Compost 04

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Fanzine indirizzo MSN e l’elenco dei generi per i quali vi sentite maggiormente competenti. Mandate tutto a redazione@genovatune.net e saremo lieti di potervi dare spazio. Occupandovi principalmente di una scena provinciale, per quanto di ampio respiro sul tutta la regione e non solo, non c’è il rischio reale di cantarsela e suonarsela da soli? Il rischio c’è: per questo da un anno a questa parte abbiamo deciso di ampliare lo spazio dedicato alle recensioni di dischi anche a lavori di respiro nazionale ed internazionale. Paradossalmente, ultimamente arriva più materiale da fuori Liguria che non dalla nostra regione. E’ vero che attualmente Genovatune agisce solo a livello regionale: chissà che un domani non si tenti un’espansione? TorinoTune, MilanoTune... MondoTune! A parte gli scherzi, Genovatune riesce a rispecchiare - non so e non voglio dirvi se in maniera fittizia o meno - una Genova diversa da quella che a molti appare superficialmente. Chi ci guarda da fuori e vede Genovatune intravede una vitalità ed una ricchezza di contenuti e di iniziative che spesso mi chiedo se esista realmente - o non sia solo uno specchio d’acqua alterato dai riflessi del sole. L’immagine che voglio dare all’esterno della mia città con questo progetto è, però, di una città viva - anche se lei stessa non lo sa: una città che stiamo tutti cercando di cambiare, di far crescere, di migliorare. Veniamo, quindi, a Genova. Come sta? Malata, moribonda, febbricitante, sveglia, reattiva, in gran salute? Qual’è il tuo punto di vista di musicista/organizzatrice/promotrice? Eccoci al punto dolente :-) Genova è una città strana. Ne parlavo giusto un paio di giorni fa con amici e conoscenti. Non voglio ricadere nella solita spirale infernale dei mugugni (“Genova è una città di vecchi”, “Non c’è mai niente da fare”, “Mancano gli spazi”, 16 CMPST #4[09.2007]

e così via), perciò sarò breve. Genova non è una città in gran salute, in generale. Non solo per quanto riguarda i giovani e la musica. Trovo che la nostra città pecchi spesso di presunzione. E’ come se a Genova andassero bene le cose così come sono. Che non ci fosse voglia di migliorarsi, di evolversi, di essere produttivi e costruttivi. Penso subito a Milano - la stracitata Milano - dove l’aria che respiri, oltre che ad avere uno strano retrogusto acidognolo, frutto delle polveri sottili e dello smog, è però pervasa di quel senso di progresso e voglia di fare che qui a Genova manca. A Genova come da altre parti, sia chiaro. E questo strampalato discorso vale per tutte le cose - per la musica, per il lavoro, per i trasporti pubblici. Manca la volontà di rischiare e mettersi in gioco per un possibile miglioramento della situazione. C’è da dire che negli anni la situazione si è evoluta - più del previsto. Sono nate diverse realtà (noi, Disorderdrama, Metrodora, e molte altre) che piano piano hanno unito le forze, nel loro piccolo, e sono riuscite a dare una svegliata al torpore generale che aleggiava sino ad una decina di anni fa. Con l’avvento di internet e dei nuovi media c’è spazio per tutti e molti riescono a sfruttarlo adeguatamente: parlo del nuovo modo di promuovere le serate, gli eventi, di dare spazio a voci che altrimenti sarebbero rimaste nell’ombra. Penso a myspace, a quanti contatti abbiamo stretto in maniera molto più facile rispetto a prima. I genovesi, forse, piano piano stanno cambiando, la notte bianca di ieri sera ne è l’esempio: tutta la città è rimasta in giro per le strade e le piazze sino all’alba, ad ascoltare musica e a divertirsi. Genova ha bisogno di eventi collettivi per smuovere gli animi: non solo di “grandi concerti”, ma di occasioni di aggregazione, artistica e culturale. Forse sono solo parole al vento, ma non credo che ora come ora l’apertura di un Rolling Stone o un Alcatraz basterebbe a migliorare la situazione musicale in città. Ciò che va fatto è

educare le persone, farle uscire di casa, metterle in condizione di non poter più dire “Ah, ma io non lo sapevo che..”. Questo, naturalmente, non possiamo farlo da soli. Ci vuole il supporto e l’unione sì delle piccole grandi realtà cittadine, ma soprattutto delle Istituzioni e dei Media. In questo senso, il Secolo XIX ci sta supportando molto, ma non è ancora abbastanza. Oltre alla carta stampata, c’è bisogno dell’aiuto di tutto il resto: radio e televisioni, fra tutte. Hai a che fare con tutti, ma proprio tutti, gli operatori musicali e culturali cittadini. Vuoi provare a trarre qualche deduzione dalle logiche che li muovono? Grazie a Inferno siete passati dall’altra parte della barricata, impressioni? Mah, azzarderei a dire che la logica è quella del “tirare avanti”. La logica del “e anche oggi ce l’abbiamo fatta”. Come ho detto prima, anche in questo senso ci vorrebbe più voglia di rischiare. Di mettersi in gioco. Di investire. Tempo e denaro. A Milano ed altrove come hanno fatto? Così. Investendo e rischiando. Naturalmente dipende in cosa investi: bisogna avere delle idee e svilupparle, idee sensate e fruttifere. Io credo nel ricambio generazionale. Può darsi che fra dieci o vent’anni gli operatori del settore raccolgano dove altri hanno seminato e la situazione cambi. Speriamo. Si parla sempre di media deviati. Nel senso che hanno tutti intrapreso una strada che, purtroppo spesso, corre parallela, se non in direzione contraria, al bene comune della creatività giovanile. C’è una evidente mancanza di comunicazione tra chi produce e chi diffonde. Ti trovi d’accordo? Cosa si potrebbe fare per migliorare il rapporto? Non è mai chiaro se i contatti fra chi produce e chi diffonde manchino per ignoranza, per uno scarso contatto con la realtà underground. O ci sia, invece, al di sotto di tutto


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