GSA 9/2018

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TERZA PAGINA WEST NILE

west nile, tra allarme sanitario e “caso” mediatico di Simone Finotti

22 SETTEMBRE 2018

Ha colpito e ucciso in tutta la Pianura padana, con picchi in Veneto: il West Nile Virus, veicolato dalle zanzare comuni, è finito nei mesi scorsi sulle prime pagine dei giornali e in apertura di Tg. Ma cosa c’è da temere? Lo abbiamo chiesto a Romeo Bellini del CAA, il Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore fondato da Giorgio Celli, che si occupa proprio di questi fastidiosi insetti, presenti in Italia in oltre 60 specie.

Nostro malgrado è stato uno dei protagonisti dell’estate: il virus West Nile (WND), portato dalle zanzare comuni (Culex pipiens), ha colpito pesantemente circa 150 persone uccidendone alcune ed evolvendo in diversi casi nella forma neuroinvasiva.

Coinvolta tutta l’area padana

Il suo raggio d’azione si è esteso all’intera Pianura padana, dal Piemonte al Friuli, con punte preoccupanti nel Ferrarese ma soprattutto nel Veneto, dove la febbre del Nilo occidentale, isolata per la prima volta negli anni Trenta in Uganda, è arri-

vata nel 2008 e quest’anno si è presentata in modo precoce e notevolmente aggressivo: al 5 settembre 2018 (Bollettino n. 10 Istituto Superiore di Sanità), sono stati segnalati 365 casi umani confermati di infezione (numero complessivo di febbri e forme neuroinvasive) da West Nile Virus: di questi 148 si sono manifestati nella forma neuroinvasiva. Sono solo alcuni dei dati più recenti che sembrano rappresentare un vero e proprio allarme sanitario. Ma siamo davvero in presenza di un fenomeno allarmante?

Un’incidenza irregolare

La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: “In realtà sappiamo che il virus circola quasi ogni anno in pianura padana”, sostiene Romeo Bellini, uno che di zanzare se ne intende lavorando da anni presso il CAA – Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore (Bo), fondato da Giorgio Celli e dal suo allievo Giorgio Nicoli, oggi entrambi scomparsi. Insomma, la presenza del virus non è una novità, ma è già segnalata da oltre 10 anni. Quello che semmai si fatica a capire è l’estrema variabilità epidemiologica fra i diversi anni: sembrerebbe una questione legata all’umidità e alle temperature, ma non pare che il clima di quest’estate la distingua particolarmente da altre in cui l’incidenza è stata nettamente minore. Il virus coinvolge diverse specie di uccelli, stanziali e migratori, anche se il vettore più noto, e più pericoloso per l’uomo, è la zanzara notturna comune, o Culex pipiens, e l’exploit degli ultimi mesi sembra inserirsi in un fenomeno macroambientale che coinvolge altri Paesi europei fra quelli storicamente più esposti, come Serbia, Grecia e in parte Ungheria e Romania, per un totale di più di 400 casi autoctoni con 122 decessi.

Il picco nel Veneto

Un’altra caratteristica di questo picco estivo è la rapidità con la quale è stato raggiunto, che pare però preludere ad una altrettanto rapida remissione. “Non c’è molto da fare ormai -dice Bellini-. La prevenzione andava fatta prima e non sempre i Comuni, che se ne dovrebbero occupare, dispongono di adeguate risorse. Ormai non resta che attendere il declino, che peraltro è già preannunciato dal sistema di sorveglianza e screening messo in atto dalle Regioni coinvolte nella Pianura padana”. Va detto anche che le Regioni più colpite, Veneto in testa –martoriata soprattutto Padova (43 totali, con 34 forme febbrili e 9 neuroinvasive), seguita da Rovigo (24 totali, 168), Verona (17 totali, 9-8), Venezia (15 totali, 8-7), Treviso (3 totali, 2-1) e Vicenza (3 totali, 2-1)-, stanno mettendo in atto dei piani di disinfestazione straordinaria, secondo le raccomandazioni European Center For Disease Prevention and Control (ECDC), per abbattere la densità dei vettori. Sempre in Veneto, ad oggi, sono presenti sul territorio 55 trappole per zanzare che catturano insetti tutte le settimane per ricercare il virus. Tutti i donatori di sangue e organi della regione sono controllati per WNV per evitare la trasmissione del virus con trasfusioni e trapianti.

Colpita anche l’Emilia, ma no allarmismi

Anche l’Emilia-Romagna è stata seriamente colpita: proprio nei giorni in cui stiamo scrivendo è uscito un comunicato della Giunta regionale ER che fa il punto sulla situazione in regione: al 10 settembre 2018, risultano 87 casi di malattia neuroinvasiva (con 14 decessi, età


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