Chimica Magazine - febbraio 2022

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CHIMICA MAGAZINE

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N. 6 | Febbraio | 2022

T E C N O LO G I E, M E TO D I E S E RV I Z I P E R C H I M I C A , E N E RG I A E I N D U S T R I A D I P RO C E S S O

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ommario n.6 Febbraio 2022

3 Editoriale

SPAZIO, L’ETERNO FASCINO DELLA FRONTIERA

Cecilia Biondi

4 News

a cura della Redazione

ENERGIA 30 DAL GAS AL VENTO: IL FUTURO

SPECIALE

COGENERAZIONE 6 SOLUZIONI OTTIMALI

DELL’ENERGIA DALLE RIVE DEL MARE ADRIATICO

PER L’EFFICIENZA ENERGETICA

PRODUZIONE 35 e-LEAN: APPROCCI LEAN ALLA

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a cura di Cecilia Biondi

LA SITUAZIONE NAZIONALE E I VANTAGGI PER GLI UTENTI

MANIFATTURA 4.0

di Giovanni Abramo

44 COME OTTIMIZZARE PROCESSI

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MANAGEMENT 48 DIGITAL&LEAN, COSÌ LA SUPPLY CHAIN

di Marco Colombini

BREVETTI 54 IL REQUISITO DELLA NOVITÀ NEI

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di Stefano Dalla Via

PRODUTTIVI COMPLESSI: IL CASO PIBIPLAST

DIVENTA PIÙ EFFICIENTE

BREVETTI CHIMICI di Massimo Barbieri

59 Product News 62 Organizer

LA COGENERAZIONE NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA

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SCEGLIERE L’EFFICIENZA NELLA GESTIONE DELL’ENERGIA LA COGENERAZIONE COME ELEMENTO DI UN QUADRO INTEGRATO


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ditoriale Spazio, l’eterno fascino della frontiera

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anno destato scalpore le recenti imprese spaziali dei miliardari Jeff Bezos ed Elon Musk, ed è facile etichettarle come un costoso capriccio da privati. Dietro a questi eventi di punta però si sta delineando sempre più un settore economico che può risultare di estremo interesse per non solo per la crescita industriale ma anche per il progresso scientifico, per le innumerevoli soluzioni e tecnologie di cui comporta l’evoluzione, in un continuo circolo virtuoso. L’obiettivo è indiscutibile: lo spazio infinito è senza dubbio la “prossima frontiera” oltre i confini del nostro pianeta, e ha sempre destato la più incolmabile delle curiosità: è stata poi la tecnologia a dare a scienziati ed esploratori i mezzi per realizzare tali desideri. Dietro al loro entusiasmo c’è tantissimo lavoro e anche un crescente valore economico: secondo il Politecnico di Milano, che ha appena presentato i risultati della ricerca sulla Space Economy in Italia e nel mondo, I numeri sono tutti in crescita. Per i programmi spaziali si stima una somma dei budget governativi a livello globale tra 86,9 miliardi e 100,7 miliardi di dollari. Per entità di spesa, nell’anno fiscale 2021, appena dopo gli Stati Uniti viene l’Europa con 11,48 miliardi di dollari. Ben 88 paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Altrettanto interessanti gli gli investimenti privati nelle startup della Space Economy. Ecco che il mercato della Space Economy arriva a valere oggi 371 miliardi di dollari di ricavi a livello globale. Le ricadute applicative della corsa allo spazio sono importanti anche in termini di sostenibilità ambientale e transizione green, oltre che per l’utilizzo di dati di origine spaziale per fini commerciali. Anche per questo il PNRR prevede il finanziamento diretto allo Spazio per 1,49 miliardi di euro.

Ad esempio, le nuove infrastrutture SatCom saranno centrali per lo sviluppo della telecomunicazione, della crittografia quantistica, della telemedicina. La protezione del pianeta e la transizione ecologica richiedono applicazioni avanzate di osservazione dallo spazio. La mobilità intelligente e la guida autonoma potranno svilupparsi solo con sistemi satellitari di posizionamento e geo-localizzazione. In questo contesto, l’integrazione delle tecnologie digitali in infrastrutture spaziali di nuova generazione costituisce il cuore della New Space Economy, la frontiera decisiva per lo sviluppo di servizi innovativi ad elevato valore aggiunto. Opportunità ben chiare anche per l’Italia, come conferma Simonetta Cheli, che da quest’anno è alla guida del Centro dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per l’osservazione della Terra (ESRIN) di Frascati: «Lo spazio è un settore sempre più strategico per le potenzialità di innovazione, progresso tecnologico, sviluppo economico e molto altro ancora». Fra le attività di particolare rilievo, il contrasto al global warming, attraverso la Climate Change Initiative (CCI), il programma lanciato dall’ESA dopo la COP21 di Parigi. «Monitoriamo oltre 24 delle 50 variabili climatiche definite dalle Nazioni Unite relative alle emissioni di CO₂ di origine antropogenica, all’innalzamento dei mari, all’aumento della temperatura, alla qualità dell’aria, alla massa dei ghiacci, alla copertura delle foreste e così via» riporta Simonetta Cheli. Anche secondo le ricerche del Politecnico, le tecnologie satellitari hanno un impatto diretto sui 17 Sustainable Development Goals. Ecco perché in Italia la Space Economy può essere un fattore chiave per la competitività e la sostenibilità. Un motivo in più per sognare un viaggio nello spazio, guardando il cielo stellato. Cecilia Biondi

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PIÙ ROBOT INDUSTRIALI CON LE AUTO ELETTRICHE «L’automazione contribuirà a ridurre il costo finale dei veicoli elettrici. Sarà proprio la robotizzazione delle linee produttive a fare da propulsore per la diffusione di massa delle auto alimentate a batterie»: ne è convinto Kenji Yamaguchi, Presidente e CEO di Fanuc, che nel corso di una recente intervista con il quotidiano economico giapponese Nikkei Asia ha rilasciato importanti dichiarazioni sul futuro dei robot e sul legame a doppio filo esistente tra automazione industriale e mobilità elettrica. Rispetto ai tradizionali motori a combustione, le batterie sono meno complesse da realizzare dal punto di vista meccanico, e più semplici da assemblare, con movimenti ripetitivi. Per questa ragione, la produzione di batterie rappresenta un’operazione facile da automatizzare, ideale quindi per l’impiego di bracci robotizzati. «Le linee produttive dell’automotive dedicate alla realizzazione di veicoli elettrici (EV) richiedono un numero maggiore di robot rispetto alle linee tradizionali», afferma Yamaguchi. Nel 2021, le vendite di auto elettriche (EV, quindi veicoli alimentati a batteria e plug in – ibridi) a livello globale sono aumentate dell’80% rispetto all’anno precedente, segnando il 7,2% del totale delle nuove auto immatricolate (BloombergNEF).

UN SOSTEGNO ECONOMICO ALLA SOSTENIBILITÀ Sorgenia e Smartika, la piattaforma digitale di social lending del gruppo Sella, hanno avviato una partnership ad alto contenuto di innovazione e sostenibilità per creare la prima community di social green lending, capace di generare valore sociale e accelerare la transizione energetica nel nostro Paese. Grazie a questo accordo, a partire dal primo trimestre 2022, i clienti di Sorgenia interessati a realizzare impianti fotovoltaici sulle proprie case potranno avere accesso ai finanziamenti erogati dai membri della community online di Smartika che

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intendono supportare progetti di sostenibilità ambientale. L’obiettivo è accrescere la diffusione dell’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, creando occasioni per sostenere iniziative innovative e green. Un traguardo importante che

conferma la volontà della prima digital energy company italiana di accompagnare i propri clienti in un percorso di crescente sostenibilità anche grazie alle soluzioni innovative di Smartika.


IL DIGITAL SIGNAGE DIVENTA SOSTENIBILE

APPENA NATO E GIÀ DA RECORD Scoperto dal ricercatore Luca Bindi, ordinario di Mineralogia dell’Università di Firenze, il centesimo minerale naturale: la ferrofettelite, un solfosale di argento, un sottotipo della già nota fettelite, da cui prende il nome. Il nuovo minerale è stato scoperto in un campione di roccia estratto nella miniera di Odenwald in Germania e depositato nelle collezioni mineralogiche dell’University of Arizona Gem and Mineral Museum, da dove è stato inviato a Firenze perché venisse studiato da Bindi, lo scienziato italiano che ha individuato il numero più alto di nuovi minerali e fra i primi dieci ricercatori al mondo che hanno descritto nuove specie mineralogiche. A certificare la scoperta è stata poi l’apposita commissione dell’International Mineralogical Association, che lo ha approvato, affinché venisse inserito nella lista ufficiale dei materiali naturali conosciuti dall’uomo. «Quando viene scoperto un materiale con una composizione finora sconosciuta e una nuova disposizione degli atomi nella sua struttura, allora siamo di fronte a un nuovo minerale» spiega Luca Bindi. «La ferrofettelite è ovviamente un minerale molto raro e come sempre in questi casi verrà studiato per comprendere le sue caratteristiche e capire se la sua sintesi artificiale potrà portare a future applicazioni».

Imecon è protagonista del progetto di innovazione SolarDOOH, ‘Off-grid digital out-of-home public information LCD screen technology with solarassisted backlight’, scelto dalla Commissione Europea tra i progetti del programma Horizon 2020. Realizzato da Imecon in collaborazione con l’Agenzia TPL e altri partner esteri, SolarDOOH rappresenta il primo progetto Digital Signage al mondo non collegato alla rete elettrica che utilizza un sistema fotovoltaico con accumulo e incorpora un’innovativa tecnologia di retroilluminazione che usa la luce del sole come luce complementare permettendo una riduzione di oltre il 50% del consumo energetico. SolarDOOH si basa infatti su un’innovativa tecnologia di retroilluminazione che, invece di contrastare la luce solare, la sfrutta come illuminazione complementare grazie all’utilizzo ottimizzato e concomitante di pannelli fotovoltaici, batterie e di un collettore di luce solare ad inseguimento automatico. Questo connubio di tecnologie differenti apporta benefici sia ambientali sia di business: SolarDOOH è infatti autosufficiente dal punto di vista energetico, semplifica l’installazione e riduce i costi totali di almeno il 25%. La tecnologia di SolarDOOH sarà a breve integrata nelle pensiline Smart del trasporto pubblico in collaborazione con Agenzia TPL (Agenzia per il Trasporto Pubblico Locale del bacino della Città Metropolitana di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia).

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SPECIALE


COGENE RAZIONE soluzioni ottimali per l’efficienza energetica a cura di

Cecilia Biondi

La ricerca di nuovi sistemi di produzione di energia in grado di soddisfare le necessità di cittadini e aziende e di inserirsi nel contempo nelle strategie di decarbonizzazione vede nei sistemi di cogenerazione uno strumento ideale. Tali sistemi infatti consentono di ridurre di percentuali importanti il volume di combustibile necessario per la produzione di energia e calore, utilizzando tecnologie esistenti e largamente consolidate; e dove si consuma meno si emette meno CO2, a prescindere dal carburante utilizzato. Non solo: questi sistemi sono già naturalmente aaperti all’evoluzione energetica in quanto consentono di utilizzare, senza stravolgimenti bensì solo con opportuni accorgimenti, i nuovi carburanti dello scenario energetico, che vanno dai gas di origine vegetale fino all’idrogeno. Con i suoi tanti pregi e pochissimi difetti, insomma, la cogenerazione riveste un ruolo di primo piano nei piani europei di decarbonizzazione

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SPECIALE COGENERAZIONE

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n sistema di cogenerazione è in grado di trasformare più dell’80% dell’energia in ingresso in calore ed elettricità per fabbriche, uffici, edifici pubblici e abitazioni e può consentire di risparmiare fino al 40% di energia primaria (energia in ingresso al processo) rispetto alla produzione di elettricità e calore in forma separata. Questi i numeri sintetizzati da Cogen Europe, l’associazione europea per la promozione della cogenerazione, che interfaccia oltre sessanta soci fra associazioni nazionali e aziende private, dai costruttori di impianti fino ai consulenti. Ne fa parte anche Italcogen, l’as-

Il concept proposto da Rolls-Royce Bergen Engines vede i motori cogenerativi al centro della transizione energetica, in quanto consentono di colmare le lacune delle fonti rinnovabili in termini di intermittenza e, in prospettiva futura, di utilizzare idrogeno come fonte di energia, anche in versione “blended” con combustibili tradizionali: in ogni caso sono altamente funzionali agli obiettivi di zero emissioni carboniche. La seconda foto nella pagina mostra un motore Bergen in uscita dal sito produttivo dell’azienda in Norvegia.

sociazione che all’interno di Anima Confindustria riunisce i costruttori e i distributori di impianti di cogenerazione, recupero termico e celle a combustibile a livello nazionale. In Italia questo significa un fatturato complessivo di di 500 milioni di euro, con una quota di export del 18%. Il risparmio di combustibile che queste soluzioni garantiscono le pone in prima linea negli obiettivi della decarbonizzazione e della transizione energetica, a prescindere dalla natura della fonte energetica, fossile o rinnovabile. Inoltre, tali sistemi sono già orientati ad una maggior sostenibilità ambientale, in quanto vengono progettati in modo da poter gestire l’utilizzo di combustibili alternativi, da quelli di risulta fino all’idrogeno. Altri numeri diffusi da Cogen Europe dimostrano la rilevanza di questo settore tecnologico nel percorso di decarbonizzazione avviato in Europa, in vista degli obiettivi di neutralità carbonica stabiliti per il 2050. Sono quelli raccolti dalla società di ricerca e consulenza software Artelys, con lo studio “Towards an efficient, integrated and cost-effective net-zero energy system in 2050: the role of cogene-

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ration”, commissionato da Cogen Europe e supportato da ventisei partner industriali distribuiti su tutta la catena del valore della cogenerazione. Secondo questa ricerca, la cogenerazione ricoprirà un ruolo molto importante proprio in uno scenario energetico di tipo nuovo, quello a cui l’Europa sta tendendo: cioè un sistema energetico a zero emissioni, caratterizzato da elevata elettrificazione, ricorso a fonti rinnovabili e riduzione dei consumi. È uno scenario nel quale aumenta la percentuale di biocarburanti rispetto ai combustibili fossili: ma anche in questo caso la cogenerazione ricopre una parte importante in quanto ne consente un utilizzo più efficiente. In ogni caso una diffusione adeguata e la corretta ottimizzazione dei sistemi di cogenerazione consentirebbe all’Europa una riduzione di costi che può andare da 4,1 a 8,2 miliardi di euro, con una riduzione delle emissioni di CO2 di 4-5 tonnellate all’anno. La previsione è che nel 2050 gli impianti di cogenerazione, sostituendo i rispettivi sistemi di produzione di energia e produzione di calore, potranno generare il 13-16% dell’energia e il 19-27% del calore in Europa. E soprattutto il loro sviluppo è coerente e integrato con uno scenario di ottimizzazione dell’energia, soprattutto per coprire quei picchi di richiesta che non possono essere soddisfatti pienamente dalla produzione di energia da fonti rinnovabili quali sole e vento.

La rete energetica in una smart city del futuro, alimentata da un sistema a zero emissioni, nella visione di Cogen Europe.

«Lo studio evidenzia i benefici della cogenerazione in Europa rispetto a diversi scenari di evoluzione energetica da qui al 2050, da diversi punti di vista (quello dell’utente e quello dei fornitori) e in diversi settori e aree geografiche» commenta Christopher Andrey, Projects Director di Artelys. «Ma soprattutto mostra che un modello evoluto di integrazione fra elettricità e calore è è essenziale per raggiungere il vero potenziale della cogenerazione, considerando gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dall’Europa con il Green Deal». «La cogenerazione gode della massima considerazione in Europa come soluzione efficace in tutti i settori» aggiunge Hans Korteweg, direttore generale di Cogen Europe. «Inoltre, rileva un ulteriore potenziale di 40 GW di capacità addizionale che si può realizzare entro il 2050». E conclude Marco Pezzaglia, presidente di Cogen Europe: «Per il settore della cogenerazione questo studio è una conferma importante, indicandola come uno dei pilastri dell’evoluzione energetica europea da qui al 2050. Dobbiamo cambiare mentalità e riconoscere che il mondo in cui viviamo ha risorse finite: non possiamo più permetterci di sprecare energia. La cogenerazione deve avere la precedenza rispetto ai sistemi separati di produzione di energia e calore. Questi sistemi ci aiuteranno a massimizzare l’efficienza energetica nei settori chiave dell’economia europea e a creare un sistema energetico integrato a livello europeo, al minor costo possibile».

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SPECIALE COGENERAZIONE

COGENERAZIONE: LA SITUAZIONE NAZIONALE E I VANTAGGI PER GLI UTENTI

di Giovanni Abramo

SECONDO IL VOCABOLARIO TRECCANI PER COGENERAZIONE SI INTENDE: ”LA PRODUZIONE CONTEMPORANEA DI ENERGIA ELETTRICA E CALORE DA PARTE DI UN IMPIANTO (IMPIANTO DI COGENERAZIONE) AL FINE DI UNA PIÙ RAZIONALE UTILIZZAZIONE DELL’ENERGIA FORNITA”. PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO, NE ABBIAMO PARLATO CON L’ING. CLAUDIA BASSANO, ATTUALMENTE IMPEGNATA IN ATTIVITÀ LEGATE ALLA PROGETTAZIONE E GESTIONE DI IMPIANTI SPERIMENTALI, IN ATTIVITÀ DI LABORATORIO E ATTIVITÀ DI ANALISI DI FATTIBILITÀ TECNICO ECONOMICA

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A COLLOQUIO CON: Claudia Bassano è laureata con PhD in Ingegneria Chimica con il massimo dei voti. Dal 2006 è ricercatrice presso ENEA (Dipartimento Energia) ed è attualmente impegnata in attività legate alla progettazione e gestione di impianti sperimentali, in attività di laboratorio e attività di analisi di fattibilità tecnico economica. Ha svolto attività riguardanti lo studio di fattibilità tecnico-economica di impianti di conversione della biomassa in energia elettrica e calore. Si occupa della tecnologia Power To Gas nell’ambito dell’Energy Storage e della produzione di EFuels. È autrice di numerose pubblicazioni su riviste internazionali. È stata responsabile di numerosi accordi di collaborazione con le Università in ambito decarbonizzazione (CCS e Power To X). È autrice di un brevetto sulla produzione di metano da gas di suolo. È autrice di brevetti e numerose partecipazioni a convegni e di venti pubblicazioni con IF negli ultimi cinque anni in materia di energia. Si è occupata di decarbonizzazione dei settori industriali anche attraverso l’applicazione del vettore idrogeno. Fa parte della task force che segue la realizzazione dell’Hydrogen Demo Valley presso il C.R. Enea Casaccia. Si è occupata di seguire gli aspetti legati alla decarbonizzazione delle filiere industriali mediante l’idrogeno nell’ambito di un Accordo Quadro ENEA-Confindustria e fa parte della task force che insieme al MISE coordina il processo IPCEI.

Chimica Magazine: Prima di addentrarci nello specifico della cogenerazione possiamo dire quali sono le principali fonti esistenti per la produzione di energia elettrica e calore? Claudia Bassano: Tradizionalmente l’energia elettrica viene prodotta in centrali termoelettriche alimentate generalmente da combustibili fossili, mentre per produrre energia termica vengono utilizzate caldaie o forni anche essi alimentati perlopiù da combustibili fossili. Va indicato che il mix combustibile nazionale è notevolmente cambiato dagli anni ’90 a oggi e sono diventate prioritarie le iniziative di produzione di energia sia elettrica che termica da fonti rinnovabili. CM: Che cosa si intende, allora, per cogenerazione? CB: La produzione di elettricità, attraverso il processo di

combustione con combustibili di natura fossile o rinnovabile, conduce ad una produzione contemporanea di calore, che in parte viene disperso nell’ambiente circostante. Difatti per il secondo principio della termodinamica, la generazione di potenza sia meccanica che elettrica per via termica è inevitabilmente associata alla cessione di calore a temperatura medio-bassa, che non viene valorizzata in alcun modo, ma dissipata verso l’esterno sotto forma di vapore o fumi di scarico. Pertanto, qualora l’energia elettrica venga prodotta da impianti basati sui “motori termici”, nel processo di trasformazione dell’energia termica in energia meccanica e elettrica non tutto il calore può essere trasformato in “lavoro”. Inoltre, la produzione di calore a bassa temperatura in sistemi come le caldaie è un processo che non valorizza termodinamicamente in modo efficace il contenuto termico dell’energia chimica dei combustibili. Attraverso la cogenerazione, il calore prodotto non viene più dissipato, ma è utilizzato in appropriate utenze termi-

ENEA: il Centro Ricerche Casaccia, a Roma.

che, che possono essere di tipologia industriale (in genere sotto forma di vapore) o civile per il riscaldamento degli edifici, con un simultaneo utilizzo in cascata di elettricità e di calore in un unico impianto. La cogenerazione, generalmente, non implica l’utilizzo di nuove tecnologie per la produzione di energia, ma l’implementazione di quelle attuali, integrate nel medesimo impianto. La normativa nazionale di recepimento della Direttiva Europea 2004/8/CE ha introdotto la definizione di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR). Ovvero, un sistema cogenerativo può essere riconosciuto come CAR dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) se il valore del risparmio di energia primaria che ne consegue è almeno del 10 % rispetto ai valori di riferimento per la produzione separata di elettricità e calore; oppure, nel caso di unità di micro-cogenerazione (< 50 kWe) o piccola cogenerazione (< 1 MWe), se assume un qualunque valore positivo rispetto alla produzione separata. Va indicato, per completezza, che non sempre è possibile implementare un sistema cogenerativo, sia per motivi tecnici, come la non contemporaneità

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SPECIALE COGENERAZIONE delle domande termiche ed elettriche e la difficoltà di accumulare e di trasportare a distanza il calore, sia per motivi economici, per gli alti costi di investimento, sia altresì per motivi tariffari e normativi. Pertanto la scelta se investire o meno in un impianto di cogenerazione e l’individuazione del sistema più adatto, va effettuata considerando la specifica realtà in cui si vuole implementare il cogeneratore. CM: Quali sono le principali tecnologie impiegate nella cogenerazione? CB: Le tecnologie impiegate negli impianti di cogenerazione si possono individuare come segue: motori a combustione interna, turbine a gas, turbine a vapore e impianti a ciclo combinato turbina a gas/turbina a vapore. Altre tipologie, con una diffusione minore, ma in evoluzione sono i turbogeneratori ORC, le microturbine, gli impianti con celle a combustibile, gli impianti con motori Stirling. Gli impianti possono essere distinti in funzione della taglia e della tipologia di applicazione. Come utilizzo in ambito residenziale gli impianti di cogenerazione, possono, ad esempio, fornire energia termica per il riscaldamento ambientale e dell’acqua igienico-sanitaria ad interi quartieri e città, utilizzando reti di teleriscaldamento. Le applicazioni nel settore industriale possono distinguersi in due categorie a seconda della tipologia di “motore primo”. Si hanno impianti basati su motori a combustione esterna costituiti da turbine a vapore e impianti basati su motori a combustione interna costituiti da motori alternativi e da turbine a gas. La scelta più opportuna dipende dalla tipologia di utenza industriale; l’impianto con turbina a vapore si è sviluppato nel tempo per taglie da 1 MWe fino a 500 MWe in siti industriali caratterizzati da richieste termiche di entità rilevante. Recentemente la cogenerazione industriale si è indirizzata sempre più verso impianti a combustione interna basati su motori alternativi per piccole taglie, su turbine a gas a semplice recupero e sui cicli combinati turbina a gas/turbina a vapore per taglie elevate, caratterizzati da una maggiore flessibilità operativa rispetto alla variabilità dell’utenza termica ed elettrica. In genere sono possibili varianti impiantistiche per accrescere la flessibilità dell’impianto di cogenerazione al fine di soddisfare utenze elettriche e termiche variabili nel tempo. Oltre al settore industriale si può individuare la microcogenerazione e la cogenerazione domestica su piccola scala con potenze elettriche che vanno dai kWe a qualche MWe. Una tecnologia emergente, che trova applicazione nel set-

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tore della cogenerazione domestica, si basa sull’utilizzo di una cella a combustibile. Le celle a combustibile sono dispositivi elettrochimici che convertono l’energia chimica direttamente in energia elettrica e calore attraverso delle reazioni di ossido-riduzione. Le celle possono essere alimentate dal gas naturale o da idrogeno o da miscele di entrambi, con i conseguenti vantaggi ambientali di riduzione delle emissioni di CO2. Attualmente tale tecnologia presenta ancora costi alti e limiti dovuti anche ad aspetti di natura normativa. CM: E quali combustibili vengono utilizzati in combinazione? CB: In un sistema cogenerativo si possono usare varie tipologie di combustibile che possono essere di origine fossile come il gas naturale, il gasolio o di provenienza dai rifiuti. Altre tipologie di combustibili impiegati sono: le biomasse solide come il cippato legnoso, scarti agricoli e forestali o liquide come gli olii vegetali o sintetici e il biogas. Il gas naturale è attualmente il combustibile maggiormente utilizzato. Infine, va menzionato l’utilizzo dell’idrogeno, la cui implementazione necessita, tuttavia, di azioni chiave per colmare i gap tecnologici e normativi esistenti. CM: Qual è l’utilizzo di impianti di produzione di energia combinata nel nostro paese? CB: Nel nostro paese la cogenerazione è utilizzata da più di

trenta anni per migliorare l’efficienza dei sistemi di produzione di energia, con applicazioni limitate inizialmente al settore industriale di grande taglia a causa degli alti costi. L’evoluzione delle tecnologie ha consentito la riduzione dei costi determinando la diffusione anche presso le piccole e medie industrie, in ambito ospedaliero e residenziale, consentendo anche i benefici dell’autoproduzione di energia elettrica e calore. In ambito nazionale le utenze che possono trarre vantaggio dalla produzione di energia combinata sono: ospedali e cliniche, piscine e centri sportivi, centri commerciali, cartiere, industrie alimentari, industrie di raffinazione del petrolio, industrie chimiche e farmaceutiche, industrie della ceramica, industria tessile, industria per la produzione di materiali plastici. In generale si può dire che i sistemi cogenerativi possono essere implementati qualora via sia un adeguato grado di contemporaneità nella domanda di energia elettrica e calore e che tale domanda si verifichi per un considerevole numero di ore all’anno. Secondo i dati di TERNA al 2019 vi era una potenza lorda


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CM: Infine, può illustrarci qual è la situazione in Italia e cosa prevede per il futuro? CB: Il recente documento di valutazione del potenziale

L’impianto ZECOMIX (Zero Emission of Carbon with Mixed technologies) presso il Centro Ricerche Casaccia ENEA di Roma.

di circa 26 GWe da impianti cogenerativi per una produzione annuale di 107 TWhe (circa il 55% della produzione termoelettrica lorda complessiva nazionale), e una congiunta produzione di circa 5180 ktep di energia termica. CM: Qual è il vantaggio per le aziende di ricorrere alla cogenerazione? CB: Gli impianti di cogenerazione nascono dall’esigenza di

aumentare l’efficienza dei sistemi di generazione di energia elettrica e consentono di soddisfare contemporaneamente un’utenza termica. I sistemi cogenerativi se efficacemente implementati presentano i seguenti vantaggi: un risparmio economico per il minor consumo di combustibile; una riduzione dell’impatto ambientale in termini di emissioni a seguito del minor rilascio di calore residuo nell’ambiente; minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico nazionale, per la localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza; la sostituzione di modalità di fornitura del calore meno efficienti e con ridotta flessibilità relativamente all’utilizzo di combustibili. Altri vantaggi possono derivare dal funzionamento in isola dove vengono minimizzati i rischi di interruzione dell’alimentazione dell’energia elettrica. Infine, vanno altresì considerati gli incentivi destinati agli impianti riconosciuti come CAR, di cui è possibile avvalersi con il beneficio di compensare l’investimento iniziale. Tra i principali benefici si possono evidenziare: la precedenza, nell’ambito del dispacciamento, dell’energia elettrica prodotta; le agevolazioni fiscali sull’accisa del gas metano e dei combustibili utilizzati; altri incentivi e vantaggi fiscali. Infine è da considerare l’accesso per gli impianti CAR al meccanismo di sostegno dei “Certificati Bianchi”.

nazionale e regionale della cogenerazione del GSE descrive una fotografia della situazione al 2020 con circa 1,35 milioni di Certificati Bianchi CAR, (1,11 Mtep di risparmio di energia primaria). Di questi il 73% dei titoli riconosciuti si riferisce a unità di cogenerazione esercite in ambito industriale, il 17 % in ambito civile e il 10% nel terziario. Focalizzando l’attenzione sulle richieste presentate negli ultimi quattro anni, 2017-2020, si nota un incremento complessivo di circa il 28%. In prospettiva la cogenerazione può essere un valido strumento per favorire il perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050. In questo contesto ad esempio il PNRR ne individua l’importanza con investimenti nella misura relativa alle Green Communities. Il PNIEC, attualmente in fase di revisione, identifica la cogenerazione come un mezzo valido per l’efficientamento del settore termico, nelle applicazioni in teleriscaldamento. Si attendono ulteriori strumenti di incentivazione anche dal recepimento nazionale del pacchetto Fit for 55. In particolare, sarebbe auspicabile l’attuazione di misure strutturate di incentivazione per l’applicazione della cogenerazione nei processi industriali, specie nei settori “hard to abate”, dove le tecnologie per il recupero del calore contribuiscono in modo efficace alla decarbonizzazione. Nel breve termine la crescita dei sistemi di cogenerazione nel settore domestico e terziario potrebbe essere favorita nell’ambito dello sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili, mediante la creazione di nuovi modelli di business e l’evoluzione di un quadro normativo nazionale chiaro, che possa fornire certezze agli investitori. La cogenerazione potrebbe avere un ruolo ugualmente importante sui mercati dei servizi ancillari, come l’apertura al mercato del servizio di dispacciamento, accessibile alle piccole utenze grazie alla figura degli aggregatori. In prospettiva con la conferma del rinnovo del meccanismo normativo dei Certificati Bianchi, che dopo il 2018 ha registrato prestazioni negative, ci si aspetta un effetto positivo dal punto di vista del mercato. Nel lungo termine, l’utilizzo di vettori energetici sostenibili, quali l’idrogeno “verde”, il biogas, il biometano e i biocombustibili, consentirà ai sistemi cogenerativi di dare un contributo crescente al processo di decarbonizzazione del sistema energetico ed economico.

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SPECIALE COGENERAZIONE

LA COGENERAZIONE NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA di Marco Colombini

IL SETTORE DELLA COGENERAZIONE PUÒ AVERE UN RUOLO IMPORTANTE NELLA CREAZIONE DI UN SISTEMA ENERGETICO EUROPEO RESILIENTE, DECENTRALIZZATO E A ZERO EMISSIONI DI CARBONIO ENTRO IL 2050. QUESTO APPROCCIO ACCELERERÀ LE RIDUZIONI DELLE EMISSIONI ENTRO IL 2030, PERMETTENDO AI CITTADINI E ALL’INDUSTRIA EUROPEA DI GENERARE LOCALMENTE IL PROPRIO CALORE ED ENERGIA PULITA, EFFICIENTE, AFFIDABILE E CONVENIENTE

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l clima globale sta cambiando e si stanno cercando soluzioni per ridurre le emissioni clima alteranti in tutti i settori, inclusi la produzione di elettricità, i trasporti, l’industria e gli edifici commerciali e residenziali. Oltre a ciò, l’instabilità dei prezzi energetici e l’affidabilità degli approvvigionamenti hanno fatto in modo di portare il tema dell’efficienza energetica, nell’industria e nell’edilizia residenziale, tra i primi posti nelle politiche europee grazie anche all’adozione del pacchetto climatico “Fit for 55”. La cogenerazione è una tecnologia che è utilizzata per generare elettricità da più di 135 anni, ma continua ad essere rilevante, dato che le aziende, i governi e le comunità cercano di ridurre il loro impatto sull’ambiente, pur mantenendo un approvvigionamento energetico affidabile che supporti la salute, la sicurezza e l’economia. La cogenerazione ad alto rendimento (CHP) ha un ruolo importante da svolgere per aiutare a raggiungere questi obiettivi, può ridurre le emissioni a breve e lungo termine in numerosi settori, compresi quelli che storicamente sono stati difficili da affrontare e può giocare un ruolo significativo nella decarbonizzazione del settore della generazione elettrica, degli edifici e dei settori industriali. Oltre a ridurre le emissioni, i sistemi CHP sono altamente affidabili, aumentando la resilienza contro gli impatti dei cambiamenti climatici che si stanno già verificando. Le strutture che richiedono energia elettrica e termica costante, possono utilizzare la cogenerazione per il mantenimento delle operazioni durante le interruzioni della rete, anche a seguito di eventi meteorologici gravi.

Numerosi fattori permettono ai sistemi CHP di ridurre le emissioni. Centrale, per questa capacità, è il fatto che i sistemi cogenerativi sono altamente efficienti, richiedendo meno combustibile per ottenere la stessa produzione di energia di altri sistemi. Le emissioni possono essere ulteriormente ridotte quando i sistemi di cogenerazione utilizzano combustibili da fonti rinnovabili, o le emissioni che si producono sono abbattute attraverso la cattura del carbonio. Un impiego delle tecnologie cogenerative nella rete elettrica dovrebbe causare una riduzione netta delle emissioni,

un esempio in tal senso sono gli Stati Uniti d’America. In tutti gli stati degli Stati Uniti continentali, i generatori a combustibili fossili sono utilizzati come risorse marginali della rete elettrica per servire carichi incrementali ma, quando viene installata la cogenerazione, i requisiti di rete per queste risorse marginali vengono ridotti. Le emissioni delle risorse marginali vengono abbattute, anche se l’unità di cogenerazione è alimentata a gas naturale. Quando c’è bisogno di energia supplementare, sia per rifornire la rete elettrica quando la domanda è alta o per fornire energia di riserva durante un’interruzione della rete, le unità di generazione alimentate a carbone, petrolio o diesel sono spesso messe in funzione, aumentando le emissioni. Nelle stesse circostanze, un impianto di cogenerazione alimentato a gas naturale può produrre meno emissioni rispetto alle unità di generazione tradizionali, evitando l’aumento delle emissioni da carbone, diesel o nafta.

EFFICIENZA I miglioramenti della tecnologia nel corso del tempo hanno portato a impianti di cogenerazione progettati correttamente che operano tipicamente con un’efficienza complessiva del 65-85%, con alcuni che si avvicinano al 90%. Questo viene confrontato con un’efficienza complessiva di solo il 45-55% quando l’elettricità e l’energia termica vengono fornite separatamente. La cogenerazione raggiunge queste efficienze recuperando il sottoprodotto di calore di scarto della produzione di elettricità, come energia termica utile per il riscaldamento e il raffreddamento. Quando il calore viene recuperato e utilizzato, in genere sostituisce il vapore o l’acqua calda di una caldaia, che di solito è alimentata a gas naturale. Poiché la caldaia non è più alimentata separatamente, le emissioni in situ sono ridotte, abbassando l’impatto netto delle emissioni della cogenerazione rispetto al calore separato da una caldaia e all’energia generata dalla rete. Poiché operano efficientemente, gli impianti di cogenerazione bruciano meno combustibile per fornire gli stessi servizi energetici. Questa generazione efficiente di energia riduce tutti i tipi di emissioni, compresi i gas serra e gli inquinanti atmosferici pericolosi. Dal momento che gli impianti sono solitamente situati vicino dove l’energia elettrica e termica è utilizzata, i risparmi sono anche ottenuti dalla riduzione delle perdite di rete, l’elettricità che è naturalmente persa durante la trasmissione e la distribuzione da una centrale elettrica all’utente finale. Evitando queste perdite associate alla fornitura di elettricità convenzionale, la cogenerazione ridu-

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SPECIALE COGENERAZIONE ce ulteriormente l’uso di carburante, Italy - CHP vs. Gross electricity generation aiuta ad evitare la necessità di nuove infrastrutture di trasmissione e di289,77 2016 40,34 stribuzione, e riduce la congestione della rete quando la domanda di elet295,83 2017 tricità è elevata. Alcuni studi hanno 40,96 dimostrano che, rispetto alla produ289,71 2018 zione convenzionale di elettricità, 39,70 i sistemi di cogenerazione possono 293,85 2019 usare il 32% in meno di combustibi40,46 le e avere il 50% in meno di emissio200,00 250,00 300,00 350,00 0,00 50,00 100,00 150,00 ni annuali di carbonio. I risparmi per gross electricity generation TWh CHP electricity generation TWh Searce: Eurostat i singoli impianti dipendono da una varietà di fattori, compreso l’uso di combustibile e le emissioni se il calore e l’energia fossero cogenerazione funzionano tipicamente ad alta capacità, il forniti separatamente, l’uso di combustibile e le emissio- che significa che spesso funzionano quasi continuamente ni del sistema di cogenerazione, e le emissioni della rete vicino al livello della loro produzione massima. La cogenedove il sistema di cogenerazione è situato. razione ben applicata ha tipicamente un’efficienza effettiva che è molto più alta di altre risorse a combustibile fossile come il ciclo combinato a gas naturale della generazione di ELEVATA CAPACITÀ obiettivi. Questo elevato fattore di capacità ha un impatto Il fattore di capacità di un’unità di generazione elettrica sull’attitudine della CHP di ridurre le emissioni. Anche descrive quanto l’unità di generazione opera durante un se l’elettricità generata dalla CHP ha tipicamente alcune determinato periodo di tempo, utilizzando il rapporto tra emissioni associate, esse sono più basse di molte altre rila produzione effettiva e la produzione massima possibile sorse, comprese molte risorse marginali di rete come dedurante quel periodo. Un’unità di generazione può non scritto sopra. Le risorse rinnovabili come l’eolico e il solare funzionare per tutto il periodo a causa della manutenzio- non producono emissioni, hanno anche fattori di capacità ne o del rifornimento. Per fare un paragone, gli impianti massima più bassi a causa della natura intermittente delle solari fotovoltaici su scala industriale avevano un fattore risorse. Questo significa che quando la cogenerazione sodi capacità del 24,3% nel 2019, mentre gli impianti eolici stituisce risorse marginali ad alta emissione, lo fa per molte avevano un fattore di capacità del 34,3%. Gli impianti di più ore di quanto sarebbe possibile per l’eolico o il solare. Gli impianti ben progettati possono operare con fattori di capacità fino al 94-96%, possono ridurre più emis250 sioni di gas serra in circa sei o sette TWh anni di quanto la stessa capacità del 200 solare fotovoltaico faccia in 30 anni. Produzione termoelettrica lorda [TWh]

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Produzione cogenerativa [TWh] Produzione cogenerativa/Produzione termoelettrica

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Fonte: La cogenerazione nella transazione energetica. Prof. Pier Ruggero Spina. mcTER Ottobre 2021

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54,8% 50%

2019

40%

Come risorsa distribuita che serve sia carichi elettrici che termici nel punto di produzione, la cogenerazione può anche aiutare a sostenere le risorse rinnovabili intermittenti riducendo il carico sulla rete e fornire una fonte di energia di base per servire la domanda elettrica anche quando la produzione di energia da rinnovabili è scarsa o nulla.


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EFFICIENZA ECONOMICA

integrare ulteriormente l’energia rinnovabile nel mix di combustibili a livello di comunità. Come notato in precedenza, l’alto fattore di capacità della cogenerazione può aiutare ad abilitare risorse rinnovabili come l’eolico e il solare, fornendo una fonte costante di energia per smussare i picchi e le valli della produzione intermittente. Come risorsa marginale della rete, l’elettricità generata dalla cogenerazione non soppianta le risorse rinnovabili, ma piuttosto le integra fornendo una fonte costante di energia.

Al fine di rallentare il processo di cambiamento climatico, sarà necessaria l’implementazione di tutto ciò che possiamo pensare, in particolare le tecnologie che sono efficaci dal punto di vista dei costi. La cogenerazione è una tecnologia che può ridurre le emissioni in modo efficace dal punto di vista dei costi. I sistemi di cogenerazione sono disponibili in commercio e immediatamente implementabili, fornendo un percorso diretto per ridurre le emissioni attraverso una maggiore efficienza energetica. Se ben MICRO GRID posizionati e progettati correttamente possono essere una risorsa a basso costo, rispetto ad altre opzioni di risorse Gli eventi meteorologici hanno un impatto sulla rete eletdi carico di base disponibili. Oltre ad essere efficienti dal trica rendendola più vulnerabile, gli eventi estremi sono punto di vista dei costi, i sistemi di cogenerazione possono la causa principale delle interruzioni di energia elettrica, far risparmiare denaro, sia per chi ospita la cogenerazione specialmente per quelle più significative. La maggiore frein loco che per gli utenti della rete elettrica in generale. quenza e intensità degli eventi meteorologici estremi solLe strutture che richiedono carichi di energia elettrica e leva preoccupazioni sulla capacità di resistenza della rete termica per le operazioni possono essere in grado di elettrica a questi eventi climatici, presenti e futuri. Una ridurre i costi operativi installando un sistema parte sempre maggiore della nostra domanda di di cogenerazione per produrre energia eletenergia è riferita all’elettricità, grazie anche trica e termica direttamente nel complesalla maggiore adozione di automezzi eletso produttivo o in un edificio. Possono trici, caldaie elettriche e altre applicaLa cogenerazione è una tec­nologia fornire energia elettrica e termica a un zioni elettrificate di riscaldamento dei che può ridurre le emissioni costo molto più basso agli utenti finali processi industriali. Di conseguenza in modo efficace rispetto all’elettricità di rete accoppiata l’aumento della dipendenza dall’enerdal punto di vista a una caldaia in quanto, utilizzano tipigia elettrica e dalla rete elettrica aumendei costi camente il gas naturale, che è spesso più ta anche l’impatto che le interruzioni economico dell’elettricità acquistata. Inoldella rete hanno sulle imprese, l’industria tre, scegliendo la cogenerazione si riducono e le comunità e la domanda di una fornitura gli acquisti di elettricità, abbassando le bollette affidabile di elettricità sta aumentando. elettriche. Permettendo di aggiungere alla rete elettrica Strutture di rete più piccole alimentate da fonti di eneraltre fonti rinnovabili intermittenti, la cogenerazione può gia pulita, come le micro grid alimentate da impianti di aiutare a ridurre le emissioni, fornendo una fonte costan- cogenerazione, possono aiutare a mitigare questi rischi. le te di energia, essendo anche una tecnologia abilitante per micro grid sono sistemi elettrici prevalentemente a bassa tensione che comprendono anche la generazione (energia rinnovabile distribuita, o tradizionale). Le micro grid, BUONI RISULTATI IN EUROPA essendo gestite in maniera locale possono disconnettersi dalla rete tradizionale per funzionare autonomamente, oppure collegate alla rete (macro grid). Esse contribuome ogni anno, COGEN Europe ha presentato la iscono a mantenere l’affidabilità della fornitura di enerSnapshot Survey sulla cogenerazione durante la gia elettrica e termica e a migliorare la capacità di ripresa sua conferenza annuale. Con sorpresa nel 2020 ci sono contro condizioni meteorologiche estreme e interruzioni stati buoni risultati in tutta Europa sebbene siano molti di corrente. Da circa sette anni, la cogenerazione è la teci paesi in attesa di quadri normativi certi. La Germania nologia di produzione primaria per le micro grid esistenti resta sempre al primo posto per potenza installata e in e si prevede che sarà implementata nei progetti futuri. I generale ci sono buone prospettive per il futuro perché sistemi di cogenerazione sono più affidabili dei generatori la cogenerazione può affiancarsi alle rinnovabili per una di backup convenzionali perché forniscono energia termifornitura di energia più stabile e programmata.

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SPECIALE COGENERAZIONE CHP electricity generation (TWh) 100,00 90,00 80,00 70,00 60,00 50,00 40,00 30,00 20,00 10,00 0,00

Germany Italy Spain France

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Searce: Eurostat

LE BARRIERE E I PROVVEDIMENTI NORMATIVI

L’importanza del problema del cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti e non esiste un’unica soluzione, ma ci vorranno numerose soluzio2009 2010 2012 2014 2016 2018 2011 2013 2015 2017 2019 ni minori per contribuire a risolverlo. 77,04 83,20 79,34 74,83 87,94 88,46 79,56 78,67 78,79 94,36 86,93 La cogenerazione può avere una parte 29,94 34,71 35,82 36,65 40,34 39,70 34,71 36,66 39,52 40,96 40,46 nella soluzione, perché può ridurre le 21,97 22,42 26,39 23,29 27,48 29,00 22,09 24,10 22,70 28,77 29,72 emissioni che essere una risorsa ener23,37 15,69 15,16 11,62 14,96 17,28 15,69 13,90 13,94 16,64 18,06 getica resiliente. Tuttavia, una serie di barriere ne impediscono la diffuca ed elettrica continua, spesso utilizzando l’infrastruttura sione, riducendo l’impatto che può avere sulla riduzione del gas naturale, piuttosto che fare affidamento su combu- delle emissioni e sui benefici di resilienza. Queste barriere stibili disponibili. Questo rende le micro grid alimentate ne inibiscono l’adozione, limitando così la portata dei beda cogenerazione una soluzione resiliente per sostenere nefici che potrebbero essere realizzati con una maggiore infrastrutture critiche come ospedali, impianti di tratta- diffusione. mento delle acque reflue e aeroporti, per citarne alcuni. Le L’installazione di impianti di cogenerazione richiede tiunità di cogenerazione possono anche abilitare le risorse picamente un significativo investimento iniziale che può rinnovabili come parte di una micro grid. Queste posso- eclissare i benefici a lungo termine. Il capitale insufficiente no avere più di una fonte di generazione elettrica e servire e la concorrenza per il capitale impediscono a molte strutpiù edifici o carichi. I siti con una domanda termica che ture di installare sistemi di cogenerazione, anche quanviene soddisfatta da un sistema di cogenerazione integrato do un tale sistema ha un interessante ritorno finanziario. possono essere in grado di stabilire una micro grid eco- Un’azienda può anche essere esitante a fare investimenti nomicamente vantaggiosa che includa un sistema di ener- al di fuori del suo core business, richiedendo un tasso di gia rinnovabile. Le micro grid che combinano sistemi di rendimento ancora più alto rispetto ad altri investimenti cogenerazione con risorse di energia rinnovabile riducono più familiari. significativamente le emissioni clima alteranti per unità di Le barriere normative includono i modelli di business delelettricità consumata nel sito, catturando e utilizzando il le utility che spesso non riescono a valutare l’efficienza e calore residuo della combustione e minimizzando le per- gli altri benefici che la cogenerazione offre. Questo può dite di trasmissione. risultare in modelli di tariffe che non riconoscono adeguatamente il valore dei servizi che i sistemi di cogeneraSearce: Eurostat Share of CHP in total electricity generation zione forniscono alla rete; 16,0% requisiti di interconnessio14,0% ne incoerenti e il mancato 12,0% riconoscimento di tutti i 10,0% benefici della cogenera8,0% zione. Oltre alle barriere 6,0% finanziarie e fiscali, le bar4,0% riere normative che hanno 2,0% un impatto sull’economia 0,0% 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 del progetto possono anche Germany 12,4% 11,9% 12,2% 13,5% 14,4% 13,8% 14,3% limitare gli investimenti di Italy 8,5% 8,4% 8,1% 10,0% 10,4% 10,6% 10,9% Spain 12,7% 13,1% 14,0% 13,9% 13,8% 13,7% 13,8% capitale per gli impianti. France 2,4 % 2,1% 2,5% 2,7% 3,0% 3,0% 3,2% La mancanza di informa-

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zioni sui sistemi di cogenerazione crea un’altra barriera ad vicinanze (in particolare rinnovabili e cogenerazione ad un’ulteriore diffusione. I potenziali utenti di questi siste- alto rendimento) favorendo la logica di aggregazione. In mi possono non essere consapevoli dei benefici in termini aggiunta, il recepimento della direttiva 2019/944 permetdi efficienza energetica e di riduzione delle emissioni gas terà la creazione di nuovi sistemi di distribuzione chiusi serra che potrebbero essere realizzati. Anche quando i be- che avranno la possibilità di applicare tariffe di trasporto nefici sono noti, la mancanza di informazioni può rendere decise autonomamente. difficile dimostrare internamente che un sistema di cogenerazione è un investimento saggio. Inoltre, le istituzioni Il governo italiano, con il D.M 21 maggio 2021, ha rilanfinanziarie che potrebbero fornire finanziamenti potreb- ciato gli incentivi per la cogenerazione ad alto rendimento, bero non avere familiarità con i sistemi di cogenerazione e per mezzo dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE) ovvero negare il capitale necessario o aumentare il costo del i cosiddetti certificati bianchi. Il decreto ha cercacapitale per mitigare il proprio rischio. to di introdurre una maggiore collaborazione Un’ulteriore diffusione della cogenerazione fra istituzioni e operatori, lavorando sia sul Oggigiorno, le potrebbe essere supportata da politiche lato della domanda che su quello dell’ofunità di cogenerazione che aiutino a superare queste barrieferta. Dal lato della domanda riducendo possono essere alimentate re. Incorporare la cogenerazione nella gli obiettivi per i distributori obbligati e da combustibili rinnovabili e pianificazione delle infrastrutture criallo stesso tempo proponendo un meca basso contenuto di carbonio tiche, comprese quelle infrastrutture canismo di stabilità, in base al quale Il come il biogas, il gas naturale che ricevono il sostegno del governo, Ministero dello Sviluppo Economico ha rinnovabile o il biometano, potrebbe aiutare a risparmiare denaro e a la possibilità di aggiornare e quindi di e l’idrogeno migliorare la resilienza delle strutture, oltre aumentare gli obiettivi nel caso in cui non a fornire esempi di progetti e informazioni su siano più coerenti con l’offerta. Sull’offerta, specifici tipi di applicazioni. aumentando la possibilità di presentare progetti e L’Unione Europea ha cercato di stimolare nuovi modelli sviluppando varie innovazioni, alcune più specifiche, altre di produzione e consumo con le direttive UE 2001/2008 più generali, per aumentare l’offerta di progetti, che è la e 2019/944; in questo contesto la cogenerazione può svol- vera discriminante. Secondo Livio De Chicchis, Energy gere un ruolo dominante. L’introduzione del concetto di Management Analyst di FIRE, il decreto impatta sulla cocondivisione dell’energia, in cui è prevista la contempo- generazione per quanto riguarda il prezzo, perché in fase raneità tra emissione e produzione, può portare l’utenza di scambio, il prezzo del certificato emesso dalla cogenealla consapevolezza di consumare energia prodotta nelle razione è equivalente al certificato bianco per l’efficienza energetica. Quindi, in caso di impatto futuro sul prezzo dei certificati bianchi, questo avrà un impatto anche sul lato della cogenerazione ma le linee guida rimangono le CHP 2.0 stesse e il meccanismo dei certificati bianchi sulla cogenerazione funziona correttamente e in modo più efficiente rispetto al meccanismo per l’efficienza energetica. Il D.M toricamente, le unità di cogenerazione hanno funzionato 21 maggio 2021 ha introdotto un meccanismo ad asta; è con combustibili tradizionali e molte oggi usano il gas probabile che le tecnologie che saranno incoraggiate dal naturale. Questo tipo della cogenerazione può essere meccanismo saranno quelle che, per aspetti costi-benedefinito come “CHP 1.0”, la prima ondata di tecnologie CHP fici, attualmente non possono trovare spazio all’interno che si basava sui combustibili fossili. Oggigiorno, le unità di del meccanismo dei certificati bianchi, quindi quelle per cogenerazione possono essere alimentate da combustibili le quali l’attuale prezzo del certificato bianco non ripaga rinnovabili e a basso contenuto di carbonio come il biogas, l’investimento. Probabilmente si passerà a un meccaniil gas naturale rinnovabile o il biometano, e l’idrogeno, smo supplementare, rispetto a quello attuale dei certificati definiamo “CHP 2.0” i sistemi cogenerativi che usano le bianchi. Sarà un meccanismo pay-as-bid, in cui il prezzo fonti rinnovabili. I combustibili green serviranno come d’asta sarà determinato dal prodotto tra il titolo di efficienfonte primaria di carburante per sistemi di cogenerazione za energetica risparmiato dalla tecnologia e il costo offerto e ridurre ulteriormente le emissioni nei settori industriale, dal proponente. commerciale e residenziale.

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TURBODEN

Steam&Power:

L’INNOVATIVA TECNOLOGIA dedicata all’industria chimica messa a punto da Turboden

È la soluzione multi-fuel che sfrutta gas naturale, idrogeno, biomassa e scarti di processo per la cogenerazione ad alta temperatura

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l settore chimico-farmaceutico, così come numerose industrie manifatturiere, presenta unitamente al fabbisogno elettrico un elevato consumo termico sotto forma di vapore. Steam & Power ORC System® è il sistema basato sul ciclo termodinamico Rankine organico (ORC) di Turboden, società del gruppo Mitsubishi Heavy Industries, per la generazione combinata di calore ed energia elettrica, ideale per processi ad elevato consumo di vapore (o di altri vettori termici come acqua surriscaldata, olio diatermico, aria calda). Una singola unità può fornire da 5 a 30 t/h di vapore, tra 4 e 30 bar, ed energia elettrica tra 600 kW e 4 MW.

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Questa soluzione permette di ottenere un’elevata produzione di vapore in assetto cogenerativo e garantisce un’efficienza termo-elettrica estremamente elevata, tra il 92 e il 94%, anche a carichi parziali (fino al 20% della potenza nominale). A questi vantaggi si aggiungono bassi costi di esercizio e manutenzione, emissioni di CO2 ridotte al minimo, un payback time di investimento inferiore ai tre anni e, grazie all’altissima efficienza, elevati incentivi governativi CAR. A titolo esemplificativo, una macchina di media taglia come il modello TD 10 STEP che produce circa 1.400 kW elettrici e 11 t/h di vapore, considerando una operativi-

tà di 8.000 ore/anno, a seconda del costo dell’energia elettrica e del gas naturale a carico del cliente, arriva a generare un saving annuo di circa 1,3/1,5 mln €. Il sistema Steam&Power è costituito da una caldaia a scambio diretto alimentata a gas naturale sviluppata da Turboden, che riscalda ed evapora il fluido organico di lavoro, che espande nella turbina ORC e genera energia elettrica. Successivamente, in fase di condensazione del fluido, viene generato vapore acqueo a media pressione per il processo produttivo del cliente. Grazie a questa nuova tecnologia, Turboden contribuisce alla sfida che ormai coinvolge tutti i settori produttivi, ovvero la riduzione delle emissioni di CO2.


S U C FO FOCUS

Steam&Power offre infatti la possibilità di integrare o sostituire completamente il gas naturale con combustibili alternativi: • Idrogeno: nella versione dual-fuel dell’impianto, con il semplice inserimento di un bruciatore e relativa rampa di alimentazione adatti alla combustione di tale combustibile, si può passare da un’alimentazione 100% gas naturale a una 100% idrogeno. L’installazione può essere prevista fin dall’inizio oppure queste modifiche possono essere effettuate in un secondo momento, quando sarà disponibile l’idrogeno. • biomasse, gas poveri (biogas, syngas,...), fanghi, rifiuti di processo: in questo caso al posto della caldaia a gas

naturale (o in parallelo ad essa) viene installato un sistema di combustione adatto al combustibile disponibile. La possibilità di utilizzare scarti di processo industriali come combustibile ha il duplice beneficio di ridurre notevolmente sia i costi di alimentazione dell’impianto che quelli di smaltimento dei rifiuti (gestione e logistica). Aspetto sul quale vale la pena soffermarsi descrivendo questa nuova soluzione cogenerativa è la manutenzione. Il ciclo Rankine organico si distingue per la semplicità tecnologica della turbina dovuta alle caratteristiche del fluido organico che permette di lavorare a basse pressioni con conseguente limitato regime di giri (3.000 al minuto) e pochissima

usura. Il resto dell’impiantistica è costituito da caldaia, pompe e scambiatori che con una normale manutenzione ordinaria non presentano particolari esigenze manutentive. Tutto questo, unito all’elevata automazione dell’impianto che non necessita di alcun supervisore o operatore fisso in loco, grazie al sistema di supervisione integrato, si traduce in un’elevata disponibilità dell’impianto, mediamente superiore al 98%, bassi costi di manutenzione (di molto inferiori rispetto alle tecnologie alternative presenti sul mercato), assenza di manutenzioni straordinarie durante il ciclo di vita dell’impianto (notoriamente molto onerose e che prevedono importanti fermi macchina) e una vita utile dell’impianto molto elevata (25/30 anni).

TURBODEN SpA Via Cernaia, 10 - 25124 Brescia - Tel. 030 3552001 - Fax 030 3552011 www.turboden.com - info@turboden.it contatto: Alberto Ghidoni, Turboden Sales Manager - Steam & Power

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SPECIALE COGENERAZIONE

SCEGLIERE L’EFFICIENZA NELLA GESTIONE DELL’ENERGIA

NEL VASTO MONDO DELLA COGENERAZIONE, L’ATTIVITÀ DI CANNON BONO ENERGIA COPRE LA PARTE DI PRODUZIONE DI VAPORE, ACQUA SURRISCALDATA O OLIO DIATERMICO CON L’INTEGRAZIONE DI CALDAIE A RECUPERO E CALDAIE AUSILIARIE NELL’IMPIANTO COGENERATIVO. DA QUESTO PUNTO DI OSSERVAZIONE EMERGE UN MERCATO SOLIDO, TRASVERSALE E CON BUONE PROSPETTIVE DI CRESCITA, CHE NON HANNO SUBITO VARIAZIONI NONOSTANTE L’ATTUALE SCENARIO ENERGETICO

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A COLLOQUIO CON:

A COLLOQUIO CON:

Leonardo Volpato, General Manager Cannon Bono Energia

Andrea Castiglioni, CHP Key Account Cannon Bono Energia

Chimica Magazine: Per cominciare, potete spiegarci il ruolo che svolgete nel settore della cogenerazione? Quali sono a vostro avviso le specificità di questi sistemi e i vantaggi che offrono? Andrea Castiglioni: Cannon Bono Energia è attiva sul

mercato della cogenerazione dalla fine degli anni Ottanta, come fornitore di soluzioni per la produzione di energia termica – le caldaie – che possono essere abbinate ai sistemi di produzione di energia elettrica, quindi sia motori endotermici che turbine. Acquisita nel 1988 dal gruppo Cannon, Bono Energia SpA vanta oltre sessant’anni di esperienza nella produzione di sistemi per la generazione di calore, attraverso fonti fossili oppure rinnovabili, principalmente gas naturale o biomassa, sia a fiamma diretta che attraverso recuperi energetici quindi in assetto cogenerativo. Quando parliamo di cogenerazione, parliamo di un settore che ha ormai diversi decenni di vita e come tale ha conosciuto fasi alterne, per le più diverse ragioni. Oggi ci troviamo sicuramente in una fase “alta”: quello che percepiamo dal nostro punto di vista è un mercato molto frizzante, per quanto riguarda questa tipologia di prodotto. Innanzitutto, lo schema incentivante che è stato introdotto nella prima decade degli anni duemila ha sicuramente avuto un effetto positivo su tutto il sistema. Anche le prospettive sono di crescita: da parte nostra abbiamo diversi lavori da realizzare, da qui ai prossimi cinque anni, sia in Italia che all’estero. E queste prospettive riguardano entrambi i fronti delle realizzazioni: sia quelle da costruire ex novo, sia il replacement degli impianti esistenti laddove si reinstalla un secondo sistema una volta che il primo o precedente sia giunto a fine vita.

CM: L’aumento del prezzo dell’energia non dissuade dall’installazione di sistemi che sono generalmente alimentati a gas? E non incentiva il ricorso a fonti ener-

getiche rinnovabili, quindi con un cambio completo di scenario? AC: Al contrario: proprio l’aumento importante del prezzo

dell’energia rende più attraente l’installazione di un sistema cogenerativo che, come sua missione fondamentale, ha quella di risparmiare energia, quindi costi. Detto altrimenti, il risparmio di energia garantito dal sistema di cogenerazione giustifica sempre un investimento di questo tipo. Ciò vale anche per gli impianti un po’ meno energivori rispetto alle realtà che lavorano a ciclo continuo. Per quanto riguarda le fonti energetiche rinnovabili come solare ed eolico, queste non entrano neppure in competizione con gli impianti di cogenerazione, a parte qualche piccola sovrapposizione, dato che le potenze medie su cui si ragiona con i cogeneratori sono maggiori di almeno due ordini di grandezza rispetto a quelle possibili con impianti a fonte rinnovabile. Parlando di energie alternative, però, c’è sicuramente interesse ad utilizzare all’interno di questi impianti dei combustibili nuovi, che possono essere l’idrogeno, di cui ultimamente si parla tanto, i biocombustibili o stream di processo, che possono derivare da altri processi produttivi. Conosciamo ad esempio alcuni produttori di birra piuttosto rilevanti che hanno ampia disponibilità di scarti vegetali dal processo produttivo; questi, sottoposti a fermentazione, consentono di generare una quota di biogas o di biometano che può essere addizionata nell’impianto di cogenerazione. In questo caso non è necessario rivedere tutto l’impianto ma semplicemente adattarlo con gli opportuni accorgimenti tecnici.

CM: Come si compone la “filiera” della cogenerazione? Quali sono le altre realtà aziendali con cui collaborate nella realizzazione di questi progetti? Leonardo Volpato: Oltre alle aziende come la nostra, che si occupano dell’hardware per il recupero energetico,

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SPECIALE COGENERAZIONE citiamo innanzitutto i produttori di motori o turbine, La seconda caratteristica alla quale diamo molta impordunque la parte di produzione di energia elettrica. Sui tanza è quella dell’automazione del sistema. Abbiamo, progetti operano anche gli Engineering Procurement ad esempio, sviluppato un sistema di controllo che, baConstruction (EPC), che possono essere a loro volta sandosi sulle informazioni di tutti i generatori di vapore specializzati più sul fronte motori oppure turbine. Altra in campo, permette un avviamento rapido dei sistemi di figura professionale con cui collaboriamo spesback-up in caso di interruzione del motore o delso è quella delle Energy Service Company la turbina. (ESCo), che sono molto addentro al settoCannon Bono Energia è sempre stata La cogenerazione è re della cogenerazione per le opportuniall’avanguardia nei sistemi di controllo un sistema totalmente tà di investimento e di ritorno econodelle caldaie e l’ultima innovazione è trasversale e non ha mico. Il loro ruolo, infatti, è anche di proprio un sistema predittivo in grado praticamente nessuna supporto e di consulenza finanziaria, di ottimizzare i transitori anticipando limitazione nell’utilizzo, dal oltre che tecnica: conoscendo a fondo i possibili scenari futuri. Questo conpunto di vista del settore il processo di produzione dell’energia, trollo, sviluppato in collaborazione con applicativo hanno un ruolo attivo nell’opportunità il Politecnico di Milano, prende il nome di risparmio energetico delle aziende. di Optimal Predictive Control. Lato clienti finali, abbiamo talvolta delle aziende molto strutturate che si rivolgono direttamente a chi produce e installa l’impianto. La cogenerazione infatti è un sistema totalmente trasversale e non ha praticamente nessuna limitazione nell’utilizzo, dal punto di vista del settore applicativo. Si passa ad esempio dall’industria farmaceutica a quella alimentare, dalla produzione di pneumatici all’industria cartaria, quest’ultima in particolare fortemente supportata da impianti di cogenerazione. Sicuramente, però, l’utente che sceglie di approcciarsi ad un progetto di cogenerazione, comunque poi venga realizzato, si può definire un utente sensibile alle tematiche energetiche e di sostenibilità. È come se volesse apporre sulla propria giacca un distintivo, che dichiara al mondo la sua volontà di essere efficiente a partire dalla gestione dell’energia.

CM: Dal vostro punto di vista, come contribuite al raggiungimento di questi obiettivi e alla qualità del risultato, dunque al ritorno economico o energetico atteso dal progetto? AC: Siamo in grado di fornire il nostro supporto al progetto non solo con la caldaia a recupero, ma anche con i sistemi di supporto e back up: in pratica delle caldaie ausiliarie che possono subentrare nell’eventualità in cui il motore principale subisse un’interruzione. Possiamo insomma realizzare la parte termica dell’impianto completamente e in maniera uniforme, per garantire continuità di erogazione del vapore ai processi aziendali.

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CM: Serve anche una parte consulenziale e progettuale per la definizione del progetto? Nel caso avete le risorse per fornire anche questo servizio? LV: Come esperti di caldaie e in generale di sistemi di

generazione di energia termica, possiamo supportare il


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cliente, sia esso un utilizzatore finale oppure una Energy Service Company (ESCo), nello studio della soluzione più efficiente. I sistemi di controllo e funzionamento del generatore, infatti, possono essere ottimizzati in funzione dei fabbisogni di processo e della configurazione dell’impianto. Basandoci quindi su misurazioni dei flussi energetici e sui modelli di transitorio ormai consolidati, possiamo customizzare la soluzione sulle esigenze specifiche dello stabilimento.

CM: Possiamo concludere con uno sguardo al gruppo Cannon: come si profila e quali sono le altre possibilità di integrazione che avete al suo interno? LV: Il gruppo Cannon è una realtà presente globalmen-

te e diversificata in alcune nicchie nelle quali è un punto di riferimento. Ad esempio, è leader mondiale nella produzione di macchine e impianti per il poliuretano e materiali compositi. Tutte le aziende del gruppo possono contare su una capillare rete di vendita e assistenza tecnica vicina ai clienti in tutto il mondo. Un’altra integrazione intercompany per Cannon Bono Energia è con Cannon Artes per il trattamento delle ac-

que di caldaia, di processo e di scarico e con Cannon Automata per i temi di automazione e industria 4.0. Tutte queste aziende possono agire in modo indipendente, ma cerchiamo anche di ragionare in ottica integrata, per proporre soluzioni complete per il progetto di cogenerazione.

CM: Potete farci qualche esempio? AC: Fra le ultime realizzazioni possiamo citare due progetti

per aziende farmaceutiche: il primo con SPL in collaborazione con Intergen per due distinti siti produttivi ciascuno con motore da 1,56 MW. Il secondo progetto svolto con Mercurio come contractor e turbina Kawasaki GPB50D in grado di generare 4,3 MW di energia elettrica. La caldaia produce fino a 13,5 tonnellate di vapore per il processo con l’ausilio di un sistema di post-combustione e acqua calda per alimentare l’assorbitore. Vi sono poi dei progetti che possiamo menzionare anche per la particolarità delle caratteristiche tecniche richieste: ad esempio, l’impianto realizzato in collaborazione con Costell per una ESCo, completo di generatore a recupero dietro un motore endotermico e due generatori di supporto con una pressione di bollo molto elevata, pari a 28 bar. Parliamo insomma di un mercato sempre più differenziato e in netta crescita, oltre che reso anche più sensibile dall’attuale situazione nel mondo dell’energia. A queste richieste Cannon Bono Energia risponde con un approccio molto tecnico e con assoluta focalizzazione, in grado di seguirne lo sviluppo e soddisfare le esigenze di ogni cliente.

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SPECIALE COGENERAZIONE

LA COGENERAZIONE COME ELEMENTO DI UN QUADRO INTEGRATO LA COGENERAZIONE NON È L’UNICO ELEMENTO CHE PUÒ FARE LA DIFFERENZA NELLA GESTIONE DELL’ENERGIA. CENTRICA BUSINESS SOLUTIONS PROPONE UN APPROCCIO COMBINATO FRA DIVERSE TECNOLOGIE E SOLUZIONI ENERGETICHE, CHE REALIZZA IN PRATICA UN SISTEMA INTEGRATO FRA RISORSE E UTENZA. QUESTO SCENARIO, CHE ARRIVA A COMPRENDERE SOLUZIONI QUALI IMPIANTI FOTOVOLTAICI E RETE DI RICARICA EV CONSENTE DI AMBIRE A RISULTATI ANCORA PIÙ AMBIZIOSI, SIA IN TERMINI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE CHE DI RIDUZIONE DEI COSTI

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tiamo assistendo, in generale, ad una spinta alla transizione energetica verso le energie rinnovabili e le tecnologie a emissioni zero. Inoltre, anche a causa di fattori quali pandemia, con la conseguente crisi economica e l’aumento dei prezzi delle materie prime, sempre più aziende necessitano di azioni concrete volte alla riduzione dei costi e per questo motivo hanno iniziato ad adottare misure per ridurre lo spreco di energia e abbattere le emissioni di CO2. Lo scenario energetico insomma sta cambiando: ma anziché puntare tutto su una singola fonte di energia, può risultare più opportuno affidarsi a diverse tecnologie contemporaneamente. Combinare più soluzioni energetiche, infatti, permette alle aziende di controllare e ridurre maggiormente i costi energetici, generare più entrate, migliorare l’efficienza e l’affidabilità della fornitura e ridurre notevolmente le emissioni di CO2, oltre a garantire un’immagine più green agli occhi di consumatori e della propria supply chain.

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È quanto sostiene Centrica Business Solutions Italia, secondo la quale la cogenerazione risulta ancora più interessante se viene integrata con altre soluzioni di gestione dell’energia. Tra i trend che stanno avendo il maggiore sviluppo, secondo Centrica, vi è la convergenza tecnologica tra più soluzioni energetiche, come cogenerazione/trigenerazione e fotovoltaico o come fotovoltaico e colonnine di ricarica per i veicoli elettrici. Inoltre, queste tecnologie possono essere integrate da servizi aggiuntivi, che le rendono delle vere e proprie “soluzioni chiavi in mano”: il finanziamento diretto degli impianti, che consente di dotarsi di queste soluzioni a zero esborso di capitale, con risparmi immediati; i sistemi di monitoraggio in tempo reale dei consumi e delle performance degli impianti e la gestione e manutenzione degli stessi, che ne prolunga la durata e le prestazioni nel tempo. «La riduzione dei costi e il contenimento delle emissioni di CO2 sono due fattori che devono andare necessariamente di pari passo» osserva il Managing Director Christian Stella. «Le aziende stanno cercando di


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capire come risparmiare denaro, rendendosi più efficienti e, allo stesso tempo, raggiungere la sostenibilità. Non esiste un approccio unico per ridurre la propria carbon footprint, ma tutte le aziende, anche se a ritmo differente, stanno progredendo verso la decarbonizzazione dei propri processi. Per supportarle lungo il loro cammino, proponiamo tutta una serie di soluzioni che non solo possono coesistere ma, che se opportunamente combinate, aumentano considerevolmente i vantaggi per le aziende». Cominciamo con la cogenerazione, che per Centrica rappresenta la soluzione più adatta e completa per rispondere alla richiesta di efficienza energetica di molte aziende, perché è in grado di garantire risparmi fino al 40% sul costo complessivo dell’energia, una maggiore efficienza pari quasi a due volte quella derivante da fonti di energia tradizionale, grazie all’assenza di dispersioni e perdite dovute al trasporto e una riduzione delle emissioni di CO2. Inoltre, grazie alla riduzione della dipendenza dalla rete, è possibile ottenere un miglior controllo dell’energia, minimizzando i rischi di guasti e interruzioni, e raggiungere una maggiore sostenibilità tramite la riduzione delle emissioni Nox, adempiendo così alle normative ambientali. Secondo fronte importante è quello dell’energia solare per la produzione di energia elettrica. L’installazione di pannelli fotovoltaici consente alle aziende di generare valore da risorse inutilizzate come tetti, parcheggi o terreni e produrre energia in autonomia, anziché consumare quella ad alto costo prelevata dalla rete elettrica. L’energia generata dai pannelli fotovoltaici può essere utilizzata direttamente on site, immagazzinata per un utilizzo futuro o reimmessa nella rete per generare nuove fonti di entrate. Questo tipo di energia è conveniente, affidabile e sostenibile al 100%. Servono poi dei sistemi di monitoraggio, che si rendono necessari per ridurre le spese e migliorare l’efficienza operativa. Poter monitorare il proprio consumo energetico è essenziale per gestire al meglio l’energia. Le soluzioni di energy insight forniscono visibilità completa su tutta l’infrastruttura energetica, consentendo di misurare l’energia auto-prodotta con cogenerazione e fotovoltaico e tutta

l’energia consumata in azienda. Tramite la piattaforma di monitoraggio PowerRadar è possibile, inoltre, visualizzare in tempo reale i dati granulari provenienti dai dispositivi e dai contatori integrati, per ottenere informazioni di immediato valore pratico, che consentono di migliorare le prestazioni aziendali e di ottimizzare la propria strategia energetica. L’azienda, in questo modo, ha la possibilità di comprendere esattamente come viene utilizzata l’energia e quindi di ridurre gli sprechi energetici, migliorare l’efficienza operativa, prevenire i dispendiosi tempi di inattività e creare una strategia energetica completa. Da parte di Centrica Business Solutions il quadro si completa con la rete di ricarica elettrica dei veicoli, che può essere installata nei luoghi di lavoro, nei centri commerciali e nei parcheggi. L’integrazione di queste soluzioni: cogenerazione, fotovoltaico, energy insight e veicoli elettrici, unitamente ad una capacità di gestione complessiva da parte del fornitore, dalla fase di diagnosi fino alla messa in opera e manutenzione 24/7, è quella che Centrica propone per consentire alle aziende di avviare un efficace percorso di efficientamento. Anche l’installazione di una colonnina di ricarica presso la sede aziendale infatti richiede una corretta integrazione con l’infrastruttura elettrica esistente, servizi a supporto del conducente e soluzioni energetiche in linea con il piano di decarbonizzazione dell’azienda.

LA COGENERAZIONE PER CENTRICA: RISPARMIO DI ENERGIA E SPECIFICITÀ PROGETTUALI Due progetti nel settore alimentare e uno nei materiali per edilizia e costruzioni: da questi esempi è possibile evidenziare le specificità progettuali legate ad un impianto di cogenerazione e soprattutto i notevoli vantaggi di ordine economico che è possibile conseguire. Cominciamo con IFFCO, multinazionale operante nel settore degli alimenti confezionati e del packaging alimentare, con sede a Marcianise, distretto industriale d’eccellenza per il Food & Beverage nel Sud Italia. Grazie all’impianto di cogenerazione, giunto alla seconda generazione,

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SPECIALE COGENERAZIONE L’EFFICIENZA DELLA TRIGENERAZIONE NELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE: IL CASO ALFAGOMMA

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n importante progetto di trigenerazione ha come protagonista Alfagomma, leader mondiale nella produzione di sistemi per la gestione dei fluidi e trasmissione di potenza. Il sistema è stato implementato presso la sede Alfagomma Hydraulic di Castelnuovo Vomano, uno dei principali siti produttivi fra le centoventi sedi che l’azienda possiede nel mondo. Si trovano qui uno dei principali siti produttivi per il tubo idraulico e il centro di ricerca e sviluppo dove i prodotti vengono realizzati a partire dalle mescole. Il processo produttivo di Alfagomma, oltre ad essere energivoro, ha anche altre necessità, in particolare di: vapore per la vulcanizzazione dei tubi in gomma in autoclave; acqua calda per il riscaldamento invernale del plant; acqua fredda per il raffreddamento dei tubi estrusi e la termostatazione di macchine e impianti ed il condizionamento estivo del plant. Questo ha spinto Alfagomma Group a realizzare il suo primo impianto di trigenerazione scegliendo CGT come suo partner, così da garantire 1,2MW di energia elettrica, 750 Kg/h di vapore a 13 bar, 748 kW di acqua calda a 90°C, 564 kW di acqua fredda (6-11°C). La soluzione è basata su motore Cat da 1,2 MWe associato sia a una caldaia di recupero per la produzione di vapore saturo a 13 bar, valorizzando il calore contenuto nei fumi, sia a un assorbitore frigorifero a bromuro di litio per la produzione di acqua refrigerata. Questa, ottenuta dal recupero dell’acqua calda dei circuiti di raffreddamento motore usata anche per riscaldare gli ambienti in inverno, è utilizzata per raffrescare in estate. L’impianto consente ad Alfagomma di autoprodurre il 65% del proprio fabbisogno di acqua fredda, il 70% di energia termica (come somma di vapore e acqua calda) e l’85% di energia elettrica. L’impianto di trigenerazione si colloca all’interno di un più ampio percorso aziendale verso la sostenibilità, supportato da diversi progetti quali ad esempio installazione di impianti fotovoltaici e relamping led, e consentirà una riduzione delle emissioni CO2 di oltre 2.000 tonnellate/anno.

la decarbonizzazione di IFFCO supera le mille tonnellate all’azienda un ritorno dell’investimento in circa due anni. Grazie a questi risultati, i prossimi passi nel percorso l’anno di CO2 risparmiata, in parallelo con il energetico di IFFCO vanno nella direzione inrisparmio economico relativo ai consumi Tra i trend che dicata sopra: adozione della trigenerazione e di energia. Con questo impianto infatti stanno avendo il del fotovoltaico, oltre che il monitoraggio IFFCO riduce infatti di circa il 30% i maggiore sviluppo vi è la evoluto e in tempo reale dei parametri costi per l’energia elettrica, che prima convergenza tecnologica tra ammontavano a circa 1,3 milioni di più soluzioni energetiche, come dell’impianto. euro all’anno. L’incidenza dell’energia cogenerazione/trigenerazione Secondo esempio nel settore alimentaè tra le prime quattro voci di costo di e fotovoltaico o come re è quello di Zini Prodotti Alimentari, un’azienda, come nel caso di IFFCO, fotovoltaico e colonnine pastificio che porta avanti la tradizione e viste le peculiarità del mercato, caratdi ricarica per i veicoli emiliana, rispettando le ricette di una volta terizzato da prodotti e prezzi abbastanza elettrici e rifiutando di usare ingredienti non naturali omologati, il risparmio sul prodotto finicome coloranti e additivi. Da sempre l’azienda certo, calcolato tra il 5 e il 7%, offre un vantaggio competitivo importante. Inoltre, il risparmio in termini di ca di ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente in ogni costi economici valutato da IFFCO dovrebbe consentire fase del processo produttivo: a partire dalla ricerca delle

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materie prime fino alla realizzazione degli imballi. «Come azienda abbiamo sempre posto molta attenzione all’ambiente e in questo contesto si inserisce l’inizio della collaborazione con Centrica Business Solutions, iniziata nel 2018 con l’installazione di rilevatori su una linea produttiva per monitorare il consumo di energia. Questo ci ha consentito di razionalizzare i consumi» dichiara Tiziano Pallavicini, Operation Manager, Zini Prodotti Alimentari. Con l’obiettivo di avvicinarsi all’autoproduzione dell’energia, Pasta Zini ha installato un impianto di cogenerazione da 375 kWe, affidandosi a Centrica Business Solutions tramite una soluzione finanziata (la formula DEP, Discount Energy Purchase), con un contratto della durata di 12 anni. Essendo un’azienda molto energivora, i vantaggi della cogenerazione sono stati particolarmente significativi per Zini: una riduzione di circa il 20% sul costo del kilowatt/ora, un fabbisogno della quantità di energia coperto circa al 50% dall’impianto realizzato e gestito da Centrica e un taglio alle emissioni di 300 tonnellate di CO2 all’anno. Come prospettive successive, dopo aver rinnovato anche gli impianti frigoriferi (riducendo la quantità di gas freon, che è clima-alterante), l’azienda ha in progetto di affiancare alla cogenerazione anche il fotovoltaico. In questo modo, Pasta Zini avrà la possibilità di ridurre ulteriormente l’impatto ambientale e di avvicinarsi all’obiettivo di copertura del 100% del fabbisogno con energia autoprodotta, che già oggi si attesta al 60%. E concludiamo con l’impianto di cogenerazione realizzato presso lo stabilimento Saint-Gobain di Termoli (CB): lo stabilimento molisano, inaugurato nel 2002, occupa un’area coperta di 30.000 metri quadri su una superficie complessiva di 22 ettari, e può produrre fino a 24 milioni di metri quadri di lastre in gesso rivestito all’anno. L’impianto di cogenerazione, interamente progettato, installato, finanziato e gestito da Centrica Business Solutions, è in grado di coprire circa il 78% del fabbisogno elettrico del sito grazie al recupero efficiente di tutta l’energia termica autoprodotta. Oltre all’efficientamento energetico e alla conseguente riduzione dei costi operativi del sito di Termoli, il cogeneratore sarà in grado di garantire un risparmio di CO2 stimato in oltre 2 mila tonnellate all’anno, che equivale alla capacità di assorbimento di 100.000 alberi.

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ENERGIA A colloquio con Franco Nanni, presidente di Roca, Ravenna Offshore Contractors Association

DAL GAS AL VENTO: IL FUTURO DELL’ENERGIA DALLE RIVE DEL MARE ADRIATICO

PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE ROCA, ESPERTO DI SISTEMI E PROGETTI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA IN MARE IN UN ORIZZONTE INTERNAZIONALE, FRANCO NANNI CI RACCONTA LE TAPPE PRINCIPALI DEL SUO PERCORSO LAVORATIVO E LO STATO ATTUALE DELLA PRODUZIONE E CONSUMO DI ENERGIA IN ITALIA: L’ATTUALE FABBISOGNO, LE FONTI CON CUI VIENE SODDISFATTO – E A QUALE PREZZO – E SOPRATTUTTO LO SCENARIO FUTURO, CON I VINCOLI DA SUPERARE PER AVVICINARSI AGLI OBIETTIVI DI DECARBONIZZAZIONE

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FRANCO NANNI (A DESTRA) PREMIATO DA OIL STATES INDUSTRIES ALL’ULTIMO OMC DI RAVENNA.

delle piattaforme offshore; in pratica resto a disposizione dei rappresentanti che operano nel Mediterraneo. È invece più operativo il ruolo che svolgo come presidente di Roca, Ravenna Offshore Contractors Association, in pratica l’associazione ravennate che riunisce le aziende operanti nell’offshore petrolifero. CM: Come si presenta e con quale finalità è nata questa associazione? FN: Roca è nata nel 1992 per organizzare la prima edizio-

Chimica Magazine: Cominciamo dal suo profilo, la sua esperienza e le principali realtà con cui ha collaborato. Franco Nanni: Ho iniziato la mia attività nel settore offshore all’inizio degli anni Sessanta, quando Agip (Eni) cominciò le ricerche di idrocarburi nell’offshore ravennate. Essendo un’attività nuova non solo per Ravenna, ma per tutta Italia, dovevano essere creati nuovi servizi a supporto: a tal fine fondai la società Rana, che è attiva a tutt’oggi come fornitrice di lavori subacquei. Nel 1971 sono entrato a far parte della statunitense HydroTech di Houston, di cui sono stato anche membro del consiglio di amministrazione dal 1991 al 1999. A seguito della fusione di questa con Oil States Rubber, nel 1999, ho proseguito la mia collaborazione con il nuovo gruppo Oil States Industries – che all’ultimo OMC mi ha conferito il riconoscimento per i cinquant’anni di collaborazione.

Oil States Industries oggi è una grande multinazionale, quotata in borsa, la cui attività principale riguarda gli impianti offshore e la riparazione di pipelines, collegamenti sottomarini e condutture, ma si estende su numerosi altri fronti anche on shore ed esterni al settore dell’energia. La mia collaborazione con loro prosegue con un ruolo di consulenza ad hoc, che riguarda in particolare i componenti per i collegamenti di sealine e sistemi di installazione

ne di OMC (Offshore Mediterranean Conference), una fiera internazionale con la quale intendevamo promuovere le attività degli associati. In seguito, OMC è diventata una società consortile insieme con CCIAA di Ravenna e Assomineraria (oggi Assoenergia). L’obiettivo principale dell’associazione e della manifestazione è rimasto uguale: la promozione delle aziende del settore. Già all’inizio degli anni Novanta in particolare si cominciava ad intravvedere il calo di queste attività in Italia e in questo modo si cercava di promuovere maggiormente il lavoro all’estero. Come si può vedere visitando la manifestazione, oggi le aziende Roca vivono un’importante fase di transizione, offrendo i propri servizi in tutto il mondo nei vari settori dell’offshore: oltre naturalmente all’Oil&Gas, si parla infatti di energia eolica, di energia solare, di idrogeno e di impianti CCS (cattura e stoccaggio CO2). In pratica le aziende Roca hanno diversificato le proprie attività per tutte le possibili fonti di energia, utilizzando quelle tecnologie acquisite in tanti anni di esperienza nell’O&G. CM: Per l’esperienza che ha maturato e che tuttora vive supportando queste aziende, come giudica il settore Oil&Gas in Italia, come attualità e prospettive? FN: Quello che succede a Ravenna, per le aziende associate

a Roca, probabilmente si può considerare uno specchio di quello che sta accadendo in Italia. Guardiamo ad esempio al fatturato delle aziende Roca: nel 1990 era maturato al 90-95% in Italia, oggi all’opposto il 90-95% del fatturato deriva da commesse estere. Ne deriva un’altra conseguenza importante: il 44% delle risorse umane di queste aziende vengono assunte all’estero, anche perché spesso l’impiego di persone del posto è imposto da norme locali. Nel 2019, queste aziende impiegavano seimila dipendenti, di

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cui 3.300 italiani; il numero totale è diminuito nel 2020 a 3.700 dipendenti, di cui solo 1.700 sono italiani. Questo andamento va in parallelo con quello della risorsa gas naturale. Negli anni novanta la zona di Ravenna produceva il 25% del gas naturale utilizzato in Italia. Oggi invece la percentuale è ben diversa anche perché in Italia si importa il 95% del gas naturale necessario per i consumi nazionali. Prima del Covid, il consumo totale in Italia era di circa 74 miliardi di smc, dei quali 70 importati. Nel 2020 per effetto delle chiusure il consumo è sceso a circa 70 miliardi, ma la tendenza generale comunque è di leggera e costante diminuzione dei consumi. È molto più marcata però la diminuzione del gas nazionale, se pensiamo che nel lontano 1997 arrivammo ad estrarne oltre 20 miliardi di smc. Bisogna considerare che l’Italia, almeno per i prossimi vent’anni, avrà bisogno di una quantità di gas che va dai sessanta agli ottanta miliardi di metri cubi standard all’anno. La cosa assurda è che esiste un particolare accanimento sul gas domestico, mentre si ricorre senza esitazioni al gas di importazione. Sarebbe quindi più che mai auspicabile la possibilità di riprendere l’estrazione di gas dagli impianti offshore nel mare Adriatico. CM: C’è gas naturale nei giacimenti dell’Adriatico? E sarebbe profittevole estrarlo? FN: Sì: non in grandi quantità, ma le risorse ci sono. Estrarre e lavorare questo gas sarebbe altamente profittevole, soprattutto considerando il prezzo che ha oggi il gas sul mercato europeo. Invece, la politica prevalente negli ultimi anni ha scelto in generale di limitare la produzione di idrocarburi in Italia, nell’illusione che questo blocco desse un impulso maggiore all’utilizzo di energia pulita. La realtà è diversa, per due ragioni principali. Innanzitutto, di impianti a fonte rinnovabile se ne sono fatti molto meno del previsto, per le ragioni più disparate (ne abbiamo parlato sul numero di ottobre di Chimica Magazine, ndr). Inoltre, come detto, esiste un fabbisogno energetico incomprimibile per il quale andiamo poi ad importare gas dall’estero, con un impatto negativo su tre fronti principali. Economico, perché lo paghiamo sicuramente di più rispetto ad un gas prodotto in Italia. Ecologico, perché su queste lunghe distanze fino al 30% di gas viene sprecato: o consumato per le necessarie operazioni di movimentazione e trasporto, o peggio ancora disperso in atmosfera, contribuendo così all’aumento della

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CO2. E infine sociale, perché sono tutte commesse di lavoro a cui le nostre aziende devono rinunciare. Potremmo citare Enrico Mattei, ma non serve andare così lontano: in Italia c’è una fonte energetica importante e non bisognerebbe trascurarla, bensì attrezzarsi per sfruttarla al meglio, a beneficio dei conti, dell’ambiente e delle persone. CM: Quali sono i vincoli normativi che determinano questa situazione? FN: È rimasto tutto fermo da gennaio 2019, con il famo-

so articolo 11-ter inserito nel DL 135/2018, quando sono state sospese le attività di ricerca di aree idonee per la prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi, per 1824 mesi in attesa della pubblicazione del nuovo PITESAI, Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, ovvero un nuovo piano di regolamentazione delle aree offshore. In pratica sono state sospese tutte le nuove attività, mentre potevano rimanere in funzione solo i pozzi già esistenti. Sempre in base a questa legge non era neppure possibile intervenire sui pozzi esistenti, anche se questi avessero dovuto per qualsiasi ragione otturarsi o avere delle problematiche risolvibili con un intervento tecnico, ad eccezione della messa in sicurezza. Negli ultimi mesi però qualcosa ha cominciato a muoversi: a fine settembre 2021 il ministero della Transizione Ecologica ha consegnato il nuovo PITESAI (il piano che individua le aree dove si può estrarre) alla Conferenza Unificata stato-regioni e nel giro di alcuni mesi il confronto dovrebbe portare al testo definitivo. È importante che le Regioni, a differenza del passato, si siano dette d’accordo sul ritorno all’estrazione di gas. Tra gli interventi sugli impianti esistenti e la possibilità di ricerca di nuove fonti, le prospettive sono abbastanza interessanti: possiamo pensare ragionevolmente ad un raddoppio dell’attuale capacità, almeno da parte delle aziende operanti a Ravenna, in tempi brevi e a tutto vantaggio delle imprese italiane. CM: Essere favorevoli ad un maggior sfruttamento del gas naturale significa essere contrari alla decarbonizzazione? FN: Ma no. La nostra salute non ha prezzo, quindi non discutiamo sugli obiettivi. Ma è anche vero che la transizione energetica richiede tempo, investimenti e soprattutto tanta


ricerca. L’energia da fonti rinnovabili infatti oggi ha costi ancora troppo alti e bisogna ricordare che il mercato ha regole che prevalgono sui singoli consumi. In più, al momento e per molto tempo, l’energia da fonti rinnovabili avrà una produzione discontinua e c’è quindi bisogno di una fonte certa che supplisca nelle fasi di calo. Abbiamo pertanto bisogno di trovare tecnologie innovative e migliorare le attuali conoscenze. Basta leggere come si stanno muovendo i Paesi del Nord Europa, che portano avanti massicciamente sia l’eolico che l’oil&gas. Il gas infatti si può considerare una buona fonte energetica per la transizione ecologica: in altre parole la transizione ecologica si potrà realizzare non tanto smettendo di consumare gas, quanto piuttosto aumentando gli investimenti in ricerca per migliorare la produzione da fonti alternative. Purtroppo tutte le nazioni del mondo, e in particolare l’Italia, sono molto indietro sulla realizzazione di impianti capaci di sostituire l’energia da fonti fossili. Dai nostri calcoli, per sostituire il gas utilizzato in Italia per produrre energia termoelettrica - circa 200.000 GW - dovremmo costruire, per trent’anni e ogni anno, impianti per 6.600 GWH, dei quali il 30% dovrebbe essere offshore. Oggi in Italia non abbiamo neanche un impianto offshore. Ecco che la transizione è sicuramente l’obiettivo, ma non bisogna ignorarne la complessità, dato che oggi il mondo vive di idrocarburi quali gas e petrolio. Interessanti i dati che abbiamo raccolto in collaborazione con Nomisma Energia: a partire dagli anni ‘50, la domanda globale di energia è coperta per oltre il 60% da idrocarburi; nel 2020, nonostante l’effetto della pandemia, gas e petrolio hanno contato per il 55% dei consumi globali. In Italia, produciamo energia elettrica per il 63% mediante idrocarburi. Anche le previsioni vanno in questa direzione: sempre dal grafico di Nomisma Energia, nel 2040 si prevede che il 66% del consumi energetici deriveranno da fonti fossili. E questo perché miliardi di persone chiedono più energia e questa proverrà sì da fonti rinnovabili, ma ancora a lungo da gas e petrolio. CM: Che cosa potrebbe agevolare il percorso di decarbonizzazione? FN: Ricerca e differenziazione. Per avere un miglior equilibrio con le fonti rinnovabili ci vuole ancora tanta ricerca,

perché con le tecnologie che abbiamo oggi è impossibile sostituire gli idrocarburi. Anche gli obiettivi affermati dalle ultime conferenze internazionali vanno verificati alla luce di questa realtà: trovare le alternative alla potenza energetica disponibile con le fonti fossili non è cosa facile, di sicuro con le conoscenze che abbiamo adesso, ma anche in prospettiva al 2050 e oltre. Il problema non è rappresentato dalla singola abitazione o dalla singola automobile, né da una moltitudine di questi oggetti, bensì dalle grandi realtà energivore che sono alla base della nostra industria e società. E soprattutto, non è solo una questione di energia, bensì anche di materiali. Sempre attraverso lo studio condotto con Nomisma, abbiamo voluto analizzare la destinazione d’uso degli idrocarburi. Al di là infatti degli utilizzi energetici che sono i più evidenti, vi sono interi settori industriali che dipendono dai materiali sintetici derivati dal petrolio. Per esempio su un’automobile possiamo sì sostituire il motore endotermico con un motore elettrico, ma la gomma delle ruote certamente non ha un’alternativa immediata. Se volessimo rinunciare in toto al petrolio dovremmo cominciare a sostituire tutto, dalle cose più grandi a quelle più piccole. Per questo dico che ci vuole tanta ricerca, perché se questa è la direzione, innumerevoli oggetti dovranno essere inventati ex novo, per cercare quella tecnologia che consenta di costruirli senza ricorrere a materiali derivanti dagli idrocarburi. CM: Quali sono le prospettive più interessanti nella ricerca di fonti energetiche alternative? FN: Quello dell’energia è un mondo molto ampio e come di-

cevo vi sarebbero tante linee di ricerca da sviluppare. Un’area particolarmente strategica è ad esempio quella dell’accumulo: le batterie infatti sono una risorsa fortemente limitata, mentre sarebbe interessante sviluppare soluzioni in grado di erogare quantitativi più elevati di energia, per alimentare

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ENERGIA

realtà energivore come un’industria o un ospedale, ad esempio. E questo sarebbe un substrato indispensabile per andare a supportare l’energia prodotta con fonti rinnovabili pulite: non solo solare ed eolico, ma anche soluzioni innovative come quella basata sullo sfruttamento del moto ondoso del mare, su cui sono in corso interessanti esperimenti anche in Adriatico. Altro fronte interessante è quello dell’idrogeno, e tanta ricerca servirà per superarne i limiti. L’idrogeno infatti non esiste in natura e per produrlo serve ancora dell’energia. Una volta superato questo limite l’idrogeno potrebbe essere utilizzato come accumulo per l’energia prodotta con fonti rinnovabili. Il percorso è chiaro, ma la soluzione green e sostenibile è ancora limitata a piccoli progetti sperimentali. Anche l’energia da nucleare di quarta generazione è rientrata nel dibattito politico, industriale e commerciale quale fonte energetica di transizione nell’ambito della elaborazione della tassonomia europea delle fonti energetiche sostenibili. Il ricorso alla tecnologia nucleare riguarderebbe, più nel dettaglio, i reattori di piccola taglia Small Modular Reactors che producono poche scorie radioattive ad alto decadimento in quanto i prodotti di risulta diventano nuovo combustibile. La Commissaria UE per l’energia, Kadri Simson, sulle possibilità di ricorrere al nucleare per abbattere la CO2 ha espressamente affermato che “tocca a ciascuno Stato decidere come ridurre le emissioni”. In aggiunta, il Vice Presidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, ha recentemente affermato che “l’UE adotterà una tassonomia che copre anche nucleare e gas”, ritenendo indispensabile, per il mix energetico futuro, affiancare fonti stabili alle rinnovabili. Abbiamo infine la fusione a freddo, una prospettiva ancora più intrigante a livello di ricerca: le sue caratteristiche sono più che interessanti, come dimostrato dagli esperimenti in corso a cui partecipano laboratori e aziende di tutto il mondo, ma chiaramente gli sbocchi concreti sono ancora lontani. E fin qui abbiamo elencato solo lo spettro attuale delle direzioni su cui procedere: se ci sono altri segreti nascosti nella natura lo potremo scoprire solo cercando e ricercando, esplorando non solo metodi per rendere più efficienti le attuali fonti alternative in modo che si avvicinino all’efficienza possibile con le fonti fossili, ma anche nuove soluzioni di cui oggi non siamo ancora a conoscenza e che solo una costante ricerca potrà svelare.

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CM: Torniamo con i piedi per terra, o meglio sul mare: per le aziende di Ravenna rappresentate dalla sua associazione quali sono le prospettive più interessanti di sviluppo nell’immediato, oltre a quelle legate all’Oil&Gas? FN: Ad esempio, abbiamo in prospettiva un progetto molto importante per un impianto eolico offshore, che è stato anche presentato all’ultima edizione di OMC. È una collaborazione fra le aziende Qint’x, Agnes e Saipem, che prevede lo sviluppo di un parco eolico proprio davanti a Ravenna. L’impianto si compone di circa 56 turbine su fondazioni fisse sul fondo del mare in due siti differenti: il primo oltre le 8 miglia, il secondo oltre le 12 miglia, per una potenza totale installata pari a circa 450MW. Nell’ambito dello stesso progetto, inoltre, si prevede di utilizzare tecnologie innovative come il solare fotovoltaico flottante attraverso la tecnologia proprietaria di Moss Maritime, parte della divisione XSIGHT di Saipem. Gli impianti eolici saranno inoltre di altezza elevata, perché su questo mare il vento più forte rimane piuttosto alto in quota. Il progetto c’è, ci auguriamo che decolli e che non venga ostacolato dai nostri difetti storici: l’ostinata contrarietà da parte delle persone (il cosiddetto “Nimby”) e gli intoppi di tipo burocratico. I danni che questi ultimi hanno causato al sistema energetico finora sono indescrivibili e l’unico auspicio è che la nuova linea dettata dal Ministero della Transizione Energetica, in accordo con i fondi europei di recupero post Covid, riescano infine a cambiare questo modo di lavorare.

In ogni caso, devo sottolineare che dallo sviluppo di questi progetti non avremmo che da guadagnarci, anche a livello locale. Lo dico pensando alle risorse umane che le aziende associate a Roca hanno consolidato in decenni di lavoro. Si tratta di un patrimonio immenso di competenze, dato che molte di queste realtà sono attive fin dai primi anni Cinquanta. Parliamo di migliaia di persone con un’esperienza tecnologica e progettuale enorme. L’augurio è che si riesca a valorizzare questa eredità proprio per poter coltivare al meglio tutte queste prospettive, sia quelle legate ad un miglior sfruttamento delle risorse petrolifere, sia quelle derivanti dagli obiettivi di decarbonizzazione. I continui aumenti del prezzo del gas naturale hanno messo in luce l’importanza di questa risorsa e la necessità di utilizzare quello che è disponibile in Adriatico. Questo significherebbe risparmiare, ridurre la dipendenza dall’estero, inquinare meno e soprattutto dare lavoro alle aziende italiane.


PRODUZIONE

e-Lean: APPROCCI LEAN ALLA MANIFATTURA 4.0 LA GRANDE NOTORIETÀ, GODUTA IN QUESTI ULTIMI ANNI, DALLA MANIFATTURA 4.0 SEMBRA AVER MESSO IN SECONDO PIANO INTERVENTI CON MINOR IMPATTO SU IMPIANTI E MACCHINARI, AFFERMATISI SOTTO L’OMBRELLO DELLA LEAN PRODUCTION. UN CASO AZIENDALE RIPORTA PERÒ ALLA CENTRALITÀ DELL’ORGANIZZAZIONE RISPETTO ALLA TECNOLOGIA Stefano Busolo, Operations Manager Tecnolaser Srl Salvatore Ribezzo, Kaizen Promotion Officer Tecnolaser Srl Stefano Dalla Via, Partner BWC Srl di

MANIFATTURA 4.0: UNA SCOMMESSA SUL FUTURO

L

a Quarta Rivoluzione Industriale cui s’è ispirata, nel 2013, l’iniziativa Industrie 4.0 del Governo tedesco, aveva la finalità di rilanciare il sistema produttivo della Germania sia a livello delle aziende che delle infrastrutture (formazione, servizi, enti di ricerca) attraverso investimenti in innovazione collegati alle sempre più capillari e versatili applicazioni Internet. In realtà, dei quattro ambiti in cui è stata suddivisa l’era dell’interconnessione delle macchine (vedi Box 1), uno solo si può dire abbia riscontrato autentico interesse ed è la gestione in remoto degli impianti, su protocolli Internet, per organizzarne la manutenzione e fornire indicazioni su produttività ed efficienza. Con questa finalità, si è sfruttata, in Italia, la quota più rilevante dei finanziamenti riconosciuti dal governo con le diverse versioni di ammortamento agevolato. Tornando però a Manifattura 4.0, è utile una lettura dell’innovazione tecnologica in logica “shumpeteriana”.

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PRODUZIONE

BOX 1 I QUATTRO AMBITI DI MANIFATTURA 4.0

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icadono nel contesto della Manifattura 4.0 le seguenti quattro tipologie di interventi: ♦“azioni volte allo sviluppo della potenza di calcolo e della connettività per la gestione capillare dei processi industriali (Big Data, Cloud Computing, Internet of Things; ♦investimenti per migliorare l’analisi dei dati e la capacità delle macchine di interpretarli (Data Mining, Business Intelligence, Machine Learning); ♦sviluppo dell’interazione uomo/macchina (interfacce Touch Screen, Realtà Aumentata, ARtags, RFID); ♦applicazioni per la gestione del passaggio da digitale a reale (co-robot, stampa 3D, comunicazione Machine-toMachine).

La storia economica si svilupperebbe, infatti, per onde di “distruzione creatrice”: alla Prima Rivoluzione Industriale, datata 1780 e basata sull’uso del vapore, è seguita una Seconda Rivoluzione a fine ‘800, con la produzione di massa e l’impiego dell’energia elettrica, a sua volta soppiantata da una terza fase, collocabile negli anni ‘70 del ‘900, con l’introduzione dell’informatica in fabbrica. Ora, il senso del quarto livello, cui si spingono le Operations, sta nella comunicazione e nella trasformazione dei dati in informazioni e conoscenza. Un primo caveat è necessario: si parla di informazioni e il senso comune vuole che più informazioni portino a migliori decisioni. Purtroppo ciò non è sempre vero. Una serie di euristiche, di preconcetti e di convinzioni dei decisori (Box 2), renderanno sempre parzialmente inaffidabili, ambigue e incoerenti le nostre scelte ed è più proficuo rimuovere o rendere palesi queste devianze, che non aumentare il numero di dati da elaborare. Inoltre, monitorare cento indicatori fa crescere la confidenza che il processo sia sotto controllo, ma tale supposizione può essere mal riposta. Troppe informazioni, infatti, possono portare ridondanza, nascondere segnali deboli ma primari e spingere ad essere troppo sicuri di sé. Eliminare ciò che è superfluo, scegliere ciò che serve e usarlo con costanza è una strada più sicura per il successo. Nel caso che di seguito presentiamo sarà evidente come contenere le energie per la

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raccolta dei dati e investirle nella condivisione delle evidenze, possa risultare un’interpretazione semplice, pragmatica e vantaggiosa del vero significato di Manifattura 4.0.

INTEGRARE LA PROPRIA OFFERTA A QUELLA DEI CLIENTI Con 180 dipendenti e un fatturato di oltre 30 milioni di euro, Tecnolaser Srl si è affermata, negli ultimi anni, grazie alla ricerca di competenze distintive che ne differenziassero l’offerta rispetto alla concorrenza. Oltre a fornire tutte le fasi di lavorazione (dal taglio alla verniciatura), la prima di tali azioni è consistita nel co-design, che trasforma il fornitore in un partner cui si affida una parte della progettazione, per valorizzarne l’abilità in ambiti dove il cliente non è interessato a sviluppare un proprio know how. Consolidato questo vantaggio competitivo con clienti di diversi settori indu-

BOX 2 EURISTICHE E QUALITÀ DELLE DECISIONI ♦Inconsistenza: il Decisore non applica sempre gli stessi criteri anche a fronte di scelte ripetitive perché soggetto a variazioni di umore, alla noia e al desiderio di novità, ad influenze esterne e, in generale, a razionalità limitata. ♦Disponibilità: i dati che vengono usati sono quelli che si possiedono e i fatti recenti hanno peso maggiore di eventi lontani nel tempo ma non meno importanti. ♦Conservatorismo: non si cambia opinione o lo si fa troppo lentamente anche quando ciò è palesemente necessario, per un presunto principio di coerenza con se stessi. ♦Ancoraggio: un’intuizione iniziale ha un peso sulla valutazione di quelli che lo seguono nonostante non vi siano correlazioni, supponendo la presenza di nessi causali quando questi sono ingiustificati. ♦Evidenze illusorie: la tendenza a cercare affermazioni a sostegno delle proprie tesi e a escludere dati che le negano. ♦Ottimismo: sottostimare i costi e sovrastimare i benefici di un percorso d’azione quando lo si è intrapreso. ♦Percezione selettiva: limitare le alternative a quelle che detta la nostra passata esperienza.


Tecnolaser Srl è uno dei principali player nel settore della lavorazione lamiera del Nord Italia.

striali, il passo successivo fu la comakership. Si tratta di collocare la fase di montaggio di articoli semplici, a basso volume e ad elevato numero di varianti estetiche, presso chi produce lo chassis, evitando il trasporto di lamiera piegata e saldata perché costoso (elevati ingombri rispetto al valore movimentato) e potenzialmente controproducente per la qualità dei manufatti (pericolo di danneggiamenti nella movimentazione di pezzi leggeri e poco stabili). Con questo obiettivo, Tecnolaser Srl ha avviato una linea di assemblaggio assumendosi la responsabilità di rispondere, in tempi certi e con elevati tassi di servizio, a piani di consegna rilasciati ogni settimana su un orizzonte congelato di 10 giorni lavorativi. Questa offerta ha però ragion d’essere se si è in grado di gestire la complessità che ne deriva. A tal fine, l’azienda si è dotata di una serie di strumenti IT a corredo del proprio sistema gestionale, tra cui: • un APS (Advanced Planning System), ovvero uno schedulatore multilivello per il carico macchine a capacità finita sulle fasi a monte della linea di assemblaggio (dal taglio alla verniciatura delle lamiere); • un MES (Manufacturing Execution System) con cui tracciare l’avanzamento degli ordini di semilavorati acquisendone direttamente la posizione in coda sullo schermo del Programmatore. Nonostante questi investimenti, però, l’azienda, che ha la tecnologia nella propria ragione sociale, si è resa conto di non aver creato, con tali applicazioni, un argine sufficiente a fronteggiare la crescita della complessità ed ha avviato un percorso di ricerca dei punti di debolezza dei propri processi produttivi, applicando i principi della teoria dei vincoli (Fig.2). Da questo esame è emersa la necessità di intervenire sulle prime fasi, di Taglio e Punzonatura della lamiera, migliorando la disponibilità delle macchine e rendendo l’intero

Figura 2.

processo più robusto ed affidabile. Si trattava, in sostanza, di rafforzare le competenze di Professional Maintenance partendo dalla misura delle prestazioni, da una comprensione dello stato attuale del servizio e da concreti obiettivi da attribuire all’attività di presidio delle tecnologie.

IL PROGETTO DI PROFESSIONAL MAINTENANCE Alla base della manutenzione professionale sta un apparente ossimoro: tanto meno c’è bisogno della manutenzione (intesa come intervento su guasto) e tanto più la manutenzione è efficace. Il significato di questa affermazione sta nella prevenzione delle interruzioni di servizio, eventi che, se rapidamente risolti, sarebbero un segno distintivo di qualità e livello prestazionale del servizio erogato. Per evidenziare questo cambio di mentalità, la Direzione decise di utilizzare due indicatori (Fig. 3) di facile comprensione:

Figura 3.

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PRODUZIONE

• l’MTBF (Mean Time Between Failure) ovvero il rapporto tra le ore di macchina disponibile alla Produzione (anche noto come Uptime, tempo di cui dispone il Conduttore Impianto per usare la risorsa) e il numero di guasti intercorsi; • l’MTTR (Mean Time To Repair) ossia il tempo medio per effettuare una riparazione, dato dal rapporto tra le ore di indisponibilità della macchina (Downtime) e il numero dei fermi per guasto.

BOX 3 PLANNING FACTOR E OVERALL EQUIPMENT EFFECTIVENESS

L’

indicatore principe di ogni processo produttivo è l’OEE, che mostra come si sia usato il tempo di una risorsa evidenziando una tipologia di inattività non imputabili alla gestione corrente ma all’organizzazione e/o ad altre cause esterne e scomponendo le perdite residue in tre fattori: ♦DISPONIBILITÀ: per quanto tempo si può usare la risorsa per produrre; ♦PERFORMANCE: quanto tempo la risorsa ha usato rispetto allo standard; ♦QUALITÀ: quanto tempo è stato sprecato per produrre pezzi difettosi. Su macchine di elevata capacità spesso quest’ultimo termine è poco significativo, ha più senso invece valutare quali delle cause esterne (es.: mancanza materiale, mancanza energia, mancanza Operatore, manutenzione programmata ecc.), quantificate nel Planning Factor PF, possano essere eliminate da una migliore organizzazione del lavoro.

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Figura 4.

A queste due misure si decise di affiancare il principale riferimento del buon utilizzo dei fattori di produzione, l’OEE, Overall Equipment Effectiveness (Box 3), mediato da un coefficiente, il Planning Factor, su cui far ricadere le perdite da cause esterne, ovvero non imputabili né all’Esercizio né alla Manutenzione. Venne quindi scelta un’Area Modello, una Macchina Combinata di Taglio Laser e Punzonatura, su cui avviare la raccolta dati e su cui praticare i rudimenti del Professional Maintenance, riconducibili ai seguenti passi di progetto (Fig. 4): • trasferimento agli Operatori di attività elementari (pulizia, lubrificazione e ispezione) per ridurre il degrado e responsabilizzare chi lavora sull’impianto non solo all’efficienza (la Performance nel linguaggio dell’OEE) ma anche alla buona conservazione della macchina; • comprensione delle cause di guasto, attraverso l’incontrovertibile ed equilibrato giudizio del Manutentore, e loro registrazione tramite una rilevazione eventi ottenuta con un ordine di lavoro denominato EWO (Emergency Work Order); • pianificazione di controlli e sostituzione programmata di particolari soggetti ad usura, su criteri stabiliti in base ad una FMECA (Failure Mode and Effects Criticality Analysis) condotta ex ante sull’impianto; • descrizione degli interventi di manutenzione preventiva attraverso opportuni standard di lavoro e sintesi delle attività e delle informazioni utili alla loro esecuzione in un documento di visual management: il Machine Ledger. Vediamo in dettaglio ciascuna di queste fasi.

MISURA DEI KPI La raccolta dei dati e il calcolo dell’OEE furono condotti inizialmente con strumenti semplici (moduli cartacei e fogli elettronici) che tuttavia consentivano una misura


affidabile dello stato degli impianti e un graduale avvicinamento del personale a logiche quantitative fino ad

Figura 5.

dati su una piattaforma intranet utilizzando un tablet al posto del modulo cartaceo. Fu quindi sviluppata una maschera di carico di facile e intuitiva comprensione, revisionata più volte su suggerimento dei Conduttori Impianto. Le modifiche principali riguardarono: • la dimensione e la disposizione dei tasti per la denuncia delle causali di fermo; • la semplificazione degli accessi a singole transazioni, con esclusione di campi non di immediato interesse per l’Operatore; • l’utilizzo di lettori ottici per l’attribuzione delle dichiarazioni all’ordine di lavoro, evitandone la scelta dalla lista proposta dal sistema; • l’eliminazione di alcuni automatismi rivelatisi incoerenti (es.: apertura dello stato “Macchina Lavora” con la chiusura dello stato “Setup”). Al termine di questa fase si fece ruotare il personale nell’Area Modello, portando la conoscenza dello strumento alla quasi totalità dei Conduttori Impianto. Successivamente, si estese la tecnologia Intranet/Tablet su tutte le macchine Combinate e di Punzonatura.

AUTONOMOUS MAINTENANCE La prima azione, volta a limitare il numero di interventi dei Manutentori, fu di trasferire compiti elementari agli Operatori. Una condizione igienica, presupposto per la buona conservazione di un impianto, è non trascurarlo. Le macchine, infatti, hanno un loro linguaggio che è fatto di rumore eccessivo, riscaldamento di un motore, trafilo di olio, vibrazione di un organo meccanico. Se questi segnali, per trascuratezza o leggerezza, vengono ignorati, il degrado

Figura 6.

allora sconosciute (Fig. 5). Solo dopo sei mesi di lavoro sull’Area Modello e l’introduzione delle tecniche e degli strumenti volti al miglioramento delle performance, quando i risultati furono ritenuti stabili e definitivi (Fig. 6), si decise di portare l’acquisizione

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Figura 7

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PRODUZIONE

naturale, conseguenza del secondo principio della termodinamica che stabilisce l’inevitabile aumento dell’entropia di un sistema isolato, viene accelerato e la macchina, rapidamente, va in guasto (Fig. 7). D’altro canto è chi vive l’impianto durante l’esercizio che ne può riconoscere i segnali deboli, premonitori di un imminente problema e, per farlo in modo metodico e razionale, deve essere il Manutentore a guidarlo, laddove serve, con la frequenza necessaria e attraverso chiare istruzioni su Pulizia, Ispezione, Lubrificazione e Serraggio Bulloni (le cosiddette procedure PILS).

RESPONSIVENESS & BREAKDOWN ANALYSIS

Figura 8

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Acquisita la sensibilità degli Operatori alla buona conservazione degli impianti, occorreva mettere a fuoco i punti di debolezza della Manutenzione. In particolare si voleva risalire a quali elementi limitassero il livello di servizio in un intervento su guasto, condizionando il valore dell’MTTR, e quali indicazioni si potessero trarre dalle passate esperienze per estendere i periodi di funzionamento, ovvero aumentare l’MTBF. A tal scopo venne introdotto un modulo (Fig. 8), l’Emergency Work Order (EWO), col triplice intento di: • misurarsi (quanto tempo intercorre tra la chiamata e l’arrivo del Manutentore, quanto per giungere a una diagnosi, quanto per recuperare i ricambi e poi avviare l’impianto); • descrivere l’evento possibilmente con uno schizzo (che

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impone di razionalizzare le proprie idee in un disegno, cioè in una rappresentazione organica e definita); • attribuire il guasto a una di sei cause gestionali (errori di manovra, riparazioni parziali, assenza delle condizioni PILS, sollecitazioni eccessive, mancato controllo o debolezza di progetto) su cui proporre un’azione correttiva (dalla segnalazione al costruttore al training del personale, dall’intensificazione dei controlli all’utilizzo di ricambi certificati). Le valutazioni del Manutentore sono incontestabili e rappresentano, nell’attribuzione della causa origine (in realtà ottenuta più spesso con una descrizione verbale che non iconica), il riconoscimento della sua esperienza e delle sue capacità di equilibrato giudizio.

PIANIFICAZIONE DEI CONTROLLI Per individuare le prime azioni di manutenzione preventiva da programmare in un futuro piano di interventi, si è fatto ricorso sia all’analisi storica degli eventi di guasto sia ad una formula di massima astrazione basata sulla tecnica FMECA. Volendo limitare la descrizione di quest’ultima alle sue principali caratteristiche, sarà sufficiente ricordare che si tratta di un metodo induttivo (procedimento che, partendo da singoli casi particolari, cerca di stabilire una legge universale) in quanto passa dal particolare (cause/ eventi) all’universale (effetti/conseguenze) secondo una Forward Looking Logic (dalle cause alle conseguenze). Se poi si intende per guasto “la cessazione dell’attitudine di un’entità a fornire una prestazione richiesta” (UNI


• Rilevabilità (R): qual è la facilità con cui il guasto può essere intercettato prima che si manifesti in un fermo impianto (da 1 quando la criticità può essere rilevata con sistemi di diagnostica della macchina a 10 quando né l’osservazione del processo né quella del prodotto posso fornire un qualsiasi preallarme).

Figura 9.

9910/1991) e per modo di guasto “l’effetto in base al quale viene esaminato un evento di guasto” (IEC 271/1974), se ne deduce che il modo di guasto è l’episodio rilevatore dell’anomalia che l’ha causato. In definitiva, l’anomalia (o evento di guasto) provoca effetti sulle funzioni di una macchina, ma solo dopo il modo di guasto è possibile determinarli. Si tratta quindi di pensare a cosa può provocare un’anomalia sull’impianto, scomponendolo in gruppi e sottogruppi funzionali (Fig. 9) e attribuendo ad ogni risposta alla domanda “Cosa può andare storto?” un diverso punteggio per ciascuna delle tre seguenti categorie: • Gravità (G): quali effetti può avere il modo di guasto (da 1, nessun inconveniente per la produzione, a 10, prolungato arresto dell’impianto con rischi per la sicurezza del personale); • Frequenza (F): qual è la probabilità che si verifichi il modo di guasto (da 1, molto bassa ovvero l’evento ad oggi non si è mai verificato, a 10, molto alta per cui l’evento può accadere anche più di una volta a settimana);

Figura 10.

Da questo esame, utilizzando le tabelle FMECA (Fig. 10), si è ricavato il Risk Priority Number, (RPN=GxFxR) con cui si sono selezionati 16 sottosistemi meritevoli di una manutenzione preventiva. Non disponendo di sufficienti dati per definire il numero di controlli/anno, si sono utilizzati i Manuali Utente del Costruttore e le buone pratiche di Manutenzione, creando un calendario di primo tentativo su cui valutare, a fine anno, eventuali variazioni di intensità.

STANDARD MANUTENTIVI Per chiudere questo primo ciclo di miglioramento delle prestazioni della Manutenzione, si sono definiti, per tutti i 16 sottogruppi ritenuti critici, le modalità con cui condurre gli interventi di preventiva. La logica di questa attività è stata interpretata come un check up eseguito a data stabilita in cui, a fronte di operazioni definite, il valore aggiunto era la presa visione dello stato generale, di buona conservazione di una parte importante dell’impianto. Al di là, quindi, dell’aver effettuato, secondo le indicazioni fissate dal costruttore, controlli ed eventuali sostituzioni di componenti soggetti ad usura, il senso di un’azione preventiva è stato inteso come un giudizio a priori, quell’ascolto dell’impianto, in aggiunta alle procedure PILS, che spesso manca nella gestione della tecnologia. Per rendere evidente a tutti (Operatori, Middle Management e Direzione) il diverso atteggiamento dei Manutentori (da reattivo a preventivo) e per dare visibilità sulla condizione della macchina, si è applicato uno strumento di visual management affisso ad una parete dell’Area Modello (Box 4) in cui sono state riassunte le informazioni utili alla cooperazione tra Esercizio e Manutenzione (le procedure standard con cui condurre attività AM e PM), gli indici di performance (MTBF/MTTR sia dell’impianto che dei sottogruppi in cui è stato esploso), i riferimenti alle posizioni di magazzino dei ricambi più critici (o ai fornitori cui rivolgersi), i codici EWO degli interventi su guasto (con la relativa attribuzione di responsabilità per ogni evento occorso) e le autodichiarazioni di avvenuta

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PRODUZIONE

BOX 4 MACHINE LEDGER

I

l Machine Ledger è il libro mastro di una macchina, la sua scheda di anamnesi realizzata in logica visual e integrata da informazioni utili per giudicarne lo stato di conservazione, le performance della Manutenzione e la gestione degli interventi programmati. Figura 11.

Ora, ogni cambiamento importante, necessario per migliorare le prestazioni di una organizzazione complessa, non può essere accettato a livello del sistema 1 che rifiuta per default l’ignoto e il diverso. Occorre dunque accendere il sistema 2 palesando un dato inequivocabile che contraddica degli assunti mai contestati prima. Questo dato è offerto da bassi MTBF ed elevati MTTR (Fig. 11), la loro presenza costringe il Manutentore a rivalutare il positivo giudizio sulle performance del proprio operato e a ipotizzare soluzioni alternative alla semplice strategia di “non toccare ciò che non si rompe”.

esecuzione delle attività di preventiva (con indicazione percentuale di quanto effettivamente portato a termine).

LESSON LEARNED Le riflessioni maturate a valle di questo progetto sono riconducibili ai seguenti cinque punti: • Pensieri Lenti e Veloci: i meccanismi che governano i nostri giudizi si rifanno a due sistemi di pensiero. Il sistema 1 è efficiente, rapido, opera in automatico e fuori da qualsiasi controllo volontario, però è analogico, intuitivo, procede per similitudini ed usa dei cliché, delle risposte alle situazioni che l’esperienza ha dimostrato valide, prive, tuttavia, di un ragionamento che le abbia corroborate in quello specifico contesto. Il sistema 2 è pigro, lento, richiede attenzione e concentrazione, comporta sforzo e impegno mentale, consuma energia ma è razionale, rifiuta le risposte meccaniche, basate su sole impressioni e congetture e viene attivato quando il sistema 1 è sconcertato, spiazzato, disorientato o confuso.

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• Tecnologia e Organizzazione: pensando al ruolo che l’IT ha avuto in questo caso, non lo si può ritenere come trainante. Non sono stati il WEB MES e i Tablet a fare da mosca cocchiera dell’intervento ma la volontà della Direzione a sostenere l’offerta con maggiore continuità e affidabilità, ovvero a mitigare le varianze di processo conseguenza dell’indisponibilità degli impianti al Reparto Taglio. Da lì ci si è mossi utilizzando leve e strumenti noti e di semplice realizzazione, verificandone l’efficacia e, solo successivamente, perfezionandoli con un investimento (modesto) su applicazioni più evolute. Non a caso è stato il visual management del Machine Ledger a chiudere il progetto, manifestazione incontrastata della supremazia del foglio UNI A0 sullo schermo del PC. • Distribuzione del potere: affidare agli Operatori compiti di piccola entità ma di notevole impegno in termini di contenuti di lavoro, come le azioni PILS, o, quando si arrivi a interventi di micro manutenzione, con un impatto sull’OEE della macchina, non è un passaggio facile da accettare per ogni Servizio di Manutenzione. Questa scelta, tuttavia, spinge alla soluzione dei problemi laddove questi si manifestano e a cura di chi, per primo,


è interessato alla loro rimozione. Si tratta, dunque, di un decentramento di autorità che non limita il potere di altre Funzioni ma accresce la reattività alle varianze di processo e contribuisce a gestire un ambiente sempre più complesso. • Sviluppi Taylor Made vs applicazioni Prêt à Porter: può sembrare un inutile spreco, per chi già possiede un MES collegato ad un APS, introdurre un analogo strumento di rilevazione dati dallo shopfloor. In realtà, costringere un prodotto pensato per l’avanzamento di produzione ad acquisire lo stato degli impianti, sarebbe risultato molto più oneroso di un’implementazione ad hoc. Al contrario, l’aggiunta della registrazione di un ordine di lavoro via lettura del barcode, unico aggravio che si sarebbe risparmiato sfruttando la soluzione esistente, non pareva impegnasse molto di più l’Operatore dell’introduzione delle altre informazioni sullo stato dell’impianto. Considerato, infine, che la scrittura dei codici del WEB MES venne fatta con personale interno e che il suo costo, in termini di ore uomo, è risultato decisamente contenuto, anche ex post la scelta pare sostenibile. • Orgoglio e passione: quando la razionalità non è sufficiente a muovere all’azione una valida alternativa è spingere sull’orgoglio del lavoro “comme il faut” e sulla passione che, su tale lavoro, riversa ogni individuo. Ci sono, infatti, due modalità che portano le persone ad essere

più responsabili verso i propri simili. La prima è il principio di reciprocità diretta, chiamato “Tit for Tat” nella Teoria dei Giochi, rispondere colpo su colpo con la stessa moneta che si è ricevuta. Questa prassi è difficilmente applicabile in una relazione tra Conduttori Impianto e Manutentori. La seconda modalità è il principio di reciprocità indiretta, che chiama in causa il tema della reputazione. Essere efficaci ed incisivi nel proprio operato produce un’immagine positiva di noi stessi che rafforza la nostra autostima: su questo fattore si può contare sempre, anche in assenza di puri calcoli opportunistici.

CONCLUSIONI L’attività descritta in questo caso ha coperto un arco temporale di circa 9 mesi, a contraddire un luogo comune, la tendenza a guardare alla tecnologia, quando questa modifichi l’organizzazione, come a un mezzo rapido ed efficiente con cui moltiplicare gli utili: decisamente un falso teorema. A contrastare, infatti, la velocità della tecnologia, con grande disappunto del management, è proprio la lentezza dell’organizzazione. Ma, come scrive Milan Kundera (“La lentezza” pag. 45 Adelphi 1995), “C’è un legame segreto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio. … Nella matematica esistenziale [ciò] assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”.

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PRODUZIONE

FLACONI, TUBETTI, VASI, CAPSULE E CONTENITORI DI DIVERSE FORME, DIMENSIONI E MATERIALI PER OFFRIRE LA PIÙ AMPIA SCELTA AL SETTORE BEAUTY. QUESTA, IN SINTESI, LA VARIEGATA PRODUZIONE DI PIBIPLAST CHE HA SCELTO DI OTTIMIZZARE E SCHEDULARE I PROCESSI PRODUTTIVI ADOTTANDO LA SUITE SEDAPTA, RIDUCENDO I TEMPI DI PROGRAMMAZIONE E AUMENTANDO IL LIVELLO DI SERVIZIO AL CLIENTE

COME OTTIMIZZARE PROCESSI PRODUTTIVI COMPLESSI: IL CASO PIBIPLAST 44

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ondata da Paolo Bosi nel 1954, Pibiplast SpA è un’azienda specializzata nel packaging primario in plastica per la cosmetica e il make up, che si distingue per una vasta offerta di prodotti standard per lo skin care, make-up, tubetti e la capacità di sviluppare prodotti custom. Pibiplast si occupa infatti di progettazione, produzione, decorazione e commercializzazione di contenitori ed accessori di confezionamento in materiale termoplastico, anche per usi alimentari, e attraverso le sue divisioni è da sempre partner dei principali clienti internazionali del settore cosmetico. Pibiplast Group ha sede a Correggio (Reggio Emilia), ma fa leva su stabilimenti produttivi a Robbiate (Lecco), Tortona (Alessandria) e Calenzano (Firenze) per rispondere a tutte le esigenze di produzione, assemblaggio e decorazione di contenitori per l’industria cosmetica. Negli stabilimenti produttivi di flaconi e vasetti per lo skincare, di packaging per il make-up e di tubetti, l’azienda è sempre all’avanguardia con tecnologie innovative e un occhio attento al settore Ricerca&Sviluppo. Personale e fatturato in crescita, permettono all’azienda di pensare in grande con l’occhio sempre rivolto al futuro, alla sostenibilità e all’innovazione. Il miglioramento continuo è parte fondamentale della storia di Pibiplast, sia che si parli di tecnologia che di crescita umana e professionale. Grazie ad un approccio focalizzato alla soddisfazione del cliente, la continua ricerca di sistemi efficaci per il controllo durante il processo produttivo, l’affinamento dei processi di gestione e la formazione costante delle persone, Pibiplast si avvicina giorno dopo giorno al concetto di “Qualità Totale”. Questa strada ha consentito negli anni di migliorare reputazione e performance, rispondendo con efficienza e qualità agli alti standard qualitativi richiesti dal mercato. Una sfida non facile, che deve oltretutto coniugarsi con gli altri cardini su cui si fonda l’azienda: salvaguardia dell’ambiente, sicurezza e responsabilità sociale.

UNA SOLUZIONE SEMPLICE PER UNA PRODUZIONE COMPLESSA In cerca di maggiore efficienza, nel 2011 Pibiplast SpA ha deciso di affrontare la complessità tipica nella programmazione della produzione del settore plastico, scegliendo le soluzioni di sedApta per gestire al meglio una serie di complessità, tra cui:

• il fatto che i clienti provenissero da più di 35 paesi diversi • personalizzazione dei prodotti, con focus su innovazione e sostenibilità • gestione di molte risorse • utilizzo di diversi tipi di stampi e attrezzature • ottimizzazione del tempo di installazione e ottimizzazione delle dimensioni del lotto. Questi invece i principali obiettivi che Pibiplast intendeva raggiungere attraverso la schedulazione della produzione: • affidabilità delle date di consegna promesse al cliente • riduzione dei tempi di consegna • riduzione dei costi di produzione. Quin - società di consulenza e soluzioni in ambito Operations & Supply Chain Management, Business & Data Analytics, Project & Innovation Management nonché partner sedApta - ha accompagnato Pibiplast SpA nell’adozione della suite sedApta, in particolare dei moduli applicativi Factory Scheduling e Resource & Supply Planning, dando avvio ad una profonda revisione dei processi di pianificazione della produzione in ottica di digitalizzazione e ottimizzazione delle attività coinvolte. Il primo dei due moduli adottati si occupa della pianificazione globale della produzione e per l’allocazione dinamica degli ordini di produzione che gestisce. Factory Scheduling consente infatti di creare un piano di produzione aziendale, conciliando gli obiettivi di produzione di medio periodo con i bisogni di ottimizzazione di breve periodo. Le sue principali caratteristiche sono: schedulazione delle risorse a capacità finita; ottimizzazione delle sequenze produttive; gestione dei materiali; analisi multi-scenario.

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PRODUZIONE

QUIN - PIBIPLAST: Project Phases

L’intento di Quin è stato quello di introdurre una serie di attività che avrebbero portato a schedulare al meglio i processi produttivi

• flexible and efficient scheduling tool • rollout to all the company plants

• medium-term planning • budgeting

• centralized finite capacity planning • material planning

2011-2013

2015-2016

2020-ONGOING

NEXT STEP

SCHEDULING

SALES % OPERATION PLANNING

MATERIAL AND CAPACITY PLANNING

REVIEW AND ENHANCEMENT

Il secondo modulo permette invece di adeguare i piani di approvvigionamento e le decisioni di soddisfacimento delle richieste, basate sulla simulazione e sulle capacità delle regole aziendali a supporto della risoluzione di interazioni complesse tra processi e siti diversi, avvalendosi di simulazioni multisito; analisi KPI finanziari e di produzione; analisi What-if (multi scenario) basate su in-memory-database; tipi di vincoli (Hard to Soft); ambiente e attività di forzatura manuale. Inoltre, questo modulo sedApta supporta gli utenti nella pianificazione della domanda, grazie all’identificazione di fasi critiche e alla loro ottimizzazione, basandosi su regole di esplorazione come “almeno/ al massimo” e sulla disponibilità di risorse e materiali.

Quin ha accompagnato il cliente, in un arco temporale di circa dieci anni, verso la costruzione di un piano di produzione aziendale basato sulla schedulazione, l’attività di pianificazione globale della produzione che attribuisce una sequenza di attività a ciascuna risorsa (meccanica, digitale, umana), avvalendosi della simulazione dei processi di produzione attraverso le soluzioni sedApta. L’intento di Quin è stato quello di introdurre una serie di attività che avrebbero portato a schedulare al meglio i processi produttivi: • Visibilità di potenziali situazioni critiche su un orizzonte temporale di media lunghezza (12 mesi) • Analisi What If per valutare gli impatti di eventuali azioni correttive (esternalizzazione, acquisto di nuove risorse, turni di lavoro diversi, ecc.) • Piano di capacità finita (risorse, attrezzature, manodope-

QUIN - PIBIPLAST: Material & Capacity Planning

Resource & Supply Planning Vision

Supply Analysis

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S&OP


ra) al fine di calcolare l’affidabilità delle date di consegna stabilite • Pianificazione delle risorse e delle apparecchiature al fine di ridurre al minimo i costi di installazione e fornire una lista di lavoro di produzione fattibile.

Fase 1: schedulazione di fabbrica Il progetto di adozione della soluzione sedApta presso Pibiplast SpA ha previsto una prima fase dedicata alla schedulazione di fabbrica, con l’introduzione di un nuovo processo di schedulazione flessibile ed efficiente e successivo roll-out a tutti gli stabilimenti del gruppo. Questi gli step affrontati nella Fase 1: • Datazione degli ordini di vendita: fornire date affidabili e costantemente aggiornate delle consegne dell’intero portafoglio ordini • Mantenimento di un piano aggiornato e ottimizzato della produzione: permettere la predisposizione di un piano ottimizzato di produzione e il suo constante aggiornamento in funzione di variazioni derivanti da modifiche della domanda, dei prodotti o da problematiche produttive o di disponibilità di materiali • Ottimizzazione dei setup e incremento della produttività: ottenere un incremento della produttività con un’ottimizzazione delle sequenze produttive e la minimizzazione dei tempi di changeover garantendo le date di consegna ai clienti.

Fase 2: Sales & Operations Planning Nella seconda fase si è passati invece all’implementazione della soluzione di Sales & Operations Planning, con la verifica della fattibilità produttiva del piano di budget e l’identificazione di eventuali risorse colli di bottiglia e della necessità di incremento della capacità produttiva (aumento di numero di turni in qualche periodo dell’anno, acquisto di nuovi macchinari, outsourcing di alcune attività, ecc.). Oltre a questo, è stata introdotta l’abitudine di dare indicazione alle vendite su quali prodotti spingere o su quali modifiche al mix produttivo effettuare, in modo da sfruttare capacità produttive di risorse non completamente cariche. Infine, è stata introdotta anche l’attività di confronto nel corso dell’anno fra valore di budget e valori consuntivati e modifica della proiezione del fatturato a fine anno in base al consuntivato. Grazie all’adozione delle soluzioni sedApta, Pibiplast SpA ha ottenuto ad oggi i seguenti risultati, così quantificabili: • Riduzione dei tempi di setup (-10-15%) • Riduzione dei tempi di aggiornamento del piano in caso di mutate condizioni (-80%) • Incremento del livello di servizio al cliente • Riduzione del tempo impiegato nella programmazione della produzione (-10h/ week).

QUIN - PIBIPLAST: Scheduling

Factory Scheduling

Resource Gantt

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MANAGEMENT

DIGITAL & LEAN, COSÌ LA SUPPLY CHAIN DIVENTA PIÙ EFFICIENTE COME IMPLEMENTARE PROCESSI ECCELLENTI DI CREAZIONE DEL VALORE, DALLA PRODUZIONE AL CONSUMATORE? LA RIPOSTA, SECONDO IL PROF. ALEXANDER TSIPOULANIDIS, STA NELL’ADOZIONE DI SOLUZIONI DIGITALI E “LEAN” NELLA GESTIONE DELLA SUPPLY CHAIN E DELLE OPERATIONS. PARTENDO DA UN’APPROFONDITA CONOSCENZA DEL MODELLO SCOR, LE NUOVE TECNOLOGIE DI INDUSTRIA 4.0 POTRANNO IMPATTARE DECISAMENTE SUI PROCESSI, APRENDO ORIZZONTI UN TEMPO IRRAGGIUNGIBILI prof. dr. Alexander Tsipoulanidis, Professore di Supply Chain and Operations Management presso la Berlin School of Economics and Law (Hochschule für Wirtschaft und Recht Berlin), Dipartimento Business and Economics

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INTRODUZIONE

INPUT

Le “Operations” sono una funzione o un sistema che trasforma input (ad esempio materie prime e lavoro) in output di valore maggiore (esempio: prodotti o servizi); in altre parole, la funzione delle operations è quella di accoppiare la domanda con la fornitura. In connessione diretta con ciò, l’American Marketing Association definisce il marketing come quella attività, gruppo di regole e processi, al fine di creare, comunicare, fornire e scambiare offerte che abbiano valore per la clientela, i partner, e la società intera. Questo significa che Operations efficienti ed una impeccabile supply chain sono gli abilitatori cruciali per conseguire gli obiettivi fondamentali del Marketing. Ne consegue che i processi di trasformazione sono condotti in modo da aggiungere valore in modo efficiente dal fornitore al cliente finale (Vedi Figura 1). L’idea di base del supply chain management (SCM) è quella di applicare un approccio globale di sistema per gestire il flusso di informazioni, materiali, e servizi, dai fornitori di materie prime al cliente finale, attraverso punti di stoccaggio e di trasformazione (come rappresentato in Figura 2).

INPUT

TRASFORMAZIONE

OTPUT

UTILIZZO DEGLI INPUT, DI MACCHINE, DI FORZA LAVORO, PER LA CREAZIONE DI VALORE TRAMITE LA TRASFORMAZIONE

Pneumatici

Acciaio, Gomma, Colla... Pasta, Funghi, Formaggio... Paziente, Diagnosi, Raggi X Viaggiatori, Rotta, Carburante...

Pizza Operazione chirurgica Crociera nei Caraibi

FIGURA 1: MODELLO INPUT-OUTPUT DI OPERATIONS MANAGEMENT (ILLUSTRAZIONE DELL’AUTORE).

GAP DI CONOSCENZA Diventa ovvio che la funzione “core” della gestione delle operations è parte integrale della gestione della supply chain. Nel testo Logistics and Supply Chain Management: Creating Value-adding Networks, a pag. 5, Martin Christopher osserva che, rispetto all’espressione oggi più comunemente usata di “supply chain management”, la definizione più corretta dovrebbe essere “demand chain management”. Allo stesso modo, la parola “chain” dovrebbe essere sostituita da “network”, dato che ogni funzione viene svolta da una pluralità di soggetti. Quindi la definizione più corretta dovrebbe essere: “demand network management”.

TRASFORMAZIONE

OTPUT

Flusso delle materie prime - flusso dell’energia Flusso delle informazioni - flusso finanziario

MAG CEDI

CEDI

MAG

Produttori

Centri di distribuzione

PV

MAG MAG

Fornitori di materie prime

PV

Magazzini

PV

Punti vendita

Clienti

FIGURA 2: PRINCIPI DELLA SUPPLY CHAIN.

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MANAGEMENT

tare gli obiettivi di marketing? 3) Che cosa implica tutto questo sulle necessarie skills manageriali e competenze gestionali?

Plan Plan

Plan

P

P

SMD R

Source

Make

Deliver

Source

Make

Deliver Source

Return

Make

Deliver

SMD R

Return

Return Fornitore del fornitore

Fornitore interno o esterno

La vostra azienda

Cliente interno o esterno

FIGURA 3. MODELLO SCOR SEMPLIFICATO.

La questione risultante è come rendere più efficiente il percorso dal fornitore al cliente, come gestire la soddisfazione della domanda e quali soluzioni digitali adottare per avere processi eccellenti e quindi vantaggi competitivi. Secondo l’Associazione di Supply Chain Management ASCM (quella che tutti conosciamo come APICS), la gestione della supply chain e delle operations si occupa di tutti i processi e attività relative ai processi di Plan, Source, Make, Deliver e Return. Il processo è anche rappresentato dal modello SCOR (Supply Chain Operations Reference), come rappresentato dalla Figura 3.

Cliente del cliente

In sostanza, questo è lo scopo di questo articolo, redatto innanzitutto con una poderosa rivisitazione della letteratura esistente, poi con molteplici interviste ad esperti dell’industria e del mondo accademico, oltre ad incontri sul campo. Infine, mediante tesi di ricerca di dottorandi.

SUPPLY CHAIN E OPERATIONS “DIGITAL & LEAN”

Esaminiamo innanzitutto la prima domanda partendo dai prodotti che potranno essere smart, quindi sempre caratterizzati dalla loro forma fisica, ma anche forniti di sensori e magari attuatori, nonché, al fine di scambiarsi i dati con il mondo esterno, dotati di una terza caratteristica: la connettività. In ogni caso, durante la loro vita, genereranno dati, una miriade di dati. Ma, e questa è la novità, non solo li genereranno riguardo a loro stessi, ma anche ai comportamenti degli utenti e alle loro condizioni d’uso. Nel testo già citato, a pag. 18, Martin ChriQuesta nuova conoscenza facilita il migliorastopher aggiunge che “le aziende leader si mento del prodotto stesso e della sua masono convinte che la vera competizione nutenzione, arrivando a predire possibili Baur e Wee (2015) non è tra le aziende, ma tra le relative rotture e alla possibilità di progettare hanno definito Industry supply chain”. Quindi il vero differenmeglio la generazione seguente. In ogni 4.0 come la prossima fase ziatore è la loro efficienza. L’aspettativa caso, grazie al monitoraggio continuo, di digitalizzazione del che si è andata consolidando, è che la si potranno tenere a magazzino meno settore manifatturiero, combinazione delle classiche teorie del parti di ricambio e altresì pianificare pilotato da quattro lean thinking con quelle dell’Industria meglio le attività lavorative e di logistica. fattori “disruptive” 4.0 possa contribuire ad un significativo In essenza, tali prodotti smart supportano incremento dell’efficienza (che alcuni portaguadagni di efficienza da un punto di vista no anche al 25%) e sarà inoltre di aiuto per co“lean”, il che porta a definire il concetto di Lean struire strategie di resilienza e mitigare i rischi. Per riasthinking, combinato con Industry 4.0. sumere, le supply chain e le Operations devono affrontare Baur e Wee (2015) hanno definito Industry 4.0 come la queste sfide globali, quindi devono essere efficienti, e allo prossima fase di digitalizzazione del settore manifatturiestesso tempo agili e adattabili. Di conseguenza la trasfor- ro, pilotato da quattro fattori “disruptive”: crescita impresmazione digitale sarà un deciso abilitatore. sionante del volume di dati, della potenza di elaborazioQuesto significa che la ricerca deve dare una risposta alle ne e della connettività; emergere di capacità di analytics seguenti domande: e business intelligence; nuove forme di interazione uomo 1) Come le soluzioni digitali e “smart” supporteranno i macchina quali touch screen e realtà aumentata; miglioclassici processi di plan, source, make, deliver e return? ramento nel trasferimento di istruzioni digitali al mondo 2) Perché e come SC e OP efficienti riusciranno a suppor- fisico, come robotizzazione avanzata e stampa 3D. Grazie

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PROCESSO SCOR

ESEMPIO DI TECNOLOGIE ABILITANTI

APPLICAZIONE Plan Plan

A sinistra: i classici processi SCOR

Plan

P SMD R

P Source

Make

Deliver

Source

Make

Deliver Source

Return

Make

Deliver

Return

SMD

A destra: esempi di tecnologie digital & lean applicate agli elementi SCOR e dunque di supply chain digitale

R

Return Fornitore del fornitore

Fornitore interno o esterno

La vostra azienda

Cliente interno o esterno

Cliente del cliente

Plan

In questa fase si pianificano i processi che aggiungono valore e quindi si prepara la supply chain, utilizzando anche i dati di vendita o di uso, questi ultimi anche nella progettazione della nuova generazione. Questa fase consente di ridurre l’incertezza e consente di pianificare i processi produttivi e logistici. Fonte dei dati fondamentale: dati di vendita o di uso

Dati dei POS, Big Data Analytics (BDA), Artificial Intelligence (AI), Digital Twins. Simulazioni CAD, Realtà aumentata e virtuale...

Source

I dati aiutano a stabilire la qualità, affidabilità e durabilità dei prodotti o dei componenti acquistati, il che conduce alla caratterizzazione del fornitore, che così può essere anche chiamato a miglioramenti o al limite essere sostituito. Da tutti i punti di vista, questo conduce ad un miglioramento dell’intero processo di Source. Fonte di dati fondamentale: dati di fornitura

RPA, Portali di collaborazione con i fornitori, Torri di controllo e di visibilità sul processo di fornitura, e- procurement, procurement 4.0, cataloghi elettronici...

Make

Durante i processi produttivi, si possono utilizzare identificatori embedded (es. RFID) per dare istruzioni circa i processi di produzione. Si possono anche creare prodotti con caratteristiche uniche, pilotare eventuali robot e influenzare i processi a valle. Infine, si evitano difetti, perché il processo supporta il principio Poka Yoke. Fonte di dati fondamentale:dati di produzione

Sensori, robot, droni, additive manufacturing/stampa 3D...

Deliver

Il processo diventa più trasparente, quindi permette una riduzione dei rischi e l’effetto conosciuto come VUCA (vulnerability, uncertainty, complexity e ambiguity). Sorgente di dati fondamentale: dati logistici

Droni, veicoli a guida autonoma, AGV, Tracciabilità, Dati di transazioni nella SC

Return

In caso di prodotti restituiti perché difettosi, la diagnosi dei motivi di guasto si può fare più velocemente, e lo stesso vale per le riparazioni. Nel caso di ritorni di tipo commerciale, ad es. venduti tramite e-commerce, i motivi alla base possono essere usati per migliorarne la descrizione commerciale. Fonte dati fondamentale: Reclami o scarti

Big data analytics, Intelligenza artificiale, digital twin

.

FIGURA 4. PROCESSO SCOR - TECNOLOGIE DI SUPPORTO

alla quantità di dati a disposizione, è più facile capire se un fornitore è adeguato oppure no: ne deriva di conseguenza una maggior efficienza dei processi di sourcing e di valutazione dei fornitore, anche ricorrendo ad ulteriori tecnologie quali la RPA (Robotic Process Automation). Per quanto riguarda la seconda domanda, la Figura 4 ne mostra i primi aspetti. Molti degli aspetti riassunti nella tabella sopra sono correlati alla disponibilità di dati generati, immagazzinati e analizzati durante i vari processi. La Figura 4 rappresenta in modo dettagliato la tecnologia digitale e le relative soluzioni che raramente saranno applicate ad un solo, per quanto importante, processo SCOR. Ad esempio, l’analisi dei big data potrebbe essere usata per per tutti i processi, l’additive manufacturing solo per source e make, i robot per la produzione e la logistica… Il tentativo è quello di creare un ambiente che collega le tecnologie digitali ai pro-

cessi primari derivati dal modello SCOR. In aggiunta a quanto esposto nella Figura 4, Ivanov et al (2018) hanno presentato un modello di digital SCOM, nel quale i classici elementi dello SCOR sono rappresentati come mostrato in Figura 5. Come si vede, in questo ambiente sono integrati i componenti della supply chain sia fisica, che cyber. E questo si collega direttamente alla seconda delle domande iniziali: “Perché e come Supply Chain e gestione delle Operations efficienti possano contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Marketing?. Anche quando i prodotti viaggiano dal produttore al consumatore, vi sono altre attività supportate dall’elemento digitale che devono essere avviate. Fra queste vi sono: - Analisi. Analisi dei dati descrittivi e diagnostici, ad esempio per specifiche azioni promozionali; analisi delle performance della SC e valutazione della sua resilienza;

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MANAGEMENT

comprendere con esattezza di che cosa un cliente abbia bisogno, le soluzioni digitali illustrate nelle Figure 4 e 5 contribuiranno in modo sostanziale a generare un vantaggio competitivo decisivo.

LE COMPETENZE NECESSARIE PER UN “DIGITAL SUPPLY CHAIN LEADER”

FIGURA 5: LO SCHEMA DELLA DIGITAL SC&OM.

- Modellazione. Simulazione e ottimizzazione predittiva sia della produzione che della logistica; - Controllo. sia della produzione, che di tutto il resto, in tempo reale; - Apprendimento. Algoritmi adattivi utilizzati sia per il machine learning, che per il deep learning e per la mitigazione continua dei rischi della supply chain.

Cerchiamo di rispondere allora alla terza domanda e cioè che cosa richiede tutto questo in termini di capacità e competenze manageriali. Per questo, innanzitutto si devono capire le implicazioni della trasformazione digitale. Occorre un approccio integrato e strutturato, che coinvolga la capacità nell’uso della tecnologia, ma al tempo stesso la leadership (Westerman et al., 2014). La domanda fondamentale non è tanto come gestire la trasformazione digitale in corso, ma anche quali set di competenze sono necessari per mantenere il successo nel tempo.

In ogni caso possiamo osservare che l’ambiente della SCOM La Figura 6 descrive le quattro dimensioni che riflettono digitale, che include la tecnologia per dei classici processi i quattro linguaggi principali della leadership, chiamate SCOR, rappresenta nel complesso un driver importante per BFTH (Business, Technological, Framework, Human far emergere tutti i potenziali in termini di efficienza e agi- Language). Di conseguenza le caratteristiche principali del lità di una supply chain. L’uso di Big Data e AI permetterà di iden‣ Visione di business ‣ Pensiero analitico e Data analytics tificare i punti critici nei processi ‣ Modello di business ‣ Comprensione della tecnologia e ‣ Pensiero strategico dell’interloquire tecnico produttivi e logistici, di imposta‣ Generazione di vantaggio competitivo ‣ Conoscenza delle tecnologie rilevanti re un migliore uso delle risorse e ‣ Pensiero critico e problem solving (AI, VR, AR, ALM/3D...) ‣ Innovazione e creatività soprattutto di reagire meglio ad eventi inaspettati. La lingua La lingua della del business tecnologia Questo significa che una supply La lingua La lingua chain digitale così impostata è dell’ambiente dell’uomo quella che meglio risponde agli obiettivi di marketing; e che pro‣ I principi del modello SCOR ‣ Gestione del cambiamento ‣ I principi della supply chain e delle operations ‣ Comunicazione effecace prio per conseguirli pienamen‣ Pensiero snello ‣ Comandare sugli altri ‣ Risk assessment ‣ Lavoro di squadra e collaborazione te, saranno necessari processi di ‣ Analisi della catena del valore ‣ Sviluppo dei talenti SCM robusti, snelli e agili, in ‣ Abilità interpersonali e capacità emozionali negoziazione e persuasione accordo con il classico modello SCOR, e che per soddisfare e FIGURA 6: LE QUATTRO DIMENSIONI DELLA LEADERSHIP DIGITALE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL SCM.

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tempo digitale possono essere raggruppate nelle quattro categorie principali mostrate in Figura 6. Vediamo più in dettaglio. Il linguaggio del business. È una metafora relativa all’abilità del leader di formare una visione e di creare una strategia d’urto, di formare modelli di business e di essere capace di usare i KPI e indirizzare, e ciò anche senza avere in precedenza tutti i dettagli necessari. Come spesso viene detto: non viviamo in un mondo perfetto, non abbiamo tutti i dati, ma dobbiamo prendere decisioni. È comunque importante che ci sia una connessione solida tra la strategia commerciale dell’azienda e la medesima nella supply chain, comunemente chiamata convergenza strategica (strategic fit). In altri casi, il leader deve conoscere quali partner chiave, attività e risorse sono necessarie per fornire il valore desiderato. Per capire la value proposition, ci si debbono fare le domande quali: quale valore forniamo al cliente? quale problema dei nostri clienti stiamo aiutando a risolvere? quali categorie di prodotti e servizi stiamo offrendo a ciascun segmento di mercato? Rispondere a queste domande utilizzando le tecnologie digitali potrebbe in effetti portare allo sviluppo di modelli di business completamente nuovi. Il linguaggio della tecnologia. È un’espressione che indica l’abilità del manager di parlare con gli sviluppatori del software, con i data scientist, insomma con tutti quelli “del mestiere”. Il leader deve essere capace di capire la tecnologia, usarla, e da questo sviluppare nuove idee. Come illustrato in Figura 4, il leader deve comprendere il modello SCOR come fondamentale per la SC, ma anche essere capace di connettergli le tecnologie abilitanti. Deve inoltre essere capace di agire come manager delle relazioni di business, o meglio manager delle relazioni di SC. Viene anche suggerito di istituire il ruolo di “SCM business partner management” che dovrebbe avere il compito di fulcro nella configurazione dei processi e nei sistemi di pianificazione della SC, compresi quelli di S&OP / IBP. Il linguaggio umano. Deve essere riconosciuto come la competenza del leader di parlare con la forza lavoro, i colleghi, i superiori, i partner, tutti gli stakeholder. Deve essere capace di comunicare il bisogno delle implementazioni digitali richieste e della loro urgenza. Il leader del futuro potrebbe invero suggerire di usare l’AI per l’analisi dei click online e da dispositivi mobili, e l’analisi dei “social” in combinazioni con le classiche strategie SCM del “postpo-

nement”. Quindi il linguaggio umano è in sintesi l’abilità di mettere urgenza, spiegando e persuadendo, di condividere la visione e gestire il cambiamento, ma anche di capire le paure e le preoccupazioni e vincere la resistenza. Il linguaggio dell’ambiente. È correlato alla conoscenza degli ambienti fondamentali, in primis del classico modello SCOR. Un manager o leader di qualsiasi SCM, che non ne abbia piena comprensione, è destinato al fallimento. Questo anche significa che debbono essere conosciute le caratteristiche di SC efficienti e responsive, dato che il leader dovrà identificare soluzioni tecniche digitali capaci di ridurre i costi senza ridurne le prestazioni di responsività. Un’idea potrebbe essere quella di coniugare AI e postponement. Anche le teorie fondamentali del lean thinking, come l’eliminazione dei “7 scarti”, dovrebbero fare parte del DNA, e l’utilizzo dei Big Data potrebbe fare germinare idee sul come eliminarli. Ad esempio utilizzando stampa 3D per produrre un numero di parti di ricambio esattamente uguale al numero della domanda o la realtà aumentata e l’IoT per diminuire i tempi necessari alla manutenzione. E questo anche per quanto riguarda la voce rischi, che possono essere meglio identificati tramite l’uso del digitale.

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE In conclusione, questo articolo ha cercato di fornire una visione sul tema della supply chain digitale e sulla sua capacità di creare valore reale per l’azienda e per i suoi clienti, e ha cercato di rispondere alle tre principali questioni che si pongono, che possiamo sintetizzare nella tabella che segue.

DOMANDE INIZIALI

RISPOSTE IN BREVE

Come le soluzioni digitali e “smart” supporteranno i classici processi di plan, source, make, deliver e return?

SCM efficienti, basate sui principi di un modello SCOR robusto, snello e agile, assicurano il soddisfacimento dei basilari processi di marketing, volti a creare, comunicare, fornire e scambiare offerte di beni e servizi che abbiano valore per i clienti, i partner e la società intera.

Perché e come SC e OP efficienti riusciranno a supportare gli obiettivi di marketing?

Soluzioni digitali in linea con il modello SCOR sono la base per supply chain fisiche e virtuali al fine di esplorarne il potenziale in termini di efficienza ed agilità.

Che cosa implica tutto questo sulle necessarie skills manageriali e competenze gestionali?

Le quattro dimensioni di leadership che ne derivano, possono essere sintetizzate come Business, Tecnologia, Ambiente e Linguaggio umano, in relazione al bisogno di una prospettiva globale.

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BREVETTI

Il requisito della novità nei BREVETTI CHIMICI di Massimo Barbieri, Politecnico di Milano Technology Transfer Office

Con la nuova rubrica “Brevetti”, avviata in collaborazione con Massimo Barbieri del Politecnico di Milano, vogliamo esplorare il rapporto fra le nuove invenzioni e la loro applicazione nel processo industriale. Quali benefici vi sono nella scelta di soluzioni inedite? E come si garantisce la loro protezione lungo il processo produttivo, affinché esprimano tutto il loro valore? Ne parleremo nel corso dell’anno, cominciando su questo numero con la definizione del concetto di novità nei brevetti chimici 54

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L’AUTORE: Massimo Barbieri –Laureato in chimica nel 1993, lavora al Politecnico di Milano (Technology Transfer Office) come tecnico (D3 – Senior Specialist) nell’ambito della tutela della proprietà industriale: valutazione delle invenzioni (principalmente nel settore della chimica e dell’ingegneria chimica), ricerche brevettuali e contratti di licenza. Nel 2019 ha conseguito la certificazione QPIP (Qualified Patent Information Professional https://www.qpip.org/qpips/190). E-mail: massimo.barbieri@polimi.it

Introduzione

L

a novità è uno dei requisiti di brevettabilità, oltre ad attività inventiva, applicazione industriale e liceità, valutati dagli esaminatori degli Uffici Brevetti dei vari Paesi, per stabilire se una domanda di brevetto è concedibile oppure no. Dal momento che un brevetto è un diritto di privativa territoriale, occorrerà fare riferimento alla normativa del Paese in cui la tutela è richiesta, sebbene ci siano degli accordi internazionali che sanciscono dei criteri minimi comuni. Per esempio, l’accordo TRIPS stabilisce che tutte le invenzioni, appartenenti a qualsiasi settore della tecnologia, possano essere tutelate con un brevetto, a patto che siano nuove, dotate di attività inventiva e atte ad avere un’applicazione industriale (art. 27). Molti Paesi hanno, quindi, provveduto ad armonizzare la legislazione nazionale su quanto stabilito nei trattati internazionali. La valutazione e l’interpretazione dei requisiti varia, poi, in funzione della giurisprudenza del Paese in cui l’analisi è effettuata: ecco perché uno stesso brevetto può essere concesso negli Stati Uniti e non in Europa o viceversa. Entrando nei dettagli delle normative regionali/nazionali, sia la Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE) sia il Codice della Proprietà Industriale (CPI - D. Lgs. 10 febbraio 2005, n.30) dedicano un preciso articolo sul requisito della novità (art. 54 CBE e art. 46 CPI, rispettivamente). Entrambi sanciscono che un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica, costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello Stato o all’estero prima della data del deposito della domanda di brevetto,

mediante una descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo. Pertanto, la novità di un’invenzione viene valutata facendo riferimento a tutto ciò che è già noto (e accessibile) nello stato della tecnica (per esempio articoli scientifici, presentazioni e comunicazioni a convegni, rapporti tecnici pubblicati su Internet, tesi di laurea e di dottorato e brevetti). Non importa che un documento sia stato effettivamente letto (e compreso da un tecnico esperto del settore dell’invenzione) ma solo che sia fruibile da più persone. Il 4° comma dell’art. 46 precisa che le precedenti disposizioni non escludono la brevettabilità di una sostanza o di una composizione di sostanze già compresa nello stato della tecnica, purché in funzione di una nuova utilizzazione. Quindi, la scoperta di un nuovo uso di una sostanza nota (perché è già stata sintetizzata e caratterizzata ma utilizzata in un differente settore tecnico) ristabilisce la novità di quella specifica sostanza. Questo comma risulta particolarmente importante per tutto ciò che concerne il settore chimico, chimico-farmaceutico.

Come si valuta il requisito della novità La novità si valuta confrontando la descrizione dettagliata di un’invenzione (effettuata dall’inventore prima del deposito della corrispondente domanda di brevetto) oppure quanto scritto nelle rivendicazioni della domanda di brevetto, con tutto ciò che fa parte dello stato della tecnica, tipicamente mediante una ricerca nelle banche dati brevettuali (per esempio Espacenet, Patentscope, ecc.…), in quelle dedicate alla letteratura scientifica (articoli, comunicazioni a convegni, conferen-

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BREVETTI

ze) e su Internet (brochure o articoli tecnici). Nel caso di una semplice descrizione, questa deve essere raccontata dall’inventore nella maniera più dettagliata e precisa possibile, in modo tale da poter individuare e ricercare gli elementi tecnici essenziali e caratteristici dell’invenzione. Se, invece, è già disponibile il testo completo della domanda di brevetto, la ricerca potrà essere effettuata su quanto scritto nelle rivendicazioni (in particolare su quelle indipendenti) e la descrizione (con gli esempi ed eventualmente i disegni) servirà a completare l’informazione tecnica, nel caso in cui le rivendicazioni non siano state scritte in modo sufficientemente chiaro e comprensibile. Si tratta, quindi, di compiere una mera comparazione di caratteristiche tecniche: se queste sono già divulgate in un unico documento, l’invenzione non sarà considerata nuova. Se, tra tutti gli elementi tecnici considerati, vi è almeno uno di essi non compreso nello stato della tecnica, allora l’invenzione potrà essere ritenuta nuova e quindi potenzialmente brevettabile. Proprio sull’analisi delle rivendicazioni si concentra il lavoro degli esaminatori i quali, al termine della valutazione, redigono un rapporto di ricerca e un’opinione scritta, ove sono contenute le motivazioni per cui una domanda di brevetto può essere concessa oppure no. Il rapporto di ricerca è un documento che elenca una serie di brevetti e/o di articoli scientifici di arte nota. Tipicamente quelli contrassegnati con la lettera X (vedi Figura 1) riguardano il requisito della novità (e/o dell’attività inventiva): sarà, poi, specificato nell’opinione scritta su quale requisito il documento è effettivamente rilevante.

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FIGURA 1 – ESEMPIO DI RAPPORTO DI RICERCA DI UNA DOMANDA DI BREVETTO INTERNAZIONALE (PCT) – FONTE: ESPACENET.

Peculiarità dei brevetti chimici Rispetto alle invenzioni in settori quali la meccanica e l’elettronica, quelle chimiche presentano alcuni caratteri distintivi e precisamente la possibilità di rivendicare formule generali (tipo Markush, in cui alcuni

dei sostituenti comprendono una serie finita di gruppi chimici) e/o quella di definire prodotti o procedimenti mediante parametri compresi in un dato intervallo di valori (temperatura, pressione, pH, ecc.). Questa opportunità di descrivere un insegnamento tecnico in termini ge-


Nella sentenza T 1336/04 [3], la Commissione di ricorso tecnica ha stabilito che la preparazione di un enzima sufficientemente puro da consentirne il sequenziamento, fosse nuova rispetto a quella con una purezza inferiore.

FIGURA 2 – PRIME DUE RIVENDICAZIONI DEL BREVETTO EP 3209 604 B1 (FONTE: ESPACENET).

nerici pone alcuni interrogativi in merito alla determinazione del requisito di novità, o in altre parole, può il termine generico rendere ciò che è stato rivendicato completamente o parzialmente accessibile al pubblico? Nel caso delle formule di tipo Markush1 (vedi Figura 2), che a volte possono comprendere centinaia di migliaia di composti, l’interrogativo che ci si pone riguarda il fatto che una specifica selezione di alcuni di essi possa essere ritenuta nuova oppure no. Ebbene la giurisprudenza dell’Ufficio Europeo Brevetti (EPO) è ricca di sentenze (reperibili al sito web https://www.epo.org/law-practice/ case-law-appeals/advanced-search. html) da cui si possono ricavare diversi di spunti di riflessione. Nella decisione T 0012/81 [1] è stato affermato che una formula generale è pregiudizievole per la novità di un composto non menzionato in modo specifico, qualora nella domanda di brevetto siano descritte informazioni sul composto di partenza e sul processo di reazione, da cui è possibile desumere il prodotto finale. Se un composto non viene descritto in modo specifico, l’invenzione (di selezione) sarà consi-

derata nuova. Nel caso, invece, di una famiglia di composti in parziale sovrapposizione di una formula più ampia, la novità non è stata riconosciuta (T 0124/97) [2]. Generalmente il grado di purezza non è un elemento che conferisce novità ad un prodotto noto, a meno che non sia applicato un metodo di purificazione non convenzionale oppure che possa costituire di per sé una selezione conseguita in modo non arbitrario.

Per quanto riguarda i parametri compresi in un dato intervallo di valori, i criteri adottati sono i seguenti: a. L’intervallo selezionato è più ristretto; b. L’intervallo selezionato deve essere sufficientemente lontano dagli estremi che sono già stati individuati in un documento anteriore; c. La selezione non deve essere arbitraria (ma ci deve essere una motivazione che ha ispirato l’inventore alla scelta di quel preciso intervallo di valori e quindi un particolare effetto tecnico che risulta dalla selezione). Il terzo criterio è, generalmente, rilevante per l’esame dell’attività inventiva, in quanto l’effetto tecnico non viene considerato nella valutazione del requisito della novità.

FIGURA 3 - FORMULA DI STRUTTURA DEL PEROSSIDO DI TENOILE (FONTE: PUBCHEM).

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BREVETTI

Se la prior art insegna che l’invenzione può essere realizzata in un ampio intervallo (per esempio di temperature), allora la selezione di un intervallo più ristretto di valori non sarà considerata nuova (T 0247/91) [4]. Nel caso di intervalli di valori sovrapposti, la Commissione di ricorso tecnica sì è espressa per la revoca del brevetto nella decisione T 0666/89 [5], in quanto l’informazione contenuta nel documento di prior art, in combinazione con le comuni conoscenze generali di un tecnico del settore, era sufficiente a consentire alla persona esperta di realizzare l’invenzione, applicando quel preciso insegnamento tecnico. Nel caso in questione, il brevetto era riferito alla composizione di uno shampoo comprendente un surfattante anionico (8-25%) e un polimero cationico (0,001 – 0,1%), mentre nel documento anteriore era descritta una medesima composizione avente un surfattante anionico compreso tra 5-25% e un polimero cationico tra 0,1 e 5%.

Primo e secondo uso medico Come già accennato nell’introduzione, una prima indicazione di uso medico rende nuova una sostanza o una composizione già di per sé nota. Il primo uso medico accorda un’ampia protezione che copre qualsiasi uso medico, anche se un solo utilizzo specifico viene descritto nella domanda di brevetto (T 0128/82) [6]. Se due principi attivi già noti sono combinati insieme in una formulazione, producendo un nuovo effetto tecnico (per esempio l’assenza di effetti collaterali), la novità viene riconosciuta (T 0009/81) [7]. Una sostanza o una composizione per cui un primo uso medico è già noto, può essere brevettata per un secondo o un ulteriore uso medico, a condizione che l’utiliz-

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zo rivendicato sia nuovo ed inventivo. La novità di un’applicazione terapeutica nota è riconosciuta nei seguenti casi, in particolare se è differente: - il gruppo target (non ci deve essere sovrapposizione tra i vari gruppi); - l’effetto tecnico; - il modo di somministrazione.

Secondo uso non-medico La Commissione di ricorso allargata dell’EPO ha disquisito ampiamente sulla novità del secondo uso non-medico in due sentenze: G 0002/88 [8] e G 0006/88 [9]. L’uso deve essere correlato alla scoperta di un nuovo effetto tecnico oppure derivare da una nuova caratteristica tecnica essenziale della sostanza e/o della composizione. I criteri stabiliti nelle sentenze G 0002/88 e G 0006/88 non si applicano alle rivendicazioni di procedimento. Infatti, l’uso di un procedimento noto per un particolare scopo non è considerato nuovo. Nella sentenza T 0189/95 [10] la Commissione di ricorso tecnica ha sancito che una nuova proprietà di una sostanza non dà necessariamente origine ad un nuovo uso per quella sostanza. Ad esempio, la nuova proprietà potrebbe semplicemente spiegare il meccanismo che sta alla base del nuovo uso, che è stato precedentemente descritto in un documento di arte nota (T 0892/94) [11]. L’uso cosmetico è considerato non terapeutico (T 0036/83) [12]: la rivendicazione “uso del perossido di tenoile2 come prodotto cosmetico“ è stata accettata dalla Commissione di ricorso tecnica. Nella decisione T 0215/84 [13] è stato stabilito che non costituisce un elemento di novità il fatto che un’apparecchiatura possa essere utilizzata in un nuovo modo.

Conclusioni Valutare il requisito della novità nei brevetti chimici presuppone un’attenta analisi della prior art (brevettuale e non). Formule generali (tipo Markush), la definizione di composti tramite parametri chimico/fisici e i nuovi usi di sostanze già note (tra cui il primo e il secondo uso medico) sono aspetti peculiari dei brevetti chimici rispetto ad altri settori della tecnica e che rendono l’esame della novità un po’ più complicato da svolgere. L’Ufficio Europeo Brevetti ha elaborato negli anni una notevole giurisprudenza, disponibile online per la consultazione, che consente di avere un quadro abbastanza chiaro ed esaustivo su come interpretare tali aspetti. NOTE 1. Nelle formule di tipo Markush alcuni sostituenti possono assumere diversi significati. Questa generalizzazione, che deve essere supportata nella descrizione con un certo numero di esempi, è necessaria per evitare che l’ambito di tutela di un brevetto sia facilmente aggirabile (con in cosiddetto “design-around”). 2. In Figura 3 è riportata la formula di struttura.

BIBLIOGRAFIA [1] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t810012ep1.html [2] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t870124ex1.html [3] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t041336eu1.html [4] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t910247eu1.html [5] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t890666ex1.html [6] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t820128ep1.html [7] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t810009ep1.html [8] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/g880002ex1.html [9] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/g880006ep1.html [10] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t950189fu1.html [11] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t940892ep1.html [12] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t830036ep1.html [13] https://www.epo.org/law-practice/caselaw-appeals/recent/t840215eu1.html


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rganizer

SI PARLA DI A&T Automation&Testing Agnes Alfagomma Biogest Cannon Bono Energia Caparoc Centrica Business Solutions CGT Cogen Europe Enea Esa Fanuc

IV C. 34 28 2 22-25 60 26-29 28 8, 9, 17 10-13 3 4

Hitachi Energy IVS Industrail Valves Summit Oil States Industry OMC Omron Parker Hannifin Phoenix Contact Pibiplast Politecnico di Milano Qint’x Rittal Roca Rolls Royce Bergen Engines Saipem

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Sedapta

44-47

Siemens

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Smartika

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5

Solaris Biotechnology

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Sorgenia

4

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events.editricetemi.com/events/manufacturing

17/03/2022

17/03/2022

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A&T AUTOMATION & TESTING

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26-08-2022

Germania

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ZERO EMISSION 2022 COMPRENDE: mcTER Cogenerazione, mcTER Alimentare Verona

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12-10-2022

14-10-2022

Italia

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Chimica Magazine Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Milano n° 302 del 5 dicembre 2016 DIRETTORE RESPONSABILE Ernesto Salvioli DIRETTORE EDITORIALE Cecilia Biondi REDAZIONE Michela Del Pizzo press@editricetemi.com HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Giovanni Abramo, Massimo Barbieri, Marco Colombini, Stefano Dalla Via

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