4/2009 eco della rossa

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SANTUARIO CUORE IMMACOLATO DI MARIA

L’ECO DE LA ROSSA Anno LVI - 2009 - N. 4 bim. - 21/10/2009 Sped. in abbonamento postale - art. 2 comma 20/C legge 662/96 filiale di Ancona

PERIODICO BIMESTRALE D’INFORMAZIONE E CULTURA

Contributi per sostenere il periodico CCP n. 14236608 intestato Parroco Santuario Cuore Immacolato di Maria 60049 Serra San Quirico Staz. (Ancona) Tel. (0731) 86030 Via A. Moro, 4

w w w. e c o d e l l a r o s s a . i t

Messaggio del Papa per la Giornata Missionaria Mondiale

V a n g e l o In questa giornata, dedicata alle missioni, mi rivolgo innanzitutto a voi, fratelli nel ministero episcopale e sacerdotale, e poi anche a voi, fratelli e sorelle dell’intero popolo di Dio, per esortare ciascuno a ravvivare in sé la consapevolezza del mandato missionario di Cristo di fare “discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19), sulle orme di S. Paolo, l’apostolo delle genti. “Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap 21,24). Scopo della missione della Chiesa infatti è di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli nel loro cammino storico verso Dio, perché in Lui abbiano la loro piena realizzazione ed il loro compimento. Dobbiamo sentire 1’ansia e la passione di illuminare tutti i popoli, con la luce di Cristo, che risplende sul volto della Chiesa, perché tutti si raccolgano nell’unica famiglia umana, sotto la paternità amorevole di Dio. È in questa prospettiva che i discepoli di Cristo sparsi in tutto il mondo operano, si affaticano, gemono sotto il peso delle sofferenze e donano la vita. Riaffermo con forza quanto più volte è stato detto dai miei venerati Predecessori: la Chiesa non agisce per estendere il suo potere o affermare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo. Noi non chiediamo altro che di metterci al servizio dell’umanità, specialmente di quella più sofferente ed emarginata, perché crediamo che “l’impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo... è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l’umanità”, che “conosce stupende conquiste, ma sembra avere smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza”(Redemptoris missio, 2). L’umanità intera in verità, ha la vocazione radicale di ritornare alla sua sorgente, che è Dio, nel quale troverà il suo compimento finale mediante la restaurazione di tutte le cose in Cristo. L’inizio nuovo è già cominciato con la resurrezione e l’esaltazione del Signore Gesù… La missione della Chiesa è quella di “contagiare” di speranza tutti i popoli. Per questo Cristo chiama, giustifica, santifica e invia i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio, perché tutte le nazioni diventino Popolo di Dio. È solo in tale missione che si comprende ed autentica il vero cammino storico dell’umanità. La missione universale deve divenire una costante fondamentale della vita della Chiesa. Annunciare il

Profeti del nostro tempo

s e n z a c o n f i n i Vangelo deve essere per noi, come già per l’apostolo Paolo, impegno impreteribile e primario. La Chiesa universale, senza confini e senza frontiere, si sente responsabile dell'annuncio del Vangelo di fronte a popoli interi. Essa, germe di speranza per vocazione, deve continuare il servizio di Cristo al mondo. La sua missione e il suo servizio non sono a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell’esistenza temporale, ma di una salvezza trascendente, che si attua nel Regno di Dio. Questo Regno, pur essendo nella sua completezza escatologico e non di questo mondo (cfr Gv 18,36), è anche in questo mondo e nella sua storia forza di giustizia, di pace, di vera libertà e di rispetto della dignità di ogni uomo. La Chiesa mira a trasformare il mondo con la proclamazione del Vangelo dell'amore, “che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire e... in questo modo di far entrare la luce di Dio nel mondo” (Deus caritas est, 39). La missione della Chiesa, perciò, è quella di chiamare tutti i popoli alla salvezza operata da Dio tramite il Figlio suo incarnato. È necessario pertanto rinnovare l’impegno di annunciare il Vangelo, che è fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unità e di pace… In questa Giornata dedicata alle missioni, ricordo nella preghiera coloro che della loro vita hanno fatto un’esclusiva consacrazione al lavoro di evangelizzazione. Una menzione particolare è per quelle Chiese locali e per quei missionari e missionarie che si trovano a testimoniare e diffondere il Regno di Dio in situazioni di persecuzione, con forme di oppressione che vanno dalla discriminazione sociale fino al carcere, alla tortura e alla morte. Non sono pochi quelli che attualmente sono messi a morte a causa del suo “Nome”. La partecipazione alla missione di Cristo, infatti, contrassegna anche il vivere degli annunciatori del Vangelo, cui è riservato lo stesso destino del loro Maestro. “Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv. 15,20). La Chiesa si pone sulla stessa via e subisce la stessa sorte di Cristo, perché non agisce in base ad una logica umana o contando sulle ragioni della forza, ma seguendo la via della Croce e facendosi, in obbeSegue a pag. 8

INSEGNACI, SIGNORE Insegnaci, Signore, a condividere il nostro pane. Il pane bianco dei nostri sogni. Il pane nero dei nostri limiti. Il pane bello dei nostri doni. Il pane duro delle sconfitte. Il pane forte della speranza. Con ogni essere umano sulla Terra.

Retaggio preziosissimo

Don Carlo Gnocchi Il prossimo 25 ottobre a Milano, verrà proclamato Beato don Carlo Gnocchi, un uomo consacrato a Dio, definito da Giovanni Paolo II “seminatore di speranza”. Dopo l’ordinazione sacerdotale, il suo primo incarico è quello di assistente di oratorio nelle popolose parrocchie dell’interland milanese. Poi, nel 1936, viene nominato assistente spirituale all’Istituto scolastico “Gonzaga” di Milano e negli anni della guerra (1940-1944) si unisce ai suoi allievi ed ai soldati italiani come cappellano militare. Rientrato miracolosamente dal fronte russo concepisce l’idea di fondare un’istituzione a favore dei mutilati di guerra, si mette alla ricerca dei familiari dei caduti per portare loro aiuto morale e materiale e si adopera per proteggere molti partigiani e perseguitati politici. In seguito alla tragica esperienza bellica matura l’intento di salvaguardare l’integrità spirituale dei ragazzi, vittime della guerra con mutilazioni nel corpo. Non di meno bisogna ricordare Don Carlo come un grande costruttore di pace; nel suo celebre libro-testimonianza “Cristo con gli alpini” così si esprime: “La guerra è un momento di distacco dell’uomo da Dio, come legge morale, e un momentaneo abbandono degli eventi storici alla logica inflessibile dell’errore”. Forse in guerra non c’è nulla di facile, ma certo una delle cose più ardue è parlare del Vangelo con le armi in pugno. L’unico Dio crocifisso è presente anche laddove i suoi figli sono pronti ad odiarsi. Questa sua volontà di ricostruire la persona umana con la forza redentrice del dolore è tutta affidata alla sofferenza innocente dei bambini. In una memorabile pagina, dalla forza letteraria, pari ad una narrazione manzoniana, egli descrive quei bambini in un cadenzare incessante per le strade d’Europa: “Quanti ne ho visti, di bimbi, nel mio triste pellegrinaggio di guerra. Tragico fiore sulle macerie sconvolte e insanguinate d’Europa… …e i bimbi d’ Albania…neppure un sorriso malato sapevano offrire alla loro terra squallida e ambigua… …alacri e fieri i bambini del Montenegro, dai costumi fantasiosi come se fosse sempre festa… …poveri bimbi di Grecia con lo stupore della fame e della sconfitta nel viso scarnito… …mirabile frotta di fanciulli jugoslavi che aspettavano avidi e silenziosi la distribuzione degli avanzi di cucina e un po’ di rancio dei soldati… …voci dolenti di bimbi, per le strade deserte della Polonia, che invocavano pane… …poveri esserini attaccati disperatamente al seno esausto delle madri immote, piangenti nelle case deserte, atterriti e sobbalzanti ad ogni rumore di guerra… Poveri bimbi della mia guerra, miei piccoli amici di dolore, dove sarete oggi e che sarà di Voi? …Eppure soltanto da voi ci è dato di cogliere qualche gesto di dolcezza e di sapienza in così orribile tragedia di odi e di sangue, … nel fanciullo si riconciliava e rinasceva la vita infranta della guerra”. Queste riflessioni maturano in don Carlo quello che sarà il suo testamento spirituale, in gran parte riportato nel suo ultimo lavoro “pedagogia del dolore innocente”: il dolore innocente è quello sop-

portato dai bambini, che non hanno le colpe e le responsabilità dei grandi: “la sofferenza dei piccoli serve anche per la purificazione e la salvezza dei loro fratelli. Di tutta questa massa di dolore innocente, così intima , così pura e così vasta quanta parte è andata a Cristo e all’umanità? E quanta parte al contrario è andata perduta, perché nessuno si è curato adeguatamente di indirizzarla verso la meta naturale, che è Cristo?” Per don Carlo quindi la “lotta e la vittoria contro il dolore è una seconda generazione che riesce a ridonare ad un bimbo la sanità, l’integrità, la serenità della vita”. Non bisogna dimenticare il suo gesto sublime di carità con cui, poco prima di morire, donò le sue cornee perché due suoi ragazzi potessero riacquistare la vista. L’attuale legislazione sui trapianti non esisteva; egli era stato premonitore di un’esigenza estrema della carità: donare parte del proprio corpo. Don Carlo raccolse per l’Italia migliaia di mutilatini che avevano riportato menomazioni e amputazioni di vario genere a causa

della guerra, successivamente si occupò di altrettanti bambini sfortunati vittime della poliomielite. La sua opera più grande di carità fu la “Fondazione pro juventute” che nei primi anni del secondo dopoguerra raccolse migliaia di bambini in difficoltà restituendo loro, cure, formazione spirituale e garantendo anche un’adeguata istruzione. Oggi l’opera di Don Carlo continua, sia in Italia che in vari paesi poveri, con lo spirito del fondatore al servizio della persona umana della sua dignità e individualità. Oggi l’idea di donna e uomo che ci viene trasmessa è quella della prestanza fisica, della bellezza, dei corpi profumati, ben modellati, ben vestiti, puliti, sorridenti; questo è un elemento che non ci aiuta a cogliere ciò che veramente siamo. La sofferenza è relegata, isolata, è un episodio, un fatto che non si deve vedere. Le istituzioni, sia pubbliche che private, laiche o cattoliche devono farsi carico delle fragilità umane con particolare impegno non tanto per rimuoverle o emarginarle, ma piuttosto per accoglierle ed amarle nella concretezza di un conforto che accoglie e non lascia soli. Sarebbe bene rispondere alla crisi della politica e della democrazia che sta attraversando il nostro paese con un nuovo impegno sociale, specialmente nel volontariato e nelle istituzioni no profit, con una nuova vitalità del fare, perché la carità senza le opere non esiste. Tutta la vita di don Carlo fu testimonianza al vangelo della carità intesa non come elemosina, ma apertura di cuore e slancio interiore per aiutare a migliorare la vita dei sofferenti. L’amore è dunque, la lezione che don Gnocchi ci lascia come sintesi della sua esperienza di uomo e sacerdote. E’ una lezione di cui il nostro tempo ha estremo bisogno. tratto dalla tesi di Laura Zannotti

Riportiamo, senza commenti, lo scritto di un padre di famiglia profondamente cristiano, trasmesso postumo ai figli da un notaio Grande sarà, carissimi figli, la vostra sorpresa nel ricevere un messaggio del vostro padre, la cui salma avete tumulata pochi giorni fa: dico “messaggio” e non “testamento” dal momento che parecchi mesi prima della mia ultima malattia tutti i miei beni mobili ed immobili sono stati da me equamente ripartiti tra di voi, e ciò a sostegno delle vostre bellissime famiglie, che essendo giovani, vi causano molte spese. Considerate, perciò, questo mio scritto come un testamento spirituale. Se i beni materiali che avete già ricevuto da me vi risulteranno graditi ed utili, è mia umile speranza che i miei consigli paterni lo saranno ancora di più. Innanzitutto tenete presente che la vostra attuale dimora, dove cioè si svolge la vostra vita quotidiana, non è quella definitiva. Presto, forse molto presto ognuno di voi sarà sparito dalla faccia della terra – come lo sono ormai anch’io, che pochi giorni fa ero ancora in mezzo a voi- e quando sarete fisicamente rimossi dallo sguardo degli altri, non tarderete molto ad essere tolti pure dai loro pensieri e ricordi. Non si tratta di freddezza o ingratitudine o scarsa considerazione da parte dei vostri cari figli, parenti e amici: significa solo che ogni uomo o donna che seppellisce i suoi cari, rimanendo di conseguenza superstite, rimane altresì distolto dalle sollecitudini incalzanti della vita quotidiana, distratto, e generalmente incapace di concentrare con regolarità la propria attenzione su quanto, peraltro, ritiene con convincimento vitale, davvero importante. Badate, perciò, non tanto al vostro avvenire sulla terra, che d’altronde non siete neppure sicuri di avere, ma piuttosto al vostro futuro eterno, vivendo ogni giorno come se fosse l’unico e l’ultimo. Se considererete la morte sempre in agguato, come effettivamente lo è, non solo sarete meglio preparati ad andare incontro al Creatore, ma anche giudicherete i possedimenti e le conquiste temporali, desiderati dalla maggior parte dei vostri coetanei smodatamente per non dire freneticamente, sullo sfondo della vostra partenza più o meno

imminente, con più distacco, con più libertà interiore. Beato l’uomo, beata la donna, che si sforza con spirito di fede e con risolutezza, a divenire ed ad essere sin da questa vita, ciò che vorrà essere trovato nel momento della morte. Posso assicurarvi che colui, o colei, che si trova steso sul letto di morte e ben consapevole della prossima fine, ragiona molto diversamente dall’uomo sano che è coricato per fare un pisolino. Agli occhi dell’agonizzante, non c’è valore che in quel tremendo momento non venga drasticamente ridimensionato: prestigio personale, possedimenti, stima degli altri, e perfino lo stesso amore. Tutto appare inesorabilmente deprezzato e svilito, per non dire frivolo, fatuo, futile. Vi auguro di cuore di non attendere fino alle vostre ultime ore sulla terra per accorgervi dell’illusorietà delle cose temporali. Non lasciatevi abbindolare neppure dall’insidiosa tentazione del prolungamento dei vostri giorni. Dio ha promesso bensì misericordia e perdono ad ogni peccatore sinceramente pentito; a nessuno invece ha promesso il domani. D’altronde se ognuno di voi non è adeguatamente sollecito ora per la salvezza della propria anima, c’è da sperare che lo sarà in seguito? Si tratta di un compito che non si può dare in appalto, e anche se ciò fosse possibile a chi si potrebbe affidare? E con quale speranza di successo? Quasi istintivamente ognuno si augura una vita lunga e generalmente sta attento a promuoverla. Non è necessariamente vero, tuttavia, che la longevità renda l’uomo più virtuoso e più gradito a Dio. A che pro vivere a lungo se il cumulo di anni altro non facesse che aumentare la nostra colpevolezza e moltiplicare le malvagità? Chi invece si sforza di mantenere la rettitudine delle proprie intenzioni e l’integrità di coscienza non deve affatto temere la morte. E’ tale rettitudine, carissimi, e la santità che ne consegue che vi augura il vostro padre affettuoso, che al tempo stesso si raccomanda alle vostre fervide preghiere. Pregate Dio che ci dia la grazia di trascorrere insieme l’eternità in paradiso, anche in compagnia della vostra cara madre che ci ha preceduto. Vi ho sempre amato e vi amerò sempre! Papà


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