I limiti al potere di controllo sui lavoratori nell’uso di internet e dei servizi di comunicazione elettronica
Come noto, l’art. 4, l. n. 300/1970 (rubricato “impianti audiovisivi”), al primo comma, vietava il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori24, che fosse posto in essere dal datore mediante l’installazione di apposite apparecchiature (tendenzialmente, audiovisive). Al secondo comma, la disposizione prendeva in considerazione l’uso di impianti e apparecchiature potenzialmente capaci di realizzare un controllo indiretto sui lavoratori e ne ammetteva l’impiego, sottoponendolo, però, al raggiungimento di un accordo sindacale o – in mancanza – ad un’autorizzazione amministrativa25, se ed in quanto si trattasse di strumenti necessari per esigenze altre dal controllo e specificamente qualificate dalla legge (organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro). La violazione della disposizione era poi considerata tanto grave dal legislatore da rilevare sul piano penale (art. 38, l. n. 300/1970)26. Naturalmente, nel 1970 l’art. 4 non era stato scritto immaginando la futura evoluzione tecnologica che avrebbe messo in crisi l’interpretazione della norma. A seconda dei punti di vista (prima dell’intervento del Jobs Act del 2015), gli strumenti informatici avrebbero potuto essere ricondotti al primo27 o al secondo comma della norma28 o addirittura a nessuno dei due, trattandosi di macchine adoperate per lo svolgimento della prestazione, mentre la norma originariamente si riferiva semplicemente a macchine di produzione29. Dottrina e giurisprudenza hanno perlopiù abbracciato l’interpretazione per cui gli strumenti di lavoro informatici sarebbero da ricomprendere nell’art. 4, comma 2, con le dovute conseguenze rispetto alla procedura codeterminativa30. Tuttavia, secondo alcune opinioni, sarebbe stato eccessivamente oneroso, sul piano pratico, sottoporre all’accordo sindacale (o all’eventuale autorizzazione amministrativa)
privatizzato), Giuffrè, 2012, 57 ss. Sull’introduzione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, è d’obbligo riferirsi a Veneziani, Sub art. 4, in Lo Statuto dei lavoratori, Commentario diretto da Giugni, Giuffrè, 1979, 32; Romagnoli, sub art. 4, in Ghezzi, Mancini, Montuschi, Romagnoli, Statuto dei diritti dei lavoratori, Zanichelli, 1979, 28. 24 Secondo l’interpretazione ormai consolidata, il concetto di attività deve essere interpretato ricomprendendovi sia lo svolgimento della prestazione che qualunque altra attività posta in essere dal lavoratore; quello di distanza ha una valenza descrittiva sia della distanza spaziale che di quella temporale. L’interpretazione lata investe altresì il concetto di apparecchiature, che comprende ogni strumento in grado di porre in essere una modalità di controllo sui lavoratori (sia hardware che software). V. Bellavista, Il controllo sui lavoratori, cit., 65 ss.; Galardi, Il controllo sugli accessi ad internet al vaglio della cassazione, in RIDL, 2010, II, 566; Del Punta, op. cit., 100. 25 Si tratta di una procedura codeterminativa, in cui non è possibile che il datore di lavoro adotti alcuna decisione unilaterale. Sui cambiamenti intervenuti in tale procedura non è possibile soffermarsi in modo approfondito in questa sede, v. Villa, Accordo sindacale e procedura amministrativa nei controlli a distanza dei lavoratori, in VTDL, 2016, 707 ss. 26 La sanzione penale (una “mina vagante”, per la difficoltà di identificarne il campo di applicazione nel rispetto del divieto di analogia in materia penale, v. Del Punta, op. cit., 100), peraltro, è uno dei motivi che hanno indotto parte della dottrina a interpretare restrittivamente la norma. 27 Perché la potenzialità di controllo sarebbe stata prevalente nella loro qualificazione come strumenti di controllo, a prescindere dall’intenzione espressa dal datore. 28 Perché strumenti finalizzati ad altre esigenze, e solo indirettamente utilizzabili per controllare il lavoratore. 29 Alvino, op. cit., 1009. 30 V. Chieco, Privacy e lavoro, Cacucci, 2000, 332. La posizione maggioritaria è stata sostenuta da Bellavista, Il controllo sui lavoratori, cit.; Ghezzi, Liso, Computer e controllo dei lavoratori, in DLRI, 1986, 363; quella minoritaria (che escludeva l’applicabilità dell’art. 4) da Ichino, Il contratto di lavoro, Giuffrè, 2003, vol. III, 234 ss.; Pisani, Il computer e l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, in Aa.Vv., Nuove tecnologie e tutela della riservatezza dei lavoratori, Franco Angeli, 1988, 43 ss. Per la giurisprudenza, v. Cass., 17 luglio 2017, n. 15982, in RIDL, 2008, II, 714 ss., con nota di Vallauri. Nella pronuncia si riteneva precisamente che i requisiti del secondo comma dovessero essere rispettati specialmente per gli strumenti tecnologici di controllo a distanza, poiché in tal caso sarebbe stata evidente la difficoltà del dipendente di essere a conoscenza del controllo. Sul tema, v. appunto Vallauri, È davvero incontenibile la forza espansiva dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori?, in RIDL, 2008, II, 724 ss.
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