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Electropark / Extreme Jukebox Garage 1517 / Genova sui muri / Thomas Grünfeld Filippo Balestra / Genova Concerti

È con grande piacere che mi trovo a scrivere queste poche righe per introdurre la reincarnazione di “Compost”, quattro anni dopo l’uscita dell’ultimo numero. Ma andiamo con ordine e vediamo di fare un riassunto. Era il maggio del 2007 e in Buridda suonavano Ghost Mice e En Roco per il più classico dei giovedì DisorderDrama. A fine serata qualcuno mi mette in mano questo libretto A5 spillato nel senso sbagliato con una foto verde acido in copertina. Era, ma so che siete arguti e già l’avete capito, il primo numero di “Compost”. Nell’editoriale ci si proponeva di scoprire insieme le traiettorie di chi ha attraversato Genova, trovando la propria dimensione artistica, arrivando o partendo dalla città stessa. Un racconto di Genova e della sua vita culturale attraverso decenni di storie, successi, fallimenti.

Un tentativo di rendere visibile tutto quel sottobosco di persone che in Genova credono e a Genova si sbattono. Una piazza aperta, in cui confrontarsi, conoscersi, interfacciarsi. Dieci numeri e un’ottantina di persone intervistate. Questo era “Compost”. Questa è la nostra eredità. Logo e formato sono cambiati, così come è cambiata DisorderDrama entrando nella gestione del Teatro Altrove. La sostanza quella no, è rimasta immutata. La necessità forte di, ancora una volta, dare dei calci nei denti ai mugugnoni statici e disfattisti nelle mani dei quali la città pare languire. In chiusura pare doveroso ringraziare Matteo e DisorderDrama tutta per il sostegno, il Teatro Altrove per l’accoglienza, Radio Gazzarra per il sottofondo musicale, i vecchi e nuovi compagni di viaggio. Giacomo Bagni

CMPSTR Composter Zine – numero 0 – Genova, aprile 2014

AB: Onestamente io faccio molto affidamento sulle mie idee, ed avendone in grande quantità, non mi preoccupo tanto di quello che fanno gli altri. Extreme Jukebox è un film sincero, su questo non si può discutere. Un film fatto da due appassionati di rock e b-movies per appassionati degli stessi. Un film lo si deve vendere per quello che è, e sia i trailer che le locandine non dovrebbero cercare di ingannare il pubblico. Se qualcuno usa strategie e atteggiamenti di un certo tipo, è comunque destinato a durare poco. (Per info: extremejukeboxthemovie.com)

Garage 1517 intervista di Stefania Bianucci

Genova sui muri In Vico Indoratori, Lisa e Davide da qualche mese hanno deciso di dar vita a un nuovo spazio: di giorno, al piano strada, è aperto un negozio di usato, mentre di sera si può accedere alla sala concerti al piano superiore. Li abbiamo intervistati per capire come è nata questa bella idea e come è stata accolta dalla città.

Nei caruggi della città vecchia i muri parlano e noi li fotografiamo. Cercate Genova Sui Muri su Facebook, foto nuove ogni giorno.

Stefania Bianucci: Com’è nata l’idea di aprire Garage 1517? Lisa De Bernardi: Inizialmente avevamo pensato ad un progetto un po’ diverso: avremmo voluto coniugare uno spazio verde con la vendita di usato, l’associazione culturale e gli eventi, ma per sfruttare uno dei pochi spazi verdi esistenti a Genova l’iter burocratico era lungo e complesso. Dato che il giardino di Vico Indoratori è pubblico abbiamo pensato di trovare uno spazio qui vicino per poterlo sfruttare. L’idea nasce da due passioni che abbiamo: quella di Davide soprattutto per la musica e la mia per le cianfrusaglie. SB: Quando e come è nato il progetto Less is more? Davide Cedolin: Il primo concerto lo abbiamo organizzato a ottobre del 2011 all’ex Milk. La stagione precedente avevo organizzato qualche serata, senza marchi o nomi, in aiuto al proprietario del locale. In seguito abbiamo dato un nome a quello che stavamo facendo, che era ed è una necessità di fare qualcosa anche se senza una meta precisa. LDB: Era la volontà di offrire qualcosa di diverso rispetto alle realtà già consolidate a Genova, che funzionavano e avevano una loro vita. SB: Cosa hanno di diverso le serate Less is more rispetto alle altre presenti in città?

Giunto alla seconda edizione, l’iniziativa Electropark porterà in aprile al Teatro della Tosse Robert Henke. Abbiamo chiesto a Lorenzo Cassanello, uno degli organizzatori dell’associazione culturale Forevergreen.fm, di parlarci del progetto e del rapporto particolare che lega Genova alla musica elettronica. Lorenzo Cibrario: Prima di tutto un bilancio, Electropark 2013 si è chiuso con un successo, complice anche l’ottimo nome di Alva Noto. Puoi parlarci dell’edizione dello scorso anno? Perché il nome Electropark? Come è nata l’idea di un evento legato alla musica elettronica? Lorenzo Cassanello: L’idea è nata in primis da una passione, come tutti quelli che iniziano qualcosa, ma anche da una vera e propria urgenza nel voler portare a Genova un certo tipo di proposta che, a nostro parere, non dico mancasse del tutto, ma non era certo presente in maniera continuativa. Electropark è un progetto “contenitore” che sta crescendo dopo un 2013 sopra le aspettative. Non solo Alva Noto e il suo Univrs, ma anche la magia di Bugge Wesseltoft e Christian Prommer. Inoltre abbiamo promosso bandi di concorso per artisti emergenti e progetti “do it yourself”. LC: Quest’anno il nome di punta sarà Robert Henke, in arte Monolake, con il suo progetto Lumière. Vorresti parlarcene? Lumière si presenta come un’esperienza live audiovisiva. In che senso?

LDB: Quando sono arrivata a Genova avevo la sensazione che nonostante questa fosse una delle principali città del nord Italia, avesse delle limitazioni a livello di proposta. Ci sono associazioni che funzionano ma mi sembrava ci fosse poco ricambio quindi, anziché affiancarci a quelle, abbiamo pensato di proporre qualcos’altro. Abbiamo iniziato a organizzare date coinvolgendo amici che suonano e utilizzando i contatti accumulati suonando in giro per tanti anni. Il nome Less is more nasce anche da questa idea: gruppi emergenti, magari situazioni “a basso costo” coinvolgendo, almeno inizialmente, persone che conoscevamo direttamente. DC: In questo senso ci siamo posti un pochino egoisticamente nei confronti del pubblico: ci siamo preoccupati di fare cose che piacessero molto a noi senza preoccuparci granché della fruibilità “popolare”. SB: Il progetto come si è evoluto spostandosi qui, in uno spazio vostro? DC: La dimensione che poi si è andata a ricreare qui da noi è comunque ristretta: un pubblico di una quarantina di persone al massimo, e ci piace così; non abbiamo mai avuto le ambizioni, ma nemmeno le capacità, di fare i grandi numeri. Inoltre, se ci sono 40 persone la sala è zeppa e la dimensione del concerto è bella anche per questo. LDB: La dimensione fisica di questo spazio è necessariamente un po’ di nicchia ma capita che alcuni dei gruppi successivamente diventino più noti. DC: Basti pensare a Teen Daze, che dopo sei mesi dal concerto che avevamo organizzato è arrivato a remixare Bon Iver e i Bloc Party, immagino che adesso anche i costi siano diversi, ma è bello che ci sia una sorta di “staffetta”, perché ognuno ha il suo spazio. Un’altra cosa che ci differenzia da altre proposte è la questione dell’orario (i concerti si tengono sempre tra le 20.00 e le 23.00 n.d.r.), era una cosa che avevamo già provato a proporre in altri posti ma era praticamente impossibile. LDB: In questo senso avere un nostro posto aiuta ad abituare all’idea di un orario anticipato, la sala non ha la dimensione di un locale e come associazione culturale siamo aperti nell’orario del concerto. SB: Insieme a voi nell’ultimo anno e mezzo hanno aperto vari negozi e nuove proposte, la vedete come una piccola rinascita? LDB: Più che una rinascita in un certo senso è una necessità: in un momento di stallo si mette in moto una sorta di meccanismo di sopravvivenza, ci si mette in gioco. È anche bello che un periodo

LC: Quest’anno è il centenario del Manifesto dell’Arte dei Rumori del futurista Luigi Russolo. Nel manifesto, Russolo definisce la musica che secondo lui dovrebbe caratterizzare il XX secolo, una musica fatta di rumori e suoni presi direttamente dal contesto urbano. Per l’occasione nel 1914 costruì anche alcuni macchinari (da lui chiamati gli Intonarumori) che possono, con molta fantasia,

come questo porti a delle novità e proposte diverse, soprattutto in una città come Genova che è legata ad un impianto commerciale (botteghe, bar) molto tradizionale. SB: Vi sembra che la città lo accolga? LDB: Potrebbe essere accolto ancora meglio. Per esperienza personale ci sono state inizialmente delle diffidenze e dal punto di vista commerciale è un momento storico particolarmente difficile. È per questo che si cerca di inventarsi nuove idee, come noi che abbiamo pensato di fare più proposte tentando di offrire cose diverse a target di persone diverse. Siamo stati accolti bene, siamo aperti da 5/6 mesi e la prospettiva è buona. DC: Una cosa che non succede spessissimo ma che mi diverte molto della doppia funzionalità dello spazio è che in alcuni casi le clientele si incrociano. SB: Il prossimo concerto a cui tenete particolarmente? DC: Mettiamo il cuore un po’ in ogni data: viviamo di amori settimanali, il concerto successivo a quello che c’è stato è sempre quello a cui teniamo di più. In particolare ad aprile verranno i Soft Metals, quest’estate suoneranno in diversi festival in giro per l’Europa e siamo contenti che suonino da noi.

ripensati con le percussioni, a quel punto è entrato Giulio Fonseca (Go Dugong) che ha suonato con noi per due anni ma che adesso ha molti impegni con il suo progetto e quindi abbiamo cercato di avere una visione del concerto che fosse fattibile a due o a tre. Mi piace, suona come forse volevo, ma non è quello che pensavo che sarebbe stato all’inizio. I nostri dischi partono da un punto per arrivare ad un altro punto che è collegato con altre cose che abbiamo già fatto e ci sono degli indizi su quello che andremo a fare ed elementi che ci portiamo dietro dall’inizio: se uno ci conosce un pochino dall’inizio può anche intuire quello che potrebbe succedere dopo. SB: Avete iniziato a portare il disco in tour? DC: Sì, la prima data è stata a Bologna e la seconda a Genova. È stato molto bello suonare di nuovo qui: l’organizzazione è stata molto disponibile e i presenti erano molto partecipi. Adesso partiamo per un mini tour: suoniamo tra poco a Udine, faremo due date in Repubblica Ceca, una in Austria e successivamente suoneremo a Roma, in Toscana e in Umbria. Il 25 aprile suoneremo in un festival in Galles, dove ci saranno anche gli italiani Be Forest, e poi a maggio abbiamo qualche data in Sardegna con i Diverting Duo.

SB: Davide, tu fai parte dei Japanese Gum, gruppo di musica elettronica attivo ormai da quasi 10 anni. A dicembre 2013 è uscito il vostro secondo disco autoprodotto, “High Dreams”, ce ne vuoi parlare un po’? DC: E’ un disco strano: ha avuto una gestazione abbastanza lunga perché avendo avuto dei cambi di formazione abbiamo dovuto fare e rifare delle parti a livello di strumentazione. Abbiamo iniziato con una batteria completa, mentre poi i pezzi sono stati

l’astratto, tra l’impalpabile e la materia, tentando di portare l’esperienza percettiva del fruitore ad un’astrazione fisica e temporale. LC: Henke stesso dice: “Il fascino della possibilità di costruire da solo sofware e hardware è che io posso costruirli esattamente nel modo in cui li voglio. Una volta che hai scoperto il lusso per te stesso, non vorrai più perderlo.” Che cosa intende? So che ci sarà un workshop tenuto dallo stesso Henke nella Sala Dogana, ce ne puoi parlare? LCa: Poter costruire uno strumento che possa essere suonato nella maniera più congeniale e performante possibile è il sogno di molti musicisti: Henke ha incentrato la sua ricerca proprio su questo, progettando un software che gli permettesse, sul palco, di creare e modificare in tempo reale suoni organizzati in patterns operando tramite dispositivi ad hoc da lui realizzati. Ableton Live, standard de-facto per la creazione e la performance su palcoscenico di musica elettronica, di cui Henke è uno dei principali creatori, si basa esattamente su questo principio. Il workshop (gratuito) è un appuntamento ghiotto per ogni appassionato di musica elettronica, smanettone o no. Non è un appuntamento per soli addetti ai lavori. Robert Henke, oltre a i progetti musicali, è anche professore alla Universität der Künste Berlin e quindi, per deviazione professionale, un ottimo divulgatore. Lo stesso Henke sostiene: “I enjoy sharing ideas and knowledge”.

Il midi di Robert Henke

Intervista di Lorenzo Cibrario

LCa: La performance Lumière consiste in uno spettacolo audiovisivo dal vivo dove musica elettronica e immagini esaltano il contesto teatrale. Tre potenti laser bianchi disegnano successioni di oggetti effimeri che sembrano galleggiare. I dati utilizzati dall’artista disegnano forme proiettate che si mescolano con le frequenze sonore in una sorta di dialogo improvvisato tra l’artista e la macchina audiovisiva. Tralasciando la forza della proposta a livello concettuale, riteniamo che la spettacolarità del concerto possa renderlo fruibile e apprezzabile a chiunque. Lumière, dopo Berlino, Tokyo e Manchester, approda a Genova che entra così a far parte di un percorso di eccellenza internazionale, tanto a livello artistico quanto musicale. LC: Scendiamo nello specifico. Sapresti indicarci, se c’è, il file rouge che unisce Genova e la musica elettronica? Genova è stata negli anni ‘60 e ‘70 un importante polo commerciale ed edilizio, il quale ha generato un processo di culturalizzazione piuttosto acceso (movimento femminista, importanti manifestazioni culturali, musicisti di fama) seguito tristemente da un declino a cui ancora oggi assistiamo. Sapresti indicarci storicamente questa relazione? LCa: Roberto Doati è di sicuro una delle figure di spicco della musica elettronica genovese. Oggi insegnante di musica elettronica al Conservatorio Paganini, ha collaborato tra l’altro anche con Ida Gianelli, che dal 1972 diresse il programma della Samangallery, portando a Genova importanti mostre di arte contemporanea e organizzò, prima in Europa, la storica esibizione di Laurie Anderson. Io purtroppo non c’ero perciò sarebbe più interessante parlarne con loro piuttosto che con me. Oggi ti posso dire che a Genova ci sono molti ragazzi che producono e si “sbattono”. Spesso però la città non li aiuta e così si autopromuovono tramite internet, trovando modo di suonare e farsi apprezzare, magari anche all’estero, mentre qui non trovano spazio. Molti di loro non sono neanche interessati più a suonare qui se hanno la possibilità di farlo fuori e questo fa pensare. LC: La performance Fulgurite in Silica (a cura di A. Arcidiacono, E. Pozzolini e L.Serra) sarà l’opening act del festival. Ci potresti descrivere questa performance? LCa: Fulgurite in Silica è una performance multimodale, incentrata sulla trasformazione e sul modo in cui essa viene percepita. Così come l’energia sprigionata dal fulmine trasforma la sabbia in folgorite, attraverso il suono, la luce e le proiezioni visive viene analizzata la dialettica tra il concreto e

Toni Servillo, cliente abituale di Garage 1517

CMPSTR Composter Zine – aprile 2014

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Electropark

essere considerati I primi synth. Questa concezione di musica ecologica, sembra però ormai non andare più bene per l’attuale musica elettronica. Sembra che ormai la musica elettronica -nel suo significato più ampio- sia più legata al concetto di programmazione piuttosto che a quello di suono. Cosa ne pensi? LCa: Gli Intonarumori erano macchinari piuttosto ingegnosi e complessi per l’epoca, non vedo grandi differenze, quanto meno nell’approccio. Produrre musica elettronica era molto più complicato 40 anni fa ed erano necessarie grosse competenze in campo elettronico e molto più tempo. Le nuove tecnologie hanno aiutato a snellire i processi di setup e creazione, pensa solo al protocollo MIDI, nato negli anni ‘80, che permette l’interazione di dispositivi diversi interconnessi tra loro. Anche oggi se vuoi costruirti i tuoi strumenti da solo nello stesso modo puoi farlo, ma si riesce anche realizzare ottimi prodotti utilizzando software e hardware commerciale senza quasi nessuna competenza in ambito informatico. LC: A livello tecnico, immagino che organizzare un festival, non sia semplicissimo. Avete incontrato difficoltà nella pianificazione? Inoltre, so bene che riuscire ad avere uno spazio in città non è assolutamente semplice… LCa: Superate le atrocità burocratiche, organizzare un festival è sempre un progetto iterativo che cresce con le persone e l’esperienza. Molti si prestano volontariamente alla realizzazione di questa realtà e ci seguono con attenzione. Gli spazi sono pochi, sfruttiamo quelli che ci sono e reinventiamocene di nuovi. In fondo sono strade perseguite anche in città come Milano e Torino che molti genovesi reputano un’eccellenza sia per concerti che per serate. (Per approfondire: forevergreenpark.fm)

Extreme Jukebox Intervista di Mattia Meirana Alberto Bogo ci parla del suo primo lungometraggio, Extreme Jukebox, un film tra horror, rock e commedia,ambientato a Genova, che verrà distribuito a livello internazionale.

“Compost” è un progetto nato in una sala prove tanti anni fa, e che poi s’era arenato tra gli impicci. Ora torna in un formato diverso grazie ad alcuni volenterosi, anche perché a riguardare quello che scrivevamo allora poco o nulla è cambiato. Tipo che al posto di Myspace c’è Facebook, ma il web 2.0 fa sempre cagare, e anche con nuovi spazi per chi si mette in testa di fare qualcosa in questa città i problemi sono sempre gli stessi. Ma ormai siamo abbastanza vecchi e disillusi da sapere che questa è la città della Lanterna.

Mattia Meirana: Con parole tue, cos’è Extreme Jukebox? Alberto Bogo: Extreme Jukebox è la prima Rock-Horror-Comedy girata in Italia. L’ho scritto e prodotto insieme al mio socio Andrea Lionetti. È un film bizzarro, decisamente citazionista e che non si prende assolutamente sul serio. È stato realizzato con l’aiuto di una troupe che al tempo era formata quasi tutta da disoccupati. Grazie al suo stile originale, ad una grande colonna sonora e al lavoro di più di 250 persone coinvolte gratuitamente (fra attori, comparse, troupe) come prima cosa ha fatto il giro di diversi festival in Italia e nel mondo (giro che continuerà anche nel 2014) e poi è stato acquistato dalla mitica Troma Entertainment per una distribuzione dvd in U.S.A. e Canada, che dovrebbe avvenire entro la fine di questo 2014. MM: Ecco, la Troma. Com'è successo? Non mi sembra da tutti farsi comprare da una casa di produzione così famosa, soprattutto se parliamo di film italiani e, anzi, il tuo è il primo caso di cui ho sentito parlare. AB: Si, certamente siamo l'unico caso in Liguria. La Troma mi pare abbia distribuito prima del nostro solo quattro, forse cinque film Italiani in 40 anni. Fra gli ultimi c'era “La sindrome di Stendhal” di Dario

Thomas Grünfeld

Trovare l’orientamento

Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce 21 marzo 2014 / 18 maggio 2014 www.villacroce.it

Poesia di Filippo Balestra

Non so mai cosa scrivere

Guarda altro: intuisci l’orientamento per poterlo evitare. Una decisione non si prende, una decisione ti ha. Sviscerati. Fai il conto dei tuoi organi interni. La somma fa la vita. Usa i tuoi organi interni. Tienili sotto sforzo costante. Anche a riposo. Riposa sempre. Più che puoi. Sempre sotto sforzo.

Foto di Nuvola Ravera

La mostra al Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce raccoglie la produzione straordinariamente eterogenea di Thomas Grünfeld (Opladen, 1956), dando spazio a diversi cicli di lavori. Opere che, pur nella loro varietà formale e materiale, si collocano tutte sulla soglia del perturbante freudiano, “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”.

Argento. Con la Troma è andata che al mercato di Cannes abbiamo conosciuto il capo, Lloyd Kaufman, e credo ci sia stata da subito una simpatia reciproca. Poi hanno visto il film e gli è piaciuto molto. Dopo sette mesi circa di trattative siamo arrivati a firmare il contratto con loro. MM: Distribuirlo prima all’estero è stata una scelta o semplicemente un’opportunità? AB: In realtà abbiamo avuto anche altre offerte, anche dopo che abbiamo venduto il film alla Troma. Venderlo a loro è stata una scelta di cuore e di cervello perché, anche se distribuiranno il film solo in USA e Canada, in realtà avendo migliaia di fan in tutto il mondo si tratterà di una distribuzione mondiale, visto che i fan della Troma i film tendono a comprarseli direttamente dalla casa madre. MM: Com’è stato girare un film a Genova? Avete incontrato difficoltà inaspettate? AB: Girare il film a Genova è stato facile perché dato che è casa mia la conosco piuttosto bene. Soprattutto è ricca di location interessanti e poco scontate. La cosa più difficile, in realtà, è stata quella di trovare dei buoni “interni” a costo zero. È stato bravo il nostro scenografo Davide Battaglia, con lui abbiamo dedicato molto tempo a curare anche i piccoli dettagli delle scenografie. Grossi problemi non ne abbiamo avuti, a parte una scena girata a Righi in cui abbiamo dovuto fare arrivare l’allacciamento per la luce. Io avevo la febbre a 40 e uscivo da un turno di lavoro di 24 ore. Giravamo uno degli omicidi, quindi una scena molto impegnativa. In quel momento credevo di morire. MM: Alcune scene sono state girate da Taxi Driver, che conosciamo bene. Qual è il tuo rapporto con i negozi di dischi? AB: I ragazzi di Taxi Driver sono stati adorabili! Pensa che ci hanno addirittura lasciato le chiavi del negozio… Ovviamente io adoro i negozi piccoli ma fornitissimi come quello. Il mio rapporto coi negozi di dischi è di assoluta nostalgia. Qui nella nostra città, negli ultimi 15 anni, ne ho visti chiudere troppi. Ormai mi ricordano un tempo che non c'è più. Tra l'altro, per finanziare “Extreme Jukebox” ho pure venduto la mia grande collezione di dischi. Cosa non si fa in nome dell’arte. MM: Nelle tue parole riguardo la produzione noto tanta umiltà e onestà, e leggere dei tuoi dischi ci ha spezzato il cuore. Cosa ne pensi invece di quei registi indipendenti italiani che nonostante la scarsa qualità dei loro prodotti insistono col venderli come dei capolavori, millantando addirittura premi e quant’altro?

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Inutile trovare l’orientamento. Stai fermo. Non guardare. Cazzo guardi. Inutile trovare l’orientamento. Vai giù. Esci.

Diario di viaggio Quand’ero pivello mi capitava spesso di beccare tra gli annunci di “Rockerilla” e di “Mucchio Selvaggio” la pubblicità di una “Paul Roland appreciation society”, una fanza dedicata a questo cantautore inglese che ancora non conoscevo. Poi gli anni son passati, ho scoperto i suoi dischi e qualche settimana fa, a sorpresa, l’ho visto dal vivo a Genova. 50 anni passati, una voce profonda, un coetaneo alla chitarra elettrica e il figlio adolescente (con maglia dei Black Flag!) al basso, e ancora la fissa di scrivere canzoni ispirate a Poe, a Lovecraft e ai romanzi gotici. Concerto ispiratissimo, perfetto, per la gioia di una platea scarsa dall’età media assai alta: non è ancora oggetto di riscoperte Roland, probabilmente si aspetta che il Primavera o un A.T.P. gli regali un’ospitata... Peccato, musicisti così non ne fanno più, volutamente marginali in virtù della loro originalità. Lui non si sarebe mai fermato, pezzi nuovi si alternano ai vecchi classici senza cadute di stile, racconta aneddoti tra un pezzo e l’altro e in generale si diverte assai e il pubblico con lui. È dannatamente credibile, e mi domando quanti di coloro che ascolto adesso lo saranno altrettanto a quell’età... Giulio Olivieri

Alla Lanterna ci sono tornato qualche settimana fa, e c’ero stato prima solo perché nel periodo in cui usciva “Compost” c’erano stati dei festival e s’aveva da andare a fare banchetto. Ci sono tornato con genovesi che non c’erano mai stati, che è come se un romano non fosse mai andato al Colosseo. La Lanterna ce l’hai li, la vedi sempre, ma non ci va mai nessuno. Ci si accontenta di vederla sfrecciando (ma stando all’occhio al velox che sennò son cazzi) in sopraelevata, e massimo ci si lamenta del fatto che sta li, cagata in mezzo alla centrale a carbone, al parcheggio dei camion e alle rotaie per i container. Ma anche in questo è simbolo di questa città. Ho abbastanza fiducia nei lettori di “Compost” da credere di non dover spiegare questo metaforone. Hipurforderai

Prendi le tue idee. Facci un tapis roulant. Corrici sopra. Più che puoi. Poi. Fermati a pensare cos’era, prima, l’orientamento.

Agenda concerti aprile, a cura di Genovaconcerti.com 03 04 04 05 05 08 09 10 10 11

Julie’s Haircut @ Altrove Inoki Ness + Overkill Army @ Officine Solimano (Savona) Gentless3 + Rice On The Record @ Giardini Luzzati Eremite + Kröwnn @ Checkmate Robert Henke @ Teatro della Tosse Dente @ Teatro della Tosse Kristal & Jonny Boy @ Garage 1517 Dan Vapid & The Cheats @ Altrove Aparecidos @ La Lepre Les Colettes + Betta Granara e la sua band @ Officine Solimano (Savona)

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La Furia! + Rumo + Ruv @ Buridda Tre Allegri Ragazzi Morti + Numero6 @ Zapata La Luz + The Bomm @ Officine Solimano (Savona) The Magnetix + Le Carogne @ Officine Solimano (Savona) Aisha Burns @ Altrove L’Amo + Ecole du Ciel + Shit Kids Galore @ Buridda Derrida @ T.D.N. Kaleidoscopic @ Checkmate Giuda @ Crazy Bull Modus @ Garage 1517 Boogarins @ Altrove Zen Circus @ Serra Riccò Flor @ La Claque Soft Metals @ Garage 1517 Ex Otago @ Teatro dell’Archivolto

E questo è solo un aperitivo di quel che musicalmente succede ogni settimana a Genova e dintorni. Su genovaconcerti.com trovate comodi comodi i concerti della settimana con tanto di preview musicale per i più pigri. Muovete le chiappe e uscite di casa, dai.

◊◊◊ CMPSTR è un periodico gratuito nato a Genova da un’idea DisorderDrama. cmpstr.tumblr.com disorderdrama.org Redazione Giacomo Bagni Stefania Bianucci Matteo Casari Martina Francesconi Federica Romani Hanno collaborato Filippo Balestra Lorenzo Cibrario Daniele Guasco Mattia Meirana Giulio Olivieri Nuvola Ravera

Progetto grafico Martina Francesconi martinafrancesconi.it Federica Romani federicaromani.com Poster Anais Tonelli anaistonelli.blogspot.it Se siete interessati a collaborare a CMPSTR con parole o immagini contattateci sulla pagina Facebook DisorderDrama o via mail all’indirizzo composterzine@gmail. com Un ringraziamento al Teatro Altrove.


Anais Tonelli per CMPSTR Composter Zine – numero 0 – Genova, aprile 2014


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