Italia Ornitologica, numero 1 2022

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVIII numero 1 2022

Canarini di Colore

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Onice e Opale

La colorazione del petto Definizione del colore nel Diamante di Gould nei Canarini Arricciati

Didattica & Cultura

Il Diamante di Peale Erythrura pealii



ANNO XLVIII NUMERO 1 2022

sommario 3 5

Cosa resterà di questi anni Gennaro Iannuccilli

Onice e Opale Gianmaria Bertarini

Il Nero opale in Italia e nel mondo (1ª parte) Amedeo Passafiume

Il collezionismo ornitologico (11ª parte) Francesco Badalamenti

Riunione Tecnica per la postura a Istanbul Claudio Berno

OrniFlash News al volo dal web e non solo

Canarini di Colore

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

Le foto scattate dagli allevatori

Arlecchino portoghese Sergio Palma

Definizione del colore nei Canarini Arricciati C.T.N. Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Sui bianchi Giovanni Canali

Titian Peale (1799-1885) e il Diamante di Peale Erythrura pealii

Pierluigi Mengacci

Un pericolo scampato Francesco Di Giorgio AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Didattica & Cultura

Pagina aperta Argomenti a tema

Attività F.O.I. Verbale Consiglio Direttivo del 11 novembre e 17 e 18 dicembre 2021 Indice d’annata 2021 Indice alfabetico autori

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

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Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani

43 46 48 51 57

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Francesco Faggiano e Marco Allegretti

Il Fico

Umberto Zingoni

Photo Show

La colorazione del petto nel Diamante di Gould

Ivano Mortaruolo

Specie e Razza (2ª parte)

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Inoltro postale in Italia: Effezeta srl Via Amilcare Mazzocchi, 36 - 29122 Piacenza

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Le quote abbonamento vanno versate, mediante vaglia o assegno, alla Segreteria. Le opinioni espresse dagli Autori non impegnano la Rivista e la sua Direzione. La Redazione si riserva il diritto di non pubblicare o emendare gli articoli proposti. I collaboratori assumono piena responsabilità delle affermazioni e delle immagini contenute nei loro scritti. Vietata la riproduzione, anche parziale, se non espressamente autorizzata. © F.O.I. In copertina: Diamante di Peale, fenotipo classico (Erythrura pealii) Foto PHILIPPE ROCHER

Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 1 - 2022 è stato licenziato per la stampa il 29/1/2022



Editoriale

Cosa resterà di questi anni di G ENNARO IANNUCCILLI

L

a forte delusione per l’annullamento del Mondiale ha generato un’onda lunga di malcontento che ha fatto straripare i sentimenti e le contrapposizioni più disparate. Abbiamo assistito, come previsto, alla pubblicazione di messaggi e commenti di coloro che – come sempre accade in momenti di criticità – presumono che avrebbero avuto la giusta soluzione, la lungimiranza e la capacità di evitare tale situazione. Li definisco come i “profeti a posteriori”, cioè coloro che si palesano solo dopo che sono accaduti i fatti, senza però neanche provare a immedesimarsi e capire chi è preposto a organizzare un evento di siffatta importanza, prendendosi delle responsabilità che ai più farebbero tremare i polsi (e non solo quelli). Non conta tutto il certosino lavoro svolto per ottenere le autorizzazioni dagli enti preposti (Asl, Regione, Comune, ecc); non conta la negoziazione con l’Ente Fiera per ottenere i locali alle migliori condizioni; non conta la programmazione messa in atto per rendere questo evento realizzabile eccezionalmente in soli 3 mesi, quando per il Mondiale normalmente si lavora da un anno prima; non conta il tempo dedicato alle riunioni (in presenza e in videoconferenza) per far sì che tutte le attività fossero perfettamente coordinate; non conta l’accuratezza riservata agli espositori commerciali, per la sistemazione dei loro stand, così come l’attenzione per accogliere al meglio tutti gli allevatori iscritti al concorso. Senza citare altri mille dettagli che, solo elencandoli, riempirebbero probabilmente l’intera rivista. No, tutto questo non conta nella mente di chi – quasi con sottile piacere – coglie l’occasione della “disgrazia” per attaccare ed esprimere il proprio dissenso, talora si direbbe preconcetto e precostituito. In questi momenti, soprattutto, dovremmo cercare di essere più uniti nel nostro movimento, pur considerando e analizzando gli eventuali errori di valutazione, senza però accusare nessuno ma con l’intento di trovare insieme nuove soluzioni. Invece, sotto altri aspetti, è nuovamente emerso il solito argomento sul “monopolismo” federale: si parla di scissioni, separazioni, minacce alla democrazia, quando in realtà si cerca (e si cercherà) solo di far rispettare i regolamenti, che sono la base per non far saltare in aria qualsiasi organizzazione. Senza tener conto che alcuni provvedimenti sono stati presi dalla Federazione unicamente per salvaguardare i propri tesserati da chi ha tentato (e tenterà) di usufruire o meglio sfruttare la conoscenza, la competenza e il know how che gli allevatori, i giudici e i dirigenti FOI di varie generazioni hanno costruito in oltre 70 anni di vita

federale. Un’esperienza che – senza remore – possiamo definire forse unica nel mondo ornitologico in cui viviamo. Gli eventi nefasti, tra gli effetti che generano, servono per far venire a galla, sia in positivo che in negativo, le vere intenzioni, i reali sentimenti e i comportamenti di molti esponenti che frequentano l’ornitologia italiana a vari livelli; se non altro, ci danno l’opportunità di verificare davvero la sincerità delle persone, se autentica o di facciata, in modo da poterci regolare di conseguenza nelle prossime occasioni che si presenteranno. Forse è questo ciò che veramente resterà alla fine di questi anni sospesi tra paure e privazioni; anni che nel prossimo futuro ci faranno riflettere su come eravamo prima e dopo gli eventi che purtroppo - abbiamo dovuto subire. Non sappiamo se saremo migliori rispetto al passato, ma sappiamo che saremo sicuramente diversi. In ogni caso, ci sarà un punto da cui ripartire con nuove ferite da rimarginare ma con nuova linfa necessaria per mantenere viva e far crescere la nostra passione ornitologica. Dobbiamo mettere in conto che probabilmente alcuni allevatori abbandoneranno l’hobby o ridurranno il proprio coinvolgimento, soprattutto coloro che lo rendevano per qualche verso redditizio, non riuscendo più a cedere i molti soggetti riprodotti annualmente; gli allevatori che invece non avevano necessariamente tale esigenza, avranno meno problemi e, di conseguenza, potranno continuare a dedicarsi e appassionarsi - comunque agevolmente - alla selezione e riproduzione degli uccelli prescelti in base alle preferenze di allevamento. Ad ogni modo, la Federazione dovrà – e vorrà – sempre cercare di garantire, favorire e supportare in tutti i modi consentiti coloro che vorranno continuare o iniziare a cimentarsi nell’allevamento ornitologico in base alle proprie possibilità economiche, di tempo e di spazio disponibili. Alla fine di questo periodo tormentato, ci saremo forse liberati da antiche zavorre che da troppo tempo portavamo in spalla, appesantendo anche i nostri rapporti tra allevatori; chi sceglierà di continuare a far parte attivamente del grande mondo FOI, lo farà con maggiore spirito di collaborazione al di là delle proprie posizioni e convinzioni, legittimamente espresse nei luoghi preposti e secondo le modalità previste dal nostro regolamento. Ad oggi, più che una certezza, è un augurio per tutto il movimento ornitologico sano e scevro da secondi fini e obiettivi personali, animato solo dalla voglia di condividere tutte le attività contemplate dall’allevamento sportivo e amatoriale. Quelle attività che tanto ci sono mancate negli ultimi anni.

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CANARINI DI COLORE

Onice e Opale I risultati della ricerca sviluppata sul conto delle mutazioni testo GIANMARIA BERTARINI, foto A. J. SANZ e E DEL POZZO

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el tentativo di dare esito concreto a quelle che sono solo frutto di teorie sul conto delle espressioni fenotipiche tecnicamente definite Onice e Opale, ho dato corso a molteplici ricerche, ma in nessuna di esse ho trovato elementi oggettivi che potessero comprovare, in maniera inconfutabile, l’allelicità o meno di dette

Nero mogno intenso giallo, foto: A.J. Sanz

espressioni fenotipiche, includendo in tale contesto anche l’espressione Mogno (o Quarzo per definirla secondo parametri nazionali). Nell’ambito di queste mie indagini, nella primavera del 2019 ho cercato di contattare il Prof. Luca Fontanesi, Ordinario di Zootecnica Generale e Miglioramento Genetico presso il Dipartimento di

Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna. Nel mio articolo “L’opale non ha alleli”, con annesso commento della Commissione Tecnica Nazionale Canarini di Colore (I.O. n. 3-2019), avevo citato una sua ricerca come fonte e, nonostante che l’articolo fosse stato già pubblicato, gli chiedevo ulteriori approfondimenti

Nero onice mosaico rosso maschio, foto: E. del Pozzo

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Agata onice mosaico giallo maschio, foto: A.J. Sanz

ed attualizzazioni sull’argomento della sua ricerca e del mio articolo. In quell’articolo ipotizzavo che l’Opale fosse il risultato di una mutazione del gene della Melanofilina (MLPH) (1) e, sulla constatazione che nelle altre specie ornitiche dove si è manifestata non risulta interessata da altre mutazioni alleliche, ho supposto per analogia che le variazioni dell’Opale fossero tutte dovute all’azione combinata di geni melanizzatori indipendenti. Con il termine “Melanizzatori” generalmente si indica un gruppo di geni minori o additivi le cui mutazioni producono un aumento di melanina (scurimento o guadagno di estensione) mentre con il termine “Restrittori” si indica un altro gruppo di geni che la riduce. Dai colloqui emerse la disponibilità e l’interesse del Professore a sviluppare approfondimenti scientifici specifici nel canarino che, a suo dire, risultava essere poco o nulla studiato. L’interesse manifestato dal professore mi ha galvanizzato e, così, ho prontamente informato il Consiglio Direttivo FOI di questa interessante opportunità. Ne sono seguiti delle interlocuzioni telefoniche ed un incontro formale in video conferenza al quale hanno preso parte il professor Fontanesi, i membri del Consiglio Direttivo ed il sottoscritto.

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Al termine della video conferenza è stato dato corso ad un accordo in cui la FOI ha contribuito (primo caso nella storia della ornitologia mondiale, per quanto ne so) economicamente alla ricerca sulle espressioni fenotipiche denominate Opale, Onice e Mogno. Il Consiglio Direttivo Federale mi ha poi nominato referente nei confronti dei ricercatori dell’Università di Bologna. In tale veste ho provveduto ad effettuare i prelievi di materiale utile per condurre la ricerca. Previ accordi presi con il professor Fontanesi, ho compiuto prelevamenti di penne attinte da gruppi omogenei di 10 soggetti tra cui non mutati, Opale, Onice, Mogno/Quarzo e intermedi Opale-Onice che avrei dovuto inviare in un contenitore termico che mi avrebbe spedito l’università. Per un malinteso con il corriere però, questo contenitore sembrava introvabile. Mi sono quindi procurato un contenitore termico e durante una finestra tra le varie chiusure forzate disposte dal Governo, ho consegnato personalmente tutto il materiale presso l’Università di Bologna, avendo anche l’occasione di fare la conoscenza diretta del Professor Fontanesi e del Dott. Utzeri e di illustrare loro le caratteristiche delle mutazioni oggetto dell’indagine mediante l’osservazione congiunta dal vivo

di un certo numero di canarini che avevo portato con me. Ho quindi atteso il risultato finale della ricerca, trepidante ma fiducioso, grazie anche alla successiva conferma che il materiale che avevo raccolto e fornito era risultato ben conservato, ben trasportato ed idoneo allo scopo. Finalmente il giorno 4 dicembre 2021 ho ricevuto una mail del Prof. Fontanesi contenente in allegato la relazione sui risultati della ricerca intitolata: Analisi del genoma del canarino per la caratterizzazione delle basi genetiche e molecolari della colorazione del piumaggio conosciuta come “opale”. Mi limiterò a riportare in sintesi le importanti conclusioni contenute nella relazione che reca la firma del Prof. Luca Fontanesi e del team di collaboratori composto dal Dr. Samuele Bovo, dalla Dr.ssa Anisa Ribani, dalla Dr.ssa Giuseppina Schiavo e dal Dr. Valerio Joe Utzeri. In primo luogo c’è la conferma che la mutazione Opale del canarino può dipendere da una mutazione del gene della melanofilina (MLPH) e che quindi, come avevo ipotizzato, corrisponde al “Lavanda” del pollo e alle altre mutazioni nei vertebrati determinate dalla mutazione di questo gene. Tuttavia sono state evidenziate due varianti, una drastica (frameshift) che corrisponde all’opale, e una meno severa (missense) corrispondente all’onice. Entrambe sono alleliche, cioè situate nello stesso punto del gene, per cui alternative l’una all’altra e non cumulabili come avviene per tutte le mutazioni non alleliche. Quando si esprimono nella forma intermedia, l’espressione di tale condizione è visibile occhio nudo, almeno quello di coloro i quali hanno sviluppato la capacità di interpretare. Contrariamente a ciò che avevo ipotizzato, la variante meno severa (Onice) del gene MLPH pare assuma il ruolo principale nella differenziazione del fenotipo, pur restando probabile che eventuali melanizzatori indipendenti possano svolgere un significativo ruolo additivo nel fenotipo degli Onice da concorso. Nei Quarzo-Mogno, essendo stata evidenziata la stessa variante dell’Opale, viene avvalorata la tesi di coloro che fino ad oggi hanno attribuito la diffe-


renza fenotipica tra Opale e Mogno all’azione di melanizzatori indipendenti che potrebbero essere anche responsabili del ventaglio delle variazioni intermedie. Gli intermedi Opale/Onice che avevo espressamente prodotto nel mio allevamento si sono dimostrati effettivamente eterozigoti (in sostanza un allele è risultato interessato dalla mutazione opale e l’altro dalla mutazione onice) confermandosi co-dominanti. Per riassumere al massimo e utilizzando la terminologia del nostro settore, possiamo affermare che secondo questo studio l’Onice si dimostra essere una mutazione allelica all’Opale mentre il Mogno risulta una variante espressiva dell’Opale non determinata da variazioni del gene in questione. Ulteriori auspicabili approfondimenti futuri potrebbero fornire interessanti riscontri. Questi sono i primi risultati di uno studio poderoso che ha consentito ai ricercatori bolognesi di acquisire una enorme quantità di dati che, quando saranno interpretati, potranno fornire una impressionante quantità di informazioni come si evince dall’estratto della relazione che qui riporto: “In questo studio, si è fatto uso di tecnologie Next Generation Sequencing (NGS; sequenziamento di nuova generazione) per l’analisi del genoma di Serinus canaria, andando a decodificare l’intera variabilità genomica attraverso la lettura del DNA, eseguita più di 50 volte per ogni popolazione in esame. In totale, si sono prodotti più di 125 Giga basi (Gb) di dati genomici (cioè informazioni per 125 miliardi di nucleotidi, che sono i componenti del DNA)”.

Agata opale intenso giallo, foto: E. del Pozzo

Nota (1) La melanofilina è una proteina di trasporto che serve a spostare i granuli di melanina all’interno dei melanosomi dal punto di pro-

duzione del granulo all’esterno della cellula dove viene man mano aggregata alla cheratina durante la crescita della piuma o del pelo. È codificata dal gene omonimo indicato con MLPH.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

La colorazione del petto nel Diamante di Gould Dal tipo classico al pettobianco, passando per il pettolilla e il pettochiaro testo FRANCESCO FAGGIANO e MARCO ALLEGRETTI, foto M. ALLEGRETTI

Introduzione Oggi sappiamo che la variopinta livrea del Diamante di Gould è il risultato dell’interazione complessa tra geni predisposti alla sintesi delle melanine (fulve e nere) e dei lipocromi; alla loro distribuzione e addirittura al modo con cui devono interagire tra loro, in funzione anche del sesso del soggetto. Questo articolato insieme di funzioni ed interazioni, che determina il fenotipo classico, può variare per via di modificazioni genetiche che ne mutano l’aspetto in modo più o meno significativo. Quando questi cambiamenti fenotipici risultano caratteristici ed apprezzati dagli ornicoltori, vengono stabilizzati numericamente nella popolazione, cercando di interpretare quale meccanismo de-

Oggi sappiamo che la variopinta livrea del Diamante di Gould è il risultato dell’interazione complessa tra geni predisposti alla sintesi delle melanine (fulve e nere) e dei lipocromi

Da sinistra, Diamante di Gould pettoviola, pettolilla, pettobianco

termini il nuovo fenotipo in relazione a quello classico. Questo porta poi a determinare l’orientamento selettivo ritenuto migliore, dove per miglior orientamento selettivo intendiamo quell’espressione fenotipica che ha senso rispetto all’effetto mutante, ai presupposti generali della selezione domestica, sempre in riferimento al tipo classico ed a eventuali alleli già esistenti. Ecco perché, partendo dall’intenzione di scrivere un articolo monografico sul pettolilla, abbiamo dovuto - per completezza della trattazione - considerare l’intera serie allelica del gene “colore del petto”,

composta, come sappiamo, da un gene ancestrale che codifica per il pettoviola, dall’allele pettolilla, dal petto chiaro ed infine dall’allele pettobianco; quest’ultimo, come sappiamo, è il mutante principale di questa serie allelica, in riferimento all’incidenza fenotipica che determina con l’inibizione totale della sintesi feomelanica. Per chiarezza della trattazione e nell’esigenza di riconoscere parametri di riferimento oggettivi, possiamo schematicamente indicare come: - funzionante al 100% il gene ancestrale, che definiamo pettoviola,

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razione con la mutazione pastello produca fenotipi profondamente diversi dal pastello pettoviola!

Da sinistra piume di pettoviola, pettolilla, pettochiaro e pettobianco

- riduttore al 75% della feo l’allele pettolilla, - riduttore al 50 % il pettochiaro - inibizione totale della feo l’allele pettobianco. Si ricorda che questi sono parametri di riferimento puramente indicativi e che, fondamentalmente, quello che interessa all’allevatore è il colore che si determina sul petto in presenza dei diversi alleli. Ipotesi genetica La pigmentazione melanica di tipo wild dei vertebrati (e quindi anche degli uccelli) è sostenuta dall’azione coordinata e interconnessa tra il gene Agouti (regolatore del tipo di melanina da produrre) e del recettore di membrana del melanosoma (che, in base alla stimolazione ricevuta, produce feomelanina se stimolato da Agouti o eumelanina, se stimolato dagli ormoni tiroidei). Nel fenotipo classico del diamante di Gould possiamo schematizzare la pigmentazione melanica del petto come la successione di due momenti: 1) il primo, caratterizzato dall’attività del gene Agouti, che blocca la sintesi eumelanica e induce massivamente la produzione della feomelanina che si deposita sulla porzione apicale della piuma fino quasi alla porzione mediale; 2) il secondo momento della crescita e colorazione della piuma del petto è caratterizzato, di contro, dall’esaurirsi dell’azione del gene Agouti, consentendo così il deposito eumelanico solo del terzo in-

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feriore della stessa piuma (porzione definita comunemente sottopiuma o pars plumacea) ancora in crescita. È, pertanto, l’inattività parziale o totale del gene Agouti che determina i fenotipi mutati del petto, laddove sappiamo esistere a monte un’informazione che determina l’impossibilità del melanosoma di sostituire la feo con le eumelanine; diversamente, otterremo un petto eumelanico e non schiarito o addirittura bianco. Si evidenza così la condizione per cui, nel primo momento di crescita e pigmentazione della piuma, la stimolazione tiroidea è fisiologicamente assente a vantaggio della feomelanina; questo ci spiega anche perché l’inte-

Diamante di Gould testa rossa pettolilla maschio

Il colore viola del petto nel tipo classico Come il colore verde del dorso, anche il colore viola del petto nel tipo classico è un colore ottenuto dall’interazione tra un colore chimico, quale è la feomelanina fulva presente sulla porzione apicale della piuma (in sostituzione del lipocromo), e il colore fisico dato dalla luce blu rifratta attraverso la struttura della barbula. La luce non assorbita dall’eumelanina profonda, interagendo con il colore fulvo (rosso ruggine) della feomelanina, produce il caratteristico colore viola (rosso + blu) che acquista lucidità grazie anche alla particolare struttura cheratinica presente sul piumaggio del diamante di Gould. È questa caratteristica di rifrangenza del piumaggio del Gould, la stessa condizione che dà il colore “bianco neve” del petto caratterizzato dall’effetto “brillante” della neve esposta al sole: questo perché l’intera banda di luce bianca viene riflessa integralmente, non interagendo con nessun pigmento. Possiamo, quindi, affermare che, se è vero che negli uccelli i colori del piumaggio sono dati da due tonalità melaniche (eu nere e feo fulve) e dai lipocromi giallo e/o rosso (ma anche arancio), è la loro interazione con la parte di luce bianca non assorbita dalla melanina scura che determina la vera livrea di molte specie. È questa la conoscenza che ci deve guidare nello studio delle varianti fenotipiche dei nostri uccelli. La serie allelica del carattere “colore del petto” Si definiscono geni allelici quei geni presenti sullo stesso locus di una coppia di cromosomi omologhi. Ogni gene ancestrale può avere una o più forme alleliche mutanti, date da modificazioni dello stesso, che determinano espressioni fenotipiche differenti dal tipo base. Per schematicità possiamo affermare che nel diamante di Gould classico il deposito di


feomelanina nel petto è massimo; questo interagisce con la luce rifratta dalla struttura cheratinica e crea quel meraviglioso colore viola che tutti apprezziamo. Tutte le forme alleliche al gene integro producono riduzione del deposito feomelanico. La mancata funzione anche parziale del gene che porta alla riduzione del deposito di feo determina, conseguentemente, un’espressione diversa del colore del petto a causa della scarsità di pigmento fulvo con cui la luce viene ad interagire. Otteniamo così nel caso dell’allele pettolilla (che riduce accademicamente di un quarto il deposito di feo) un colore “fior di lillà”, che però tende a perdere un po’ la brillantezza tipica del tipo classico. Perdita probabilmente data proprio dall’anomala stratificazione della feomelanina, che viene a mancare nel mutante. Ancora più marcato è l’effetto dell’allele pettochiaro, che realizza una riduzione ancora più importante della feomelanina e il definirsi di un colore “rosa malva”, che purtroppo - più spesso di altre varianti - si presenta disomogeneo. Riteniamo probabile che la disomogenea colorazione nei pettochiaro sia dovuta alla scarsità del pigmento feomelanico. Infine, quando l’allele considerato determina una totale inattivazione della produzione di feomelanina otteniamo il pettobianco, nella cui espressione migliore sarà percepito dall’osservatore di un colore bianco puro e luminoso, senza riflessi azzurrati o soffusione di colore alcuno. Consapevoli che a monte delle varianti fenotipiche del colore del petto abbiamo un gene ancestrale che regola la sintesi feomelanica, possiamo con buona probabilità supporre che quello considerato sia il gene Agouti, promotore - come sappiamo - del flusso coordinato tra eu e feo, che nel diamante di Gould presenta ad oggi tre forme alleliche tutte determinanti, come detto, una progressiva riduzione della funzionalità dello stesso (senza che si verifichi un meccanismo sostitutivo del pigmento del tipo visto in altre specie, come il diamante mandarino guancianera).

Diamante di Gould pettochiaro testa rossa femmina

La selezione dei fenotipi mutanti Per poter parlare di selezione delle mutazioni fenotipiche inerenti il colore del petto nel diamante di Gould dobbiamo partire dalla richiesta selettiva che si sostiene per il tipo classico, il quale rimane sempre il nostro riferimento nella strutturazione dei “modelli ideali” sviluppati per ogni variante. Ovviamente in questa trattazione, che contempla essenzialmente il colore del “petto”, pur sapendo che le mutazioni prese in esame esercitano un cambiamento

anche sul resto della livrea, è al maschio di tipo classico che ci si ispira per la stesura delle linee selettive, dove è previsto come modello di partenza per quel disegno un colore viola uniforme, intenso e brillante. È così che nel pettolilla (in relazione alla funzionalità ridotta dell’allele che limita di un quarto il deposito della feo) è conseguentemente gradito e ricercato un colore lilla, sempre intenso, ma soprattutto uniforme e possibilmente ancora brillante come nel classico. La brillantezza del colore

Diamante di Gould pettochiaro testa nera femmina

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nel petto è un elemento di pregio che va sempre ricercato e premiato in sede di giudizio perché non scontato e soprattutto peculiare nella specie, pertanto preteso nel tipo classico e richiesto in tutte le varianti fenotipiche. Dal pettolilla, considerando l’ulteriore riduzione al 50% della feomelanina - determinata dall’allele pettochiaro - ci ritroveremo nei soggetti migliori un colore rosa-malva, che spesso nelle femmine si palesa addirittura con tonalità beige in virtù della minore capacità del piumaggio femminile di rifrangere la luce come nel maschio, oltre che per una maggiore interazione di questa con lo strato eumelanico profondo. Anche nel pettobianco, dove è chiara l’assenza totale delle feomelanina, la tonalità del bianco - considerando l’assenza totale di pigmento - dipende in primis dalla capacità di rifrazione della luce delle barbule: più saranno in grado di riflettere la luce senza deviazioni, più il piumaggio risulterà candido e brillante. Il candore del petto in questa mutazione è però dato anche dal mantenimento nello strato profondo delle piume dell’eumelanina fisiologicamente presente, che tende a salire in presenza della mutazione. Questo fenomeno è dato probabilmente dal fatto che esiste

Confronto tra Diamante di Gould pastello pettolilla e pettochiaro

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Diamante di Gould pettolilla testa nera blu maschio

una cronologia ancestrale che prevede tempi successivi tra colorazione feomelanica dell’apice e colorazione eumelanica della pars plumacea, momenti intervallati da un tempo di latenza fisiologico in cui si blocca la sintesi feomelanica e inizia quella eumelanica. Probabilmente, se questo tempo di latenza si allunga per effetto della mutazione pettobianco in cui per tutta la prima fase di sviluppo delle piume non si produce la feomelanina, per compensazione, si ini-

zia prima ed impropriamente a produrre eumelanina che si depositerà in uno strato più alto della piuma, con il risultato di vedere inquinato il petto. Tale meccanismo sembra essere attivato in particolare dalla condizione reiterata di omozigosi, mentre sembra non attivo negli omozigoti di prima generazione, ovvero figli di portatori. È questo un meccanismo di compensazione all’effetto mutante, un po’ come avviene nei canarini opale dove la migliore espressione del fenomeno di opalescenza, dato da un anomalo deposito profondo dell’eumelanina, si ottiene nei figli di portatori (osservazione del grande G. Canali). Se normalmente, in presenza di un mutante con effetto selettivo sul colore, la selezione è ufficialmente orientata verso la “migliore espressione dello stesso in termini di ossidazione”, in questi due casi specifici (pettobianco del Gould e opale del canarino), la selezione mirando al mantenimento delle peculiarità fenotipiche - cerca di inibire i meccanismi di “miglioramento” generalmente utili nelle altre varietà di colore, mantenendo l’equilibrio del tipo base: pertanto risulta utile l’uso dei portatori. A tal proposito, si rammenta che, partendo dal fenotipo classico, vi è sempre un rapporto di dominanza completo tra questo e i tre mutanti, così come risulta dominante completo il pettolilla sul pettochiaro e sul pettobianco, mentre è evidente l’interferenza nella condizione di eterorozigosi nel pettochiaro portatore di pettobianco. Non possiamo con certezza dire che tra i due fenotipi esista un rapporto di dominanza incompleto; piuttosto ci orientiamo nel sostenere l’idea di una debolezza espressiva del pettochiaro che, comunque, si manifesta disturbato ma dominante sul pettobianco, il quale di contro è recessivo rispetto a tutte le forme alleliche e si esprime solo in condizioni di omozigosi. Da quanto descritto appare chiaro che ogni fenotipo riconosciuto dal mondo ornicolturale del diamante di Gould ha peculiarità specifiche che ci permettono - con un minimo di at-


tenzione - di distinguerlo esattamente dagli altri e fare così un’attenta selezione che ne esalti la tipicità (come detto anche attraverso l’uso attento di accoppiamenti in eterozigosi) atti a mantenere i meccanismi ancestrali di stratificazione della feomelanina che, così come nel tipo classico, anche nelle varianti geniche esaltano tale area di riferimento del diamante di Gould. Dobbiamo aggiungere che l’azione inibente sul deposito feomelanico ha ovviamente effetti anche in altre aree del corpo dove normalmente è presente questa melanina. Cosi come dal tipo classico al pettobianco per ogni allele possiamo definire un colore del petto, anche per le maschere lipocromiche e per il ventre possiamo indicare schiarimenti significativi del colore, ma soprattutto un effetto sulla limpidezza del lipocromo (grazie alla riduzione della feo che notoriamente li imbrunisce). Tale effetto schiarente è più evidente nei blu dove l’assenza di lipocromo evidenzia: un color camoscio carico della maschera e beige dei fianchi nel pettoviola, maschere cannella e fianchi quasi crema nei pettolilla e nei pettochiaro, per arrivare al pettobianco, dove la maschera deve essere bianco candido ed il ventre bianco panna. A questa descrizione della maschera e del ventre dobbiamo associare una tonalità più chiara anche del colore del dorso, che ci orienta verso la probabilità che all’inibizione della feo si associ anche una riduzione (seppur contenuta) dell’eumelanina. Affermazione che spiega anche il candore della maschera e dei fianchi nel pettobianco. È un orientamento selettivo coerente con quello che ci porta a pretendere per il pettobianco un candore assoluto della zona, evidenziando come le scelte selettive imposte dagli standard debbano essere sempre coerenti tra loro e con il fenomeno mutante che le determina.

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Arlecchino portoghese Riferimento alla categoria Mosaico testo e foto di SERGIO PALMA

L’

uomo in tutte le sue attività necessita di stimoli. Così come questo scritto, che prende spunto dallo stimolo da me ricevuto durante la Prima Mostra Ornitologica di Mariglianella dove ho avuto il piacere di giudicare ben 69 soggetti di Arlecchino Portoghese. Moltissimi soggetti tipici ma anche tanti che dello standard dell’Arlecchino non avevano nulla, o quasi. Scusandomi sin da ora con quegli allevatori che hanno contribuito con i loro soggetti, non propriamente tipici, alla realizzazione della manifestazione di Mariglianella e alla nascita di questo articolo, vorrei porre l’at-

Femmina linea maschile

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tenzione su quello che deve essere l’Arlecchino Portoghese. Non vorrei, come tante volte succede, percorrere punto per punto i Criteri di Giudizio redatti per questa razza, ma mi vedo costretto, perché se ripetere aiuta, credo anche che qualche allevatore non li abbia mai letti e possa trovare, attraverso Italia Ornitologica, lo strumento giusto per conoscerli e andare a leggerli. Il corpo dell’Arlecchino deve essere allungato, con dorso dritto dalla base del collo fino alla coda, che deve rimanere sulla stessa linea senza essere cadente o rialzata. Non basta avere un canarino ciuffato per defi-

Femmina linea maschile

nirlo Arlecchino. Il suo ciuffo (in portoghese poupa) dovrebbe avere una forma triangolare con l’apice rivolto verso il becco; logicamente, il ciuffo non potrà mai avere piume lunghe, altrimenti l’effetto triangolo dato da piume corte e che non si adagiano non si avrebbe. Per i testa liscia, invece, si richiede un cranio a forma di uovo con la punta verso il becco. Per la taglia si deve cominciare con il dire che questa Razza è stata inserita dalla Commissione Tecnica Nazionale per i Canarini di Forma e Posizione Lisci nel gruppo delle “Razze Pesanti” e questo non a caso; infatti, è stata stabilita una taglia di 16 centimetri e questa voce, anche se non è la primaria, ha comunque assegnati ben 15 punti, quindi un particolare importante che dobbiamo tenere ben presente. Quei soggetti che raggiungono poco più di 14 cm, come o quasi un


Maschio linea femminile

Lizard, devono essere scartati dalla selezione. Ora la parte più difficile, per la quale i tecnici portoghesi stanno ancora discutendo, sperando che non facciano ancora delle modifiche: il colore. Questo deve essere “un trittico”, e cioè: Melanico (scuro indipendentemente dal tipo), Rosso e Bianco. Gli ultimi due devono obbligatoriamente pervenire dal Mosaico, altrimenti l’Arlecchino non sarebbe tale. L’artificio della colorazione, che sia con sostanze di sintesi o naturali, è obbligatorio, quindi non si possono esporre soggetti con il colore arancio. Ora, ripetendo: non può essere un unicolore (Melanico o Lipocromico), non può essere di colore arancio, deve essere mosaico. Le parti melaniche e lipocromiche devono essere egualmente distribuite su ogni parte del corpo, comprese le zampe ed il becco, mentre il rosso, causa il mosaicismo, lo si ha solo sulle spalline, nella maschera facciale, sul codione e, specialmente nei maschi, sul petto. Se si acquisiscono questi importanti punti, non si costringerà il Giudice a dichiarare il Vostro Canarino non conforme allo standard. Da quando l’Arlecchino ha cominciato a frequentare le mostre ornitologiche ci sono stati alcuni “ritocchi” allo stan-

dard, tanto che la OMJ ha imposto al Portogallo almeno due anni di riflessione e stabilizzazione di quello attuale. Ma ancora oggi mi rendo conto che qualcosa da chiarire c’è. La prima questione è il colore delle penne remiganti primarie. Mi spiego: l’Arlecchino, come detto sopra, si basa essenzialmente su tre fattori, che sono pezzature, mosaicismo, colore. Assodato che il top richieda una pezzatura del 50% e che il mosaicismo non sia confutabile, passiamo al colore: questa voce racchiude in sé tre colori, cioè Melanico (che può essere Nero, Bruno, Agata etc...), il rosso nelle parti di elezione del mosaico e il bianco, dato anch’esso dalla “gessatura del mosaico”. Senza l’alimentazione adeguata, i punti di elezione del mosaico rimarrebbero color arancio, quindi, per sopperire a ciò, a 40 giorni si co-

l’Arlecchino si basa essenzialmente su tre fattori, che sono pezzature, mosaicismo, colore

mincia con la colorazione. Questo però fa sì che le remiganti rimangano color paglierino o giallo. Da qui la domanda che ho rivolto al collega portoghese Paulo Maia, il quale è anche uno degli ideatori della Razza; egli mi ha sottolineato che “normalmente se for só a ultima remige amarela nao se penaliza”, cioè “normalmente, se le remiganti sono gialle, non si penalizza”. Dunque. mi viene spontaneo dire che anche il giallo entri a far parte dei colori dell’Arlecchino. Ma ancora una perplessità mi fa pensare: le categorie a concorso, la divisione tra Maschi e Femmine. La COM, nelle categorie a concorso presso i Campionati Mondiali e le Mostre Internazionali sotto la sua egida, per questa Razza assegna due categorie e precisamente: Arlequim portugais • Huppé (Poupa) • Non huppé (Par), cioè Arlecchino Portoghese ciuffato – e non ciuffato. In Italia, invece, ci troviamo di fronte a ben 4 categorie, vale a dire la divisione, oltre che tra ciuffati e non ciuffati, anche tra maschi e femmine. Questo ampliamento, oltre che al solo vantaggio di aumentare il numero di soggetti presenti nelle mostre, crea problemi, e non pochi, a chi è chiamato a giudicare. Ormai da circa un decennio nei canarini di colore, lipocromici in particolare, si selezionano due linee di sangue che vengono chiamate “linea Maschile” e “linea Femminile”. La differenza principale tra le due linee selettive sta nell’ampiezza della mascherina e nella colorazione del petto (chiedo scusa agli allevatori del Mosaico se la descrizione non è del tutto corretta). Succede, molto più spesso di quanto si possa immaginare, di trovare femmine con la mascherina ed il petto da maschio (linea maschile) e maschi con la mascherina spezzata e poco colorati sul petto (linea femminile), che rendono quasi impossibile convincersi della veridicità della dichiarazione degli allevatori. Se, come si dice, bisogna giudicare quello che si vede, tanti, tantissimi soggetti sarebbero da declassare. Ora, è meglio continuare su questa strada oppure ridurre le categorie, come in COM, solo a due?

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Definizione del Colore nei Canarini Arricciati testo della C.T.N. CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI, foto S. GIANNETTI

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elle razze arricciate non esistono, nelle categorie ufficiali, regole che differenziano le stesse in base al colore perché tutti i colori sono ammessi, pertanto, ove avvenisse una suddivisione di categorie basata sul colore, ci atterremmo alle seguenti norme, tenendo presente il riferimento alle definizioni qui indicate:

Arricciato di Parigi lipocromico, foto: S. Giannetti

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Si considera unicolore il canarino che non ha alcuna traccia di colore diverso da quello di fondo

GIALLO, ARANCIO, BIANCO, VERDE, ARDESIA, BRUNO, ecc. Si considera unicolore il canarino che non ha alcuna traccia di colore diverso da quello di fondo; è ammessa una piccola macchia sul becco. In ogni altro caso, è da considerare pezzato. Fanno eccezione le sfumature (passaggi graduali di colore) schiarenti del sottogola e del petto nei melaninici

Arricciato del Sud melaninico, soggetto non in posizione da standard, foto: S. Giannetti


e le soffusioni alari nei bianchi. LIPOCROMICI: soggetti unicolore (per unicolore viene intesa la stessa tonalità di colore, estesa uniformemente su tutto il corpo) che non presentano in nessuna zona del corpo tracce di colore contrastante con quello di fondo, escluse le soffusioni lipocromiche gialle e arancio sulle remiganti e sulle timoniere dei bianchi. In questa categoria sono compresi i canarini col ciuffo. Nel Padovano, Fiorino, Benacus e nel Giraldillo lipocromici i ciuffi possono essere anche di colore diverso (melaninici) purché il colore melanico non trasbordi al di sotto del ciuffo, mentre nei testa liscia la macchia sul pileo è da considerarsi pezzatura. MELANICI: soggetti unicolore di colore uniforme senza traccia di

La colorazione artificiale non è proibita, ma l’uniformità è soggetta a giudizio nella voce Piumaggio

macchie lipocromiche. Le sfumature schiarenti la gola e l’addome dei melaninici sono da considerarsi ininfluenti. PEZZATI: un soggetto dicesi pezzato quando presenta in qualsiasi parte del corpo, comprese le remiganti e le timoniere, macchie o soffusioni contrastanti il colore di fondo. Il termine che caratterizzerà il colore dei pezzati sarà il seguente: GIALLO PEZZATO, ARANCIO PEZZATO, BIANCO PEZZATO quando prevale l’estensione del piumaggio lipocromico. Se prevale l’estensione del piumaggio melaninico la terminologia sarà: VERDE PEZZATO, ARDESIA PEZZATO, BRUNO PEZZATO. Quindi verrà usato per primo il ter-

A.G.I. lipocromico pezzato, foto: S. Giannetti

Arricciato Padovano ciuffato melaninico pezzato, foto: S. Giannetti

mine relativo al colore prevalente. La colorazione artificiale non è proibita, ma l’uniformità è soggetta a giudizio nella voce Piumaggio. La composizione degli stamm: in tutte le razze arricciate, gli stamm devono essere composti da soggetti appartenenti alla stessa razza (testa liscia o testa ciuffata) di identico colore, cioè tutti gialli, arancio, bianchi, verdi, bruni ecc. Il colore di fondo dovrà essere obbligatoriamente identico a tutti e quattro i soggetti; i canarini pezzati devono presentare pezzature di uguale colore. Per quanto concerne le razze ciuffate, i quattro soggetti dovranno essere tutti ciuffati o tutti testa liscia. Gli stamm composti da soggetti con il ciuffo di colore diverso (alcuni verdi, alcuni bruno) non sono giudicabili. Gli stamm di pezzati dovranno essere di identico colore, pezzati con lipocromo superiore al 50% e pezzati melaninici superiore al 50%. Per gli stamm costituiti da soggetti con pezzature del 50% melaniche e per il 50% lipocromiche sarà quasi impossibile averne una misurazione con precisione millimetrica, comunque riteniamo che l’esperienza del giudice e dell’allevatore siano sufficienti a stabilire se i quattro soggetti siano omogenei tanto da essere classificati stamm. Non sono considerati stamm e quindi non giudicabili quattro canarini di colore diverso sia nelle pezzature che nel colore di fondo. Questi soggetti saranno giudicati come singoli e potranno partecipare alla sola premiazione di campioni di razza. Da anni le Commissioni Tecniche hanno cercato le migliori soluzioni al problema pezzature, rendendosi conto che le regole fatte sono state sempre di non facile interpretazione e di difficile soluzione, così si è deciso di adottare le regole C.O.M. – O.M.J. in modo che, sia nelle mostre internazionali che in quelle F.O.I., le regole siano le stesse.

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CANARINI DI COLORE

Sui bianchi di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e F.O.I.

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o letto con interesse l’articolo della CTN colore apparso su I. O. n°12 dicembre 2021 “Le schede tecniche dei lipocromici apigmentati”, ove si accetta una proposta del club dei bianchi per classifiche attinenti alle mostre specialistiche. Ho apprezzato la proposta del club che in parte recepisce alcune mie valutazioni più volte espresse. Non mi stupisce la collaborazione di un maestro della statura di Cosimo Alfonzetti, che certo deve aver dato un utile contributo. Intendiamoci, non aderisco in toto a quanto proposto, ma certo c’è un miglioramento significativo rispetto a quanto fatto finora. Avevo preparato uno scritto che voleva essere riassuntivo sul problema bianchi, sintetizzando il mio pensiero già più volte espresso. Ebbene ora appare come inadeguato poiché non considera la proposta del club. Ho quindi pensato di proporlo ugualmente facendolo seguire da critiche ed autocritiche, sempre costruttive.

Vecchio scritto non ancora pubblicato: “Bianchi, pensieri tecnici” Ho più volte parlato dei bianchi, fornendo in più occasioni un contributo di valutazione. In questa sede desidero ricordarlo e schematizzarlo. Il mio pensiero a livello di Ipotesi è il seguente: il bianco recessivo presenta sempre la stessa espressione. L’inibizione del 100% non prevede diverse valutazioni. Non possiamo prevedere inibizioni del 101%. Le apparenti differenze sono imputabili solo ad illusioni ottiche, come diversa qualità del piumaggio e diversa pulizia. Non considero i brillantanti nel bagno. Semmai possiamo considerare che un piumaggio attillato può apparire più

Bianco dominante

bianco per la mancanza di micro ombreggiature (come nei tessuti rasati a differenza di quelli goffrati) oppure ad altre strutture con effetti specchio ingannevoli, potrebbe accadere negli intensi. A rigore di logica nei bianchi recessivi la voce “apigmentazione lipocromica” non dovrebbe essere prevista. Lo standard ipotizzabile pertanto dovrebbe comprendere solo le voci morfologiche, ad esempio: Piumaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40 Proporzioni e forma . . . . . . . . . . . . . . .35 Portamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15 Condizioni e benessere . . . . . . . . . . . .10

Si potrebbero ipotizzare anche altri rapporti comunque senza la voce attinente alla depigmentazione. Va detto però che non si potrebbe usare la stessa scala valori degli altri. Pertanto da non escludere il ritorno alla penalizzazione fissa per i recessivi, migliore del sistema attuale, anche se preferibili altre soluzioni, come vedremo. Forse la scala suddetta o simile la si potrebbe usare solo in mostre specialistiche. Si tenga anche presente che i bianchi recessivi sono quasi una sotto razza per le forme diverse, rispetto agli altri canarini di colore. Soprattutto per

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le rotondità. Del resto sono selezionati solo per la morfologia. Sono noti anche alcuni meticciamenti con razze di forma. Volendo lasciare lo standard invariato sarebbe bene giudicare a punteggio globale, per non fare cose talora ridicole con le voci per far quadrare il bilancio. Leggerissimi difetti, nelle voci morfologiche, nei bianchi recessivi sono puniti ben più severamente che non negli altri canarini. Anche peggio se si inventano difetti in apigmentazione lipocromica. Del resto non si può dare a quasi tutti dal 90 in su, per poi non saper come fare a differenziare i primi 3.

Isabella opale bianco

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Diverso il caso del bianco dominante o soffuso come si diceva correttamente prima. Nel bianco dominante o soffuso le soffusioni sono a diversa espressione. Tranne il codione le soffusioni possono apparire più o meno quasi dappertutto. La condizione tipica del bianco dominante è quella che prevede le soffusioni solo sul bordo esterno delle remiganti primarie. Si aggiunge di tonalità limone. Potremmo considerare il bordo esterno come zona deputata all’espressione della soffusione. Forse potremmo chiamarla zona “da soffusione tipica” o “da soffusione espressa” o semplicemente

“da soffusione” o qualcosa del genere, non certo di elezione per non far confusione con le zone di elezione della categoria. Nel bianco dominante è possibile e doveroso penalizzare le soffusioni eccessive, quindi sacrosanta la voce apigmentazione lipocromica. Volendo si potrebbe diversificare la voce in apigmentazione e tonalità lipocromica, per giustificare la penalizzazione di eventuali tonalità paglierine o dorate, comunque non limone. Tuttavia penso che l’aspetto tonalità, dovrebbe essere inferiore a quello dell’apigmentazione, ad esempio dividere i 55 punti in: 45 contro 10 oppure 40 contro 15. Sempre che non si vogliano modificare oltre le voci. La previsione della categoria (intenso, brinato e mosaico, mosaico non differenziabile dal brinato, l’intenso si) non la ritengo opportuna, nonostante sia stato proprio io assieme ad un compianto amico, Paolo Franzosi a segnalare la presenza della categoria nei bianchi; per la prima volta in modo chiaro ed inconfutabile, prima faceva capolino con incertezza. Correva l’anno di grazia 1973 pubblicata sulla rivista “Il giornale degli uccelli” ed Encia di Udine mese di aprile. In effetti le differenze morfologiche di categoria si notano e nei soggetti più tipici e sono abbastanza rilevanti, ma talora ci sono margini di errore e non tutti ne capirebbero la differenza oltre che la ragione. Se si volesse segnalarla bisognerebbe precisare bene il modo di distinguere gli intensi rispetto ai brinati ed ai mosaico. Sarebbe necessario sottolineare che la mutazione intenso agisce non solo sul piumaggio accorciando le barbe e quindi restringendolo la penna, ma anche su tutte le produzioni cutanee: becco, squame dei piedi e unghie, specialmente le squame dei piedi. Con le conseguenze già segnalate a livello di morfologia, resa più snella. Il discorso precedente vale per i lipocromici, per i melanici andrebbe allo stesso modo, ma con diversa incidenza nelle voci, stante la presenza della voce tipo. Quindi la voce apigmentazione lipocromica andrebbe gestita diversamente. Non era male nei recessivi la pe-


nalizzazione fissa. Tuttavia tale voce potrebbe essere ridotta rispetto ad altre, magari a favore del tipo e magari differenziata nei soffusi (dominanti), in modo proporzionato rispetto ai lipocromici. Va detto però che, in questi casi, non si potrebbe usare la stessa scala valori degli altri canarini. In conclusione, ciò che mi pare veramente necessario e non procrastinabile è rivedere la valutazione dei recessivi, per le ragioni spiegate sopra. Questo avevo preparato. Ora è chiaro che apprezzo la riduzione a 30 punti dell’apigmentazione lipocromica rispetto agli esagerati 55, anche se io l’avrei eliminata del tutto nei recessivi, ed apprezzo pure molto la divisione, in quanto tale, per i dominanti in: apigmentazione (punti 15) e varietà (punti 15), anche se sarebbe più corretto parlare di tonalità visto che l’apigmentazione è già varietà. Gli stessi punti 15 sono discutibili, ma l’importante è

Agata bianco

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che si consideri la tonalità limone, altrimenti non chiaramente indicata. Buono il livello di 30 punti globali, invece che di 55. Semmai una critica devo farla nell’insufficiente ove si fa cenno ad “influenze reciproche di giallo e rosso”, vale a dire fattori arancio. Nel novello non ci sono mai soffusioni arancio su remiganti primarie, secondarie e grandi copritrici delle primarie (salvo incidenti); infatti i

tracce arancio, teoricamente possibili geneticamente sulle penne mutate. Tuttavia non mi soffermo oltre, è un aspetto che non fa danni ed ammetto un mio perfezionismo quasi pignolo. Ribadisco semmai che nei bianchi recessivi le differenze sono solo impressioni legate alla compostezza del piumaggio ed al suo nitore, non considero additivi nel bagno. Quindi, secondo me, per i recessivi è preferibile non considerare il

Albino

giovani rossi migliori hanno l’ala biancastra, mentre i meno rossi gialla. Per aver soffusione arancio, su tali penne, in un novello bisognerebbe colorare da nido, cosa che evidentemente non si fa con i bianchi. Diciamo che si potrebbero prevedere somministrazioni accidentali, ma allora ci sarebbero espressioni non solo alle remiganti, ma anche in altre parti del corpo. Forse sarebbe meglio prevedere la squalifica in presenza di

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tono del bianco, poiché verrebbe comunque penalizzato in altre voci, quali il “piumaggio” e le “condizioni e benessere”. Non stupisca il fatto che io preferisca omettere la voce apigmentazione che pure esiste nei recessivi; infatti non ritengo che ci siano variazioni nel bianco recessivo, è una faccenda non uguale ma simile a quella del tipo nei lipocromici, che pure esiste ma non è previsto

come voce, poiché il difetto, cioè la macchia melanica, non è penalizzato ma comporta squalifica. Discutibile l’attribuzione di più punti alla voce forma 30, rispetto al piumaggio 25; qui forse potrebbe aver ragione il club. Io ho ipotizzato più punti al piumaggio (nella mia ipotesi di cui sopra) poiché la sua compattezza aiuta a percepire un ottimo bianco, inoltre le forme spesso sono determinate non tanto dallo scheletro, ma piuttosto dal piumaggio, come ci insegnano i tecnici della forma e posizione. A questo si aggiunga che nel canarino di colore non sono previste forme anomale o particolari, se non certe rotondità. Tuttavia, come io stesso ho detto, il canarino di colore bianco recessivo è quasi una sotto razza direi quasi di forma, per le forme più arrotondate rispetto agli altri canarini di colore. Si può valutare questo aspetto in vari modi, con un certo spazio per l’opinione. Forse si potrebbe perfino differenziare fra le diverse parti del corpo, come nelle razze di forma, ad esempio: la testa è importantissima e spesso determinate. Molto utile comunque prevedere più punti per le voci morfologiche che sono rilevanti in modo maggiore rispetto ad altri canarini di colore, che inoltre consentiranno attribuzioni di punti in maniera più gestibile, senza forzature o con minori forzature. Nello stesso numero c’è un intervento di Sergio Palma: “Lipocromico-melanico: tutte le varietà a fondo bianco” ove l’autore spiega abbastanza bene che si dovrebbe dire, non varietà (segnalo che il bianco è già una varietà), ma tipi a fondo bianco (forse meglio di varietà bianco). Ebbene vorrei aggiungere, anche se l’ho già fatto tempo fa, che i bianchi andrebbero giudicati a parte, poiché ci sono i bianchi intensi ed i brinati oltre che mosaico. Farli gareggiare assieme ai brinati non è molto corretto, poiché nelle razze ove l’intenso è avvantaggiato, un bianco intenso avrebbe gioco facile contro i brinati. Non mi dilungo avendolo già fatto in altre occasioni. Concludo esprimendo apprezzamento per la tendenza portata avanti dal club, che potrebbe indurre ulteriori conseguenze e diverse valutazioni.


DIDATTICA & CULTURA

Titian Peale (1799-1885) e il Diamante di Peale Erythrura pealii Digressioni e postille di IVANO MORTARUOLO, foto V. FERRARA, I. MORTARUOLO e AUTORI VARI

klin Peale, Raphaelle Peale, Rembrandt Peale (il più affermato dei fratelli), Rubens Peale e Titian Peale (1) s’imposero per la loro bravura e, insieme al padre, diedero un rilevante impulso all’arte pittorica statunitense. Non sorprende, quindi, che Titian avesse manifestato precocemente forti interessi naturalistici e apprez-

Diamante di Peale. Foto e allevamento: Vittorio Ferrara

T

itian Peale nacque a Filadelfia nel 1799 e quivi morì nel 1885. Fu l’ultimo dei sedici figli (però solo undici sopravvissero) di Charles Willson Peale (1741-1827), un eclettico e colto personaggio che si affermò come pittore e che ebbe anche il merito di istituire un proprio museo a Filadelfia (fu il primo nella nazione), dove confluirono reperti naturalistici e opere pittoriche. Inoltre, fu anche

il cofondatore della Pennsylvania Academy of Fine Arts e, durante vari eventi della Rivoluzione Americana, fu amico e assistente di George Washington, che ritrasse più volte. L’iperdinamico genitore, essendo animato da un grande interesse sia per l’arte sia per la scienza, a tutti i suoi figli attribuì nomi di pittori famosi o di scienziati e, in vario modo, trasmise loro le sue passioni. Fu così che Fran-

Fotografia di Titian Peale (circa 1875), conservata presso Smithsonian’s National Portrait Gallery. Fonte iconografica: Gooble Arts & Culture

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zabili capacità figurative. A diciassette anni, infatti, partecipò alla sua prima spedizione scientifica e l’anno successivo era già membro dell’Accademia delle Scienze Naturali. L’accuratezza delle sue rappresentazioni animali e vegetali gli aprì la strada per collaborare con importanti zoologi come Carlo Luciano Bonaparte (il quale divenne anche suo protettore) e John Cassin. Da esperto di Lepidotteri (farfalle) pubblicò un’apprezzata monografia e ideò speciali strutture e accorgimenti atti a impedire il deterioramento delle collezioni. Quando suo padre morì (1827)

assunse la direzione del museo famigliare e si attribuì il titolo di “professore di zoologia e curatore”. Ma al di là di queste piccole vanità, diede costante prova di grande serietà e impegno, che gli permisero di diventare un apprezzato zoologo, entomologo, etnografo e fotografo, oltre che un valido pittore naturalista (tuttavia, la sua fama venne un po’ oscurata quando “entrò in scena” John James Audubon, le cui raffigurazioni degli animali erano più accurate e realistiche). Tralascio la segnalazione delle varie spedizioni scientifiche cui il nostro par-

Autoritratto di Charles Willson Peale eseguito a ottantuno anni (1822). È visibile uno scorcio del museo realizzato dall’artista. Olio su tela cm. 263,5 x202,9. Collezione Joseph Harrison Jr. Fonte iconografica: Daily Art

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tecipò per soffermarmi soltanto su quella realizzata dal 1838 al 1842, comandata da Charles Wilkes (17981877), che circumnavigò il globo raggiungendo le isole dell’Oceano Pacifico centrale e la costa nord-occidentale dell’America settentrionale. A Peale fu attribuito, oltre al compito di realizzare disegni, l’incarico di responsabile del reperimento di campioni e informazioni attinenti agli uccelli: ebbe così la possibilità di raccogliere un gran numero di reperti faunistici e di scoprire nuove specie, ma la fortuna non fu dalla sua parte. Durante il viaggio di ritorno (1841) una delle navi della spedizione, la Peacock, fece naufragio presso la foce del fiume Columbia. Purtroppo, andarono perduti gli specimens di uccelli, mammiferi e farfalle, insieme a numerosi manufatti di varie popolazioni: erano il frutto di tre anni di raccolta. Come se non bastasse, diverso materiale risultò difficilmente utilizzabile (approssimativa o mancata catalogazione degli oggetti, smarrimento o erronea indicazione delle etichette, ecc.). Al suo rientro a Filadelfia, i rapporti con il capo della spedizione Wilkes si inasprirono ulteriormente su questioni attinenti sia alla rilevanza scientifica delle scoperte effettuate sia alla pubblicazione del resoconto della spedizione (giudicato incompleto). Ciononostante, nel 1848 venne data alle stampe, in forma ridotta, la prima edizione della relazione, cui venne attribuito il titolo United States Exploring Expedition – Mammology and Ornithology, naturalmente curata da Peale. In tale opera vennero descritti per la prima volta gli attuali Diamante di Samoa Erythrura cyaneovirens e Diamante di Peale Erythrura pealii, rispettivamente come Geospiza cyaneovirens (2) (pagina 117) e Geospiza prasina (pagina 116). Se si considera che John Gould nel 1837 ascrisse un gruppo di cosiddetti Fringuelli di Darwin al nuovo genere Geospiza (Proceding of the Zoological Society of London – parte V, pagg. 4-7), si rimane un po’ sconcertati dalla scelta tassonomica del nostro. Invero, i maschi di questi singolari pennuti darwiniani sono ca-


Titian Peale ha curato il disegno di questa tavola (la n. 8) che riproduce, dall’alto verso il basso, una coppia di Diamanti di Peale, un Diamante di Samoa e una coppia di Fringuelli negrillo (Volantinia jacarina). Ornitografia tratta dalla pubblicazione United States Exploring Expedition Mammology and Ornithology (1858). Fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

ratterizzati da una livrea pressoché nera o molto scura che non ha nulla in comune con l’accattivante policromia delle suddette due Erythrure. Inoltre, i due taxa differiscono per morfologia, in particolare quella del becco. Queste considerazioni si fanno ancor più stridenti se si pensa che, difformemente dall’orientamento attuale, allora il criterio di valutazione tassonomica si basava pressoché esclusivamente su parametri fenotipici. Quanto esposto mi fa supporre che la speculazione classificatoria non fosse l’habitus più profondo di Peale, pur riconoscendogli i meriti sopra indicati. Non sorprende, quindi, se alle ostilità del capitano Wilkes si aggiunsero anche quelle di John Cassin, un uomo d’affari ma soprattutto un competente ornitologo e un attento tassonomista. Fu così che a quest’ultimo venne affidato l’incarico di curare un’edizione fortemente ampliata (ed emendata) della United States Exploring Expedition – Mammology and Ornithology, che venne pubblicata nel 1858.

Per il povero Peale i guai non finirono qui, in quanto morirono sua moglie Mary e la figlia Florinda; inoltre, ebbe grossi problemi economici a seguito del fallimento del museo paterno. Per potersi assicurare una certa “tranquillità economica”, accettò l’incarico di esaminatore presso l’Ufficio Brevetti di Washington, dopo di che la sua fama di naturalista e pittore andò progressivamente scemando. Rivolgendo lo sguardo all’evolversi della storia tassonomica delle suddette due Erythrure segnalate da Peale, va evidenziato che Carlo Luciano Bonaparte (Generum avium, 1850, pag. 457) traghettò il Diamante di Samoa dal genere Geospiza a quello di Erythrura con l’attribuzione dell’epiteto pucherani (Erythrura pucherani), in onore dello zoologo francese Jacques Pucheran (1817-1894). Dal contributo dei due autori (Peale e Bonaparte) si è poi giunti all’attuale denominazione scientifica di Erythrura cyaneovirens (Peale, 1848). Per quanto attiene al Diamante di Peale, il medico e zoologo Gustav Hartlaub (1814-1900) nel 1852 effettuò una sapiente operazione di “maquillage” (Archiv für Naturgeschichte, pag. 104) che consentì di superare un impasse tassonomico. Cerco di essere più chiaro. Quando una specie cambia denominazione perché è stata assegnata a un diverso genere, l’epiteto originario rimane inalterato mentre, naturalmente, il nome generico muta. Nel caso del volatile in esame, che da Peale era stato

L’attuale denominazione scientifica del Diamante di Gould è Chloebia gouldiae, perché l’autore ha voluto dedicare questo volatile alla sua amata moglie Elisabetta Coxen

Frontespizio del volume cui si fa riferimento nel testo e nel quale vengono apportate modifiche ed emendamenti al precedente operato di Titian Peale. Fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

assegnato al genere Geospiza in sede di descrizione, l’attribuzione al taxon Erythrura (peraltro condivisa da vari ornitologi di allora) avrebbe creato un’omonimia: cioè si sarebbe ottenuta la denominazione di Erythrura prasina, che però era stata precedentemente attribuita al Diamante quadricolore. Pertanto, in base al “principio di priorità” (uno dei cardini della nomenclatura zoologica e botanica), tale assegnazione non era disponibile. Ma Hartlaub, cambiando l’epiteto da prasina a pealii, argutamente trovò la soluzione a questo problema. Un rimedio pregevole che immediatamente mi rievoca un’espressione popolare con qualche attinenza al mondo alato: “Ha preso due piccioni con una fava”. Proprio così! L’autore ha reso anche omaggio al nostro pittore-naturalista, in quanto pealii sta a significare “del signor Peale”. L’attuale denominazione scientifica è quindi Erythrura pealii (Hartlaud, 1852). Forse ai giovani lettori può risultare poco chiara la trasformazione nomenclaturale da “Peale” a pealii effettuata da Hartlaub. La spiegazione sta nel

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Maschi di Diamante di Peale. Foto e allevamento Vittorio Ferrara

fatto che, quando l’epiteto (anche detto nome specifico) è derivato dal nome di una persona, può essere operata una latinizzazione aggiungendo la desinenza al genitivo. In questo caso, peale si trasforma in pealius (nominativo) che al genitivo (sostituendo us con i) diviene pealii. Naturalmente, questa trasformazione è stata operata per un nome al maschile; se si fosse trattato del genere femminile si sarebbe aggiunta la desinenza ae. Propongo un esempio molto noto. L’attuale denominazione scientifica del Diamante di Gould è Chloebia gouldiae, perché l’autore ha voluto dedicare questo volatile alla sua amata moglie Elisabetta Coxen. Pertanto, il primo adattamento è gouldius, cui fa seguito l’applicazione della desinenza al genitivo femminile: ottenendo così gouldiae ovvero “della signora Gould”. (3)

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Prima di concludere questa nota, vorrei proporre alcune considerazioni sul Diamante di Peale, un uccello caratterizzato da varie capacità attrattive ma che, nel contempo, è ancora poco conosciuto. Si ha notizia che il primo successo riproduttivo in Europa sia stato ottenuto allo Zoo di Londra nel 1912. Consultando la scarna letteratura in mio possesso apprendo che, nei primi anni del secolo scorso, la presenza di tale Estrildide era molto esigua e si dovettero attendere gli anni Sessanta per ottenere consistenti importazioni. Sono incline a pensare che questo boom di presenze abbia interessato molto marginalmente il nostro Paese (sarei ben lieto di essere smentito). Una sorta di conferma me la fornisce indirettamente anche il volume “Uccelli esotici” di Vittorio Orlando (Edizioni Encia,

1959), il quale, durante i miei anni giovanili, ha rappresentato una sorta di livre de chevet. L’autore, infatti, si limita a indicare che questo uccello esiste, mentre a molte altre specie dedica “sufficiente” spazio, suggerendo così che ne aveva avuto esperienza d’allevamento direttamente o indirettamente. Un’ulteriore conferma credo di poterla cogliere anche dalla consultazione della letteratura specialistica in lingua italiana degli ultimi quaranta anni: infatti gli articoli su tale volatile sono molto esigui. Fortunatamente la situazione attuale è incoraggiante e verosimili sono le prospettive che il Diamante di Peale diventi un pet apprezzato dagli ornicoltori di piccoli uccelli esotici. La sua livrea è infatti un piacevole contrasto cromatico tra il rosso e il verde, nel quale s’inserisce un deciso o progressivo passaggio tonale dal nero della gola all’azzurro del petto. Vari allevatori, attraverso un’attenta e costante selezione, sono riusciti a rendere il rosso della mascherina omogeneo, ben delineato ed anche leggermente più esteso: ne scaturisce un effetto estetico rilevante. In alcuni casi la pressione selettiva ha coinvolto sia la taglia sia le rotondità corporee, caratteristiche che hanno conferito al volatile un aspetto “infantile” e, come tale, in grado di esercitare un ulteriore vis attractiva, pure su persone non interessate al nostro hobby. Non meno peculiare è l’ethos del Diamante di Peale, il quale costantemente si dimostra un uccello vivace, intelligente, attento a tutto ciò che accade intorno e ben predisposto, similmente al Diamante coloria Erythrura coloria, ad accordare fiducia alla persona che si prende cura di lui. Se gli si dedicano pochi minuti al giorno, offrendo con le dita, attraverso le sbarre della gabbia, cibi graditi come avena decorticata, larve di Tenebrio molitor e così via, entro breve tempo verrà a mangiare senza esitazione sulla mano. Naturalmente non mi riferisco a soggetti allevati “a mano” che, pertanto, hanno subito l’imprinting sull’uomo e verso il quale non nutrono diffidenza.


Tuttavia, una volta instaurato un buon rapporto con il volatile, bisogna fare attenzione a non tradire la fiducia che ci è stata accordata. Così, se sorge la necessità di prendere un esemplare per qualsiasi ragione (cure, pulizie, trasferimento in altre gabbie ecc.), sarà bene affidare l’incarico a un’altra persona o, se ciò non fosse possibile, rendersi irriconoscibile con abiti diversi e un cappello o con una maschera. Questo accorgimento può sembrare eccessivo e forse anche ridicolo, però si rivela utile allo scopo. Del resto, il suggerimento viene da una fonte autorevole: Konrad Lorenz. Egli infatti, quando aveva la necessità di afferrare le sue Taccole, indossava un costume da Belzebù: così facendo, anche se rischiava di essere considerato “lo strambo del paese”, manteneva intatto il legame con i suoi Corvidi.

D. di Peale di 4 giorni. Foto e allevamento Ivano Mortaruolo

Le suddette caratteristiche del Diamante di Peale, in un passato recente, mi hanno indotto a regalare a persone che vivevano situazioni di diffi-

coltà psichiche o di disagio fisico (si pensi ad anziani soli o con disabilità) alcuni esemplari di questa specie e anche di Diamante coloria. I risultati

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Nidiaceo di D. di Peale di 16 giorni. Foto e allevamento Ivano Mortaruolo

sembrano incoraggianti, in quanto la convivenza con questi vivaci e policromi pennuti ha destato curiosità e anche appagamento, rendendo così l’esistenza meno gravosa. Sono stato indotto a intraprendere questa nuova esperienza perché incoraggiato dai risultati delle passate iniziative con Merli indiani Gracula religiosa e Diamanti di Gould. Su quest’ultima specie ho anche scritto una nota dal titolo “Pet-therapy: considerazioni sull’uso degli uccelli e, in particolare, dei Diamanti di Gould Chloebia gouldiae (Gould, 1844)”, pubblicata nel libro “Gli Estrildidi - vol.II” di Sergio Lucarini, Emilio De Flavis e Alberto De Angelis, edito dalla FOI nel 2005. Infine, in apicibus, il Diamante di Peale è dotato di una plasticità trofica che gli consente di assumere numerosi ed eterogenei alimenti. Invero, da osservazioni effettuate in allevamento, gli impulsi neofobici appaiono pressoché soppressi dalla forte curiosità di scoprire e assumere nuove fonti di cibo. Ricordo che la neofobia (ovvero la diffidenza verso gli alimenti sconosciuti) è un comportamento adattativo, riscontrabile in tutte le classi animali (uomo compreso), che induce

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alla prudenza di fronte ad alimenti non noti e, nel contempo, evita di assumere sostanze potenzialmente tossiche o addirittura letali (4). Per quanto riguarda il nostro pennuto, sono incline a ipotizzare che la sua innata “imprudenza” sia alla base del suo successo in natura. Nelle Isole Fiji, dove vive, si nutre di sorgo, riso, semi di graminacee e di altre essenze vegetali (soprattutto allo stato lattiginoso), insetti vari e loro larve (ha peraltro dimostrato una particolare abilità nella loro cattura), ragni, nettare, piccoli fichi e frutti di bosco. Da questo breve elenco si ha la conferma che il Diamante di Peale è in grado di nutrirsi di un ampio ventaglio di alimenti ed è conseguentemente ritenuto una specie generalista. È anche interessante evidenziare che la sua polifagia si esprime su vari habitat, come le foreste montane e di pianura (tendenzialmente ai margini), la vegetazione nelle aree intermedie, le terre coltivate, le aree urbane e suburbane e le paludi. La sua non specializzazione alimentare gli ha anche permesso di convivere, nell’Isola di Viti Levu, con il Diamante di Kleinschmidt Erythrura kleinschmidti, il

quale, per converso, è considerato una specie specialista perché ritenuto da alcuni ornitologi prevalentemente insettivoro, mentre altri studiosi evidenziano un deciso orientamento trofico verso diverse specie di fichi. Sta di fatto che fra i due taxa non vi è una vera e propria rivalità e questo rapporto in sistematica e biogeografia viene chiamato di simpatria. Anche negli ambienti cosiddetti controllati la sua peculiare plasticità trofica gli ha consentito di adattarsi e di esprimere una rusticità e fecondità apprezzabili. Dunque, il Diamante di Peale ha tutte le caratteristiche per attrarre un buon numero di ornicoltori. E il Parrot Finches European Club si sta adoperando, attraverso varie iniziative, affinché questa specie, e altre ascritte allo stesso genere, vengano conosciute e apprezzate. Ricerca effettuata per conto del Parrot Finches European Club Note (1) In realtà il nome completo è Titian Ramsay Peale; così si chiamava anche un fratello maggiore morto prematuramente nel 1798, a diciotto anni. Per operare una distinzione fra i due fratelli, il nostro personaggio veniva indicato anche come Titian Ramsay Peale II. (2) Il nome specifico di cyaneovirens è l’unione di due parole latine: cyaneus=azzurro e virens=verde. (3) Per completezza d’ informazione va detto che, per formare un epiteto derivato da un nome di persona, se non si applica la suddetta latinizzazione è sufficiente aggiungere la desinenza i per il maschile e ae per il femminile. Propongo il seguente esempio: al piccolo passeriforme africano chiamato Astro montano di Jackson, l’ornitologo inglese Richard Browdler Sharpe (1847-1909) attribuì nel 1902 il nome scientifico di Cryptospiza jacksoni, in onore dell’esploratore e ornitologo Frederick John Jackson (1860-1929). Ovviamente, se l’epiteto attiene a più persone, le desinenze sono orum (maschile) o arum ( femminile). Per approfondimenti ulteriori si consultino gli articoli 31.1 e 31.2 del Codice Internazionale di Nomeclatura Zoologica. (4) Per approfondimenti su tale comportamento, si può consultare l’articolo “La neofobia negli uccelli” pubblicato su questa Rivista nel n. 4/2004, pagine 10-12.


ALIMENTAZIONE

Il Fico

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

Un’infruttescenza antica colma di storia, leggende e proprietà testo di PIERLUIGI MENGACCI, foto P. MENGACCI, CRISTINA MERLO MEDIUM, SAVERIO GATTO, ORTO DA COLTIVARE, MELARANCIASICILY.IT

“Ogni uccello di settembre è un beccafico” (proverbio)

Premessa In una sana alimentazione, seguire la stagionalità degli alimenti, la cui importanza viene spesso sottovalutata, garantisce una dieta varia, ben bilanciata e soprattutto salutare. La natura non lascia nulla al caso, in ogni stagione fornisce alimenti, quali frutta e verdure, adatti per quel determinato periodo. Pertanto, alimentarsi con prodotti stagionali, in modo particolare provenienti da colture locali, meglio an-

Cesto con fichi forniti appena raccolti, foto: P. Mengacci

cora se biologiche, diventa una scelta responsabile che mette insieme più salute, meno costi, meno inquinamento e contribuisce alla sostenibilità ambientale. Infatti i prodotti locali, oltre a garantire il meglio delle proprietà di ciascun frutto e di ciascuna verdura, non hanno bisogno di forzature chimiche per maturare o aggiunte di conservanti, antimuffe, pesticidi e altre sostanze chimiche. Ad esempio la frutta di stagione, soprattutto quella proveniente da colture biologiche, matura, dolce e ben pulita, è senz’altro un ottimo complemento alimentare per una sana nutrizione anche per i nostri volatili da compagnia.

La mela è sicuramente il frutto più usato nei nostri allevamenti ed è anche il più gradito dagli uccelli, ma anche fichi, pere, albicocche, banane, fragole, pomodori ed altri frutti, in una dieta stagionale varia, apportano all’organismo dei nostri pennuti tutti i benefici dei valori nutritivi che detti frutti contengono. In questo periodo (siamo ai primi di settembre) è in corso la stagione dei fichi e la mia pianta di fichi “veri” o “forniti” (sono così chiamati quelli che maturano da agosto a settembre) è “assalita” da uccelli di ogni genere, a conferma del vecchio proverbio che recita: “Ogni uccello di settembre è un beccafico”.

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Fichi forniti pronti per essere essiccati, foto P. Mangacci

Anche i miei canarini in questo periodo diventano dei “beccafico” e, seguendo la stagionalità degli alimenti, li ho abituati a “beccare” volentieri questo “falso frutto” molto antico, colmo di storia, leggende e proprietà che vado a descrivere. Cenni botanici, storici e leggendari Il fico è un albero appartenente alla famiglia delle Moraceae e al genere Ficus, di cui esistono due subspecie: Ficus carica sativa (Fico Domestico) e Ficus carica caprificus (Caprifico o Selvatico). La sua origine viene ricondotta alla regione Caria, in Asia Minore. Le varietà di questa pianta sono centinaia, ma la più comune è la Ficus carica, con molte cultivar di molteplici dimensioni e colori, dal giallo al nero. Alcune varietà producono “frutti” due volte l’anno e sono chiamate “bifere”, mentre quelle che producono una sola volta l’anno sono chiamate “unifere”. Le piante ed i frutti (più propriamente infruttescenze) vengono definiti a seconda del periodo di maturazione: “fioroni” o “primaticci” (giugno e luglio) con frutti di grossa pezzatura; “veri” o “forniti” (agosto e settembre) e “tardivi” (autunno), di pezzatura più piccola dei fioroni.

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“Quello che comunemente viene ritenuto il frutto è in realtà una grossa infruttescenza carnosa, piriforme, ricca di zuccheri a maturità, detta siconio, di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, cava, all’interno della quale sono racchiusi i fiori unisessuali, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente l’entrata degli imenotteri pronubi; i veri , che si sviluppano all’interno dell’infiorescenza (che diventa perciò un’infruttescenza), sono numerosissimi piccoli . La polpa che circonda i piccoli acheni è succulenta e dolce e costituisce la parte edibile.” (da it.wikipedia.org) Testimonianze storiche documentano la presenza del fico come pianta da frutto già ai tempi delle prime civiltà agricole presenti in Palestina e in Egitto, da dove si diffuse nell’area mediterranea con il nome di “fico mediterraneo”. Altre ricerche moderne avrebbero constatato che la prima pianta che l’uomo ha coltivato non è stato il grano, bensì il fico. In Grecia il fico è stato protagonista di moltissimi miti e si dice che Polifemo usasse il succo prodotto dal fico per coagulare il latte e produrre formaggi nella sua grotta. Inoltre, i frutti di quest’albero coltivato venivano considerati “degni di nutrire oratori e filosofi” ed erano associati ad Atena, dea della saggezza. Erano considerati anche afrodisiaci in quanto con il termine “sykon” (fico) venivano anche indicati i genitali femminili, forse per la forma che i fichi assumono se spaccati in due. Platone, so-

prannominato “mangiatore di fichi”, raccomandava agli amici di mangiarne in quantità perché, a suo dire, rinvigorivano l’intelligenza e il desiderio amoroso. Il fico, inoltre, era un albero sacro a Priapo, dio della fertilità greco e romano, in onore del quale, prima di un convivio amoroso, venivano serviti e consumati i “frutti”. Anche gli antichi Romani li apprezzavano, soprattutto come antipasto, insaporiti con sale, aceto, garum (specie di salsa di pesce). La convinzione che il fico fosse un eccitante erotico venne ribadita anche della Scuola Medica Salernitana “… veneremque vocat, sed cuilibet obstat” (provoca lo stimolo venereo anche a chi vi si oppone). Numerose sono le leggende e i miti religiosi che vengono tramandati e che riguardano il fico. Nel libro della Genesi, il fico dà riparo ad Adamo ed Eva, dopo aver mangiato il frutto proibito, e con le sue foglie essi coprono le loro nudità. Nell’Antico Testamento il fico, insieme con la vite, era simbolo di fertilità e vita gioiosa nel regno messianico. Anche in altre religioni la pianta del fico ha importanti significati, come “l’albero del cielo” nell’Islam e quello “dell’illuminazione” di Buddha. Nell’antico Egitto era simbolo di conoscenza dei misteri. Nell’antica Atene i farmacisti del tempo portavano al collo collane di fichi secchi, perché ritenuti dotati di virtù purificatrici. Nel Medioevo veniva consigliato di dormire sotto il fico in quanto portava fortuna e felicità. Inoltre, la me-

Frutti (semini) di fico, foto: P. Mengacci

Fichi secchi, fonte: melaranciasicily.it


Proprietà e benefici dei fichi Il fico, questo “falso frutto” colmo di simbologia, oggi viene molto apprezzato per la sua versatilità in campo culinario, per i suoi principi attivi in campo fitoterapico ed è consigliato dalla medicina tradizionale come ingrediente e integratore alimentare. Nella sottostante tabella vengono riportati tutti gli elementi principali che compongono questi frutti, sia freschi che secchi. Riporto anche i dati inerenti i fichi secchi, essendo caratteristici di molte tradizioni culinarie e che hanno proprietà differenti da quelli freschi, in quanto sottoposti ad un processo di completa disidratazione. Sono ottimi durante l’inverno.

Fichi aperti pronti per i canarini, foto: P. Mengacci

dicina popolare consigliava il consumo di fichi perché i numerosi semini contenuti rappresentavano un segno della loro attitudine a favorire la fecondità. Anche per la Teoria delle Segnature, secondo cui una volta aperto rappresentava lo stomaco e l’utero, il fico veniva utilizzato sia per la cura dei disturbi gastrici che per incentivare la fertilità. La leggenda che sicuramente tutti conosciamo è quella della nascita di Roma. Infatti, essa vuole che Romolo e Remo, figli illegittimi della vestale Rea Silvia, destinati a morire, siano stati abbandonati in una cesta fra le fronde di un fico selvatico in una insenatura del fiume Tevere e che siano stati poi allattati in loco dalla lupa. Il fico divenne per i Romani una pianta sacra al dio Marte, padre dei gemelli; veniva curata dai suoi sacerdoti e sostituita quando si seccava. Anche nelle nazioni in cui è stato introdotto, il fico, oltre ad essere considerato un alimento di primaria importanza, è sempre stato oggetto nel corso degli anni di miti, leggende, simbologie ed usi medicinali in funzione delle tradizioni locali, sempre riferiti alla “sacralità” delle sue origini.

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Merlo e fico, foto: Cristina Merlo Medium

Grazie all’ottimo contenuto di minerali quali potassio, calcio, magnesio, fosforo, ferro, sodio ed alla ricchezza di vitamine, come Vit. C, Vit. E, Vit. K e vitamine del gruppo B, in modo particolare Vitamine B2, B3, B6, il fico, oltre ad essere considerato e consigliato come un alimento energizzante, secondo studi ed esperimenti scientifici mondiali presenta importanti proprietà farmacologiche (*) per la cura e il benessere della salute. Ecco succintamente riportati alcuni benefici:

Beccafico, foto: Saverio Gatto

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buon antibatterico e antifungino; ottimo rimineralizzante; regolatore della motilità gastrica; di aiuto a rafforzare le ossa; di aiuto nel sistema cardiocircolatorio; - di aiuto ad assimilare i nutrienti; - rimedio naturale contro la stipsi; - di aiuto a vincere la stanchezza psicofisica; - di aiuto a rafforzare le difese immunitarie, Inoltre, secondo la medicina popolare e non solo, il lattice contenuto nelle

foglie ed il succo di fico sono considerati un ottimo rimedio per la cura e l’eliminazione delle verruche ed è anche usato come caglio naturale per i formaggi. Estratti di fico vengono utilizzati in cosmesi per le sue proprietà idratanti, emollienti e antiossidanti, per curare foruncoli ed altre piccole infiammazioni della pelle e combattere i parassiti. In fitoterapia viene consigliato un “macerato glicemico di Ficus carica”, ricavato con giovani gemme, nei casi di alitosi, gonfiore addominale, cattiva digestione, affezioni gastroduodenali ecc. Aggiungo, infine, che a partire dal mese di luglio fino ad ottobre inoltrato i fichi freschi, dolci, gustosi e ricchi di proprietà, diventano, per chi può consumarli, una prelibatezza per la tavola ed un integratore alimentare ricco di preziose sostanze per l’organismo atte a farci superare anche i malesseri tipici del cambio di stagione. Logicamente senza farne scorpacciate, ma tre, massimo quattro fichi durante la giornata, come consigliato da più nutrizionisti in previsione della stagione invernale, aiutano ad affrontare il senso di stanchezza e rafforzare le difese del sistema immunitario nei confronti dell’attacco di virus e agenti patogeni, responsabili di raffreddori, mal di gola, febbre ecc. Un piccolo accenno ai fichi secchi. La tabella sopra riportata evidenzia come questi fichi risultino molto più ricchi di tutti i micronutrienti rispetto a quelli freschi, ma al tempo stesso siano molto più calorici e zuccherini; pertanto, il loro consumo deve essere molto attento e moderato. Altro motivo di attenzione sta nell’acquisto di confezioni non addizionate di zuccheri o conservanti, la cui aggiunta può modificarne le proprietà. I fichi nell’alimentazione dei nostri uccelli Una corretta alimentazione anche nel rispetto della stagionalità degli alimenti (frutta e verdure) permette all’organismo dei nostri uccelli di acquisire quei nutrienti necessari a


mantenersi in buona forma e a non incorrere in molte malattie. L’aforisma che più volte ho ripetuto nei miei scritti - ”Siamo quello che mangiamo” - vale anche per i nostri uccelli. Pertanto, a mio avviso, anche i fichi possono avere la loro importanza e concorrere ad una sana e varia alimentazione che permetta di conservare un ottimo stato di salute. Nel periodo estivo, somministrati ben maturi e freschi, possono essere degli ottimi regolatori intestinali e rimineralizzanti, di aiuto ad assimilare i vari pastoncini e coloranti e anche di supporto nello sviluppo e rafforzamento scheletrico. Nei mesi di settembre ed ottobre possono essere di aiuto a superare lo stress della muta, rafforzando le difese immunitarie. Nel periodo invernale, serviti essiccati, con il loro apporto calorico possono aiutare a superare le rigidità invernali. Prima di servirli freschi o essiccati, è opportuno dividerli a metà onde evitare ospiti indesiderati in quelli freschi ed eventuali muffe in quelli secchi. Conclusioni Mi piace chiudere con queste poche righe (non mi ricordo da quale rivista o libro le abbia prese) della giornalista gastronomica e scrittrice Licia Granello, che sinteticamente ha concentrato in poche parole gusto, storia, leggende e proprietà di questa infruttescenza. “Il fico. Dalla dolcezza alla sensualità, il passo riesce breve quanto un morso: la

Storno su di un fico, fonte: orto da coltivare

polpa succosa che riempie la bocca, la lingua contro il palato in uno schiocchìo felice. Gli stessi aggettivi che lo raccontano sono spesso ad alto tasso di seduzione: carnale, serico, languido, inebriante. Una interpretazione bilanciata (o rafforzata) dal crisma di sacralità con cui è stato accompagnato per millenni, in quanto simbolo di conoscenza, ab-

bondanza e fecondità, come da citazione nell’Antico Testamento.” Ad maiora, semper. Alcune fonti: - https://www.viversano.net - (*) https://www.farmaimpresa.com - https://www.alimentipedia.it/fico.html - it.wikipedia.org

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CANARINI DA CANTO

Un pericolo scampato di FRANCESCO DI GIORGIO, foto P. MARSON

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o avuto sentore, in un tempo abbastanza remoto, che si sarebbe dovuta togliere di mezzo la Klokkende martellata (Slogende Klokk) del nostro beneamato Malinois per essere in sintonia con la dicitura “suoni d’acqua” che ha soppiantato la vecchia voce “colpi d’acqua”. Questo aggiornamento di vocabolo mi trova pienamente d’accordo ed è certamente più acconcio per far capire meglio la Klokkende di altro tipo (la curvata) e poi Boll e Roll, ma non si attaglia pienamente alla Klokk martellata, caratterizzata da colpi che… restano pur sempre tali. Ma non sono colpi decisi e spigolosi come quelli, per esempio, degli Staaltonen: sono più morbidi, più dolci, meno veloci, più puri (per il sottocanto dell’acqua).

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Nel punteggiare la Klokk martellata, avendo per scusante l’artificio avanti delineato e il fatto che sia meno esaltante della frase consorella (Golvende Klokk), sarebbe come buttare insieme all’acqua sporca anche il bambino! Mi piace ricordare che detta emissione conferisce resa maggiore alle melodie di tipo metallico (Staaltonen, Tojokken, Tjokkenrol) e resta ancorata al ceppo con più facilità del consimile tour modulato, però penalizza la Boll (diversa matrice genetica). Ma si può avere contemporaneamente “la botte piena e la moglie ubriaca”? Pesco nei ricordi e nei vecchi appunti. Nelle conversazioni del 1981 con il compianto Lelièvre a Pescara, ho preso atto, ed insieme a me lo hanno

fanno tutti gli amici abruzzesi radunatisi al ristorante ove, terminato il pasto, abbiamo tenuto un pubblico dibattito, che egli in sede di giudizio non avesse mai considerato le Klokkende WS battenti. Altre reminiscenze: ricordo che dieci anni prima, dunque nel 1971, sempre a Pescara, nella hall dell’albergo con la Signora Di Mauro, ella ebbe insistentemente a sostenere che quelle fossero Fluiten d’acqua. Come si vede, l’insegnamento che il Lelièvre le aveva trasmesso era stato recepito. Naturalmente mi riservai, specie dopo il 1981, di fare ricerche più approfondite, non certo alla Federazione K.B.F.K., in quanto lo stesso Levièvre era stato, a Pescara, molto chiaro.


La risposta della K.B.F.K. fu la seguente: Nous donnons bien sùr encore des pointes pour la Slagende Kloek: c’est le fameux coup d’eau tintè battant. Un peu metallique, mais avec des coups bien separès et assez forts…. (trad. Noi ovviamente diamo ancora punti per la Slagende Kloek: è il famoso colpo d’acqua battente, un po’ metallico, ma con tratti ben separati e abbastanza forti…) E noi dove la mettiamo? Forse con i Flauti? (E il sottofondo d’acqua? E la consonante eccedente?). O la collocheremmo, forse, forse con la Bollende? (E il diverso ritmo? E la consonante eccedente?). Una volta, approfittando della sua esperienza tecnico-scientifica ed amatoriale insieme, chiesi lumi al cortese Signor Mengone. La sua risposta: “Un cantore va giudicato per tutto quello che, di bello o di difettoso, fa sentire ed interpreta. È evidente che la Klokkende WS battente sia frequentemente cantata.

Se soltanto pensiamo che è la Klokk dell’usignolo, perché sdegnarla? Che dire, poi, agli allevatori di questi nostri atteggiamenti?”. Su questa stessa positività sono allineati altri tecnici (vedasi Van Woezik,

olandese, ed il suo disco sul canto Malinois), perciò vi sono sufficienti prove storiche, sperimentali e teoriche per continuare a giudicarla. Stando così le cose, possiamo dormire sonni tranquilli!

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CANARINI DI COLORE

Il Nero opale in Italia e nel mondo testo e foto di AMEDEO PASSAFIUME

Prefazione Con questo articolo vorrei far conoscere a tutti gli appassionati un tipo di canarino tanto difficile quanto bello, rimarcando personali considerazioni, suggerimenti e consigli sulla selezione. Con questa intenzione, ho voluto confrontarmi ed interfacciarmi con alcuni dei migliori allevatori al mondo di questo tipo per scambiare opinioni e condividere le diverse linee di pensiero e di selezione che si attuano per ogni allevamento.

Sorelle Nero opale giallo mosaico, all. A. Passafiume

Prima parte

In particolare, questa tipologia di canarino è presente nel mio allevamento da quasi 15 anni ed all’epoca della sua in-

troduzione avevo poco piu di 14 anni. Cominciai con un tris di canarini, partendo da un maschio portatore e due puri, provenienti dall’allevamento Alex & Mauro Montanaro. Negli anni a seguire inserii delle femmine da uno dei migliori ceppi di Nero opale al mondo, se non il migliore, dell’allevatore Luciano Rui, pluridecorato

Evidenza del disegno, ossidazione cornea e della Tonalità, all. A. Passafiume

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prole, è necessaria la presenza del gene opale in entrambi i riproduttori. La caratteristica peculiare fenotipica di questo canarino si può riscontrare nelle penne forti, quindi timoniere e remiganti, dove la parte inferiore della penna è più scura rispetto la pagina inferiore, per cui si ha accumulo di melanina sulla parte inferiore della penna. Sottolineo che il grigio azzurrino sarà presente in maniera evidente nei soggetti intensi e, per mia esperienza, nei soggetti avorio, nei bianchi; la massima manifestazione dell’opale si evidenzia con un grigio chiaro delle penne forti su un fondo brillante e lucido. Evidenza del disegno ed opalescenza sotto luce naturale, all. A. Passafiume

Breve descrizione del tipo Il Nero opale, specialmente nell’ ultimo decennio, si può senz’altro dire che sia stato oggetto di innumerevoli discussioni e di maggiori difformità di valutazione da parte dei giudici; infatti, ogni nazione ha una propria idea su come debba essere lo standard, o meglio, si

ha un approccio diverso su come evidenziare il tipo ottimale. Il Nero opale è un canarino facente parte del gruppo dei melaninici su cui agisce il terzo fattore di riduzione, nonché la mutazione opale. Infatti, è un Ossidato ridotto, in quanto vi è l’interazione tra il gene ancestrale (Nero) col gene opale che produce una riduzione melanica e concentra l’eumelanina nel canale midollare delle piume, facendo risultare un effetto ottico grigio-azzurrino. La mutazione opale è autosomica recessiva, quindi, per manifestarsi nella

Quali caratteristiche selettive seguire? Innanzitutto partiamo dalle basi importanti e fondamentali, i criteri CTN e OMJ/COM. Gli standard di un tipo vengono stilati dalle Commissioni Tecniche che a loro volta li rendono pubblici, diventando “la Bibbia” sulla selezione di un canarino. Però, come tutti sappiamo, non sempre questa “Bibbia” viene letta ed interpretata come si dovrebbe. All’inizio dell’articolo, ho evidenziato il che il Nero opale è stato uno dei tipi più discussi negli ultimi anni, in Italia e all’estero.

Foto 1 - all. A. Passafiume

Foto 2 - all. A. Passafiume

Foto 3 - all. A. Passafiume

a livello mondiale ed internazionale. Mediamente, nel mio allevamento, predispongo 60 coppie, sia di puri che di portatori di opale, selezionando tutte le categorie a fattore giallo, rosso e bianco.

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Domanda: perché? Spiego il motivo per cui lo asserisco. Il Nero opale è un Nero su cui agisce una mutazione che riduce le melanine, quindi si ha un contrasto tra massima espressione eumelanica data dal tipo base, quindi il Nero, con la riduzione eumelanica della mutazione opale. Questo connubio dona un fenotipo grigio – azzurrino, con disegno lungo e largo che parte dal becco, fianchi disegnati, petto disegnato (caratteristica facilmente riscontrabile nelle femmine), mustacchi evidenti (caratteristica facilmente riscontrabile nei maschi intensi e brinati, difficilmente riscontrabile invece nei soggetti mosaico) zone cornee nere che esprimono la massima ossidazione. (Foto 1, 2, 3, 4, Nero opale Bianco, vincitore del campionato italiano 2018 svoltosi a Parma, 93 punti e campione internazionale di Reggio Emilia con 92 punti) Il soggetto in questione è una femmina, in cui si nota facilmente un bel disegno che parte dal becco, quindi striature nella testa senza “appastallemento”, binari lunghi sul dorso, disegno sui fianchi e accenno sul petto, con evidente ossidazione nelle zampe. Punto fondamentale, il grigio sulle remiganti che manifesta l’espressione della mutazione opale. Ritornando al dilemma precedente: per-

ché il Nero opale è stato il tipo più discusso degli ultimi anni? Col Nero opale bisogna fare una selezione attenta, soprattutto programmata ed infine accurata. Ritengo il Nero opale un canarino instabile: da una coppia di Nero opale uscirà prole con caratteristiche totalmente diverse tra tutta la figliolanza, motivo per cui dispongo di molte cop-

pie per cercare di selezionare la massima qualità in linea espositiva. I reiterati accoppiamenti in purezza, quindi Nero opale x Nero opale, da me riscontrato già al terzo anno, portano ad un totale cambiamento del tipo. Cosa succede? Innanzitutto, abbiamo un apporto evidente di eumelanina, quindi avviene una riduzione eumelanica incompleta,

Foto 5 - all. A. Passafiume

Foto 6 - all. A. Passafiume

Foto 4 - all. A. Passafiume

Foto 7 - All. A. Passafiume

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comportando la perdita fenotipica l’emissione della luce solare è didelle caratteristiche dell’opaleversa da quella mediterranea, l’efscenza; nelle penne forti vedremo fetto grigio azzurro è difficile da venella parte superiore accumulo di dere, se non impossibile, quindi melanina, situazione opposta ril’unico punto di riferimento è l’efspetto alla tipicità del Nero opale, fetto sotto la luce artificiale in un mandando fuori una espressione fecontesto cupo e poco soleggiato. notipica vicina al tipo base e totalI criteri sono chiari, basta solamente mente diversa dai soggetti di parmetterli in pratica. tenza. Questa situazione porta Esempio semplice: gli indigeni muscompensi e degenerazioni a livello tati opale, come si presentano fedi struttura, in quanto il disegno notipicamente? tende ad appastellarsi, ad assottiGrigi e con melanine presenti nella gliarsi e a spezzarsi, in testa si forma faccia inferiore della penna, quindi il cosiddetto cappuccio, c’è scompoagli amici allevatori esteri direi di avstezza nel piumaggio ecc. viarsi ad una selezione corretta e loQuesto tipo di canarino, nato dai reigica. terati accoppiamenti in purezza, lo In passato grandi allevatori come chiamo intermedio ed è scartato già Sottoriva e Montanaro, per distinda nidiaceo nel mio allevamento in guere i due tipi, avevano coniato due quanto va solamente a distruggere nomi: Nero opale Nero, che sarebbe e a far regredire la selezione delil mio intermedio, e il Nero opale l’opale. Ecco due foto che mettono Blu, che è il canarino che esprime a confronto un Nero opale con un Nero opale mosaico giallo, da notare disegno dorsale, ossidazione becco e tutto quello descritto dallo stanzampe e tonalità opale, all. A. Passafiume intermedio. dard. Nella foto 5, si può notare il grigioIl Nero opale Nero fu l’antenato del chiaro a sinistra contro il grigio-Nero Mogano, in quanto da questi soga destra, remiganti a confronto. getti vi fu una spinta selezione per rigue veramente nelle penne forti dei Nella foto 6, si notino le stesse caratteconoscere un nuovo tipo, che ai tempi soggetti intensi pigmentati. Negli altri ristiche di cui sopra in due soggetti della Montanaro chiamò Quarzo. è più che altro una tendenza. stessa categoria, Nero opale Bianco. Non fu riconosciuto in Italia per mistePrima del riconoscimento del mogano, Nella foto 7, a confronto le penne forti riosi motivi, ma fu riconosciuto dal Brache a mio parere è un Nero opale di due soggetti pigmentati, a sinistra sile come Mogano. spinto, nella categoria Nero opale veun opale ed a destra un intermedio. Per chiudere il discorso, per il bene di nivano, talvolta anche oggi, preferiti i STANDARD COM: Massima ossidazione, questo tipo di Canarino, per me il più canarini più duri. In Italia fortunatale striature sono grigio nere su un fondo bello e affascinante della canaricoltura mente questa tendenza è andata a sceazzurrino. Il becco, le zampe e le unghie ma, ahimè, allo stesso tempo molto mare anche se talvolta si vedono vindevono essere dello stesso colore ed il complicato e difficile da selezionare, bicenti canarini super ossidati; mi è più Nero possibile. sogna solamente leggere e ben intercapitato di vederli soprattutto nelle caSTANDARD FOI: Massima manifestapretare ciò che dice lo standard. tegorie dei bianchi dove, come detto zione dell’eumelanina nera che, anche prima, l’opalescenza non è visibile come se ridotta e modificata nella struttura, Come fare dei bei Nero opale? nei pigmentati. assume una tonalità grigio azzurrino. Sicuramente non esistono segreti o pilSbirciando sui social e guardando foto Disegno completo. Massima riduzione lole miracolose. Propongo a tutti i lete video, sono rimasto esterrefatto dai della feomelanina. Becco, zampe ed untori e allevatori che vogliono cominciare soggetti vincitori, in quanto la rappreghie neri. la selezione di questo canarino o che sentazione del tipo era tutt’altro che I criteri sono pressoché uguali, con la vogliono aumentare la qualità dei proeccellente: hanno preferito dei “mogadifferenza che nelle gare internazionali pri soggetti di interloquire, ascoltare e nati” a discapito dell’opale. viene preferito un disegno più duro. scambiare opinioni davanti a dei canaParlando con allevatori esteri, la loro Importante nota descritta anche nei cririni con allevatori che conoscono il tipo. selezione verte sulla massima espresteri di giudizio FOI: l’osservazione di Confrontare i propri soggetti è già un sione melanica del tipo base; infatti, si questo Tipo dovrà avvenire in condipasso avanti per capire dove e come rivedono ossidazioni davvero importanti, zioni di luce non troppo elevata per fasolvere difetti nel proprio ceppo. ma a differenza dell’opale Italiano l’opavorire al meglio la percezione del colore Io personalmente, Amedeo Passafiume, lescenza non viene mostrata col grigio fisico prodotto dalle melanine e dalla per cominciare una buona selezione, – chiaro / grigio azzurrino, bensì con struttura delle penne modificate dalla consiglio di non farsi mancare assoludelle bordature chiare sulle penne forti. mutazione. Il grigio azzurrino si consetamente un bel numero di neri portatori Inoltre, nei paesi del nord Europa, dove

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Foto 8 - Nero giallo mosaico portatore di opale, all. A. Passafiume

di opale nel proprio allevamento. Questo non significa che quello che indico sia scienza esatta oppure assoluta verità, ma una mia indicazione secondo la mia esperienza in merito.

Nero opale mosaico rosso femmina, all. A. Passafiume

Il portatore è un pilastro importantissimo per ottenere bei canarini, in quanto conserva e trasmette ossidazione e opalescenza. Bisogna partire da Neri portatori con

caratteristiche ben definite: - Binari lunghi e larghi - Disegno su petto, testa e fianchi - Massima ossidazione delle parti cornee

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- Piumaggio aderente - Feomelanina ben visibile Come potete ben vedere, ho scritto feomelanina ben visibile, perché partire da Neri tipici, quindi di buon livello espositivo, porterà ad avere una prole molto carica di eumelanina e quindi con difficoltà ad esprimere l’opalescenza, oltre al fatto che sia un “risanificatore” del piumaggio (vedi foto 8, Nero giallo mosaico portatore di opale con evidente distribuzione feomelanica). Schemi di accoppiamento: 1. Portatore x Portatore 2. opale x portatore 3. opale x opale (la prole di questo accoppiamento verrà accoppiata ad un portatore l’anno a seguire, tranne se viene utilizzato un avorio, per cui si può ulteriormente accoppiare in purezza) Dall’accoppiamento 1 a mio avviso nascono i migliori Nero opale; unico problema è la quantità, avendo solo il 25% di possibilità si ottiene molto “scarto”, molti portatori. Su 10 novellini, circa 3 saranno opale; io annualmente metto

Nero opale brinato giallo, all. A. Passafiume

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4/5 coppie su 60 totali. Accoppiamento 2, il più equilibrato e corretto in termini di qualità e quantità. Accoppiamento 3, solamente con canarini molto opalescenti e con zone cornee ossidate perché a lungo andare si perde ossidazione a becco e zampe ed opalescenza. Ovviamente, bisogna prendere in considerazione sempre canarini di ottima struttura con le caratteristiche espresse sopra. Accoppiamento non propriamente consigliato ma che eseguo spesso è per la selezione dei brinati e degli intensi. Per i brinati, accoppio anche più anni consecutivamente brinato per brinato o brinato per Bianco dom. per aumentare la taglia, in quanto si vedono spesso bei brinati ma taglie che lasciano a desiderare. Per la selezione dell’intenso, invece, proseguo su due strade: Strada 1 – Nero opale Giallo intenso x Nero opale Giallo mosaico Strada 2 – Nero opale Giallo Intenso x Nero opale giallo brinato

Non utilizzo mai femmine intense, in quanto generalmente, avendo una piccola taglia, viene sempre trasmessa alla prole quindi, pur avendo buon disegno e buona opalescenza, sono quasi sempre carenti di forma e taglia. Il primo accoppiamento generalmente lo utilizzo per l’aumento di taglia ma soprattutto per allargare il disegno, visto che come ben si sa la struttura intensiva assottiglia il piumaggio, facendo comparire un disegno fine. Col mosaico, la struttura si allarga e automaticamente compare un disegno più grande. Per ultima cosa, in fase di muta, non bisogna far mancare mai l’esposizione al sole e, se si vuole, un po’ di integratore a base di tirosina nel pastone, che in linea teorica dovrebbe rafforzare l’ossidazione delle parti cornee. Per mia esperienza, non fa nulla su soggetti che genotipicamente non abbiano a corredo una forte melanizzazione, su soggetti carenti non fa effetto. Ricordo che è un amminoacido e non, come tanti credono, un “dopante” di melanina. Continua sul prossimo numero

Particolare dorso nero opale giallo avorio mosaico, all. A. Passafiume


DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Undicesima parte

Alloggi per volatili domestici testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

Q

uando da ragazzino ho iniziato le mie prime esperienze di allevamento con i canarini,

i pappagallini ondulati e con i diamanti mandarino, erano ancora in uso volierette e gabbie, prevalentemente

fatte a mano da abili artigiani locali, in legno, bambù, vimini, con parti in metallo e in svariati altri materiali;

Piccola collezione anni ‘5O (foto tratta dalla pagina facebook della A.P.O.N. – Novara)

Vecchi “alloggi in legno” per canarini

Bird cages: da una vecchia rivista inglese

2013 poster F.O.I. campagna “Progresso & Benessere”

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Portogallo, artigianato locale, cartolina e francobollo

avevano forme esotiche e poco funzionali, ma erano esteticamente molto belle. Sino agli anni ’70 anche nelle mostre ornitologiche i soggetti erano esposti in gabbiette in legno (i più anziani le ricorderanno appese al chiodo su pannelli in faesite bianca forata). Le strutture di quel periodo e ovviamente le antiche gabbie artigianali di fine ‘800 e dei primi del ‘900 sono oggi diventate veri e propri ricercati oggetti da collezione. Qui a corredo di questa nota una piccola carrellata di fotografie, varie forme ed epoche, tratte dal web e di autori vari. Ho sottotitolato questa undicesima parte degli articoli riguardanti il collezionismo ornitologico, “Alloggi per volatili domestici”, imponendomi di utilizzare il meno possibile la parola gabbia, poiché essa rappresenta nell’immaginario collettivo un luogo di restrizione e di oppressione. Basta cercare in rete per riscontrare

Francobollo della Tunisia

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una serie di negative accezioni connesse a questo termine. Tra gli altri significati, ovviamente sempre ostili, la voce viene abbinata con il “patire la mancanza di libertà” o con il “sentirsi in trappola”, ovvero ancora rappresenta stati d’animo come “claustrofobia, paura, costrizione e timore”. Nei vocabolari si trova anche questa frase: “Meglio essere uccel di bosco che uccel di gabbia “, in sintesi meglio vivere liberi che prigionieri. Il significato ricorrente della parola conduce, ancora, a: - strumento che serve a imprigionare o a custodire in cattività animali vivi, in modo da permetterne la vista o il trasporto; - struttura di metallo, legno o vimini che consente di tenere rinchiusi animali vivi. L’unica frase simpatica, riscontrata nei dizionari, è quella legata alla cosiddetta gabbia di matti ovvero il luogo in cui regnano disordine e confusione dovuti a comportamenti irrazionali o contraddittori. Chi di noi almeno una volta non ha pensato di trovarcisi? ....ma questo è un altro tema. In un periodo storico in cui gli attacchi, miopi e gratuiti, nei confronti di chi alleva volatili domestici sono sempre più violenti e frequenti, basterebbe davvero poco per non prestare il fianco ulteriormente. Sarebbe sufficiente sostituire alcuni vocaboli, comunemente intesi in senso negativo,

con altri più adatti e meno ingombranti. Si potrebbero sostituire alcune parole comunemente in uso nei nostri concorsi ornitologici, come ad esempio: “ingabbio” con consegna dei soggetti, “sgabbio” con restituzione dei soggetti, “porta-gabbie” con assistenti mostra, “gabbia da mostra” con box, e così via. Altre parole assolutamente da evitare, che dovremmo assolutamente eliminare dal nostro repertorio corrente sono: detenzione, cattività, selvatico. “Detenzione” = è la pena restrittiva della libertà personale che comporta l’assegnazione a una casa di pena per un dato periodo di tempo. Detenuto è chi sconta una pena detentiva. In Diritto Civile la detenzione è il potere di mero fatto esercitato su una cosa da un soggetto (il detentore) che non ha l’intenzione di compiere un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale; il detentore ha un animus detinendi e non un animus possidendi, poiché riconosce che sulla cosa insiste un diritto reale altrui. Mai più, quindi, affermare che deteniamo uccelli, noi ne siamo i proprietari, siamo gli allevatori che ne hanno consentito, attraverso la riproduzione, la nascita, l’allevamento, la selezione. “Cattività” = è una parola che deriva dal latino captìvitas (cioè prigionia) e da captivus (cioè prigioniero). La cattività è quindi la prigionia, uno stato di schiavitù o di servitù. La segrega-

Complementi d’arredo in stile nord africano e alloggi in legno trasformati in porta piante


Foto di parte della collezione di Mr. Chris van Hout

zione, dal loro ambiente naturale, imposta dall’uomo agli animali selvatici a scopo di studio o di diletto. Lo status di un animale catturato dall’uomo e obbligato a vivere fuori dal proprio habitat, in gabbie o recinti. Suggerirei pertanto di non parlare mai più di allevamento in cattività, bensì più semplicemente di allevamento in ambiente domestico. Con il termine “Selvatico” si indica un animale scarsamente docile e mansueto che vive in libertà. Noi non alleviamo uccelli selvatici, le nostre sono specie esclusivamente domestiche, sono il frutto di anni di selezioni genetiche. Nelle nostre esposizioni ornitologiche sportive non vi sono volatili selvatici. Tornando agli alloggi per volatili domestici, desidero ricordare una campagna di promozione e comunicazione, fortemente voluta nel 2013 dalla F.O.I., denominata “Progresso & Benessere”. In uno dei manifesti divulgativi, sviluppati a sostegno del suddetto programma, si rimarcava il seguente tema: “Rispetta la nostra vita, la nostra casa non è una prigione”.

Miniature

Giova, peraltro, osservare che tra le finalità statutarie della nostra Federazione vi è il miglioramento, lo sviluppo e la conservazione del patrimonio ornitologico nazionale. La F.O.I. si prefigge di propagandare l’amore e la conoscenza degli uccelli, il rispetto e la tutela del loro habitat e, per il tramite dei propri tesserati, diffondere i sistemi del loro corretto allevamento a scopo espositivo sportivo e selettivo, riproducendo in ambiente domestico anche soggetti che in natura sono minacciati di estinzione nei loro ambienti naturali. Una attività di valorizzazione della natura, attraverso la propaganda dell’amore e della conoscenza degli uccelli e dei loro habitat e i sistemi del loro corretto allevamento domestico, diffondendo la conoscenza degli uccelli ed accrescendo la sensibilità alla conservazione delle specie. Gli pseudo ambientalisti/naturalisti, che criticano l’allevamento di ogni

tipo di volatile e che usano slogan come: “Libera quel povero uccellino e insieme alla sua libertà prenderà il volo anche la tua coscienza”, ignorano che se fugge dalla propria abitazione, la stragrande maggioranza degli uccelli domestici finirà, in poche ore, preda di altri animali o morirà di fame (non sanno inoltre che è vietato immettere specie alloctone che potrebbero arrecare danni alla biodiversità e alle popolazioni esistenti in quel determinato territorio). Un allevatore tesserato F.O.I. ha la consapevolezza che occuparsi dell’allevamento dei propri uccelli domestici, comporta delle responsabilità, poiché si ha a che fare con esseri viventi e senzienti. Volatili che, circondati dalle cure costanti, dalla passione e dall’amore dell’allevatore, vivranno con facilità e serenità nella loro case, dove troveranno protezione cibo e l’ambiente idoneo per riprodursi.

Alloggi per volatili domestici, vintage

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CRONACA

Riunione Tecnica per la postura a Istanbul Resport a distanza (dicembre 2021) testo di CLAUDIO BERNO, foto A. PASSERI e RAMON MARCHAL RUIZ

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opo quasi due anni di mancati incontri causa Covid, ad Istanbul, in occasione del I° Intercontinental Word Show, nei giorni 2 e 3 Dicembre si è tenuta la Riunione Tecnica degli esperti, rappresentanti gli stati membri della Confederazione Ornitologica Mondiale, dei Canarini di Forma e Posizione. Il giudice internazionale Jorge Quintas, ad interim rappresentante per la Sez. E di Postura, ha coordinato e moderato con equilibrio lo svolgimento dell’incontro. Dopo il secondo giudizio, in un Campionato Mondiale, per il riconoscimento del Persian Rasmi, il canarino meglio conosciuto per la coda lunghissima, con tutti i mezzi possibili si sono aperti i lavori tecnici e le discussioni del caso sulle proposte presentate, nel tempo, dalle Commissioni Nazionali.

All’incontro ha partecipato in presenza l’Italia, nella persona del Giudice Internazionale Antonio Passeri, che ringrazio anche a nome della CTN per l’impegno profuso, espletato in loco discutendo e trovando mediazioni con i convenuti, mantenendo sempre un filo diretto con il Presidente Salvatore Alaimo, in quanto la CTN FPL era impegnata al Meeting Ornitologico Campano; sono intervenuti anche il Portogallo, i Paesi Bassi, la Serbia, la Spagna, la Turchia, l’Uruguay, con delega la Francia, con parere scritto la Germania ed in collegamento su piattaforma Zoom il Brasile ed il Regno Unito. Come da ordine del giorno, è stata discussa la richiesta di modifica dello standard di eccellenza del canarino Lancashire, proposta presentata dall’Italia in accordo e dopo approfondite valutazioni con il Club Italiano

Logo presentazione razza Rasmi Persian, fonte Loghi I° Intercontinental World Show Istanbul

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Operazioni di giudizio razza Rasmi Persian, Foto A. Passeri

Tavolo lavoro riunione Tecnica Canarini di Postura, foto A. Passeri


Disegno tecnico canarino Razza Lancashire Fonte: Criteri di Giudizio FPL edizione 2020

Scheda giudizio Lancashire approvata Fonte: verbale riunione Tecnica Istanbul 2021

CICL e con il coinvolgimento dei Club di specializzazione del Paese titolare della razza; la proposta era volta a valorizzare le voci Corpo e Piumaggio di una razza antica, negli ultimi trent’anni ricostruita con certosina attenzione dei particolari e che abbisogna di un aiuto tecnico nella valutazione per la sua tutela integrale. La modifica è stata approvata all’unanimità da tutti i rappresentanti con-

L’Ornitologia ha ripreso, sebbene con tanti intoppi specie nelle comunicazioni tra le COM Nazionali

venuti. Sono poi state presentate dalla CTN FPL Italiana delle modifiche alla scheda tecnica del Fife Fancy, volte a dare risalto alla voce Corpo e, per la razza Gloster Fancy, per dare rilevanza alla voce Piumaggio, posizionandola a pari titolo con le voci Corpo Ciuffo/Testa Taglia. Si rileva che la proposta per il Gloster Fancy è stata approvata ma con i voti contrari del Brasile, del Portogallo, del Regno Unito e della Turchia; il tempo darà ragione al giusto valore di tale modifica approvata e volta a migliorare sempre più la perla dell’ornitologia di Postura. Belgio e Francia congiuntamente hanno proposto la modifica alle voci Testa e Collo e Piumaggio, con l’accorpamento in un unicum, considerando Taglia Gambe Zampe e Coda in un’unica voce, con 10 punti per la razza Bossù Belga.

Scheda Giudizio Bossù Belga prima e dopo modifiche, fonte: Verbale riunione Tecnica Istanbul 2021

A seguito delle controproposte di Italia e Spagna, si è giunti ad un’intesa, per cui le voci in oggetto sono state approvate rispettivamente con i valori di eccellenza di 15 per Testa e Collo e 10 per il Piumaggio; solo 5 per Taglia, Zampe e Cosce. Al termine dei lavori, è stata approvata la richiesta del rappresentante spagnolo per il riconoscimento del fattore rosso nella “Raza española”. Gli aggiustamenti di cui sopra entreranno in vigore per le Mostre Internazionali e per i Campionati Mondiali a partire da Settembre 2022.

Raza española fattore rosso, foto: Ramon Marhcal Ruiz

Ai prossimi Campionati Mondiali ci sarà l’ulteriore occasione per approfondire i considerando per le razze lipocromiche anche a fondo bianco di Postura (Lancashire, Rheinlander, Ciuffato tedesco) e per quelle in cui viene considerata la categoria lipocromico e la categoria fondo bianco (Gloster Fancy Crested) per quanto concerne la manifestazione della melanina del fattore ciuffo sulla nuca; nel caso, sarà anche il momento per impostare la revisione del postulato tecnico con le correzioni necessarie. Altresì, verranno presi in visione i Criteri di Giudizio, in fase di pubblicazione da parte dell’OMJ, con le correzioni in itinere. L’Ornitologia ha ripreso, sebbene con tanti intoppi specie nelle comunicazioni tra le COM Nazionali, tutti migliorabili; tocca ora a noi, a vario titolo, lavorare in armonia per il bene del movimento ornitologico allevatoriale e amatoriale in generale e per l’OMJ in particolare.

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O rniFlash Le scappatelle dei maschi pigliamosche aumentano la cooperazione

News al volo dal web e non solo

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l pigliamosche comune (Muscicapa striata) è un piccolo passeriforme migratore europeo, in grado di sorvolare ogni anno migliaia di chilometri per svernare a sud del Sahara. In estate invece torna verso nord e nidifica anche in Italia. Entrambi i partner condividono i doveri genitoriali dandosi il cambio nella cova, nella ricerca di cibo per i piccoli e nella difesa del nido dai predatori, ed è proprio in questi momenti che possono avvenire incontri amorosi con altri partner. Un team di ricerca internazionale ha voluto verificare se la paternità extra-coniugale porti a maggiore cooperazione tra maschi e femmine di questa specie. A tal proposito sono stati condotti alcuni esperimenti su pigliamosche selvatici a cui sono state fornite 44 cassette nido con videocamere ed è stato osservato il loro comportamento in presenza di predatori che richiedono gli sforzi combinati di più uccelli per proteggere i piccoli. Osservando gli uccelli e registrando le loro azioni, i ricercatori hanno scoperto in un recente studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences che è comune per gli uccelli maschi accoppiarsi con altre femmine vicine quando il loro compagno vola fuori a cercare cibo. Ma la cosa più interessante è che i maschi sembrano sapere quale sia la loro progenie. Se un predatore appare vicino a nidi che non ospitano la propria prole, i maschi non aiutano a scongiurare la minaccia. Ma se il pericolo sorge vicino ai piccoli che hanno generato (determinato geneticamente dai ricercatori), aiutano volentieri a combattere la minaccia con la stessa forza con cui hanno protetto quelli nel loro nido domestico. Inoltre i ricercatori hanno scoperto che i maschi non solo avrebbero aiutato la loro compagna a nutrire la loro prole “ufficiale”, ma anche le madri dell’altra loro prole. Fonte: https://www.kodami.it/le-scappatelle-dei-maschi-pigliamosche-aumentano-la-cooperazione/

Il fringuello alpino, che non teme l’inverno

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dicembre è iniziata, per la prima volta nelle Alpi italiane, grazie alla collaborazione tra il Muse di Trento e il Settore Ricerca del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, l’attività di inanellamento invernale del fringuello alpino, che proseguirà per tutto l’inverno. Le apposite reti servono proprio per catturare questa specie di uccelli, applicare alle loro zampe un anello identificativo e poi, con le dovute cautele del caso, lasciarli liberi. Le prime uscite hanno consentito di individuare nell’area un gruppo di almeno quaranta individui, i primi sui quali verranno registrati i dati biometrici relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali. Sulle Alpi, con l’arrivo dell’inverno e l’accumulo di neve in alta quota, gli uccelli che si riproducono e svernano al di sopra della linea degli alberi tendono a formare gruppi numerosi e ad abbassarsi alla ricerca di cibo raggiungendo i centri abitati. «Diverso è il comportamento adottato dal fringuello alpino, che difficilmente scende sotto il limite della vegetazione, preferendo, in condizioni di innevamento particolarmente abbondanti, avvicinarsi ai rifugi aperti durante la stagione invernale o ai valichi alpini» spiega Chiara Bettega, collaboratrice del progetto. «Per meglio comprendere l’ecologia invernale di questa specie, un’attività importante è rappresentata dall’inanellamento scientifico. Da alcuni anni ormai il fringuello alpino viene inanellato in diverse aree riproduttive d’Europa e in alcune anche durante l’inverno, facilitando attraverso l’apposizione di anelli colorati o metallici il riconoscimento dell’area nella quale un individuo è stato catturato». Fonte: https://www.ladige.it/montagna/2022/01/19/il-fringuello-alpino-che-non-teme-l-inverno-apasso-rolle-reti-di-cattura-per-studiarlo-meglio-1.3108041


O rniFlash Durante la pandemia aumentano i salvataggi delle rare aquile delle Filippine urante la raccolta delle canne nella foresta ancestrale sull’isola di Mindanao nel sud delle Filippine, un gruppo di indigeni Manobo Simuwawnon ha sentito un forte trambusto. Precipitatisi verso la fonte del rumore, gli indigeni hanno trovato un gruppo di cacciatori Manobo accalcati intorno un animale che si agitava in una trappola. Destinata alla cattura di cinghiali e polli, la trappola conteneva invece qualcosa di inaspettato: un grande rapace dal piumaggio bianco e morbido sul ventre e una cresta arruffata di piume marroni. Alcuni dei cacciatori volevano tenere il rapace per mangiarlo, ma Jerry Cotic, funzionario del villaggio che si trovava insieme ai raccoglitori di canne, ha pensato che questa creatura dall’aspetto insolito meritasse di vivere. Insieme a Richard Mahumoc, un altro membro della sua tribù, Cotic ha ideato un piano per acquistare il rapace dai cacciatori e consegnarlo alle autorità ambientali. Nei tre giorni successivi, mentre Cotic è rimasto con i cacciatori e il volatile, Mahumoc insieme ad altri capi indigeni è riuscito a raccogliere dagli abitanti del proprio villaggio 5.000 pesos filippini (il corrispettivo di circa 100 dollari - 87 euro), quindi è tornato nella foresta e ha comprato l’animale. Con l’irrequieto rapace assicurato in un sacco di riso, ha raggiunto con due ore di motocicletta Bislig City, dove la sua compagna Reynalyn Gay-od aveva già allertato l’ufficio locale del Dipartimento dell’Ambiente e delle Risorse Naturali. Solo dopo aver consegnato l’animale, Mahumoc ha scoperto cosa avevano salvato: un’aquila delle Filippine, l’uccello nazionale del Paese. Con meno di 700 coppie nidificanti attualmente in vita, questa è anche una delle più rare specie di rapaci al mondo. La sua popolazione ha mostrato un costante declino negli ultimi cinquant’anni, a causa di disturbo antropico, disboscamento delle foreste secolari della nazione e conversione delle foreste di pianura in fattorie e insediamenti umani. Ma il COVID-19 ha aggiunto ancora più pressione. Prima della pandemia, le autorità salvavano soltanto una o due aquile all’anno. Tra aprile 2020 e marzo 2021, invece, la Philippine Eagle Foundation, fondazione non profit di soccorso, riabilitazione e ricerca con sede a Davao, ne ha salvate dieci: un record storico. Fonte: https://www.nationalgeographic.it/animali/2022/01/durante-la-pandemia-aumentano-i-salvataggi-delle-rare-aquile-delle-filippine

I cieli della Spagna invasi da quasi 260 mila gru

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ono stati invasi dalle gru i cieli spagnoli, dove 260 mila di questi maestosi uccelli sono arrivati negli ultimi mesi dal Nord dell’Europa per svernare, dopo il consueto volo di migliaia di chilometri verso le più temperate zone iberiche. I dati del primo censimento elaborato dai volontari e coordinato dall’associazione Grus Extremadura rivelano la presenza in Spagna di 259.587 uccelli (nome scientifico Grus grus). Il loro numero, secondo quanto riferito all’agenzia Efe dal coordinatore del censimento José Antonio Roman, potrebbe essere anche maggiore considerando gli uccelli arrivati dopo il termine della rilevazione. La comunità autonoma di Extremadura ha accolto la parte più consistente di gru: 132.322 pari al 53%, seguita dall’Aragona con 50.414 (il 19%) e Castiglia-La Mancha 46.739 (il 18%). L’Andalusia è la quarta comunità che accoglie più esemplari sul suo territorio, 14.911 (6%), seguita da Castiglia y Leon con 6.951 (3%), Navarra con 3.778 (1%), Catalogna con 264 esemplari, la Comunità di Madrid con 111, la Comunità Valenciana con 57 e le Isole Baleari con 40 esemplari. Il censimento, ha spiegato Roman, sottolinea l’importanza che le tre comunità autonome spagnole rivestono per la tutela della gru comune, accogliendo il 90% degli esemplari arrivati in Spagna. Fonte: https://www.agi.it/estero/news/2022-01-22/cieli-spagna-invasione-gru-15325525/

News al volo dal web e non solo

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Dall’archivio storico F.O.I.

Specie e razza (2ª parte) di U. ZINGONI (ITALIA ORNITOLOGICA in più parti annate 1986-1987)

La formazione dei gruppi sistematici Come detto sopra, la evoluzione è il risultato di mutazioni e della successiva selezione naturale sui nuovi caratteri da esse causati. Ci limitiamo a concretizzare il concetto sugli Uccelli. Da alcuni Rettili primitivi, qualcosa come duecento milioni di anni fa e più, hanno cominciato a formarsi animali nei quali le squame avevano tendenza a trasformarsi in penne, nei quali si affermavano i meccanismi della termoregolazione e così via, finché ad un certo momento, dopo qualche milione di anni, una certa popolazione di Rettili era scomparsa e al suo posto se ne era formata una di animali pennuti che adesso noi, con qualche riserva, ascriveremmo alla Classe degli Uccelli. I resti fossili delle forme intermedie di questi animali si contano sulle dita di una mano, ma sono inequivocabili, ed oggi nessuno metterebbe in dubbio l’origine degli Uccelli (e dei Mammiferi) da certe forme di Rettili (naturalmente oggi estinti). È ragionevole pensare che a quei tempi le differenze nell’ambito di questi primi pennuti di recente origine rettiliana fossero assai modeste, talché, al limite, si potrebbe pensare che tutti potessero incrociarsi fra loro dando prole più o meno feconda. Perciò un ipotetico studioso di Sistematica di quei tempi non avrebbe certo parlato di Classe, o di Ordine, o Famiglia di Uccelli, ma solo di Specie o tutt’alpiù di Genere di animali ormai più Uccelli che Rettili. La figura 4 ci ha già mostrato uno di questi animali, disegnato sulla base dei vari reperti fossili finora scoperti. Orbene, col passar del tempo, le successive continue mutazioni hanno fatto aumentare sempre più la variabilità di questa primitiva popolazione

di Uccelli, talché quelli più adatti ad un certo ambiente hanno cominciato a vivere e riprodursi separatamente da quelli che, per essere più adatti a vivere in un altro ambiente, avevano occupato, si direbbe oggi, una differente nicchia ecologica. Questo fattore di isolamento ha favorito il fatto che nel prosieguo di tempo queste due popolazioni di animali hanno finito per non avere più contatti fra loro, accumulando differenze così cospicue del loro corredo cromosomico, che, tutt’al più, dall’incrocio fortuito fra individui appartenenti a queste due diverse popolazioni potevano nascere figli infecondi, il che precludeva ogni ulteriore mescolamento e stabiliva che, secondo i criteri sopra esposti, quelle due popolazioni spettavano ormai definitivamente a Specie diverse di uno stesso Genere. Le successive trasformazioni evolutive, differenziando ulteriormente queste due popolazioni, hanno fatto sì che gli individui delle due popolazioni, anche incontrandosi, non fossero più attratti sessualmente fra loro o che, nel caso di qualche raro accoppiamento, non procreassero più figli. Cosicché a questo punto si poteva gìà parlare di Generi diversi. Successivamente, sempre con questi stessi meccanismi che sono alla base della evoluzione (mutazioni-selezione naturale-isolamento) l’accumulo di ulteriori differenze anatomiche e comportamentali (il corteggiamento, per esempio) ha fatto sì che le differenze di Specie diventassero poi differenze di Famiglia e, infine, di Ordine. Non stiamo qui ad elencare esempi, poiché ogni libro che tratti di evoluzione ne riporta in abbondanza, a cominciare dai ben noti Fringuelli di Darwin, ma di due casi vogliamo parlare più dettagliatamente: del Canarino e del Ciuffolotto.

Le Specie attuali Il Canarino e il Verzellino sono Specie fra loro differenti? Oggi si propende per ammettere che sia così, ma un tempo vi furono non poche incertezze. Sta di fatto che non tutti i figli nati dal loro incrocio sono fertili (specialmente le femmine) ed allora coloro che davano più peso alla fertilità dei figli ammettevano solo differenze di Sottospecie (Razza, Varietà), mentre coloro che davano più peso alla sterilità dei figli ammettevano differenze di Specie (sull’identità del Genere non ci sono naturalmente dubbi). Il lettore ha forse già capito la causa di queste incertezze. Verzellino e Canarino qualche centinaio di migliaia di anni fa costituivano una popolazione unica afro-europea formata da individui con un certo grado di eterogeneità (variabilità). Il confinamento (isolamento) negli arcipelaghi delle Canarie ha ulteriormente differenziato la popolazione ivi racchiusa da quella che occupa attualmente tutta l’Europa e, in tal modo, si sono differenziate due Specie che oggi non sono ancora del tutto distinte, ma che lo erano ancor meno in passato e lo saranno ancor più in futuro quando nessun ibrido fecondo nascerà più dal loro incrocio. Fra i tanti casi analoghi ci viene a mente quello del Cammello (Camelus bactrianus) e del Dromedario (Camelus dromedarius) dai più considerati come Specie differenti, da altri solo Razze differenti. Come è noto, il primo vive attualmente in Asia, l’altro in Africa, ma vi è una vasta zona di promiscuità (sovrapposizione) nella quale le differenze sono meno evidenti. Sta di fatto che in entrambe queste due Specie (?) vi sono Razze vere e proprie, alcune molto pesanti e lente adatte per particolari impieghi e altre leggere e veloci adatte per altri impieghi. Ebbene, la somma delle differenze fra Dromedari leggeri e Cammelli leggeri è assai inferiore a quella fra Dromedari leggeri e Cammelli pesanti e viceversa ed anche queste differenze influiscono sulla interfecondità complicando non poco la faccenda. In altre parole, incrociando Dromedario leg-

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Figura 8

gero con Cammello leggero vi sono più probabilità di avere figli che non incrociando il tipo leggero dell’uno con il tipo pesante dell’altro. Analogo discorso vale per i 4 rappresentanti sudamericani della stessa Famiglia (o Sottordine?): Lama, Alpaca, Guanaco, Vigogna. Come abbiamo già anticipato, un altro esempio molto significativo ci è offerto dal Ciuffolotto (Pyrrhula p.), Specie formata attualmente da due popolazioni abbastanza diversificate fra loro per mole e brillantezza di colori. I soggetti che vivono nel Nord Europa sono più grossi e di colore più brillante di quelli dei Sud Europa, Italia compresa. Si può dire che queste due Sottospecie (Razze) hanno iniziato da poco il loro differenziamento, talché, fra qualche migliaio di anni si ritroveranno pari pari nelle condizioni nelle quali si trovano attualmente Canarino e Verzellino, finché anch’esse in un futuro ancora più lontano diventeranno Specie differenti, come già è successo con tutta probabilità nel caso del Fringuello e della Peppola, di alcuni Zigoli, dei Passeri e di tante altre Specie estremamente simili fra

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loro, ma che, incrociandosi, danno tutt’al più figli infecondi. Non ci sentiamo adesso di escludere un esempio che ci sembra estremamente interessante, soprattutto per la popolarità dei protagonisti: l’Asino e il Cavallo. È ben nota l’appartenenza di questi due animali a Specie differenti di uno stesso Genere, poiché da sempre si è detto che entrambi i loro incroci danno regolarmente prole, ma infeconda, sia fra sé che con i genitori. Ciò è tanto vero che nei libri questo esempio è il primo ad essere citato quando si parla dell’argomento “ibridi-meticci”. Invece vi sono esempi documentati di incroci fra mula e Cavallo e fra mula ed Asino, che sono risultati fecondi ed anzi pare che l’incrocio mula-Cavallo dia R1 fertili con molta frequenza. L’unico esempio di sterilità accertata è quella del mulo maschio, per l’arresto della spermatogenesi alla fase di spermatocita primario. Uno dei primi casi resi noti dalla letteratura scientifica (A.H. Groth: A fertile mare mule - J. Hered., 9, 413, 1928) è quello di una mula di nome “Old Beck” del tipo che si usava nel Texas

per i lavori nelle piantagioni di cotone. Questa mula, coperta da un Asino, dette una puledra mula con tutte le caratteristiche del mulo, coperta successivamente da un Cavallo partorì un puledro del tutto simile al padre, salvo un orecchio piegato. A tre anni questo Cavallo con partner Cavalla generò un puledro Cavallo (vedi fig. 8). Su questo argomento il Borgioli (E. Borgioli, Genetica e miglioramento degli animali domestici, Edagricole, Bologna, 1969) afferma che i soggetti nati da mula per Cavallo generano R1 fertili quasi al 100%, mentre i soggetti nati da mula per Asino danno R1 sterili simili al mulo. Le ipotesi aiutano a comprendere la realtà. La spiegazione che si dà di questi fatti è la seguente (la fig. 9 serve a ricordare scientificamente gli eventi che si verificano negli Uccelli durante la gametogenesi; l’unica differenza con i Mammiferi è che in questi il sesso eterozigotico è il maschio anziché la femmina). Durante la ovogenesi l’ovocita espelle un globulo polare che si porta via con sé metà del patrimonio genetico di provenienza paterna e materna (fig. 9). Le leggi del caso prevedono che nell’ovocita secondario possa rimanere esattamente metà del corredo materno o paterno, oppure (caso assai più probabile) un maggior numero di cromosomi di un genitore rispetto a quelli dell’altro, finché, al limite, potrebbe verificarsi anche che il globulo polare si portasse via tutti i cromosomi d’uno dei genitori e lasciasse nell’ovocita secondario tutti quelli dell’altro genitore (nello schema della fig. 9 sono rappresentate solo due coppie di cromosomi, ma nella realtà sono molte di più). Se in quella mula il caso (o una tendenza dei cromosomi asinini ad entrare nel globulo polare?) avesse fatto convergere nel globulo polare tutti i cromosomi del genitore Asino, l’accoppiamento con un Cavallo poteva dare solo puledri Cavalli e l’accoppiamento con un Asino solo puledri muli. Diciamo pure che tale evenienza è alquanto remota data la minima probabilità teorica che nessun cromosoma di uno dei due genitori vada a finire nell’uovo. Con 2N=8 le probabilità che i 4 cromosomi dell’uovo siano di un solo ge-


nitore sono già una su 70. Figuriamoci con 2N=64! Non è da escludere tuttavia che la fecondazione fra Specie diverse (nel nostro esempio, Cavallo-Asino) sia possibile quando l’uovo ha una “buona” prevalenza di cromosomi di uno dei due genitori, specialmente se trattasi dei cromosomi grossi, più importanti per essere depositari di un maggior numero di caratteri, fermo restando che non è solo il numero che conta, ma anche la compatibilità con la vita di ciascuno di essi. Il caso dell’orecchio pendente del Cavallo figlio della mula “Old Beck” potrebbe avere questa interpretazione, come pure potrebbe essere interpretato sulla base di un crossing-over, poiché è dimostrato che tutti e quattro i cromatidi possono scambiarsi indifferentemente. In effetti basta che un crossing-over si verifichi in un solo cromosoma per escludere che un uovo abbia il corredo di uno solo dei due genitori e siccome i c.o. pare che si verifichino assai frequentemente l’interpretazione dei fatti diventa sempre più enigmatica. A complicare ulteriormente questa interpretazione sta anche il fatto che il numero dei cromosomi dell’Asino (2N=62) è diverso da quello del Cavallo (64), da quello del Cavallo di Przewalskii (66) e da quello delle varie Specie di Zebre e, purtuttavia, qualunque incrocio fra tutti questi Equidi è sempre fecondo. Il lettore tenga presente che stiamo facendo delle ipotesi, però ipotesi che hanno dei fondamenti sicuri, perché basati su fatti accertati dalla Genetica, se non sul Cavallo o sul Canarino, tuttavia su animali, come la Drosophila e simili, nei quali le basi genetiche sono esattamente le stesse; per cui quanto è stato accertato su questi animali da esperimento è sostanzialmente valido per tutti gli altri, uomo compreso. Ci siamo dilungati sull’incrocio fra Equini perché le stesse argomentazioni valgono per l’incrocio fra Canarino e Verzellino o altri Serinus, nonostante che l’unico Serinus del quale si conosce il numero dei cromosomi sia il Canarino. Negli Uccelli, però, parlare di numero dei cromosomi è assai aleatorio, perché, come si sa, accanto ai cromosomi grandi ve n’è una pleiade di piccoli dei quali non si sa un bel niente.

Figura 9

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Ritornando all’incrocio fra i nostri due Serinus di Specie diversa, la fecondità dell’F1 sarà maggiore se la sua gametogenesi darà luogo ad un gamete con una “sufficiente prevalenza” dei cromosomi del nuovo partner. In altre parole un ibrido Canarino-Verzellino che ha la ventura di fornire un gamete con prevalenza di cromosomi del Canarino presenterà una maggiore percentuale di fertilità se incrociato con un Canarino e il figlio assomiglierà di più a questo. Tutto ciò, beninteso, indipendentemente da altri fattori legati ai movimenti dei cromosomi durante la meiosi e la successiva mitosi. Geneticamente parlando si potrebbe concretizzare il concetto della “sufficiente prevalenza” dicendo (sempre teoricamente) che se vi è fra i gameti una differenza inferiore al 20% (valore arbitrario) l’incrocio è positivo, oltre tale valore l’incrocio è senza esito. Orbene, se in quel 20% (nel caso di un ibrido Canarino-esotico, considerando i cromosomi in numero di 18, ciò corrisponderebbe ad un corredo di 15 cromosomi del Canarino e di 3 dell’esotico) di eterogeneità che è il limite di vita per l’Rl (ibrido x Canarino) c’è qualche carattere proprio del solo esotico, esso verrà fissato e apparirà nel fenotipo insieme a tutti gli altri che sono o appaiono essere del Canarino. È ipotizzabile che il piumaggio a scaglie e la calotta propri del Lizard possano aver avuto origine da uno strafortunato giuoco genetico verificatosi nell’F1 che ha permesso sostanzialmente a questi due soli fattori, propri del Serinus pusillus, di coesistere senza danno (non essendo stato varcato il limite del 20%) col restante corredo cromosomico dell’R1 (spettante nella massima parte alla Canarina) dando vita ad una Razza del tutto diversa da ogni altra, che è appunto il Lizard. Le analogie con il Cardinalino non sono difficili da individuare. Le grandi difficoltà delle quali la pratica e la letteratura ci informano, che si incontrano nell’ottenere ibridi fra il Canarino e il Serinus pusillus sono garanzia che si tratta di Specie che debbono a buon diritto essere considerate distinte, nonostante l’eventuale esistenza in passato di qualche F1 che

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ha dato prole con una Canarina. Abbiamo insistito sulla percentuale ipotetica di eterogeneìtà dei 20% del gamete dell’F1, ipotizzata come limite massimo per ottenere anche un solo R1 in tanti anni, per porci la seguente domanda. Se statisticamente fossimo in grado di accertare che nei tentativi di incrocio fra due differenti volatili risulta fertile il 10% della prole, oppure il 30 o il 50 o il 70%, quale limite sceglieremmo per stabilire se le popolazioni di appartenenza sono da considerare una Specie unica o due Specie distinte? La domanda, come oramai il lettore può capire, resterà sempre senza una risposta esauriente e i pareri resteranno sempre contrastanti, almeno finché non sapremo molto, ma molto di più sul cariotipo dei vari Serinus ed affini. La formazione delle Razze Riprendendo adesso il nostro discorso sulla evoluzione delle Specie, possiamo concludere che fra due popolazioni di animali quella che oggi è differenza di Ordine un tempo era differenza di Famiglia, un tempo ancora più lontano lo era di Genere e così via, finché si arriva alle epoche geologiche più lontane nelle quali i primi Uccelli erano tanto simili ai Rettili (di allora!) da presentare solo differenze di Specie o di Razza. Oggi, dopo tanti milioni di anni di accumulo di mutazioni, fra Rettili e Uccelli le differenze sono differenze di Classe! Una Specie è formata da individui che si incrociano indefinitamente fra loro, ma non per questo sono uguali fra foro. Fra i tanti esempi citiamo fra le Specie domestiche il Cane e fra le selvatiche il Combattente (Philornachus pugnax) nel quale il colore del becco, delle zampe e del collare dei maschi in abito nuziale varia grandemente. In ogni popolazione esiste una variabilità che rende distinguibile ogni singolo individuo. Tale variabilità dipende in parte dall’ambiente, e perciò non influisce sulla prole, e in parte dalla diversità dei corredi cromosomici, nel senso che ogni individuo, oltre a quei vari milioni o miliardi di geni uguali a quelli degli altri individui della stessa popolazione, ne ha un certo numero lievemente diversi (come costituzione

chimica del DNA, naturalmente) che sono responsabili della sua “personalità”, cioè di alcuni suoi caratteri estetici, funzionali o comportamentali che nel loro insieme lo differenziano dagli altri. Finché tutti gli individui di questa popolazione sono liberi di incrociarsi fra loro, questa variabilità resta costante; ma se per qualche ragione, tutti gli individui in possesso di un certo carattere (per esempio mole maggiore, colore più scuro, ecc.) ad un certo momento cominciano ad occupare territori diversi o comunque ad incrociarsi solo o prevalentemente fra loro, dopo qualche decina di generazioni, si differenziano due distinte popolazioni nelle quali la maggioranza degli individui dell’una è facilmente distinguibile dalla maggioranza di quelli dell’altra. Abbiamo detto la “maggioranza”, perché, quando questa differenziazione in due popolazioni distinguibili fra loro è recente, rimane per lungo tempo ancora la possibilità che qualche individuo dell’una non sia distinguibile da qualche individuo dell’altra. È evidente che entrambi questi individui, nei confronti della popolazione di appartenenza debbono essere considerati alquanto “atipici”. Facciamo un esempio generico di un fatto che, come vedremo, si riscontra frequentemente in Natura. Di una certa Specie di Uccelli che occupa un vasto territorio alcuni pochi individui riescono ad attraversare un passo montano o vengono allontanati da un fortunale dalla consueta via migratoria (le cosiddette “Specie accidentali”) per essere “sbattuti” in una lontana isola o in una lontana piaga con caratteri di ambiente differenti da quelli abituali. Per di più, se in quei pochi individui era casualmente assente un certo allele per un certo carattere, la, nuova popolazione sarà subito diversa da quella di origine per una “frequenza genica” chiaramente differente da quella di essa (fenomeno di “deriva genetica”). Successivamente il nuovo ambiente favorirà l’accentuarsi delle differenze. La differenziazione del Canarino dal Verzellino è probabilmente un esempio del genere. Fenomeni di questo tipo sono frequentissimi nel Mondo Vegetale ove di una


stessa pianta esistono numerosissime varietà, ognuna legata ad un ambiente più o meno ristretto che ha permesso la formazione di popolazioni caratteristiche di ciascuno di essi. Come è noto ciò è facilitato dal trasporto dei semi ad opera del vento, delle acque, degli animali, ecc. Nel Regno Animale questi fenomeni sono molto frequenti in Specie incapaci di compiere grandi spostamenti (Anfibi, Rettili, Insetti privi di ali, ecc.) od anche in animali volatori confinati in arcipelaghi, specialmente se formati da isole con caratteri ambientali differenti (i Fringuelli di Darwin sono un classico esempio). Insomma queste popolazioni sono delle vere popolazioni ecologiche (ecotipi) che iniziano come Razze (Sottospecie), per differenziarsi sempre più e proseguire sulla strada che porta alla formazione di nuove Specie. Le Razze sono Specie nascenti, ha scritto il grande Darwin. Tutto questo continuo divenire delle popolazioni selvagge è dovuto dunque alle cause più varie, che conducono prima a nuove Razze, poi a nuove Specie e così via. In Natura il tempo non manca. In cattività la causa è una sola: la selezione che l’Uomo da sempre ha esercitato appena è riuscito a catturare e a far sopravvivere presso di sé una Specie selvaggia. Ma l’Uomo ha avuto a disposizione pochi secoli, al massimo alcune migliaia di anni, ma sempre un’inezia rispetto ai tempi geologici. Ecco perché l’Uomo deve contentarsi di creare solo nuove Razze. Se l’Umanità dovesse scomparire d’un tratto, delle tante Razze create dagli allevatori probabilmente qualcuna (non molte) sopravviverebbe e potrebbe incamminarsi per raggiungere un’identità di Specie in un tempo minore di quello che avrebbe impiegato se l’Uomo non avesse accelerato i tempi iniziali. Nel caso della formazione delle Sottospecie e delle Specie selvagge si parlerà quindi di leggi del caso, di isolamento, di “deriva”, di selezione naturale, ecc. Nel caso della formazione delle Sottospecie (Razze) o di ipotetiche Specie domestiche si parlerà solo di selezione. È facile capire che in questa opera di differenziamento l’Uomo sovrasta la

Natura, perché più facilmente di Essa riesce a prelevare da una popolazione eterogenea i soggetti più atipici. Il successo dell’Uomo è però sostanzialmente solo apparente, perché le nuove Razze da Egli create, specialmente le più sofisticate, vivono solo finché durano le sue solerti cure (in genere non disinteressate); abbandonate a loro stesse avrebbero i giorni contati. Ben diverso è invece il caso delle nuove Razze che si creano in Natura e il Lettore oramai ne conosce le ragioni. Generalmente in Natura i soggetti più atipici non riescono ad affermarsi perché svantaggiati rispetto a quelli che si mantengono più adatti all’ambiente in cui sono nati o si trovano a vivere. Sicuramente nelle Isole Canarie è comparsa qualche volta la mutazione per l’assenza parziale o totale di melanina, ma questi individui mutati (più o meno gialli), meno adatti dei “verdi” alla vita in quelle isole (perché più facilmente individuabili da parte dei predatori e chi sa per quali altre ragioni) sono stati eliminati (il genetista direbbe che quella mutazione è stata riassorbita), mentre, appena che gli effetti di quella stessa mutazione si sono manifestati nella gabbietta, subito l’Uomo ne ha approfittato per selezionare quel carattere (incrocio genitore-figlio, ecc.) pervenendo in poche generazioni a creare nuove popolazioni, prima inesistenti, di animali domestici, che sono appunto le Razze. In questo modo si sono formate centinaia di Razze canine, decine di Razze bovine, di Polli, di Colombi, ecc. A questo punto ci piacerebbe introdurre il concetto di “potenzialità evolutiva”, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano e a questo proposito poniamo al Lettore solo un quesito: Ti sei mai chiesto perché vi sono centinaia di Razze differenziatissime di Cani, mentre la selezione del Gatto ha permesso di ottenere solo poche Razze e, per di più, assai poco differenziate fra loro? Ritorniamo al nostro Canarino esaminando alcuni casi significativi. Due o tre secoli fa sarebbe stato ragionevole considerare i Canarini gialli “Zuccherini” come Razza da tenersi distinta dal Canarino selvatico dal piumaggio completamente “verde”; ma oggi non è così, perché gli allevatori

hanno creato tante e tante nuove Razze ben differenziate per caratteri più importanti del solo colore, che attualmente una differenza di colore non è in alcun modo sufficiente a distinguere una Razza (il Lizard è un caso a parte). Tant’è che un Border giallo, pur apparendo a prima vista più simile ad un Sassone giallo che ad un Border verde, resta sempre ben distinto da esso, sia per i suoi connotati estetici che, soprattutto, per la frequenza genica che lo contraddistingue (ne parleremo fra poco). Quando comparve un tempo la “sconcertante” mutazione responsabile del portamento a 7, apparve logico che la popolazione di individui che, per selezione, aveva ereditato quel connotato così caratteristico, costituisse una nuova Razza, ed infatti all’inizio fu così. Ma da quando il carattere “portamento a 7” è stato introdotto in altre “popolazioni” già differenziate per altri connotati, ha perduto buona parte della sua iniziale proprietà discriminativa. Così oggi troviamo con portamento a 7 varie Razze di Canarini di Forma e Posizione distinte fra loro per caratteri indipendenti dal portamento. Altra analogia la troviamo nel caso di certi Canarini di Colore e da Canto, più o meno uguali in tutto, meno che nelle attitudini al canto. In altri campi dell’allevamento domestico, di casi del genere ve ne sono a profusione e tutto porterebbe alla ovvia conclusione che i caratteri distintivi di Razza sono assai meno “importanti” di quelli distintivi di Specie. Importanti in che senso? In realtà non si tratta di importanza, ma di numero, almeno nella grande maggioranza dei casi. Abbiamo già detto che non esistono due esseri viventi al Mondo che abbiano lo stesso identico patrimonio genetico, cioè tutti i geni identici. Ogni individuo ha qualche differenza e, naturalmente, il numero delle possibili differenze nell’ambito della Specie cresce con il crescere della differenziazione e del gradino evolutivo raggiunto, talché, ad esempio, il numero dei caratteri del Lombrico è assai inferiore a quello di un Uccello o di un Mammifero; per cui sussistono assai più motivi di variabilità in questi che in quello.

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Differenze di “livello” Un Canarino nei suoi 18 (o 80) cromosomi ha milioni o miliardi di geni, non lo sappiamo, ma certamente siamo in quest’ordine di cifre. Supponiamo che il Canarino abbia un milione di geni. Ebbene, tutti i Canarinì domestici ne hanno novecentonovantanovemila uguali a quelli del Canarino selvatico e mille differenti, cioè solo uno su mille. Quei 999.000 sono quelli distintivi della Specie, responsabili della forma del fegato, della fattura del piumaggio, del colore del sangue (questo è anche carattere di Classe, perché comune a tutti gli Uccelli), del tipo del canto, dell’istinto di costruire il nido in quel certo modo, cioè di tutti quei connotati essenziali che sono necessari perché quell’individuo sia un Canarino, selvatico o domestico non importa, ma non un Corvo o uno Struzzo. Il Verzellino di quei geni a comune con il Canarino ne ha 998.000, perché un migliaio gli servono a mantenere le sue differenze con il Canarino; ma qui il discorso si complica, perché per alcuni geni (caratteri) vi è identità con i corrispondenti del Canarino selvatico e differenze varie con il Canarino domestico a seconda della Razza cui appartiene che lo allontana più o meno dal modello selvatico. Entrambi, Canarino e Verzellino, ne hanno 997.000 uguali a quelli del Corvo che appartiene allo stesso Ordine, ma solo 996.000: uguali a quelli dello Struzzo che appartiene ad altro Ordine. In altre parole, restano uguali tutti i geni responsabili dei caratteri che contraddistinguono la Classe degli Uccelli, come, per fare qualche esempio a caso, tutte le catene enzimatiche che conducono alla formazione delle penne, alla formazione del Carbonato di calcio del guscio delle uova (per questo carattere c’è identità con i Rettili che fanno uova con il guscio analogo a quello degli Uccelli), alla formazione delle lamelle ossee di Fosfato di Calcio che formano le ossa (per questo carattere c’è identità con tutti i Vertebrati che si costruiscono le ossa nello stesso modo), alle ghiandole gastriche che secernono quella certa concentrazione di acido cloridrico, ai meccanismi responsabili della trasformazione dell’azoto pro-

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teico in azoto urico, alle squame che ricoprono le zampe, alla forma del muscolo gastrocnemio (ma qui vi sono differenze relative al modo di camminare o di artigliare, ecc., ed ancora una volta si vede che in Natura tutto è collegato in mille modi che si intersecano per i motivi più vari) e a tutte le altre migliaia di minimi caratteri che nel loro insieme garantiscono un essere vivente ascrivibile alla Classe degli Uccelli, cioè garantiscono un Uccello. È intuitivo che alcuni geni sono più importanti di altri per infinite ragioni, ivi compresa la sopravvivenza. Se il gene (o i geni) responsabile della curvatura dell’unghia del pollice è alterato (mutato) nascerà un Canarino con un’unghia difettosa, tutto lì; ma se è alterato (mutato) un gene riguardante la funzione visiva e il Canarino nasce cieco, la cosa è ben più importante, ci sembra ovvio. Così come è ben più importante il gene (o i geni, perché la Genetica ha dimostrato che nessun gene agisce da solo) che fa sviluppare in ugual misura gli organi pari. Ad esempio, se nasce un Canarino con una gamba più lunga dell’altra la Natura lo elimina per selezione naturale e l’allevatore lo elimina perché non sa che farsene. Ma se nasce gobbo, la Natura lo elimina ugualmente, ma l’allevatore, se intravede una utilizzazione “amatoriale”, lo seleziona e crea una nuova Razza, fisiologicamente tarata (Bossu e suoi discendenti), ma “amatorialmente” interessante. Di ipocrisia ce n’è a sufficienza. “Qa c’est la vie”. La conclusione è che le differenze fra un animale e l’altro per le nostre schematiche classificazioni (tassonomia) sono differenze di livelli, di gradini, nel senso che un animale deve appartenere necessariamente ad uno solo di essi, mentre per la Natura sono differenze graduali nelle quali la gradualità si manifesta come variabílità nell’ambito di ciascun livello; il che, in fin dei conti, al classificatore dà abbastanza fastidio, perché gli impedisce il più delle volte di vedere differenze nette fra una popolazione animale ed un’altra e ciò, si badi bene, già a livello di Ordine e Famiglia. Per questo lo studioso vede oggi la

Specie, non come semplice gradino, ma come popolazione compresa fra determinati limiti di una curva della variabilità che anche per qualche Specie selvaggia ha dei valori estremi di sovrapponibilità con altre. Come abbiamo già accennato, di esempi di animali (e piante) che gli studiosi sono incerti se inserire in un certo gruppo o in un altro ce ne sono in abbondanza. Dunque ci sembra chiaro che le differenze, indipendentemente dalle inevitabili influenze ambientali (non ereditabili), geneticamente parlando, dipendono dal numero dei geni differenti posseduti da due animali sia della stessa che di differenti popolazioni, nel senso che con l’aumentare di questo numero le differenze passano da differenze individuali a differenze di Razza, poi di Specie e così via, sempre con ampie “sfumature” dovute alla variabilità nell’ambito del singolo livello. Quando le differenze sono a livello di Ordine i cariotipi (forma e numero dei cromosomi) sono così diversi che tentare di incrociare Uccelli di Ordine diverso è come voler tirar su la Luna dal pozzo. Quando il numero dei cromosomi differenti è basso l’interfecondità fra individui di popolazioni differenti è maggiormente possibile, ma con una percentuale che non appare costante Come abbiamo già detto, se riusciamo a “pescare” un Verzellino che per la variabilità della sua Specie ha un corredo genetico più vicino a quello del Canarino e un Canarino con un corredo genetico più vicino a quello del Verzellino, e li incrociamo fra loro, il numero dei figli e la percentuale di quelli fecondi saranno alti. Se invece i due soggetti hanno un corredo genetico più dissimile, si avrà il risultato opposto. Il Lettore ci scuserà se diciamo di nuovo che col passare dei secoli il secondo caso è destinato, almeno in Natura, ad affermarsi sempre di più, fino al momento che l’interfecondità diverrà nulla. La maggiore o minore affinità di due corredi cromosomici comprende anche il loro “comportamento” durante le varie fasi della meiosi, ma di ciò non è il caso di parlare. Continua sul prossimo numero


Questo mese, il protagonista di Photo Show è: Abbondanzio Franchi - RNA 925X con la fotografia che ritrae i soggetti “Ibridi di Cardellino per Verdone dell'Himalaya” Complimenti dalla Redazione!

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o letto con viva curiosità ed interesse, l’articolo apparso sul Corriere Ornitologico n°10 “Il canarino di Midway”. Sono stato colpito da diversi aspetti particolari, alcuni dei quali già segnalati sul testo e che non riprendo. Dico solo che alle Midway sono sopravvissuti canarini domestici “afughi” o rimessi in libertà, cosa tutt’altro che facile. Intendo soffermarmi sull’aspetto categoria. Osservando il canarino ritratto non mi sembra possibile stabilire se si tratti di un intenso o di un brinato, certo però che la cosa non è affatto secondaria. Sappiamo che alle Canarie i canarini sono verdi (per effetto di melanine e carotenoidi) e brinati, vale a dire con piumaggio normale, non saturato fino all’apice dai carotenoidi, che rimane biancastro (fatte salve alcune zone di elezione). Questo apice biancastro fa pensare ad un cristallo di brina da cui il nome. Sappiamo altresì che in natura, nei luoghi originali, si accoppiano senza problemi fra brinati, mentre allo stato domestico è necessario accoppiare i brinati con gli intensi, vale a dire con una mutazione presente allo stato domestico; altrimenti, accoppiando fra brinati, la brinatura va in eccesso e con essa il piumaggio, e si indeboliscono i carotenoidi. Ho spiegato il fenomeno ipotizzando un effetto paramutagenico della mutazione intenso e quindi la non più corrispondenza dei brinati domestici con i selvatici, in quanto mutati. L’accoppiamento misto innescherebbe un fenomeno transitorio che consentirebbe, come in effetti consente, di mantenere un equilibrio. Non posso dilungarmi oltre, pertanto rimando all’articolo: “l’unicità della mutazione intenso” - Italia Ornitologica n°8/9 2018 leggibile anche in inglese sul sito dell’associazione di Parma (A. D. O. P) www.adop-parma.com ove mi dilungo sul fenomeno, presente anche una nota del genetista dott. Pasquale De Luca che, inoltre, ha curato la traduzione. Su quelle righe segnalo come i ceppi domestici che necessitano di accoppiamento misto, non siano idonei ad essere re-immessi in natura, ove gli accoppiamenti non possono essere mirati. Ci sarebbe quindi da aspettarsi molti soggetti in eccesso di brinatura, di piumaggio e con colori sbiaditi. La vista di un canarino giallo ben colorato ed a piumaggio attillato mi fa pensare che forse i canarini di Midway potrebbero non avere il problema dell’equilibrio da mantenere con accoppiamento misto; ma potrebbero essere in condizioni analoghe a quella dei selvatici originari delle Canarie. Se così fosse ci sarebbe da chiedersi il perché. Sappiamo che rari ceppi domestici, non avendo la mutazione intenso, si mantengono equilibrati anche con accoppiamenti fra brinati, come in natura. Celeberrimo il caso della razza Malinois da canto. Forse anche gli estinti Canarini comuni italiani erano così. Si potrebbe quindi pensare che siano stati immessi canarini nelle condizioni suddette, cioè brinati provenienti da ceppi ove non era presente la mutazione intenso. Non saprei fare ipotesi precise, ma forse anche in America c’erano ceppi del genere, magari non selezionati come era per il canarino comune italiano. Un’altra ipotesi sarebbe davvero difficile, bisognerebbe pensare che in natura, se fossero tutti brinati, l’effetto degenerativo venisse in qualche modo annullato, magari con una retromutazione ingenerata dalla condizione libera. Un’ipotesi non solo difficile ma anche ottimistica e pericolosa, poiché potrebbe suggerire re-immissioni facili di ceppi domestici resi inadatti dal meccanismo degenerativo sopra esposto. Se si volessero fare tentativi di immissione del canarino in altri siti, ci sarebbero da fare attente valutazioni, poiché l’immissione di specie alloctone è quasi sempre pessima cosa per l’ecologia del luogo dove avviene. Ammesso di farlo, poi bisognerebbe utilizzare solo canarini prelevati in natura alle Canarie o in altri siti originari, come Madeira o le Azzorre. Oppure, se proprio li volessimo gialli, utilizzando soggetti prelevati a Midway, ben inteso se la popolazione fosse equilibrata come ho supposto. In caso si volessero utilizzare soggetti domestici gialli, cosa discutibilissima e di grandissima difficoltà, ritengo si potrebbero usare solo Malinois puri, poiché brinati equilibrati, non degenerativi, come spiegavo precedentemente. Ovviamente da escludere canarini a fattori rossi, poiché geneticamente inquinati dal cardinalino del Venezuela, come pure in caso di inquinamenti genetici extra specie diversi, ad esempio il lizard, che sarebbero comunque non idonei per la presenza nefasta della mutazione intenso. Certamente da escludere ceppi con conclamate tare ereditarie come: lumps, depigmentazioni, cecità o simili, anche qui comunque da escludere a priori per la presenza dell’intenso. Insomma, occorre molta attenzione e competenza prima di fare immissioni e solo con ceppi adatti alla vita selvatica. Operazione comunque molto rischiosa, per via della nicchia ecologica ove può stare una sola specie ed altri vari motivi che sarebbe troppo lungo elencare. Infine dico anch’io: forza canarino di Midway, anche se sono sempre molto cauto verso le specie alloctone. Tuttavia in questo caso ci sono diversi aspetti interessanti, strani o almeno particolari, indicati nel testo, e poi c’è l’insularità che protegge da diffusioni non gradite.


P agina aperta Scrivo dopo approfondimento Mi è stato segnalato gentilmente un sito con diverse foto di canarini dati per essere alle Midway; ebbene, un soggetto è palesemente intenso. Ovviamente ci sono molti macchiati. I brinati non palesano evidenze degenerative, alcuni sembrano molto equilibrati con zone di elezione molto intense, altri più abbondantemente brinati. Quindi da rivedere il discorso precedente, ma che lascio per indicare le tappe di un ragionamento. C’è da chiedersi: forse in natura c’è la tendenza all’accoppiamento misto? Ci credo ben poco, tuttavia lo suggerisco se non altro come aspetto da verificare. Poi c’è da chiedersi che fine fanno eventuali “doppi intensi” (cioè omozigoti striminziti)? Si potrebbe anche ipotizzare che gli accoppiamenti fossero casuali, ma che per la presenza ogni tanto di un accoppiamento misto favorisca l’equilibrio. Non credo affatto che la circostanza di essere in natura possa modificare radicalmente l’effetto ed il comportamento della categoria mutata intenso, tuttavia anche questo è da verificare. Spero, anche se sono pessimista, che qualche ornitologo edotto sulla unicità della mutazione intenso faccia adeguate valutazioni. GIOVANNI CANALI

I NOSTRI LUTTI

In ricordo dell’editore Italo Feregotto novembre 2021 è venuto prematuramente a mancare Italo Feregotto, per tanti anni editore e direttore responsabile del periodico cartaceo di ornitofilia “Uccelli”, nonché già Presidente dell’Associazione Ornitologica Friulana di Udine. Italo Feregotto era un grande Signore, con la S maiuscola, e persona molto generosa. Colui che dopo diversi tentativi falliti precedentemente in varie direzioni, mi consentì di collaborare stabilmente alla sua rivista e di espletare con la casa editrice, Ibis di Udine, la pratica per approdare come Giornalista Pubblicista all’Ordine Nazionale dei Giornalisti (OdG). Neppure immaginate quanto sia difficile trovare una testata che ti permetta l’iscrizione all’OdG. Sono affranto. Avemmo, durante i due anni di assidua collaborazione non occasionale, un ottimo rapporto, sempre in totale ed assoluta sintonia, per il percorso che stavo espletando con il suo determinante concorso. Persona seria e, soprattutto, di grande parola; sempre molto affabile, sorridente e gentile con tutti, era stato un ottimo e pluripremiato allevatore di Canarini Gloster Fancy, per tanti anni Presidente della Associazione Ornitologica Friulana di Udine. Coltivava anche l’hobby del modellismo dei soldatini; aveva vinto diversi trofei anche internazionali con le sue riproduzioni militari in fedele stile d’epoca, delle quali andava molto orgoglioso. In campo editoriale, Italo Feregotto aveva acquistato la rivista “Uccelli”, iniziata decenni prima dal rag. Zamparo; negli ultimi anni, un’agenzia pubblicitaria a cui aveva affidato la rivista, restandone direttore responsabile, lo aveva buggerato (Italo asseriva “scippato”), non pagandogli quanto in precedenza concordato. Allorché terminai di espletare il periodo che mi valse l’iscrizione come pubblicista all’OdG, il direttore mi propose generosamente di fare con loro anche il praticantato per sostenere gli esami da giornalista professionista, ma gli feci presente che non era possibile in quanto la sua rivista non integrava purtroppo i requisiti previsti dall’OdG. Non lo leggevo da qualche mese ed invece, nel frattempo, a mia insaputa ed in punta di piedi, il “mio” direttore era volato via in cielo. Grazie Direttore - l’ho sempre chiamato Direttore, anche negli ultimi e brevi messaggi scambiati mesi fa su Messenger - per tutto quanto mi hai permesso di fare, la realizzazione di un sogno che portavo con me sin dall’adolescenza: il magico tesserino color marrone dell’OdG. E grazie per tutto quanto hai donato a noi ornitofili, in termini di informazione ed educazione tecnica settoriale. Riposa In Pace, Carissimo Italo! Che nostalgia, quanta gente del nostro mondo sta mettendo le ali e volando in cielo... Francesco Chieppa

Argomenti a tema

A

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale dell’11 novembre 2021 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Il CDF concede all’Associazione Ornitologica Salernitana (richiesta avanzata a mezzo mail del 30 ottobre 2021) per aver ospitato N. 2 convegni ed attività ornitologiche (Corso di aggiornamento per Giudici di CFPA ed incontro tecnico del Club dell’Erythrura) svoltisi all’interno della mostra internazionale, un contributo di euro 500,00;

- Il CDF concede al Comitato Organizzatore della Mostra Internazionale dei Tre Mari, (richiesta avanzata a mezzo mail del 8 novembre 2021) per il convegno ornitologico denominato “Curiamoci di loro”, un contributo di euro 300,00. - Il CDF delibera lo stanziamento di euro 5.000,00 a titolo di rimborsi per le attività di convogliamento nazionali ed internazionali effettuate.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 17 e 18 dicembre 2021 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Contributi Organi Federali: determinazioni; Il CDF delibera la concessione ai Raggruppamenti Regionali ed Interregionali i seguenti contributi ordinari per l’anno 2021: - Piemonte Valle d’Aosta, euro 1.500,00; - Liguria, euro 1.500,00; - Lombardia, euro 1.500,00; - Veneto Trentino Alto Adige, euro 2.000,00; - Friuli Venezia Giulia, euro 1.000,00; - Emilia Romagna, euro 1.500,00; - Toscana, euro 2.000,00; - Marche Umbria, euro 2.000,00; - Abruzzo Molise, euro 2.000,00; - Lazio, euro 2.500,00; - Campania, euro 3.000,00; - Puglia Basilicata, euro 3.000,00; - Calabria, euro 3.000,00; - Sicilia, euro 3.000,00; - Sardegna, euro 2.500,00. I contributi come sopra determinati potranno essere parzialmente utilizzati per attività di convogliamenti. Il CDF delibera la concessione al Presidente dell’Ordine dei Giudici il seguente contributo ordinario per l’anno 2021: - ODG euro 10.000,00. Il CDF delibera la concessione alle Commissioni Tecniche Nazionali i seguenti contributi ordinari per l’anno 2021: - CTN CFPL, euro 2.000,00; - CTN CFPA, euro 1.000,00; - CTN EFI, euro 2.000,00; - CTN O&aP, euro 1.000,00. - Il CDF, dopo aver visionato il preventivo di spesa ricevuto in data 5 novembre 2021 dalla ditta Officine Grafiche Soc. Coop. di Palermo, delibera l’accettazione dello stesso per la stampa di n. 1.000 volumi di un nuovo lavoro di Giovanni Matranga con titolo “AVIFAUNA D’ITALIA VOL. 1. Il prezzo di vendita al pubblico viene determinato in euro 35,00. Il CDF

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ringrazia l’Autore per il senso di appartenenza costantemente dimostrato. - Il CDF, dopo aver udito l’istruttoria del Consigliere Federale delegato Francesco Badalamenti e dopo aver acquisito il parere favorevole del Direttivo dei Club di Specializzazione, delibera il riconoscimento del Club Amici del Salentino con sede in Calimera (LE) alla via Basilicata n. 7. Copia dello statuto e dell’atto costitutivo vengono acquisiti agli atti della Federazione in una anche al Regolamento Organico, all’elenco Soci ed alla composizione del Consiglio Direttivo. Il CDF auspica che il riconoscimento del Club conferisca una maggiore e più decisiva spinta divulgativa alla diffusione del Salentino, razza riconosciuta a livello COM. - Il CDF, in ordine al verbale n. 7 dell’11/11/2021 del Consiglio dell’Ordine dei Giudici, assume le seguenti determinazioni: - prende atto delle dimissioni del giudice FPA Giovanni Di Leo; - ratifica la delibera n. 22/2021, relativa alla decadenza del sig. Salvatore Dimitri dal ruolo di allievo giudice; - ratifica la delibera. N 23/2021; - non ratifica la delibera n. 24/2021 relativa alla colorazione dei canarini arricciati creati in Italia a motivo del testo non chiaro ed abbisognevole di ulteriori approfondimenti; - per quanto attiene le varie ed eventuali condivide l’invito rivolto dal Presidente di Collegio di Specializzazione CFPL in ordine al rispetto del principio della riservatezza in merito alle decisioni assunte nelle riunioni fino alla pubblicazione del relativo verbale sul sito ufficiale della Federazione, nel contempo facendo al medesimo rispettosamente rilevare che i termini temporali relativi alla disamina dei verbali degli Organi Federali e la ratifica delle relative deliberazioni risultano di appannaggio esclusivo del CDF che ne sancisce la priorità, la congruità, la regolarità e la opportunità; - ratifica la delibera n. 25/2021 afferente la proroga a tutto il 2021 del disposto di cui all’art. 31 del Regolamento Ordine dei Giudici; - non esamina la delibera 26/2021 in quanto superata. - Il CDF delibera di stipulare un contratto di ricerca con la Facoltà di medicina Veterinaria dell’Università di Studi di Teramo ad oggetto lo studio del microbiota intestinale del canarino (Serinus canaria). L’impegno economico della Federazione sarà pari ad euro 5.000,00 oltre iva.


Indice d’annata - anno 2021 COPERTINE Canarino Nero Perla striato bianco dominante Diamante di gould testa nera maschio Lucherino venre giallo silice Canarino mosaico rosso femmina Verdone satiné maschio Ondulati di colore, mutazione DILUITO Cardellino Diamante quadricolore classico e giallo Canarino Nero Opale Mosaico rosso Femmina Canarino Gloster Corona ardesia pezzato

Sanz A. J. Rocher P. Zamagni B. Del Pozzo E. Rocher P. Manzoni C. Rocher P. Ferrara V. Sanz A. J. Saldarella A.

Ala grigia e Ala chiara Il fattore viola Corpo chiaro Texas

1 2 3 4 5 6e7 8e9 10 11 12

Iannuccilli G. Canali G. Iannuccilli G. Canali G. Iannuccilli G. Canali G. Iannuccilli G. Sposito A. Iannuccilli G. Canali G.

1 2 3 4 5 6e7 8e9 10 11 12

3 3 3 3 3 3 3 3 3 3

CANARINI DI COLORE Espressioni fenotipiche nel Canarino Nero Perla La feomelanina nei canarini Bruno Satiné Domande sul mosaico Errori capitali e non Standard del Satiné Ossidato Interazione particolare, il conix Problemi impellenti Standard provvisorio del Canarino Jaspe doppio fattore La mutazione Opale nel tipo Nero Le schede teniche dei lipocromici apigmentati

C.T.N. Colore Canali G. Vitti P. Canali G. Canali G. C.T.N. Colore Canali G. Canali G. C.T.N. Colore Soleo L. C.T.N. Colore

1 1 2 2 5 8e9 10 11 11 11 12

5 19 5 53 5 5 7 9 17 35 21

Di Tillio A. Palma S. Palma S. Di Tillio A. Palma S.

2 3 11 11 12

17 17 23 52 26

CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI L’Arricciato Padovano L’Arricciato del Sud Il portamento del Parigino Il ciuffo del “Fiorino”

C.T.N. C.F.P.A. Nastasi G. Novelli B. Piviero G.

1 1 1 11

9 28 50 32

2 5 6e7 8e9

27 23 13 15

ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI Pionites melanocephalus Gli Ala Perlata I diluiti Le mie esperienze con l’ondulato di forma e posizione

Dalba F. Fogliati G. Fogliati G. Maione D.

C.T.N.-E.F.I. nuove regole per il futuro La Tortora diamantina Il fattore scurente nel Diamante di Gould Il Santo Graal degli ibridi Il Diamante di Gould Il Lucherino ventre giallo Silice Fecondità degli ibridi e affinità tra le specie parentali Il Diamante di Gould Il Verdone ambra Il fuoriclasse Passero del Giappone x Padda: la storia di Ringo Sicalis flaveola o canário-da-terra Il Cardellino ieri, oggi e domani Lucherino testa nera, nuovo fenotipo! Diamante quadricoloro Erythrura prasina (Sparrman, 1788) Il Cardellino ieri, oggi e domani Il Verdone giallo Il Verdone giallo

1ª p 2ª p

1ª p 2ª p 1ª p 2ª p

Montagno Bozzone C. Fontanesi M. Lotierzo G. Rossi P. Formisano F. Zamagni B. Lucarini S. Formisano F. Rossi P. Rossi P. Olgiati S. Rossi P. Rossi P. Pitasi D. Mortaruolo I. Rossi P. Rossi P. Rossi P.

1 1 2 2 2 3 3 3 4 5 5 6e7 8e9 8e9 10 10 11 12

13 37 11 21 59 5 9 25 13 11 27 17 9 19 13 29 5 17

1 2 4 5 6e7 8e9 10 11

31 24 19 16 26 22 56 56

CANARINI DA CANTO Che sarà Canaricoltura da canto La Klokkende di qualità: gioie e dolori Qualità canore al top Voci dalla siringe Espansibilità canora stimolata e diretta Le motivazioni ad apprendere Iniziare la scuola di canto

Di Giorgio F. Di Giorgio F. Bosi F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F.

COLUMBIDI La Tortora dal collare domestica

Faggiano F.

5 49

CRONACA - ATTUALITÀ

CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI Lizard: questione rowing Il Salentino Dissertazioni sullo Scotch Fancy Le metamorfosi del Lizard Lipocromico-melaninico: tutte le varietà a fondo bianco

10 19 11 13 12 13

ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

REDAZIONALE La passione continua … Apparire Perché (continuare ad) allevare Cominciare ad allevare Il diritto di allevare Allevamento come arte Editoriale La vertità non è per tutti Finalmente in presenza Confronti impegnativi

Fogliati G. Fogliati G. Fogliati G.

Esami dei volatili in sede di acquisto Concorso di disegno “Allevare è proteggere” Come nasce una grande passione Nove anni in C.T.N. E.F.I.: condivisione di un’esperienza La divulgazione è conoscenza … e nozioni tecniche Vogliamo Esagerare Un curriculum di tutto rispetto Birmingham, una mostra d’altri tempi I rapaci notturni in Sardegna Il contagio della passione 30° Anniversario A.O.M. Un metodo naturale per riparare le uova Capire il Canarino, il fenotipo, il genotipo 11 luglio 2021 Il New York Colorbred Canary Club Associazione Ornitologica Messinese Girare l’uovo Breve storia dell’A.F.O. Attorno ad alcuni uccelli veduti a Castelfidardo

Mortaruolo I. 1 Ass. Culturale MAW Men-Art-Work Laboratorio d’Arte 2 Cozzolino B. 3 Ficeti G. 3 Brunori N. 3 Danieli M.K. 4 Manzoni M. 4 Di Tillio A. 5 Spada P.F. 5 Vinattieri F. 6e7 Biandrate P. 6e7 Esbardo F. 6e7 Lingua E. 8e9 De Vita A. 8e9 Ramgattee A. 8e9 Badalamenti F. 10 Pasquale L. 10 Giordano N. 12 Dalba F.S. 12

41 51 21 33 42 33 61 55 58 53 56 61 41 48 50 41 54 49 51

NUMERO 1 - 2022 61


DIDATTICA & CULTURA Il Succiacapre, un uccello misterioso ed affascinante Le mutazioni generiche “naturali” del Cardellino Vincenza De Romita (Bari 1838 - 1914) Allevare un Tordo che viene da lontano L’olfatto Discussioni sul Satiné Il collezionismo ornitologico 5ª p L’Upupa comune E l’arancio? Origini e genetica del Canarino Mosaico Conoscere gli errori Le più recenti estinzioni di uccelli Le strategie di muta degli uccelli Il Pulcinella di mare Quale Satiné: Bruno o Isabella? Il collezionismo ornitologico 6ª p Alfonso Ademollo (Impruneta, Firenze 1829 - Grosseto 1895) Il Passero in una pittura del Secolo XVII Il collezionismo ornitologico 7ª p Antonio Duse (Salò 1880 - 1955) Rusticità Il collezionismo ornitologico 8ª p Apelle Dei (Siena 1819 - 1903) Razza o varietà? Dal colore alla forma L’origine e l’evoluzione degli estrildidi Cromosomi sessuali negli uccelli Il collezionismo ornitologico 9ª p Annibale Tornielli di Crestvolant (Genova 1926 - Parma 1992) Cosa dicono gli uccelli? Un pigmento tanti fenotipi Il collezionismo ornitologico 10ª p Carlo Beni (Stia, Arezzo 1849 - Firenze 1932)

Spada P.F. Sassadoro S. Basso R. Gorreri L. Tessariol D. Canali G. Badalamenti F. Spada P.F. Dalba F.S., Canali G. Lucarini S. Canali G. Basso R., Lando M. Tessariol D. Monti C. Lucarini S. Badalamenti F. Basso R., Lando M. Mortaruolo I. Badalamenti F. Basso R., Lando M. Canali G. Badalamenti F. Basso R., Lando M. Palma S. Vinattieri F. Huisman G.J. Baldanzi M. Badalamenti F. Basso R., Lando M. Spada P.F. Faggiano F. Badalamenti F. Basso R., Lando M.

ARCHIVIO STORICO 1 1 1 2 2 3 3 3 3 4 4 4 4 4 5 5 5 6e7 6e7 6e7 8e9 8e9 8e9 8e9 8e9 8e9 10 11 11 11 12 12 12

39 43 55 33 45 13 39 49 53 5 29 43 51 57 17 31 38 29 37 49 25 29 43 53 58 61 23 27 49 59 5 43 61

ALIMENTAZIONE Uso della polenta Il Rosamarino (Rosa-maris): un mare di virtù Il sorbo: pianta della prudenza e della saviezza Le Crucifere: una famiglia “superfood” La cicoria selvatica L’Azzeruolo Il finocchio selvatico Il Crespignano: una pianta erbacea buona e salutare L’Aspraggine L’erba medica L’essenza di pomodoro

Palma S. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P.

1 1 2 3 4 5 6e7 8e9 10 11 12

32 46 41 45 39 41 41 35 47 39 35

VETERINARIO Il vaiolo aviare nel Canarino: prevenzione e “cura” Il sessaggio molecolare, diagnosi precoce e non invasiva Uccelli sani e che riproducono

Todisco G. D’Anza E. Cattarossi D.

1 23 4 25 10 37

NOVITÀ EDITORIALI Estrildid Finches of the World “Lipocromici” - Canarini di colore nel secolo XXI Il Pianeta dei Pappagalli Canarini di Colore - fotolibro L’Aceddi

Iannuccilli G. Iannuccilli G. Mortaruolo I. Iannuccilli G. Badalamenti F.

4 5 6e7 8e9 10

49 54 47 40 58

UCCELLI IN NATURA Il Torcicollo: un uccello chiacchierone

62 NUMERO 1 - 2022

Passacantando G.

11 47

Enrico Palescandolo - Gli Ornitologi: chi siamo, perché esistiamo Vicidomini N. Specie e razze 1ª p Zingoni U.

3 60 12 29

LETTERE IN REDAZIONE Lettere in Redazione Lettere in Redazione Lettere in Redazione Lettere in Redazione Lettere in Redazione Lettere in Redazione Lettere in Redazione Lettere in Redazione

C.T.N. Canarini Arricciati Gregorutti P. Palma S. Canali G. Gorreri L. Di Giorgio F. Amerio P. Albergo G.

1 3 4 5 5 8e9 10 12

63 62 62 61 62 63 61 63

1 2 3 4 5 6e7 8e9 10 11 12

52 48 54 54 36 34 46 52 44 40

ORNI-FLASH News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo News al volo dal Web e non solo

PAGINA APERTA Argomenti a tema Argomenti a tema

1 34 5 53

ATTIVITÀ F.O.I. Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 2 novembre 2020 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 18 e 19 dicembre 2020 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 12 e 13 febbraio 2021 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale dell’11 marzo 2021 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 28 marzo 2021 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 21 maggio 2021 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 10 luglio e del 29 luglio 2021 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 21 agosto 2021 11 Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 24 e 25 settembre 2021

1 2 2 4 6e7 8e9 10 64 12

64 64 63 64 64 64 63

Cozzolino B., Vinattieri F. 1 Club Italiano del Canarino Jaspe 2 Morrone F. 3 Lizard Canary Club Italiano 4 Club del Canarino Selvatico 6 e 7 Morrone F. 11 Cozzolino B., Vinattieri F. 12

58 31 20 27 23 37 24

Formisano F. Colombo C. Varrone M. Vitrano A. Gorreri L. Arciprete P. Del Toso F. Schiralli D. D’Angelo A. Federico D.

27 39 31 23 47 25 33 28 21 57

64

SPAZIO CLUB Fiorino: questioni di taglia? Il Club F.O.I. tra selezione e promozione di una Razza In Hoc Signo Vinces Lizard Canary Club Italiano Club del Canarino Selvatico Breve cronaca di una domenica Ornitologica Club del Fiorino … la storia siamo noi

PHOTO SHOW Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori Le foto scattate dagli allevatori

1 2 3 4 5 6e7 8e9 10 11 12


Indice alfabetico autori Lettere in Redazione

Albergo G.

12 63

Photo Show

Colombo C.

2 39

Lettere in Redazione

Amerio P.

10 61

Come nasce una grande passione

Cozzolino B.

3 21

Photo Show

Arciprete P.

6 e 7 25

Concorso di disegno “Allevare è proteggere”

Ass. Culturale MAW Men-Art-Work Laboratorio d’Arte

Fiorino: questioni di taglia? Club del Fiorino … la storia siamo noi

Cozzolino B., Vinattieri F. Cozzolino B., Vinattieri F.

1 58 12 24

Photo Show

D’Angelo A.

11 21

Il sessaggio molecolare, diagnosi precoce e non invasiva

D’Anza E.

4 25

Pionites melanocephalus Attorno ad alcuni uccelli veduti a Castelfidardo

Dalba F.S. Dalba F.S.

2 27 12 51

E l’arancio?

Dalba F.S., Canali G.

3 53

Vogliamo Esagerare

Danieli M.K.

4 33

Il collezionismo ornitologico Il collezionismo ornitologico Il collezionismo ornitologico Il collezionismo ornitologico Associazione Ornitologica Messinese L’Aceddi Il collezionismo ornitologico Il collezionismo ornitologico

5ª p 6ª p 7ª p 8ª p

Badalamenti F. Badalamenti F. Badalamenti F. Badalamenti F. Badalamenti F. Badalamenti F. 9ª p Badalamenti F. 10ª p Badalamenti F.

2 51 3 5 6e7 8e9 10 10 11 12

39 31 37 29 41 58 27 43

Cromosomi sessuali negli uccelli

Baldanzi M.

10 23

11 luglio 2021

De Vita A.

Vincenza De Romita (Bari 1838 - 1914)

Basso R.

1 55

Canarino mosaico rosso femmina

Del Pozzo E.

Le più recenti estinzioni di uccelli Alfonso Ademollo (Impruneta, Firenze 1829 - Grosseto 1895) Antonio Duse (Salò 1880 - 1955) Apelle Dei (Siena 1819 - 1903) Annibale Tornielli di Crestvolant (Genova 1926 - Parma 1992) Carlo Beni (Stia, Arezzo 1849 - Firenze 1932)

Basso R., Lando M. Basso R., Lando M. Basso R., Lando M. Basso R., Lando M. Basso R., Lando M. Basso R., Lando M.

4 5 6e7 8e9 11 12

Photo Show

Del Toso F.

8 e 9 33

30° Anniversario A.O.M.

Biandrate P.

6 e 7 56

La Klokkende di qualità: gioie e dolori

Bosi F.

4 19

Che sarà Canaricoltura da canto Qualità canore al top Voci dalla siringe Espansibilità canora stimoltata e diretta Lettere in Redazione Le motivazioni ad apprendere Iniziare la scuola di canto

Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F. Di Giorgio F.

1 2 5 6e7 8e9 8e9 10 11

La divulgazione è conoscenza … e nozioni tecniche

Brunori N.

3 42

L’Arricciato Padovano Lettere in Redazione

C.T.N. C.F.P.A. C.T.N. C.F.P.A.

1 9 1 63

Lizard: questione rowing Birmingham, una mostra d’altri tempi Le metamorfosi del Lizard

Di Tillio A. Di Tillio A. Di Tillio A.

2 17 5 55 11 52

Espressioni fenotipiche nel Canarino Nero Perla Standard del Satiné Ossidato Standard provvisorio del Canarino Jaspe doppio fattore Le schede teniche dei lipocromici apigmentati

C.T.N. Colore C.T.N. Colore C.T.N. Colore C.T.N. Colore

1 8e9 11 12

5 5 17 21

Un metodo naturale per riparare le uova

Esbardo F.

6 e 7 61

La Tortora dal collare domestica Un pigmento tanti fenotipi

Faggiano F. Faggiano F.

5 4 12 5

La feomelanina nei canarini Apparire Domande sul mosaico Discussioni sul Satiné Cominciare ad allevare Conoscere gli errori Errori capitali e non Lettere in redazione Allevamento come arte Rusticità Interazione particolare, il conix Problemi impellenti Confronti impegnativi

Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G. Canali G.

1 2 2 3 4 4 5 5 6e7 8e9 10 11 12

19 3 53 13 3 29 5 61 3 25 7 9 3

Photo Show

Federico D.

12 57

Diamante quadricolore classico e giallo

Ferrara V.

10 Cop.

Nove anni in C.T.N. E.F.I.: condivisione di un’esperienza

Ficeti G.

3 33

Gli Ala Perlata I diluiti Ala grigia e Ala chiara Il fattore viola Corpo chiaro Texas

Fogliati G. Fogliati G. Fogliati G. Fogliati G. Fogliati G.

La Tortora diamantina

Fontanesi M.

1 37

Uccelli sani e che riproducono

Cattarossi D.

Club del Canarino Selvatico

Club del Canarino Selvatico

Formisano F. 1ª p Formisano F. 2ª p Formisano F.

1 27 2 59 3 25

Il Club F.O.I. tra selezione e promozione di una Razza

Club Italiano del Canarino Jaspe

Giordano N.

12 49

43 38 49 43 49 61

10 37 6 e 7 23 2 31

Photo Show Il Diamante di Gould Il Diamante di Gould Breve storia dell’A.F.O.

8 e 9 48 4 Cop.

5 6e7 10 11 12

31 24 16 26 22 63 56 56

23 13 19 13 13

NUMERO 1 - 2022 63


Allevare un Tordo che viene da lontano Photo Show Lettere in Redazione

Gorreri L. Gorreri L. Gorreri L.

2 33 5 47 5 62

Razza o varietà? Dissertazioni sullo Scotch Fancy Lipocromico-melaninico: tutte le varietà a fondo bianco

Palma S. Palma S. Palma S.

Lettere in Redazione

Gregorutti P..

3 62

Girare l’uovo

Pasquale L.

10 54

L’origine e l’evoluzione degli estrildidi

Huisman G.J.

8 e 9 61

Il Torcicollo: un uccello chiacchierone

Passacantando G.

11 47

La passione continua … Perché (continuare ad) allevare Estrildid Finches of the World Il diritto di allevare “Lipocromici” - Canarini di colore nel secolo XXI Editoriale Canarini di Colore - fotolibro Finalmente in presenza

Iannuccilli G. Iannuccilli G. Iannuccilli G. Iannuccilli G. Iannuccilli G. Iannuccilli G. Iannuccilli G. Iannuccilli G.

1 3 4 5 5 8e9 8e9 11

Lucherino testa nera, nuovo fenotipo!

Pitasi D.

8 e 9 19

Il ciuffo del “Fiorino”

Piviero G.

11 32

Il New York Colorbred Canary Club

Ramgattee A.

8 e 9 50

Diamante di gould testa nera maschio Verdone satiné maschio Cardellino

Rocher P. Rocher P. Rocher P.

2 Cop. 5 Cop. 8 e 9 Cop.

Capire il Canarino, il fenotipo, il genotipo

Lingua E.

8 e 9 41

Lizard Canary Club Italiano

Lizard Canary Club Italiano

4 27

Il fattore scurente nel Diamante di Gould

Lotierzo G.

2 11

Fecondità degli ibridi e affinità tra le specie parentali Origini e genetica del Canarino Mosaico Quale Satiné: Bruno o Isabella?

Lucarini S. Lucarini S. Lucarini S.

3 9 4 5 5 17

Il Santo Graal degli ibridi Il Verdone ambra Il fuoriclasse Sicalis flaveola o canário-da-terra Il Cardellino ieri, oggi e domani Il Cardellino ieri, oggi e domani Il Verdone giallo Il Verdone giallo

Rossi P. Rossi P. Rossi P. Rossi P. Rossi P. Rossi P. Rossi P. Rossi P.

2 4 5 6e7 8e9 10 11 12

Le mie esperienze con l’ondulato di forma e posizione

Maione D.

8 e 9 15

Canarino Gloster Corona Ardesia pezzato

Saldarella A.

12 Cop.

Ondulati di colore, mutazione DILUITO

Manzoni C.

6 e 7 Cop.

Un curriculum di tutto rispetto

Manzoni M.

4 61

Canarino Nero Perla striato bianco dominante Canarino Nero Opale Mosaico rosso Femmina

Sanz A. J. Sanz A. J.

1 Cop. 11 Cop.

Il Rosamarino (Rosa-maris): un mare di virtù Il sorbo: pianta della prudenza e della saviezza Le Crucifere: una famiglia “superfood” La cicoria selvatica L’Azzeruolo Il finocchio selvatico Il Crespignano: una pianta erbacea buona e salutare L’Aspraggine L’erba medica L’essenza di pomodoro

Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P. Mengacci P.

Photo Show

Schiralli D.

10 28

Le mutazioni generiche “naturali” del Cardellino

Sassadoro S.

1 43

La mutazione Opale nel tipo Nero

Soleo L.

11 35

Il Succiacapre, un uccello misterioso ed affascinante L’Upupa comune I rapaci notturni in Sardegna Cosa dicono gli uccelli?

Spada P.F. Spada P.F. Spada P.F. Spada P.F.

1 3 5 11

La vertità non è per tutti

Sposito A.

10 3

C.T.N.-E.F.I. nuove regole per il futuro

Montagno Bozzone C.

1 13

Il Pulcinella di mare

Monti C.

4 57

L’olfatto Le strategie di muta degli uccelli

Tessariol D. Tessariol D.

2 45 4 51

In Hoc Signo Vinces Breve cronaca di una domenica Ornitologica

Morrone F. Morrone F.

3 20 11 37

Il vaiolo aviare nel Canarino: prevenzione e “cura”

Todisco G.

1 23

Photo Show

Varrone M.

3 31

Esami dei volatili in sede di acquisto Il Passero in una pittura del Secolo XVII Il Pianeta dei Pappagalli Diamante quadricoloro Erythrura prasina (Sparrman, 1788)

Mortaruolo I. Mortaruolo I. Mortaruolo I. Mortaruolo I.

Enrico Palescandolo - Gli Ornitologi: chi siamo, perché esistiamo

Vicidomini N.

3 60

Il contagio della passione Dal colore alla forma

Vinattieri F. Vinattieri F.

L’Arricciato del Sud

Nastasi G.

1 28 Photo Show

Vitrano A.

4 23

Il portamento del Parigino

Novelli B.

1 50 Bruno Satiné

Vitti P.

2 5

Passero del Giappone x Padda: la storia di Ringo

Olgiati S.

5 27

Uso della polenta Il Salentino Lettere in Redazione

Palma S. Palma S. Palma S.

1 32 3 17 4 62

Lucherino venre giallo silice Il Lucherino ventre giallo Silice

Zamagni B. Zamagni B.

3 Cop. 3 5

64 NUMERO 1 - 2022

1 2 3 4 5 6e7 8e9 10 11 12

1 6e7 6e7 10

3 3 49 3 54 3 40 3

46 41 45 39 41 41 35 47 39 35

41 2 47 13

Specie e razze

1ª p 2ª p 1ª p 2ª p

1ª p Zingoni U.

8 e 9 53 11 23 12 26

21 13 11 17 9 29 5 17

39 49 58 59

6 e 7 53 8 e 9 58

12 29




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