Eco di Piacenza 18/01/2018

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Anno 7 - Numero 02

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n Italia, come ormai è risaputo, dallo scorso 1° gennaio, una nuova legge, che recepisce una precedente direttiva europea (del 2015, con un ritardo di due anni) prevede, nei supermercati, l’utilizzo per il reparto ortofrutta soltanto di sacchetti biodegradabili, con l’obiettivo di diminuire il consumo e la dispersione nell’ambiente di plastica leggera inquinante. L’Italia ha inserito la norma nel decreto legge per il Mezzogiorno, approvato nell’agosto 2017, ed entrato in vigore il 1° gennaio 2018. La norma vieta la commercializzazione di borse di plastica in materiale leggero (con spessore inferiore a 15 micron) così come previsto dalla direttiva europea 2015/720, ma specifica che le nuove borse “non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti”. È da segnalare che la legge stabilisce anche una percentuale minima di materia prima rinnovabile nelle nuove borse: non inferiore al 40% dal 2018, che salirà al 50% nel 2020 e al 60% nel 2021. La norma si applica alle sole borse di plastica con spessore inferiore a 15 micron, ovvero 0,015 millimetri e prevede, dunque, un “aggravio di spese”, seppur minimo, per i clienti dei reparti ortofrutta. I prezzi delle nuove borse oscillano tra 1 e 3 centesimi in base alla catena di supermercati, e questa spesa da sostenere ha sollevato subito feroci polemiche, che hanno infiammato il dibattito politico e sui social network: da chi vorrebbe che a pagare non fosse il consumatore (in Puglia il Codacons lancia addirittura la possibilità di una class action) ai vari “metodi” per “ingannare” la legge, (come apporre il codice a barre direttamente su ortaggi e frutta o preferire sacchetti di carta portati da casa) il “problema buste di plastica” ha interessato un po’ tutti. Il Ministero dell’Ambiente, nella circolare interpretativa della legge, spiega che è possibile portare sacchetti da casa a patto che siano adatti al contatto con frutta e verdura e mai utilizzati prima. Questa interpretazione, che sembra aver trovato un “rimedio” al problema-prezzo, fa sorgere dei dubbi: risulta difficile, per il consumatore, infatti, capire quali siano i sacchetti “adatti al contatto con frutta e verdura” e quali no, ed è di dif-

Giovedì 18 gennaio 2018

BUSTE BIODEGRADABILI: DALLE POLEMICHE ALLA VERA TUTELA DELL’AMBIENTE ficile decifrazione anche il fatto che non debbano mai essere stati usati prima (che riciclo sarebbe?). Scopo della direttiva, in realtà, è la riduzione della plastica leggera (con spessore inferiore a 50 micron) che, se immessa nell’ambiente, dato il ridotto spessore, può provocare gravi danni alla salute di mari, animali, pesci e all’ecosistema in generale, “spostandosi” attraverso la catena alimentare. La normativa impegna gli Stati membri, sulle borse di plastica leggera, a misure per cui: “il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025” e a misure atte ad “assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia”. La norma italiana obbliga a “pagare” le buste “nuove” biodegradabili ma non prevede di non distribuire gratis quelle “vecchie” (che dovrebbero essere completamente eliminate). La legge, eliminando le buste in plastica leggera non garantisce una riduzione dell’uso dei sacchetti: se le buste, di fatto, devono essere usate, non se ne ridurrà la diffusione, ma si sostituiranno le “vecchie” con le nuove biodegradabili, un passo avanti che soddisfa, forse, la direttiva europea (che, peraltro, non obbliga a pagare le buste biodegradabili) ma non sembra avere una visione d’insieme. Il problema della diffusione della plastica, infatti, è serio e riguarda non solo le buste della spesa, ma anche i tanti

(troppi) imballaggi, alimentari e non, che ogni giorno finiscono sugli scaffali dei supermercati, nelle case (e nell’ambiente) in tutto il mondo. Si, perché le strategie per evitare danni ad ecosistemi e mari, devono essere adottate a livello planetario,

coinvolgendo tutte le nazioni, le imprese e i consumatori, affinché la tutela dell’ambiente non sia soltanto una scelta individuale, ma una certezza collettiva.


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