Pomezia Notizie 2019_12

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POMEZIA-NOTIZIE

Dicembre 2019

fantino. Mamaut Picchiput o Picchiput Mamaut aveva qualche anno meno di Sonia Comparsita o Comparsita Sonia, e quasi la sua stessa stazza. Non s’innervosiva mai; però, se lo chiamavano Picchiput Mamaut, lanciava un lungo e sonoro barrito, come dicesse mi avete scocciato, e correva, correva all’ impazzata, neanche fosse una Ferrari, devastando ogni cosa al suo passaggio. Anche cani e capre avevano diversi repertori. I cani ne eseguivano uno in particolare: si schieravano in fila tutti e cinque al centro dell’arena e sulla groppa del primo - un canone dalla faccia rugosa e piena di ghigni -, Bulldog o Dogbull, l’istruttore poneva in bilico una leggera tavoletta, sulla quale, da un vicino trampolino, vi saltava il secondo, Husky il Bello o Bello Husky, un siberiano dagli occhi azzurri e puntuti come zampilli; sulla sua schiena, altra tavoletta, sulla quale volava il terzo cane, Chow Chow o Chow Chow, che sembrava un morbido peluche giallo spruzzato di marrone chiaro, musetto nero e occhietti pure neri quasi fossero due piccoli bottoni; sul terzo, altra tavoletta sulla quale si fiondava Barboncino o Cino Barbon, tutto nero come la pece e su di esso, infine, il quinto, la cagnetta Shih Tzu, o Tzu Shih, minuta, dal lungo pelo venato di giallo antico, occhi e baffi all’ingiù da ispirare tristezza. Shih Tzu o Tzu Shih, una volta planata sulla tavoletta, si ergeva su due zampe e, sul suo muso, l’ allenatore poneva un’assicella di legno, sulla quale andava avanti e indietro, più e più volte, un piccolo e grazioso scoiattolo. Era il momento più emozionante, perché lo scoiattolo sembrava sul punto di precipitare, ora a destra, ora a sinistra. I piccoli si alzavano tesi, a far la ola con il cuore in bocca - oh! oooooh! - e l’allenatore, per accrescere la tensione, ondulava il corpo e a braccia aperte mimava pure lui la scena. Si chiamava Filodendro o Dendrofilo e non si era mai visto un uomo così lungo e allampanato. Aveva i baffetti all’Umberto, capelli rossi alla moicana e alle orecchie due grossi pendagli inca, ricordo della sorella morta di brutta malattia, la quale

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non se li toglieva neppure quando faceva il bagno e tantomeno quando dormiva. Il repertorio delle due capre era, in assoluto, il più elementare (d'altronde, da loro, non si poteva pretendere troppo; Vittorio Sgarbi, quando vuol sbertucciare una persona, che cosa le urla in televisione? Capra! Capra! Capra!). L’allenatore, Bombarda Charleston o Charleston Bombarda, suonava marcette sconclusionate col suo flicorno baritono, o bombardino, e le due bestiole gli andavano dietro cercando di seguire il ritmo con il loro bee -bee -bèbee -bè-bebee!, suscitando risate. Quando lo chiamavano Charleston Bombarda il suono diveniva stridulo, ancora più strampalato e le caprette, perplesse, si azzittivano e ciò dimostrava che non fossero, poi, così stupide. Tutti gli spettacoli, tranne quello delle capre, erano accompagnati da allegri sottofondi musicali dovuti al geniale Pompeo Assiolo, suonatore di trombone, e agli altri suoi collaboratori - tra cui anche Bombarda Charleston o Charleston Bombarda -, specializzati in chitarra, flauto, tamburino e in tanti altri strumenti. Guai, però, a chiamarlo Assiolo Pompeo: allora i sottofondi divenivano babelici e l’unico suono percepibile con chiarezza era un continuo e monotono chiù. Quel primo luglio, vicino a un carrozzone tra l’erba verde e sotto un enorme pioppo dal fogliame ciangottante alla leggera brezza mattutina, intorno all’elefantessa Sonia Comparsita o Comparsita Sonia, stavano tutti in trepidazione. C’era la bellissima trapezista, così brava da eseguire fino a un quarto salto mortale. C’era il clown dalla faccia pulita, non ancora infarinata per il giornaliero allenamento. C’era Dick Dick o Dick Dick, il cane poliziotto o da pagliaio, guardiano della tenuta, attentissimo e severo, che dormiva dalle quattro del pomeriggio fino a sera e, poi, sempre in perlustrazione da un capo all’altro della tenuta (detto fra noi, Dick Dick o Dick Dick e Chow Chow o Chow Chow erano gli unici a non sentirsi turbati o infastiditi se rovesciavano i loro nomi e cognomi!).


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