Numeri e poesia: Ada Lovelace Byron si racconta (nuova edizione 2022)

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Donne nella scienza

Progetto grafico: Alessandra Zorzetti

Testi: Simona Poidomani

Crediti fotografici: IV di copertina: Margaret Sarah Carpenter, Ritratto di Ada Lovelace (Ada Augusta Byron), 1836, Government Art Colection, UK (part.) ©www.giunti.itwww.editorialescienza.it2009,2022EditorialeScienza

via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia via C. Beccaria, 6 – 34133 Trieste – Italia Prima edizione: aprile 2022

Stampato presso Lito Terrazzi srl Stabilimento di Iolo

Illustrazioni: Pia Valentinis

srl

NUMERI E POESIA

Ada Byron Lovelace si racconta Poidomani

Illustrato da Pia Valentinis Simona

P

Ho provato grande stupore quando mi sono stati portati questi taccuini dimenticati, non ricordo da quale dei miei guardiani. Forse per distrarmi. Per ricordare e riordinare le idee in queste lunghe giornate che sembrano non finire mai, senza più la concentrazione per studiare e l’energia per uscire o ricevere. Forse dovrei adoperarmi per smentire in un modo o nell’altro tutte le voci e tutti i pettegolezzi su di me.

agine scritte fitte. Un’infinità di parole aggrap pate a fogli di carta ingiallita resi ancora più fragili dal tempo e dall’umidità delle stanze chiuse in cui sono stati abbandonati in tutti questi anni. Lettere inclinate come velieri nella tempesta, aguzze come spilli o più rotonde e colorate. Da una rapida occhiata a ogni foglio, riesco a cogliere l’umore con cui era stato riempito di inchiostro.

Prologo

La stanza in cui mi trovo si stringe sempre di più intorno a me, come la mia bella casa di Londra, come la città intera e soprattutto come il tempo che mi rimane. Sto perdendo i pezzi, il mio corpo ha smesso di funzionare. Mi restano solo le parole che, come conchiglie, resistono alle maree.

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Nel suo lungo viaggio nell’emisfero meridionale, un caro amico scienziato non aveva potuto fare a meno di esclamare: “Come è immenso il tempo! Come concorda bene con le tracce che lascia sulla crosta terrestre” e anche – ma questo è un pensiero mio – su noi esseri viventi e su ciò che negli anni scriviamo.

I miei figli sono lontani. Byron in mare, arruolato in marina; Annabella con i suoi primi balli, i libri di zoo logia e i suoi magnifici disegni; Ralph, indomabile nelle sue fantasie. Chissà se riempiono anche loro pagine simili a quelle che sto rileggendo ora. Sentono la mia mancanza? Si interessano di politica o delle cause della comparsa di nuove specie animali sulla Terra? O magari delle proprietà dell’elettricità e di tutte queste nuove teorie che rendono possibili le meraviglie di questi tempi? Chissà se la grande Esposizione Universale ha lasciato tracce indelebili anche nella loro immagina zione, come in quella delle centinaia di migliaia di per sone che solo pochi mesi fa hanno affollato il Crystal Palace, costruito in un lampo a Hyde Park – il mio parco preferito qui in città – per ospitare questo straordinario evento. Perfetto, non fosse stato per l’assenza della

Comunque, vorrei che anche i miei figli leggessero queste pagine, per sorprendersi della difficoltà di apprendere ma anche delle gioie improvvise che offre la conoscenza quando uno meno se lo aspetta e più sta facendo fatica per coglierne un senso e orientarsi nell’oceano delle parole scritte sui libri o pronunciate dagli scienziati.Mipiacerebbe lasciare qualcosa di mio a tutte le persone con cui ho trascorso ore deliziose perseguendo i molti sogni di parole che ci hanno tenuti vicini negli anni. Vorrei che ognuno di loro prendesse, in totale libertà, dieci libri dalla mia biblioteca.

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La persona, con cui le ore sono trascorse più lievi, dovrebbe poter tenere con sé anche l’astuccio d’oro con

macchina che avrebbe voluto cambiare il mondo troppo presto o forse, invece, troppo tardi. Non al momento giusto, questo è certo. Protetti dalla gigantesca strut tura in ferro e vetro c’erano organi e chitarre, macchine a vapore per ogni uso, perfino irroratori automatici per gli alberi e i fiori dei nostri giardini, ma nessuna traccia del meccanismo che, combinando tra loro sequenze di simboli, mette in contatto la materia in movimento con i processi mentali più astratti. La macchina che consente la nascita di un linguaggio nuovo, vasto e potente, in cui tradurre le verità della matematica per realizzare i nostri sogni pratici in modo rapido e preciso, come neanche la più potente delle locomotive esibite nella serra riuscirà mai a fare.

il mio nome inciso sopra come un sigillo e la cartella di pelle scura logora. Dovrebbe usarla regolarmente, come ho fatto io in tutti questi anni in cui mi ha accompa gnato ovunque, facendosi sempre trovare, fedele, lei sì, sopra lo scrittoio su cui era stata poggiata. A lui vorrei lasciare anche tutto il contenuto della cartella: sigilli, minerali, rami e fiori secchi, fogli di carta con simboli di varia natura, spartiti e algebra. Tutti gli oggetti, con servati alla rinfusa, di cui è stracolma e che altri get terebbero via come spazzatura; nulla che abbia particolare valore per chi non ha percorso le nostre stesse strade. Vorrei che fosse consegnata precisamente così come verrà trovata, senza alcun tentativo di ordine o pulizia. Perderebbe di qualsiasi valore ai miei occhi se il suo contenuto fosse alterato anche solo di poco, dopo che l’ho usata io l’ultima volta. C’è tutto il mio lavoro e quello che ho raccolto negli anni, ciò che ho pensato e sono stata. Fino all’ultimo momento. Ci sono io. Come in queste pagine. Per questo non voglio che nessuno le corregga.

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