SCENARI
54 igiene urbana igiene urbana gennaio-marzo 2020
LA BIBBLIOTECA DEGLI SPAZZINI
Quello che il web ha trasformato spesso in un inutile ingombro, i libri, raccolti dai netturbini di Ankara tornano al posto che gli spetta in un locale ristrutturato e gestito interamente dagli addetti all’igiene urbana della città. In una vecchia fabbrica di mattoni alla periferia di Ankara, c’è la sede della Normaltas, l’azienda incaricata della raccolta dei rifiuti della città che gestisce anche una biblioteca con oltre 25 mila libri, tutti salvati dalla spazzatura. Ci troviamo nel distretto di Çancaya dove, fino a quarant’anni fa, si producevano i mattoni in terracotta per la costruzione delle case a un piano, un tempo comuni in molti quartieri della capitale. Venticinque stabilimenti che impiegavano più di 10 mila operai e producevano un importante indotto legato al trasporto del materiale lavorato e dei materiali necessari alle fornaci. Nel 1960, quando ad Ankara viveva ancora meno di mezzo milione di abitanti, ha avuto inizio l’espansione della capitale voluta da Mustafa Kemal Atatürk, che assumerà presto l’aspetto di una moderna sede al centro dell’Anatolia e sostituisce Istanbul, l’antica città ottomana sul Bosforo.
La cultura nel bidone dell’immondizia di Piero Papa
Con i nuovi distretti governativi e commerciali si sviluppa una affollata periferia costituita da semplici case di artigiani, contadini e allevatori che giornalmente si recano nei bazar del centro per vendere i loro prodotti. Una semplice e vivace economia che ha origine a pochi chilometri dai centri direzionali dei grandi affari. Dal 1980, con l’aumento degli investimenti nella produzione energetica e industriale, inizia uno sviluppo economico che si diffonde per tutta la Turchia. La capitale cresce di importanza e dimensioni, i piani urbanistici subiscono continue e affrettate modifiche e le zone residenziali e di edilizia popolare crescono ovunque in un susseguirsi di forme simili, come tessere di un domino. La tradizionale periferia è circondata dai nuovi quartieri e i suoi abitanti sono inglobati in palazzi-alveare costruiti con materiale scadente e scarsi servizi di comunicazione.
Il redditizio mercato del cemento sostituisce completamente l’utilizzo di altri materiali e nel 1999 chiude l’ultima fabbrica di mattoni di Ankara. Alle porte del nuovo millennio la capitale ha già superato i 4 milioni di residenti. Emirali Urtekin è il responsabile dell’azienda Normaltas, che dal 2015 ha sede in uno di questi vecchi stabilimenti abbandonati. Mi accoglie in una grande e luminosa stanza con pareti, neanche a dirlo, realizzate in vecchi mattoni. Alle sue spalle sono esposti oggetti vintage di uso comune e di cui si è persa quasi memoria: un walkman, una radio Grundig, una macchina da scrivere Olivetti e un juke box. «Funziona tutto perfettamente», dice Emirali, «abbiamo trovato ogni cosa nella spazzatura, compresi il juke box e la sua collezione di dischi all’interno». Prende una moneta da una lira turca, la inserisce e seleziona un brano di Ajda Pekkan, tra