Italia Ornitologica, Numero 11 2023

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLIX numero 11 2023

Estrildidi Fringillidi e Ibridi

Canarini di Colore

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Alimentazione

Il Diamante di Gould

Il fenomeno delle depigmentazioni

Il canarino “Rasmi Persian”

Aceto di mele o bicarbonato di sodio?



ANNO XLIX NUMERO 11 2023

sommario Torna il Campionato Italiano F.O.I. Gennaro Iannuccilli

Il Diamante di Gould Luigi Montini, Sergio Lucarini e Fabio Musumeci

Il fenomeno delle depigmentazioni nel canarino

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Giovanni Canali

Il Malinois, più lo conosci più t’innamori Francesco Di Giorgio

Panurus biarmicus le ragioni di un successo - 2ª parte Piercarlo Rossi

Convegno tecnico: il Diamante di Gould “bruno” Antonio Venturoli e Saverio Parisella

OrniFlash News al volo dal web e non solo

Spazio Club Club Amici del Salentino

La “Boragia” o “Burazna” (Borragine)

Estrildidi Fringillidi e Ibridi

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Canarini di Colore

Pierluigi Mengacci

C.T.N. C.F.P.L.

Corteggiamento e riproduzione dei pappagalli nell’emisfero meridionale

21 Aceto di mele o bicarbonato di sodio? Pasquale Leone 25 Photo Show Le foto scattate dagli allevatori 29 L’Usignolo Dino Tessariol 31 Sul Diamante fetonte Ivano Mortaruolo 37

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Rafael Zamora Padrón

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Ondulati ed altri Psittaciformi

Sintesi verbali CDF del 6 e 7 luglio 2023 del 25 e 26 agosto 2023 dell’11 settembre 2023 del 29 e 30 settembre 2023 del 7 ottobre 2023

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

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Il Canarino “Rasmi Persian”

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 11 - 2023 è stato licenziato per la stampa il 7/11/2023



Editoriale

Torna il Campionato Italiano F.O.I. di G ENNARO IANNUCCILLI

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ono trascorsi ormai quattro anni da quando si è svolto l’ultimo Campionato Italiano di Ornitologia in quel di Bari (Fiera del Levante). Negli anni seguenti, non è stato infatti possibile organizzarlo prima per i divieti forzati conseguenti alla pandemia del COVID, poi per l’organizzazione del Campionato Mondiale tentata a Piacenza nel 2022 e in seguito riuscita ottimamente a Napoli lo scorso gennaio. È ora arrivato il momento di celebrare nuovamente la maggiore esposizione nazionale dedicata all’ornitologia sportiva. Il ritorno del Campionato Italiano avverrà nell’accogliente località di Lanciano, in terra abruzzese, dove sono siti gli ampi padiglioni di LancianoFiera - Polo Fieristico d’Abruzzo. L’occasione è di quelle imperdibili, dato che la zona è facilmente raggiungibile da tutte le parti della nostra penisola, grazie all’ uscita autostradale sulla A14 (Adriatica). Se da un lato la nostra passione sta risentendo inevitabilmente della difficile congiuntura socio/economica, oltre alle preoccupazioni che derivano da chi vorrebbe limitare le attività dell’allevamento ornitologico, contro i quali la FOI sta reagendo nelle sedi preposte e con i modi opportuni, dall’ altro dobbiamo ritrovare e rinnovare la voglia e l’urgenza di partecipare alle mostre, per vivere l’essenza espositiva e alimentare la “febbre” ornitologica da cui farsi piacevolmente contagiare stagione dopo stagione. Il 54° Campionato Italiano di Ornitologia FOI quest’anno è organizzato da 10 associazioni delle regioni limitrofe Abruzzo, Marche e Lazio, le quali sapranno soddisfare le esigenze degli allevatori partecipanti e dei visitatori, grazie all’ accoglienza tipica di quei territori e alla disponibilità dei referenti che garantiranno il massimo impegno e supporto per far sì che la più importante manifestazione ornitologica italiana sia celebrata e ricordata piacevolmente da tutti coloro che parteciperanno con i loro soggetti, espressione massima dei rispettivi allevamenti. Questa sarà la risposta più efficace ed efficiente verso coloro che meschinamente provano a minare la nostra voglia di allevare, esporre e perpetrare quella che ci piace definire “arte”:

l’ornicoltura amatoriale e sportiva. Ringraziamo fin d’ora tutte le aziende che hanno confermato la loro partecipazione e presenza con stand commerciali che verranno allestiti per l’occasione, nei giorni di apertura al pubblico (Venerdì 15, Sabato 16 e Domenica 17/12) nonché tutti gli espositori FOI che con pieno spirito sportivo hanno deciso – giustamente – di confrontarsi iscrivendo al più ambito concorso nazionale migliaia di esemplari, cioè la migliore selezione di uccelli corrispondenti alle categorie a concorso. Diamo a tutti, ma proprio a tutti indistintamente, appuntamento dal 14 al 17 dicembre al 54° Campionato Italiano di Ornitologia FOI, presso il Polo Fieristico d’Abruzzo “LancianoFiera”. Noi ci saremo, senza se e senza ma.

Tutte le informazioni per partecipare al Campionato Italiano sono disponibili sul sito www.foi.it (sezione “News, Documenti e Pubblicazioni”)

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Diamante di Gould Mutazioni ed interazioni tra mutazioni testo di LUIGI MONTINI, SERGIO LUCARINI e FABIO MUSUMECI, foto R. ASTA, F. PAGLIARINI e N. CASCELLO

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li uccelli, molto più che i mammiferi e similmente ai rettili, grazie al loro particolare mantello possono sfoggiare colorazioni particolarmente complesse e sgargianti, favoriti in questo da un nutrito gruppo di pigmenti che può variare a seconda della famiglia ed anche della specie. Se restringiamo il nostro interesse ai soli Estrildidi, vediamo che il loro colore è dato dalla combinazione ed interazione di tre gruppi di pigmenti: le eumelanine, le feomelanine e i lipocromi. Inoltre, in alcune specie la struttura delle penne, interagendo con la radiazione luminosa, è in grado di produrre anche una ulteriore gamma di colori, molto brillanti e luminosi, detti colori fisici. Questi si generano grazie alla particolare conformazione delle penne ed alla presenza nelle barbe di vacuoli che creano soluzioni di continuità nella componente cheratinica. Con una simile complessità a livello cromatico e il gran numero dei processi metabolici coinvolti, ognuno dei quali può essere fonte di malfunzionamento a causa di una mutazione, va da sé che la possibilità che avvengano variazioni di colore, più o meno vistose, sia molto alta. In natura questi “errori”, che appunto vanno ad alterare una particolare sequenza metabolica, sono piuttosto frequenti, ma la pressione selettiva naturale si occupa sistematicamente di eliminarli. Nei nostri allevamenti, invece, la pressione selettiva è artificialmente invertita, cioè apprezziamo, fissiamo e selezioniamo tutte le nuove variazioni di colore che nel tempo si verificano.

Maschio Satiné Testa rossa, foto: F. Pagliarini

Tra gli Estrildidi, una delle specie che offre la tavolozza di colori più vasta è indubbiamente il Diamante di Gould

Tra gli Estrildidi, una delle specie che offre la tavolozza di colori più vasta e, per quanto detto sopra, anche una conseguentemente più ricca offerta di varianti cromatiche indotte da mutazioni, è indubbiamente il Diamante di Gould. Ad oggi in questo esotico si conta almeno una decina di tali varianti (vedi tav. 1 e 2). A questo tripudio di colori va

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ovviamente sommato l’ulteriore caleidoscopio prodotto dalle innumerevoli interazioni possibili tra le diverse mutazioni. Interazioni tra mutazioni Fino a che si parla di singole mutazioni, comprenderne il meccanismo di azione ed il conseguente effetto sui pigmenti risulta abbastanza agevole, dato che in questo si è facilitati anche dalle nette ripartizioni dei colori nelle ben delimitate aree cromatiche che caratterizzano questo uccello. Non difficile è spesso anche la lettura dei risultati della maggior parte delle interazioni tra fattori mutati. Detto questo, c’è da aggiungere però che, alcune volte, il quadro d’insieme va a complicarsi perché ci sono abbinamenti di mutazioni che a livello fenotipico producono risultati inattesi, non sempre facilmente spiegabili. Emblematico in tal senso il caso della interazione tra pastello e petto bianco che a cavallo degli anni ‘80/’90 del secolo scorso ha creato non pochi gratta-

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capi agli appassionati del settore. Queste due mutazioni, per quanto riguarda la loro sfera di azione, per i tratti genici coinvolti e il meccanismo ereditario sono tra loro quanto di più diverso si possa immaginare: petto bianco è un fattore recessivo, posizionato su un cromosoma autosomico ed agisce inibendo totalmente la feomelanina. L’effetto più eclatante, dal quale deriva la denominazione adottata, è lo sbiancamento della zona del petto che nel soggetto di colore classico, come sappiamo, è invece di un viola intenso. Ovviamente, a sparire non è solo la feomelanina concentrata massicciamente nel petto, ma anche quella presente con diffusioni più discrete anche nel resto del piumaggio; pastello è invece un fattore semidominante (o dominante parziale) posizionato sul cromosoma sessuale Z che in omozigosi (cioè con due fattori di diluizione nei maschi ed uno nelle femmine) riduce drasticamente la eumelanina. Che la sua azione sia esattamente l’opposto di quella di petto bianco è dato

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dal fatto che la feomelanina nel suo caso non viene assolutamente coinvolta ed infatti i Gould pastello di norma sfoggiano il viola del petto, che addirittura dà l’impressione di essere esaltato. Pastello, essendo un dominante parziale, in rapporto al proprio allele non mutato Ps+ non crea un rapporto di dominanza/recessività completo e questo fa sì che il soggetto eterozigote, anche detto a “singolo fattore”, risulti di colorazione intermedia tra quella di un non mutato (Classico o Ancestrale) e quella di un mutato omozigote, cioè a “doppio fattore mutato”. Questo succede perché nel “singolo fattore” il gene integro (non mutato) continuerà per la sua parte a lavorare per far depositare pigmento eumelaninico, pigmento che alla fine si attesterà attorno al 50% rispetto a quello posseduto da un Gould di colore classico. Giocoforza, in un Pastello omozigote (DF), venendo a mancare l’allele integro in grado di convogliare melanina verso le penne, lo schiarimento sarà molto più spinto.


Essendo coinvolta una sequenza genica situata nel cromosoma sessuale Z, nei maschi sono possibili tre combinazioni: Classico (Ps+/Ps+), Pastello SF (Ps/Ps+), Pastello (Ps/Ps). Le femmine, essendo in possesso di un solo cromosoma Z, possono sfoggiare solo due assetti: Classico (Ps+/w) e Pastello (Ps/w). Queste ultime, non essendo in possesso di un gene funzionale, come colore saranno assimilabili ai maschi Pastello DF. Detto degli effetti delle due mutazioni in oggetto, per introdurre la descrizione dei loro effetti congiunti, consentiteci una piccola divagazione storica: è stato a cavallo degli anni Ottanta/Novanta che nel nostro Paese si è scatenata la corsa all’acquisto di Diamanti di Gould mutati. In quel periodo dai Paesi Bassi arrivavano grandi numeri di soggetti denominati “Gialli” oppure “Bianchi”: alcuni avevano il petto viola, altri il petto bianco. Per inciso, possiamo aggiungere che a fronte di strutture carenti, corpi

Per diverso tempo sulla genetica responsabile di tali cromie è stata nebbia più totale

affusolati, teste piccole e piatte, becchi sproporzionati, i prezzi fossero comunque “indifferentemente esorbitanti”. Per diverso tempo sulla genetica responsabile di tali cromie è stata nebbia più totale, poi, a piccoli passi, mettendo assieme tasselli fatti di esperienze di allevamento e felici intuizioni, si è capito che a creare confusione era la peculiare sinergia tra le mutazioni petto bianco e pastello, interazione in grado di produrre schiarimenti sulla carta non preventivabili. Infatti, nella pratica succede

che un Pastello SF, che come abbiamo detto sopra è in possesso di circa il 50% delle eumelanine “ancestrali”, quando interviene anche la mutazione petto bianco, che in teoria dovrebbe agire esclusivamente inibendo la feomelanina, si trova a diventare “giallo” quasi come dei Pastello doppio fattore. Cioè, oltre alla preventivata perdita della feomelanina, anche la quasi totalità della eumelanina segue la stessa sorte. È stato in quel periodo che, nella scia della involuzione qualitativa apportata dalla massiccia immissione di uccelli mal selezionati e scadenti sia dal punto di vista strutturale che da quello cromatico (d’altra parte, indicati commercialmente come “giallo” o “bianco” come poteva essere diversamente?), la CTN dell’epoca, quella presieduta da Emilio De Flaviis, dopo aver redatto la lista delle nuove denominazioni, tra le quali appunto “Pastello SF” e “Pastello” al posto delle varie declinazioni di Giallo,

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Bruno e Ancestrale a confronto. Notevole in questo distretto la concentrazione della eumelanina, foto: N. Cascello

Bianco, etc., per quello che riguarda il colore introdusse la “regola aurea” che da lì a poco tempo avrebbe completamente rivoluzionato sia in Italia che all’estero l’approccio selettivo nell’intero settore I.E.I. La regola dice che: “…nell’ambito della specifica mutazione, il soggetto migliore è quello con la maggiore espressione del suo potenziale cromatico”. Un indirizzo tecnico di carattere generale che ha fatto da base ispiratrice ai successivi “Criteri di Giudizio”. Importantissimo lavoro quest’ultimo, preso poi a riferimento da tutte le altre federazioni europee. Ritornando comunque alla interazione tra pastello e petto bianco, possiamo solo aggiungere che nonostante nel tempo in diversi abbiano tentato di dare una spiegazione al fenomeno descritto, anche gli scriventi lo hanno fatto; la realtà è che al nostro livello, che benevolmente possiamo definire da “genetisti della domenica”, una ipotesi convincente sul perché, se in un pastello singolo fattore interviene la mutazione petto

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bianco sparisca quasi tutta la eumelanina, al momento non siamo in grado di produrla. Interazione tra “Lutino” e “Pastello” Nella scia del fenomeno sopra descritto, possiamo inserire anche la lunghissima discussione che per almeno un decennio ha appassionato la platea degli allevatori di Diamanti di Gould. Il riferimento è ad una stranezza che in molti hanno segnalato fin dal primo apparire dei mutati Lutino nel nostro paese, cioè alla nascita, spesso anche nello stesso nido, di soggetti ad occhi rossi caratterizzati da due diversi gradi di diluizione delle melanine: una classica da Lutino, con ancora ben percepibili delle delicate presenze melaniche, ed un’altra, caratterizzata da riduzioni cromatiche pressoché totali con mantelli praticamente gialli e/o bianchi, cioè con cromie molto vicine ad una esclusiva origine lipocromica. Inizialmente questa realtà è stata derubricata a normale variabilità attribui-

bile a basi selettive difformi. Poi, di fronte al ripetersi di nascite, come detto anche di fratelli, con tipologie cromatiche nettamente differenziate è stato evidente che a supporto del fenomeno dovesse esserci una precisa base genetica. Le ipotesi su quale potesse essere il fattore che stava clandestinamente interagendo con lutino sono state essenzialmente due: la più gettonata, in analogia con il caso sopra descritto, puntava su petto bianco; l’altra sosteneva che a indurre un maggiore schiarimento fosse l’abbinamento con la mutazione pastello. A sfavore di questa seconda ipotesi erano proprio le documentate frequenti nascite in nidi misti di soggetti caratterizzati dalle due tipologie, cosa apparentemente incompatibile con il fatto che lutino e pastello, essendo entrambe posizionate sullo stesso cromosoma, quello sessuale Z, devono subordinare la loro giunzione o disgiunzione al verificarsi di un crossing-over, fenomeno di norma non proprio frequente. Questo almeno in via teorica. Il lunghissimo dibattito che ha visto come protagonisti anche gli scriventi, tra l’altro arroccati su tesi opposte, si è dipanato sul web per diversi anni. È stato in quel contesto di acceso antagonismo, con la nostra soglia di attenzione alle stelle, che ci si è accorti che nonostante pastello e lutino siano fattori entrambi sesso-legati, lo scambio genetico tra cromosomi opposti (crossing-over) avviene con frequenze elevatissime, addirittura con la nascita di un soggetto ricombinante circa ogni quattro nati. Dato oggettivo che suggerisce una notevole distanza tra i loci interessati. Questa inattesa realtà è emersa dalla attenta analisi di precisi risultati di allevamento all’epoca forniti da Massimo Morini e Daniele Zanichelli, due pionieri nell’allevamento dei Gould Lutino in Italia (dati riportati in dettaglio sul numero di dicembre 2011 di questa rivista). Un particolare interessante ed anche inatteso, derivato da queste analisi, è che lo schiarimento molto spinto delle melanine avviene anche quando la mutazione pastello è allo stato eterozigote, cioè un Lutino Pastello SF risulta difficilmente distinguibile da un Lutino Pastello, ovvero da un doppio omozigote.


Successivi test, con mirate prove di allevamento, hanno dimostrato senza dubbio alcuno che, all’opposto, l’abbinamento con il fattore petto bianco non abbia un impatto percepibile sulla cromia di un Lutino. Interazione tra “Bruno” e “Pastello” Altro caso di intenso dibattito, svoltosi in tempi recentissimi, è stato quello che vede coinvolta ancora la mutazione pastello, questa volta in abbinamento con la mutazione bruno. In questo caso, il risultato inatteso sta nel fatto che, unendo un soggetto Bruno con un Pastello, in prima generazione nascono figli maschi che apparentemente hanno un fenotipo comparabile a quello di un Pastello doppio fattore (vedi Tav.4). Facendo riferimento a quanto visto in altri “test di complementazione” la chiave di lettura che è stata data è che tra bruno e pastello ci sia un rapporto di allelia, cioè entrambe le mutazioni mappano nello stesso locus. Mentre per alcuni questo risultato è stato acquisito, appunto, come indicatore inoppugnabile di allelia certa, gli scriventi hanno da subito consigliato prudenza nella interpretazione dei risultati ottenuti, in considerazione del fatto che nel nostro ambito amatoriale questa è stata la prima volta in assoluto che un test di complementazione ha visto coinvolto un fattore a dominanza parziale. Oltre a questo, a suggerire una possibile non allelia è anche la natura completamente diversa dei due meccanismi genetici in gioco: bruno modifica infatti la natura chimica del pigmento, le catene polimeriche sono meno complesse ed i melanosomi, pur essendo dello stesso numero rispetto al non mutato, appaiono decisamente più piccoli, di forma tondeggiante e di colore bruno/grigio più o meno scuro. Pastello deriva invece da una deficienza nel sistema di trasporto dei melanosomi dal melanocita verso il germe della penna. È stato così che, per sondare l’attendibilità o meno del suddetto test, ci si è messi a verificare con molta attenzione i risultati degli accoppiamenti che vedevano coinvolti questi maschi “quasi gialli” da alcuni definiti Pastello/Bruno e da altri (noi) PastelloSF/Bruno.

Blu Satinè, evidente il dimorfismo sottolineato dalla diversa saturazione melanica, foto: R. Asta

Abbastanza presto, a suggerire la non allelia, sono iniziate ad arrivare notizie e foto di soggetti “ricombinanti”, cioè frutto di crossing-over tra le mutazioni bruno e pastello”; tra questi, femmine dal fenotipo inedito che però, in quanto tali, per i fautori della “allelia certa” non costituivano una prova affidabile in quanto non catalogabili con certezza assoluta. Per loro, risolutiva sarebbe stata solo la nascita, sempre per ricombinazione genetica, di incontestabili femmine ancestrali, cioè non mutate. Per fortuna non ci è voluto molto ed anche queste femmine sono arrivate! A mostrarcele per primo, accompagnate da ricca e precisa documentazione, è stato Piero Bifera che in tre stagioni, dal 2021 al 2023, ne ha viste nascere quattro (1 + 1 + 2) frammiste a diversi fratelli e sorelle in varie combinazioni di colore. Altra certezza che le due mutazioni in oggetto, cioè bruno e pastello, non siano alleliche deriva dalla loro differente distanza rispetto al locus lutino, come da riscontri oggettivi ricavabili dalla lettura di dati di allevamento. Della insolita alta frequenza di crossing-over tra pastello e lutino abbiamo già parlato nel paragrafo dedicato alla interazione tra questi due fattori. Da questa realtà, nota a

tutti i cultori di Gould Lutino e delle varietà ad esso collegate, possiamo dedurre con certezza assoluta che le due mutazioni mappino in loci tra loro molto lontani, quasi agli estremi opposti del cromosoma Z. Per contro, con altrettanta certezza, sappiamo che invece tra bruno e lutino la possibilità che avvenga un crossing-over è un evento relativamente raro. Cosa che fa supporre una reciproca distanza dei loci coinvolti piuttosto esigua. Queste conoscenze ben consolidate, che certificano senza ombra di dubbio che pastello e bruno occupino loci situati a distanze diverse rispetto a lutino, rendono francamente superfluo sottolineare che è impossibile che si tratti di due fattori tra loro allelici. Accertata la non allelia, resta però l’interrogativo di partenza: perché i maschi Pastello SF/bruno sono “gialli” quasi come dei Pastello omozigoti? La spiegazione secondo noi è legata al peculiare modo di manifestarsi della mutazione, semidominante, pastello. Come abbiamo già detto nel paragrafo precedente, a differenza delle mutazioni recessive, in presenza di una mutazione semidominante si crea una situazione di equilibrio tra l’azione schiarente del gene mutato e l’azione

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di parziale compensazione svolta dal gene integro posizionato sul cromosoma omologo che continuerà a svolgere la sua funzione. Per riuscire in questo suo ruolo, cioè di convogliare sufficiente pigmento verso le penne, è però essenziale che la sequenza dei geni preposti alla produzione delle melanine presente su tale cromosoma risulti pienamente operativa, cosa che nel caso in oggetto evidentemente non lo è. Se a monte del gene “Ps+”, che (ricordiamolo) non codifica per la produzione dei pigmenti, bensì per il loro trasporto dal melanocita al germe della penna, c’è un malfunzionamento nel locus bruno, questa contingenza farà sì che nonostante “Ps+” sia in grado di esplicare la propria funzione, la melanina che passerà nei melanosomi non potrà che essere quella degradata permessa dal gene mutato “br”, e di conseguenza i melanosomi che si formeranno, pur essendo nello stesso numero, saranno di dimensioni minori, cosa che nelle penne porterà ad una ben percepibile riduzione del colore. Questa situazione determinerà anche una sensibile riduzione della capacità di generare il colore blu di origine fisica. In definitiva è dunque questo particolare assetto melanico a far sì che il mantello del soggetto singolo fattore por-

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Questo particolare assetto melanico fa sì che il mantello del soggetto singolo fattore portatore di Bruno sia chiaro

tatore di Bruno sia chiaro, quasi, come quello di un doppio fattore pastello, ingenerando in tal modo la falsa convinzione che si tratti di un caso di allelia. Interazione tra “Bruno” e “Lutino” A differenza delle interazioni sopra trattate, dove nel tentare una interpretazione di fenotipi inaspettati ci siamo confrontati con situazioni peculiari del Diamante di Gould, in questa ultima parte affrontiamo un argomento molto meno inesplorato, nel senso che di animali affetti dalla doppia mutazione bruno più ino, cioè i cosiddetti Satiné, ne abbiamo già visti, fissati e codificati in una buona gamma di altre specie. In tutti questi casi conosciuti, quello che salta subito all’occhio è la stranezza che un Ino su base bruna risulti nettamente più scuro rispetto ad un Ino su base ancestrale, quando invece la logica porte-

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rebbe ad ipotizzare il contrario. A questa che appare una anomalia di carattere generale, c’è da aggiungere un ulteriore interrogativo: perché la stessa interazione traslata nel Diamante di Gould fa apparire in questo esotico una variante Satiné che presenta tratti di piumaggio decisamente più scuri rispetto a quanto già visto in altre specie? Per rispondere a questo interrogativo, consentiteci di imbastire una possibile risposta partendo da una analisi un poco più approfondita dei due fattori coinvolti. Lutino - Di mutazioni che a causa di una spinta depigmentazione producono soggetti dagli occhi francamente di colore rosso ne conosciamo due. Una con matrice genetica autosomica recessiva, che fa nascere quelli che nel nostro ambiente chiamiamo “veri Albini”. In questi soggetti la mancanza dell’enzima tirosinasi blocca completamente la sintesi delle melanine, dando così un tipo di albinismo detto “tirosinasi negativo”. Gli albini autosomici recessivi (Ino NSL) sono caratterizzati dall’assenza di pigmentazione della pelle, della coroide, delle penne e da una accentuata sensibilità alla luce diretta. Nelle penne di questi soggetti, le matrici dei melanosomi si formano normalmente sia come forma che come dimen-


sioni ma, proprio per la mancanza in circolo dell’enzima tirosinasi, il loro interno è completamente privo di melanine. La mutazione ino recessiva sesso-legata (Ino SL), in alcune specie denominata Lutino, è invece una forma di albinismo “tirosinasi positivo”, cioè la presenza dell’enzima tirosinasi non è inibita, anzi, per un probabile tentativo di recupero di funzione, la produzione di tale enzima in questi mutati è molto superiore, più del doppio, rispetto a quella che possiamo trovare in un soggetto non mutato. L’enzima tirosinasi è probabilmente il metabolita più importante nella complessa sequenza biochimica che, partendo dalla tirosina (un ormone tiroideo che circola nel sangue), attraverso una serie di reazioni ossidative arriva fino alla formazione delle complesse catene polimeriche che caratterizzano dal punto di vista chimico le melanine. L’enzima tirosinasi, che con la sua funzione

L’enzima tirosinasi è probabilmente il metabolita più importante nella complessa sequenza biochimica

di catalizzatore interviene in più passaggi, viene trasportato attraverso le membrane cellulari da una specifica proteina. La mutazione “Ino SL” parzializza drammaticamente la funzione di tale proteina e questo fa sì che le matrici che dovranno contenere le melanine, non riuscendo a svilupparsi normalmente, alla fine del processo risulteranno estremamente piccole e malformate. Sono questi melanosomi dalla struttura così degradata e contenenti pochissima melanina a conferire le de-

licate cromie beige e turchine che caratterizzano i Diamanti di Gould Lutino. Bruno - Come già detto con il sopra descritto fattore ino SL, anche il fattore bruno induce una modifica, anche se molto meno drammatica, alla struttura dei melanosomi. Questi infatti, rispetto a quelli normalmente formati, che si presentano di forma bastoncellare, oltre ad essere più piccoli, assumono una forma più o meno sferica. Anche la melanina in essi contenuta ha una natura chimica diversa. Senza entrare troppo nello specifico, colorazioni più o meno nere o più o meno brune dal punto di vista ottico dipendono dai cromofori presenti nella catena (cioè particolari tratti della molecola che assorbono la luce a determinate lunghezze d’onda). Il colore delle melanine non deriva però solamente da quanti e quali cromofori sono presenti in una molecola, ma anche dalla loro concentrazione all’interno del melanosoma e da una serie di altri

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fattori (ad es. presenza di ioni metallici, grado di ossidazione, etc.). Infine, oltre alle variazioni fisiche e chimiche, c’è un’altra caratteristica importante da citare: così come il fattore ino SL, anche il fattore bruno induce un forte incremento metabolico dell’enzima tirosinasi, incremento valutato in letteratura dalle due alle quattro volte rispetto a quello in circolo in un soggetto a fenotipo classico. A nostro parere, è proprio il notevole sovraddosaggio di tale enzima a causare l’incongruenza all’inizio evidenziata: un Satiné appare più scuro di un Lutino perché le due mutazioni in associazione producono un potente effetto moltiplicatore delle capacità ossidative a carico delle melanine. Legata a ciò, possiamo aggiungere una ulteriore considerazione che nasce dalle esperienze pratiche di allevamento: sia i soggetti Lutino ed ancora di più i Satiné, proprio per questa loro impronta fisiologica risul-

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Questo Estrildide a livello della intensità e profondità del colore nero non ha eguali tano molto sensibili a spinte selettive orientate ad un incremento della “ossidazione” dei pigmenti tipici. Incrementi che, infatti, una generazione dietro l’altra, risultano evidenti negli stock di Lutino e di Satiné presenti nei nostri aviari. Per chiudere, come anticipato, un’ultima considerazione riguarda il fatto che colorazioni tanto scure a livello dei distretti tipici della testa che stanno caratterizzando i Gould Satiné più evoluti non si sono mai viste in analoghi mutati di altre specie. Secondo noi, la spiegazione di questo fenomeno è ab-

bastanza semplice: rispetto agli altri uccelli di comune allevamento, questo Estrildide a livello della intensità e profondità del colore nero non ha eguali. A fronte di concentrazioni relativamente basse nel resto del corpo, probabilmente allo scopo di far risaltare al massimo il rosso brillante della maschera, il Diamante di Gould nel corso della sua evoluzione ha acquisito una concentrazione di nero sulla testa difficile da riscontrare in altri uccelli. Concentrazione che raggiunge il massimo nei maschi della varietà a testa nera. Questa realtà, sommata alle considerazioni di cui sopra circa le capacità ossidative fisiologicamente amplificate dall’abbinamento delle mutazioni bruno e ino, fa sì che al momento risulti difficile tracciare un limite standard per quello che riguarda il massimo grado di ossidazione selettivamente raggiungibile a livello della maschera in un Gould Satiné.


CANARINI DI COLORE

Il fenomeno delle depigmentazioni nel canarino testo di GIOVANNI CANALI, foto F.O.I., A. MILAZZO, D. CROVACE e S. GIANNETTI

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iù volte ho ricevuto domande sulle depigmentazioni, pertanto ritengo doveroso tornarci sopra. Tanto per cominciare, ribadisco che nel canarino di colore sono un fenomeno non proprio recentissimo, ma neppure antico. Si tratta di una quarantina d’anni, o poco più. Nei primi anni in cui andavo a giudicare il fenomeno non c’era, poi apparve a cominciare dai bruni per dilagare successivamente a tutto campo. Le depigmentazioni riguardano le melanine, sia feomelanine che eumelanine, che vengono ridotte in modo singolare. Si forma un’orlatura in punta, in alcuni casi una sorta di barratura alle remiganti ed alle timoniere. L’orlatura può essere minima e subdola, nel senso che potrebbe sfuggire ad un occhio non attentissimo, come molto evidente fino ad una punta bianca; anche le barrature hanno diverse espressioni. Le depigmentazioni all’inizio io le avevo chiamate “brizzolature” ed in effetti a quello facevano anche pensare. Poi si parlò anche di “orlature”, “aloni” ed infine “depigmentazioni”. Ci fu anche chi, sbagliando gravemente, parlava di brinature; la brinatura riguarda i carotenoidi, non le melanine. Il termine depigmentazioni lo ritengo il più consono poiché possono riguardare anche le barrature di remiganti e timoniere, che sono al

Le depigmentazioni riguardano le melanine, sia feomelanine che eumelanine, che vengono ridotte in modo singolare

Depigmentazioni sulle remiganti di un canarino di colore, per gentile concessione di: Arturo Milazzo

centro delle medesime ed oltre; quest’ultima espressione è apparsa in una fase successiva, o almeno l’ho notata dopo, ma comunque molto vicina. All’inizio il difetto creava incertezze nel giudizio, poiché i criteri di allora non lo prevedevano, essendo apparso successivamente alla loro pubblicazione. Dopo qualche incertezza si penalizzava nel tipo, come giusto. Successivamente la CTN di allora, di cui facevo parte, previde la squalifica. Decisione drastica ma utilissima che ridusse il fenomeno. Poi si preferì ridurre i casi di squalifica e penalizzare. La ragione della comparsa di tale fenomeno va attribuita al meticciamento con il Gloster, al fine di avere il “nuovo mosaico”, visto che tale razza, spesso in molti soggetti, aveva lipocromi debolissimi tanto da sfiorare il biancastro. Questo in seguito alla degenerazione indotta da reiterati accoppiamenti brinato x brinato.

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Bruno brinato rosso

Così per fare il “nuovo mosaico” con una razza che non era mosaico affatto, ma solo brinata in modo degenerato, si sono fatte emergere nel canarino di colore le depigmentazioni ed i lumps, entrambe tare ereditarie. Per le depigmentazioni potrebbe aver contribuito anche il meticciamento con il Border. I lumps come genealogia pare derivino dal Norwich e le depigmentazioni dal Lizard. Il Gloster ha fra i suoi antenati il Norwich e probabilmente più lontano il Lizard; quest’ultimo pare sia stato usato praticamente in tutte le razze inglesi nell’illusoria speranza di migliorare il piumaggio, trasmettendo le depigmentazioni, dalle quali è molto afflitto. Sostanzialmente il comportamento genetico delle depigmentazioni è di certo dominante, anche se forse non è monogenico, con un’espressività variabile abbastanza insolita. Sulla dominanza non ci possono essere dubbi

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Bruno brinato giallo

Quello che lascia perplessi è il fatto che la caduta o l’estirpazione delle penne favorisce la comparsa delle depigmentazioni

poiché dilaga di brutto e si trasmette regolarmente anche agli ibridi di specie diverse ove le depigmentazioni non ci sono. Quello che lascia perplessi è il fatto che la caduta o l’estirpazione delle penne favorisce la comparsa delle depigmentazioni, le quali, a volte, tardano a manifestarsi. Le barrature alari notate in seguito è quasi certo che siano connesse alle depigmentazioni, visto che sono coeve o quasi e con somiglianze, anche se manca la certezza assoluta.

Semmai si nota che le depigmentazioni intese come orlature non hanno nulla a che fare con la salute dei soggetti, mentre mi è capitato di connettere le barrature alari con situazioni di stress. Si tratta però di pochissimi casi, quindi il campione statistico è insufficiente; inoltre, altri tecnici che stimo non hanno fatto la mia stessa osservazione, avendo avuto barrature in soggetti in ottima salute. Per quanto riguarda il comportamento genetico, bisogna anche sottolineare che ci sono manifestazioni molto variabili. Da un soggetto che presenta una singola orlatura, anche accoppiato con uno immune, possono nascerne altri crivellati di orlature. Circostanza che impone molta severità nelle scelte. Sulle depigmentazioni, sia come orlature, sia come barrature, si sono commessi anche errori talora sconcertanti. Le barrature somigliano all’effetto ali grigie ed è capitato che


allevatori e tecnici, anche stimati, abbiano pensato di aver avuto dei classici ad ali grigie. Eppure la differenza esiste; infatti l’effetto ali grigie (geni modificatori del pastello) oltre a manifestarsi solo nel pastello, di cui costituisce la massima espressione, può interessare anche le penne tettrici e non solo ali e coda come le barrature da depigmentazione. Inoltre l’effetto ali grigie agisce esclusivamente sull’eumelanina, mentre le barrature da depigmentazione, come del resto anche le orlature, agiscono parimenti anche sulla feomelanina; talora le depigmentazioni si accentuano fino a provocare un’inibizione quasi totale delle melanine, livello cui non arriva mai l’effetto ali grigie. Ricordo che andai a casa di un tecnico molto seguito che mi presentò con orgoglio dei, molto presunti, classici ad ali grigie che voleva accoppiare con veri pastello ad ali grigie. Quando gli dissi che avevo avuto anch’io soggetti del genere, anche se i suoi erano neri ed i miei bruni, ma che li avevo dati via in un blocco, mi guardò con sufficienza. Ovviamente la sua convinzione nau-

Sulle depigmentazioni, sia come orlature, sia come barrature, si sono commessi anche errori talora sconcertanti

fragò tristemente di fronte all’evidenza. Sulle orlature si sono fatti errori analoghi. Uno fu quello di confonderle con delle brinature. Errore grave per gli esperti del colore, meno per altri. All’inizio del fenomeno, un tecnico della forma e posizione mi interpellò chiedendo conto di orlature che gli sembravano brinature. Era un soggetto pezzato intenso, gli feci notare che erano solo sulle parti melaniche e gli feci fare confronti con le vere

Presenza di orlature sul dorso di un canarino di colore, per gentile concessione di: Diego Crovace

Gloster consort melaninico

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Lizard argento calotta netta

brinature di soggetti brinati. Era un tecnico bravo e recepì subito la differenza. Non posso dire altrettanto di altri allevatori del colore. Ricordo per esempio l’errore gravissimo di un tecnico, peraltro molto seguito, che una volta definì brinature delle orlature in soggetti melanici a fondo bianco! Aggiungendo con determinazione che le depigmentazioni non erano orli ma tagli… mentre è certissimo che nei bianchi sia lipocromici che melanici le brinature non si rilevano. La brinatura attiene ai carotenoidi che nei bianchi sono inibiti. Rimasi allibito ma non escludo che alcuni dei presenti avrebbero potuto dargli ragione per via del suo carisma. Si dice, ma non l’ho constatato personalmente, che qualcuno parlasse di orlature nei lipocromici, ove ovviamente non possono esistere. Erroraccio inverso al primo, trattasi ovviamente di brinatura abbondante; nei lipocromici che inibiscono le melanine non ci possono essere depigmentazioni melaniche, almeno fenotipiche cioè espresse.

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Cito questi sfondoni per evitare reiterazioni, per quanto improbabili. Consiglio di non dimenticare che le somiglianze non sono identità e che talora derivano da cause del tutto diverse. Un altro aspetto è che le depigmentazioni non appaiono con pari evidenza in tutti i tipi. Ovviamente nei

Un altro aspetto è che le depigmentazioni non appaiono con pari evidenza in tutti i tipi. Ovviamente nei tipi più ricchi di melanine, segnatamente classici ossidati, si notano di più mentre nei diluiti un poco meno

tipi più ricchi di melanine, segnatamente classici ossidati, si notano di più mentre nei diluiti un poco meno. Vi sono anche tipi dove le orlature sono proprio invisibili. Questo accade nell’opale. Quindi, se si dovesse accoppiare un bruno opale apparentemente ottimo con un bruno classico ottimo e nascessero dei portatori con orlature, non si dia la colpa alla latenza dell’opale ma al fatto che quell’opale evidentemente aveva orlature non visibili che si sono evidenziate nei portatori che sono dei classici, ancorché eterozigoti. Oggi mi si è parlato di soggetti molto segnati di orlature e nonostante ciò troppo ben considerati, specialmente agata mosaico. In effetti non sempre le depigmentazioni vengono valutate con la necessaria attenzione. È vero che nell’agata le orlature si notano un poco meno rispetto agli ossidati, ma ad un occhio esperto ed attento si notano eccome. Mi auguro che chi di dovere dia indicazioni di giudizio adeguate. In ogni caso, con certi difetti non si può essere tolleranti, altrimenti dilagano. Questo vale anche per le depigmentazioni, poiché hanno espressività molto variabile e ad una osservazione poco attenta a volte possono sfuggire, come indicato precedentemente. Senza soggetti davanti non è possibile essere veramente chiari. È quindi necessario che chi è interessato si faccia aiutare da persone veramente esperte e che faccia confronti. In questa sede posso dire che rispetto alla brinatura le orlature sono più evidenti, specialmente se nette. Raccomando rigore e di non dare ascolto a voci strane tese a sottovalutare il difetto. Il fatto che la caduta di una penna favorisca la depigmentazione, non significa che non possa apparire l’orlo depigmentato anche senza la caduta. In ogni caso la tara ereditaria c’è, caduta o non caduta. Poi c’è da sperare che quando si fanno acquisti, penne con orlature non siano state estirpate. Da qui il principio sempre valido di rivolgersi ad allevatori corretti.


CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Il Canarino “Rasmi Persian” La novità della nuova Razza riconosciuta anche in Italia testo e foto a cura della COMMISSIONE TECNICA CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

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opo tanti anni la razza Rasmi Persian, di origine iraniana, che rientra tra le razze “pesanti”, è stata riconosciuta nel 2022 dalla COM, quindi ufficialmente per la prima volta i soggetti sono stati esposti al 70° Campionato Mondiale di Napoli, svoltosi dal 13 al 22 gennaio 2023, dove erano presenti 22 soggetti tutti da allevatori Italiani, così suddivisi: quattordici singoli e due stamm. Essi sono stati molto apprezzati dagli allevatori ed anche dai visitatori, in quanto eccellenti, con uno stile elegantissimo e con la particolarità delle ali e della coda lunghissime, veramente una razza che avrà sicuramente un grande successo negli anni a venire. La CTN/CFPL ha proposto il riconoscimento di questa razza anche alla FOI, presentando documentazione completa dello standard, del disegno del canarino e della scheda di giudizio già utilizzata a livello COM, sia al Consiglio dell’Ordine dei Giudici che al Consiglio Direttivo Federale della FOI. Il CDF, in data 14 e 15 aprile 2023, ha ratificato la proposta avanzata

Per la prima volta i soggetti sono stati esposti al 70° Campionato Mondiale di Napoli, svoltosi dal 13 al 22 gennaio 2023

Rasmi Persian intenso giallo

dalla CTN, quindi il Rasmi Persian sarà presente anche nelle mostre FOI e risulta già inserito nelle categorie aggiornate per l’anno 2023, con le seguenti razze a concorso: - Rasmi Persian Brinato - Rasmi Persian Intenso - Rasmi Persian Fondo Bianco Lipocromico – Melaninico tutte le varietà

Rasmi Persian Origine: Iran Requisiti gabbia da esposizione: Altezza 34 cm Lunghezza 36 cm Larghezza - Profondità 22,5 cm Due posatoi rotondi, diametro 14 mm, posti sullo stesso livello a circa 10 cm l’uno dall’altro ad una distanza dal fondo gabbia di 18 cm.

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Standard analitico Posizione e stile - punti 20 La posizione del corpo forma un angolo di 50° con una linea orizzontale, in completa armonia tra tutti gli arti del corpo. Portamento e stile sono armoniosi ed eleganti dalla testa all’estremità della coda, a formare una linea retta. Difetti Posizione troppo inclinata e con gibbosità. Posizione non eretta. Portamento e stile apatici, statici e non armoniosi.

Gabbia da esposizione

Commenti e procedura di giudizio Per selezionare bene i migliori soggetti, una prima valutazione in fase di giudizio viene fatta guardandoli lateralmente per osservare la posizione che non deve presentare gibbosità o sbuffi sui fianchi, e da sopra, per valutare che le spalle siano ben strette ed attaccate al corpo. La coda, altro elemento importantissimo, deve essere lunga, nettamente in linea retta con il dorso, e all’estremità non deve essere inferiore alla larghezza delle spalle. La taglia è di cm 21, ma soggetti di taglia superiore devono essere preferiti a quelli di taglia inferiore. È tollerato un leggero sopracciglio, che comunque non deve coprire l’occhio. - Tavolo di giudizio di media altezza con l’obbligo di giudicare in piedi. - Anello F.O.I. tipo ‘’T’’. - Sono ammessi tutti i colori. - Non è ammessa la colorazione artificiale. Rasmi Persian

Punti

Posizione e Stile

20

Coda

20

Taglia

20

Corpo, Ali e Piumaggio

15

Testa e Collo

10

Gambe

10

Condizioni

5

Totale

100

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Scheda di Giudizio

Coda - punti 20 La lunga coda è in estensione col corpo e nettamente in linea retta col dorso. L’estremità della larghezza della coda non deve essere inferiore alla larghezza delle spalle. Difetti Coda corta. Coda cadente o rialzata non in linea con il dorso. Coda all’estremità stretta inferiore a quella delle spalle.


Taglia - punti 20 La taglia complessiva minima è di 21 cm. A parità di pregi, sono preferiti i soggetti di taglia superiore. Difetti Taglia inferiore a quella indicata.

parte superiore del cranio e proporzionata al corpo. Becco corto, occhi rotondi senza sopracciglia. Collo ben marcato, né troppo grande né troppo corto. Difetti Testa di forma irregolare, becco grosso. Collo troppo grande o troppo corto. Sopracciglia che non fanno vedere l’occhio.

Corpo - Ali – Piumaggio - punti 15 Corpo allungato, slanciato, con le spalle ben impiantate e attaccate al corpo, senza troppa prominenza sul petto o sulla schiena. Ali lunghe che coprono almeno 1/3 della coda, dove le estremità sono ordinate. Piumaggio attillato completamente liscio e aderente al corpo. Difetti Corpo grossolano, robusto e spigoloso, spalle visibili. Ali corte o incrociate. Piumaggio troppo lungo non aderente al corpo, ruvido e scomposto. Testa - Collo - punti 10 Testa rotonda e leggermente piatta nella

Gambe - punti 5 Gambe lunghe, forti, sode e flesse. Cosce lunghe, visibili e coperte da piccole piume. Difetti Gambe corte e non flesse. Cosce non visibili e spiumate.

Rasmi Persian

Condizioni - punti 5 Perfetta igiene, vivace e attivo. Difetti Soggetto presentato in condizioni igieniche carenti. Soggetto letargico.

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ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

Corteggiamento e riproduzione dei pappagalli nell’emisfero meridionale testo di RAFAEL ZAMORA PADRÓN (*), foto MOISÉS PÉREZ (LPF) e M. WEINZETTL (LPF)

Corteggiamento di Melopsittacus undulatus, foto: M Perez LPF

A

lle latitudini americane ed europee, qualsiasi specie di pappagallo può riprodursi con le condizioni stagionali di quella parte del mondo, rispondendo all’aumento o alla diminuzione delle ore di luce sincronizzate con la variazione delle

(*) Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque

È sorprendente vedere la preferenza delle femmine per alcuni maschi che si distinguono per la loro taglia e, soprattutto, per la loro dimostrazione di energia

temperature. Esiste la realtà istintiva dei pappagalli originari dell’emisfero australe di riprodursi nei mesi autunnali e invernali corrispondenti all’area sopra l’equatore. In "Oceania", la nuova grande voliera del Loro Parque, i pappagallini ondulati hanno iniziato un’esuberante dimostrazione del loro corteggiamento. Vederli in volo a organizzare i loro stormi, in uno spazio così ampio, è uno spettacolo che suscita il massimo interesse tra i visitatori.

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I pappagallini ondulati sono tra i cinque animali domestici più popolari al mondo. Sono comuni nelle famiglie grazie alla loro versatilità nel convivere con gli esseri umani

Maschi con femmina di Melopsittacus undulatus, foto: M Perez LPF

Amazona collaria, foto: M Perez LPF

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La cosa più sorprendente è vedere la preferenza delle femmine per alcuni maschi che si distinguono per la loro taglia e, soprattutto, per la loro dimostrazione di energia. I pappagallini ondulati sono tra i cinque animali domestici più popolari al mondo. Sono comuni nelle famiglie grazie alla loro versatilità nel convivere con gli esseri umani con diete di base poco impegnative. Sono protagonisti straordinari per chiunque voglia conoscere il comportamento dei pappagalli. Essendo piccoli, si adattano molto bene a molteplici condizioni, diventando estremamente prolifici se esse sono favorevoli. Forse per questo motivo, in un sito in cui condividono lo spazio con altre specie di pappagalli australiani, nonostante le loro piccole dimensioni, la loro attrazione per il visitatore è enorme. I bambini li identificano subito e poiché i pappagallini non sono timidi, si lasciano vedere da vicino come se non disdegnassero lo sguardo curioso degli umani. In questa nuova voliera, colpisce il modo con cui questa specie cerca i nidi, poiché non esita a praticare buchi dove altre specie più grandi non sono in grado di perforare il legno vivo. La capacità riproduttiva dei pappagallini ondulati è sorprendente sotto ogni aspetto e ora possiamo vederla dal vivo. Anche i pappagalli tropicali del Loro Parque Fundación stanno terminando la loro fase riproduttiva e quest’anno molto notevole è il successo delle Amazzoni dal becco giallo (Amazona collaria) con 11 nati, la maggior parte


dei quali si trova già nella fase indipendente. Questa specie è originaria della Giamaica, tipica delle giungle e delle foreste di mangrovie il cui degrado l’ha messa in una situazione vulnerabile e in pericolo di estinzione. È una specie molto poco conosciuta in ambiente controllato dall’uomo e raramente si ottiene una riproduzione stabile. Come per altre specie caraibiche, la loro aggressività è uno dei problemi nell’allevamento; inoltre sono particolarmente sensibili ai cambiamenti ambientali. L’allevamento di questi esemplari consente di ottimizzare i protocolli di gestione della specie e di ampliarne la rete di sicurezza. Al momento la loro distribuzione è concentrata in un’area molto piccola con la costante minaccia del bracconaggio e la pressione delle specie invasive oltre alla siccità intensificata dal riscaldamento globale. Oggi più che mai l’azione degli zoo e dei centri di allevamento accreditati è fondamentale per la conservazione della specie.

Melopsittacus undulatus nella voliera "Oceania" del Loro Parque, foto: M Perez LPF

Pulli di Amazona collaria LPF, foto: M. Weinzettl

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ALIMENTAZIONE

Aceto di mele o bicarbonato di sodio? Ovvero pH acido o alcanino? testo e foto di PASQUALE LEONE

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l pH, acronimo di potential of hydrogen (potenziale d’idrogeno) è una scala di misura utilizzata per valutare l’acidità o, viceversa, la basicità di soluzioni liquide o gassose. La scala del pH è compresa tra i valori che vanno dallo 0 (il punto più acido) al 14 (il punto più basico), dove 7 è considerato il punto neutro. L’uso più comune dell’utilizzo di questa scala è correlato all’acqua potabile e per quanto riguarda la cosmesi. Noi ornicoltori abbiamo spesso utilizzato la possibilità di alterare il pH, nello specifico quello gastrointestinale dei nostri soggetti, usando questa pratica come una sorta di alter-

Noi ornicoltori abbiamo spesso utilizzato la possibilità di alterare il pH, nello specifico quello gastrointestinale dei nostri soggetti

nativa ai farmaci o come forma preventiva per la cura di alcune patologie. Per raggiungere tale obbiettivo ci siamo avvalsi di due elementi di facile reperibilità in qualsiasi supermercato: l’aceto di mele ed il bicarbonato di sodio.

Scala valori dei livelli del pH

Negli anni passati, era consuetudine mettere un pizzico di bicarbonato di sodio nell’acqua del bagnetto, col duplice scopo di ripulire il piumaggio ed evitare che i nostri uccelli soffrissero di diarrea. Nella pratica, si alzava il pH gastrointestinale facendolo spostare da una base acida ad una più alcalina o, che dir si voglia, basica. Negli ultimi anni, la tendenza è cambiata in maniera opposta. Si è quindi passati ad acidificare l’acqua poiché sembra che la maggior parte dei batteri patogeni che colpiscono i nostri volatili siano più sensibili agli ambienti acidi. Oltre a questo, pare che la coilina risenta degli ambienti alcalini. La coilina è una sostanza che riveste lo stomaco degli uccelli (precisamente il

ventriglio) e che favorisce la digestione dei semi. Pare che in ambienti, appunto basici, la coilina abbia la tendenza ad assottigliarsi e che questo, pur essendo un problema gastrico, possa avere delle conseguenze a livello enterico, a scapito dell’intero processo nutrizionale. La domanda che potrebbe sorgere a questo punto è: quale dei due metodi è il migliore? Se lo strumento di valutazione fosse la tendenza, sembrerebbe che l’acidificazione del pH sia la migliore via da seguire; tuttavia, per quanto la cosa possa sembrare strana, nessuno può affermare questo con certezza poiché non vi è alcuno studio scientifico a riguardo. Tutte le nostre cono-

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Aceto di mele non pastorizzato, il più adatto allo scopo

scenze su questa pratica hanno una base empirica. Gli studi su quella che una volta veniva chiamata flora batterica intestinale, oggi microbiota, sono tantissimi. Purtroppo per noi, i criteri ed i parametri con i quali oggi gli studi vengono effettuati non sono tali da darci delle risposte. Da un punto di vista medico, probabilmente solo un veterinario specializzato in patologie aviarie potrebbe fornirci ulteriori dettagli, magari facendo delle opportune correlazioni, vista appunto la mancanza di letteratura scientifica a riguardo. Quello che noi possiamo fare è una disamina dal punto di vista nutrizionale al fine di valutare gli eventuali rischi o benefici a seconda di come, quando e quanto questa pratica venga utilizzata. Prima di fare dei confronti sulle loro rispettive proprietà, va detto che esistono vari tipi sia di bicarbonato di sodio che di aceto di mele e, a seconda dei prodotti scelti per l’utilizzo, i risultati potrebbero essere differenti. Di bicarbonato ne esistono due tipi: uno naturale che può avere diverse origini (es. ricavato dai sedimenti di acque sotterranee, dall’evaporazione di laghi salati, dalle ceneri di alcune alghe o da tipi specifici di piante) e l’altro artificiale, prodotto con sale, ammoniaca ed anidride carbonica. Per quanto riguarda l’aceto

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Del comune bicarbonato di sodio, seppur di origine non naturale, adatto allo scopo

Gli studi su quella che una volta veniva chiamata flora batterica intestinale, oggi microbiota, sono tantissimi

di mele, in commercio ne abbiamo tantissimi tipi: biologico, fatto da mele intere, non filtrato, non pastorizzato ecc. Se per i nostri fini non fa differenza quale tipo di bicarbonato di sodio scegliamo di utilizzare, per l’aceto di mele dovremmo stare attenti a scegliere quello non pastorizzato affinché possano essere in esso presenti dei preziosi batteri a sostegno del microbiota. Tornando alla domanda in questione, va detto che sia l’aceto di mele che il bicarbonato di sodio sono dei disinfettanti naturali ed utilizzarli, di norma, in aggiunta all’acqua da bere può avere il duplice effetto di ridurre la proliferazione batterica nell’acqua nonché di funzione igienizzante degli stessi beverini. Noi ornicoltori faremmo bene a ricordarcene durante i mesi più caldi, quando con l’innalzarsi della temperatura, la proliferazione batterica aumenta esponenzialmente.

Non vi sono differenze per quanto riguarda l’assimilazione delle proteine. Anche se una proteina può essere alterata a variazioni del pH, nel nostro caso le reazioni di denaturazione non sono tali da provocare la rottura dei legami peptidici della struttura primaria. In maniera meno tecnica, la sequenza di amminoacidi rimane sempre la stessa. Inoltre, viene comunque sempre mantenuto il prezioso rapporto di equilibrio acido-basico. A scanso di equivoci va chiarito che, nella scienza della nutrizione, il valore del pH dell’alimento non è decisivo per stabilire se questo abbia proprietà acidificanti o alcalinizzanti. Gli alimenti vengono valutati secondo il cosiddetto indice PRAL (Potential Renal Acid Load) che classifica i cibi in base alla loro capacità di acidificare il pH renale. Aggiungo questa informazione non per complicare ulteriormente l’assunto, ma per far capire che è una pratica sbagliata pensare di poter acidificare l’acqua per un lungo periodo, perché questo di sicuro è causa di scompensi. Gli organismi, come detto sopra, tendono a mantenere in equilibrio il rapporto acido-basico, pertanto i valori del pH gastrointestinale si stabilizzano in maniera autonoma. Se vengono forniti troppi cibi acidi, anche nel caso dell’acidificazione dell’acqua, gli acidi vengono neutra-


lizzati con l’aiuto dei depositi alcalini presenti nell’organismo, e qualora vi fosse un ulteriore eccesso questo sarebbe poi espulso dai reni tramite urine/feci. Quindi, in caso di acidificazione degli alimenti, considerando che gli organismi lavorano continuamente per ristabilire l’equilibrio tra acidi e basici, sarebbe importante dare anche la possibilità di “riempire” costantemente i depositi alcalini. Sempre a proposito dell’acidificazione dell’acqua, qualcuno sostiene che l’aggiunta dell’aceto possa essere causa di decalcificazione delle ossa dei soggetti o causa di uova deposte senza guscio. Asserzione completamente errata. Il processo nutrizionale di assimilazione del calcio è molto complesso e certamente non è additivo. Per rendere grosso modo l’idea, potremmo dire che è lo stesso organismo a stabilire quanto calcio assorbire e successivamente dove mandarlo, indipenden-

Acidificare o viceversa alcalinizzare l’acqua da bere dei nostri uccelli non può essere considerata una terapia

temente dalla quantità di calcio che viene introdotta in esso. In conclusione, acidificare o viceversa alcalinizzare l’acqua da bere dei nostri uccelli non può essere considerata una terapia, sia perché non vi sono specifici studi scientifici sia perché non si conoscono gli esatti dosaggi. È tuttavia innegabile che la pratica di modificare il pH gastrointestinale dei nostri uccelli tramite l’utilizzo dell’aceto di mele o del bicarbonato di sodio porti a dei giovamenti. Essi non devono es-

sere considerati esclusivamente come il risultato di un’azione antipatogena, ma inquadrati nella sinergia del benessere apportato all’animale stesso. In altri termini, vanno ad esempio valutate le azioni disinfettanti di entrambi i prodotti, i miglioramenti al microbiota apportati dall’aceto di mele non pastorizzato, l’eventuale “riempimento” dei depositi alcalini col bicarbonato ecc. Va sottolineato che tale pratica deve necessariamente essere circoscritta in un breve periodo di tempo. Quando e per quanto sono valutazioni soggette a diversi parametri, come ad esempio il periodo dell’anno, il clima, il tipo di alimentazione ecc. In funzione di questo, è palese che sia l’allevatore a fare le opportune considerazioni in base alla propria esperienza perché, è sempre bene ricordare, non c’è nessuno al mondo che conosca gli animali meglio dell’allevatore stesso.

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L’acidificazione dell’acqua di Gianluca Todisco (*)

L’

acidificazione dell’acqua è un argomento di assoluta attualità, spesso dibattuto in occasione di mostre e incontri tecnici tra allevatori. Al sig. Pasquale Leone va dunque il merito di aver toccato un argomento di sicuro interesse generale e averlo analizzato con critica pratica e scientifica. Mi permetto solo di aggiungere alcune note, a mio avviso, utili a completare le informazioni sull’argomento. L’acidificazione dell’acqua viene praticata con il duplice scopo di aumentare la digeribilità degli alimenti (Abdollahi MR et al., 2020) e ridurre l’uso di antibiotici (McKnight LL et al., 2020). Gli acidificanti, infatti, abbassano il pH di proventricolo e ventricolo con conseguente aumento dell’attività degli enzimi proteolitici (pepsina), migliore digeribilità delle proteine (Centeno et al., 2007) (gastrina e colecistochinina) e inibendo la proliferazione di batteri patogeni (soprattutto Campilobacter e Salmonella) nel tratto gastrointestinale (van Bunnik BA et al., 2012, Vandeplas S et al., 2010). Inoltre, l’acidificazione dell’acqua favorisce la sopravvivenza di batteri appartenenti al cosiddetto microbiota, complesso ecosistema costituito da batteri, funghi e protozoi. Nei polli è dimostrato che l’aggiunta di acidi all’alimentazione aumenta l’assunzione di mangime, riduce la produzione di metaboliti microbici che rallentano la crescita, favorisce l’assorbimento dei minerali (mediante la riduzione dell’effetto dei chelanti) e riduce l’incidenza delle

Soggetti che si abbeverano

infezioni subcliniche. Altro aspetto molto importante riguarda l’uso indiscriminato degli antibiotici anche negli allevamenti di uccelli da gabbia e voliera; in molti casi gli antibiotici vengono utilizzati per compensare carenze igieniche o addirittura problematiche non correlabili a cause infettive come un’alimentazione sbagliata o locali e microclima inadeguati. Il Regolamento Europeo 2019/6 sui medicamenti veterinari di futura applicazione dice: “I medicamenti antimicrobici non verranno utilizzati in maniera routinaria né per compensare una mancanza d’igiene, un allevamento di animali in maniera inadeguata o una ca-

(*) Medico Veterinario, Università degli Studi di Teramo, Dipartimento di Medicina Veterinaria

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renza di attenzioni, né per una cattiva gestione degli allevamenti”. In molte occasioni, per combattere una malattia, l’uso di antibiotici è considerato come preventivo invece di modificare l’igiene o la biosicurezza dell’allevamento. La nuova legislazione dice che dovremmo continuare a usare antibiotici, ma solo in quei casi in cui sia necessario e per tanto dobbiamo lavorare più sulla prevenzione, migliorando la biosicurezza e l’igiene degli allevamenti: gli acidificanti alimentari sembrano essere una possibile alternativa per la somministrazione di antibiotici allo scopo di migliorare lo stato di salute degli uccelli. In condizioni normali, nel proventricolo si produce acido cloridrico a mezzo di ghiandole presenti nella mucosa dell’organo, per cui il pH è normalmente basso; questo facilita la digestione attraverso il meccanismo dell’attivazione enzimatica. Negli uccelli granivori, ad esempio, nella fase di sgusciamento dei semi, il cervello invia al proventricolo il comando per la produzione di acido cloridrico e, nella stessa fase, si ha la produzione di saliva contenente amilasi, enzima utile alla digestione dell’amido. Per contro, l’aumento del pH gastrico ostacola la digestione e favorisce le infezioni batteriche, l’aumento del micete Macrorabdus ornithogaster (impropriamente detto “megabattere”) e altera il microbiota provocando disbiosi e tutto ciò che ne consegue (infezioni, enteriti, diarrea, malassorbimento).


Questo mese, il protagonista di Photo Show è: ANDREA MISTRETTA - RNA 37XT con la fotografia che ritrae il soggetto “Conuro Testa Gialla” (Aratinga Jandaya) Complimenti dalla Redazione!

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.



ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

L’Usignolo (Luscinia megarhyncos) di DINO TESSARIOL, foto AUTORI VARI

il mio ricordo va indietro agli anni ‘80 quando un vecchietto si precipitò a casa mia con un uccelletto visibilmente giovane

Nido di usignolo con uova, fonte: www.agraria.org

Giovane esemplare di usignolo, fonte: www.fotocommunity.it, © Mario Vannozzi

Portamento tipico quando posato su un ramo, fonte: www.ecomuseomartesana.it

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così allo svezzamento e all’alimentazione autonoma di un buon pastoncino per insettivori. In quegli anni disponevo di una grande voliera esterna e la vita del trovatello poteva quasi essere paragonata alla libertà. A piumaggio completato si rivelò un usignolo, bello, forte e docilissimo che quando entravo in voliera mi veniva a beccare le tarme sul palmo della mano, tanto che gli amici, vedendomi, mi chiamavano “il San Francesco degli uccelli”. Dico la verità: mi sarebbe spiaciuto liberare questa femmina in natura anche perché un uccello imprintato con l’uomo difficilmente sa poi cavarsela allo stato selvatico; speravo inoltre di poter trovare un maschio nato in allevamento per poter tentare la riproduzione. La ricerca fu vana e così, completata la muta e messo il piumaggio da adulto, il mio usignolo passò bene l’inverno in una voliera interna e, nell’aprile successivo, lo rimisi nella voliera esterna. Sospettavo che fosse una femmina dal fatto che per diverse settimane intorno alla voliera osservai dei soggetti selvatici, sicuramente migratori, attirati dal suo richiamo. Così, dopo essermi do-

cumentato sul materiale usato dall’usignolo per il nido, misi in voliera pagliuzze di erba secca, muschio e foglie secche che l’usignola incominciò subito a portare in giro ed in qualche giorno arrivò ad abbozzare un nido in un cespuglio di edere a 20 cm dal terreno. Finito era uno spettacolo e io diradavo le mie presenze per non disturbarla, tanto che un giorno mi accorsi che nel nido vi erano cinque belle uova, abbastanza grandi per la taglia dell’usignolo, di un colore violaceo picchiettate di nero. Che peccato non ci fosse il maschio, comunque la lasciai covare per i canonici tredici giorni per poi prelevare il nido con le uova, che ancora conservo. Fu così che in quel mese di maggio pensai di liberarla dotandola di un anello del progetto Euring Europa, messole regolarmente da un amico inanellatore scientifico. Per una decina di giorni tornò a pernottare in voliera per poi diventare completamente selvatica; il fatto che per quei giorni se la fosse cavata autonomamente mi fece ben sperare sulla riuscita della sua liberazione. Tornando alla descrizione di questa bel-

a natura, si sa, ha le sue compensazioni, tanto che se non si esprime al meglio nei colori di un uccello gli dona però un’ugola d’oro, come succede all’usignolo: tanto anonimo è il suo piumaggio bruno grigio con la coda rossastra quanto sviluppate sono le sue doti canore, così da essere considerato, a ragione, il migliore tra gli uccelli cantori europei. Mi fa piacere parlare di questo meraviglioso passeriforme perché il mio ricordo va indietro agli anni ‘80 quando un vecchietto che andava a lumache si precipitò a casa mia con un uccelletto visibilmente giovane, appena coperto dalle prime piume, che aveva trovato sperso, secondo lui, e ignaro di doverlo lasciare dove si trovava lo aveva raccolto per salvarlo. La mia prima domanda fu se si ricordasse il posto esatto dove l’aveva trovato, che lo avrei riportato alle cure della madre, ma l’incerta risposta del “salvatore” mi consigliò di allevarlo allo stecco, cosa che feci con ottimo risultato cercando insetti, vermetti, uova di formica, millepiedi e insetti vari ed anche tarme della farina, portandolo

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lissima specie, si può dire che ha forma allungata e sottile, collo di media lunghezza, testa piccola e becco di misura media, ala moderatamente lunga e arrotondata, con coda lunga; il piumaggio superiore è marrone grigiastro chiaro, mentre la colorazione del groppone e della coda è nettamente più ruggine; nella parte inferiore è bianco sporco. L’usignolo maggiore (Luscinia luscinia), che non è una sottospecie ma una specie a parte, presenta superiormente un colore leggermente più carico e delle screziature grigie che vanno dal petto alla

L'usignolo e l'acqua: un binomio inseparabile, fonte: www.animalivolanti.it, ©José Luis Barros

Usignolo maggiore (Luscinia luscinia), fonte: www.ambientebio.it

parte ventrale. I giovani di entrambe le specie sono fittamente macchiati di camoscio con petto più pallido o grigiastro. La specie nominale ha una lunghezza di circa 15-16 cm, un peso di circa 25 grammi, molto variabile tra l’inizio e la fine della migrazione, ed una apertura alare di circa 26-28 cm. Il volo dell’usignolo è stabile, un po’ lento, ondeggiante da un lato all’altro e leggermente ondulato, con battiti lenti, morbidi ed aggraziati; in migrazione viaggia solitario ed in primavera è il maschio che giunge per primo nei siti di nidificazione. L’usignolo vive in tutto il paleartico occidentale ed è una specie migratrice che sverna a sud dell’equatore nelle foreste dell’Africa e dell’Asia. In particolare, gli usignoli europei migrano principalmente nelle regioni africane di Senegal, Etiopia ed Uganda, mentre gli usignoli inanellati in Italia provengono da Germania, Austria, Slovenia, Polonia e Ungheria. La migrazione primaverile si svolge principalmente in marzo ed aprile e quella autunnale tra agosto e settembre, dopo il completamento della muta del piumaggio che è parziale nei giovani e completa nei soggetti adulti. Nelle stazioni di inanellamento in Italia vengono inanellati molti usignoli, con punte nel 1990 con oltre 1.500 soggetti e nel 2003 con circa 1.300. Gli usignoli inanellati in Italia sono stati ricatturati più o meno negli stati a nord dell’Italia sopra menzionati ed in Africa in Marocco, Libia e Costa d’Avorio, mentre non si registrano ricatture dall’Africa tropicale in quanto in quella terra l’inanellamento è praticamente assente. La dote principale di questo passeriforme è il suo meraviglioso canto che

Sonogramma di un periodo di canto dell'usignolo, fonte: web.tiscali.it

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realmente si può dire che incanti; è capace di virtuosismi impensabili per un piccolo uccello ed è tra i pochi uccelli diurni che cantano anche di notte. La sua potenza di voce può superare i 40/50 kHz e chi ha studiato il canto di molti soggetti, coi relativi sonogrammi, ha contato ben oltre 250 versi composti di note e melodie diverse l’una dall’altra; difatti, contrariamente a quasi tutti gli uccelli canori che dispongono solo di alcuni versi che ripetono, l’usignolo è in grado di improvvisare ed unire suoni ogni volta diversi dai precedenti. Chi ha avuto la fortuna di ascoltare da vicino un usignolo in libertà può solo esserne uscito meravigliato ed impressionato dalle sue virtù canore, tra l’altro conosciute fin dall’antichità, tanto da essere l’uccello preferito da tutti i regnanti del passato. L’usignolo maggiore differisce nel canto, che risulta più aspro, frammentato e con una melodia meno accentuata, con meno vocalizzazioni e più legnoso nell’esecuzione. Attualmente questa specie non è compresa tra gli uccelli minacciati, ma in molte zone scompare per l’alterazione del suo habitat naturale che è costituito da macchie arboree sparse e siepi, lungo corsi d’acqua con ricchezza di fauna insettivora. Una seria minaccia è la potatura meccanica delle siepi, la continua cementificazione dei corsi d’acqua ed in talune zone la pastorizia non regolamentata che distrugge i nidi nei pressi del terreno. La lista rossa 2018 della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) annovera l’usignolo come specie “a minor rischio”. Qui nella mia zona, presso il greto del fiume Piave, in oltre quarant’anni di osservazioni la

Provenienza degli usignoli inanellati all'estero e ricatturati in Italia, da: Atlante della migrazione degli uccelli in Italia di F. Spina e S. Volponi)


quantità di coppie è rimasta pressoché stabile solo con qualche fluttuazione annuale, ma qualche anziano dice che tempo addietro era presente anche intorno alle sorgenti di collina, dove ora non si ritrova più. La componente acqua è fondamentale per il suo ambiente ed anche in alcuni versi del canto se ne riconosce il tipico scrosciare. Attualmente è specie protetta di cui è vietata la cattura e l’allevamento in ambiente controllato se non proveniente da riproduzione in voliera e dotata di appositi anelli chiusi. L’allevamento non è particolarmente impegnativo grazie agli ottimi pastoncini per uccelli insettivori che attualmente si trovano in commercio, ma giornalmente vanno somministrate prede ed insetti vivi quali tarme, bigattini, camole, vermetti, uova di formica, millepiedi e quanto altro si trova in natura; l’usignolo digerisce bene anche le formiche vive. Disponendo di una buona quantità di insetti vivi, anche la riproduzione non è particolarmente complicata; i soggetti, se adeguatamente ospitati ed abituati alla presenza dell’uomo, diventano abbastanza confidenti e perdono la loro indole selvatica. In ambiente controllato, se ben tenuti, possono vivere ben oltre i 10 anni; un mio amico aveva un usignolo, trovatello da giovane, che aveva 13 anni e cantava ancora, ma lo trattava molto bene, fornendogli immancabilmente ogni giorno prede vive che il mio amico catturava personalmente. Concludo con una breve filastrocca popolare su questo splendido uccelletto: L’usignolo che trilla in primavera di giorno non lo sento mai cantare; egli canta col vento della sera. E col canto e con le rime manda la voce sua sopra le cime. e col suo canto e le sue rime belle manda la voce sua sopra le stelle. Solo gli uccelli sanno aggiungere musica al silenzio senza togliere al silenzio la sua identità. Credo che il canto degli uccelli, come la musica e la poesia, serva ad ingentilire la nostra esistenza e auguro a tutti, quando possibile, di abbandonarsi ad esso.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Sul Diamante fetonte Neochmia phaeton (Hombron e Jacquinot, 1841) testo e foto di IVANO MORTARUOLO

Caratteri distintivi Al Diamante fetonte sono state attribuite due sottospecie: la Neochmia phaeton phaeton e la Neochmia phaeton evangelinae. La sottospecie nominale occupa, seppur con distribuzione irregolare, sia la fascia costiera e interna dell’Australia settentrionale, sia l’area nord-orientale. La sottospecie evangelinae vive sia in Australia (nella penisola di Capo York, lungo la fascia occidentale e in

Le cromie delle femmine di entrambi i taxa sono più spente e le aree di rosso meno estese

circoscritte aree della fascia orientale) sia nella Papuasia meridionale (1). La documentazione iconografica a corredo di questa nota non offre le indicazioni sulle diversità fenotipiche esistenti fra le due sottospecie N. p. phaeton e N. p. evangelinae. Tuttavia giova rilevare che i due taxa si differenziano in quanto la ssp. nominale ha una struttura corporea più grande (cm. 14 con un peso di gr. 8,5-14,5) e la livrea è interessata da aree di un rosso più scuro e da una maggiore carica eumelanica, che si estrinseca

Maschio di Diamante fetonte della sottospecie nominale (Neochmia phaeton phaeton), foto: I. Mortaruolo

Femmina di Diamante fetonte della sottospecie nominale, foto: I. Mortaruolo

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Diamante fetonte: struttura alare di un pullus di ventitre giorni, foto: I. Mortaruolo

soprattutto nel vertice e nuca, nella parte inferiore del petto, ventre e

sottocoda, assumendo così tonalità nerastre. Per converso, la ssp. evangelinae, con i suoi cm. 10-13 di lunghezza e un peso di gr. 7,5-12,5, è lievemente più piccola e la sua colorazione è meno intensa, sino a divenire di un grigio-avana, dall’area toracico-ventrale alle copritrici inferiori della coda. Quest’ultima peculiarità cromatica ha contribuito all’affer-

Nidiaceo di quattro giorni. La pelle si è scurita, foto: I. Mortaruolo

Pullus di tredici giorni, foto: I. Mortaruolo

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Giovane D. fetonte di due mesi, foto: I. Mortaruolo

marsi nella nostra lingua (e in altre) del nome di “Diamante fetonte ventrechiaro” (in inglese White-bellied Crimson Finch o Pale-Bellied Crimson Finch), che si contrappone alla denominazione di “Diamante fetonte ventrescuro” adottata per la sottospecie nominale. Ulteriori elementi di differenziazione attengono al becco (nell’ evangelinae il rosso si fa grigio-azzurro alla base, mentre nell’altra sottospecie è biancastra) e alle zampe e piedi (nel phaeton il giallo o giallastro diviene giallo-bruno o giallo-carmicino ovvero carnicino). Inoltre, si può evidenziare lo schiarimento delle orlature delle copritrici delle primarie nella sottospecie nominale. Le cromie delle femmine di entrambi i taxa sono più spente e le aree di rosso meno estese. Ai lati del petto e sui fianchi di ogni singolo esemplare adulto vi sono delle piume che, a seconda dei sessi, si caratterizzano per la presenza di diverse aree bianche, formando così gruppetti di puntini tondeggianti, la cui disposizione può anche subire lievi variazioni da soggetto a soggetto. È stato rilevato che tali spot sono molto simili a quelli di alcuni esponenti del genere Lagonosticta, ma, come in precedenza segnalato (I. O. n. 1/2023), tale somiglianza, seppur rafforzata anche dalla cromia


del restante piumaggio, sembra che non abbia rilevanza tassonomica e anche sistematica. Nei giovani il becco è nero (intorno ai quaranta-quarantacinque giorni assume una vaga tonalità rossastra) e la livrea è prevalentemente bruna con aree rosso-bruno nelle copritrici e groppone. Inoltre, sono sprovvisti delle suddette macchiette bianche, che compariranno intorno al sessantesimo giorno. Da personali osservazioni, effettuate in ambiente controllato, è emerso che negli juveniles si può determinare il sesso, seppur con buona approssimazione, poiché le femmine non raramente presentano dei lievi schiarimenti nell’area toracico-ventrale. Naturalmente queste osservazioni vengono proposte a titolo me-

Ai lati del petto e sui fianchi di ogni singolo esemplare adulto vi sono delle piume che, a seconda dei sessi, si caratterizzano per la presenza di diverse aree bianche

ramente informativo e non aspirano ad alcuna pretesa di rigorosa attendibilità. Sta di fatto che i maschi all’età di circa cinquanta giorni iniziano a canticchiare. I pulli alla nascita hanno un tegumento roseo quasi totalmente privo di piumino, tuttavia, man mano che passano i giorni, si scurisce (questo processo inizia dalla parte bassa del dorso per poi svilupparsi verso la testa). La base del becco presenta dei lievi rigonfiamenti biancastri, il palato è giallino con cinque macchie scure (quella collocata nell’area mediana è la più grande) e la lingua ha una sorta di anello nerastro che avvolge la parte centrale (con la maturazione lo scuro del disegno scompare). Nei soggetti adulti permane una tenue traccia di macule palatali, le quali appaiono allungate, di piccole dimensioni e fortemente depigmentate. La struttura alare è compatta e arrotondata (detto altrimenti, è mancante delle primarie che “svettano”), tipica degli uccelli non migratori, i quali compiono soltanto piccoli spostamenti alla ricerca di cibo o di acqua. Anche la coda, che costituisce circa la metà della lunghezza totale del corpo, è un ulteriore elemento che mal si concilia con l’esigenza di percorrere lunghe distanze.

Bocca di un D. Fetonte adulto (femmina). Le macule del palato sono schiarite, allungate e di piccole dimensioni, foto: I. Mortaruolo

Cartina di distribuzione delle due sottospecie di Diamante fetonte: in giallo è indicato l’areale della Neochmia phaeton phaeton, in rosso quello della Neochmia phaeton evangelinae

Caratteristiche della bocca di un nidiaceo di D. fetonte. Si notino le macule palatali, la lingua cerchiata di nero e i rigonfiamenti biancastri alla base del becco, foto: I. Mortaruolo

NOTA (1) In natura non è mai stata documentata la riproduzione fra le due sottospecie o fra una di esse con altre specie. Tuttavia, a Kowanyama (sud-ovest della Penisola di Capo York) un esemplare manifestava un palese scurimento fra i fianchi cremisi e il ventre biancastro. Inoltre, soggetti riconducibili al fenotipo nominale sono stati osservati nei pressi di Pormpuraaw e del fiume Laura, vale a dire all’interno del territorio ritenuto occupato esclusivamente dall’evangelinae. Queste informazioni hanno suggerito che, nel limite più a sud dell’areale, potrebbero esserci stati dei contatti, con conseguente rottura dei cosiddetti “meccanismi isolanti”.

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CANARINI DA CANTO

Il Malinois, più lo conosci più t’innamori di FRANCESCO DI GIORGIO, foto G. MARSON

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l periodo che va dalla nascita al quarto/quinto mese di vita è cruciale, perché è in questo arco di tempo che si compie il passaggio dal biologico al culturale, sicché il giovane canarino cantore al termine di questa fase va ritenuto un elemento veramente completo. Questo percorso si realizza grazie all’incontro ed al convergere di un progetto socio-culturale che attiva e orienta il progetto meramente biologico. L’integrazione dei due processi avviene però sempre all’interno di un

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contesto socio-culturale specifico ed è resa possibile dalle specifiche capacità di apprendimento e di integrazione comunicativa che caratterizzano il “cucciolo” di canarino e il contesto mirato di cura educativa. La scuola dovrebbe essere un luogo in cui, conservati i principi pedagogici, si possa incontrare non più un maestro che “insegna”, bensì una figura capace di offrire l’opportunità all’allievo di apprendere in un clima armonico, di attenuare la primaria identificazione emotiva con la famiglia per proporsi con una lenta e gra-

duale partecipazione attiva al gruppo e alla vita sociale, di aiutarlo a scoprire la validità delle connotazioni del rispetto e della collaborazione. Il contenuto reale della pedagogia risiede nel principio che il recettore, come la società, ha un accanito bisogno di educazione e chi educa ad apprendere deve saper stare in relazione al gruppo nel rispetto di ogni componente, essere in grado di indirizzarsi ad esso con grande plasticità di modalità di comunicazione e ricchezza di contenuto psico-affettivo.


L’apprendimento pedagogico si sollecita con l’assimilazione delle nozioni scolastiche ottenute nel piacere affettivo degli scambi e mediante una molteplicità di stimoli sollecitatori e informatori che non trascurino la necessaria armonia fra suoni, mezzi visivi, silenzi, occasioni di riflessione e interlocuzioni fra componenti sensoriali e logiche, offerte con la consapevolezza che anche una piccolissima variazione del tipo di esposizione melodica da parte del canarino caposcuola può determinare una evidentissima variazione nell’assimilazione delle nozioni e nei risultati dell’insegnamento. L’educazione si attiva attraverso un accompagnamento attento dell’allievo, che fa leva sulle sue individuali risorse. Nella scuola, la dinamica insegnamento–apprendimento è sempre più centrata sul rendimento, sull’efficien-

L’educazione si attiva attraverso un accompagnamento attento dell’allievo, che fa leva sulle sue individuali risorse

tismo, in prospettiva di una “carriera precoce”. L’apprendimento che avviene in una condizione di competizione va a danno del singolo soggetto, al quale non viene più garantita la possibilità di sviluppare le proprie capacità, ma va a danneggiare anche l’intera comunità che non può conseguire il maggior bene comune possibile, in quanto viene privata del contributo di tutte le potenzialità canore in essa presenti.

Il giovane canarino assistito esprime pienamente sé stesso e si realizza nella sua essenza e verità, soprattutto nel rapporto con altre esistenze e nella partecipazione attiva alla vita sociale, intessendo relazioni autentiche. Ciò che qualifica l’insegnante e la sua funzione di docente è la capacità di riflettere e modificare costantemente le proprie strategie educative, in rapporto a contesti relazionali specifici, nei quali la sua azione educativa si rende necessaria e incisiva. Il rapporto esige una fiducia e una speranza incrollabili riguardo alla possibilità emancipata dell’allievo; reclama il coraggio, da parte del docente, di contrastare quegli eventi che ne ostacolino il divenire creativo; esige che si chieda al cantore principiante la conquista del massimo livello di espressione vocale che a lui è permesso di raggiungere.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Panurus biarmicus le ragioni di un successo testo di PIERCARLO ROSSI, foto D. CUTILLO, P. ROSSI, R. STEFANI E A. D’ALESSANDRO

Allevamento e riproduzione in ambiente domestico Saranno i suoi baffi neri oppure la sua indole curiosa e poco timorosa dell’uomo a renderlo un volatile estremamente accattivante. Questo ha fatto sì che negli ultimi anni un numero sempre maggiore di allevatori abbia tentato l’allevamento in ambiente controllato. In questo mio scritto vorrei mettere a confronto tre diverse tipologie d’allevamento propostemi da tre amici ornicoltori. Vorrei iniziare con Angelo D’Alessandro, un giovane allevatore del Lazio a cui passo la penna: “Mi chiamo Angelo D’Alessandro e vivo

Pullus, foto e all.: D. Cautillo

Seconda parte

a Pignataro Interamna (FR), piccolo paese situato nella valle del Liri, zona lussureggiante circondata dai monti, ambiente ricco di specie ornitiche sia stanziali che di passo, quindi è molto facile venire a contatto con i volatili ed innamorarsene. La mia passione per gli uccelli probabilmente è nata con me; sin da bambino ho sempre avuto di tutto, in particolare indigeni, i miei preferiti, ma anche esotici, canarini e pappagalli. Attualmente

allevo un numero importante di specie e più precisamente fringuelli, peppole, verzellini, cardellini, verdoni, organetti, lucherini, lucherini petto nero, cardinalini del Venezuela, canarini del Mozambico, passeri d’Italia, canarini selvatici, insettivori come usignoli del Giappone, tordo bottaccio e, appunto, i basettini. Un’altra mia grande passione è quella dell’ibridazione tra fringillidi: ogni anno allestisco diverse coppie nelle varie combinazioni, ma allevo anche uccelli acquatici e fagiani. Sono iscritto alla F.O.I. tramite l’associazione Albatros di Cassino, presieduta da Riccardo Rigato, Giudice internazionale, veterinario ma soprattutto grande

Il primo nato, foto: P. Rossi

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Pronti per l'imbeccata, foto: P. Rossi

Pulli a nido, foto: P. Rossi

Pronti per essere anellati, foto: R. Stefani

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amico sempre disponibile e prodigo di consigli. Sono da sempre affascinato dal mondo degli uccelli insettivori europei, un ambito molto affascinante ma allo stesso tempo difficile da intraprendere soprattutto per problemi legati al regime alimentare. Durante il mio girovagare ornitologico mi trovai un giorno da un rivenditore e in un gabbione vidi sei basettini, di provenienza olandese, che con il loro piumaggio di seta e quelle movenze da acrobati fecero subito breccia nel mio cuore; così decisi di portarli a casa. Dopo circa un mese persi la femmina per motivi ignoti, così mi venne in aiuto Antonio Puzone, grande allevatore di insettivori e soprattutto amico di tutti, che ci ha lasciati troppo presto, qualche mese fa, il quale mi donò una splendida femmina che lui aveva allevato allo stecco. La voliera in cui sono alloggiati è di 5x3x3 metri, con 4 metri completamente a cielo aperto; questo permette loro di vivere in uno stato pressoché naturale; la voliera è allestita con piante sempreverdi come leyland, alloro… all’interno della medesima sono presenti altri uccelli come verdoni, cardellini, fringuelli e passeri d’Italia, che viste le dimensioni non si disturbano minimamente. L’alimentazione per i basettini è basata su un pastone per insettivori addizionato con estrusi, spirulina e calcio, anche se ho notato che nel periodo invernale mangiano anche semi, soprattutto scagliola, che prelevano dalle mangiatoie dei granivori presenti in voliera. Nel periodo primaverile cominciano a catturare tutti gli insetti che, malauguratamente per loro, passano attraverso le maglie della voliera, ed è allora che comincio a fornire bigattini scongelati (da me preparati facendoli bollire per un paio di minuti) ed un prodotto del commercio di marca italiana che ritengo veramente eccellente. Per l’allevamento dei piccoli uso i bigattini bolliti spolverati con del calcio e gli insetti artificiali; i pulli vanno inanellati con anello Y a 4 giorni di vita. Io credo che le chiavi di tale successo siano da attribuire principalmente alle dimensioni della voliera ed al suo habitat pseudo-naturale.

Penso questo perché provando ad allevare alcune coppie in alloggi di dimensioni più ridotte non ho avuto successo, ovvero deposizione senza cova oppure alla nascita i piccoli non venivano accuditi regolarmente. Vorrei concludere dicendo che con i basettini ho avuto una grande soddisfazione espositiva, ovvero la vittoria del mondiale di Napoli 2023 con un bellissimo maschio che si è aggiudicato il titolo con ben 93 punti”. “Mi chiamo Ralf Stefani ed ho già collaborato con Piercarlo in un precedente articolo sul fringuello, che allevo con grande passione insieme al ciuffolotto, ad alcune coppie di verdoni, cardellini

Sono da sempre affascinato dal mondo degli uccelli insettivori europei, un ambito molto affascinante ma allo stesso tempo difficile da intraprendere soprattutto per problemi legati al regime alimentare

major, organetti e lucherini; questa è stata un’annata di grandi soddisfazioni poiché sono riuscito a riprodurre il frosone topazio ed alcuni soggetti nella nuova mutazione apparsa nel ciuffolotto denominata per il momento “satiné”, oltre appunto al basettino. Ne avevo tentato la riproduzione anche alcuni anni or sono con scarsi risultati ma, essendo una specie che mi affascina molto, quest’anno durante uno dei miei giretti in Belgio non ho resistito e ne ho acquistata una coppia. Come alimentazione ho fornito loro una miscela formata dal 50% di misto per esotici extra dove ho aggiunto un 25% di semi di misto per lucherini e l’altro 25% di miscela per fringuelli, che lascio a loro disposizione sempre; oltre a que-


sti semi sto fornendo loro alcuni tipi di pastoncini per insettivori a base di frutta e di insetti, oltre ad un prodotto acquistato in Belgio specifico per i basettini e gli uccelli da palude. Inoltre, aggiungo anche un altro prodotto per gli insettivori di marca italiana; così facendo, ho notato che loro recuperano dalle varie mangiatoie tutti i prodotti graditi ed a loro necessari per la sopravvivenza e per l’allevamento. Oltre a tutto questo, nel periodo riproduttivo fornisco loro un pastone del commercio addizionato con uova sode semi da germoglio piselli e mais, integratori, pinkies e buffalo decongelati, di cui vanno letteralmente pazzi. Per portarli in estro presento loro una mangiatoia con tarme della farina; queste le allevo io durante l’inverno e le preparo a dovere spurgandole, così da non correre rischi di contaminazione, alimentandole con un nutrimento bello carico così che risultino belle sostanziose.

A Nido, foto e all.: R. Stefani

Una volta entrati in estro, somministro delle buffalo, sempre di mia produzione, di misura ridotta, per non riscaldarli troppo, quindi pongo più nidi all’interno

della voliera a loro dedicata, che ha le seguenti misure: 1,5 x 2 x 2 metri di altezza che precedentemente infrasco con i pappi delle canne da palude per dare un tocco più naturale all’ambiente, consono ai basettini. Sistemo varie tipologie di nidi, sia quelli a cassetta con il foro d’ingresso che quelli a casetta per canarino, che è poi la loro scelta, in quanto lo ricoprono completamente con fibre di cocco e materiale più morbido all’interno, tipo sisal. La prima nidiata che ho avuto era composta da 4 piccoli, ma purtroppo i genitori, molto meticolosi, nel tentativo di togliergli gli anelli ne hanno gettati due a terra, mentre gli altri due sono riuscito a svezzarli egregiamente e la femmina è subito ripartita per la covata successiva. Forse per la presenza dei piccoli all’interno dell’aviario, la covata è stata abbandonata ma, una volta svezzati i pic-

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coli, la femmina ha deciso di deporre nuovamente. Anche questa volta sono nati 4 piccoli, e vista l’esperienza della deposizione precedente ho deciso di attendere fino all’ultimo momento prima di inanellarli; anche se ho cambiato tecnica di mascheratura dell’anello, purtroppo un piccolo non ce l’ha fatta mentre gli altri tre sono usciti dopo un paio di giorni dal nido ed i genitori stanno terminando lo svezzamento. Dalle mie osservazioni sul campo ho notato che sono indispensabili pinkies e buffalo ed inoltre, durante i primi giorni di vita, ho fornito dei moscerini della frutta: avevo realizzato dei contenitori con della frutta ben matura così da creare questi moscerini, che forse non saranno indispensabili ma ritengo siano molto preziosi per allevarli; inoltre, sono riuscito a reperire dei grilli micro che vengono utilizzati per l’allevamento dei rettili; come li ponevo nei contenitori, loro ci si fiondavano per poi portarli ai piccoli. Questa è la mia esperienza con i basettini: ora i piccoli della seconda covata stanno esplorando la voliera, mentre ho visto la femmina che sta nuovamente girovagando per l’aviario con del materiale da nido, pronta per una nuova deposizione”. “Buongiorno, mi chiamo Domenico Cautillo ed il mio allevamento è improntato su diverse specie non comuni, a cui il buon Piercarlo ha dedicato diversi articoli per la nostra rivista, come ad esempio il passero del deserto (Passer simplex), il botton d’oro (Sicalis flaveola) lo zigolo pettodorato africano (Emberiza flaviventris), oltre a diverse altre specie come il passero dorato, il fringuello tunisino, il verdone, il lucherino etc. Nel 2021 ho costruito un nuovo aviario per i miei beniamini, che purtroppo quest’anno a causa dell’alluvione in Romagna è andato sott’acqua; per fortuna sono riuscito a salvare diversi soggetti che mi permetteranno di portare avanti questa mia grande passione. Mi ero ripromesso che appena fossi riuscito a realizzare voliere di dimensioni consone, una delle prime specie che avrei introdotto sarebbero stati i basettini e così è stato, una specie che amo da sempre.

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Pulli di diversi giorni, foto: A. D'Alessandro

La prima stagione cove mi ha regalato tre femmine ed un maschio, Best in Show alla mostra di Carduelis 2021 che si è svolta in quel di Foggia. Alla coppia, che avevo posto in una voliera da 1,75 x 1 x 2 metri, infrascata con canne da palude, subito molto gradita dai nuovi ospiti, che ho notato soprattutto nel periodo invernale trastullarsi con i numerosi semini presenti, ho fornito fin da subito un ottimo pastone per insettivori a becco fine oltre ad alcune camole e pinkies surgelate; lascio poi a loro disposizione un contenitore con un misto per canarini composto in prevalenza da scagliola. Ho notato inoltre che ai basettini piace molto fare il bagno. Durante l’allevamento dei piccoli ho utilizzato delle camole del miele di dimensioni ridotte, graditissime, che hanno una cuticola morbida e digeribile, oltre ad un mix di

Durante l’allevamento dei piccoli ho utilizzato delle camole del miele di dimensioni ridotte

estrusi alla frutta; come per tutti gli altri componenti del mio allevamento, nel periodo riproduttivo fornisco un pastone con perle morbide, apprezzato anche dai basettini. Questo tipo di alimentazione, soprattutto in un periodo di forte caldo, come questo, mi obbliga a pulire maggiormente l’aviario per evitare spiacevoli sorprese. Per quanto riguarda la riproduzione, io credo che il periodo migliore sia quello da metà maggio a tutto giugno, così ho deciso di porre un solo nido all’interno della voliera in quanto mi è capitato che con più nidi a disposizione la femmina “vada in confusione” e deponga le uova in diversi nidi. Ho deciso quindi di infrascarne uno solo, da canarino, diametro 12 cm, con le canne da palude e di porlo ad un’altezza di 70/80 cm. Come per tutte le specie che allevo, io sono solito porre tutto il materiale per la costruzione del nido all’interno del medesimo; sarà poi la femmina a sistemare il tutto nel migliore dei modi. Per la costruzione del nido ho fornito un mix di sisal con pelo animale, muschio, fibra di cocco etc. Le femmine che si sono susseguite in questi anni hanno sempre deposto una media di 5/6 uova, incubate da entrambi i genitori (come si può ammirare nella foto a corredo). Una volta nati i piccoli, i genitori sono molto attivi e prodighi nello svezzamento della prole, anche se qualche imbeccata supplementare fornita dal sottoscritto male non fa. Il periodo critico arriva quando i piccoli abbandonano il nido: sono uccelli molto precoci ed in questo mi ricordano alcune specie del Sudamerica che allevo o ho allevato in passato. Memore di queste esperienze, pongo sul fondo della voliera diversi rami e rametti, dove i piccoli possono arrampicarsi e chiedere l’imbeccata ai genitori in questa delicata fase. Un piccolo aneddoto: in passato in Romagna i basettini venivano allevati utilizzando il mangime per i polli e, ad onor del vero, soprattutto nel periodo invernale, quando il loro sistema digerente muta, l’ho utilizzato anche io e posso dire che è molto gradito”.



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71° CAMPIONATO MONDIALE DI ORNITOLOGIA - TALAVERA 2024


CRONACA

Convegno tecnico: il Diamante di Gould “bruno” Tecnici ed ornicoltori a confronto testo di ANTONIO VENTUROLI e SAVERIO PARISELLA, foto F. PAGLIARINI e N. CASCIELLO

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on lo svilupparsi della tecnologia gli incontri ornitologici sono diminuiti drasticamente. Sebbene ora l’informazione riesca a raggiungere tutti gli allevatori in ogni angolo della terra, allo stesso tempo s’è perso quel calore e quel piacere di ritrovarsi per confrontarsi e discutere. Ma, fortunatamente, c’è ancora chi cerca di organizzare incontri dal vivo (per così dire): persone che l’ornitologia la vivono, ma soprattutto l’hanno costruita dedicando molto tempo ed energie per far sì che si mantenga ancora

Maschio bruno testa rossa petto viola

L’ornitologia è anche confrontarsi davanti ad un tavolo con soggetti esposti non per il “bello” ma per studio

quello spirito di aggregazione che ha sempre contraddistinto il nostro movimento!

Così il 23/07, nella splendida cornice di Correggio (RE), si è tenuto il primo incontro ornitologico indetto dal Presidente ASOC Roberto Sabattini, che ci ha salutato con queste parole: “Per L’Associazione Sportiva Ornitologica Correggese, che rappresento in qualità di Presidente, è un onore ospitare nella nostra sede un gruppo così affiatato e appassionato allo studio e all’evoluzione delle nuove mutazioni che, in questo caso, riguardano il Diamante di Gould bruno. Queste sono iniziative costruttive! Questo è fare ornicoltura, perché

Femmina bruno testa nera petto viola

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Lutino bruno testa rossa

Dettaglio maschera bruno testa nera petto bianco

Dettaglio remiganti maschio bruno testa rossa

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l’ornitologia è anche confrontarsi davanti ad un tavolo con soggetti esposti non per il “bello” ma per studio. Crediamo che questo sia il modo di tenerci uniti, lasciando alle spalle l’invidia che talvolta si insinua tra gli allevatori e i tecnici”. Questa è la passione per l’ornitologia dimostrata dal Presidente del gruppo Amici del Diamante di Gould Daniele Zanichelli, che ha riunito allevatori sparsi su tutto il territorio Nazionale. Per chi, per vari motivi, non è riuscito a presenziare, l’organizzazione ha provveduto a fare una registrazione dell’incontro; inoltre, alcuni volontari hanno tenuto in videochiamata alcuni allevatori che hanno così potuto essere presenti virtualmente; tra questi, il presidente della CTN EFI Ing. Carmelo Montagno Bozzone, il quale non ha voluto mancare per offrire il proprio contributo tecnico e allo stesso tempo per ascoltare le opinioni degli intervenuti. In occasione di questo incontro, che ha avuto come ordine del giorno “La Mutazione Bruno del Diamante di Gould”, sono intervenuti allevatori e tecnici di alta levatura. A tenere banco sono stati i due giudici internazionali Francesco Faggiano e Stefano Angelini, che ci riassumono con queste parole il loro punto di vista: “Interessante l’interlocuzione realizzata tra ornicoltori di Gould e tecnici, volutamente ricercata dagli organizzatori dell’evento per creare quel sodalizio funzionale alle dinamiche del mondo espositivo che spesso vede le due parti troppo distanti tra loro nell’interpretazione dei soggetti. Argomento base dell’incontro è stata la mutazione bruno e le prospettive di selezione che sorgono trasversalmente nell’interazione con altre mutazioni. Come sappiamo, purtroppo, la mutazione bruno è ancora coinvolta in controversie più geopolitiche che tecniche... Vero è però che la platea è stata concorde sul fatto che si tratti realmente della canonica mutazione sessolegata, che riduce la possibilità di ossidazione delle eumelanine; convinzione data dal meticoloso studio tecnico-selettivo svolto in sincronia da diversi big del Gould, oltre che dai risultati della selezione. Con questa convinzione unanime sull’iden-

tità della mutazione ed assecondando i capisaldi della selezione ordinaria, i risultati fenotipici che abbiamo ammirato e studiato in questa interessante mattinata risultano veramente chiari e notevoli! Nei soggetti bruno classico, si evidenzia come sia corretto ricercare un viraggio della melanina nera in marrone cioccolato scuro, saturo e brillante; in particolare, le maschere melaniche rappresentano la migliore espressione fenotipica della mutazione. Il dorso si presenta correttamente quando ha una tonalità più calda e morbida rispetto al verde freddo e brillante del classico, così come per il ventre dei bruni, rispetto al quale si è tutti concordi nel preferire un giallo ocra denso ed uniforme. Remiganti e timoniere devono presentarsi nocciola scuro.

La selezione ancora oggi persegue modelli teorici che spesso risultano non solo superabili, ma addirittura inadeguati

Una descrizione sommaria ma condivisa da tutti, di semplice accordo, cosa di contro più complessa per le combinazioni. Se si è più o meno tutti concordi sul pensare ad un Gould pettobianco bruno, come un soggetto dai toni marrone castagna con dorso e ventre freddo e brillante, sul punto di saturazione (ossia sulla “scurezza”) dell’eumelanina bruna nei soggetti lutino bruno (alias satiné) le perplessità non mancano. Dubbi sostenuti da un lato dalla radicata convinzione pluriennale che gli uccelli mutati più scuri sono e meglio è, dall’altra dall’ottenimento di soggetti con zone di elezione del nero eccezionalmente scure (marrone scuro) rispetto alla combinazione considerata (che richiede saturazione, non “scurezza” del pigmento eumelanico, il quale - ricordiamo - deve essere beige!). A tal proposito, è stato visionato anche il disegno standard del satiné che la CTN EFI presenterà prossi-


Ibridi maschio bruno D. Di Gould x femmina Bruno Kittlitz

mamente nella revisione dello standard del Gould, evidenziando come già oggi molti esemplari siano erroneamente più scuri del prototipo. Questo evidenzia come la selezione ancora oggi persegua modelli teorici che spesso - come in questo caso - risultano non solo superabili, ma addirittura inadeguati perché fuori dai range identificativi del fenotipo. Utile è stato a tal proposito il confronto sull’argomento (poi generalizzato) sulla giusta ossidazione che ogni fenotipo deve esprimere, superando il concetto che più è scuro meglio è! Questo risulta particolarmente importante in quelle specie (come il Gould) capaci di pigmen-

Dettaglio ibridi maschio bruno D. Di Gould x femmina Kittlitz

tare aree del piumaggio con melanina nera assoluta, grazie ad un fenomeno di saturazione che è evidentemente autonomo rispetto al tipo di pigmento che l’assetto genetico consente: questo ci spiega perché i soggetti satiné tendano con facilità a scurire inopportunamente le maschere virando dal beige scuro al marrone. Più complessa è stata la discussione sul Pastello bruno, di cui abbiamo potuto visionare solo alcune foto, che mettono in evidenza nuovamente le incoerenze e le stranezze del Pastello a dominanza incompleta sex-linked nell’interazione con altre mutazioni, compresa la bruno, con la quale produce un fenotipo dal fondo nocciola e non grigio, molto delicato, ma di difficile comprensione: vedremo dove ci porterà anche questa volta la selezione.” Alla fine della riunione e prima di salutarci, non è mancato un buon bicchiere di vino per degustare gnocco fritto e tigelle che hanno reso indimenticabile la giornata! Si ringraziano anche i giudici e allevatori presenti: oltre all’organizzatore Daniele Zanichelli, Emanuele Piccinini (giudice e membro CTN-EFI), Sergio Lucarini e Gianluca Moroni (giudici), Simone Olgiati e Antonio Venturoli (allievi giudici FOI), Marco Allegretti, Igor Baggi, Roberto Brescianini, Nicola Casciello, Paolo e Manuel Conocchia, Imer Fabbri, Natale Fioretti, Alessandro Garlassi, Vilter Montanari, Filippo Pagliarini, Francesca Pistidda (con il suo amorevole bambino Gabriel), Alex Storchi e chiunque ha partecipato. Speriamo che iniziative come questa possano ripetersi nel futuro per mantenere vivo il nostro hobby!

Dettaglio timoniere e spadino maschio bruno

Maschio bruno testa rossa petto bianco

Dettaglio sottogola (bavetta) maschio bruno testa arancio petto bianco

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O rniFlash Questi coloratissimi uccelli tornano a volare (stavolta grazie all’uomo)

News al volo dal web e non solo

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onsiderati estinti da 100 anni, gli Ararajuba (Guaruba guarouba) sono tornati a colorare il cielo di Belém, nel Pará in Brasile. Endemica dell’Amazzonia, questa specie di uccelli bellissimi è scomparsa nel secolo scorso, ma un programma è riuscito a reintrodurre gli Ararajuba in natura. Il programma, che prevedeva l’allevamento degli uccelli e il loro rilascio, è stato coordinato dall’Istituto per lo Sviluppo Forestale e la Biodiversità dello Stato del Pará, in collaborazione con la Fondazione Lymington. Il progetto consiste nel riportare gli uccelli nel loro habitat e nel mantenere una nursery aperta e sorvegliata con cibo disponibile nel parco. Un altro risultato atteso è la promozione dell’educazione ambientale e della sensibilizzazione nell’area circostante. L’idea è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla minaccia di estinzione di questi animali e anche sulla cattura di animali selvatici, usando gli Ararajuba come bandiera. La gestione dovrebbe contribuire alla formulazione di un protocollo che aiuterà la conservazione di questa e di altre specie nel Pará e in altri Stati brasiliani. Secondo Luís Fábio Silveira, dottore di ricerca in Zoologia dell’Università di San Paolo (USP) e presidente della Fondazione Lemyngton, il terzo ciclo del progetto dovrebbe iniziare nel marzo 2024, con la preparazione di altri 30 uccelli da reintrodurre nel parco. Gli uccelli provengono dal vivaio della Fondazione, con sede a Juquitiba, nello Stato di San Paolo. Il progetto di reintroduzione e monitoraggio degli Ararajuba nell’Unità di conservazione del Parco statale di Utinga è iniziato nel 2017 e ha già reintrodotto 38 esemplari. Nella seconda fase, l’iniziativa ha attraversato un periodo di interruzione a causa della pandemia di Covid-19, quando il monitoraggio è stato ridotto al minimo possibile a causa delle difficoltà imposte. Alla fine però si è rivelata un grande successo, dato che oggi si registrano uccelli che vivono in modo del tutto indipendente dalle cure umane, si nutrono da soli e si comportano in modo del tutto naturale. Il progetto ha visto anche la riproduzione degli Ararajuba, essenziale per l’autosufficienza della popolazione. Fonte: https://www.greenme.it/animali/animali-selvatici/ararajuba-tornano-volare-progetto-reintroduzione/

I municipi collaborano alla Campagna di Raccolta dei Piccoli della Berta

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uccello marino più diffuso alle Canarie è la berta maggiore (Calonectris diomedea borealis) e questa “Campaña de Recogida de Pollos de Pardela Cenicienta” mira a fornire le linee guida per il salvataggio dei piccoli che cadono disorientati dalle luci durante il loro primo volo notturno. La difesa e la conservazione della biodiversità, con la conseguente sensibilizzazione della popolazione in merito, è un tema che necessita di notevole attenzione, in quanto la sua messa in atto, potenzia la produttività del paese in vari settori e tanto altro ancora. Qualsiasi specie, a prescindere dalle dimensioni, detiene e svolge un ruolo peculiare in ciascun ecosistema in cui vive, portando aiuto nello specifico ecosistema stesso, al fine di conservare e mantenere i suoi equilibri vitali. La “Pardela Cenicienta”, ovvero l’uccello marino, noto come gallinella o berta di mare, risulta essere, in questo caso, la chiave giusta per responsabilizzare i cittadini a tal proposito. Questa particolare specie, usuale in tutte le Isole Canarie, compie il suo primo volo notturno verso il mare, tra i mesi di ottobre e novembre. La progressiva urbanizzazione del litorale, ha però compromesso il loro habitat, al punto tale che quando la suddetta specie leva il suo primo volo nella notte, accompagnata dalle stelle, si scontra accidentalmente, confondendosi disorientata dall’illuminazione delle case, degli edifici e delle strade. Questo fa sì che questi uccelli marini precipitino al suolo, dal quale poi non possono riprendere il volo per continuare il loro viaggio. Ogni anno, il Cabildo de Tenerife, avvia la Campaña de Recogida de Pollos de Pardela Cenicienta 2023, alla quale l’Ayuntamiento de Arona aderisce, attraverso la Concejalía de Seguridad. Questa campagna ha lo scopo di corredare linee guida, affinché questi piccoli, che cadono destabilizzati e confusi dalle luci durante il loro primo volo notturno, possano essere salvati. Fonte: https://www.vivilecanarie.com/info-canarie/i-municipi-collaborano-alla-campagna-di-raccolta-dei-piccoli-della-berta/


O rniFlash I piccioni possono risolvere problemi estremamente complessi piccioni, a differenza di quello che pensa la moltitudine di persone, sono molto intelligenti, cosa risaputa dagli studiosi che, però, non avevano ancora scoperto che il meccanismo da loro utilizzato per fare le scelte corrette è molto simile al metodo utilizzato dai modelli di intelligenza artificiale per fare le previsioni giuste. Lo ha dimostrato un team di ricerca americano che ha messo sotto la lente questo loro approccio, scoprendo il procedimento che permette a questi uccelli di risolvere un’ampia gamma di compiti eccezionalmente complessi. I piccioni, spiegano gli scienziati, a differenza del modo di pensare degli umani caratterizzato dall’attenzione selettiva e da un uso esplicito di regole, impiegano il cosiddetto apprendimento associativo che collega due fenomeni tra loro. I ricercatori, che hanno pubblicato il loro studio su iScience, hanno sottoposto i piccioni a complessi test di categorizzazione che l’uso della logica, o del ragionamento del pensiero di alto livello, non avrebbe aiutato a risolvere. Gli uccelli, invece, in virtù di prove ed errori, alla fine sono stati in grado di memorizzare abbastanza scenari nel test per raggiungere quasi il 70% di precisione. I piccioni, insomma, non hanno bisogno di una regola, ha spiegato Brandon Turner, autore principale dello studio e professore di psicologia alla Ohio State University, ma imparano attraverso prove ed errori. Nel corso dei test, i piccioni hanno migliorato la loro capacità di fare le scelte giuste dal 55% al 95% delle volte quando si trattava di alcuni dei compiti più semplici. Di fronte a una sfida più complessa, la loro precisione è aumentata dal 55% al 68%. Lo studio mostra quanto possano essere incredibilmente forti i sistemi associativi, pur se talvolta considerati un modello di ragionamento inferiore. In un modello di intelligenza artificiale, infatti, l’obiettivo principale è riconoscere modelli e prendere decisioni. I piccioni, come mostra la ricerca, possono fare lo stesso. Imparando dalle conseguenze, ovvero non ricevendo il premio quando sbagliano, questi uccelli hanno una notevole capacità di correggere i propri errori. Un risultato interessante se non altro per prendere atto che screditare alcuni animali senza conoscerli approfonditamente può essere poco conveniente sotto tanti aspetti. Fonte: https://www.kodami.it/i-piccioni-possono-risolvere-problemi-estremamente-complessi-come-unintelligenza-artificiale/

Ecco la verità sul Moa, il più grande uccello mai esistito sulla Terra

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l moa, un gigante che un tempo percorreva la Terra, è stato l’uccello più alto della storia, con una statura imponente che ha catturato l’immaginazione di molti. Nonostante le sue dimensioni enormi, si crede che sia andato estinto prima dell’arrivo degli europei nella sua terra natia, la Nuova Zelanda. Un nuovo studio, ancora in fase di revisione paritaria, ha esplorato la probabilità di una teoria alternativa sull’estinzione del moa. Mentre quella principale suggerisce che la caccia eccessiva da parte degli umani abbia portato alla loro scomparsa intorno al 1450 d.C., l’ipotesi alternativa della “sopravvivenza scaglionata” suggerisce che la loro estinzione possa essere avvenuta più lentamente, il che significherebbe che alcuni moa giganti erano ancora presenti in Nuova Zelanda dopo l’arrivo degli europei nel 1642. Lo studio ha mappato le probabilità della persistenza del moa utilizzando un database di 97 presunti avvistamenti registrati dal 1675, assegnando punteggi qualitativi basati su vari fattori chiave. Il risultato? Non sembra promettente per coloro che affermano di averne visto uno vivo. “Assumendo conservativamente una bassa ma non nulla probabilità di persistenza del moa associata a ciascun presunto avvistamento del moa dopo il 1450 d.C., è più probabile che non si siano estinti prima del 1770 d.C., quando gli europei iniziarono ad arrivare in Nuova Zelanda”, scrive l’autore Floe Foxton. Questo studio favorisce quindi l’ipotesi della caccia eccessiva e suggerisce che gli avvistamenti del moa nel periodo post1450 d.C. probabilmente non sono né numerosi né affidabili abbastanza da sostenere la sopravvivenza del moa in tempi più recenti. Insomma, un po’ quello che è successo anche con la tigre della Tasmania. Fonte: https://tech.everyeye.it/notizie/verita-moa-uccello-esistito-terra-679613.html - Foto: scienze.fanpage.it

News al volo dal web e non solo

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S pazio Club A

seguito delle dimissioni da segretario del club date dal socio Sergio Palma, si sono svolte regolari votazioni per eleggere il nuovo segretario del Club Amici del Salentino; all’unanimità è stato eletto il socio Alessandro Lezzi. Ora il Consiglio Direttivo risulta così composto: Presidente: Marcello Iacovizzi Segretario: Alessandro Lezzi Consigliere: Carmelo Caroppo Riteniamo doveroso ringraziare per il lavoro svolto fino ad ora il segretario uscente Sergio Palma, socio fondatore del Club nonché ideatore e selezionatore della razza insieme al consigliere Carmelino Caroppo. Siamo sicuri che continuerà ad offrire il suo prezioso e saggio contributo all’attività associativa in termini di esperienza, competenza e professionalità. Il CAS, come sempre, darà supporto in materia di approfondimento tecnico a tutti gli amanti del Salentino, rispondendo a quesiti e chiarimenti da parte di tutti gli amici allevatori del Salentino e anche da parte degli amici che vogliono avvicinarsi a questa Razza. Il nostro è un invito per gli amici allevatori di tutta Italia. Abbiamo già all’attivo soci in Piemonte, Sicilia, Veneto e Spagna, oltre alla Puglia.

Il Club comunica che nella prossima stagione mostre sarà presente in gara al 10° Meeting Ornitologico Campano che si terrà a Nocera Inferiore (SA) dal 1° al 3 dicembre 2023. Invitiamo tutti gli amanti della razza Salentino a rinnovare o a richiedere per la prima volta l’iscrizione, per poter tutelare la razza e restare sempre aggiornati scambiando i vari pareri o consigli, confrontandosi con gli altri allevatori nella chat dedicata, in modo da poter partecipare alla mostra specialistica organizzata ogni anno confrontando i propri esemplari con gli altri e ricevere, da quest’anno, un piccolo pensiero destinato a tutti i soci del Club. Qui di seguito si riportano alcuni recapiti: Presidente: e-mail marcelloiacovizzi@gmail.com - cell. 3388664702 Segretario: e-mail alessandrole@icloud.com cell. 3381513999 Consigliere: e-mail jaco.caroppo@libero.it - cell. 3397018064 Facebook: Passione per il Canarino Salentino Per il CAS, il Segretario ALESSANDRO LEZZI

Club di specializzazione

Comunicato Club Amici del Salentino

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ALIMENTAZIONE

La “Boragia” o “Burazna” (Borragine) Pianta del buonumore

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

di PIERLUIGI MENGACCI, foto NATURELAB.IT, PIANETADIRISERVA.IT, GIARDINAGGIO.ORG, P. MENGACCI

Borragine selvatica fonte: www.naturelab.it

Premessa Prima di dedicarmi a coltivare la borragine ho dovuto “incontrarla” due volte. Il primo incontro è avvenuto molti lustri addietro. Abitavo a Pesaro e quando svolgevo la mia professione di geometra spesso e volentieri mi sono trovato ad intervenire in frazionamenti di terreni agricoli e ristrutturazione di fabbricati colonici abbandonati, prima di dedicarmi alla eco-bioedilizia come progettista e costruttore. Negli anni dello sviluppo industriale della città di Pesaro, le campagne si spopolarono e le famiglie dei mezzadri furono attirate dalle 8 ore di lavoro in fabbrica a paga sicura, contro le 12/20 ore di duro lavoro fra i campi e l’accudimento del bestiame, lottando contro gli imprevisti

Borragine, rosetta basale, fonte: pianetadiriserva.it

Ego, borago, gaudia semper ago (Plinio il Vecchio) della natura. Prima i giovani e successivamente anche interi nuclei famigliari lasciarono la campagna. Nel corso degli anni quei fabbricati andarono in decadenza assieme ai terreni incolti e divennero oggetto di frazionamento e compravendita come seconde case o case di vacanza per olandesi e tedeschi innamorati del nostro territorio collinare a pochi chilometri dal mare. Fu in uno di quei fabbricati a ridosso di una parete esposta a sud che un cespuglio,

nato fra pietre e mattoni, mi colpì per la bellezza dei suoi fiori a forma di stella con petali dal colore blu acceso, riuniti in grappoli penduli, rinnovando nel mio subconscio vecchi ricordi. Cercai di cogliere un fiore, ma la presenza di alcune api mi fece subito ritirare la mano. Mentre ero lì intento ad allontanare le api con una “palina” e cercavo di ricordarmi il nome della pianta, ecco la voce di Corrado (topografo mio collaboratore): “Cosa c’è Gigi… un’altra serpe?!” Infatti, poco prima, una serpe era uscita da una fessura nella parete della stalla e Corrado si era un po’ allarmato. “No, no, voglio raccogliere un fiore di questo cespuglio ma ci sono molte api o vespe e cerco di allontanarle. È una vita che non vedo un cespuglio si-

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Pianta di borragine, fonte: giardinaggio.org

mile… da quando avevo 8/9 anni e mia nonna Ersilia mi portava con sé a raccogliere le erbe selvatiche. Lei ne raccoglieva gli steli con foglie e fiori per cucinarli e mi aveva insegnato a succhiarne il nettare zuccherino contenuto nel calice dei fiori; io addirittura mangiavo anche tutto il fiore! Mi sembra che la chiamasse boragia. Eh! Che bei ricordi!”. Completammo il rilievo senza altre divagazioni. Mentre Corrado sistemava gli strumenti, io, noncurante delle api e munito di guanti, raccolsi alcuni rametti fioriti prima di salire in macchina. Ormai, dentro di me era scattato il desiderio di riassaporare quei ricordi, decifrare quello strano nome “boragia” e, perché no, omaggiare la mia signora con dei fiori “stellari”! Giunto a casa, dopo aver accompagnato Corrado, presentai quel mazzetto di steli fioriti a mia moglie: “Ti piacciono? Lo sai che pianta è?”. Lei, di contro: “Belli… Dove li hai presi? Sono anni che non li vedo! Da quando abitavo in Via Buccari e mia nonna Guerrina ne coltivava un cespuglio nell’orticello dietro casa e cucinava in insalata le giovani foglie. Se ricordo bene, avevano un sapore simile al cetriolo e stelo e foglie con peli irritanti… la chiamava boragia”.

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Pianta di borragine nel giardino dell’autore, foto: P. Mengacci

“Anche mia nonna Ersilia la chiamava così, chissà qual è il nome italiano di questa pianta che le nostre nonne cucinavano”. “Hai molti libri sulle piante selvatiche, cerca lì, se è commestibile la trovi”. Infatti, poco dopo, nell’indice alfabetico del testo Segreti e virtù delle piante medicinali trovai proprio la parola “boragia” e mi rimandò alla pagina 81. Ecco: l’immagine corrispondeva agli steli fioriti che avevo raccolto e il titolo la indicava come borragine (Borrago officinalis l.). La paginetta, molto sintetica, confermava l’uso culinario delle nostre nonne ed elencava alcuni usi della medicina popolare. Avendo soddisfatto il mio desiderio, la ricerca finì lì e di borragine non si parlò più e non la ritrovai fino a quando, passati diversi

Mia nonna Ersilia mi portava con sé a raccogliere le erbe selvatiche. Lei ne raccoglieva gli steli con foglie e fiori per cucinarli

lustri, avvenne il “secondo incontro”. Nei primi anni che abitavo a Monteciccardo mi ricordo di aver fatto visita all’ amico Romano Fraternali (anche lui giudice e allevatore di canarini di colore) per dare un’occhiata ai novelli in muta. Di fianco alla porta di ingresso del locale dove erano ubicate le volierette, un cespuglio dai colori azzurro-violetto ha attirato la mia attenzione ed ammirazione e mi sono fermato un po’ a guardare. “È la burazna” interviene Romano “una pianta che mia sorella ha regalato a mia moglie dicendole che era buona per fare i ravioli… ma io preferisco gli spinaci che coltivo”. “La borragine” esclamai “una pianta bellissima! Non ne ho più vista una da quando…” e gli racconto il primo “incontro”. Per farla breve, l’indomani mi recai in un garden di Pesaro e da quel giorno il mio giardino si è arricchito di una nuova pianta erbacea, il mio piatto di nuovi sapori, la mia mente di bei ricordi e la mia cultura di nuove cognizioni. Descrizione botanica della borragine La borragine (Borago officinalis l.) è una pianta erbacea generalmente annuale o biennale appartenente alla famiglia delle Boraginaceae.


Fiore di borragine da schiudere, foto: P. Mengacci

Ha una radice fittonante e la parte aerea è formata da una rosetta basale che permane tutto l’anno, da cui si dipartono da uno a pochi fusti fioriferi. Il fusto robusto e cavo all’interno, molto ramificato, è ricoperto da peli rigidi di colore bianco lunghi fino a 3 mm visibili ad occhio nudo che rendono la pianta molto ruvida al tatto. L’altezza dei fusti può variare dai 50 cm ai 70 cm. Le foglie basali e quelle lungo il fusto, di colore verde, sono anch’esse ricoperte di una fitta peluria; sono lungamente picciolate e variano da obovate a oblunghe; quelle basali sono grandi ed ovali, mentre quelle sul fusto sono più piccole. I fiori all’apice del fusto sono di un colore azzurro vivo e, nel mio giardino, si presentano da marzo a tutto agosto nella caratteristica infiorescenza scorpioide (ramificazione o infiorescenza cimosa in cui la successione dei rami si svolge sempre dalla stessa parte, in modo da assumere un aspetto a spirale che ricorda la forma della coda di uno scorpione - Treccani). I frutti sono degli acheni che contengono al loro interno diversi semini di piccole dimensioni dai quali viene ricavato un olio prezioso.

Fiori di borragine nel giardino dell’autore visti dal retro, foto: P. Mengacci

È definita pianta officinale ed è presente in tutti i manuali che trattano di piante erbacee mangerecce. Diffusa in tutta la regione mediterranea, la si può incontrare fino agli 800 metri s.l.m. e il suo habitat ideale è costituito da terreni ruderali, umidi, sabbiosi o argillosi. Purtroppo, nei miei percorsi di ricerca di erbe mangerecce, la boragia che raccoglieva mia nonna non l’ho più incontrata e mi son sempre chiesto il perché: colture intensive? Diserbanti? Inquinanti? Un po’ di storia e curiosità “Ego, borago, gaudia semper ago”, ovvero “Io, borragine, porto sempre l’allegria” recita un antico verso del naturalista romano Plinio il Vecchio, che chiamava euphrosinum la borragine nell’opera Naturalis Historia, perché rite-

È definita pianta officinale ed è presente in tutti i manuali che trattano di piante erbacee mangerecce

neva che rendesse l’uomo euforico, felice e contento. Infatti, gli antichi Romani la usavano in aggiunta al vino per curare la tristezza e la depressione ed i fiori venivano consumati in insalata per stimolare le risate e togliere la malinconia. Veniva inoltre impiegata anche per decorare le case in occasione dei matrimoni. Il poeta latino Marziale la considerava l’unica erba capace di rallegrare il cuore umano e, al tempo stesso, se mangiata di sovente, di dargli forza e audacia. Sia i Greci che gli Arabi ne usavano le foglie per ottenere dei decotti da far bere ai soldati prima di una battaglia, convinti che questo desse loro un coraggio maggiore. Anche i popoli Celti utilizzavano la borago per dare coraggio ai guerrieri per affrontare i nemici in battaglia. Presso i Crociati era chiamata “pianta del coraggio” o “erba dell’allegrezza” e molti cavalieri, a quei tempi, portavano sciarpe ricamate con il disegno stilizzato della borragine ed il suo infuso veniva offerto come bevanda a chi, fra loro, ritornava sano e salvo dalla battaglia. Nel Medioevo in certe zone veniva chiamata “erba delle balie”, poiché si credeva che aumentasse la portata lattea delle puerpere.

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Fiore di borragine, fonte: giardinaggio.org

Semi di borragine, foto: P. Mengacci

Borragine, segreti e virtù delle piante medicinali, pag. 81

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Nel corso del IX secolo Carlo Magno, con un editto, obbligò a coltivare e tutelare le erbe “salutari” e nell’elenco viene citata anche la borragine, descritta come “generatrice di buon umore”. L’origine di questa pianta è sconosciuta e non è citata dagli storici nei testi antichi di botanica; si ipotizza che il nome derivasse dall’arabo “abu rach” ossia “generatore di sudore” per le proprietà diaforetiche attribuite dalla tradizione popolare. Altra ipotesi etimologica è quella che fa derivare il nome dal latino borra (tessuto di lana ruvido) per via della fitta peluria che ricopre la pianta. Valori Nutrizionali della Borragine Per 100 gr di prodotto edibile si hanno circa 21 Calorie: (Fonte: USDA) Acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .gr. 93,00 Proteine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .gr. 1,80 Carboidrati . . . . . . . . . . . . . . . . . .gr. 3,60 Grassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .gr. 0,70 Ceneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .gr. 1,44 Minerali Calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 93,00 Rame . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,13 Ferro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 3,30 Magnesio . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 52,00 Manganese . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,349 Fosforo . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 53,00 Potassio . . . . . . . . . . . . . . . .mcg. 470,00 Selenio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,90 Sodio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 80,00 Zinco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,20 Vitamine Vitamina A . . . . . . . . . . . . . . . . . .IU 4200 Vitamina A . . . . . . . . . . . . .Rea mcg. 210 Vitamina B1 . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,06 Vitamina B2 . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,15 Vitamina B3 . . . . . . . . . . . . . .mg, 0,900 Vitamina B5 . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,041 Vitamina B6 . . . . . . . . . . . . . . .mg. 0,084 Vitamina C . . . . . . . . . . . . . . . .mg. 35,00 Folati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .mcg. 13,00 Proprietà e benefici Le varie ricerche effettuate nel corso degli anni sulla Borago officinalis hanno confermato le notevoli proprietà contenute nei principi attivi dei fiori e delle foglie di questa pianta, tramandati fin dall’antichità e dalla medicina popolare. A tal proposito riporto un sunto estrapolato dalla pagina web https://www.mrloto.it/borragine.html sulle proprietà e benefici (a mio avviso, pagina molto

L’origine di questa pianta è sconosciuta e non è citata dagli storici nei testi antichi di botanica

chiara) che si possono ricavare dall’utilizzo della borragine: - Funzione antibatterica: uno studio condotto in Iran suggerisce che i fiori della pianta abbiano tale proprietà. I ricercatori hanno usato un estratto di borragine essiccata per determinarne l’efficacia nei confronti del batterio Staphylococcus aureus. I risultati dei test hanno dato esito positivo. In Francia i fiori e le foglie della pianta sono usati in medicina come antifebbrili, antidepressivi, per il trattamento dello stress, per le malattie cardiache circolatorie e per i disturbi polmonari. - Presunta funzione antitumorale: Uno studio spagnolo suggerisce che la pianta, grazie ai suoi composti fenolici, potrebbe avere proprietà antitumorali. Secondo i risultati degli esperimenti la borragine eserciterebbe la protezione del DNA e gli effetti antitumorali grazie all’acido rosmarinico ed alla miscela di composti fenolici. Un altro studio ha rilevato che l’olio di semi di borragine ha proprietà antiossidanti e mutagene. Queste, secondo le ricerche, combatterebbero la crescita delle cellule tumorali. - Funzione antinfiammatoria: grazie alle sue proprietà, la pianta viene impiegata nella medicina popolare per la cura dei reumatismi. L’olio estratto dalle sue foglie contiene GLA (acido γlinolenico). Questo composto è noto per avere proprietà antinfiammatorie ed effetti positivi sull’invecchiamento. Gli studi hanno confermato i suoi effetti benefici nei confronti dell’infiammazione. In ultimo, si è constatato che le persone che assumono Omega 3 insieme a trattamenti con olio di borragine ottengono benefici ancora migliori. - Il GLA presente nel suo olio funziona


Dai semi viene ricavato, a freddo, un olio ricco di acidi grassi utilizzabile in cucina come condimento

come un rimedio naturale contro il dolore causato dall’artrite reumatoide. Secondo gli studi, le persone mostrano segni di miglioramento del dolore già dopo sei settimane di trattamento con olio di borragine. - Eczemi e problemi della pelle: uno degli usi più comuni e studiati è l’impiego dell’olio per il trattamento dei disturbi infiammatori della pelle. Negli studi il GLA ha dimostrato di poter correggere la carenza di lipidi nella pelle. - Infezioni respiratorie: studi recenti hanno rilevato che l’olio estratto dai semi può contribuire ad una buona funzionalità polmonare. La sua efficacia pare valida anche nei soggetti con infezioni respiratorie in corso. - Acidi grassi: gli studi hanno evidenziato come nei malati di Alzheimer il livello di acidi grassi nell’organismo sia molto basso. Un’assunzione supplementare di acidi grassi omega 3 e omega 6 tramite la borragine potrebbe migliorare il decorso della malattia. N.B.: Gli eventuali impieghi medicinali della borragine e suoi derivati è sempre opportuno che siano consigliati dal proprio medico di famiglia. La borragine in cucina ed altri usi Le parti commestibili di questa pianta erbacea sono le foglie, i fiori e i semi, ma in cucina vengono soprattutto usate le foglie. Le foglie si usano cotte e sono ottime per zuppe, minestroni, risotti, ravioli, torte salate, frittate e tisane. Le foglie più giovani si usano anche crude in insalata, avendo cura di togliere la peluria. I fiori, invece, si possono consumare fritti in pastelle, dolci e frittelle o usare per decorare i piatti di portata o per guarnire dessert. L’aroma che si percepisce e che viene

Frittatina con borragia e fiori di zucca foto: P. Mengacci

conferito alle pietanze è simile al gusto del cetriolo. Dai semi viene ricavato, a freddo, un olio ricco di acidi grassi utilizzabile in cucina come condimento o per uso esterno per nutrire e riparare la pelle secca. Va fatto presente che la borragine contiene alcaloidi pirrolizidinici, sostanze vegetali che possono essere dannose per il fegato ed è bene non esagerare nel consumo, soprattutto per chi ha già problemi epatici. L’olio essenziale derivato dai semi invece non contiene alcaloidi e il Ministero della Salute ne autorizza l’uso negli integratori alimentari. Attenzione anche alle sue foglie ispide e pelose che possono provocare reazioni allergiche nelle persone particolarmente sensibili. Non si hanno notizie di interazione della borragine con farmaci o altre piante medicinali. La borragine, come tutte le piante aromatiche, è classificata tra le piante “cordiali”, quelle che rimettono in forze e ravvivano lo spirito. La borragine nell’orto è molto utile per attirare insetti predatori, ma anche per aiutare lo sviluppo di fagioli, fragole, cetrioli, zucche, pomodori, cavoli. La cenere ottenuta dalla combustione degli steli secchi fornisce un ottimo concime ecologico ed economico. Nella letteratura ornitologica e soprattutto nell’alimentazione dei nostri uccelli familiari non ho trovato riscontri inerenti l’utilizzo della borragine. A

puro titolo informativo, il sottoscritto, abituato alla sperimentazione, ha utilizzato l’acqua di cottura delle foglie di borragine (utilizzate assieme alla ricotta come riempimento di ravioli) per inumidire cous-cous e pastoncino secco, che ho servito ad alcune coppie di canarini agata. Non ho riscontrato alcuna controindicazione, anzi, il pastoncino è stato consumato più velocemente del solito! Chiudo con una citazione presa dai testi della celebre Scuola Medica Salernitana che riassumono gli attributi che gli antichi davano a questa graziosa pianta: “La borragine può dire, e ciò non è una bugia: io ti conforto il cuore e genero allegria”! E visto che questa pianta erbacea simbolicamente viene associata al buonumore, al coraggio, alla forza, alla serenità, al candore e all’allegria mi permetto un augurio botanico: “Buona borragine”! Ad maiora, semper. Alcune fonti: - AA. VV., Segreti e virtù delle piante medicinali – Selezione dal Readers Digest - A. Poletti, Tuttoerbe. Conoscere raccogliere e utilizzare le erbe medicinali - https://it.wikipedia.org/wiki/Borago_officinalis - https://www.benessererboristico.it/gliarticoli/borragine-le-proprieta-e-come-riconoscerla/ - D. Chanz, Il prato in tavola. Le piante selvatiche commestibili d’Italia - M. Micheletti, Erbe di campo: cercarle riconoscerle cucinarle

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 6 e 7 luglio 2023 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) Campionato Italiano 2024. Visita dei locali di Siciliafiera di Misterbianco ed incontro con delegazione raggruppamento Sicilia; Nel primo pomeriggio del giorno 7/7/2023, alle ore 16,00 il CDF, accompagnato dal Presidente del Raggruppamento regionale Sicilia, da una delegazione del C.D. ROS e dal Presidente dell’ODG, ha visitato i locali di Siciliafiera in Misterbianco (CT). I predetti locali, di recente costruzione ed inaugurazione, sono risultati ampiamente adatti ad ospitare il Campionato Italiano di Ornitologia. In ogni caso il CDF rimane in attesa di conoscere la definitiva determinazione dell’entità del canone locatizio che, allo stato, rappresenterebbe un ostacolo organizzativo. Campionato Italiano 2024: offerta di disponibilitá pervenuta, per il tramite del Raggruppamento Regionale Lombardia, dalla Associazione Ornitologica “La Leonessa” di Brescia; Il CDF prende atto della offerta di disponibilità organizzativa del Campionato Italiano di Ornitologia 2024 pervenuta per il tramite del raggruppamento Regionale Lombardia, dall’Associazione Ornitologica La Leonessa di Brescia. Affiliazione Associazione Ornitologica; Il CDF, dopo aver ricevuto l’istruttoria con parere favorevole da parte del Presidente del Raggruppamento Campania, delibera l’affiliazione della seguente Associazione: Associazione Ornitologica di Promozione Sociale “DARWIN” con sede in Boscotrecase (NA) alla Via Casa Vitelli N.214 costituita con atto del 26/06/2023 registrato in data 28/6/2023 presso l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Salerno, ufficio territoriale di Pagani.

Procedimento disciplinare nei confronti di Marino Pierluigi: determinazioni; Il CDF ha esaminato la missiva pervenuta in data 4 luglio 2023 dall’avv. Giovanni Maiorisi in nome e per conto del sig. Pierluigi Marino. Rinviando a sede propria ogni disamina in ordine al merito della stessa, si valuta in questa fase la richiesta di audizione che, sia pure non invocata nei termini previsti, risulta disciplinata dall’art. 20 del Regolamento Organico. Dispone pertanto notificarsi al signor Marino Pierluigi la contestazione dell’addebito nonché l’accoglimento della richiesta di audizione dello stesso da tenersi in video conferenza. Il CDF dispone altresì la nomina del Consigliere Diego Crovace nella trattazione della presente evidenza. Varie ed eventuali; - Il CDF, su richiesta mail del 28 giugno 2023 da parte della Società Ornitologica Reggiana di un Trofeo FOI per la premiazione dell’82° Mostra Internazionale, dispone la concessione del trofeo richiesto. - Il CDF prende atto del pervenimento da parte di Giuseppe Albergo del “Progetto di Divulgazione” da lui predisposto e, ritenutolo pienamente confacente agli scopi fondamentali della Federazione ne dispone l’acquisizione e ringrazia il redattore per il lavoro svolto. Nel contempo lo incarica specificamente di provvedere all’individuazione di formatori e divulgatori che possano sviluppare il format da lui predisposto ed applicarlo in chiave territoriale. La Federazione si farà carico di dotare i formatori ed i divulgatori del materiale didattico necessario.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 25 e 26 agosto 2023 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) Attivazione procedura di aggiornamento dei Regolamenti Federali e di allineamento tra i medesimi; Il CDF dispone l’attivazione di procedura di revisione di tutti i Regolamenti Federali al fine di aggiornarli alle attuali esigenze delle Associazioni, dei Club e dei tesserati, agli attuali strumenti tecnologici ed informatici nonché al fine di provvedere all’allineamento delle disposizioni contenute in ognuno di essi e ad eliminare anacronismi e contrasti fra le norme. Tutti gli Organi federali sono chiamati a far pervenire loro contributi, sin d’ora precisandosi che non potranno essere oggetto di sostanziali modifiche di articoli che costituiscono capisaldi della struttura federale ovvero quelli sui quali vi sono stati recenti interventi. Audizione in video-conferenza del tesserato Pierluigi Marino nell’ambito del procedimento disciplinare attivato nei suoi confronti; Il CDF da atto dell’espletamento dell’audizione del sig. Marino Pierluigi in video conferenza in data 25/08/2023 alla quale partecipava altresì il suo difensore avv. Giovanni Maiorisi. All’esito della stessa, in considerazione della presunta esistenza del foglio di sgabbio del canarino oggetto di attenzione, il CDF dispone la produzione del predetto documento da parte del sig. Marino

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Pierluigi – che ha dichiarato di esserne in possesso – da operarsi a mezzo PEC all’indirizzo di posta elettronica foi@pec.it entro il termine perentorio di giovedì 31/08/2023. Qualora entro tale termine il documento, presuntivamente dirimente, non fosse prodotto, il CDF riserva la decisione allo stato degli atti. Il CDF, in attesa della definizione del procedimento disciplinare, dispone l’inibizione del sig. Marino Pierluigi alla partecipazione alle mostre a calendario nella prossima stagione. Il CDF dispone altresì l’audizione del tesserato Di Leone Luigi in ordine alla dichiarazione dallo stesso sottoscritta e prodotta dal sig. Marino Pierluigi a proprio discarico. Istituzione Commissione permanente gestione informatica Il CDF istituisce la Commissione permanente di gestione informatica che viene costituita nelle persone di Giovanni Nisticò, Manuel Squartecchia e Lia Porcino. La Commissione avrà il compito di verificare il corretto funzionamento del Programma di Gestione Mostre, di procedere alle implementazioni dello stesso ritenute del caso o dipendenti da eventuali correttivi, recepire le informazioni provenienti dalle associazioni organizzatrici, dalle CTN e dai Giudici in ordine ai miglioramenti ed agli aggiornamenti da apportare. La commissione riferirà al CDF del lavoro annualmente svolto alla conclusione della stagione mostre.


Attività F.O.I. Varie ed eventuali; - Il CDF prende atto della richiesta di contributo pervenuta dall’Associazione Adriatica Allevatori di Rimini in data 18/07/2023 da utilizzare per l’organizzazione di un convegno-dibattito alla presenza del presidente della CTN EFI dal titolo “Conoscere meglio il Cardellino”. Pur ritenendo l’iniziativa meritevole di attenzione, il CDF rileva che la richiesta non risulta preventivamente esaminata dal Raggruppamento Regionale Emilia Romagna al quale la stessa viene devoluta per opportuna conoscenza. Il CDF rimarrà in attesa del parere del ROER prima di assumere determinazioni al riguardo. - Il CDF prende atto della richiesta a firma di Bruno Zamagni per il comitato Organizzatore “Piume 2023” pervenuta con mail del 25/07/2023, tendente ad ottenere autorizzazione all’esposizione, nell’ambito di Mostra Specialistica, di soggetti senza limiti di età e recanti anello identificativo di allevatori esteri appartenenti a Federazioni affiliate COM ma acquistati da allevatori italiani che ne diverrebbero espositori previa autorizzazione dell’originario allevatore proprietario. Il CDF osserva che la richiesta così come avanzata non può essere accolta in quanto un’autorizzazione in tal senso concessa sarebbe violativa del Regolamento Generale Mostre. Pertanto la stessa non può che essere denegata. Il CDF ritiene però che le motivazioni sottese alla predetta richiesta si appalesano valorizzabili dal punto di vista dell’intendimento espresso ovvero di portare a conoscenza

specie e mutazioni di uccelli non ben conosciute e comunque di possibile attrazione per gli allevatori FOI. In tale ottica il CDF propone al Comitato di valutare la possibilità di esporre tali uccelli fuori concorso, posizionandoli su cavalle all’uopo predisposte con fini esclusivamente divulgativi, anche con l’eventuale intervento di Giudici che, in presenza degli allevatori interessati, ne possano illustrare le caratteristiche. - Il CDF concede al Club Amatori Avifauna Autoctona il contributo di euro 250,00 a parziale rimborso delle spese sostenute per la tenuta dell’annuale convegno di aggiornamento di giudici EFI le cui relazioni tenute sono state trasmesse in video conferenza nonché pubblicate sul sito federale e sulla pagina facebook. - Il CDF concede al Raggruppamento Regionale Sicilia il contributo straordinario di euro 500,00 a parziale rimborso delle spese a sostenersi per il terzo corso per convogliatori FOI che si terrà a Custonaci (TP) nel prossimo mese di settembre. Il corso dovrà rispettare i requisiti regolamentari, prevedere la presenza fra gli esaminatori di un veterinario ASL e darà diritto a coloro che supereranno l’esame conclusivo a ricevere il tesserino personalizzato. - Il CDF, qualora ve ne fosse necessità, chiarisce che gli allevatori FOI inibiti o sospesi per motivazioni disciplinari non potranno prendere parte a qualsivoglia titolo alle mostre internazionali ed al Campionato Mondiale, qualora il periodo di inibizione o sospensione ricomprenda temporalmente le predette mostre.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del’11 settembre 2023 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) Procedimento disciplinare nei confronti del Sig. Marino Pierluigi: determinazioni; Al fine di definire il procedimento disciplinare attivato ai sensi degli artt. 16 e 17 del Regolamento Organico nei confronti del Signor Marino Pierluigi e di evitare eventuali fantasiose ricostruzioni dei fatti che ne hanno determinato l’apertura e la relativa contestazione il CDF chiarisce quanto segue. … Con mail PEC inviata in data 31/08/2023 dall’Avv. Giovanni Maiorisi, in nome e per conto del Signor Marino Pierluigi, a parte lo stravolgimento interpretativo di quanto accaduto nel corso della videoconferenza, in luogo della produzione del “foglio di sgabbio”, veniva comunicato che quest’ultimo aveva rassegnato le proprie dimissioni da consigliere del Direttivo dell’Associazione Ornicoltori Casertani e la rinuncia all’iscrizione ai sensi di quanto previsto dall’art. 6.2 dello Statuto Associativo e che quindi lo stesso non era più tesserato FOI per l’anno 2023, avendo operato il recesso immediato. Veniva quindi invocata la cessazione della materia del contendere, non potendo la Commissione Disciplinare deliberare alcunché in danno di un “non tesserato”.

Il “foglio di sgabbio” che in assoluto avrebbe potuto determinare l’archiviazione del procedimento disciplinare attivato nei confronti del Signor Marino Pierluigi e l’annullamento del provvedimento di espulsione adottato dall’Ordine dei Giudici non veniva prodotto. Alla stregua delle evidenze come innanzi documentate, il Consiglio Direttivo Federale così dispone: - dichiara cessata la materia del contendere in quanto il Signor Marino Pierluigi non è più tesserato FOI; - non assume, non essendovene le condizioni formali, alcun provvedimento disciplinare nei confronti dello stesso; - preannuncia l’immediata prosecuzione del procedimento disciplinare sulla scorta del quadro probatorio formatosi in ordine ai fatti oggetto di contestazione qualora il Signor Marino Pierluigi avanzasse in futuro richiesta di tesseramento alla FOI; - un’eventuale futura richiesta di tesseramento alla FOI che avesse ad essere avanzata dal Signor Marino Pierluigi sarebbe in ogni caso governata mediante l’applicazione della clausola di gradimento.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 29 e 30 settembre 2023 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) Attivazione procedura di aggiornamento del Regolamento Ordine dei Giudici;

Il CDF delibera l’attivazione specifica della procedura di aggiornamento del regolamento Ordine dei Giudici. In tale ottica ha proceduto a rivisitare il testo

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Attività F.O.I. del regolamento attualmente in vigore, rendendolo funzionale alle attuali esigenze ed alle modifiche tecnologiche intervenute nel corso degli ultimi anni. Giacché il predetto Regolamento induce l’incidenza sulla funzione dell’Ordine dei Giudici e dei Giudici soggettivamente considerati, il CDF prima della definitiva adozione del nuovo Regolamento ne dispone l’invio della bozza all’Ordine dei Giudici affinché la stessa venga preventivamente esaminata ed eventualmente resa oggetto di ulteriori proposte modificative. La valutazione circa l’ammissibilità e la validità del merito di queste ultime sarà effettuata dal CDF prima di adottare definitive determinazioni. Acquisto dei cartoni per gabbie componibili ed acquisto cassoni in plastica per conservazione frontalini; Il CDF, al fine di offrire un servizio alle associazioni affiliate organizzatrici di mostre, indice licitazione privata per l’acquisto di cartoni per la composizione delle gabbie. Il CDF delibera altresì l’acquisto di n. 25 cassoni in plastica per lo stivaggio e la conservazione dei frontalini, accettando il preventivo della GOM Plast srl di Reggio Emilia. Decadenza dall’affiliazione dell’Associazione Ornitologica Casertana AvesNatura: determinazioni; Il CDF delibera di avviare il procedimento di disaffiliazione dell’Associazione Casertana AvesNatura per la violazione del combinato disposto degli artt. 5, ultimo comma, dello Statuto e 11 del Regolamento Organico. Da alcuni post pubblicati sul social network facebook si evinceva che la predetta Associazione aveva ricevuto il messaggio di benvenuto da parte di sedicente confederazione non riconosciuta dalla FOI, sintomo quest’ultimo di affiliazione o adesione alla stessa in dispregio delle disposizioni statutarie e regolamentari innanzi citate. Varie ed eventuali; - Il CDF, preso atto della richiesta avanzata dall’associazione Passione Pappagalli Free Flight, ne dispone la disaffiliazione con decorrenza dal 01/01/2024. - Il CDF, valutata di interesse l’iniziativa dell’Associazione Romana Ornicoltori contenuta nella lettera a firma del Presidente Alberto de Vita pervenuta in data 08/09/2023 denominata “Giudice per un giorno” alla quale si aggiunge un convegno a cura del dott. Gianluca Todisco sulle malattie e alimentazione

dei canarini da tenersi a Roma presso l’hotel Tiberio, rimane in attesa del parere del Raggruppamento Ornitologico Laziale cui la medesima viene devoluta per competenza. Si richiede in ogni caso all’associazione richiedente di dettagliare più analiticamente i costi di gestione sempre per il tramite del Raggruppamento. - Il CDF, acquisito il parere favorevole del Raggruppamento Regionale Emilia Romagna, concede all’Associazione Adriatica Allevatori di Rimini il contributo di euro 250,00 per la tenuta del convegno “Conoscere meglio il Cardellino” che si terrà in occasione della mostra Fringillia Valconca 2023. - Il CDF, acquisito il parere favorevole del Raggruppamento Regionale Emilia Romagna, concede all’Associazione Romagnola Canaricoltori di Forlì il contributo di euro 250,00 per la tenuta dell’incontro di approfondimento con gli allevatori sul “Canarino Agata e relative mutazioni” che si terrà in occasione della mostra Psittacus & co. Il CDF auspica che al predetto incontro venga invitato a partecipare anche il club di competenza. - Il Presidente, con riferimento alla richiesta di ottenimento del Database soci FOI aggiornato avanzata dal Raggruppamento Emilia Romagna per motivazioni istituzionali, dichiara la propria disponibilità all’invio del medesimo (file contenente cognome, nome, codice RNA, codice associazione e codice Raggruppamento di appartenenza) previa sottoscrizione di lettera di assunzione di responsabilità per l’utilizzo improprio e/o illecito dello stesso nonché di manleva in caso di richiesta di risarcimento danni che dovesse pervenire da tesserati a causa dell’utilizzo improprio o illecito dei dati personali in esso contenuti. Il file in parola verrà inviato esclusivamente ai Raggruppamenti Regionali ed Interregionali che ne facessero richiesta, in quanto tale attività non configurerebbe ipotesi di trasferimento a terzi giacché i Raggruppamenti costituiscono la rappresentanza della FOI nei rispettivi territori di competenza. - Il CDF autorizza la tenuta del meeting di aggiornamento per la Specializzazione del Collegio Giudici CFPL dedicato alla razza Crest, da tenersi a Nocera Inferiore in data 03/12/2023. Auspica per il futuro che tali lodevoli iniziative vengano attivate per più di una razza (almeno tre) soprattutto in considerazione della presenza nelle mostre prescelte di un considerevole numero di giudici già convocati.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 7 ottobre 2023 Decadenza dall’Affiliazione dell’Associazione Casertana AvesNatura aps: determinazioni; Il CDF dà atto di quanto segue: notificata a mezzo PEC in data 05/10/2023 la nota prot. n. 171, perveniva addì 06/10/2023 dall’Associazione Casertana AvesNatura APS ulteriore mail PEC dal contenuto in parte incollocabile ed in parte dirimente alla quale risultavano allegati il verbale dell’assemblea straordinaria dei soci del 15/09/2023 e lo statuto modificato (quest’ultimo registrato presso l’Agenzia delle Entrate di Caserta in 28/09/2023 al n. 1920). Alla luce delle esposte deduzioni e degli elementi documentali acquisiti nonché in considerazione della scorrettezza e della mala fede istituzionali accertate, il Consiglio Direttivo Federale delibera, ai sensi dell’articolo 11

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del Regolamento Organico, la decadenza dall’affiliazione con effetto immediato dell’Associazione Casertana AvesNatura APS, con sede in Caserta alla Via Cesare Pascal 15/A (codice affiliazione 102) dalla Federazione Ornicoltori Italiani. La quota di affiliazione versata non sarà restituita. L’eventuale richiesta di tesseramento alla FOI dei Soci dell’Associazione Casertana AvesNatura APS per il tramite di altra Associazione federata sarà gestita mediante l’applicazione della clausola di gradimento. Varie ed eventuali; Il CDF delibera la concessione di contributo di euro 500,00 a favore della CTNEFI, per consentire di sostenere le spese relative alla prevista programmazione anno 2023.




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