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YOLO ECONOMY

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DIMISSIONI, APPUNTAMENTO AL BUIO

Stiamo assistendo a un boom di uscite volontarie dal lavoro. Colpa - paradossalmente - della digitalizzazione, che ci porta a essere “always on”. Ma anche di un malessere diffuso... che in parte c’entra col Covid

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di Marina Marinetti

Se è vero - ma non possiamo affermarlo con certezza - che si vive una volta sola, meglio farlo mentre ancora reQuel che è certo, è che stiamo assistendo, anche in Italia, a un boom di dimissioni volontarie. Anche senza “paracadute” di unn nuovo spiriamo. È tutto qui il mood dei nuovi Anni contratto: nel novero del milione e 81 mila laVenti, che sta rimodellando il mondo del lavo- voratori italiani che nei primi nove mesi dello ro verso la yolo - you only live once - economy. scorso anno ha lasciato di propria iniziativa il Tutta colpa del Covid, che sulla coscienza, oltre posto di lavoro, quasi uno su due non risulta ha quasi sei milioni di tra i nuovi assunti alla morti (e 388 milioni NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2021 fine el rime re di malati), ha anche 1 MILIONE E 81 MILA LAVORATORI 2021. A rivelarlo è il 58% dei lavoratori ITALIANI HANNO LASCIATO IL PROPRIO IMPIEGO VOLONTARIAMENTE l’indagine “Le dimisdi tutto il mondo, che sioni in Italia tra crisi, un pensierino più che serio sull’equilibrio tra ripresa e nuovo approccio al lavoro”, realizzail proprio lavoro e la propria vita personale ta da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro l’hanno fatto. Almeno a giudicare dall’analisi sui dati delle comunicazioni obbligatorie del “The working future” di Bain & Company frut- Ministero del Lavoro. I dimissionari sono in to di un sondaggio condotto da Dynata su oltre maggior parte giovani (43,2% sul totale), a 20 mila lavoratori in 10 Paesi: Stati Uniti, Cina, bassa scolarizzazione (54,4%) e residenti al Germania, Francia, Italia, Giappone, India, In- Nord (56,4%). Ma nel confronto tra i primi tre donesia, Nigeria e Brasile, economie che rap- trimestri del 2019 con quelli del 2021 colpipresentano circa il 65% del Pil globale. ce la cre ci a in con ro en en a ri e o ai

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BAHAMAS

UNA VACANZA DA OSCAR

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MOTORI

SILK-FAW S9, TROPPO BELLA PER ESSERE VERA

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REGIMENTAL

A CURA DI MONICA SETTA

dati che indicano nella fascia dei lavori precari a me io a a ualifica ione e e so part-time quella a più alto tasso d’inciden a ei numeri rela i i alle imi ioni ra gli adulti, i laureati e tra chi svolge una professione ualifica a e la me ia generale i c i la cia la propria occupazione cresce del 13,8% nel 2021 sul 2019, quella che riguarda i lavoratori tra i 45 e i 55 anni e gli over 55 sale rispettivamente al 17 e al 21,5%; segnano un +17,7% i dimissionari laureati rispetto al 12,9% dei i loma i men re guar an o al rofilo rofessionale, si evidenzia un tasso di crescita più consistente ai vertici e alla base della piramide professionale (rispettivamente +22% e +23% rispetto al 2019). Quanto ai settori, il comparto dei servizi è protagonista con il 69,4% dei dimissionari, in una proporzione coerente alla distribuzione degli occupati, per lo più nel commercio all’ingrosso (13,4%), nelle attività di alloggio e ristorazione (12,6%) e nella sanità (7,1%), dove la scelta locazione successiva sono i lavoratori a basso tasso di formazione e occupazione. È urgente investire su queste direttrici per adeguare le competenze alla nuova realtà che ci troviamo a vivere nel post-pandemia», conclude De Luca.

Il digitale è nudo

illu ione ella em lifica ione a cui u i a biamo abboccato ha ormai ceduto il passo a un’immersività che non lascia scampo, né di mezzi né di orari, quasi vivessimo - di già - in quel metaverso tanto caro a Zuckerberg & Co. Stando all’analisi di Bain, sono cinque i trend chiave che stanno rimodellando il futuro del lavoro. In primis, le motivazioni che spingono le persone a lavorare stanno cambiando: «I miglioramenti negli standard di vita negli ultimi 150 anni ci stanno permettendo di spendere un numero inferiore di ore a lavorare e stanno contribuendo a migliorare le aspettative su ciò che un posto di lavoro dovrebbe offrire», spiega Roberta Berlinghieri, Partner Bain &

sembra imputabile a fenomeni di burn out. «Il fenomeno delle dimissioni volontarie non è nuovo per la realtà italiana ma lo è il suo incremento – afferma Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e ca iremo olo nei ro imi me i la era portata, soprattutto rispetto alle motivazioni, visto che non è possibile stimare all’interno della quota di lavoratori dimessi e non rioccu-

IL 7,1% DEI DIMISSIONARI PROVIENE DAL SETTORE SANITARIO, DOVE IL CARICO LAVORATIVO HA CAUSATO FENOMENI DI BURN OUT

pati quanti potrebbero aver deciso di avviare un’attività in proprio, essersi occupati irregolarmente o più semplicemente aver deciso di smettere di lavorare. Ancora una volta emerge, tra l’altro, che le maggiori opportunità di rioccu a ione riguar ano uei rofili ecnici e specializzati dove è più alto il divario domanda/offerta, mentre i più penalizzati nella ricol-

FONTE: STIME FONDAZIONE STUDI CONSULENTI DEL LAVORO SU DATI MINISTERO DEL LAVORO – COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE

Company. «Sebbene il compenso sia ancora sul podio delle priorità della maggior parte dei lavoratori, in Italia solo un lavoratore su cin ue lo cla ifica come il fa ore rinci ale er la cel a i un la oro con la fle i ili c e assume un ruolo sempre più importante: per il 12% dei lavoratori italiani è già il primo motivo per scegliere un posto di lavoro». Già, ma cos’è un “buon lavoro”? Dipende dall’archetipo. Quelli individuati da Bain sono sei. Ci sono i worker bees, le api operaie, che ro ano ignifica o e au o ima rinci almente al di fuori del loro lavoro, considerando la loro occupazione come un mezzo: non sono motivati dallo status o dall’autonomia, e preferiscono stabilità e prevedibilità, hanno spirito di squadra, ma spesso mancano di proattività. Poi ci sono i givers: trovano motivazione nei lavori che migliorano la vita degli altri, come la medicina o l’insegnamento, empatici per natura empatici, ma a volte poco pratici e ingenui. Gli artisans cercano un lavoro che li affascini o li ispiri, e amano essere apprezzati per la loro competenza: tipicamente desiderano un alto grado di autonomia, dando meno importanza al lavoro di team, ma così rischiano di essere distaccati e di perdere di vista gli obiettivi; gli explorers tendono a vivere nel presente e cercano carriere che forniscano un alto grado di varietà ed eccitazione, ma possono mancare di direzione e convinzione; gli strivers, motivati dal successo professionale, la cui competitivi u me ere alla ro a la fi ucia all in erno ell organi a ione infine ma o re ero essere in testa - i pioneers c e i i en ificano profondamente con il loro lavoro e attraverso la loro professione desiderano cambiare il mondo. Sono loro i più tolleranti al rischio e orientati al futuro, disposti a fare grandi sacrifici in nome ella ro ria i ione me ono la loro energia al servizio dei cambiamenti, ma rischiano di essere intransigenti e imperiosi. Non facciamoci illusioni: «In Italia», continua Roberta Berlinghieri, «l’archetipo più diffuso è il primo, quello dei worker bees, gli operativi. In particolare, questa predominanza si evidenzia nella fascia di età 35-54». Secondo Bain, le qualità tipicamente umane, cioè la capacità di risolvere i problemi, l’empatia e la creatività (insomma le celeberrime soft skill) stanno crescendo d’importanza, mentre l’automazione andrà a sostituire progressivamente il lavoro di routine. Bain si aspetta uno spostamento del mix occupazionale nelle economie sviluppate che favorirà le qualità umane, e questo richiederà una grande riqualifica ione ella for a la oro nc e erc il

cambiamento tecnologico sta rendendo più la ili i confini ell a ien a ue i cam iamenti hanno ridotto i costi aziendali, ma hanno anche conseguenze negative per i lavoratori, in ar icolare o o il rofilo el li ello i o disfazione professionale e di connessione tra colleghi. E il cerchio si chiude: «L’Italia è, da questo punto di vista, molto frammentata», continua Berlinghieri, «Assistiamo a una grande polarizzazione nei desiderata dei lavoratori italiani: il 27% preferirebbe non lavorare mai (o quasi mai) da remoto, il 17% invece opterebbe per 5 giorni a settimana di smartworking». L’Italia, da un certo punto di vista, è sul

IL 27% DEI LAVORATORI ITALIANI PREFERIREBBE NON LAVORARE DA REMOTO, MENTRE IL 17% VORREBBE ESSERE SEMPRE IN SMART WORKING

LA TECNOLOGIA HA RESO PIÙ LABILI I CONFINI DELL’AZIENDA CON CONSEGUENZE NEGATIVE PER I LAVORATORI

podio (dopo Giappone e Brasile). Ma c’è poco di cui vantarsi: il 64% dei lavoratori italiani sotto i 35 anni intervistati si sente sopraffatto o sotto stress, mentre solo il 54% degli over 35 e il 44% degli over 55 cita lavoro e stabilità economica come elementi di preoccupazione. «Solo il 60% dei lavoratori italiani intervistati è soddisfatto della propria professione», conclude Berlinghieri. E dunque? Tenendo conto di tutti questi trend, Bain & Company ha individuato le aree in cui le aziende che vorranno avere successo dovranno investire. Dovranno passare dallaa caccia di talenti, talent taker, al loro sviluppo, talent maker: questo richiede investimenti di scala nella formazione e nella creatività, concentrandosi sui percorsi di carriera delle risorse e coltivando una mentalità di crescita all’interno dell’organizzazione. E poi, le aziende leader dovranno spingere i dipendenti a lavorare sulle capacità personali e a costruire una carriera che corrisponda alla loro idea soggettiva di vita. Vediamo se, oltre a cianciare di “capitale umano”, avremo il coraggio di investirci adeguatamente.

ROBERTA BERLINGHIERI

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