Lettera di Natale 2015

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Editing Antonietta Abete Progetto grafico Salvatore Alfano


Le parole del Natale

Mons. Giuseppe Giudice


E tu, Betlemme‌

(Mt 2,6)


Le parole del Natale

Mons. Giuseppe Giudice Vescovo di Nocera Inferiore - Sarno



Quando mancano le parole Se mancano le parole per spiegare ai bambini il mistero del Natale, è possibile prendere in prestito quelle usate da mons. Giuseppe Giudice per raccontare la grande storia della salvezza. «Dove trovare le parole giuste se non nel vocabolario di Dio?», confida il vescovo. Intrecciando parole di cielo, quelle che Dio ha condiviso con Giuseppe e Maria, con gli angeli e i pastori, e parole di terra, preziosi frutti generati dalle esperienze umane, dalla vita di ciascuno, il racconto del Natale prende forma. Le parole semplici che profumano di quotidiano e quelle di acqua, gentili e cortesi, tratteggiano i contorni. A chiudere il quadro, le parole di fuoco, capaci di illuminare e riscaldare. «Sono parole che portano pace ma non lasciano in pace», perchè il Vangelo del Natale non è una tisana. È sale che mentre dà sapore, brucia. Immersi nel testo “Le parole del Natale” i bambini insieme ai genitori, agli educatori e agli insegnanti potranno gustare il racconto del Dio che si fa carne divertendosi a ricercare, disseminati tra le pagine, gli stickers dei personaggi della grande storia della salvezza, da staccare ed incollare per ricomporre, terminata la lettura, il proprio Presepe.


“Ella apre la porta e accoglie il corteo dei Magi; apre la porta lei, la porta impenetrabile che solo Cristo ha varcato; apre la porta lei, che fu aperta senza esser derubata del tesoro della sua purezza. AprĂŹ la porta lei da cui fu generata la Porta, Bambino nuovo, il Dio prima dei tempi.â€? (Romano il Melode, in Nativitatem I)

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Carissimi fanciulli, amici di Gesù, frugoli del Regno, voglio incamminarmi con voi verso Betlemme, la porta del Natale e del presepe, e raccogliere lungo la strada le parole di Dio, disseminate nella Bibbia, nella creazione e negli uomini, per dialogare innanzitutto con voi, sorriso natalizio, e aprire un varco nel cuore degli adulti che, per tanti motivi, forse hanno sbarrato la porta alla speranza. Ci facciamo aiutare da un bel testo di Guido Gozzano (Torino, 1883 – 1916), La notte santa, che ci fa camminare, quasi pellegrini dell’Anno Santo, dietro a Giuseppe e Maria, cadenzando i nostri passi sui loro e mentre, ieri come oggi, tante porte si chiudono in faccia – perché non c’è posto per loro nell’albergo – Dio in Gesù, nella piccola Betlemme, spalanca la grande porta della misericordia, la porta santa, per permettere ad ogni uomo e ad ogni donna di entrare gratuitamente nel suo cuore misericordioso.

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Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanca sei. Il campanile scocca lentamente le sei.

Ogni famiglia è un piccolo presepe e la porta di casa può essere la porta santa, la porta della misericordia che dobbiamo sempre attraversare, anche quando ci costa, per entrare nel luogo dell’amore, lo spazio dove l’amore viene ed è venuto alla luce. Sì, ogni famiglia può diventare Betlemme, Casa del Pane, Mangiatoia della speranza, se avremo il coraggio di accogliere Gesù e metterlo al centro del nostro presepe. Ogni mamma, come Maria, adorerà conservando tutto nel cuore; ogni papà, come Giuseppe, in silenzio accoglierà il mistero; verranno gli angeli a cantare; arriveranno i pastori e sarà di nuovo Natale proprio nella tua casa, nella tua famiglia, anche se angusta, povera e ferita, come la grotta in cui nacque Gesù.

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In questo Anno Santo straordinario della Misericordia, raccogliendo parole di luce, riprenderemo la strada di Betlemme e così ognuno sarà per l’altro una porta, un passaggio, un varco per camminare nell’amore e raggiungere il Paese del Natale. Camminando insieme sui sentieri della Parola, impariamo nuovamente ad ascoltare e raccogliere le parole di Dio che, messe insieme, possono allestire il nostro vero presepe, dove ognuno è una parola nuova pronunciata da Lui.

Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio? Un po’ di posto per me e per Giuseppe? Signori, ce ne duole: è notte di prodigio; son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe. Il campanile scocca lentamente le sette.

Mentre Maria e Giuseppe camminano e il campanile segna le ore, ci facciamo pellegrini dietro ai loro passi, accompagnati dalla Parola del Maestro: Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno.

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E siete voi, carissimi piccoli, che facendoci diventare bambini, potete accompagnarci fino a Betlemme, al mistero e alla bellezza del Natale. Si pensa che l’uomo, invecchiando, non giochi più. Invece è stato scritto che poiché non gioca più, la persona invecchia. Voi, allora, potete insegnarci di nuovo il gioco della vita che a volte abbiamo smarrito. Ricordateci che proprio perché Gesù ha giocato sulla piazza di Nazaret, Egli ha saputo anche abbracciare la croce per farci entrare nel gioco della Santissima Trinità che, amando, soffre, offre e salva donandoci la gioia.

Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto! Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi: Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto. Il campanile scocca lentamente le otto.

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Per parlare e camminare con voi, in questo Natale straordinario, ho bisogno di parole semplici: parole vere, significative, non scontate e inquinate, non false, omologate e altisonanti. E dove trovarle se non nel vocabolario di Dio, che parla in modo semplice?

Parole di cielo sono quelle dette a Maria, a Giuseppe e ai pastori:

Non temete, vi annuncio una grande gioia‌ è nato il Salvatore!

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Vorrei, come Pastore della Diocesi, sostituendo tutti i moderni mezzi di comunicazione che, riempiendoci di parole, ci lasciano senza parole, raccontare la grande storia della salvezza. Come facevano i nonni accanto al caminetto, come facevano una volta i genitori. Sì, sono stato mandato in mezzo a voi per raccontarvi la storia di Dio. È il mio primo compito, è l’urgenza dell’evangelizzazione che cerco di compiere con gioia, in comunione con i miei presbiteri e la mia Chiesa. Stasera “racconto” e vorrei leggere lo stupore nei tuoi occhi, già riflesso nella tua vita. Narro il grande racconto di Dio, scritto con parole di cielo, portato in terra dagli angeli, messaggeri alle porte della nostra vita. Ti voglio raccontare il Vangelo, che non è una favola, un mito, una leggenda o una storiella tra le tante per addormentare la nostra coscienza. È la storia sacra, la nostra storia, nella quale siamo tutti coinvolti come personaggi viventi. È la grande storia di Dio, del nostro Dio che entra nella storia degli uomini. Storia fatta di amore e di pace; storia umana e divina, piena di lacrime e sangue, di sorrisi e gioie; storia che è il vero, originale ed autentico presepe, dove Dio entra senza disturbare e si adagia su un po’ di paglia.

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Storia semplice che comincia attraverso l’apertura di una piccola porta nel cuore di Maria che, dicendo sì, permette a Dio di entrare nel cuore del mondo. Da quella magnifica notte, notte di Natale trapunta di stelle, tu non sei più solo, estraneo, straniero, sei amico di Gesù, fratello suo. E quella storia continua tutte le volte che apri la porta del cuore a Gesù, e così la tua vita acquista il sapore di Dio, pane disceso dal cielo a Betlemme, che significa casa del pane. Parole di cielo piovono ogni giorno nella tua vita perché, a Natale, Dio ha aperto una porta nel cielo e il cielo, nella carne di Gesù, è sceso in terra e vi ha messo radici.

O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove! S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove. Il campanile scocca lentamente le nove.

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3 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

(Lc 1,31)

Nel presepe, però, stai attento a leggere non solo le parole di cielo, ma anche e soprattutto le parole di terra. Sono le nostre storie: storia dell’amore di mamma e papà, storia di ogni bambino che si affaccia alla vita, storie di vocazioni, amate e sofferte. Sono parole semplici, usate anche da Gesù: acqua, pane, latte, vino, casa, vestito, lavoro, famiglia, gioco, frutta. Sono le parole quotidiane, umane, per vivere il cielo sulla terra. Noi siamo misera creta superba impastata d’errore; siamo fatti di terra, terreni umani, ma siamo abitati dal soffio d’amore di Dio. È la dignità di

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ognuno di noi; figli di Dio è l’etichetta sulla nostra porta che a nessuno è lecito strappare. Non lo dimenticare mai! Se ti chiedono «chi sei?», rispondi prontamente e con sano orgoglio: «Sono figlio di Dio e Gesù, che è nato a Natale, è mio fratello!». Non scordare le parole di terra, parole terra-terra, per non perdere mai la via del cielo. Se profumerai di terra umile, humus-terra, odorerai di paradiso, abitando sin d’ora le stanze del cielo. E non dimenticare mai la tua terra, il luogo del tuo natale, dove sei venuto alla luce, chiamato per nome e cresciuto. Porta sempre con te un po’ della tua terra, solo così potrai abitare ogni terra da vero cittadino e pellegrino verso il cielo.

Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci! Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella. Son negromanti, magi persiani, egizi, greci… Il campanile scocca lentamente le dieci.

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Continuando a camminare insieme verso Betlemme, dietro a Giuseppe, Maria e l’asino, incontriamo anche le parole di acqua. Sorella acqua, umile e casta, l’oro bianco: torrenti, ruscelli, fiumi, mare, oceano. Acqua che dona la vita e, tante volte, causa morte. Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. Ma l’uomo, con il cuore inquinato, ha sporcato anche le acque e spesso tenta di imbottigliarle, togliendo il timbro a Dio per venderle e lasciarci assetati. Nel presepe, carissimi, dovete riscoprire come tesoro prezioso le parole di acqua: sono parole gentili, cortesi, per dire grazie, scusa, permesso, per evitare le parolacce, le bestemmie, le menzogne, le bugie. Sono carezze, coccole, abbracci, gesti semplici come un fiocco di neve, come gocce di rugiada, che dissetano la terra. Sono preghiere, silenzi, pillole di saggezza per curare le anime ammalate, avvelenate dal consumismo e dalle tante chiacchiere inutili. Hanno l’effetto di una pioggia rigenerante, di una doccia rinfrescante dopo una bella partita di calcio o una corsa sui prati con gli amici. Parole di acqua sono quelle non dette e che dicono tutto. Chi ha sete venga a me! È la carità del Vangelo che si fa, attraverso le opere di misericordia, Vangelo della carità.

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Carissimi fanciulli, voi che siete la misura per entrare nel Regno, aiutateci a ritrovare, tra le tante porte chiuse, quella luminosa del primo Natale!

Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame non amo la miscela dell’alta e bassa gente. Il campanile scocca le undici lentamente.

Ecco lungo le vie, i fuochi dei pastori che vegliano nella notte. Sono essi, gente rude e forte, che ci invitano a raccogliere le parole di fuoco di Gesù. Parole sue: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra! Sì, Gesù, con le nostre porte blindate, a doppia mandata, stiamo morendo di freddo e siamo continuamente derubati. Le nostre pellicce, strap-

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pateci dalla crisi e dagli animalisti, non bastano più. Abbiamo freddo. Senza di te, è sempre inverno, il cuore è congelato e abbiamo smarrito la via del Natale. Ci servono le tue parole di fuoco per illuminarci e riscaldarci, per riaccendere i falò del nostro Natale. Le tue sono parole di fuoco che scaldano ma non bruciano quando dici: Amate i vostri nemici! Benedite e non maledite! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro! Parole di fuoco: Padre perdonali, non sanno! Non giudicate! Guai a voi! Andate a dire a quella volpe: non ti è lecito!

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Parole di fuoco, contro i potenti e i prepotenti di ieri e di sempre: Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci. Parole di fuoco a vostro favore, carissimi piccoli: Se scandalizzate uno solo di questi bambini… Chi non raccoglie con me, disperde. Sono parole di fuoco in questa notte del mondo. Parole che portano pace, misericordia, ma non lasciano in pace. Il Vangelo di Natale non è una tisana, una camomilla. È sale che mentre dà sapore, brucia sulle ferite. È luce che illumina, riscalda e, mentre fa vedere il bene, scopre anche le magagne degli uomini.

La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due? Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta! Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue... Maria già trascolora, divinamente affranta... Il campanile scocca La Mezzanotte Santa.

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Caro Gesù, che magnifica notte di stelle ti irradia il cammino, quale pace divina e solenne hai prescelto, Bambino! Siamo in famiglia, finalmente in pace, seduti alla mensa della festa. Manchi solo tu! Vieni, Signore Gesù.

È nato! Alleluja! Alleluja! È nato il Sovrano Bambino. La notte, che già fu sì buia, risplende d’un astro divino. Orsù, cornamuse, più gaje suonate; squillate, campane! Venite, pastori e massaie, o genti vicine e lontane! Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro mill’anni i Profeti,

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un poco di paglia ha per letto. Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. È nato! È nato il Signore! È nato nel nostro paese! Risplende d’un astro divino La notte che già fu sì buia. È nato il Sovrano Bambino. È nato! Alleluja! Alleluja!

Eccoci, ancora una volta, attraversando la porta di Betlemme, siamo nella Casa del Pane, che sei tu. Siamo intorno all’altare della parrocchia, casa tra le case, nostra famiglia spirituale. Qui c’è Maria, Giuseppe e al centro del nostro presepe ci sei tu che rinasci per noi, l’Amico che ci chiama amici e sussurra ancora parole di amore. Se questa notte riusciamo a raccoglierle, a metterle insieme, a custodirle, esse diventeranno le parole della festa, parole di festa, parole del

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Natale, capaci di far rifiorire i nostri giorni per allestire il più bel presepe vivente. Il Natale è una parola che Dio pronuncia nella notte del mondo; è una porta aperta nel buio della storia. Dio si serve di un angelo per pronunciare alla porta del cuore di Maria la parola eterna che entra nel tempo: Gesù! Dice l’angelo a Maria: lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Natale è un dare alla luce e un chiamare per nome. E Dio si serve di Maria, la Madre della Misericordia che diventa la prima Porta della Misericordia. Insieme a Giuseppe, mette a disposizione il cuore e le viscere, tutta la persona in un sì senza ritorno, per sempre, che diventa la casa del Natale. Aprendo la porta, Maria diventa madre, Madre di Dio, Madre di Gesù, Madre del Natale e, quindi, Madre nostra, Mater Misericordiae che cantando il magnificat, ritmandolo sullo spartito del silenzio, ci inserisce nelle parole della festa e della vita, nello stupendo canto natalizio. Natale è una pioggia di parole, raccolte nell’unica parola che è Gesù, che in una notte di stelle, ripete ad ognuno: non sei più solo, non sei orfano, non sei abbandonato perché Dio ha posto la sua tenda, la sua casa, tra le case degli uomini.

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È Natale: c’è una parola di luce nella notte! Se apri la porta a Gesù, tu darai alla luce e chiamerai per nome. Nella famiglia, nell’amicizia, nell’amore, in parrocchia è Natale se, chiamando per nome, tu fai uscire l’altro dal buio, dall’isolamento e lo fai venire alla luce, luce vera che illumina ogni uomo, sbocciata nel buio di Betlemme, porta del Natale. Ora, insieme, accanto al presepe, riascoltiamo le parole di amore pronunciate nella notte santa: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi. Amatevi – non armatevi – come io vi ho amati. Camminate finché avete la luce. Non sia turbato il vostro cuore. Vi lascio la pace, la mia. Ecco, carissimi, la grande storia scritta da Dio con parole d’amore, scarabocchiata dagli uomini con parole di guerra, ma che a Natale, corrette dalla sua misericordia, ridiventano parole di luce, capaci di illuminare questa notte e tutte le notti che ci vengono incontro. Notti di paura, di solitudine, di angoscia, di febbre che aprendo la porta al Natale si trasformano in notti di speranza.

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Ecco, regaliamo a piene mani le parole di Natale, parole di cielo, parole di gioia, cantate dagli angeli su tutte le grotte, le case, le abitazioni della terra, parole consegnate a voi piccoli affinché come angeli possiate portare l’annuncio del Natale alla porta di ogni casa, di ogni chiesa, di ogni cuore. Grazie, bambini, fanciulli, ragazzi, piccoli fratelli e sorelle, operai silenziosi della culla e della croce, perché aiutate noi grandi ad usare le parole adatte in famiglia, a scuola, per strada, in ospedale, nei campi, in parrocchia. Grazie, perché ci incoraggiate ad usare parole di tenerezza e speranza, per crescere insieme nella sinfonia dello spartito natalizio. Grazie, perché ci provocate ad usare parole di riconciliazione ed accoglienza: Chi accoglie questo bambino nel mio nome, accoglie me. Questo bambino nel presepe, che è Gesù, e questo bambino, che sei tu. Parola di Gesù! A tutti buon Natale. † Giuseppe, Vescovo

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Ci sono in cielo tutte le stelle, ci sono i lumi nelle capanne.

(Giovanni Pascoli)

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L’autore ha tolto le citazioni alle parole della Bibbia. Potresti, insieme ai tuoi genitori e agli amici, cercarle nel grande Libro, quasi come un gioco, per vedere se sai orientarti sui sentieri di Dio e raggiungere la porta del Natale.


EDIZIONI INSIEME via Vescovado, 4 84014 Nocera Inferiore (Sa) Telefono 081 517 04 66 insieme@diocesinocerasarno.it vescovo@diocesinocerasarno.it www.diocesinocerasarno.it Supplemento al n째 11 del mensile Insieme - Dicembre 2015


Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 presso Grafica Metelliana spa - Mercato San Severino (SA)




Mons. Giuseppe Giudice è nato a Sala Consilina il 10 settembre 1956 ed è stato ordinato Presbitero il 27 settembre 1986. Il 24 marzo del 2011 è stato chiamato dallo Spirito ad una nuova avventura: il 13 maggio ha ricevuto la consacrazione episcopale dal cardinale Agostino Vallini. Dal 4 giugno 2011 è il Pastore della Diocesi di Nocera Inferiore - Sarno.

Nel 2011 scrive la sua prima Lettera di Natale, un appuntamento che si è ripetuto negli anni fino a divenire una tradizione per trasmettere il mistero di un Dio che si fa carne.

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