Keine gegenstande

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Edoardo Rosso

Keine gegenst채nde un racconto breve


Copia......... di .......... Š 2014 Edoardo Rosso


Keine gegenstände aus dem Werfen Fenster

“Dove vanno a finire i calzini quando perdono i loro vicini dove vanno a finire beati i perduti con quelli spaiati quelli a righe mischiati con quelli a pois dove vanno nessuno lo sa…”

La ragazza sapeva che appena lui avesse intravisto il mare dal finestrino, le avrebbe inviato un messaggio. Di solito diceva “Vedo il mare!”. Oppure “Mare, mare, mare, ma che voglia di arrivare!”. Un messaggio breve e comunque sciocco, carico, come sempre, di quell’infantilità che lui aveva sempre ostentato con fierezza. Quel messaggio era un segnale convenuto: dal punto in cui si inizia a vedere il mare manca poco all’arrivo. Giusto il tempo, per lei, di uscire di casa e raggiungere la stazione.


Il treno correva verso nord, seguendo la linea curva della costa. Il sole ardeva perpendicolare alla ferrovia e illuminava ogni dettaglio del paesaggio, rendendo tutto estremamente nitido. Era per effetto dell’aria di marzo. Un’aria limpida, priva di quel pulviscolo che nella stagione più calda tende a sfocare i contorni. Il ragazzo guardava dal finestrino, in attesa di scorgere il mare. La luce del mezzogiorno tagliava a metà lo scompartimento per lungo: di qua ombra, di là sole. Lui si trovava nella metà assolata per cui, in realtà, non vedeva granché dal finestrino. Il vetro impolverato, illuminato in controluce, cancellava quasi del tutto il paesaggio. Keine gegenstände aus dem Werfen Fenster. Lo sguardo del ragazzo si era fermato sulla traduzione tedesca di quella scritta rossa. Era determinato a impararla a memoria. Leggeva, poi chiudeva gli occhi e provava a ripetere. Keine gegenstände aus dem Werfen Fenster. Quando il treno iniziò a frenare il ragazzo si ricordò improvvisamente del messaggio. Guardò fuori e vide il mare. Viste da lassù, da quella ferrovia che corre a mezza costa, aprendosi la strada nella roccia carsica, le petroliere al largo di Trieste facevano pensare a enormi animali marini, addormentati al sole. “Mare! Mare ovunque! Aiuto!” fu il messaggio inviato. La ragazza aveva preparato ogni cosa per il pranzo. Aveva sfruttato al meglio le potenzialità della cucina a gas di quell’appartamento che divideva con altre studentesse. Sapeva che il messaggio di lui sarebbe arrivato in ritardo. In realtà avrebbe anche potuto farne a meno, conosceva bene l’orario del treno. Ma volle aspettare. Pronta ad uscire, seduta sul bracciolo del divano, guardava il tavolo apparecchiato per due e immaginava la voce di lui riempire il corridoio, i suoi modi, i suoi gesti, le sue parole. Una cordialità che la ra-


gazza aveva sempre ritenuto eccessiva, fuori moda in un certo senso. Il passaggio di un autobus per strada fece vibrare leggermente il pavimento di quel vecchio palazzo e la superficie dell’acqua nella brocca di vetro poggiata sul tavolo s’increspò, disegnando piccoli cerchi concentrici. In quel momento, ricevette il messaggio. Lo lesse. “Che scemo” pensò, sorrise e uscì. Il pranzo fu pieno di parole. Lei raccontò a lui del suo progetto all’università. Di come procedeva, dei possibili sviluppi futuri, dell’ipotesi di lavorare all’estero. Lui la ascoltava fissandola negli occhi e tra una forchettata e l’altra esprimeva apprezzamenti per il cibo, per la cura che lei aveva messo nel prepararlo. Lui non sapeva di essere felice in quel momento. Lei, invece, cercava il coraggio di dirsi che non lo era più. Lei disse “Il mio tutor ha studiato sei mesi in Australia, sono molto avanti laggiù, sai?”. Lui la guardò, non si accorse dell’apprensione che si agitava oltre quei grandi occhi scuri e disse: “Ti va un caffè? Preparo io la moka…”. Lei si sorprese a detestarlo, quel suo modo gentile. Ne provò fastidio. Disse: “Sì, ovvio, grazie”.

Quando si distesero, lui piombò in un sonno fanciullesco, quello che coglie i poppanti dopo il pasto. Rapido e profondo. Lei restò sveglia. Distesa accanto a lui. Dai vetri sottili di quel palazzo di inizio Novecento, abitato per lo più da studenti universitari, provenivano i rumori del traffico e gli strepiti dei gabbiani che sentivano arrivare la bora.


Nessuno dei due si accorse di nulla. Eppure era già successo tutto.

Quella sera, passeggiarono lungo il molo senza tenersi per mano. Convinti fosse per via del freddo. Lei dopo la laurea voleva partire, andare lontano. “E tu? Partiresti o no?” chiese a lui. Lui percepì nella domanda un tono di rimprovero che forse non c’era. “Non lo so, non mi va di pensarci ora… non ha senso pensarci ora…” disse. Lei restò in silenzio. Continuarono a camminare. Il mare Adriatico al loro fianco, taceva nel buio.

Lui, senza un perché, le raccontò di quando da bambino iniziavano a muoversi i denti da latte. “Fammi un po’ guardare” intimava il nonno dentista. “Io apro la bocca, ma tu guardi solo eh, non voglio mica toglierlo!” patteggiava lui. “Ma certo, fammi solo vedere, è questo?” chiedeva il nonno appoggiandoci sopra il pollice. “Sì – confermava lui – ma lascialo lì dov’è!”. “Va bene, va bene – rassicurava il nonno ridendo – ma ora corri in bagno a sciacquarti!”. E solo in quel momento il bambino si accorgeva che il dente da latte era già in mano al nonno. Andava in bagno e si attaccava al rubinetto dell’acqua fredda, senza spiegarsi come avesse fatto a non accorgersi di nulla. Lei sorrise. Poi si voltò a guardarlo. Lui sollevò gli occhi dal marciapiede e notò con disagio che quel sorriso aveva qualcosa di compassionevole. Era più simile al sorriso di una madre che a quello di una compagna. Rimase turbato da quello sguardo. Ma lei non se ne accorse.


La ragazza, già oltre il confine, sarebbe rimasta qualche istante ad osservare quel ragazzo senza passaporto. L’indomani l’aria era stata raggelata dalla bora che aveva soffiato per tutta la notte. La luce era nitida e fredda come in alta quota. Sul treno del ritorno, il ragazzo fissò per lungo tempo la scritta sul finestrino: Keine gegenstände aus dem Werfen Fenster. Il sole picchiava sul suo volto segnato dai solchi lasciati dal cuscino. Keine gegenstände aus dem Werfen Fenster. Un paio di mesi più tardi, il ragazzo avrebbe scoperto che per gettare le cose dal finestrino, talvolta, non è necessario nemmeno aprirlo. Oltre la linea della ferrovia, giù per il dirupo di roccia carsica, il mare brillava indifferente e distante. Le petroliere, ancoràte al largo, facevano pensare a navi da guerra pronte a sferrare l’attacco.


Š2014 Edoardo Rosso edoardorosso@hotmail.it www.edoardorosso.it


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