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VEICOLI PESANTI E BIOMETANO, UNA PROSPETTIVA DI STRETTA ATTUALITÀ

Cecilia Biondi

SI POTREBBE DIRE CHE NON TUTTO IL MALE VIENE PER NUOCERE: DA FINE FEBBRAIO IN POI, ABBIAMO CONSIDERATO CON PIÙ CHIAREZZA L’IMPORTANZA DELL’AUTONOMIA ENERGETICA E DELLA CIRCOLARITÀ DELLE RISORSE PER LA SALUTE DELL’ECONOMIA. UN RECENTE CONVEGNO ORGANIZZATO DA CONFINDUSTRIA BRESCIA SI INSERISCE IN QUESTO CONTESTO, FACENDO IL PUNTO SUI VANTAGGI DEL BIOMETANO COME COMBUSTIBILE DI TRANSIZIONE PER IL TRASPORTO PESANTE

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Lo scenario geopolitico che si è instaurato con l’invasione russa dell’Ucraina ha avuto un forte impatto anche sul mondo energetico italiano. E determinati progetti di transizione energetica, che fino a poco fa avevano come unico obiettivo la riduzione delle emissioni climalteranti, oggi vedono un improvviso e urgente assist di tipo economico. Un recente appuntamento organizzato dal Settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di Confindustria Brescia, nell’ambito del programma di Presidenza (2020 – 2024), che vede tra i suoi “cardini” proprio i temi della sostenibilità dei processi produttivi, dell’economia circolare e dei risparmi/recuperi energetici, ha delineato un punto della situazione del biometano come carburante di transizione per i veicoli pesanti, dunque per il trasporto merci e il trasporto pubblico locale.

Se prima quest’area godeva di un supporto alimentato solo da obiettivi di sostenibilità ambientale, con l’avvio della guerra in Ucraina il sostegno è improvvisamente diventato trasversale a diversi obiettivi: economico, innanzitutto, ma anche di scelta politica, in quanto la rinuncia al gas acquisito da giacimenti russi esprime anche il distacco politico e diplomatico dal Paese invasore, la posizione politica scelta dall’Italia e dall’Unione Europea. Una situazione che ha nuovamente messo in luce il tema dell’autonomia energetica in Italia, tema evidentemente ignorato nel nostro Paese se si pensa che il 90% del fabbisogno energetico italiano è soddisfatto mediante acquisizione di energia da Paesi esteri. Da fine febbraio, finalmente, ci stiamo confrontando in termini nuovi su temi cruciali come quello della globalizzazione e della dipendenza dall’esterno per materie prime essenziali, fra le quali si può sicuramente collocare l’energia.

Ancora non sapevamo tutto questo ad inizio febbraio, quando abbiamo assistito on line al convegno promosso da Confindustria Brescia, dal titolo: “Dai carburanti liquidi a quelli gassosi nel trasporto merci: per un mondo migliore”. I temi in discussione però erano già orientati alla questione per effetto di un aumento del costo del gas naturale in corso ormai da mesi, tale da far emergere il ruolo del biogas come fonte energetica alternativa e di sicuro interesse, soprattutto in tessuto economico che è fortemente industrializzato, sì, ma ancora ampiamente dedicato all’agricoltura e all’allevamento. Dove ci sono coltivazioni e animali, infatti, si producono scarti che possono essere utilizzati per la produzione di biogas e da questo di biometano subito pronto per essere immesso sulle nostre reti di distribuzione, verso le case e verso i veicoli che lo possono usare come carburante. Una fonte energetica circolare e quindi strutturalmente sostenibile, oltre che enormemente più vantaggiosa rispetto alla corrispondente fonte fossile, prodotta a km zero e quindi strutturalmente indipendente dalle questioni geopolitiche.

NELLA FOTO, DA SINISTRA: LUCIO DALL’ANGELO, GIANLUCA CREMONESI, DANIELE LUCÀ E FABRIZIO BUFFA.

Alla luce di questo, che cosa stanno facendo le aziende? Hanno risposto a questa domanda, con la conduzione di Lucio Dall’Angelo, Direttore Generale di Siderweb, Daniele Lucà, Senior Vice President Snam – Global Sustainable Mobility, Gianluca Cremonesi, Chairman Air Liquide Italia – General Manager Air Liquide Biomethane srl e Presidente Assogastecnici e Fabrizio Buffa, Head of gas business development Iveco, ai quali si sono aggiunti Giovanni Marinoni Martin, Presidente del Settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di Confindustria Brescia, per un intervento di apertura, Carlo De Grandis, Policy Officer European Commission DG CLIMA, per il contributo da parte delle regolamentazioni europee ed Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti.

«Il biometano che possiamo ottenere dalla frazione organica dei rifiuti o dal mondo agricolo, quindi dalla disponibilità di biomasse agricole o agrindustriali, non solo consente di valorizzare un rifiuto e di trasformarlo in carburante: garantisce anche una netta diminuzione delle emissioni nocive, sia inquinanti che climalteranti» afferma Daniele Lucà. «Inoltre, a differenza di altre fonti rinnovabili come vento e sole, è anche programmabile, dunque se ne può pianificare la produzione per poi stoccarlo in attesa dell’utilizzo. Altro aspetto importante del biometano è la totale trasversalità: tale carburante infatti risulta adatto a tutti i tipi di trasporto, da quello pesante agli autobus fino ai mezzi agricoli. Consente inoltre di implementare processi totalmente circolari: ad esempio un veicolo per la raccolta dei rifiuti potrebbe essere alimentato da carburante prodotto dagli stessi rifiuti conferiti, dunque ripartire con il pieno dallo stesso impianto di trattamento (tra l’altro, assorbendo CO2 nella fase produttiva): abbiamo già diversi progetti in corso supportati da impianti di produzione di biometano da forsu realizzati dal gruppo Snam. Ultimo ma non ultimo, il biometano così prodotto consente di valorizzare le infrastrutture esistenti. In Italia vi sono oltre 1500 stazioni che erogano gas naturale e che da subito, senza particolari adeguamenti tecnologici, possono essere collegate a fonti di biometano per il rifornimento dei mezzi di trasporto». Di gran lunga interessanti anche le potenzialità di questo settore in termini di numeri: in questa sede si ipotizza di implementare la produzione di biometano arrivando a cinque miliardi di m3 entro il 2030, a dieci entro il 2050.

Dal canto suo Snam ha avviato un importante piano di investimenti, per circa 850 milioni di euro da qui al 2025, che prevede la realizzazione di nuovi impianti di biometano in Italia con l’obiettivo di raggiungere i 120 MW di energia. «Per fare tutto questo, a partire dal 2017 Snam ha costituito una serie di “start up”, in grado di operare sul fronte della transizione energetica a 360 gradi. Fra queste, Snam for Mobility si occupa di mobilità sostenibile con tutti i relativi investimenti, in particolare sull’infrastruttura di rifornimento. Il piano prevede l’apertura di 170 stazioni, cinquanta delle quali già realizzate, in grado di erogare gas naturale compresso e gas naturale liquefatto, anche in forma bio. Per

il futuro, sono previsti anche investimenti sul fronte dell’idrogeno, con ottanta stazioni da qui al 2030, considerando che l’infrastruttura di rifornimento è uno dei principali abilitatori di questa evoluzione. Abbiamo poi Snam for Environment, attiva su due fronti: progettazione e realizzazione di impianti per la produzione di biometano, sia in ambito agricolo che di raccolta rifiuti (principalmente frazione organica o forsu); e gestione degli impianti, con la relativa commercializzazione del carburante».

Altrettanto importante il programma di investimenti per Air Liquide, come riferito da Gianluca Cremonesi: «Abbiamo costituito una società di scopo, Essenza Agricola, con un partner che progetta e realizza impianti per la digestione anaerobica, con un know how dedicato proprio al mondo agricolo. Il nostro piano di sviluppo vede la realizzazione di circa quindici impianti nell’arco di un anno, che diventeranno 30-35 nel giro di tre anni». Ad oggi l’azienda opera nel mondo agricolo e zootecnico con una quindicina di impianti a biogas, destinati alla produzione di energia elettrica. «Le aziende agricole di norma hanno un’esigenza importante relativa alle deiezioni animali, che vanno adeguatamente trattate per poi essere eliminate; in tal senso l’impianto di biodigestione rappresenta la soluzione ideale per convertire questi materiali in risorsa, in quanto consente lo stoccaggio e lo smaltimento del rifiuto, con conseguente produzione di fertilizzanti al termine del processo». Il punto di vista di Air Liquide è anche quello di un operatore industriale con forti esigenze di trasporto dei materiali: in questo senso ritiene particolarmente interessante la possibilità di sfruttare un carburante capace di ridurre così significativamente l’impatto ambientale. Dal canto suo, Fabrizio Buffa sottolinea la rilevanza di questo settore proprio per il trasporto pesante. «Per il settore automotive e per quello commerciale-industriale in particolare, la transizione energetica può avere elementi in comune, ma anche tante differenze che vanno tenute seriamente in considerazione. Gli utilizzi, innanzitutto, sono diversi: l’automobile privata trascorre l’80% del suo tempo in sosta; il veicolo da lavoro invece deve muoversi il più possibile, altrimenti perde soldi. Anche le rispettive missions sono diverse: l’automobile carica una tonnellata, massimo due, il veicolo commerciale può arrivare fino a 44 tonnellate con enormi variazioni a seconda della situazione e del percorso. Tutto questo non può che portare a diversi approcci tecnologici: la corsa all’elettrico vale solo per il comparto passengers&cars, mentre lato commerciale-industriale vi sono diverse linee tecnologiche da seguire. Finché le masse sono leggere, contro i carburanti tradizionali giocano elettrico, metano e biometano; oltre una certa portata, comincia ad essere più interessante l’idrogeno, per le maggiori autonomie che potrebbe garantire insieme a minori tempi di ricarica delle batterie. In compenso, il biometano può già oggi alimentare i veicoli circolanti, senza particolari necessità di adeguamento né dei mezzi né delle oltre millecinquecento stazioni di servizio già attive; cosa che invece non vale per l’elettrico e ancor meno per l’idrogeno. Altrettanto interessanti le caratteristiche del biometano in termini di riduzione di CO2. Un recente studio del CNR ha infatti delineato nove diversi scenari, dal più al meno favorevole. Nel caso peggiore, la riduzione di CO2 sarebbe dell’80%, nel migliore questa percentuale sale al -121% rispetto ad un diesel equivalente – le stesse missions,

Il biometano può con gli stessi pesi – il che significa non solo già oggi alimentare emissioni zero, bensì anche emissioni nei veicoli circolanti, enza gative, la cosiddetta carbon sequestraparticolari necessità di tion. Questo è un risultato incredibile adeguamento né dei mezzi né che oggi nessun’altra tecnologia garantidelle oltre millecinquecento sce, perché sia l’elettrico che l’idrogeno stazioni di servizio già hanno ancora bisogno di produzione di attive energia a monte; purtroppo però il mix energetico del Paese è ancora ben lontano dall’essere al 100% rinnovabile, cosa che pesa soprattutto sulle prospettive dell’elettrolisi». Interessanti, anche secondo Iveco, le potenzialità per il settore dell’autotrasporto, che può di fatto crearsi la propria fonte di energia per muovere i veicoli: «Diversi trasportatori hanno già stretto accordi con aziende agricole per l’utilizzo di biometano prodotto localmente, in percentuale più o meno elevata, fino al caso di un’azienda di trasporto che ha acquisito un produttore di biogas, che a breve sarà convertita alla produzione di biometano per alimentare i suoi mezzi. Non è solo una questione di opportunità economica ma anche la volontà da parte delle aziende di instaurare un’intera filiera green, con la quale presentarsi agli occhi del committente in modo completamente diverso: non solo con soluzioni per trasportare le merci in modo sostenibile, ma anche con la capacità di creare a monte una filiera totalmente sostenibile, in grado di cambiare anche la connotazione del prodotto che finisce nella rete di distribuzione o sugli scaffali dei supermercati».