fiabesca atmosfera Belle Époque. Quando il villino fu inaugurato, tutto era un trionfo del Liberty: infissi, decorazione delle stanze, arredamento, lampadari, maniglie, coperte dei letti, stoviglie. Ma già prima della guerra del 1940 erano avvenute all’interno trasformazioni e modifiche, cui si aggiunsero, durante il periodo bellico e immediatamente successivo, gravissimi guasti, con perdita di molte decorazioni a tempera, delle vetrate colorate delle finestre, dei lampadari, di numerosi mobili. Fin dalla sua inaugurazione nel 1907, il lussureggiante e ammiratissimo Villino Ruggeri è stato annoverato fra i monumenti simbolo della città di Pesaro, ma non è aperto al pubblico, in quanto proprietà privata degli eredi Ruggeri.

IN QUESTE PAGINE, IL VILLINO RUGGERI CON ALCUNI DETTAGLI.

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ARTE

UNA LINEA CONTINUA IL PARCO URBANO DI SCULTURA DI PESARO

DI ELISABETTA MARSIGLI

L’attenzione che Pesaro ha avuto, fin dagli anni ’70, nel campo dell’arte e della cultura ha prodotto un fermento creativo molto particolare. È per questo che le opere collocate al suo interno fanno parte di un vero e proprio “Parco Urbano di Scultura”, un progetto nato dalla sinergica collaborazione di soggetti pubblici e privati e accolto formalmente, con una disposizione di giunta, dall’Amministrazione comunale e dalla Fondazione Centro Arti Visive Pescheria, che ha tutte le caratteristiche per essere presentato come una realtà espositiva unica e diffusa. Facciamo un esempio: perché i monumenti di Roma restano monumenti e non un parco diffuso? Perché nascono in momenti diversi e per motivi diversi. Perché invece il Parco urbano di Scultura di Pesaro è un museo diffuso? Perché le opere nascono in momenti diversi, ma per la stessa origine. “Questa origine,” racconta Luca Sguanci, “è l’approccio metodologico di Enrico Crispolti. Nei primissimi anni ’70, Pesaro importa un modello di mostra d’arte sulla scia di un grande evento degli anni ’60 acclamato dalla critica, dalla stampa nazionale

e internazionale e dal pubblico. Si trattava di Sculture nella città, che Giovanni Carandente aveva curato a Spoleto. La Sfera grande di Arnaldo Pomodoro e Saturno di Colla sono ancora oggi silenziosi testimoni di quel periodo. Crispolti, critico d’arte di rilievo del panorama nazionale, critica apertamente l’impostazione di

FOTO LUCA TONI

quelle iniziative: perché l’arte venga sdoganata al grande pubblico e diventi arte per tutti, non basta che venga esposta nei luoghi della città ma bisogna che la città intera partecipi in modo attivo alla realizzazione di un’opera ad impatto urbano ed alla sua collocazione.” Nasce così nel 1976 un progetto nuovo a Pesa35


ARTE

PERCHÉ IL PARCO URBANO DI SCULTURA DI PESARO È UN MUSEO DIFFUSO? PERCHÉ LE OPERE NASCONO IN MOMENTI DIVERSI, MA HANNO LA STESSA ORIGINE: L’APPROCCIO METODOLOGICO DEL CRITICO ENRICO CRISPOLTI.

ro: la città come spazio operativo. “Un progetto voluto da Loreno Sguanci, Marcello Guasti e Adelelmo Campana. Personalità che ben conoscevano il pensiero di Crispolti,” prosegue Sguanci. “All’interno dell’ovale del maestro Guasti e Porta a mare di Sguanci videro i natali proprio in quegli anni. Ripensare la città, vivere il collettivo, cooperare in équipe multidisciplinari: azioni strutturate e coordinate che avevano avuto a Pesaro un solo autorevole antecedente, il monumento alla

Resistenza di Caruso degli anni ’60.” Questa linea metodologica di intervento è rimasta viva fino alla fine degli anni ’90, anche grazie all’incarico ricoperto da Loreno Sguanci nell’ambito dell’Amministrazione pubblica: fu infatti assessore alla cultura e ideatore, prima, e direttore, poi, del Centro Arti Visive Pescheria. Grande e Sottilissima di Consagra viene collocata nel quadro di questo impegno politico e culturale. Ma negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio rilancio

di quell’idea: l’Amministrazione comunale colloca l’opera di Giuliano Vangi, accoglie il progetto del Parco di Scultura e struttura con l’Archivio Loreno Sguanci una compliance volta a promuovere, recuperare e valorizzare le opere d’arte esistenti e a costruire nuovi percorsi di fruizione e nuove direttrici progettuali. Molti sono i soggetti che oggi operano assieme: l’Ordine degli Architetti di Pesaro e Urbino, l’Associazione Azobé Onlus, la WunderKammer Orchestra, Macula, il Rotary Club Rossini Pesaro, la Cooperativa T41B, la Klein Sistemi. “Questa convergenza suggerisce che la cultura è vivacità ed impegno e al contempo dinamismo dei rapporti sociali, coinvolgimento di tutti i comparti della vita di una comunità,” conclude Luca Sguanci. “Ma per ogni cosa abbiamo bisogno di un punto da cui partire. Ecco che dal quartiere cittadino può essere tracciata una linea continua nel territorio provinciale; dal comune possono essere costruiti rapporti interregionali con altre realtà simili e con dimensioni museali; si può riscrivere una geografia turistico-culturale territoriale e, attraverso progettualità sulla rigenerazione urbana possono essere promossi nuovi interventi artistici che diano spazio ai giovani artisti conferendo dignità alla ricerca, tutta, nel campo delle arti visive.” Queste opere ci ricordano costantemente che la via della cittadinanza attiva e della partecipazione è, nel concreto, la possibilità di ripensare insieme parti della città affinché la città stessa risponda al nostro sentire.

NELLA PAGINA PRECEDENTE, SFERA GRANDE DI ARNALDO POMODORO. IN QUESTA PAGINA, PESARO 2002 DI MAURO STACCIOLI E, SOTTO, IL MONUMENTO ALLA RESISTENZA DI NINO CARUSO.

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FISIORADI MEDICAL CENTER UN NUOVO CENTRO POLIFUNZIONALE

DOPO OLTRE 20 ANNI DI SACRIFICI E IMPEGNO, IL FISIOTERAPISTA MAURIZIO RADI REALIZZA UN SOGNO: IL NUOVO CENTRO POLIFUNZIONALE DI VIA LAMBRO 15.

Iniziare dal piccolo per arrivare al grande. Questo è sempre stato il motto di Maurizio Radi, fisioterapista pesarese con un sogno in tasca e tanta voglia di crescere sul piano professionale e umano. Vent’anni fa, quando era poco più che un ragazzo, decide di fare un salto nel buio, tapparsi le orecchie per non ascoltare le “voci” che gli dettavano la follia del suo intento e apre uno studio di riabilitazione in zona centro città. Una realtà che avrebbe offerto strumenti, all’epoca, inaspettati e agli occhi di molti di dubbio successo, come la vasca riabilitativa, ma Radi era sicuro di ciò che faceva perché ci credeva davvero. E aveva ragione da vendere. Si dice sia estremamente arduo fare il passo da zero a uno piuttosto che da uno a cento… “In effetti lo è, ma poi ciò che ha abbattuto la difficoltà del fatidico primo passo è stato il grande

desiderio di creare qualcosa di mio e di conseguenza crescere uno staff di professionisti che insieme a me sarebbe diventato un bel team affiatato, per creare il massimo valore e offrire i migliori servizi e supporti in ambito fisioterapico.” Quindi non solo un fisioterapista, ma anche un imprenditore. Viene spontaneo chiedere quale sia il suo segreto. “Posso dire che il mio segreto consiste in un insieme di elementi: sacrificio, sforzo, impegno, credere in ogni momento in ciò che faccio. La costante formazione e passione per il mio lavoro sono impressi negli attestati appesi alle pareti del mio centro, a mostrare e garantire la lunga strada compiuta, sinonimo di serietà in ciò che faccio e, non ultimo, competenza e professionalità: preziosi biglietti da visita per i nostri pazienti. Infine

la volontà di approfondire i temi del marketing e della comunicazione che mi hanno permesso di lavorare a 360 gradi e sviluppare a tutto tondo la mia realtà lavorativa.” Quanto è importante avvalersi di uno staff?


“LO STAFF È FONDAMENTALE: VEDERE I MIEI COLLABORATORI AGIRE IN PIENA AUTONOMIA E GESTIRE IL CENTRO IN MODO IMPECCABILE MI RIEMPIE DI GIOIA E SODDISFAZIONE,” RACCONTA MAURIZIO RADI.

“Non è importante ma fondamentale. Da solo sarei arrivato fino a un certo punto e per me lavorare in équipe è bello e costruttivo. Vedere i miei collaboratori crescere, essere soddisfatti del loro lavoro, vederli agire in piena autonomia anche in mia assenza e gestire il centro in modo impeccabile mi riempie di gioia e soddisfazione.” E pare che questa costante passione, nel tempo abbia dato i suoi buoni frutti… “Certamente sì: per vent’anni ho lavorato duramente senza sosta per vedermi ora trasferito nel mio nuovo centro polifunzionale di ben 1.200 mq, con reception, sala d’attesa, 6 ambulatori medici, 8 stanze per fisioterapisti, una palestra fornita di macchinari di ogni genere, e ancora 50 medici che coprono tutte le branche specialistiche, sala chirurgica per interventi in day surgery, parcheggio riservato con 25 posti

auto, parcheggio per motorini e biciclette, e tanto altro ancora. Una realtà che vuole essere un punto di riferimento importante per Pesaro, garantendone un aumento del livello di benessere.” Altre caratteristiche della nuova struttura? “Si tratta di un ex capannone

NELLA PAGINA A FIANCO, IL NUOVO CENTRO POLIFUNZIONALE FISIORADI E IL SUO FONDATORE, MAURIZIO RADI. QUI IN ALTO, IL SUO TEAM E ALCUNI INTERNI DEL CENTRO.

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artigianale in stato di abbandono, che ho voluto rendere interamente ecosostenibile riutilizzando materiali derivanti da demolizione che potevano essere recuperati.” Una realtà, dunque, che si occupa della salute dell’uomo ma contribuisce anche a tutelare l’ambiente.


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QUI SOTTO, CARLO DIAMANTINI, ESPERTO DI EFFETTI SPECIALI, TRUCCATORE E SCULTORE.

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Il 1977 decreta il successo planetario di uno dei film di fantascienza più iconici della storia del cinema: Star Wars, la prima pellicola a strabiliare gli occhi di grandi e piccini con effetti speciali mai visti e a folgorare il giovanissimo pesarese Carlo Diamantini, classe ’70, a cui darà una sorta di iniziazione nel mondo del visual effect. Come muovi i tuoi primi passi e quando arriva la tua prima occasione?

DI DEBORAH PAPISCA FOTO LUCA TONI

“A 19 anni scopro un negozio a Bologna che vendeva riviste specifiche sui trucchi speciali e che dava i primi rudimenti sul materiale da usare, all’epoca difficile da reperire. Si ordinava via posta e ci volevano anche mesi per riceverlo. Un giorno la ditta di riferimento di cui ero ormai fedele cliente mi informa che c’è un ragazzo di Ascoli Piceno, l’unico nella regione Marche, che di lavoro si occupa di effetti speciali: lo contatto subito. Lui la-

vorava nell’équipe di Sergio Stivaletti – noto effettista, regista e sceneggiatore romano, N.d.A. – che era a capo dell’unico laboratorio di effetti speciali esistente in Italia e mi dice che in quel periodo cercavano una persona. Non perdo tempo, mi presento a Roma con il mio book fotografico e vengo preso.” Il tuo film di esordio? “Il fantasma dell’opera di Dario Argento uscito nel 1998, un inizio fortunato, un rapporto lavorativo con il regista che si consoliderà nel tempo. Sono seguiti anche progetti televisivi come Frankenstein, trasmesso nel 2006 su Italia Uno, e lo sceneggiato Caterina e le sue figlie dove ho fatto ingrassare Nancy Brilli.” E non sei che all’inizio… “Devo ammettere che l’opportunità di lavorare con Matteo Garrone nel suo film Il racconto dei racconti è stata un’esperienza incredibile, gigantesca direi. Nel periodo della pianificazione del film, Garrone fa fede su Leonardo Cruciano, titolare della società Makinarium, tra le realtà più grandi del settore di effetti speciali, che ha voluto riunire i più bravi d’Italia, e ha contattato anche me. Ho lavorato in particolare sulla pulce gigante, tutto


Siamo innamorate dei gioielli e delle storie che raccontano. Chiara & Laura

DIAMANTINI HA COLLABORATO CON RIDLEY SCOTT PER TUTTI I SOLDI DEL MONDO E BEN HUR, MA “I MIEI PREFERITI RESTANO I FILM INDIPENDENTI, PRODUZIONI DI NICCHIA: SONO DIVERTENTISSIMI.”

il corpo a eccezione della testa è opera mia.” Una collaborazione che ti varrà addirittura due David di Donatello. “Sì, per le categorie Migliori Effetti Digitali e Miglior Truccatore, con Valter Casotto e Luigi D’Andrea di Makinarium, in condivisione con Gino Tamagnini. Da solo non ci sarei arrivato.” La tua storia è più incredibile dei tuoi effetti speciali. “Devo ammettere che si è trattata di un’escalation significativa, ho collaborato con Ridley Scott nel suo film Tutti i soldi del mondo – l’orecchio mozzato di Paul

Getty è opera sua, N.d.A. – e poi Ben Hur, una produzione colossale. Anche se i miei preferiti restano i film indipendenti, produzioni di nicchia: sono divertentissimi.” Prossimi progetti? “Di imminente uscita, un film tratto dal romanzo di Ernest Hemingway Across the river and into the trees – dove si è occupato personalmente del trucco quotidiano dell’attore Liev Schrieber, N.d.A. – Ho appena terminato di lavorare su L’Orafo, un thriller con Giuseppe Pambieri e mi ha ricontattato Sergio Stivaletti per l’ultimo film di Dario Argento, Occhiali Neri.” Carlo Diamantini si racconta con una semplicità e umiltà rare, nonostante il suo curriculum invidiabile. Quando gli chiedo che consigli darebbe a un giovane desideroso di percorrere la sua stessa strada lui risponde deciso: impegno costante, spirito di ricerca, diventare il più bravo possibile e cogliere ogni occasione al volo. Lo fa volgendo lo sguardo, forse, ai ricordi di ciò che è stato. Chissà, magari partendo da quel momento magico in cui è uscito dal cinema con le spade laser in testa e un nuovo sogno nel cuore.

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Ulteriori investimenti sono stati fatti nel nostro centro ‘’ Smash Sport City’’; abbiamo dato priorità al Padel, sport emergente e di crescita esponenziale, togliendo due campi da beach ed aggiungendo un campo doppio ed uno singolo ai due campi già esistenti. L’effetto visivo è veramente mozzafiato. Quando si entra si vedono subito i due nuovi campi e grazie al tappeto Blu ed alle luci al led, sembra di vedere due enormi acquari con dentro delle persone che giocano. Ci è talmente piaciuto che abbiamo messo le luci al Led anche nei due campi che già avevamo, in modo da non creare disparità fra le varie strutture. La potenzialità del Padel l’avevamo capita già sei anni fa quando abbiamo deciso di montare i primi due campi e nessuno ancora sapeva cosa fosse. A maggior ragione oggi, che è sulla bocca di tutti, cerchiamo di soddisfare la domanda dei nostri Associati con i nostri tre campi outdoor in Baia fla-

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minia e quattro campi indoor allo Smash di via Toscana. La ‘’Smash Padel Accademy’’, nella figura del suo responsabile Edoardo Vampa, ha un ruolo fondamentale per la crescita e la diffusione di questo meraviglioso Sport. Questo progetto viene coadiuvato da altri tre istruttori: Simone Menna, Attilio Tamborini ed Alessandro Marchetti. Edoardo Vampa, oltre ad essere un Maestro FIT, è un giocatore a livello Internazionale, collabora con diversi giocatori del WPT (Word Padel Tour), frequentemente si allena a Madrid, Barcellona e Valencia, dove ci sono le migliori scuole di Padel. Per il nostro Centro e per la crescita di nuovi futuri campioni abbiamo tutti gli ingredienti per fare un buon lavoro. Non ci resta che augurare buon Padel a tutti.


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Il centro Smash Fitness & Medical è dotato di ampi spazi che permettono di praticare diverse attività con percorsi e programmi personalizzati. Differenti sono le proposte che riguardano gli spazi dedicati al fitness, come la sala attrezzi con macchine cardio, la sala pesi, la sala per l’ allenamento funzionale e gli spazi dedicati ai corsi che includono attività come il walking, fit pilates, functional training, Tone zone, spinning, TRX, ecc… All’interno del centro puoi trovare anche spazi dedicati al personal training e il metodo girls armony pensato esclusivamente per il benessere femminile. Inoltre sono inclusi due studi pilates con macchine Reformer Cadillac, mentre gli ambienti dedicati al recupero funzionale di tipo ortopedico (post-operatorio e post-traumatico), dispongono di attrezzature di ultima generazione come il Walker view e la Pedana stabilometrica Kinesis.

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MUSICA

FERMENTO MUSICALE

CON ROBERTA PANDOLFI, FRA LE DONNE DELLA MUSICA

DI ELISABETTA MARSIGLI

Sorbolonghese di nascita e pesarese di adozione, la pianista Roberta Pandolfi deve la sua formazione classica a Giovanna Valentini ed Enrico Pace. La sua curiosità l’ha portata verso il variegato universo della musica contemporanea, alla quale si dedica ormai da alcuni anni, seguendo i consigli di Emanue-

FOTO LUCA TONI

le Arciuli e Nicolas Hodges, tra i maggiori pianisti mondiali di riferimento. Fondamentale per la sua crescita artistica è stato l’incontro con Irvine Arditti, leggenda vivente della musica contemporanea mondiale, con il quale ha debuttato in concerto lo scorso 29 ottobre e nel 2022 consacrerà la sua presenza

in Europa al fianco di importanti nomi del panorama mondiale. Come spiega Roberta, “il ruolo di un musicista oggi è molto cambiato: non solo occorre studiare tanto, ma bisogna anche saper organizzare progetti culturali, farsi self promotion e curare i social”. Ma non basta, perché “dato che il livello dei pianisti,

IN QUESTE PAGINE, LA MUSICISTA ROBERTA PANDOLFI.

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negli ultimi 50 anni, è cresciuto esponenzialmente con miriadi di artisti estremamente preparati, è importante avere un progetto, prendersi a cuore un argomento, un autore, una causa, per differenziarsi dagli altri e, soprattutto, avere qualcosa da dire”. E Roberta di cose da dire ne ha: “Attraverso la musica contemporanea, seguo la promozione della musica del presente, i nuovi linguaggi della sperimentazione musicale, e mi occupo della questione di genere, quindi la professionalità al femminile”. “La parola pianista senza genere è una cosa,” prosegue la Pandolfi, “ma parlando di genere c’è tutto un mondo professionale femminile da scoprire, con le sue peculiarità e con la sua estrema varietà. In realtà non è un ambito dove c’è ancora bisogno di promuovere la condizione, ma per quanto riguarda le soliste, sembra che salgano sempre più spesso alla ribalta donne di bellissimo aspetto. Con il mio essere e la mia stravaganza, mi piacerebbe lanciare il messaggio che si può avere qualsiasi aspetto: non è necessario essere una top model per essere una pianista riconosciuta, senza nulla togliere a 46

L’ORCHESTRA OLIMPIA È UNA FORMAZIONE TUTTA AL FEMMINILE FONDATA DA ROBERTA PANDOLFI INSIEME A FRANCESCA PERROTTA: UN ORGANICO CHE PERMETTE DI ESPRIMERSI A TUTTE LE DONNE.

chi lo è. Purtroppo si dà troppo spesso un risalto mediatico ad artisti trattati come rockstar: come i pianisti Lang Lang o Yuja Wang.” Per Roberta non è questione di femminismo, ma di apparenze che troppo spesso mettono in secondo piano la professionalità. L’Orchestra Olimpia, formazione tutta al femminile fondata da Roberta insieme a Francesca Perrotta, è infatti un esempio di come creare un organico che permetta di esprimersi a tutte le donne, di tutte le parti del mondo, di ogni estrazione sociale, orientamento sessuale, ecc., solo

per promuovere l’eccellenza musicale. “Sono favorevole al fatto che la musica classica o contemporanea entrino sempre più in mezzo alla gente, ma cerco di sottolineare che in questo mondo non diventiamo un qualcosa di televisivo dove per apparire bisogna rispettare certi canoni. La musica è arte e chi la fa non deve essere discriminato. Inoltre, la musica contemporanea è per me anche un’occasione per dare spazio alle compositrici. C’è un grande fermento e la mia ricerca si spinge verso un repertorio femminile degli ultimi 20 anni. Nei miei programmi inserisco sempre la composizione di una donna: per me è una vera missione perché deve essere normale trovare il nome di una autrice in ogni programma da concerto.” Tra gli impegni di Roberta e Francesca, come Orchestra Olimpia, c’è anche la condivisione con le varie culture e, recentemente, hanno offerto il loro appoggio, insieme al Comune di Pesaro e a diverse fondazioni, per l’Orchestra Zora in Afghanistan, per trasmettere la loro musica e continuare a far vivere la loro tradizione musicale.


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VELE SPIEGATE ROBERTO BISCONTINI E IL SUO AMORE PER IL MARE

DI ALICE MURI

QUI SOPRA, ROBERTO BISCONTINI, AFFERMATO DESIGNER DI YACHT E VINCITORE DELLE PIÙ IMPORTANTI REGATE DELL’ADRIATICO.

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FOTO ARCHIVIO TEAM LUNA ROSSA

Ha ricevuto la nomination come “Velista dell’anno” da parte della prestigiosa rivista del settore nautico Il giornale della vela. A soli 16 anni è riuscito nell’impresa di progettare e costruire una barca a vela per poter partecipare e vincere le più importanti regate dell’Adriatico. Poi una illustre carriera, in cui ha inanellato un successo dietro l’altro, grazie a collaborazioni del calibro di Luna Rossa, Oracle Bmw Racing e Team New Zealand. Stiamo parlando di Roberto Biscontini, classe 1957, pesarese doc e yacht designer di fama mondiale. Una passione, quella per il mare, nata proprio a Pesaro, la sua città natale: “I miei genitori si erano già trasferiti a Milano da tempo,” spiega, “ma presero la decisione di farmi nascere proprio a Pesaro, la loro città. Qui ho sempre passato tutte le estati della mia infanzia e adolescenza ed è qui che è nata la mia grande passione per il mare. Una passione che poi è diventata anche la mia vita e il mio lavoro e per questo mi sento molto fortunato”. È nella città di Rossini che Biscontini muove i suoi primi passi nel mondo della nautica: “Negli anni ’70 c’era un bel movimento attorno al porto

di Pesaro, grazie alle attività del Club Nautico e al Cantiere navale Gennari. Proprio qui, grazie all’Ingegner Cobau, ebbi la possibilità di ammirare ogni giorno progettisti e designer al lavoro – che al tempo disegnavano ancora con foglio e matita, N.d.A. – La mia passione e il mio entusiasmo erano così grandi che a 16 anni, insieme a un amico, decisi di progettare una barca di 7,5 metri per poter affrontare le tantissime regate organizzate da nord a sud dell’Adriatico. Ricevemmo l’aiuto di tantissime persone,” ricorda Biscontini. “Ringrazio ancora Luciano Mochi che ci mise a disposizione il capannone, mentre noi vendemmo le nostre motociclette per comprare i materiali utili alla realizzazione della barca. I nostri genitori ovviamente ci diedero una grande mano e nel 1975/76 vincemmo davvero tutte le regate!” Da quel momento la passione diventò qualcosa di più. “Decisi di andare a studiare Architettura Navale in Inghilterra, unica università al mondo con questo indirizzo, poi sempre in Inghilterra mi iscrissi a Ingegneria Aeronautica, perché le barche a vela funzionano molto più come un aeroplano che come una nave.”


“QUI A PESARO È NATA LA MIA GRANDE PASSIONE PER IL MARE. UNA PASSIONE CHE POI È DIVENTATA ANCHE LA MIA VITA E IL MIO LAVORO E PER QUESTO MI SENTO MOLTO FORTUNATO,” RACCONTA ROBERTO BISCONTINI.

Poi il trasferimento negli USA e il ritorno in Italia, dove nel 1992 viene coinvolto nel progetto Moro di Venezia, che lo farà arrivare alla Coppa America. “In questo mondo ho passato oltre 25 anni, lavorando con i team più forti al mondo, come Luna Rossa, Oracle, Young America, Team New Zeland. Poi nel 2013

ho deciso di lasciare e dedicarmi ad un altro progetto.” Tornato in Italia, a Milano, con lo studio Biscontini Yacht Design, Roberto ora si occupa di progettazione di barche per cantieri e privati. “Vivo a Milano, ma tutte le estati le passo a Pesaro, dove ho tantissimi amici. Inoltre, per me è impossibile stare senza il mare.”

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