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Anno 5 - Numero 21
D
opo l’arresto di due educatrici dell’Asilo Nido della Farnesiana, avvenuto la scorsa settimana, dopo una lunga indagine da parte dei Carabinieri della stazione di Levante, Piacenza si interroga sull’accaduto. L’indagine dei Carabinieri è partita dopo una coraggiosa segnalazione da parte di una collega delle educatrici che non ha voluto chiudere gli occhi: le telecamere nascoste, sulla scia di altre indagini simili, avrebbero inchiodato le due educatrici, di 53 e 31 anni, riprendendole in atteggiamenti violenti e ingiustificati contro i piccoli ospiti dell’asilo della Farnesiana. I carabinieri, negli scorsi giorni, hanno fornito alcuni dettagli, escludendo violenze di tipo sessuale, ma riportando frasi violente delle due: da “Sei un cretino” a “Ti spacco la testa in due” a violenze fisiche come schiaffi, legare i bimbi con del nastro adesivo, piccoli calci e percosse. Secondo le ricostruzioni e le testimonianze sembra che le segnalazioni fossero già pervenute, almeno all’interno della struttura, tra colleghe: una delle educatrici arrestate, però, dopo una richiesta di chiarimenti da una collega sui suoi atteggiamenti troppo “ruvidi” le avrebbe risposto che si sarebbe dovuta adeguare a questi “metodi” oppure licenziarsi. Né sembra che le educatrici non si rendessero conto della gravità delle loro azioni: in un’intercettazione, infatti, si sarebbero dette: “Se ci vedessero fare così ci arrestano”. Le due donne, lavorando sempre a contatto, si “aiutavano” tra loro nelle inqualificabili condotte violente nei confronti dei piccoli. Spesso, dopo pranzo, i bambini facevano il pisolino pomeridiano e chi non voleva dormire veniva letteralmente buttato sulle lenzuola o portato a testa in giù, o ancora bloccato con una gamba sul collo. Una delle due educatrici, inoltre, al
Giovedì 01 giugno 2017
MALTRATTAMENTI ALL’ASILO DELLA FARNESIANA: IL CORAGGIO DI DENUNCIARE momento del pranzo, ha avvertito un bimbo non italiano di fare attenzione, per non scottarsi con la minestra, mentre l’altra, avrebbe sentenziato: “Lui può anche bruciarsi”. Interrogate lunedì scorso, le due educatrici si sono avvalse della facoltà di non rispondere e sono state scarcerate, con l’obbligo di firma giornaliero (presso un ufficio della polizia giudiziaria). L’avvocato della 53enne, Luigi Alibrandi spiega che la sua cliente ha preferito non rispondere perché “provata fisicamente e mentalmente” mentre, nel caso della 31enne, la sua legale, Monica Magnelli, spiega l’avvalersi della facoltà di non rispondere con una condotta difensiva non ancora stabilita. Non è questa la sede per decidere la colpevolezza o l’innocenza di nessuno, ma viene spontaneo chiedersi come sia possibile che persone che accudiscono bambini in un asilo nido, possano arrivare a tanta violenza fisica e psicologica nei confronti di chi è più indifeso di tutti. Difficile, se non impossibile, trovare una causa ad un comportamento che non può avere un solo motivo di essere messo in atto. Si può parlare di lacune nei controlli, di rendere le telecamere obbligatorie, di mancanza di test sulla tenuta “emotiva” degli educatori, o ancora di pene non sempre efficaci al momento della condanna, ma non si può dare una risposta semplice, o ragionevole, a ciò che ragionevole non dovrebbe essere. Il velo su queste “pratiche” è caduto nel 2009, con il
tristemente noto caso dell’asilo nido “Cip e Ciop”, dove 25 bambini hanno subito le violenze di due maestre, poi condannate in terzo grado a 6 e 5 anni di reclusione. Negli ultimi 8 anni sono più di 65, in Italia, i casi di maltrattamenti su bambini in scuole d’infanzia o asili nido: spesso a denunciare sono gli stessi genitori dei bambini, o anche all’interno, con colleghi o responsabili che non vogliono “lasciar correre”. Ciò che colpisce di più, però, forse, è la leggerezza con cui, talvolta, vengono prese le segnalazioni: vuoi per il buon nome della scuola, vuoi, da parte dei genitori, per non far prendere di mira i figli, o per un sospet-
to non suffragato da prove, spesso le segnalazioni alle autorità arrivano con grave ritardo, accentuando i traumi (non solo fisici) ai bambini. Non si deve, tuttavia, avere sfiducia nel sistema degli asili nido o nel corpo docente: l’esempio di Piacenza insegna che il coraggio di denunciare deve sempre esserci: qui, infatti, non si tratta di mantenere un lavoro, contrariamente a quanto suggeriva una delle educatrici accusate (“o ti adegui oppure puoi anche licenziarti”) o di non far “prendere di mira” il proprio figlio, o ancora di “preservare” il buon nome di un istituto o cooperativa, ma di fare ciò che è giusto.