La Settimana - n. 20 del 29 maggio 2011

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TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

29 maggio 2011

Capire meglio i martiri musulmani

speciale SIMPOSIO INTERRELIGIOSO

Il paradiso nell’Islam ue i temi trattati durante il pomeriggio della prima D giornata del simposio CeDoMEI: il Paradiso islamico ed il martirio come via maestra per accedere al Paradiso islamico, relatori il prof. Cuciniello che ha descritto il primo argomento attraverso le pagine del Corano e il prof. Monge che ha cercato di spiegare la relazione che c’è nel mondo islamico fra martirio e redenzione. Il prof. Cuciniello, scorrendo le pagine del Corano ha illustrato i punti focali in cui il libro della fede islamica parla di fede, di morte, di Paradiso. «Nella concezione islamica non esiste il concetto di Purgatorio, come per i cristiani, ma esistono soltanto Paradiso ed Inferno. Nell’Islam è fondamentale credere nell’aldilà. Se il credente islamico non accettasse l’esistenza di un’altra vita, non sarebbe più riconosciuta la sua fede. Gli islamici credono molto nel giudizio finale. Nel mondo islamico si parla molto della morte, concetto che, spesso, il mondo occidentale e i cristiani tendono a rifuggire. Nei paesi islamici parlare di morte è all’ordine del giorno, è normale, non incute paura come nel mondo occidentale. La morte coglie tutti ed è la separazione fra corpo e anima, ma non si muore, si passa da una vita all’altra. Questo concetto è molto simile a quello cristiano. Il Corano descrive i vari eventi che avranno luogo dopo la morte: la prova della tomba; il castigo della tomba e la sua delizia; il soffio del corno; la resurrezione; il raduno; il resoconto e la ricompensa. A proposito del concetto di Paradiso nel Corano, è la stessa dottrina islamica che ammette che ci sono dei versetti chiari ed altri allegorici che si prestano ad interpretazioni personali, anche se poi è riconosciuto da tutti il fatto che la vera interpretazione dei versetti è nota soltanto a Dio. Il Paradiso è eterno: questo è un altro concetto che ricorre costantemente nella tradizione islamica. Ma chi sono quegli esseri umani che andranno in Paradiso? – si chiede il prof. Cuciniello –. Sono tre le categorie di uomini che potranno accedere al Paradiso: 1) chi fa il bene, perché a chi avrà fatto il bene sarà dato il bene; 2) chi crede, anche per questi uomini vi sarà il Paradiso; 3) coloro che fanno il bene e credono: sono coloro che sono più vicini al Paradiso perché racchiudono le due qualità. Questo perché, anche nell’Islam la fede senza opere è vana. Altre categorie di uomini che, secondo il Corano andranno in Paradiso sono i timorati, coloro che si pentono, i perseguitati. Quest’ultima parola, che spesso è stata interpreatata in modo sbagliato, va contestualizzata. Bisogna ricordare che il Corano è stato scritto in un dato momento storico e in un preciso luogo geografico, solo così possiamo interpretarla correttamente. Il Paradiso comunque è concesso – ed anche questo concetto è ribadito più volte – a coloro che credono e lottano. In Paradiso vanno anche le donne, anche se alcuni dicono che il Paradiso è concesso solo agli uomini. Il Paradiso è per i pii, per i precursori, cioè i credenti della prima ora. Il Corano illustra spesso tutte le meraviglie a cui accederanno i fedeli islamici nel momento in cui andranno in Paradiso: oro, monili, alcool. In pratica nel Paradiso islamico, così agognato dai credenti, viene concesso tutto ciò che è negato in vita. Certamente queste visioni, queste descrizioni del Paradiso inducono gli islamici a vivere per conquistarlo.”. «Il martirio come scandalosa via maestra del Paradiso islamico: lo scopo di questo mio intervento – ha affermato il prof. Claudio Monge – non è giudicare, né giustificare, ma tentare di mettere in chiaro qualche aspetto che ci sfugge su questo argomento». La via della violenza è spesso un percorso pseudomistico. Il concetto di «guerra santa» è presente in tutte le religioni, non solo nell’islamismo, ma anche nel cristianesimo con le crociate. Ciò che mi preme approfondire è il rapporto del martire con la vita ulteriore. Il martire – lo abbiamo sentito anche nella precedente relazione – è uno di quei fedeli che si merita il Paradiso. Intanto è necessario sapere che non è solo il martire ad essere considerato una persona speciale, ma tutta la sua famiglia perché ha dato i natali al martire, quindi colui che diventa martire mette in luce non solo se stesso, ma tutta la famiglia. La convinzione di conquistare il Paradiso mediante il martirio è presente nell’islamismo, ma non è condivisa da tutti. Il martire, nel Corano, viene considerato un testimone. Ma la parola martire non è così diffusa nel Corano come si potrebbe pensare, e allora come si spiega che il martirio sia così diffuso? – si chiede il professore -. Alcuni dicono che il Corano, pur non citando esplicitamente la parola, induce, in molti versetti, implicitamente al martirio. Nel libro, il martirio è legato alla pazienza che è una virtù tipica del martire. Inoltre, il martire ha una strada «agevolata» verso il Paradiso: ad esempio il martire è esentato dall’interrogatorio postmortem; è sepolto senza abluzioni, rito che è invece eseguito per tutti i fedeli islamici; è sepolto senza la copertura del lenzuolo e non gli vengono cambiati i vestiti perché sono testimonianza del martirio avvenuto. Il martirio è considerato già una purificazione. Venendo ai giorni nostri posso garantire che il dibattito su questi temi, all’interno del mondo arabo, è aspro. Il martirio è ancora un problema, anche da un punto di vista giuridico. È difficile pensare che se fossero annullati tutti i conflitti fra Paesi verrebbero meno anche i suicidi dei martiri, è anche vero che prima della guerra in Iraq gli attentati kamikaze erano praticamente zero. Per gli islamici resta la responsabilità di tutti gli occidentali per tutto quello che fanno i loro governi perché, secondo loro, essendo Paesi democratici, tutti i cittadini potrebbero incidere sulle decisioni dei politici”. Il prof. Monge ha concluso facendo una riflessione sui martiri cristiani. «Ci sono molti martiri cristiani. I cristiani sono martiri perché testimoni del Vangelo, sono martiri per amore e non martiri per odio. Si è perso il vero significato della parola. Si può essere uccisi perché testimoni, ma ricordiamo che Cristo è Dio perché utilizza il perdono». Elena Cerini

Paradiso: giardino di speranza ue giorni di studio e approfondimento interreligioso, nel salone del vescovado e nelle parrocchie della SS. Trinità e della SS. Annunziata dei Greci; numerosi i partecipanti, circa 250 persone, tra cui anche molti giovani studenti livornesi, e non solo, perché a loro si sono aggiunti studenti provenienti da Roma e da Parigi e venuti appositamente per l’occasione. Presenti inoltre i delegati per l’ecumenismo e il dialogo della Toscana e i vari rappresentanti delle religioni (cristiani, musulmani, ebrei). La città delle nazioni ha potuto, grazie all’impegno del Ce.Do.M.E.I. e dei suoi collaboratori, offrire ancora una volta un momento importante di profonda riflessione ecumenica e poter così sensibilizzare le numerose religioni presenti nella nostra città verso la comune ricerca di ciò che ci unisce, dei punti comuni e fondamentali per tutte le religioni. Il Ce.Do.M.E.I., dopo molti mesi di lavoro e di curata preparazione in collaborazione con Anastasis (Associazione per l’arte cristiana e il dialogo interculturale), la Gregoriana, il Pontificio Istituto Orientale, l’Università Cattolica di Milano, la Facoltà Teologica del Centro d’Italia, il Centro Studi Domenicani di Istanbul, la Facoltà

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Valdese di Roma, ha potuto offrire veramente un piatto gustoso ed abbondante dal punto di vista teologico, filosofico. Il simposio, cercando di riassumere, ha approfondito e analizzato un tema molto importante per le religioni, quello della vita futura: il paradiso. Dopo i saluti iniziali di S. E. Mons. Mansueto Bianchi (Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo), del Vescovo di Livorno S. E. Mons. Simone Giusti, e del direttore del Ce.Do.M.E.I. dott. don Piotr Kownacki, sono iniziate le relazioni. La prima relazione è stata tenuta dall’ambasciatore israeliano S. E. Mordechay, il quale si è soffermato in particolar modo ad analizzare con cura la cartografia medievale riguardo al paradiso e ha inoltre illustrato, in modo

davvero interessante quanto sin dai tempi antichi l’uomo sempre si è posto alla ricerca dell’aldilà. A seguire una profondissima ricerca biblica sull’Apocalisse presentata dal prof. Ugo Vanni. Nel pomeriggio, presso la parrocchia dei padri Cappuccini, hanno avuto luogo due relazioni; si sono succeduti due relatori, il prof. Cuciniello e padre Monge, i quali hanno presentato la visione islamica del paradiso (presente nei testi coranici), e alcune problematiche riguardo agli estremismi islamici inquadrati nella visione del martirio. L’intevento con cui si è aperta la seconda giornata è stato quello del prof. Ricca: la visione del paradiso perduto e ritrovato nel pensiero della letteratura, con riferimenti biblici e artistici, con gli aspetti

peculiari della visione protestante. Il prof. Calzolari ha poi presentato un ricco pensiero della vita futura e della visione del paradiso orientale nel buddismo (meglio dire buddismi per coglierlo in tutte le sue sfumature); ed ha altresì presentato e proseguito il tema sul messianismo, già affrontato lo scorso anno. Nella serata, oltre la relazione del presidente dell’Unione dei Armeni d’Italia, il prof. Sivazliyan Baykar, abbiamo avuto il piacere di immergerci nell’immenso pensiero delle chiese dell’Oriente Cristiano, le quali hanno sviluppato fortemente la teologia escatologica. Siamo stati accompagnati in questo viaggio scientifico di alto livello dal prof. Germano Marani, che ci ha condotto attraverso diversi pensieri delle chiese d’oriente. Gli orientali non si soffermano troppo sull’evento della morte, di cui forse stiamo parlando e ragionando anche troppo e purtroppo invece trascurando il pensiero della vita futura che solo può rendere in pieno il messaggio fondamentale per un pensiero cristiano: Cristo ha vinto la morte e la paura. Il messaggio lasciatoci dal simposio credo sia significativo per tutta la chiesa livornese, la

quale mai deve stancarsi di leggere i segni dei tempi, che sempre più spesso non riusciamo a capire. E’ necessario leggere la nostra città delle nazioni da un’altra prospettiva, diversa da quella della continua preoccupazione ovvero nell’ottica della vita futura. Partendo da quest’ultima, dall’evento salvifico della Risurrezione che sta all’origine di ogni pensiero teologico, non ci sarà permesso mai di disperare. Siamo per primi testimoni della risurrezione, da lì nasce la nostra predicazione, il nostro vivere e credere in Cristo. Dalla fede nella vita futura nasce un grande ottimismo nella vita e un’altra lettura del mondo e dell’uomo, lontana da quella della superficialità. Il Ce.Do.M.E.I. non vede certamente nel simposio un punto d’arrivo, ma un momento di condivisione che deve poi prolungarsi nel lavoro annuale del gruppo ecumenico, nelle serate, nelle giornate di approfondimento di studio e di preghiera. Questo grande lavoro va infatti alimentato, aiutato a crescere, perché di anno in anno esso divenga per l’intero mondo interreligioso ed ecumenico un appuntamento sempre più valido e importante. don Piotr Kownacki, direttore CeDoMEI

LA RIFLESSIONE SUGLI STUDI E SULL’OPERA DEL CEDOMEI

Un lavoro condotto con lo stile del rispetto o stile degli ultimi simposi del Cedomei non è stato quello del clamore e del protagonismo, specie in questi anni in cui il Centro si è costruito un immagine di alto profilo interreligioso, a confronto con le problematiche ecumeniche delle Chiese cristiane, della gente e della città, guadagnandosi la stima ed il rispetto delle forze e le componenti culturali ed ecclesiali del nostro panorama italiano ed internazionale.

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Il lavoro svolto dal Cedomei attraverso l’interessamento di Mons. Simone Giusti, vescovo di Livorno e di don Piotr Kowancki, Direttore del Centro, in collaborazione con l’As-

sociazione per l’arte cristiana ed il dialogo interculturale "Anastasis", ha saputo dare una interpretazione marcata del rapporto ecumenismo e intercultura finalmente liberato dai pregiudizi dell’intimismo confessionale. Proseguire su questa linea tracciata da Mons. Alberto Ablondi è per il Cedomei indispensabile, poichè appare il modo migliore di confrontarsi con la complessità dell’esperienza religiosa contemporanea. Il Simposio «Il Paradiso giardino di speranza»- in sintonia con queste idee, ha valorizzato uno stile di confronto sulle tematiche scelte e di trasparenza negli interventi, nel rispetto

delle diversità teologiche e delle differenti sensibilità culturali. Ogni intervento proposto dal programma, che è stato caratterizzato dai contributi dei relatori provenienti dal momdo ebraico, cristiano e buddista, ha colto le specifiche sfumature delle varie escatologie, compresa quella islamica, diverse per le loro eredità storiche e geografiche ma accumunate dal cammino di ricerca verso la meta ultraterrena. Un’esperienza quella del Simposio che ci apre senz’altro ad una dimensione universale dei problemi e delle scelte religiose, attraverso la condivisione

dei proprio strumenti analitici, condivisione che fa del dialogo e del confronto le due coocrdinate principali del lavoro comune. Appare evidente allora come anche noi cattolici siamo parte di questo cammino di ricerca, nella consapevolezza di compiere questo sforzo insieme alla Chiesa, alle Chiese sorelle e a tutti gli uomini di buona volontà. Essere nella Chiesa servendo in primo luogo le realtà locali in una tensione continua volta a comprendere meglio il rapporto tra fede e cultura per ricomporlo, cercando i segni lasciati dallo Spirito nella nostra storia, per la realizzazione del Regno di Cristo. Andrea Zargani


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