Italia Ornitologica - numero 1 - 2021

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVII numero 1 2021

Canarini di Colore

Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Veterinario

Espressioni fenotipiche nel Canarino Nero Perla

L’Arricciato Padovano

C.T.N.-E.F.I. nuove regole per il futuro

Il vaiolo aviare nel Canarino: prevenzione e “cura”



ANNO XLVII NUMERO 1 2021

sommario 3 5

La passione continua… Gennaro Iannuccilli

Espressioni fenotipiche nel Canarino Nero Perla C.T.N. Canarini di Colore

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Canarini di Forma e Posizione Arricciati

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

L’Arricciato Padovano C.T.N. - C.F.P.A.

C.T.N.-E.F.I. nuove regole per il futuro Carmelo Montagno

La feomelanina nei canarini Giovanni Canali e Diego Crovace

Il vaiolo aviare nel Canarino: prevenzione e “cura” Gianluca Todisco

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

L’Arricciato del Sud Giuseppe Nastasi

Che sarà Francesco Di Giorgio

Uso della polenta Sergio Palma

Pagina aperta Argomenti a tema AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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37 Il Succiacapre, un uccello misterioso ed affascinante Pier Franco Spada 39 Esami dei volatili in sede di acquisto Ivano Mortaruolo 41 Le mutazioni genetiche “naturali” del Cardellino Salvo Sassadoro 43 Il Rosmarino (Rosa-maris): un mare di virtù Pierluigi Mengacci 46 Il Portamento del Parigino Bruno Novelli 50 Orni-flash News al volo dal web e non solo 52 La Tortora diamantina Marco Fontanesi

Canarini di Colore

Photo Show

Vincenzo De Romita Roberto Basso

Spazio Club Club del Fiorino

Lettere in Redazione Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 2 novembre 2020

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 1 - 2021 è stato licenziato per la stampa il 29/1/2021



Editoriale

La passione continua… di G ENNARO IANNUCCILLI, foto S. G IANNETTI

“N

uove distanze ci riavvicineranno…” Ho deciso di iniziare questo editoriale con il verso di una famosa canzone, “Diamante” scritta da Francesco De Gregori e portata al successo da Zucchero, che riascoltata casualmente in radio mi ha fornito l’ispirazione a scrivere queste righe. Le “nuove distanze” sono quelle alle quali ci siamo dovuti adeguare obtorto collo in questo ultimo anno flagellato dal diffondersi della pandemia da Covid-19, che ci ha costretti a un isolamento talmente inusuale per la nostra vita quotidiana da generare stati di depressione, ansia e preoccupazione ai quali non credevamo di essere soggetti quantomeno con questa intensità. Il semplice fatto di non poter più vedere, frequentare i nostri abituali amici, senza parlare dei congiunti, ci ha condotto in una surreale situazione alla quale non ci siamo ancora abituati. Lo sappiamo bene noi, da sempre “contagiati” e “portatori sani” di una fervida passione che, nella maggior parte dei casi, ci porta a vivere con le nostre associazioni di appartenenza, con i nostri amici/allevatori con i quali condividiamo il piacere dell’ornitologia sportiva, momenti di aggregazione di cui, in questa ultima stagione, ci siamo dovuti privare forzatamente.

Inutile ribadire quanto ci siano mancate le mostre, locali, regionali o internazionali. Credo di interpretare il pensiero della quasi totalità degli allevatori esprimendo il senso di frustrazione e di impotenza nel vedere, nei nostri allevamenti, i trasportini puliti, attrezzati e pronti per accogliere i soggetti selezionati per i concorsi ornitologici ai quali abbiamo sperato fino all’ultimo di partecipare. I nostri trasportini, quest’anno, sono rimasti vuoti e in noi si è generato un senso di rassegnazione che ha indotto, in taluni, anche l’orribile pensiero di abbandonare l’allevamento… ma ciò non deve accadere! Non dobbiamo farci prendere dallo sconforto, anche se comprensibile soprattutto per chi ha vissuto più o meno direttamente situazioni di pericolo per la propria salute e dei propri cari. Pensiamo, però, a quanto possa essere stato d’aiuto psicologico il fatto di doversi occupare giornalmente dei nostri pennuti, dedicandoci alle cure e agli accorgimenti nella loro stagione riproduttiva nonché nella delicata fase della muta. Ad occhi “estranei” sembrano cose di poca rilevanza ma, nella effettiva realtà, sappiamo bene il conforto morale che può derivare dal distogliere il pensiero – seppur per brevi periodi – da una quotidianità compromessa, ormai da mesi, a causa dell’emergenza sanitaria.

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Editoriale

Le “nuove distanze”, appunto, sperimentate coercitivamente da tutti noi, non potranno che generare una rinnovata spinta, un rinato entusiasmo verso il fare ornitologia con maggiore passione di prima. Credo proprio che, quando saremo definitivamente fuori dal tunnel o quando riusciremo almeno a distinguere chiaramente una luce alla sua fine, torneremo ancora più di prima a voler allevare, selezionare, esporre e – più in generale – partecipare ai nostri momenti di aggregazione preferiti: quelli in cui ci si confronta davanti ai soggetti in esposizione, commentando i risultati ottenuti o mancati, o magari trovandosi in mostra scambio a scegliere i tipi di uccelli idonei per migliorare il ceppo del nostro allevamento… Sono tutte immagini ben impresse nella nostra mente e nel nostro animo, non dobbiamo permettere che giacciano o sedimentino solo come malinconici ricordi ma dobbiamo tramutarle in azioni da mettere in pratica non appena ce ne verrà data occasione. Cercando di voler intravedere sempre qualcosa di positivo, seppur in momenti a dir poco preoccupanti, auspico un cambio di rotta da parte di coloro che si stavano progressivamente allontanando dalla vita associativa, magari per svogliatezza o perdita d’interesse verso attività che – da sempre – sono il fulcro del nostro movimento ornitologico. Ciò, in questi ultimi anni, ha causato anche la migrazione di alcuni iscritti dalle proprie realtà territoriali verso associazioni site in località lontane dal proprio raggio d’azione ma più “ammiccanti” esteriormente. Bisognerà, a mio avviso, recuperare il senso di appartenenza e partecipazione sul territorio per poter raggiungere concreti traguardi che riguardano l’essenza del nostro hobby: think globally, act locally (pensa a livello globale, agisci a livello locale) - come sostengono gli angloamericani.

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Chi non ha mai partecipato all’organizzazione di una mostra, seppur piccola, o di un evento ornitologico, seppur di natura locale, non può comprendere il sottile piacere di “essere parte” di un gruppo dedito alla realizzazione di un qualcosa che possa essere gradito e apprezzato dagli “altri” appassionati. Stesso dicasi per le attività svolte dai giudici, i quali si prodigano con forte abnegazione per andare a svolgere un servizio alla comunità ornitologica per la sola, ma impagabile, soddisfazione di apprezzare e premiare i soggetti esposti dagli allevatori nelle mostre, dopo tanto impegno profuso nelle fasi della stagione riproduttiva. Per non parlare dei momenti in cui ci si prepara per andare a esporre i soggetti selezionati, organizzandosi con i propri amici per viaggiare in compagnia e raggiungere le destinazioni delle mostre prescelte, sospinti da tante aspettative e tanta condivisione di sensazioni uniche. Noi allevatori, in fondo, siamo persone semplici che, al di là del rispettivo ruolo ricoperto in ambito ornitologico, si nutrono di queste attività capaci di generare, però, un incalcolabile indotto di passione, amicizia e calore umano: una vera ricchezza che poche altre cose nella vita possono creare. Con l’augurio che il 2021 sia davvero foriero di un “nuovo riavvicinamento”, per una rigenerata voglia di essere ancor più protagonisti e coinvolti in tutti gli aspetti contemplati dall’allevamento amatoriale e sportivo, partendo dalla partecipazione – in presenza – alla vita associativa, centro e motore della nostra amata passione ornitologica.


CANARINI DI COLORE

Espressioni fenotipiche nel Canarino Nero Perla Aggiornamenti sulla mutazione: facciamo un po’ di chiarezza della C.T.N. CANARINI DI COLORE, foto A.J. SANZ, B. ZAMAGNI

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el numero 3/2020 della rivista è stato pubblicato un articolo abbastanza esaustivo sulla mutazione Perla ricostruendone le origini, relazionando sui risultati selettivi conseguiti dagli allevatori e fornendo chiarimenti sui progetti di lavoro e di studio della Commissione Tecnica. Consigliando un’attenta rilettura dell’articolo in questione, è d’obbligo rammentare che in quell’occasione è stata riservata ampia attenzione alle due principali espressioni fenotipiche: - Il cosiddetto tipo “patinato”, riconosciuto nello standard ufficiale e proposto per il riconoscimento a livello OMJ; - Il tipo striato, caratterizzato da un disegno nettamente percettibile su un fondo melanizzato con color point che interessano l’apice delle remiganti e delle timoniere. Abbiamo scritto, e lo ribadiamo con la stessa convinzione, che il tipo patinato risulta essere il più interessante

Nero perla striato bianco dominante, foto: A. J. Sanz

Il tipo patinato risulta essere il più interessante in quanto rispetta i due criteri che devono ispirare la selezione

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in quanto rispetta i due criteri che devono ispirare la selezione: l’azione della mutazione sulle melanine e la massima differenziazione rispetto agli altri tipi riconosciuti. È fin troppo evidente che, nel panorama dell’attuale canaricoltura di colore, connotata da talune situazioni di problematica distinzione di alcuni tipi ammessi a concorso, il Nero Perla patinato è un canarino assolutamente originale. Si coglie l’occasione per informare che a breve il testo (e solo il testo!) dello standard approvato nel 2018 sarà sostituito, per comprensibili ragioni di coerenza, con quello elaborato in occasione della richiesta di avvio del procedimento di riconoscimento in OMJ. Nella sostanza non cambia nulla: l’uno e l’altro standard “dipingono” lo stesso canarino; il secondo è più preciso e contiene indicazioni su come valutare talune espressioni fenotipiche che verosimilmente andranno a caratterizzare il canarino nei prossimi anni. Per quanto concerne il fenotipo Nero Perla Mosaico Rosso maschio, foto: A. J. Sanz

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La Commissione Tecnica ha espresso in maniera chiara e inequivocabile la sua posizione impegnandosi a seguirne gli sviluppi selettivi

striato, sempre nello stesso articolo, la Commissione Tecnica ha espresso in maniera chiara e inequivocabile la sua posizione impegnandosi a seguirne gli sviluppi selettivi con serietà e attenzione, in un confronto con gli allevatori scevro di preconcetti. Inutile stare a rielencare le occasioni perse a causa di atteggiamenti di connotazione opposta, che hanno lasciato fuggire dalla finestra mutazioni apparse nei nostri allevamenti

per farle rientrare sotto altra bandiera. L’istituzione della categoria “Nuove mutazioni, nuovi tipi in studio e nuove linee selettive”, come sarà spiegato in maniera più dettagliata in un prossimo articolo, è stata istituita e architettata proprio con la finalità precisa di consentire un più diretto contatto con le novità della canaricoltura di colore, favorendo un discernimento tra ciò che merita attenzione e incoraggiamento e ciò che va stroncato senza esitazione. La predisposizione di uno standard, la compilazione di un regolare cartellino di giudizio da parte dei componenti della CTN o di altri colleghi che intendano partecipare al progetto, e l’inserimento nelle classifiche con relativa premiazione dei soggetti meritevoli, rappresentano uno stimolo per gli allevatori e una ventata di novità per le mostre nazionali più importanti. Il Perla Striato è appunto uno di quei

Nero Perla Mosaico Rosso maschio, foto: A. J. Sanz


canarini che saranno giudicati con questa modalità nella stagione mostre 2021, avendo come punto di riferimento uno standard regolarmente approvato. Su quali basi poggia questo standard? Il punto di partenza è il proficuo incontro con gli allevatori avvenuto in occasione del Campionato Italiano 2019 di Bari che ha consentito alla CTN di osservare un interessante gruppo di canarini e di dialogare in maniera costruttiva con gli allevatori presenti. Successivamente, abbiamo accolto favorevolmente il risultato del lavoro svolto dagli allevatori Bertarini, De Marinis e Garanzini che hanno costituito il comitato promotore per il riconoscimento dello standard del Perla a livello OMJ e che, in una loro relazione che di seguito si trascrive, hanno individuato i caratteri tipici di questo canarino. “I canarini Nero Perla di tipo 2 sono caratterizzati dall’azione di un fattore di

Su quali basi poggia questo standard? Il punto di partenza è il proficuo incontro con gli allevatori avvenuto in occasione del Campionato Italiano 2019 di Bari

riduzione che agisce su un tipo base conformato da un gruppo di fattori additivi di melanizzazione (di incremento e/o di riduzione) diversi da quelli del tipo 1. Ne consegue una importante riduzione della melanizzazione della interstria ed il mantenimento del disegno diluito in una tonalità di colore grigio-perla, nettamente percettibile. Nella livrea del primo anno, le punte di remiganti e timoniere che presentano la melanizzazione del piumaggio da nido, si

manifestano molto più scure. Quanto più il disegno è ben conformato, meno appare la melanizzazione della fronte che caratterizza il tipo 1. Becco e zampe si presentano melanizzati, l’occhio appare nero, mentre il sotto piuma è grigio chiaro.” La Commissione Tecnica, dunque, sulla scorta dell’esame dei soggetti visionati e prendendo atto di quanto relazionato dal comitato promotore, ha ritenuto opportuno elaborare un uno standard ufficiale (pur caratterizzato da un ovvio connotato di provvisorietà) che, in una fase iniziale e nelle more dell’acquisizione di ulteriori informazioni, sarà utilizzato per il giudizio che avverrà nelle principali mostre nazionali nelle modalità precedentemente descritte. Lo standard si presta, altresì, a costituire un punto di riferimento per tutti gli allevatori impegnati nella selezione della mutazione in oggetto, comparsa, individuata e selezionata in un allevamento italiano.

Standard elaborato e approvato dalla Commissione Tecnica Punti a disposizione 30 Valutazione

Descrizione

Punti

L’eumelanina ridotta forma un disegno continuo ed evidente di tonalità grigio perla che, su un fondo leggermente melanizzato, contrasta con gli apici di remiganti e timoniere interessati da eumelanina di tonalità di grigio molto scuro. OTTIMO

Grandi copritrici (non mutate) delle remiganti primarie grigio scurissimo.

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Tracce di melanina bruna appena percettibili. Becco, zampe e unghie melanizzate, anche se lo stato attuale della selezione non ha raggiunto livelli pari al tipo base. Espressione e conformazione del disegno eumelaninico leggermente inferiore alla caratterizzazione dell’ottimo ma che evidenzia tipicità e netta differenziazione rispetto al Perla tipo 1. BUONO

Grandi copritrici delle remiganti primarie grigio scuro (non mutate).

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Lievi tracce di melanina bruna. Becco, zampe e unghie presentano melanizzazione apprezzabile. Riduzione eumelaninica e conformazione del disegno sufficienti a identificare il tipo. Scarso contrasto con gli apici di remiganti e timoniere. Riduzione della ampiezza o dello scurimento degli apici melanizzati. SUFFICIENTE

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Grandi copritrici delle remiganti primarie chiare. Evidente riduzione della melanizzazione delle parti cornee. Tracce evidenti di melanina bruna. Eccessiva riduzione del disegno eumelaninico in soggetti che tendono al tipo 1 o che si confondono con altri tipi (soprattutto opale).

INSUFFICIENTE Tracce molto evidenti di melanina bruna.

23-18

Becco e zampe carnicini.

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Carpodaco messicano albino x Canarina Perla, foto: B. Zamagni

Indicazioni a supporto del giudizio: I difetti che in questi canarini comportano penalizzazioni rispetto alla valutazione “ottimo” sono i seguenti: · Timoniere, remiganti e grandi copritrici mutate · Presenza evidente di melanina bruna · Melanizzazione delle parti cornee inferiori al tenore previsto per la valutazione “ottimo” · Disegno eumelaninico non conforme allo standard A seconda della rilevanza e del numero complessivo dei difetti evidenziati, la valutazione comporterà l’attribuzione di punteggi che vanno dal buono all’insufficiente. I soggetti tendenti al tipo 1 o all’opale saranno valutati insufficienti. Recenti scoperte riguardanti la mutazione Perla Nel 2019, l’amico Gianmaria Bertarini ci aveva informati del test di ibridazione effettuato tra Lucherino Testa

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Carpodaco messicano albino x Canarina Perla brinato, foto: B. Zamagni

La dimostrazione dell’allelicità delle due mutazioni è così fondata su un metodo scientifico puntuale in ogni sua fase Nera Albino e Canarina Perla, avendo ipotizzato l’allelicità tra la mutazione Perla e questa forma di albinismo apparsa nello Spinus e nel Carpodaco Messicano. Si tratta di una forma di albinismo, probabilmente tirosinasi negativa, che non corrisponde a nessuna delle forme di albinismo apparse nel Canarino. Ebbene il risultato è stato un F1 mutato. Al fine di evitare ulteriore confusione in un contesto generale in cui le voci degli scettici e dei disinformati hanno ostacolato la corretta informazione sul Perla, generando un senso di fastidioso disorientamento, abbiamo

preferito non divulgare immediatamente il risultato del test e attendere un ulteriore riscontro. Il riscontro ci è stato offerto da Bruno Zamagni con la realizzazione di ibridi mutati tra Carpodaco Messicano Albino e Canarina Perla. La dimostrazione dell’allelicità delle due mutazioni è così fondata su un metodo scientifico puntuale in ogni sua fase. Per il lavoro di ricerca effettuato e per la preziosa collaborazione con la CTN, sentiamo il dovere di ringraziare Gianmaria Bertarini e Bruno Zamagni. Quest’ultimo ci ha fornito una importante e gradevole documentazione fotografica dei risultati conseguiti. Le bellissime immagini non hanno bisogno di alcun commento. È appena il caso di chiarire che volutamente abbiamo usato i termini “Albino” e “Albinismo” più corretti da un punto di vista scientifico: Lutino e Rubino sono definizioni adottate unicamente in ornitofilia.


CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

L’Arricciato Padovano Corsi e ricorsi storici di C.T.N.-C.F.P.A., foto foto CRITERI GIUDIZIO CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI ed. 2020

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n Olanda, verso il 1700, nacquero i primi canarini arricciati; da quel momento iniziò la selezione che diede origine alle razze arricciate esistenti. L’Arricciato Padovano nacque da incroci tra più razze; durante i tentativi di creazione, alcuni allevatori di canarini “Milanbianco” di Padova e provincia, pensarono di inserire il ciuffo in questa razza. A questo proposito, si ipotizza che le origini dell’Arricciato Padovano siano derivate dall’accoppiamento tra quei canarini arricciati e soggetti di razza inglese ciuffati (Lancashire, Crest). Inizialmente fu data molta importanza ai soggetti con ciuffo melaninico. Il Sig. Zanovello, allevatore della provincia di Padova, fu il primo a selezionare e fissare i caratteri genetici di questa razza, alla quale diede il nome della sua Città, definendo la nuova creazione “Arricciato Padovano”. Nel 1974, in occasione del Campionato Mondiale di Antibes, fu riconosciuta come nuova razza; purtroppo il riconoscimento avvenne solo per il canarino ciuffato e non per il soggetto testa liscia, il quale fu riconosciuto dalla C.O.M. solo nel 1980 grazie a due grandi dell’ornitologia Italiana: il giudice Luigi Sansone, grande estimatore ed allevatore di questa razza, che con i suoi articoli descrisse minuziosamente le caratteristiche del Padovano, ed il Dott. De Baseggio, che divulgò lo standard descritto da Sansone attraverso articoli sul “Giornale degli Uccelli”. L’Arricciato Padovano è una delle tante razze italiane arricciate presenti

nel mondo dell’ornitologia internazionale, quindi orgoglio della nostra Nazione e degli estimatori di questa razza, del Club del Padovano e delle

CC.TT.NN. che nel tempo si sono succedute. Come in altre razze, anche nel Padovano è prevista la doppia categoria

Arricciato padovano testa ciuffata

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Padovano testa liscia

(T.L e T.C) anche se, generalmente, i testa liscia sono quasi sempre considerati di secondo livello rispetto ai testa ciuffata. Ma gli allevatori di Padovani e gli estimatori di questo canarino sanno benissimo che non è così. In allevamento, dove per mantenere le caratteristiche tipiche della razza, occorre portare avanti una rigida selezione accoppiando solo soggetti in purezza, raccomandiamo di evitare qualsiasi utilizzo di soggetti di altre razze che ne inquinerebbero inesorabilmente il patrimonio genetico. A questo proposito, purtroppo, abbiamo notato che molti soggetti presentano una testa molto simile a quella del-

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Nel 1974, in occasione del Campionato Mondiale di Antibes, fu riconosciuta come nuova razza

l’Arricciato Parigino. Nella razza Padovano T.L. le piume dei due lati del pileo della testa si espandono fino a costituire i ”sopraccigli” che si trovano nella posizione anteriore sopra l’occhio, che viene in parte coperto, e si fondono con la parte posteriore formando una sporgenza che conferisce

al Padovano T.L. “l’occhio da rapace”. La CTN organizzerà nel prossimo anno mostre 2021 (covid-19 permettendo) alcuni incontri con allevatori, giudici ed estimatori di questo magnifico Arricciato Padovano, per lo studio e la discussione delle sue principali caratteristiche. Oggi possiamo ritenerci fortunati nell’avere uno standard ben definito con una descrizione estremamente dettagliata nei criteri di giudizio della F.O.I. Testa collo e collare: ciuffo centrato simmetrico ed ampio fino a ricadere su becco ed occhi. Soggetto testa liscia, testa di massima larghezza con sopracciglia evidenti. Collo: in ambo i casi il collo deve essere liscio, robusto, provvisto alla base di collarino possibilmente completo, accettabile il collarino limitato alla parte anteriore del collo. L’assenza completa del collarino o un collarino appena accennato, non danno la possibilità al soggetto di raggiungere il premio d’onore. La taglia: il Padovano messo a confronto con l’Arricciato del Nord, che è la razza che più gli si avvicina, deve essere più voluminoso e pieno, in modo da apparire più grande. Naturalmente a ciò concorrono in buona misura il collare, l’addome piumoso e le culotte abbondanti, ma anche il contrasto tra le varie arricciature principali, che è meno netto di quello del suo confratello. La taglia deve essere di 18 cm. Portamento molto eretto, testa, tronco e coda in linea, angolatura sull’orizzontale di circa 65°, piumaggio serico, voluminoso, composto, spalline ben spartite e voluminose estese a tutto l’alto dorso. Fianchi voluminosi, sostenuti, simmetrici, rivolti verso l’alto fino ad oltrepassare il margine delle spalline. Jabot voluminoso, simmetrico, con le piume che dai lati convergono al centro tendendo a salire verso l’alto senza richiudersi, importante lo stacco tra jabot e addome. Ali che non si incrociano, aderenti al corpo con penne integre. Arti inferiori in buona estensione, con piumaggio aderente, imbracatura evidente che lascia un quarto di gamba visibile. Le unghie piegate normali, quelle che tendono ad attorcigliarsi saranno penalizzate. Coda dritta, omogenea,


Lo scopo dell’attuale C.T.N. è quello di valorizzare, selezionare ed allevare cercando di annullare le criticità

completa, proporzionata al corpo, non forcuta, piume di gallo evidenti. La gabbia da esposizione sarà: frontale 40 cm., altezza 30 cm., profondità 25 cm., con n° 2 posatoi di 12 mm. posti all’altezza di 11 cm., anello F.O.I. tipo X. Tutti i colori sono ammessi. Lo scopo dell’attuale C.T.N. è quello di valorizzare, selezionare ed allevare cercando di annullare le criticità, avvicinandosi quanto più possibile allo standard dei criteri di giudizio, avendo constatato che si allevano ed ingabbiano nelle mostre molti soggetti distanti da quelli che sono gli standard. Ciò premesso, ci vorrà un grosso impegno da parte di tutti gli esperti del settore per eliminare le problematiche e migliorare la tipicità; Sicuramente, se la strada si percorrerà insieme - C.T.N., Club, Allevatori e Giudici - gli obiettivi si raggiungeranno sicuramente. Padovano testa liscia

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

C.T.N.-E.F.I. nuove regole per il futuro di CARMELO MONTAGNO (Presidente C.T.N.-E.F.I.), foto S. OLGIATI e A.J. SANZ

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a Stagione Mostre 2020 ce la ricorderemo a lungo come la più nefasta del XXI secolo. Non credo ci saranno molti riferimenti nostalgici degli Italiani per il 2020. La pandemia da COVID-19 a livello mondiale è stata la causa di annullamento di quasi tutte le manifestazioni ornitologiche a carattere Nazionale ed Internazionale. Anche le riunioni in presenza degli organi tecnici Federali ne hanno risentito, essendo state annullate quasi del tutto. L’unico spunto positivo tratto da questa catastrofe mondiale, è stato il processo di digitalizzazione, registrato in quasi tutti i settori, artefice di una notevole accelerazione, e che avrà certamente un impatto favorevole sull’economia mondiale, nell’immediato futuro. Obbligati da questo storico evento, abbiamo imparato ad utilizzare la tecnologia con una velocità tale che mai nessuno avrebbe immaginato. Questi insegnamenti, in futuro, faranno parte di noi e ci serviranno principalmente per accorciare le distanze fra Nord e Sud. Nel frattempo, sono state ratificate una serie di Delibere della CTN-EFI, cui mi onoro di rappresentare, che avranno certamente lo scopo di apportare ulteriore novità e qualità al nostro Hobby. Crediamo fortemente in queste ulteriori nuove iniziative e siamo fiduciosi sul fatto che, a breve termine, produrranno nuova linfa propositiva per il nostro mondo ornitologico, di cui nutriamo la consapevolezza di rivestire un ruolo attivo e responsabile.

Prima di passare in rassegna le novità proposte, riteniamo sia doveroso ringraziare sia il CDF-FOI che ha saputo mostrare sensibilità ed interesse ratificando le nostre Delibere, ma anche il nostro Presidente di Collegio Gianni Ficeti, collaboratore molto preparato tecnicamente, sempre disponibile e attento nelle azioni che lo vedono coinvolto insieme a noi componenti della CTN, a supportare e guidare le nostre Delibere ai fini della ratifica finale.

Diametro anelli, rivisitazione elenco ufficiale FOI per il 2021 La CTN-EFI, per la stagione mostre 2021, delibera di variare il diametro anello per le seguenti specie: 1) Averla piccola (Lanius collurio), dall’attuale diametro tipo B (diametro interno 2,9 mm) passa al Diametro tipo X (diametro interno 3,1 mm) 2) Calandra nera (Melanocorypha yeltoniensis), dall’attuale diametro tipo B (diametro interno 2,9

Lucherino T.N. topazio maschio, foto: S. Olgiati

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3)

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mm) passa al Diametro tipo X (diametro interno 3,1 mm) Cappellaccia comune (Galerida cristata), dall’attuale diametro tipo B (diametro interno 2,9 mm) passa al Diametro tipo X (diametro interno 3,1 mm) Fringuello alpino europeo (Montifringilla nivalis), dall’attuale diametro tipo B (diametro interno 2,9 mm) passa al Diametro tipo X (diametro interno 3,1 mm) Torcicollo (Jynx torquilla), dall’attuale diametro tipo B (diametro interno 2,9 mm) passa al Diametro tipo X (diametro interno 3,1 mm) Diamante Guttato (Stagonopleura guttata), dall’attuale diametro tipo Y (diametro interno 2,7 mm) passa al Diametro tipo B (diametro interno 2,9 mm) Lucherino Barbato (Spinus barbata), dall’attuale diametro tipo A (diametro interno 2,4 mm) passa al Diametro tipo Y (diametro interno 2,7 mm) Botton d’oro (Sicalis flaveola) tutte le 5 sottospecie escluso la

Cardinalino del Venezuela diluito s.f. femmina, foto: A.J. Sanz

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pelzelni (avente taglia decisamente inferiore), dall’attuale diametro tipo Y (diametro interno 2,7 mm) passa al Diametro tipo B (diametro interno 2,9 mm) 9) Donacola pettocastano (Lonchura castaneothorax), dall’attuale diametro tipo A (diametro interno 2,4 mm) passa al Diametro tipo Y (diametro interno 2,7 mm) Regola generale per anellare ed esporre gli ibridi con il parentale canarino La CTN-EFI, a partire dalla stagione mostre 2020, delibera di porre in essere la seguente regola: tutte le attuali categorie a concorso collocate nella sezione G e dedicate agli ibridi con il canarino, sono da intendersi generate con il parentale Canarino di Colore e pertanto in futuro non potranno più essere esposti all’interno di queste categorie, gli ibridi generati con il parentale canarino diverso dal Canarino di colore (Canarini di Forma e Posizione Lisci, Arricciati e Canarini da Canto). Inoltre al fine di permettere la esposizione a concorso di

ibridi generati con il parentale Canarino diverso dal Canarino di Colore, viene creata una nuova categoria a concorso, sia per le Categorie riservate alle Mostre Ornitologiche Nazionali, che per quelle riservate ai Campionati Regionali ed Italiani, collocata all’interno della sezione G, denominata: IBRIDI DI FRINGILLIDE (EUROPEO ED ESOTICO) X CANARINO DIVERSO DAL CANARINO DI COLORE (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) Inoltre i soggetti Ibridi generati con il parentale Canarino diverso dal Canarino di Colore, dovranno essere anellati secondo regola generale per l’inanellamento degli ibridi (vedi scheda redatta dalla CTN-EFI ed aggiornata a Luglio 2018) in funzione del diametro anello assunto dai due parentali. Proposte di Modifica categorie a Concorso – Ibridi Femmine La CTN-EFI, a partire dalla stagione mostre 2020, delibera di istituire le seguenti nuove categorie a concorso dedicate agli Ibridi di sesso femminile, sia per le Categorie ri-

Lucherino T.N. diluito s.f. maschio, foto: S. Olgiati


servate alle Mostre Ornitologiche Nazionali, che per quelle riservate ai Campionati Regionali ed Italiani, collocate all’interno sia della sezione F che della sezione G secondo il seguente schema: Mostre Ornitologiche Nazionali e Campionati Regionali ed Italiani SEZIONE F • IBRIDI DI SESSO FEMMINILE CON IL DIAMANTE MANDARINO (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) • ALTRI IBRIDI TRA ESTRILDIDI DI SESSO FEMMINILE (TRANNE QUELLI CON IL DIAMANTE MANDARINO) ANCHE A FENOTIPO MUTATO SEZIONE G • IBRIDI DI SESSO FEMMINILE FRA FRINGILLIDI EUROPEI X CANARINO (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) • IBRIDI DI SESSO FEMMINILE FRA FRINGILLIDI ESOTICI X CANARINO (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) • IBRIDI DI SESSO FEMMINILE FRA FRINGILLIDI EUROPEI (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) • IBRIDI DI SESSO FEMMINILE FRA FRINGILLIDI ESOTICI (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) • IBRIDI DI SESSO FEMMINILE FRA FRINGILLIDI ESOTICI X EUROPEI (ANCHE A FENOTIPO MUTATO) Si precisa, inoltre, che gli ibridi dal sesso incerto (che non hanno dimorfismo sessuale) dovranno continuare ad essere esposti nelle categorie generiche che attualmente sono loro dedicate, e ciò anche per evitare che ibridi generati da medesime specie parentali, possano essere esposti casualmente nell’una o nell’altra categoria a concorso.

mutazione Testa Bianca, di rendere possibile l’esposizione a concorso anche nelle combinazioni con la mutazione Bruno e con la mutazione Agata, oltre alla ulteriore sovrapposizione di mutazioni del Lipocromo (Cardellino Testa Bianca Bruno Giallo, oppure Cardellino Testa Bianca Agata Giallo), delibera di rendere possibile l’esposizione a concorso del Cardellino Testa Bianca anche nelle combinazioni con la mutazione Pastello e con la mutazione Opale, oltre alla ulteriore sovrapposizione di mutazioni del Lipocromo (Cardellino Testa Bianca Pastello Giallo, oppure Cardellino Testa Bianca Opale Giallo). Pertanto le precedenti limitazioni di multi-sovrapposizione di Mutazione che contenevano delle ECCEZIONI, assumono il seguente nuovo indirizzo: • Cardellino si accettano massimo due mutazioni di Melanine combinate E SOVRAPPOSTE AD UNA MUTAZIONE DEL LIPOCROMO, con la eccezione della mutazione Testa Bianca che può essere accettata solo su base Nero-bruno,

Bruna, Agata, Pastello, Opale, combinata in SOVRAPPOSIZIONE CON UNA MUTAZIONE DEL LIPOCROMO. Colorazione Ibridi generati da parentali: Fattore Giallo x Fattore Rosso La CTN-EFI a parziale modifica della regola vigente (Delibera N°9 del 2018 -Verbale di Riunione del 09/06/2018, ratificata dal CDF-FOI in data 24 Novembre 2018) delibera per il futuro quanto segue: • SI MODIFICA la regola esistente che riguarda l’accoppiamento fra 2 soggetti con differente lipocromo (giallo x rosso). In questo caso la colorazione artificiale (rossa) agli ibridi generati, può essere applicata o meno (a discrezione dell’allevatore). Proposte di Modifica categorie a Concorso La CTN-EFI, a partire dalla stagione mostre 2020, delibera di porre in essere le seguenti modifiche alle categorie a concorso:

Lucherino diluito s.f. femmina, foto: S. Olgiati

Esponibilità a concorso del Cardellino Testa Bianca (Eccezioni e Deroghe per le combinazioni di mutazioni) La CTN-EFI, in prosecuzione di quanto già deliberato con Verbale di Riunione del 15/12/2018 (ratificato dal CDF-FOI in data 5-6-7/Aprile/2019), ove è stato disposto per il Cardellino

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Lucherino diluito s.f. maschio, foto: S. Olgiati

Diamante Mandarino Toy - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - le due precedenti categorie a concorso vengono sostituite dalle seguenti quattro, creando quindi una nuova categoria sia per i Maschi che per le Femmine - DIAMANTE MANDARINO TOY MASCHIO GRIGIO, BRUNO, DORSO CHIARO (SU BASE GRIGIA E BRUNA) E MASCHERATO (SU BASE GRIGIA E BRUNA) - DIAMANTE MANDARINO TOY MASCHIO ALTRE MUTAZIONI E COMBINAZIONI AMMESSE NON DIVERSAMENTE ELENCATE - DIAMANTE MANDARINO TOY FEMMINA GRIGIO, BRUNO, DORSO CHIARO (SU BASE GRIGIA E BRUNA) E MASCHERATO (SU BASE GRIGIA E BRUNA) - DIAMANTE MANDARINO TOY FEMMINA ALTRE MUTAZIONI E COMBINAZIONI AMMESSE NON DIVERSAMENTE ELENCATE

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Genere Amadina (Gola Tagliata e Amadina Testa Rossa) - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - la precedente unica categoria a concorso esistente viene sostituita dalle seguenti quattro (due dedicate al Gola Tagliata e due all’Amadina Testa Rossa) - GOLA TAGLIATA (Amadina fasciata) - GOLA TAGLIATA MUTATO - AMADINA TESTA ROSSA (Amadina erythrocephala) - AMADINA TESTA ROSSA MUTATO Becco d’Argento - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - la precedente categoria a concorso BECCO D’ARGENTO MUTATO, viene sostituita dalle seguenti due - BECCO D’ARGENTO VENTRE SCURO E COMBINAZIONI AMMESSE - BECCO D’ARGENTO ALTRE MUTAZIONI E COMBINAZIONI AMMESSE NON DIVERSAMENTE ELENCATE Tordi, Merli e Storni Esotici - Mostre che riguardano il Campionato Italiano

e Regionale - la precedente categoria a concorso che li vedeva accomunati, viene sostituita dalle seguenti due - TORDI E MERLI ESOTICI (TURDIDAE, CINCLIDAE), - STORNI ESOTICI (STURNIDAE, FORMICARIIDAE) Cardinali (Genere Cardinalis appartenenti alla Famiglia dei Cardinalidae e Generi Gubernatrix e Paroaria appartenenti alla Famiglia dei Thraupidae) - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - dalla precedente categoria a concorso che li conteneva insieme agli Zigoli, ai Papi, alle Tangare ed altri, sono stati estrapolati i Cardinali per essere collocati in una nuova categoria di loro esclusiva competenza - CARDINALI (GENERE CARDINALIS DELLA FAMIGLIA CARDINALIDAE E GENERE GUBERNATRIX E PAROARIA DELLA FAMIGLIA THRAUPIDAE) UCCELLI DI PICCOLA E MEDIA TAGLIA INSETTIVORI, FRUGIVORI, GRANIVORI ESOTICI, NON APPARTENENTI ALLA FAMIGLIA DEI FRINGILLIDAE E DEGLI ESTRILDIDAE – la precedente categoria a concorso per le Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale nonché quella riguardante le Mostre Ornitologiche Nazionali - viene sostituita dalle seguenti due - UCCELLI DI PICCOLA TAGLIA INSETTIVORI, FRUGIVORI, GRANIVORI ESOTICI, NON APPARTENENTI ALLA FAMIGLIA DEI FRINGILLIDAE E DEGLI ESTRILDIDAE - UCCELLI DI MEDIA TAGLIA INSETTIVORI, FRUGIVORI, GRANIVORI ESOTICI, NON APPARTENENTI ALLA FAMIGLIA DEI FRINGILLIDAE E DEGLI ESTRILDIDAE Passero del Giappone - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - la precedente categoria a concorso riguardante il PASSERO DEL GIAPPONE ROSSOBRUNO, ROSSOGRIGIO, viene sostituita dalle seguenti due - PASSERO DEL GIAPPONE ROSSOBRUNO - PASSERO DEL GIAPPONE ROSSOGRIGIO La precedente categoria a concorso riguardante il PASSERO DEL GIAPPONE PERLA BRUNO E PERLA GRIGIO, viene sostituita dalle seguenti due


- PASSERO DEL GIAPPONE PERLA BRUNO - PASSERO DEL GIAPPONE PERLA GRIGIO Cardellino - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - la precedente categoria a concorso viene sostituita dalle seguenti due che tengono conto della differenza di taglia fra le specie cosiddette minori e quelle maggiori - CARDELLINO MAGGIORE (Carduelis carduelis frigoris - ex major) - CARDELLINO MINORE tutte le sottospecie (C.c.carduelis, C.c.britannica, C.c.parva, C.c.tschusii, C.c.balcanica, C.c.brevirostris (loudoni), C.c.colchica, C.c.volgensis, C.c.niediecki) escluso il frigoris La precedente categoria a concorso: CARDELLINO TUTTE LE ALTRE MUTAZIONI E SOVRAPPOSIZIONI AMMESSE COMPRESA LA GIALLO viene sostituita dalle seguenti due - CARDELLINO GIALLO SU BASE NERO BRUNO - CARDELLINO TUTTE LE ALTRE MUTAZIONI E COMBINAZIONI AMMESSE NON DIVERSAMENTE ELENCATE Organetto - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - la precedente categoria a concorso ORGANETTO (Acanthis flammea) viene sostituita dalle seguenti due che tengono conto della differenza etologica e morfologica esistente fra le 5 sottospecie di Organetti - ORGANETTO SOTTOSPECIE cabaret (Acanthis flammea cabaret) e flammea (Acanthis flammea flammea) - ORGANETTO TUTTE LE ALTRE SOTTOSPECIE NON DIVERSAMENTE ELENCATE rostrata (Acanthis flammea rostrata), exilipes (Acanthis flammea exilipes), hornemanni (Acanthis flammea hornemanni) Fringuello - Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - in considerazione del fatto che per due anni di seguito, durante lo svolgimento degli ultimi due Campionati Italiani di Ornitologia (Parma 2018 e Bari 2019), non sono stati esposti soggetti nelle due categorie a concorso FRINGUELLO MASCHIO MUTATO e FRINGUELLO FEMMINA MUTATO, se ne dispone il

Cardinalino del Venezuela diluito s.f. maschio foto: A.J. Sanz

loro accorpamento creando un’unica categoria a concorso per i Fringuelli mutati senza distinzione di sesso - FRINGUELLO (Fringilla coelebs) MASCHIO E FEMMINA MUTATO Ibridi Mostre che riguardano il Campionato Italiano e Regionale - si dispone di inserire nella sezione G due nuove categorie a concorso denominate - VERDONE (Chloris chloris) X ALTRI FRINGILLIDI (ESCLUSI: CANARINO, SERINUS ESOTICI E CRITHAGRA E SPINUS ESOTICI) - VERDONE (Chloris chloris) X ALTRI FRINGILLIDI (ESCLUSI: CANARINO, SERINUS ESOTICI E CRITHAGRA E SPINUS ESOTICI) A FENOTIPO MUTATO Mostre Nazionali - si dispone di inserire nella sezione G una nuova categoria a concorso denominata - VERDONE (Chloris chloris) X ALTRI FRINGILLIDI (ESCLUSI: CANARINO, SERINUS ESOTICI E CRITHAGRA E SPI-

NUS ESOTICI) ANCHE A FENOTIPO MUTATO Canarino selvatico La CTN-EFI, a partire dalla stagione mostre 2020, al fine di indirizzare correttamente la selezione del Canarino selvatico ed in netta divergenza con gli indirizzi selettivi del canarino di colore, delibera di non ammettere a concorso: - Canarini selvatici dal fenotipo mutato - Qualunque Ibrido generato con il parentale Canarino selvatico Ancestrale La CTN-EFI, a partire dalla stagione mostre 2020, delibera di rimuovere l’aggettivo ANCESTRALE attualmente presente nella descrizione delle categorie a concorso per le Mostre Nazionali che per quelle che riguardano il Campionato Italiano e Regionale AugurandoVi una buona lettura, Vi invito a proporre utili suggerimenti tendenti ad apportare nuova linfa al nostro Hobby.

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CANARINI DI COLORE

La feomelanina nei canarini

La feomelanina è maggiore nella femmina; trattasi di regola generale, con pochissime eccezioni

di GIOVANNI CANALI E DIEGO CROVACE, foto E. DEL POZZO, P. ROCHER e F.O.I.

S

iamo stati indotti a redigere questo articolo poiché, da un po’ di tempo, vengono formulate teorie, peraltro non debitamente documentate, secondo le quali la presenza di feomelanina nel canarino è messa in discussione. Sebbene siamo disposti a considerare qualsiasi tesi, purché tecnicamente e/o scientificamente argomentata, il dubbio sull’argomento, a nostro avviso, è infondato.

Bruno pastello bianco recessivo

Ad onor del vero, non tutte le posizioni hanno un atteggiamento assolutistico rispetto a questo tema; alcune sono intermedie e rispetto a queste ultime registriamo anche considerazioni plausibili e meno intransigenti, su cui si potrebbero intavolare utili discussioni che andrebbero però supportate da idonei riscontri scientifici che, al momento, latitano. La presenza della feomelanina nei canarini ci sembra palese e non solo at-

traverso un’attenta osservazione degli stessi. Esistono studi, infatti, che ne hanno constatato la presenza; uno di questi è stato condotto dal professor Culzoni, pubblicato nel 1962. Detti studi hanno formato oggetto di uno dei due importantissimi convegni, tenutisi a Reggio Emilia, organizzati dalla S.O.R. Purtroppo siamo in possesso degli atti relativi al primo dei due eventi e non possediamo quelli relativi al-

Phaeo intenso rosso, foto: E. del Pozzo

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l’anno successivo. Lo studio svolto al riguardo era stato impreziosito e reso ancor più valido in quanto correlato ad aspetti che prendevano in considerazione anche la melanogenesi. Speriamo che chi dovesse avere gli atti di questo secondo evento, possa inviarli in F.O.I. Sarebbe molto interessante prenderne visione. La semplice osservazione, comunque, è molto indicativa. La feomelanina è maggiore nella femmina; trattasi di regola generale, con pochissime eccezioni, ed il bruno di origine feomelanica è maggiore in termini quantitativi nella femmina di canarino, come nella stragrande maggioranza delle specie. Il fenomeno è dovuto al fatto che, come segnalato in letteratura scientifica, la crescita della penna è più lenta nelle femmine e

Canarino selvatico, foto: P. Rocher

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questo favorisce il deposito della feomelanina (Trinkaus 1953). Per queste ragioni, se il bruno del canarino non fosse costituito anche di feomelanina, non potrebbe essere maggiore nelle femmine rispetto ai maschi, come invece è evidente. Sappiamo inoltre che vi sono specifiche localizzazioni dell’eumelanina e della feomelanina. Nel canarino è evidente che l’eumelanina, nella pars pennacea, pagina superiore, è principalmente concentrata al centro, nella rachide e attorno alla stessa, a formare il disegno. Mentre la feomelanina si colloca principalmente in periferia. Per rendere agevole la comprensione di queste semplici osservazioni, possiamo riferirci a due canarini che più d’altri esprimono i concetti esposti in precedenza: i Bruni portatori di Phaeo ed i Bruno Pastello.

Se il bruno del canarino non fosse costituito anche di feomelanina, non potrebbe essere maggiore nelle femmine rispetto ai maschi, come è evidente

Onde evitare sterili critiche al riguardo, non neghiamo la presenza nelle suddette mutazioni di granuli di eumelanina dispersa che, fuori dalle zone di convergenza, concorrono senz’altro a determinare il fenotipo, ma è fuori discussione che l’azione primaria nella definizione del “Tipo” dei citati canarini avviene ad opera della feomelanina. Che il bruno dato da eumelanina bruna sia presente già nel canarino selvatico è dato come fatto certo, tuttavia non visibile ad occhio nudo, poiché unito alla eumelanina nera. Diverso il caso della mutazione di isabellismo che trasforma l’eumelanina nera in bruna (dando il canarino bruno), tuttavia la differenza con la feomelanina bruna è evidente, poiché il bruno della feomelanina è molto più chiaro di quello dell’eumelanina bruna, che è di poco inferiore al nero, consentendo al disegno di essere evidente. Le osservazioni al microscopio ci hanno fornito elementi utili: - si può notare la componente di eumelanina bruna; - nelle penne di agata opale abbiamo notato che l’azzurrino non era più rilevabile; trattasi del resto di colore strutturale e non di pigmento. Si nota però la marcatura scura brunastra; - una penna di ara di colore blu appariva scura brunastra; - il bugiardino di un farmaco di color azzurro appariva tale anche sotto il microscopio. Sappiamo che blu, azzurro e violetto, colori strutturali, come da studi scientifici sono a base di eumelanina.


Bruno pastello mosaico rosso, foto: E. del Pozzo

Ora ci sembra logico ritenere che se la melanina bruna di periferia fosse data da eumelanina, negli opale (tipici e pigmentati) dovrebbe diventare azzurrina, mentre ciò non accade. Lo si nota benissimo nei bruni opale pigmentati (quelli veri) ove il disegno è azzurrino e la melanina di contorno non è affatto azzurrina, ma bruna, segno evidente che si tratta di feomelanina. Chi li avesse visti, forse ricorderà gli intermedi neri opale-onice, che avevano un tono azzurrino parziale, non solo nel disegno, ma anche fuori, segno evidente che la melanina in diffusione era eumelanina (causa la particolare mutazione onice). Il colore della feomelanina va dal marrone, anche abbastanza scuro, ma non quanto quello dell’eumelanina, fino al giallo, passando attraverso il rosso e l’arancio. Anche se queste tinte di solito non hanno la purezza delle analoghe lipocromiche. Talora, su certe fonti, si legge di feomelanina rossa e gialla, senza parlare di marrone o di marroncino, che è il

Phaeo brinato rosso, foto: E. del Pozzo

colore più tipico. Questa lacuna potrebbe essere data dal fatto che si parla di certe specie e non di altre. Ad esempio, quando si parla dell’uomo si parla molto di rosso, per via dei capelli rossi, e magari si omettono altri colori presenti in altre specie. Quando si naviga su internet bisogna consultare diversi siti e soprattutto non bisogna dimenticare i testi importanti, non sempre presenti in formato digitale ma, talvolta, solo cartaceo.

Il colore della feomelanina va dal marrone, anche abbastanza scuro, ma non quanto quello dell’eumelanina, fino al giallo, passando attraverso il rosso e l’arancio

Ad abundantiam facciamo notare che nei bruni con pochissimo disegno di eumelanina e moltissima feomelanina bruna (caso frequentissimo nei portatori di Phaeo) il bruno del disegno è comunque molto più scuro del marrone già scuro del resto della livrea, a dimostrazione delle diverse nature di tali pigmenti. Talora si è anche parlato di eumelanina bruna e di feomelanina bruna in base al colore, cioè marrone scuro nel primo caso e marrone meno scuro con toni rossicci nel secondo, anche quando tali pigmenti occupano la stessa posizione nella penna. Ebbene, secondo noi non si tiene conto abbastanza del fatto che le melanine hanno una trasmissione genetica poligenica o multifattoriale o quantitativa che dir si voglia, e quindi possono esserci differenze anche notevoli di colore. Inoltre la localizzazione, cioè il centro di convergenza, non è aspetto secondario. Di certo sarebbero interessanti ulteriori osservazioni eseguite da biologi, con l’ausilio di strumenti adeguati e idonei approfondimenti.

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VETERINARIO

Il vaiolo aviare nel Canarino: prevenzione e “cura” testo e foto di GIANLUCA TODISCO (*)

Prefazione Dopo un breve periodo di preoccupazione dovuto alla indisponibilità del vaccino contro il vaiolo del canarino, finalmente la casa farmaceutica Zoetis ha deciso di riprendere la produzione e rassicurare gli allevatori anche per il prossimo futuro. Notizia lieta in questo 2020 da dimenticare. A tal proposito è necessario più che mai ribadire che tutti gli allevamenti dovrebbero essere vaccinati, ma soprattutto vaccinati con l’unico vaccino al mondo riconosciuto come efficace, ovvero il Poulvac Canary Pox FOI. Tutti gli altri vaccini distribuiti sottobanco non sono efficaci e costituiscono un misero espediente con cui qualcuno vorrebbe trarre facile profitto, in particolare mi riferisco a fiale di dubbia provenienza estera. È chiaro che questo mercato parallelo, illegale, non solo non protegge dall’infezione perché inefficace, ma danneggia le tasche dell’allevatore ingenuo e dell’azienda produttrice che potrebbe, nuovamente, trovarsi costretta a ritirare dal commercio un prodotto che si vende poco. Covid-19 dovrebbe aver insegnato a tutti, soprattutto a chi non ha una formazione medico-scientifica, quanto sia difficile produrre un vaccino, quanti mesi e a volte anni siano necessari, quanti investimenti e strumentazioni occorrono prima di raggiungere il risultato,

È necessario più che mai ribadire che tutti gli allevamenti dovrebbero essere vaccinati con l'unico vaccino efficace

ma soprattutto quanto sia importante un vaccino per avere salva la vita; come facciano alcuni ingenui allevatori a credere che qualcuno se lo sia fatto

in casa, neanche fosse la crostata della nonna, rimarrà per sempre un mistero. Altro nervo scoperto, oggetto di mistero, è la convinzione che i canarini si possano vaccinare con il vaccino per polli; decine di volte è stato ribadito che il virus del vaiolo è speciespecifico, questo vuol dire che ogni animale ha il suo virus e in particolare il canarino può infettarsi solo con il virus del canarino, di conseguenza anche il vaccino deve necessariamente essere ottenuto dal virus del canarino e non del pollo né di alcuna altra specie aviare. Purtroppo, il basso prezzo del vaccino per polli è sufficiente a

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(*) Medico Veterinario, PhD. Specializzato in Fisiopatologia della Riproduzione degli Animali Domestici. Fiduciario FNOVI per la Chirurgia Aviare. Professore a contratto, Facoltà di Medicina Veterinaria, Teramo

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convincere alcuni allevatori che vada bene anche nel canarino, ma le illusioni sono diverse dalla realtà. Queste acquisizioni scientifiche rimangono valide fino a prova contraria: la specie canarino (Serinus canaria) può essere vaccinata esclusivamente con virus vaccinale del canarino. La vaccinazione effettuata con altri presidi non è efficace (*). Termino qui questa breve prefazione e con piacere vi ripropongo un mio articolo sull’argomento, sperando di fare cosa gradita e utile alla prevenzione di una delle maggiori minacce per l’allevamento del canarino.

microferite della cute, delle mucose o attraverso le prime vie respiratorie. Il contagio può avvenire per contatto diretto tra animale ammalato e animale sano, può essere veicolato da vettori ematofagi, soprattutto acari o per via indiretta attraverso attrezzature, gabbie, mangiatoie, beverini, ecc. Una caratteristica importante di questo virus è la sua resistenza allo stato secco, anche 15 mesi all’interno di feci essiccate.

Introduzione Il vaiolo aviare è una delle più frequenti e gravi malattie infettive ad eziologia virale del canarino (Serinus canaria). La malattia è cosmopolita e colpisce indipendentemente dall’età, dal sesso e dal momento funzionale. L’agente eziologico è Avipox serinae, un virus a DNA bicatenario di notevoli dimensioni che penetra attraverso

Diagnosi Dopo un periodo di incubazione di 430 giorni il vaiolo può manifestarsi in 4 diverse forme cliniche: iperacuta, respiratoria, difteroide e cutanea. La sintomatologia è variabile e più o meno grave, dalla morte improvvisa senza apparenti segni clinici (forma iperacuta) a lesioni cutanee, spesso autolimitanti, nella forma cutanea benigna (foto 1). Non di rado diverse forme cliniche possono coesistere nello stesso focolaio d’infezione, è pertanto possibile osservare nello stesso allevamento lesioni cutanee e

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uccelli con dispnea gravissima. La mortalità è detta a macchia di leopardo, vale a dire da zero a pochi esemplari al giorno per più giorni. In generale gli uccelli appaiono letargici, depressi e iporessici. La forma più frequente è quella cutanea, si presenta con croste intorno agli occhi (foto 2), al becco (soprattutto a livello del mento) (foto 3 e 4) e sugli arti pelvici (foto 5); molto raramente si osservano analoghe lesioni a livello di cute ricoperta da piumaggio. Le croste sono tondeggianti, rilevate, a margini irregolari e superficie scabrosa, di colore giallastro e consistenza dura;

Dopo un periodo di incubazione di 4-30 giorni il vaiolo può manifestarsi in 4 diverse forme cliniche

l’asportazione lascia un’area sanguinolenta. Un’altra sede piuttosto rara per la localizzazione delle lesioni vaiolose è l’estremità della lingua (foto 6), quest’ultimo tipo di lesione fu descritta dai primi osservatori come “lingua a pepita”. Sulla base dell’osservazione di queste lesioni macroscopiche si può avere il sospetto diagnostico che deve essere comunque confermato dal laboratorio. È possibile quindi la coltivazione su uova embrionate di pollo dove la positività è confermata da tipiche lesioni proliferative, cosiddetti pox, a livello della membrana corio-allantoidea (CAM) (foto 7). Ancora è possibile effettuare esami istopatologici di tessuti target, come ad esempio la cute o le stesse croste (foto 8). In questi preparati la positività è data dall’osservazione di cellule in degenerazione idropica contenenti corpi inclusi intracitoplasmatici detti “Corpi di Bollingher”, questi ultimi sono patognomonici di vaiolo aviare. Molto importante è la diagnosi dif-

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ferenziale, ovvero la differenziazione dei sintomi del vaiolo da quelli, molto simili, ma di altre malattie. Spesso l’allevatore può confondere il vaiolo cutaneo con altre lesioni sulle zampe, come ad esempio il “bumblefoot” (foto 9) (dermatite plantare di natura batterica), il “callo d’appoggio” (foto 10) e la necrosi delle estremità delle dita (foto 11), spesso legate alla costrizione del dito stesso, ad esempio dovuto a un filo di iuta attorcigliato. A livello oculare il vaiolo può essere confuso con una blefarocongiuntivite (foto 12) di natura non vaiolosa come quelle, molto frequenti, da Trichomonas (spesso complicate da sinusite infraorbitale, volgarmente detta “malattia dell’occhio gonfio”), dermatiti alle commessure del becco (foto 13), cisti adipose, spesso innocuo esito vestigiale di un’ernia ombelicale (foto 14). Prognosi La prognosi varia in funzione della patogenicità del virus, quindi dalla forma clinica, dallo stato di salute iniziale e dalla presenza di fattori stressanti concomitanti (acari, coccidi, ecc.).

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Trattandosi di una malattia virale non esiste una terapia specifica, ma solo di supporto per prevenire infezioni batteriche secondarie

Terapia Trattandosi di una malattia virale non esiste una terapia specifica, ma solo di supporto per prevenire infezioni batteriche secondarie e rinforzare l’efficienza del sistema immunitario. Le singole lesioni cutanee possono essere trattate con toccature di tintura di iodio e alcool al 50%, è necessaria anche una copertura antibiotica e la somministrazione di vitamina A. Uno studio da noi condotto presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo ha dimostrato che l’uso dell’isoprinosina migliora l’efficienza degli organi immunocompetenti e stimola la liberazione di interferone con risultati positivi sulle performance dell’allevamento. Probabilmente anche altri immuno-

stimolanti possono essere utili a completamento della cura, tra questi possono essere utilizzati estratti di piante come l’Echinacea o formulazioni di batteri probiotici cui pure è riconosciuto un effetto positivo sull’efficienza del sistema immunitario. Profilassi L’unico presidio efficace contro l’infezione da virus vaioloso è la vaccinazione effettuata con vaccino specifico per canarini. Il vaccino viene inoculato a livello del patagio (plica cutanea tra collo e ala) (foto 15), mediante uno speciale ago a doppia punta in dotazione nella confezione, l’ago viene inbevuto nella soluzione vaccinale e fatto passare da parte a parte nella cute del patagio (foto 16). Poche ore dopo la vaccinazione, sul patagio appariranno i segni aspecifici di un’infiammazione, la cute sarà arrossata ed edematosa (foto 17); dopo 7 giorni compaiono 2 piccole pustole che depongono per la buona riuscita della vaccinazione (foto 18). Dopo ulteriori 7 giorni l’animale viene considerato protetto. Il periodo migliore per effettuare la vaccinazione corrisponde con la fine della muta, almeno 20 giorni prima delle mostre. La vaccinazione non andrebbe effettuata durante la riproduzione né la muta, ma solo in periodi “di riposo”; salvo diversa indicazione del Medico Veterinario curante, non andrebbero vaccinati uccelli non in perfette condizioni di salute o in corso di altri eventi potenzialmente stressanti come viaggi, mostre, ecc. Attualmente è disponibile un solo tipo di vaccino efficace contro il vaiolo del canarino, è commercializzato in Italia attraverso i convenzionali canali di distribuzione dei farmaci ed è importante diffidare sempre di vaccini illegali, commercializzati sottobanco da avventori ingenui o commercianti senza scrupoli, di dubbia provenienza, spesso estera, che non offrono nessuna garanzia di efficacia. (*) Bibliografia: Herla Gerlach in Avian Medicine: Principles and Application. Ritchie, Harrison, Ritchie, HBD International, inc. 1999. Pag. 865 – 874.

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: FRANCESCO FORMISANO – RNA FE36 con la fotografia che ritrae il soggetto “Diamante di Gould maschio intento alle cure parentali” Complimenti dalla Redazione!

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.


CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

L’Arricciato del Sud di GIUSEPPE NASTASI, foto CRITERI GIUDIZIO CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI ed. 2020

N

ella carrellata che ho fatto trattando i canarini Arricciati di posizione, non potevo tralasciare la regina delle razze, cioè l’Arricciato del Sud. Questo canarino ha origini molto antiche. Si pensa che fu uno dei primi canarini arricciati selezionati all’epoca dell’apparizione dei primi Arricciati. All’inizio del 1700 comparvero i primi canarini che avevano una piccola arricciatura sul petto e una leggera scriminatura sulle spalle. Fu l’inizio dei canarini Arricciati. Com’era normale, all’epoca questi canarini furono subito meticciati ad altre razze e pare che l’antico Bossù

Fu uno dei primi canarini arricciati selezionati all’epoca dell’apparizione dei primi Arricciati

fosse una delle razze più gettonate, anche perché era molto diffuso. Dall’incrocio di questi canarini apparvero animali che avevano il portamento del Bossù e delle arricciature. Questi canarini furono da subito battezzati Bossù Arricciati ed ebbero un’espansione molto accentuata soprattutto in Belgio ed in Olanda. Queste nazioni esportarono per fini commerciali molti di questi canarini; i principali clienti all’epoca furono i francesi, gli spagnoli e, come sempre, gli italiani. In queste nazioni, i soggetti acquistati furono sin da subito selezionati con precisi connotati. Si pensò di prefe-

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rire i soggetti con portamento a “sette” con gambe ben dritte sul posatoio e di presentare solo le cinque arricciature principali: jabot, fianchi e spalline.

Arricciato del Sud lipocromico

Pare che questo tipo di canarino fu perfezionato dall’accoppiamento tra i Bossù Arricciati e l’antico canarino Gantese, il quale presentava un buon portamento, quasi a “sette”, ma so-


prattutto aveva un collo molto lungo. Accurati accoppiamenti produssero l’attuale Arricciato del Sud, che godette sin da subito di un consenso veramente apprezzabile. Questo canarino era molto diffuso nel sud della Francia in città come Marsiglia, Tolosa e Bordeaux, che furono la culla della nuova razza. Ma anche nel sud della Spagna, in primis sull’isola di Tenerife, questo nuovo uccellino aveva colpito molti allevatori; analogamente in sud Italia, soprattutto in Campania e in Sicilia, moltissimi allevatori si cimentarono nell’allevamento della nuova razza, che venne battezzata “Olandese del Sud”.

Arricciato del Sud lipocromico

Per molti anni questi canarini vennero denominati e giudicati appunto come Olandesi del Sud fino a quando, nel 1963, la C.O.M. deliberò che le razze denominate Olandese del Nord e Olandese del Sud dovessero cambiare il loro nome

Per molti anni questi canarini vennero denominati e giudicati appunto come Olandesi del Sud fino a quando, nel 1963, la C.O.M. deliberò, dopo aver sentito vari allevatori, che le razze denominate Olandese del Nord e Olandese del Sud dovessero cambiare il loro nome, visto che l’Olanda nella selezione delle due razze non c’entrava per nulla. Infatti, il cosiddetto Olandese del Nord non era altro che un canarino selezionato nel nord della Francia, mentre l’Olandese del Sud era stato selezionato da allevatori provenienti dal Sud della Francia, dal Sud della Spagna e dal sud dell’Italia, per cui era più corretto chiamare l’Olandese del Nord “Arricciato del Nord” e l’Olandese del Sud “Arricciato del Sud”. Malgrado questa modifica, avvenuta 57 anni fa, a me ancora capita di trovarmi a conversare con allevatori miei conterranei (siciliani) che, quando parlano di Arricciati del Sud, mi dicono: “…i miei Olandesi del Sud…”, persone soprattutto anziane che conservano quella vecchia dicitura. L’Arricciato del Sud è certamente una razza molto elegante e, tra tutte le razze di posizione Arricciate, è certamente la più bella perché il suo portamento e la sua indole sono veramente affascinanti. Scriveva il grande prof. Umberto Zingoni nel suo meraviglioso libro Canaricoltura: “L’abbondanza delle arricciature, il collo proteso e gli arti inferiori estesi e irrigiditi in una ostentata esibizione di grazia ne fanno un canarino di estrema eleganza, il cui apprezzamento, non sempre facile per il profano, implica motivi di ordine estetico. Quando il suo particolare sistema nervoso lo costringe ad assumere la posizione a sette, il canarino si estranea da ciò che lo circonda e sembra compiacersi ed inebriarsi della bellezza che esprime”. Questa descrizione della razza fatta dal grande professore è bellissima ed esprime al massimo il fascino e la bellezza che questa razza esterna e la rende, come dicevo prima, la razza più affascinante tra i canarini Arricciati di posizione.

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Purtroppo, come sta avvenendo per tutte le razze Arricciate, tranne che per il Nord e per il Fiorino, anche l’Arricciato del Sud sta subendo un grave declino: mentre un tempo era la seconda razza più esposta alle mostre dopo l’Arricciato del Nord, adesso non è più così. Comunque, gli allevatori rimasti che ancora si dedicano all’allevamento dell’Arricciato del Sud sono molto attenti e, infatti, alle principali mostre si trovano soggetti veramente eccellenti. Il pregio che in questa razza pare sia più difficile da consolidare è il collo estremamente liscio. Infatti, molti canarini bellissimi in tutti i connotati presentano il collo non perfettamente liscio. Forse, per migliorare questo connotato, bisognerebbe alzare il punteggio della voce Testa e collo portandolo a 15 punti come per l’Arricciato del Nord, abbassando magari quella del piumaggio a 5 punti. Viceversa, un difetto poco riscontrabile in questa meravigliosa razza sono le spalline, che generalmente si presentano perfette, a differenza di quanto accade nell’Arricciato del Nord. Secondo me questo dipende dal portamento del canarino. Infatti, sicuramente il distendersi in avanti e l’ingobbimento favoriscono una più regolare distribuzione del piumaggio delle spalle, che così appare perfettamente distribuito in entrambi i lati. Ancora, anni di accurata selezione hanno permesso al jabot di essere veramente buono. Trovare negli Arricciati del Sud un jabot perfettamente a nido di rondine con vuoto nella parte superiore è normale. Evidentemente la rigida selezione, negli anni, ha fatto scomparire quei jabot chiusi a conchiglia che si riscontravano negli anni ’80. Nella viva speranza che questa razza affascini sempre più allevatori, mi complimento con chi la alleva magistralmente.

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I NOSTRI LUTTI

Roberto Maffia

È

venuto a mancare all’età di 73 anni l’amico Roberto Maffia. Era stato socio fondatore dell’A.O. Battipagliese, Giudice di Canarini di Colore e membro della Commissione Tecnica tra gli anni 80/90. La FOI perde una persona perbene, un Allevatore appassionato, sempre disponibile, amante del confronto sportivo nelle mostre, relativamente alle quali aveva raggiunto ottimi risultati, da ultimo salendo sul podio più alto al Campionato Italiano del 2017 ed al 65° Campionato Mondiale di Almeria in Spagna. Notevolissimo anche il suo impegno civile che lo aveva portato ad essere eletto Sindaco di Battipaglia. Il mondo dell’ornitologia non lo dimenticherà. ANTONIO SPOSITO

Ciro Ruggiero

C

i ha lasciati all'età di 54 anni l'Amico Ciro Ruggiero, creando un vuoto incolmabile tra i suoi cari e tra noi Allevatori del Gloster. Ora che sei tra gli angeli, seguici e guidaci da lassù. Non ti dimenticheremo mai. GLI AMICI DEL GLOSTER

Ovidio Brilloni

L

a passione ornitologica che ci accomuna fornisce la possibilità di conoscere tanta gente e tra tanti si può avere la fortuna di conoscere persone speciali. Io ho avuto l’onore ed il piacere di conoscere una di queste persone rare: Ovidio Brilloni. Un uomo semplice, dai modi gentili, un vero galantuomo, che interpretrava la passione ornitologica in modo spensierato e senza secondi fini, anteponendo sempre l’amicizia e la sincerità nei rapporti con le persone con cui veniva a contatto. Ciao Ovidio, grazie per tutti i consigli ed i suggerimenti che mi hai dato, grazie per la tua amicizia, mi mancheranno il tuo sorriso, il tuo sguardo dolce ed i tuoi occhi sinceri e rassicuranti. ROBERTO DI CLEMENTE - RNA 1ZLL

Gianfranco Cadoni

D

omenica 27 Dicembre 2020 il nostro carissimo socio Gianfranco Cadoni ci ha lasciati prematuramente a causa di una breve e terribile malattia. In tutti questi anni passati insieme, a parlare di canarini nei nostri allevamenti, durante le mostre ornitologiche e in tutti i momenti di condivisione delle nostra grande passione, ogni persona che ha incrociato la sua vita con Gianfranco, lo ricorda come una persona leale e sempre disponibile che si è fatta apprezzare per la notevole preparazione e competenza ornitologica e non solo: esperto allevatore di canarini di colore, la sua grande passione, e negli ultimi anni anche allevatore di Arlecchini portoghesi, lo ricordiamo anche e soprattutto per la sua modestia, discrezione, sensibilità e nobiltà d'animo. Un uomo e un amico davvero speciale che tutti noi siamo fieri e fortunati di avere avuto nella nostra "famiglia" dell'Associazione Ornitologica Arborense. Riposa in pace, caro Gianfranco. Ti sia lieve la terra PIER FRANCO SPADA, Vice Presidente Associazione Ornitologica Arborense


CANARINI DA CANTO

Che sarà

Il Malinois possiede il talento creativo del compositore

di FRANCESCO DI GIORGIO, foto WWW.AGRARIA.COM

L’

autunno era tempo fervido di manifestazioni ornitologiche. Poi c’è stata una notevole sterzata, dovuta alla difficoltà di reperimento di locali adatti, alle spese vive crescenti, alle complicate procedure burocratiche. Infine, la pandemia da Covid 19 che non conosce confini e che sta fiaccando il mondo intero. Che ne sarà del nostro hobby? Di fronte a tanti decessi e povertà, forse è addirittura blasfemo chiederselo. Tuttavia mi prendo libertà e spazio per sintetizzare i punti di forza nei concorsi canori. Per conoscenza si intende il possesso, da parte di un soggetto, di un insieme di contenuti disciplinari convenientemente appresi e conservati. Tre principi essenziali: 1)il canarino allievo deve occupare, nella situazione didattica, una posizione centrale; 2)l’insegnante deve mirare alla massima individualizzazione possibile; 3)l’azione didattica deve incentivare la dimensione razionale del gruppo – scuola. Attraverso il processo di apprendimento, il cervello assimila nuove informazioni, le confronta con la memoria delle passate esperienze, trae certe conclusioni relative alle nuove informazioni e quindi memorizza, costruendo così nuovi modelli mentali. Per intraprendere la carriera di canaricoltore/addestratore è necessaria una preparazione rigorosa e molto selettiva. Le gare di canto sono momenti di verifica e di confronto dei risultati ottenuti, dalla strada fatta e da fare. Vorrei suggerire, segnatamente ai giovani ed esordienti, di considerare non solo il punteggio finale, ma anche le varie voci ed eventualmente discutere con allevatori più esperti. Nel periodo formativo occorre affiancare ai giovani discenti un buon “maestro” di canto affin-

Canarini Malinois, fonte: www.agraria.com

ché apprendano a loro volta il corretto susseguirsi delle note, la giusta modulazione dei toni, la melodia espressiva tipica della specie. Una passione se non è sorretta da basi solide, da un consistente tessuto culturale, non può sopravvivere in mezzo alle numerose insidie dei nostri tempi. Ma nessun raccolto – recita un proverbio – dipende solo dalla sapienza del contadino. Se allevi cantori, Malinois o Harzer o Timbrado, fallo in modo esclusivo: non tenere in allevamento altri uccelli. Né devi allevare assieme le tre razze che cantano in modo diverso e si nuocerebbero a vicenda. Il novizio deve visitare le esposizioni, consultare gli standard ufficiali, leggere la letteratura specializzata, dialogare con giudici e allevatori esperti. Ambiente, alimentazione, genealogia sono i tre punti fondamentali per una selezione vincente. Ripercorriamo immaginariamente la costruzione di un edificio: prima si scavano e si consolidano le fondamenta, poi

si erigono i muri e si separano le stanze; alla fine, a copertura avvenuta, si effettuano i lavori di rifinitura. Nel nostro campo dell’allevamento, il patrimonio genetico rappresenta le fondamenta su cui far crescere il migliore dei canti; la guida del gruppo parentale è assimilabile ai muri e alle stanze in quanto incanala nel giusto alveo e privatizza la prorompente canorità preadolescenziale, che viene poi impreziosita e portata a sviluppo conclusivo del maestro cantore, appunto come il tetto e le rifiniture interne concludono l’opera edilizia. Il Malinois possiede il talento creativo del compositore e come tale si dimostra originale e raffinato. Le melodie che sgorgano da quell’ugola presentano una finezza di costruzione e padronanza di mestieri sensazionali. Si propone come il più raffinato cantore dopo l’Usignolo. Il sottoscritto augura a tutti gli allevatori risultati ottimi.

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ALIMENTAZIONE

Uso della polenta di SERGIO PALMA, foto WWW.PANORAMACHEF.IT

Diverse tipologie di farina per polenta

“S

tai a casa”. Ok, sto a casa. Ma cosa faccio? Dopo colazione, vado in allevamento, ci passo un’ora e poi? Comincio a leggere riviste, giornali e qualche libro. Su quale argomento? Ma sugli uccelli, logicamente. E così mi capita tra le mani l’Enciclopedia del Canarino di Vittorio Menassé edita da De Vecchi, libro acquistato nel 1982. Al suo interno ritrovo degli appunti su come preparare in casa i vari tipi di pastoncino a seconda della stagione. Tra questi, anche un appunto interessante che mi diede il compianto Sergio Pennacchi quando mi recai nella sua casa di Brescia per acquistare qualche Malinois, all’epoca in cui li allevavo. Mi suggeriva di far cuocere 500 grammi di farina per polenta e, quando era

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quasi cotta, di aggiungerci 3 uova verso la fine. Sergio usava versare questo composto nelle vaschette usualmente utilizzate per produrre il ghiaccio per poi tirarle fuori la sera, lasciandole scongelare tutta la notte per avere tutto pronto al mattino successivo e non perdere molto tempo nella preparazione del pastone. Ora, in questo periodo di permanenza domiciliare, di tempo ne ho tanto e così, per non saper che fare, ho preparato quella polenta “conciata” che il povero Sergio mi consigliò. Non ricordavo la famelicità con la quale i canarini consumano un cubetto di polenta. 10 minuti dopo la somministrazione, i piccoli hanno il gozzo che scoppia, tanto sono stati imbeccati dai genitori. Ti viene allora il dubbio: ma perché ho abbandonato quel modo di allevare? Ah già, il

tempo non c’era, lavoravo e poi c’è la moglie che grida se sporchi tegami e padelle. Ma ora ora ho il tempo per fare quello che voglio e poi… ho comprato la lavastoviglie! Pensate: ho anche avuto il tempo di collegarmi a Google e scoprire i valori nutritivi della farina di mais. Ma poi, quando finirà la permanenza domiciliare, come farò? Beh, penso che forse troverò ancora 20 minuti una volta o due volte a settimana per preparare la polenta. I seguenti valori nutrizionali corrispondono a 100 grammi di polenta di farina di mais. I suoi valori possono ovviamente essere aumentati e migliorati in base a varie aggiunte che sceglierete; io personalmente aggiungo delle uova.


Farina di mais · Calorie 362 kcal · Proteine 8,12 g · Grassi 3,59 g · Carboidrati 76,89 · Fibre 7,3 · Calcio 6 mg · Ferro ,45 g · Magnesio 127 mg · Fosforo 241 mg · Potassio 287mg · Sodio 35 mg · Zinco 1,82 mg · Rame 0,193 mg · Manganese 0,498 mg · Selenio 15,5 μg · Tiamina (vitamina B1) 0,385 mg 27,5 % RDA · Riboflavina (vitamina B2) 0,201 mg 12,6 % RDA · Niacina (vitamina B3 o PP) 3,632 mg 20,2 % RDA · Acido Pantotenico (B5) 0,425 mg 7,1 % RDA · Piridossina (vitamina B6) 0,304 mg 15,2 % RDA

· · · · · · ·

Folati 25 μg Vitamina A (RAE) 11 μg Beta-carotene 97 μg Alfa-carotene 63 μg Vitamina A, IU 214 Luteina + zeaxantina 1355 μg Vitamina E 0,42 mg 4,2 % RDA

Uovo di circa 50 grammi (64 kcal) - 6,2 gr di proteine - 4,3 grammi di grassi saturi - 185 mg di colesterolo - 112 mcg di vitamina A - 0,87 mcg di vitamina D - 0,75 mg di ferro - 24 mg di calcio - 68,5 mg di sodio - 66,5 mg di potassio Preparazione 1)In una pentola di acciaio dal fondo spesso, o nel classico paiolo di rame, versate l’acqua e portatela ad ebollizione, poi versate la farina per polenta a pioggia e iniziate a mescolare.

2)Dato che la polenta prevede una cottura lunga, di circa 50 minuti, vi consiglio di utilizzare quella precotta che in 10 minuti è pronta. 3)Dopo aver versato la farina, aspettate che ricominci a bollire e poi abbassate la fiamma al minimo. 4)Ricominciate a mescolare la polenta con pazienza, non dovrà mai attaccarsi sul fondo. È utile aggiungere un cucchiaio d’olio di mais per evitare la formazione di grumi. 5)Quando la polenta istantanea è quasi pronta, dopo circa 7 minuti di cottura, aggiungete le uova una ad una continuando a mescolare; non mangiatela voi, ma versatela nel contenitore del ghiaccio e, dopo che si sarà raffreddata a temperatura ambiente, mettetela nel freezer tirando fuori la sera quello che servirà per il giorno dopo. Se avete un numero di canarini capace di mangiare mezzo chilo di polenta in 4-5 giorni, potete anche evitare di congelarla e conservarla semplicemente in frigo.

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Se desideri proporre un argomento scrivi a: redazione@foi.it

P agina aperta S

pesso tra allevatori ritornano le discussioni sui caratteri letali e subletali che attengono alla genetica degli uccelli e, sebbene ci siano certezze al riguardo, accade che si possa cadere nel dubbio interpretativo generando confusione. Raccogliendo varie osservazioni e quesiti posti sul tema, Giovanni Canali fornisce una chiara ed esaustiva descrizione del comportamento genetico di tali caratteri.

Alleli letali e subletali

D

i solito si parla di geni letali e sub letali, meno frequentemente di alleli, io preferisco parlare di alleli o a mio avviso anche di caratteri, poiché lo stesso gene codifica pure per caratteri normali. Con il termine letale si indica un carattere che provoca la morte dei soggetti che ne sono affetti allo stato omozigote, questo spesso già allo stato embrionale, talora anche in seguito. Con il termine subletale o anche subvitale, si indica il carattere che, allo stato omozigote, non provoca la morte, ma che produce delle anomalie, più o meno rilevanti. Tuttavia queste anomalie possono in diversi casi impedire la sopravvivenza nell’ambiente, riducendo l’efficienza del soggetto stesso. Allo stato domestico questo aspetto potrebbe non essere causa di morte, dato l’ambiente artificiale non selettivo. Talora possono esistere caratteri subletali che in qualche esemplare diventano letali. Il primo esempio segnalato di letalità è quello del topo definito giallo, carattere dominante e letale. L’osservazione, dei primi anni del novecento fu di Lucien Cuénot. Individuato un topo chiaro detto poi giallo ed accoppiato con uno normale, aguti, nacquero metà gialli e metà aguti. Nulla di strano, ma poi accoppiando due gialli eterozigoti, nascevano sempre 1/3 aguti e 2/3 gialli eterozigoti, non il rapporto mendeliano atteso cioè di: 25% aguti 50% gialli eterozigoti e 25% gialli omozigoti. Anche in seguito non si rinvenne mai un giallo omozigote. Si trattava di carattere letale se omozigote, già allo stato embrionale.

Argomenti a tema

Nel canarino abbiamo un solo carattere letale e cioè il bianco dominante. I caratteri subletali sono 2 e cioè: l’intenso ed il ciuffo. Si potrebbero avere dei dubbi sul “pelle nera”, ma è possibile e secondo molti probabile che sia causa di selezione eccessiva e non di carattere subletale. Carattere letale Quando si accoppia bianco dominante x pigmentato (di regola giallo) si hanno metà soggetti bianchi dominanti e metà pigmentati. Non succede mai di avere tutti bianchi poiché il bianco dominate omozigote non esiste, o meglio esiste solo come embrione morto dentro il guscio. Di conseguenza, essendo il bianco dominante sempre portatore del carattere normale pigmentato, genera sempre anche pigmentati. Quando si accoppia bianco dominante x bianco dominante si hanno 25% di pigmentati 50% di bianchi dominanti e 25% di embrioni morti, potenziali bianchi dominanti omozigoti. Calcolando solo la prole viva si hanno 1/3 di pigmentati e 2/3 di bianchi dominanti. Talora si sentono obiezioni varie, sul tipo: “ho accoppiato bianco dominante x bianco dominate e la prole sta benissimo, allora perché dire che è letale?” Perché la prole viva può stare benone, sono gli embrioni morti che sono stati malissimo... certo un quarto di uova non schiuse, può passare inosservato. A me, tanti anni or sono, è capitato di aprire un uovo del genere: ebbene l’embrione presentava abbozzi di piumino bianco. Appare quindi palesemente infondata questa obiezione. Anni or sono il compianto ing. Chillé aveva sostenuto che il bianco dominante non fosse letale, ma asseriva che l’omozigote apparisse uguale ad un recessivo, cioè senza soffusioni (non ricordo se parlasse anche della pelle), contestando il prof. Zingoni ed il sottoscritto, non anche altri autori che pure dicevano di letalità. Ebbene, rispondendo garbatamente (Alcedo n°6 novembre/dicembre 2006), rigettai le sue osservazioni rilevando che i risultati degli accoppiamenti di cui parlava, non erano probanti. Probabilmente era stato tratto in inganno da un bianco dominante puro anche per il bianco recessivo. Non essendo allelici, il bianco dominante ed il recessivo possono coesistere nello stesso soggetto, che appare uguale ad un recessivo, stante il fatto che il bianco recessivo, avendo l’effetto massimo (inibizione totale di carotenoidi), è epistatico, cioè coprente, su tutte le altre varietà, bianco dominante compreso.

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Il ciuffo è frutto di mutazione dominante: molto a lungo, direi troppo a lungo, si è considerato letale. È stato uno dei grandi meriti del prof. Zingoni dimostrare che era subletale. Lo rilevò accoppiando dei fiorini ciuffati fra di loro. Ebbene non ebbe alcuna mortalità embrionale, ma vide dei soggetti calvi con sierosità al posto del ciuffo. Successivamente si sviluppava un ciuffetto anomalo. Ebbene, accoppiando tali soggetti con altri a testa liscia nascevano tutti ciuffati. Circostanza direi molto eloquente. Inoltre mi accarezzo la testa e penso che essere calvi o morti non sia la stessa cosa. Oggi, in qualche caso si legge o si sente dire ancora che il ciuffo sia letale, il che è grave. Specialmente quando si scrive, bisogna tenere presenti le pubblicazioni precedenti, specialmente quelle fondamentali, altrimenti si cade in errori che, essendo evitabili, sono particolarmente gravi. Ho anche letto da qualche parte di subletale ma con eccezioni, alcuni morirebbero dentro il guscio. La spiegazione sarebbe di mancata saldatura delle ossa craniche o qualcosa del genere. In teoria ci potrebbe stare la presenza di casi di letalità in alcuni soggetti, ma a parte il fatto che il discorso non mi convince, potrebbe essere solo una mia impressione, la circostanza andrebbe documentata in modo adeguato. Non sono criticabili i testi errati su questo punto, ma scritti prima della pubblicazione del prof. Zingoni. Semmai quando si legge un testo bisognerebbe considerare anche la sua data. Noto invece, che taluno continua ad attenersi a testi antichi, anche validissimi, ma superati sotto alcuni aspetti. Ora un accenno al “pelle nera”. Alcuni lo considerano un carattere subletale recessivo. Ebbene non lo posso escludere. Tuttavia noto che, essendo sterile per muta continua, indotta dalla situazione ormonale anomala (in particolare ormoni tiroidei), i pelle nera non hanno prole se non in situazioni particolarissime come alcuni mi hanno detto, ma non mi risulta essere fatto accertato. Ebbene, il gene presunto anomalo non si trasmetterebbe e quindi il numero dei pelle nera dovrebbe essere sempre limitato. Invece ricordo ceppi nei quali appariva con frequenza poco riconducibile ad una tale fattispecie. Tuttavia oggi si rileva molto meno e questo potrebbe avvalorare la tesi del subletale. Tutto considerato, propendo per l’aspetto selettivo. GIOVANNI CANALI

Argomenti a tema

Ora considero i caratteri subletali. L’intenso, come sappiamo è una mutazione dominante che riduce le produzioni cutanee (becco, squame ed unghie dei piedi, nonché penne), nelle penne in particolare accorcia le barbe, stringendo la penna stessa. Ebbene, nei soggetti omozigoti, detti doppi intensi, questi aspetti si accentuano e gli intensi omozigoti appaiono striminziti. Tanto striminziti che si è anche pensato ad un interessamento dello scheletro, che pare non esserci. Tuttavia non si può parlare di letalità, poiché sono vivi e vegeti, quindi parliamo di allele subletale. Per chi avesse dubbi ingiustificati, consideri che il gibber italicus è sempre intenso omozigote; se vi fosse letalità, la razza gibber non esisterebbe o meglio sarebbe diversa. Nel prosieguo, quando userò il termine intenso senza precisazioni, intenderò eterozigote (quello da mostra). A volte su certi testi si ventila di possibili mortalità accoppiando in purezza gli intensi, ebbene non corrisponde al vero. Se accoppiando intenso x intenso si avesse mortalità, non si dia la colpa al carattere intenso, c’è una patologia in atto ed è quella che va individuata e curata, senza perdere tempo in ipotesi inutili, come dar la colpa alla stagione o al carattere intenso. Non facciamo come il manzoniano don Ferrante che morì di peste prendendosela con le stelle, poiché negava l’esistenza della peste e dava la colpa alle congiunzioni astrali. Fra l’altro, ho fatto troppe esperienze con intensi accoppiati in purezza per avere dubbi. Segnalo che su diversi testi, inizialmente anch’io ero caduto in questo errore e me ne scuso, si diceva che la femmina intensa omozigote non fosse idonea alla riproduzione; ebbene non è esatto, può avere qualche difficoltà di cova, per via del piumaggio ristretto, ma è utilizzabile. Quanto agli accoppiamenti, considerando solo il brinato, quando si unisce un intenso ed un brinato si hanno metà intensi e metà brinati, quando si unisce intenso per intenso si hanno: 25% intensi omozigoti, 50% intensi eterozigoti e 25% di brinati. Quando si accoppia un inteso omozigote con un brinato si hanno tutti intensi, quando si accoppia un intenso omozigote con un intenso, metà intensi omozigoti e metà intensi eterozigoti, quando si accoppia intenso omozigote con intenso omozigote si hanno tutti intensi omozigoti, gibber o aspiranti tali. Accoppiando con mosaico è la stessa cosa, essendo l’intenso dominante o più probabilmente epistatico sul mosaico. Non considero la coesistenza di brinato e mosaico per non andare fuori tema.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

La Tortora diamantina Situazione nel panorama ornitologico italiano testo e foto di MARCO FONTANESI

L

a Tortora diamantina (Geopelia cuneata - Latham, 1802) è uno dei più piccoli Columbiformi esistenti, raggiungendo una lunghezza di circa 19-24 cm. ed è originaria dell’Australia. La prima riproduzione in allevamento avvenne in Inghilterra nel 1868, presto seguita dalla Germania; in breve tempo la specie diventò uno degli uccelli ornamentali più comuni, dando luogo alla comparsa di mutazioni, soprattutto in Olanda, Belgio e USA; attualmente se ne conoscono all’incirca 27, per la maggioranza recessive e/o sessolegate, in certi casi ancora in fase di studio. E in Italia qual è la situazione? Nel nostro Paese purtroppo questa piccola tortora, pur conoscendo una buona diffusione, viene ancora troppo spesso considerata alla stregua di un volatile di serie B, e come tale presa solo per poter essere inserita in una voliera comunitaria, magari insieme agli Estrildidi, oppure allevata semplicemente per vedere nascere i pulli, senza perseguire ulteriori obiettivi. Perché avviene ciò? Proviamo un attimo ad analizzare il tutto. In realtà gli allevatori appassionati, pur contandosi sulle dita di una mano, non mancano; ne conosco personalmente alcuni che si dedicano alla selezione delle mutazioni con passione e costanza, curando anche la taglia dei soggetti e accoppiando colori compatibili fra loro. Purtroppo ve ne sono altri che, pur avendo un buon numero di coppie, si dedicano contemporaneamente all’allevamento di altre specie di Columbiformi e/o si concentrano sui colori più richiesti dal mercato in quel momento, producendo quindi “un tanto al mucchio“ senza badare a tutti gli altri aspetti; e

Coppia di satiné

La prima riproduzione in allevamento avvenne in Inghilterra nel 1868

questo può essere un primo punto. Il secondo, che in realtà è legato a quanto espresso qui sopra, si riconduce alla

scarsa attenzione che i gruppi dirigenti hanno sempre mostrato nei confronti di Columbiformi e i Galliformi, in parte perché considerati da essi stessi meno importanti rispetto a canarini, ondulati etc., in parte perché in determinate mostre le ASL richiedono il modulo di avvenuta vaccinazione contro la pseudopeste, e in ultimo perché il numero di ingabbi è basso, e ciò chiaramente non invoglia a prestarvi maggiore attenzione.

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Alcuni anni fa, un ristretto gruppo di allevatori ha provato a sottoporre all’esame dei tecnici FOI una bozza di standard della “diamantina”, peraltro assai valida, ma il tutto si è arenato quasi subito e ancora adesso non esiste uno standard ufficiale della specie. Se posso esprimere il mio parere, un ulteriore tentativo in merito si potrebbe fare, se non altro per invogliare ancora di più gli appassionati a dare nuova linfa all’allevamento e la selezione di questo simpatico uccellino, agli occhi di molti profani forse poco appariscente, ma decisamente più facile da allevare e gestire rispetto ad altri generi. Un altro passo, a dire il vero già realizzato in alcune mostre, potrebbe consistere nell’ampliamento delle categorie a concorso, sul modello di quanto accade per esempio in Francia, dove fra l’altro si ingabbiano regolarmente le “pezzate”, da noi considerate inidonee all’essere esposte; da qui si potrebbe addirittura, nel tempo, valutare l’istitu-

Maschio bruno

zione di un Club di Specializzazione in modo da poter favorire lo scambio di soggetti validi, linee di sangue e soprattutto informazioni circa la genetica e la selezione delle mutazioni, anche operando in sinergia con allevatori esteri, allo stesso modo di come si fa con altre

specie. Tutto questo permetterebbe di garantire continuità futura all’allevamento della “diamantina”. È ovvio però che la strada da compiere in tal senso è lunga: la stesura dello standard sarebbe il primo e indispensabile step, non solo per fornire le linee guida necessarie agli allevatori che intendano fare selezione, ma anche per agevolare i giudici nel loro compito, giudici fra l’altro che sono generalmente specializzati in Esotici e in molti casi non possiedono quasi nessuna preparazione specifica in fatto di tortore, non certo per colpa loro sia chiaro, ma per il semplice motivo che non viene dato il giusto risalto allo studio di questi uccelli. Per chi fosse interessato a collaborare in tal senso oppure disponesse di materiale, sono a completa disposizione, pertanto lascio il mio indirizzo mail: fontanesimarco6@gmail.com. Inoltre sono amministratore di un gruppo Facebook che si chiama “Tortora diamantina da esposizione”.

Cardellini “faccia nera acianici”

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i chiamo Salvatore Calogero Vaccaro, vivo a Palma di Montechiaro, provincia di Agrigento. Fin da piccolo, mi sono contraddistinto per il mio amore verso la natura e gli animali. Nel 2016 mi sono iscritto all’associazione ornitologica Agrigentina iniziando ad allevare i cardellini mayor con notevoli risultati, facendomi così conoscere fra gli allevatori. Dal 2018 ho iniziato ad allevare cardellini tschusii pezzati e anche cardellini “faccia nera”. Fin da subito ho avuto il desiderio di vedere un cardellino “faccia nera” acianico e, nella stagione cove 2020, sono riuscito a creare in allevamento per la prima volta questa sovrapposizione. Da ricordare che la mutazione, dal nome provvisorio “faccia nera”, è stata scoperta dal mio amico Paolo Volpe nel 2015: è una mutazione sesso legata recessiva e non si differenzia dal solo colore nero della mascherina ma da una sostanziale modifica dei pigmenti eumelanici e feomelanici. Sempre Paolo Volpe, tra il 2016 e il 2017, ha presentato questa mutazione a “Fringillia”, alla mostra di Paola e a Rimini, ottenendo un ottimo riscontro da parte dei giudici; inoltre, ha trasferito questa mutazione nei cardellini mayor e l’ha sovrapposta agli opale. In allegato, alcune foto.

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DIDATTICA & CULTURA

Il Succiacapre, un uccello misterioso ed affascinante di PIER FRANCO SPADA, foto WWW.ENTE.PARCOTICINO.IT e WWW.CROSVARENNA.IT

C’

è il canto mitico delle sirene o delle balene, poi c’è il canto dei grilli e quello delle cicale, più prosaici ma non meno evocativi di emozioni e di ricordi per ciascuno di noi, credo. E poi c’è il canto del Succiacapre (Caprimulgus europaeus), un trillo, un crepitio notturno, continuo e insistente, particolarmente fastidioso e assordante per l’orecchio umano. Per questo motivo, in alcune zone della Sardegna, e più precisamente nel Nuorese, lo chiamano in dialetto sardo Issurdapunteri, enfatizzando così il fastidio che il verso di questo animale arreca ai bracconieri notturni in attesa dei cinghiali. Tra i tantissimi uccelli presenti nel nostro “Bel Paese”, il Succiacapre ha da sempre attirato la mia attenzione e la mia curiosità. In pochi hanno sentito il suo canto e ancor meno lo hanno visto a causa delle sue abitudini. Il Succiacapre, noto anche come Calcabotto, Caprimulgo e Nottolone, è classificato scientificamente come segue: Phylum: Chordata Classe: Aves Ordine: Caprimulgiformes Famiglia: Caprimulgidae Specie: Caprimulgus europaeus Nome in Sardegna per indicarlo: Passaidrotta Raggiunge la lunghezza di 26cm ed ha un piumaggio di colore grigiobruno fittamente macchiettato e striato di fulvo e nero-bruno, che lo rende assolutamente invisibile quan-

do di giorno resta immobile su di un ramo o al suolo. Possiede un becco piccolo con un’apertura boccale enorme. Quando si sente minacciato, sbuffa come le civette. È presente in tutta l’Europa, nel Nord Africa e nell’Asia Occidentale e Centrale. Durante l’inverno, visita tutta l’Africa ed il Nord ovest dell’India. In Italia è diffuso in tutta la penisola; in Sardegna giunge in primavera, in un periodo compreso da

In pochi hanno sentito il suo canto e ancor meno lo hanno visto a causa delle sue abitudini marzo a settembre e riparte in autunno, raramente qualche individuo

Il Succiacarpee durante il giorno, fonte: www.crosvarenna.it

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rimane a svernare. Preferisce le boscaglie dove le radure si alternano alle macchie più fitte. In genere evita i boschi di piante a foglie caduche, sebbene gli insetti vi abbondino notevolmente. D’estate preferisce le foreste di conifere, certe volte staziona anche nei boschi misti, nei boschetti di betulle e pioppi su terreno sabbioso, e nei piccoli querceti, nelle regioni steppiche dove predomina una vegetazione semidesertica. Gradisce di solito dormire sul terreno, raramente sui rami degli alberi, sui quali non si posa mai in posizione trasversale, ma in modo che il corpo ed il ramo siano nella stessa direzione. Tra i suoi peggiori nemici ci sono gli astori e le volpi. Il Succiacapre cova due volte all’anno e le coppie si formano solo durante il periodo della riproduzione. La femmina depone una o due uova, preferibilmente sotto i cespugli i cui rami scendono sino a terra. Il periodo di

Esemplare adulto fonte: www,ente.parcoticino.it

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Il Succiacapre cova due volte all’anno e le coppie si formano solo durante il periodo della riproduzione

incubazione dura 17 giorni, i genitori restano tutto il giorno posati sopra i nidiacei, anche quando questi sono già pronti al volo. È un animale di abitudini crepuscolari e notturne, percorre con volo rapido e sicuro i boschetti alla ricerca di falene, ed altri insetti notturni, che costituiscono il suo alimento abituale. Le prede vengono ingoiate al volo nell’enorme becco, circondato da piume filiformi che ne impediscono la fuga. Altre volte, si posa sul suolo nudo o su di un ramo con buona visibilità da cui spicca dei brevi voli,

spesso con traiettorie incredibili, per catturare gli insetti che i suoi grandi occhi hanno percepito nell’oscurità. Caccia quindi essenzialmente durante la notte e si ciba di una vasta varietà di insetti notturni, tra cui lepidotteri e coleotteri. Ha un volo leggero e vivace e spesso si fa trasportare dal vento, alternando durante il volo profondi battiti d’ali. Come il Gheppio, si libera a fare lo “spirito santo” e, nella parte finale del volo, atterra direttamente come il Picchio muratore. È protagonista delle tradizioni popolari sarde e non solo, dove spesso viene attribuito il potere di transitare le anime nell’aldilà. Nel passato non tanto remoto, in Sardegna ha subito pesanti persecuzioni in quanto ritenuto portatore della brucellosi, malattia nota come “febbre maltese”. In assenza di rimedi della medicina ufficiale, le sue abitudini prevalentemente notturne e la frequentazione degli ovili ne hanno fatto un perfetto capro espiatorio per esorcizzare la malattia, così quando i pastori riuscivano a catturarne qualcuno, lo crocifiggevano, meglio se vivo, nel recinto “de sa mandra” , che significa in sardo e tradotto in italiano “il recinto della mandria”, riferito al luogo dove dormono gli animali, affidando così al suo crudele e insensato sacrificio la speranza di scongiurare il male. Il suo nome deriva dalla leggenda di Plinio il Vecchio, scrittore e naturalista romano vissuto nel 35 d.c. secondo la quale questi uccelli si recherebbero nottetempo nelle stalle per succhiare il latte delle capre, le quali, in conseguenza di tali mungiture, rimarrebbero cieche. Oggi il Succiacapre è una specie protetta dalla Direttiva Uccelli, una direttiva approvata il 2 aprile 1979 dalla Commissione europea che ha lo scopo di promuovere la tutela e la gestione delle popolazioni di specie di uccelli selvatici nel territorio europeo. Particolarmente protetta perché fortemente minacciata a causa dell’abbandono delle aree agricole di tipo estensivo, dall’eccessivo sviluppo urbano, dall’abuso di pesticidi e dal disturbo dell’attività umana.


CRONACA

Esami dei volatili in sede di acquisto testo e foto di IVANO MORTARUOLO

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uesta nota è destinata segnatamente ai nostri giovani allevatori che si accingono ad acquistare nuovi volatili, ma non hanno ancora maturato una sufficiente esperienza e, pertanto, questo evento potrebbe rivelarsi imbarazzante e di una certa delicatezza. Così, in tale circostanza l’ornicoltore deve porre attenzione, verosimilmente in un arco di tempo relativamente breve, a un buon numero di aspetti, allo scopo, ovviamente, di ridurre al massimo la possibilità di entrare in possesso di un soggetto non sano. L’esame dell’uccello prescelto deve essere effettuato seguendo due modalità di osservazione: a distanza e ravvicinata. Nella prima, il volatile va esaminato nella sua gabbia, prestando particolare attenzione ai seguenti aspetti: • Il piumaggio deve essere ben aderente, completo e brillante. • Le posture devono essere naturali, senza alcun segno di sofferenza: per esempio, le ali abbassate. Il comportamento deve essere caratterizzato dalla vivacità tipica della specie, assolutamente esente da atteggiamenti statici che il più delle volte sono l’espressione di malessere; qualora il volatile fosse esaminato in una fase di riposo, sarebbe utile verificare se la coda si muove in sincronia con gli atti respiratori: in caso affermativo, vi è la certezza di un’affezione che in vario modo interessa l’apparato respiratorio .

Composizione d’ispirazione “veterinaria”

• Il fondo della gabbia: il colore e la consistenza delle feci si alterano in presenza di numerose malattie di eterogenea eziologia. • Le evacuazioni non devono essere stentate ma limitate ad un unico atto di contrazione; nel caso di più tentativi si dovranno sospettare problemi gastroenterici, anche se il volatile appare in buona forma. • Osservare anche gli altri volatili che direttamente o indirettamente convivono con il soggetto desiderato: naturalmente, non devono presentare alcuna fenomenologia patologica. • Gli odori del locale d’allevamento

possono evidenziare una gestione approssimativa (un persistente “odore di chiuso”) o la presenza di patologie in atto (si pensi a espressioni odorose acide che possono essere la risultante di varie malattie gastroenteriche). L’osservazione cosiddetta ravvicinata, come s’intuisce agevolmente, offre invece maggiori elementi di valutazione, perché effettuata con il volatile in mano e, quindi, consente le necessarie auscultazioni, palpazioni e ulteriori ispezioni. Di seguito, seppur in rapida sintesi, vengono proposti alcuni fondamentali accertamenti.

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Portare il becco dell’uccello all’orecchio, possibilmente dopo un brevissimo volo o uno “svolazzamento” (che di consueto viene effettuato in quella fase che precede il prelevamento manuale del soggetto dalla gabbia): se si odono rantoli, sibili o in genere respirazione rumorosa, questi costituiscono la sintomatologia di una sofferenza dell’apparato respiratorio che, se molto accentuata, verosimilmente non è di recente comparsa e, di conseguenza, l’esito terapeutico può risultare non soddisfacente. A parziale sostegno di queste considerazioni, riporto le autorevoli parole del prof. Ballarini (1964): “…le elevate prestazioni richieste all’apparato respiratorio per il volo, forniscono un’enorme possibilità di riserva alle condizioni di riposo: per cui, anche con talune gravi lesioni organiche, turbe morbose possono tacere in assenza di volo”. Detto altrimenti, gli uccelli sani non manifestano respirazione irregolare dopo un breve esercizio di volo, in quanto il loro apparato respiratorio è talmente complesso e specializzato da permettere elevate performances. • Poggiare un dito, senza esercitare una forte pressione, sull’addome: se il volatile è compromesso a li-

Canarino con cataratta

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• • •

vello respiratorio, entro pochissimi secondi manifesterà dispnea accentuata. Naturalmente questa modalità può essere attuata anche in alternativa alla precedente. Gli occhi non devono presentare tracce di essudati, gonfiore, opacità del cristallino (cataratta), escrescenze o deplumazioni nella zona perioculare. Il becco non deve presentare irregolarità strutturali. le narici devono essere prive di qualsiasi traccia di essudati e/o sangue. Le piume intorno alla cloaca in condizioni di normalità non sono sporche, mentre in presenza di numerosi processi morbosi appaiono imbrattate dalle feci diarroiche. Esaminare l’uropigio. A torto questo controllo viene spesso omesso, perché le patologie a carico di tale ghiandola non sono da sottovalutare, in quanto valutabili intorno all’ 1% e in genere hanno un’evoluzione lenta e, nelle fasi iniziali, i volatili non manifestano evidenti segni di sofferenza . Le zampe non devono presentare callosità, nodosità, scaglie rialzate. Verificare de visu ma soprattutto con la palpazione la massa muscolare del petto, la quale deve avere una buona

Uropigite in un canarino

consistenza e, quindi, non deve assolutamente presentare atrofie (rilevabili anche da una maggiore percezione della carena dello sterno), che sono la conseguenza di un regime alimentare irrazionale e insufficiente o di una malattia in atto. • Esaminare l’addome affinché il fegato non risulti molto debordante rispetto alla gabbia toracica e non siano evidenti segmenti enterici di colore scuro. Gli accertamenti sopra rappresentati, naturaliter, non costituiscono un completo protocollo ma, come sopra accennato, rappresentano gli essenziali strumenti che consentono all’ornicoltore di salvaguardarsi in qualche modo dall’acquisto di volatili non in perfetta forma fisica. Risulta evidente che, se il volatile da acquistare presentasse anche uno solo dei suddetti segni clinici, il buon senso imporrebbe di essere prudenti e diffidenti, pure se l’esemplare fosse di una particolare bellezza e rarità. Forse i neofiti dell’ornicoltura potranno credere che tali esami siano impegnativi e che richiedano molto tempo, ma, dopo aver maturato un minimo di esperienza, si renderanno conto che sono realizzabili adeguatamente in pochissimi minuti.


DIDATTICA & CULTURA

Le mutazioni genetiche “naturali” del Cardellino testo di SALVO SASSADORO, foto “FOTO ZOOM” di ALBERTO AGRUSA

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ncastonato di fronte le turchesi acque antistanti la città di Terrasini, a poche decine di chilometri da Palermo, sorge il pittoresco Palazzo d’Aumale. All’interno delle sue modernissime e molteplici sale, che ospitano varie sezioni e collezioni, prende vita una speciale sezione naturalistica che vanta oltre 9.000 esemplari imbalsamati. Tra questi, durante una “fortunata” visita della “sezione di studio ornitologico”, sono subito balzati alla mia attenzione degli esemplari di Cardellino “mutati spontaneamente in natura” (Carduelis carduelis, Linnaeus, 1758), cioè senza la spinta genetica da parte dell’uomo. Mai come in questo caso la natura ha superato di gran lunga decenni e decenni di incroci fatti dagli allevatori

Soggetto 1 - Foto 1 - Posa Frontale sesso F - Loc. Cerda (PA) Anno 1935

di tutto il mondo per ottenere le attuali mutazioni che possiamo ammirare oggi nelle mostre ornitologiche. Gli esemplari in questione, tutti rigorosamente di cattura (anche se le schede informative individuali dei soggetti riportano che alcuni di loro, in seguito,

Soggetto 1 - Foto 3 - Cartellino di riconoscimento sesso F Loc. Cerda (PA) Anno 18.01.1935

Soggetto 1 - Foto 2 - Posa Retro sesso F Loc. Cerda (PA) Anno 1935

sono stati tenuti in cattività), sono stati trattati con le migliori tecniche tassidermiche del tempo, cioè dai primi del novecento fino agli anni 70’ del secolo scorso, e fanno parte delle collezioni “Orlando” e “Vitale” che hanno permesso un ottimo stadio di conservazione di tutti gli animali. Non potete capire il mio stupore nel vederli, mentre facevano bella mostra di sé nelle teche in vetro, insieme ad altre centinaia di soggetti perlopiù ancestrali. Pertanto, smanioso di saperne di più e soprattutto di poter condividere questa “scoperta” con la grande famiglia degli allevatori FOI, ho subito contattato il curatore della sezione di studio il Dott. Lo Valvo, che si è fin da subito reso disponibile, insieme allo staff della direzione museale della Regione

Soggetto 2 - Foto 1 - Posa Frontale sesso F Loc. Buonfornello (PA) Anno 1971

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Soggetto 2 - Foto 2 - Posa Retro sesso F Loc. Buonfornello (PA) Anno 1971

Siciliana a cui appartiene il Palazzo d’Aumale, per ottenere le relative autorizzazioni e poter così effettuare questo piccolo articolo fotografico, ma di grande impatto emotivo per tutti gli appassionati della specie e dell’ornitologia in generale. Se dapprima volevo produrre una scheda tecnica “completa e dettagliata” per ogni soggetto, ho deciso poi di proporre ai lettori di Italia Ornitologica solo le foto con annesse le principali informazioni riportate dai collezionisti/tassidermisti (Orlando e Vitale), lasciando al lettore il gusto di trovare (e studiare) da sé a quale “Moderna” mutazione appartengono i vari soggetti ritratti nelle prossime foto.

Ovviamente l’invito che rivolgo a voi tutti è quello di poter presto visitare questo stupendo polo museale. Purtroppo, per questione di spazio, non posso in queste poche pagine darvi un resoconto generale delle “meraviglie naturali” che custodisce, ma che presto saranno lo spunto per un mio prossimo articolo, ancor di più perché le intere collezioni (Archeologiche, Etno-antropologiche, Paleontologiche, Malacologiche, Entomologiche e Ornitologiche) verranno catalogate e rese pubbliche a tutto il mondo attraverso un database multimediale visionabile comodamente da casa, per studio o per semplice voglia di ampliare le proprie conoscenze sul mondo che ci circonda.

Soggetto 3 - Foto 1 - Posa Frontale Sesso F Loc. Palermo Anno 1958

Soggetto 4 - Foto 1 - Posa Frontale sesso sconosciuto Anno sconosciuto

Soggetto 5 - Foto 1 - Posa Frontale sesso M Loc. Alcamo (TP) Anno 1931

Soggetto 3 - Foto 2 - Posa Retro sesso F Loc. Palermo Anno 1958

Soggetto 4 - Foto 2 - Posa Retro sesso sconosciuto Anno sconosciuto

Soggetto 5 - Foto 2 - Posa Retro sesso M Loc. Alcamo (TP) Anno 1931

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Note sintetiche del Palazzo d’Aumale

Soggetto 9 - Foto 1 - Posa Frontale sesso sconosciuto Anno 1928

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ato nel XIX secolo, come magazzino di stoccaggio delle merci provenienti dall’entroterra e dal mare, ad opera del suo proprietario, il duca Henri d’Aumale, dal 2001 è stato convertito in Polo Museale Multidisciplinare sotto la cura e la supervisione della Regione Siciliana, dando vita all’attuale Museo Regionale di Storia Naturale e Mostra Permanente del Carretto Siciliano. Il Museo possiede una cospicua collezione naturalistica costituita da oltre 500.000 oggetti di varia natura e tipologia (paleontologia, malacologia, entomologia, ornitologia, mineralogia, geologia) che così lo inserisce fra i più grandi musei naturalistici d’Italia. La collezione etnoantropologica comprende carretti siciliani, modellini di barche e altri oggetti della cultura materiale contadina acquisite da tempo al Demanio Regionale. Una piccola sezione archeologica comprende reperti marini e terrestri rinvenuti durante le campagne di scavo sul territorio. Si tratta di un Museo articolato in tre sezioni tecniche: Naturalistica, Etno-antropologica ed Archeologica.

Soggetto 6 - Foto 1 - Posa Frontale sesso M Loc. Palermo Anno 1930

Soggetto 7 - Foto 1 - Posa Frontale sesso M Loc. Termini Imerese (PA) Anno 1953

Soggetto 9 - Foto 2 - Posa Retro sesso sconosciuto Anno 1928. Si noti il particolare della testa

Soggetto 7 - Foto 2 - Posa Retro sesso M Loc. Termini Imerese (PA) Anno 1953

Soggetto 8 - Foto 1 - Ibrido Carderllino x Canarina Posa Frontale sesso M Loc. Palermo (PA) Anno 1939

Soggetto 10 - Foto 1 - Posa Frontale sesso M Loc. Palermo Anno 1934

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ALIMENTAZIONE

Il Rosmarino (Rosa-maris): un mare di virtù A dir del rosmarino le virtù ci vorrebbe una vita e anche di più (Proverbio) testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI

Premessa Molte volte, fatti strani, occasioni, incontri ed eventi particolari, come quello che di seguito vi racconto, mi hanno dato lo spunto per ricercare, conoscere, sperimentare e riportare sulle mie paginette di orto-ornitofilo le nozioni acquisite, le emozioni, le scoperte ed i risultati delle mie “sperimentazioni sui canarini”, se così vogliamo chiamarle, con le erbe di campagna, piante e fiori officinali. Nel corso degli anni ho constatato, nel

Cespuglio di Rosmarino nel giardino dell’autore

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Dal quaderno dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

mio piccolo, che “La natura non fa nulla di inutile”, come disse Aristotele. Eccoci al fatto. Sono le ore 10 dell’8 marzo 2020, ed è una bella giornata solatia. È il giorno dedicato alla festa della donna, e la mimosa ne è il fiore simbolo. Non potendo recarmi dal fioraio in città, causa restrizioni anti-coronavirus, per acquistare il classico rametto di mimosa, perlustro il giardino in cerca di alcuni fiori che sostituiscano nel modo migliore quelli classici che vengono regalati, come augurio, in questo giorno dedicato alla festa delle donne. Giunto vicino al cespuglio del rosmarino, si presenta ai miei occhi uno spettacolo di fiori a grappolo dalle sfumature bianco-azzurrolilla chiaro, arricchiti di un profumo inconfondibile… - “Ecco Gigi,- mi dico - hai trovato il fiore ideale! Il rosmarino è la pianta portafortuna per eccellenza fin dal tempo degli antichi romani! “-

Non posso far a meno di scattare alcune fotografie (il cellulare in certe occasioni mi aiuta) per non perderne la bellezza scenografica (vedi foto allegate), e raccolgo alcuni rametti più fioriti, anche se il rosmarino in fiore non andrebbe “amputato”, che porto alla mia signora per gli auguri di questa ricorrenza. Quatto quatto la raggiungo in cucina, mentre è indaffarata tra i fornelli, con il classico mazzo di fiori dietro la schiena… Appena le mostro il mazzetto, non mi dà il tem-

Primo piano di un rametto fiorito di Rosmarino


po di aprir bocca -“Ti devo arrostire qualcosa?!. Che carino…Ah! Lo porti dai canarini?! o devi fare l’infuso?” - Io, che volevo omaggiarla di un mazzetto di fiori profumati, rimango come un “patacca”, detto alla pesarese. Dopo un attimo di silenzio le dico: - “ Che festa è oggi?…Non potendo regalarti la mimosa, l’unico fiore che è di buon auspicio e che rappresenta l’amore, è il rosmarino per cui… “Un bacio mi interrompe e suggella i miei auguri… e il rosmarino, finisce in un vaso a profumare il soggiorno. Mentre sistemo il vaso, le parole di mia moglie mi hanno ricordato che: devo effettivamente sostituire i rametti di rosmarino, ormai secchi, nella stanza dei canarini dove assieme al profumo del timo, maggiorana, origano, basilico e altre piante aromatiche, è di aiuto per allontanare mosche, zanzare ed altri insetti nocivi; - che oggi è il giorno dell’infuso al rosmarino (ricco di antiossidanti) che assumo ogni mese e che utilizzo anche per inumidire il pastoncino secco per i canarini. Infine, tutto questo parlare di rosmarino mi ha finalmente dato la spinta a riprendere e completare un vecchio scritto dal titolo “Rosa-maris” (rimasto nel cassetto da troppo tempo), e dir del rosmarino le virtù, come recita il proverbio. Un pò di botanica, di storia e di leggenda (dal mio “cassetto”). Prima di “tuffarmi” in questo mare di virtù che è il Rosmarinus officinalis, penso sia utile e gradevole conoscere o riportare alla memoria, un po’ di botanica, di storia e di leggenda di questa pianta balsamica per eccellenza. In botanica, il Rosmarino che tutti conosciamo è classificato nella famiglia delle Lamiaceae, genere Rosmarinus, specie Rosmarinus officinalis. È un arbusto sempreverde, che ha origine nel bacino mediterraneo; non raggiunge grandi altezze e ne esistono numerose varietà. Cresce spontaneamente in qualsiasi terreno o in vaso con esposizione solatia o mezz’ombra; necessita di pochi fertilizzanti e si può riprodurre principalmente per talea. I fusti sono legnosi e molto ramificati di un colore mar-

rone chiaro. Le foglie, lunghe 2-3cm e larghe 1-3 mm, di colore verde cupo lucente sulla pagina superiore e biancastre su quella inferiore per la presenza di peluria bianca; sono ricche di ghiandole oleifere. I fiori, dove il colore azzurro si mescola al violaceo e al bianco in diverse sfumature, sono piccoli, riuniti in brevi grappoli all’ascella delle foglie fiorifere e sono ermafroditi e sessili; sono profumatissimi e attirano api, vespe, farfalle ed altri insetti impollinatori. I frutti, di colore brunastro, sono 4 semi (acheni) lisci ovoidali. L’etimologia del nome ci dice che molti latinisti ne fanno derivare il nome da rosa maris (rosa di mare) o rhus - maris (arbusto di mare), o ros-maris (rugiada del mare), dove il mare sta per il colore dei suoi fiori che lo richiamano, o perchè cresceva come arbusto spontaneo sulle scogliere in riva al Mar Mediterraneo, al quale, nell’antichità fu anche consacrato. Per gli Egizi, che ne conoscevano le proprietà, era la pianta dell’immortalità, per i Greci era “erba dell’amicizia” o “erba di Venere”, mentre per i Romani era “pianta del buon auspicio e porta fortuna”. Nel corso dei secoli si susseguono numerose leggende e credenze popolari. Tra quelle mitologiche, che mi sono appuntato, la più bella è raccontata da Ovidio nelle “Metamorfosi” dove Apollo, dopo vari sotterfugi, riuscì a sedurre la figlia del Re dei Babilonesi, ma la ninfa Clizia, a sua volta innamorata di Apollo, fece la spia al padre che seppellì viva la figlia; e qui interviene il Sole che con i suoi raggi trasforma le spoglie in una pianta dai bellissimi fiori azzurro-lillà con piccolissime foglie verdi e dal profumo inebriante: il Rosmarino! Greci e Romani adornavano gli sposi ed i cortei nuziali con rametti di rosmarino, ne mettevano nella culla dei neonati e nelle mani dei defunti. Beneauguranti e porta fortuna per sposi e neonati; per allontanare gli spiriti maligni dai defunti. Venivano anche incoronate con Rosmarino e Mirto le statuette dei Lari, numi tutelari della casa. Credenze e leggende popolari sono incentrate soprattutto sulle proprietà medicinali

Rosmarino particolare della fioritura

Santoreggia appesa sopra un calendario

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del Rosmarino come quella di legare i fiori in un panno di lino e farli bollire in acqua, considerata una “panacea” per tutte le infermità. Ed ecco un paio di leggende: siamo nel 1300, si dice che la regina Isabella d’Ungheria, settuagenaria e piena d’acciacchi, abbia ritrovato salute e una seconda giovinezza grazie ad infusi e frizioni con il Rosmarino, tanto che fece innamorare e sposò il re di Polonia. Oppure, la marchesa francese di Sévigné che “andava pazza” per il decotto di rosmarino e ne lodava le virtù scrivendo alla figlia che era di “sollievo alla sue pene fisiche e morali”. Sempre in Francia, è nato “l’aceto dei quatto ladroni”. La leggenda narra che durante la terribile peste che colpì Tolosa nel 1630, quattro ladri depredavano le case degli appestati, moribondi o morti, non tenendo conto del rischio di contagio. Arrestati furono condannati all’impiccagione, ma un Giudice, promettendo la grazia, chiese loro di rivelare il segreto della loro incolumità alla peste. I ladri risposero che due volte al giorno si bagnavano i polsi e le tem-

Rosmarino appeso nelle voliere

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Nella simbologia dei fiori, oltre ad essere di buon auspicio, il rosmarino rappresenta il ricordo

pie con un intruglio fatto con aceto e varie erbe, tra cui salvia, rosmarino, timo e lavanda. Tutt’oggi viene prodotto e commercializzato un macerato con il nome di aceto dei quattro ladroni dove il Rosmarino è il primo ingrediente tra le varie erbe aromatiche ed è consigliato soprattutto per combattere patologie virali e batteri. Inoltre, come prevenzione, ne viene consigliato l’uso come facevano i quattro ladri della leggenda: bagnarsi polsi e tempie con alcune gocce! Non mancano leggende religiose. Una cristiana racconta che la Vergine Maria durante la fuga in Egitto si riparò e si nascose con Gesù sotto un cespuglio di Rosmarino che aveva solo fiori bianchi. Passato il pericolo, stese il suo mantello sul cespuglio ed i fiori

subito divennero azzurri. Altre credenze medioevali legate al rosmarino erano: conservarlo in casa come protettore da ladri e intrusi; bruciarlo per purificare l’anima e l’ambiente; realizzare oggetti con legno di rosmarino come talismani dalle magiche virtù. Nella simbologia dei fiori, oltre ad essere di buon auspicio, il rosmarino rappresenta il ricordo, per cui, quando regaliamo dei fiori, mettiamoci alcuni rametti di rosmarino e così, con il linguaggio dei fiori, facciamo sapere che: “sono molto felice di vederti”! Il Rosmarino è storicamente presente, date le sue innumerevoli virtù, non solo nel culto culinario e della medicina popolare, ma anche in fitoterapia, erboristeria, omeopatia, e… cerca cerca l’ho trovato anche nel campo alimentare dell’ornitologia! Un mare di virtù I dati sottostanti, a conferma che “La natura non fa nulla di inutile” (Aristotele), ci aiutano ad entrare in questo “mare di virtù” di cui è piena questa pianta arbustiva: il Rosmarino. (fonte: www.mr-loto.it) Composizione chimica per 100gr. di rosmarino fresco Acqua g 67,77 Proteine g 3,31 Carboidrati g 20,70 Grassi g 5,86 Fibre g 14,1 Ceneri g 2,35 Minerali Calcio mg 317 Rame mg 0,301 Ferro mg 6,65 Magnesio mg 91 Manganese mg 0,960 Fosforo mg 66 Potassio mg 668 Sodio mg 26 Zinco mg 0,93 Vitamine Vitamina A IU 2924 Vitamina A, RAE mcg 146 B1 mg 0,036 B2 mg 0,152 B3 mg 0,912 B5 mg 0,804 B6 mg 0,336 Vitamina C mg 21,8 Folati mcg 109 Fonte: Nutritionvalue


Aminoacidi: acido aspartico, acido glutammico, alanina, arginina, cistina, glicina, fenilalanina, istidina, metionina, isoleucina, leucina, lisina, prolina, serina, tirosina, triptofano, valina e treonina. Le foglie contengono un olio essenziale molto pregiato. Le sue proprietà principali sono da riferirsi ad alcuni composti tra i quali annoveriamo: il pinene, il borneolo, la canfora e il cineolo. Oltre a queste sostanze, le foglie di rosmarino contengono anche saponine, acido rosmarinico, flavonoidi e tannini. Molte di queste sostanze, una volta isolate e analizzate, hanno mostrato forti proprietà antiossidanti. Calorie: 100 gr di rosmarino hanno un apporto calorico pari a 131 kcal. Usi e proprietà più diffuse Il Rosmarino è più conosciuto ed usato come condimento culinario, piuttosto che per le sue potenziali proprietà benefiche per la salute umana e dei nostri volatili. Queste proprietà benefiche, di cui usufruiamo anche dall’uso culinario, vengono principalmente ricavate dai fiori e dalle parti aeree della pianta e l’olio essenziale (olio etereo aromatico) che si ricava, ne è la massima espressione e ne racchiude tutti i principi attivi. Oltre all’olio essenziale, anche infusi, decotti, creme, estratti, tintura madre ecc. risultano utili nelle specifiche terapie a cui sono preposti nelle ricette fitoterapiche. Studi ed esperimenti eseguiti e pubblicati su varie riviste mediche mondiali documentano le validità terapeutiche dei principi attivi del Rosmarino. Riporto un elenco sommario di virtù (benefici) ottenibili dal suo utilizzo, da cui estrapolare ciò che può essere utile nei nostri allevamenti di volatili. Benefici più comuni che si possono ottenere dal Rosmarino, soprattutto dall’olio essenziale (fonte www.mrloto.it) - aiuta a proteggere e fortificare il sistema immunitario - aiuta a prevenire l’invecchiamento celebrale – aiuta a migliorare la memoria e rende la mente più vigile e positiva - può migliorare la funzione cognitiva negli anziani - può essere utile per la salute degli occhi (retina e degenerazione maculare)

Angolo di voliera con appeso un mazzetto di origano

- utile per calmare lo stress e migliorare l’umore - utile come rimedio per lo stomaco, diarrea, flatulenza, gonfiore addominale - utile nel trattamento per ridurre le macchie della pelle - utile conto il mal di testa - utile contro la caduta dei capelli - utile a ridurre l’infiammazione dei tessuti (gonfiori, dolori e rigidità) - utile nel trattamento del tumore alla pelle - ha proprietà leggermente diuretiche - ha proprietà deodoranti, tonificanti e purificanti - ha proprietà antibatteriche, antisettiche e antiparassitarie (pidocchi e pulci) - migliora la circolazione sanguigna (utile nel caso di mani e piedi freddi) - attiva i meccanismi di difesa per proteggere il fegato - aiuta ad allontanare zanzare ed altri insetti nocivi N.B: La pianta non risulta tossica, se viene assunta alle dosi terapeutiche consigliate. Utilizzo in campo ornitologico Come detto sopra: cerca cerca, ho trovato il rosmarino anche nel campo alimentare ornitologico. In primis in una

confezione di Semi così detti “Condizionatori” che utilizzo costantemente mescolati al pastoncino nel rapporto di un cucchiaio per Kg. di pastone. Successivamente, nella descrizione dei componenti di un misto semi per canarini “Componenti: Scagliola, perilla bianca, niger, semelino oro, canapuccia, rosmarino, origano. Grazie alle proprietà del rosmarino, la formula (omissis) previene naturalmente l’inquinamento batterico e fungino dei semi. Tale effetto è dovuto alla presenza di terpeni volatili ed in particolare del borenolo e di altri composti fenolici presenti nella frazione terpenica”.- Un’altra azienda, invece, riporta le proprietà dei singoli semi componenti le confezioni, e per quelli di Rosmarino scrive: “Rosmarino (Rosmarinus officinalis) ricco di oli essenziali, flavonoidi, acidi fenolici, tannini, resine, canfora e acido rosmarinico con proprietà antiossidanti”. La cosa mi ha sorpreso un po’, pensavo fosse utilizzato solamente nei così detti “semi condizionatori”! Ma sono rimasto altresì soddisfatto constatando che qualche azienda mangimistica ne ha recepito le virtù, reputandole utili nella alimentazione dei volatili, inserendo i semi del Rosmarino nelle confezioni. Un solo rammarico: in nessun caso è riportata la percentuale. Venendo al mio utilizzo, oltre ai suddetti “semi condizionatori” in cui c’è anche il rosmarino, adopero mensilmente, come riportato in premessa, un “infuso al rosmarino (ottimo depuratore per fegato e regolatore della flora intestinale). Inoltre, come ho scritto sempre nella premessa, nella stanza dei miei canarini sono sempre presenti, assieme ad altre erbe aromatiche, alcuni rametti di Rosmarino, con la funzione di allontanare zanzare ed altri insetti nocivi. Ah!... dimenticavo: i rametti verdi che appendo esternamente nella voliera di cui alcuni oltrepassano le maglie della rete, sono oggetto di “assalto con lotte continue” da parte dei canarini. Sarà curiosità, un diversivo, li gradiscono? Mah! Di certo è che i rametti che i canarini riescono a raggiungere, rimangono senza una fogliolina… e non ho mai visto che vengano rigettate. Provate per credere e me ne darete atto. Ad maiora semper!

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CANARINI DI FORMA E POSZIONE ARRICCIATI

Il portamento del Parigino di BRUNO NOVELLI, foto S. Giannetti

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Il Parigino nato ed elaborato in Francia Il Parigino fu una creatura nata e cresciuta in Francia. Nel febbraio del 1922 la Societé Sérinophile “La Parisienne” presieduta da G. Delprat ne approvò lo standard e relativa scala valori. Successivamente, poiché quella scala dei

punti conteneva un errore numerico (la sua somma raggiungeva 94 punti anziché 100) ne fu stilata un’altra da

un giudice francese (M. Pineau) che fu approvata dalla Societé Sérinophile et Ornithologique “La Nationale”. Secondo lo Standard, depositato dalla CTN francese “La Nationale“, erano ammessi due tipi di portamento: quello basso cosiddetto “a rana“, asserisce l’Aubac estensore dello standard, e quello “alto” che dona al Parigino fierezza, alterigia e maestosità. Pertanto nel Parigino si distinguono due portamenti: 1) il portamento alto molto elevato 2) il portamento basso

Arricciato di Parigi lipocromico

Arricciato di Parigi melaninico

Arricciato di Parigi pezzato

n questo mio breve rapporto parlerò solo dello standard del Parigino ed in particolare del suo portamento mentre è sul posatoio durante la fase di giudizio.

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Secondo lo Standard, depositato dalla CTN francese “La Nationale“, erano ammessi due tipi di portamento


Nella fase di giudizio il portamento alto sarà preferito. Crediamo bene che il portamento alto debba essere preferito, altrimenti come farebbe ad essere fiero, altero e maestoso? Secondo me il portamento “a rana“ non doveva essere considerato una caratteristica propria della Razza, bensì un difetto come un altro. Ma anche la “Nationale” francese modernamente si allineò alla logica considerazione che il portamento del Parigino doveva essere unico e ben delineato cioè “Fiero, maestoso ed eretto il più possibile” I portamenti fisiologici allo stato di riposo sono quelli che in quel particolare momento (stanchezza, intervallo fra una imbeccata ed un’altra, periodo della digestione, risposta al freddo, al caldo, mentre canta etc, etc.) il Parigino, estraniato dall’ambiente circostante, assume per farsi i fatti suoi. Dello stesso parere furono i successori dell’autorevole Presidente della “Nationale“ francese, il Sig. Aubac, e cioè i Sigg: Lègendre, Lacorne, Giquelais, Smet, Le Duff, Pomarede e infine il notissimo Sig. Huysman che, sulla rivista Les Canaris de Posture edito dalla “Nationale“ belga, così scriveva: “Il portamento del Parigino può essere eretto, ma anche un poco più basso (a rana). La posizione eretta è preferita in caso di parità, perché l’animale sembra più grande e presenta meglio le sue abbondanti arricciature”. Il Parigino nato ed elaborato in Italia In un libretto edito dall’Encia, nei remotissimi anni 50, scrisse un autore sconosciuto: “L’eleganza del Parigino gli è principalmente conferita dal portamento che deve essere fiero, altero ed eretto. Anche se lo Standard preveda tuttavia due posizioni: la alta ed eretta e la bassa o rannicchiata, detta appunto a rana. Ma la migliore, anzi quella tipica del Parigino di classe, è naturalmente quella eretta”. In un altro numero dell’Encia dell’epoca (1973) c’è un capitolo scritto dal noto grande ornitologo piemontese Sig. Vaccari, dal titolo “Eleganza”, in cui egli asserisce che tale eleganza viene conferita al canarino dal modo con cui si comporta sul posatoio: “Con un porta-

L’eleganza del Parigino gli è principalmente conferita dal portamento

mento fiero, eretto sulle zampe, in posizione a 45 gradi, è l’ideale”. Ma il Vaccari va oltre e stigmatizza: “Un tempo gli allevatori francesi mettevano i Parigini in gabbie molto basse onde fossero costretti ad accovacciarsi; ciò al solo fine speculativo, dato che un modesto soggetto, obbligato a rimanere nella posizione innaturale “a rana”, dà l’impressione di essere molto (?) più voluminoso di quanto in effetti lo sia. Inoltre questi modesti soggetti hanno da nascondere qualche pecca come la mancanza di piume all’attaccatura delle gambe”. Già l’esimio Vaccari, più avanti, esprime meglio come debba essere un Parigino, infatti prende di mira non più il “portamento” bensì “il comportamento” del canarino, indicando al giudice che fra i vari comportamenti del soggetto nella sua gabbietta, egli deve saper scegliere quello in cui il

Figura 1 -

Figure 2, 3 Figura 4 -

Parigino, alto, fiero e maestoso esprime tutta la sua eleganza, cioè si comporta da soggetto fiero e vigoroso. Dagli anni 70 in poi (dal 1° Criterio di Giudizio degli anni 70 all’ultimo degli anni 2006) il nostro Parigino è codificato con questo portamento: ”Eretto, fiero, maestoso, tronco e coda in linea; angolatura sull’orizzontale di circa 50°, mentre quello a rana con angolatura fra corpo e coda, riceverà una valutazione di 3 o 4 punti”. I nostri eccellenti allevatori di Parigini bocciarono il comportamento a rana e le gambe di bruco, lasciando i francesi nelle loro errate convinzioni e l’allevamento italiano superò quello francese. Certamente è poco, rispetto alle opere che i Francesi si sono portati via, ma meglio che niente! L’Ornitologia mondiale fino a qualche anno fa considerava il Parigino la più alta vetta mai raggiunta dalla Canaricoltura mondiale, poi arrivò il fratello maggiore, l’AGI… e il nostro immaginario di allevatori di canarini arricciati ebbe la conferma che questi due capolavori della bellezza rappresentano quanto di meglio la selezione possa offrire, sia quella francese, sia quella italiana.

Parigino “cambrée”, curvato. La coda è ciondolante e funziona da contrappeso per il mantenimento dell’equilibrio durante il sonno ed il riposo. Durante l’attività questa posizione non ha giustificazioni e nuoce all’eleganza. Si notino le punte delle ali distanti dal corpo e le piume di gallo meno evidenti che nelle altre figure. Soggetti con portamento più vicino a quello ideale. Parigino con coda perfettamente in linea. Le punte delle ali non si vedono quasi e le piume di gallo appaiono più evidenti. Questo è il portamento che più si addice al Parigino

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O rniFlash Origine del Mosaico: osservazioni su articolo di “Science”

News al volo dal web e non solo

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a rivista internazionale “Science” ha pubblicato una recente osservazione di Giovanni Canali (F.O.I.) e Marco Baldanzi (Università di Pisa), in merito all’articolo “A genetic mechanism for sexual dichromatism in birds” (Gazda et al., Science 368, 1270-74, 2020) presente nel numero della rivista edito in Giugno, in cui gli autori sostengono il ritorno di un dicromatismo da un antenato del canarino, innescato dall’ibridazione con il cardinalino del Venezuela, rilevando la presenza di un certo enzima. Canali e Baldanzi hanno esposto altri argomenti a sostegno della tesi della mutazione come origine del canarino mosaico: per esempio, se fosse il cardinalino del Venezuela a trasmettere geneticamente l’aumento del dicromatismo sessuale, innescando un atavismo del canarino, questa circostanza dovrebbe verificarsi ogni volta che il cardinalino viene ibridato con il canarino, come accade per i fattori rossi che vengono sempre trasmessi ogni ibridazione. D’altra parte, gli ibridi mosaico nascono regolarmente quando si usa la femmina di canarino mosaico, ma quando si usa la femmina di canarino intenso proveniente da brinati, il mosaico non nasce mai: nascono solo intensi e brinati. Anche nei re-incroci non c’è traccia di mosaico. Semmai si nota che nei maschi brinati, già a livello di F1, può esserci una brinatura molto fine ed uniforme. La femmina è più brinata ma da non confondere con un mosaico. In accoppiamenti successivi, anche la brinatura delle femmine si esprime in modo sempre più normale come la femmina di canarino brinato. Fonte: https://science.sciencemag.org/content/368/6496/1270/tab-e-letters

Madagascar, ecco l’ipotetico antenato del Tucano

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ull’isola del Madagascar è stato ritrovato un fossile di Falcatakely forsterae, ipotetico antenato dell’odierno tucano. Come ovvio, la somiglianza tra questi due uccelli è suggerita dalla loro caratteristica più appariscente: il becco molto pronunciato e dai colori sgargianti. Il fossile rinvenuto nell’isola che ha da sempre rappresentato la culla della vita e della natura incontaminata, in realtà non era affatto in buone condizioni. Le ossa degli uccelli infatti, anche nel periodo preistorico, erano lunghe e fine. Questo comporta un inevitabile degrado nell’integrità della conservazione. Ciò che però ha resistito in maniera egregia è appunto il becco, munito di un dente proprio sulla punta. Questa caratteristica rende assimilabile il Falcatakely ad un tucano, o meglio ad un suo lontano antenato. In realtà una vera e propria parentela non esiste: il Madagascar, fino all’epoca moderna, è infatti rimasto isolato. Ciò in qualche maniera è stato un bene, vista la tendenza umana al “rovinare” tutto ciò che è naturale. Non parliamo dunque di un reale antenato del tucano, ma piuttosto di due specie che, grazie a delle necessità riscontrate nella loro esistenza, hanno messo in atto una “convergenza evolutiva“. Gli stessi ricercatori che hanno analizzato il caso del Falcatakely hanno creduto si trattasse di un vero e proprio antenato del moderno tucano, fuorviati dalla somiglianza dei loro becchi. L’unica reale differenza anatomica è costituita dalle ossa che formano la parte superiore di quest’ultimo. Gli uccelli preistorici infatti ne contavano due, mentre oggi l’evoluzione ha fatto il suo corso unendoli. Fonte: https://biopianeta.it/2021/01/tucano-antenato-preistorico-scoperto-fossile-falcatakely/


O rniFlash Cacatua a rischio estinzione cacatua delle palme sono degli uccelli che spesso raggiungono i 1,2 kg e 65 cm di lunghezza. Si trovano nelle pianure della Nuova Guinea, nelle isole Aru e nella penisola di Cape York a nord di 14,5 ° S nell’Australia continentale. Lo stato di conservazione globale di questa specie in Australia è “Vulnerabili”, a causa dei bassi tassi di riproduzione, della disponibilità di habitat alterata a causa di regimi antincendio modificati e disboscamento della vegetazione su larga scala mediante operazioni minerarie. Questi uccelli timidi e sfuggenti, iconici della penisola di Cape York nell’estremo nord del Queensland, modellano grosse bacchette dai rami, le afferrano con i piedi e le sbattono ritmicamente sul tronco dell’albero per tutto il tempo, mostrandosi alle femmine. Purtroppo, i cacatua delle palme hanno uno dei tassi di riproduzione più lenti di qualsiasi altro uccello e uno studio recente mostra che la popolazione non produce abbastanza piccoli per sostituire gli uccelli che muoiono. Anche gli scenari migliori mostrano che la popolazione complessiva scenderà di oltre la metà in 49 anni, l’equivalente di tre generazioni per gli uccelli. Questo rapido tasso di declino significa che i cacatua delle palme si qualificano come specie “in pericolo”. Inoltre, uccelli longevi come i cacatua delle palme, specialmente quelli che vivono in aree remote, sono incredibilmente difficili da studiare. Fonte: https://www.rsvn.it/cacatua-a-rischio-estinzione-lo-studio/

Quando la passione per gli uccelli porta alla difesa della foresta brasiliana

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utto è iniziato con un uccello chiamato “merlo di Forbes”. E oggi, 35 anni dopo, sono stati piantati 8 milioni di alberi e costruite scuole e posti sanitari, soprattutto nel nord e nel nord-est del Brasile. Dietro a tutto questo c’è la biologa svizzera Anita Studer, che dirige l’Ong Nordesta Reforestation & Education. In breve, la storia è andata così: per aiutare a proteggere il merlo di Forbes – un merlo brasiliano, oggetto della sua tesi di dottorato – Anita Studer ha finito per salvare una parte della foresta atlantica, la Pedra Talhada, situata tra Alagoas e Pernambuco. “Quando ho scoperto questo uccello, ho anche constatato che la foresta era in pericolo, perché presto sarebbe stata disboscata. Stavo cercando un tema per la mia tesi. Il mio professore mi disse che il merlo di Forbes era un buon soggetto, dato che questo uccello non era mai stato studiato prima. Ma mi ha anche avvertito che dovevo sbrigarmi, perché nel giro di 10 anni la foresta sarebbe scomparsa”, così Anita Studer ricorda l’inizio della sua storia. Anita Studer racconta che già allora era una persona che amava l’ecologia e voleva studiare il comportamento degli uccelli. “Non volevo solo riscoprire questa specie di uccello, ma anche conoscerne il futuro. Così mi sono fatta coraggio e ho deciso di proteggere la foresta”. Oggi, Anita Studer divide il suo tempo tra la Svizzera e il Brasile. Quando è in Brasile, inizia le sue giornate alle 04.00 per osservare gli uccelli. “Li guardo da una piccola capanna mimetizzata. Scrivo pubblicazioni scientifiche; sono 30 anni di ricerca”. Fonte: https://www.swissinfo.ch/ita/lutte-contre-la-d%C3%A9forestation_quando-la-passione-per-gliuccelli-porta-alla-difesa-della-foresta-brasiliana/46243476

News al volo dal web e non solo

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DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Vincenzo De Romita (Bari, 1838 - 1914) di ROBERTO BASSO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO

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incenzo De Romita nacque nel 1838 in un contesto storico difficile segnato da epidemie e carestie. Figlio di Raffaele e Felicetta Laudati, nacque nel centro storico di Bari, a pochi passi dalla Basilica San Nicola e Piazza Mercantile presso la Villa di S. Spirito sita in Via Garibaldi; era un’abitazione con un ampio giardino dove il De Romita poté realizzare una voliera e piccoli spazi utili a detenere animali che studiava con passione.

Gallina prataiola, Coll. Vincenzo De Romita

Ben presto divenne un grande appassionato cacciatore di rettili, anfibi, insetti e micromammiferi, fu anche paleontologo ed archeologo

Terzo di quattro figli maschi, sappiamo che nella sua prima giovinezza dimostrò una precoce e vivace passione per le scienze naturali ed in particolare per l’avifauna. Ben presto divenne un grande appassionato cacciatore di rettili, anfibi, insetti e micromammiferi, fu anche paleontologo ed archeologo. Con molti sacrifici da parte sua e della sua famiglia, si iscrisse alla facoltà di scienze naturali presso l’Università Federico II° di Napoli; a 36 anni ottenne la cattedra di

Pollo sultano preparato da V. De Romita, Coll. Civico Museo di Jesolo

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Museo De Romita, particolare della vetrina passeriformi

insegnante di scienze naturali nel Regio Istituto Tecnico di Bari. Nel 1907/08 il De Romita fu anche Preside incaricato di questo istituto. Con il trascorrere degli anni, riuscì ad intessere una propositiva e costruttiva rete di contatti in tutta Italia con altri naturalisti ma soprattutto ornitologi; ciò gli consenti di acquisire, scambiare e offrire materiale di studio, contribuendo a sopperire alle sue carenti risorse finanziarie, escamotage che comunque gli permise di arricchire le sue collezioni di indubbio valore scientifico, storico ed anche economico, senza dovervi investire somme rilevanti. Ebbe rapporti epistolari o personali con diversi studiosi del suo tempo, fra cui non si può non citare Giacinto Martorelli, Ettore Arrigoni Degli Oddi, Achille Costa, Enrico Hyller Giglioli. Con quest’ultimo ebbe una fitta corrispondenza e si incontrarono più volte. Si sposò con Giuditta Calia da cui ebbe quattro figli, tra i quali Gaetano che seguì le orme e la passione del padre. Si racconta che presso l’ingresso della sua abitazione erano soliti stazionare molti contadini, che lo attendevano per mostrargli all’interno di gabbie o vari contenitori uccelli, rettili ed altri animali da loro catturati. Il De Romita con l’indice ne indicava i soggetti di suo interesse che acquistava. Egli fu anche abile preparatore, tant’è che la figlia Anna ricordava e descriveva un episodio curioso: un giorno un fattore in lacrime bussò alla loro porta; si disperava con

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Dettaglio di una delle antiche sale del Museo De Romita

De Romita amava anche allevare e detenere presso la sua abitazione animali insoliti e rari, proprio per poterne osservare e studiare la loro etologia e biologia

Copertina dell’esaustiva monografia sulla vita di De Romita, edito da Mario Adda Editore, anno 2010, pag. 247

il cappello tra le mani, in segno di deferenza, supplicando il De Romita di imbalsamargli il suo bellissimo pavone maschio improvvisamente deceduto. Il De Romita all’inizio non lo ritenne un lavoro di sua competenza e utilità scientifica e si rifiutò. Ma l’insistenza e le suppliche del fattore alla fine lo fecero cedere. Lavorò diverse notti, non solo per spellare il grande uccello ma soprattutto per riuscire, ad una ad una, a fissare le lunghe penne della coda affinché rimanessero nella caratteristica posizione “a ventaglio”. Quando il fattore venne a ritirarlo e chiese al De Romita il dovuto per l’eccellente preparazione, egli non volle nulla, la sua ricompensa fu vederlo accontentato: questo fa intuire il carattere e il suo animo generoso. Il De Romita amava anche allevare e detenere presso la sua abitazione animali insoliti e rari, proprio per poterne osservare e studiare la loro etologia e biologia. Tra questi detenne per diversi anni anche una scimmia, un capovaccaio, dei corvi imperiali e numerosi rapaci. Presso la sua villa aveva allestito anche dei terrari dove custodiva diverse specie di rettili endemici velenosi e non. Si racconta che un giorno riuscirono a fuggire e si dispersero per tutte le stanze; egli, quando se ne accorse, fece uscire tutti i suoi familiari e pazientemente li ricatturò ad uno ad uno e li ripose a dimora nelle teche. Fu anche autore di numerose prestigiose pubblicazioni, tra cui “L’Avi-


fauna Pugliese” (1884), integrata poi con due aggiunte (1889, 1899) e i “Materiali per una Fauna del Barese” (1900), lavoro premiato all’Esposizione Universale di Parigi con medaglia d’oro; inoltre, pubblicò diverse brevi notizie sulla rivista “Avicola”. Nel 2010 la casa editrice “Mario Adda Editore” pubblicò una monografia sul De Romita di 245 pagine, curata da Peter Zeller, opera oggi ritenuta la più completa e aggiornata su questo naturalista. In diversi decenni riuscì anche a raccogliere e costituire un’importante collezione di reperti neolitici del barese, in prevalenza provenienti dalle grotte del Pulo di Altamura, poi da lui cedute al Museo Archeologico Provinciale di Bari. Ma dall’inizio del 1870 la passione a cui dedicò maggior tempo ed energie fu la creazione della sua rac-

Ritratto ad olio del De Romita, circa 1880

colta di studio ornitologica, la quale si incrementò rapidamente anche grazie ai numerosi scambi con i principali musei e collezionisti dell’epoca; ben presto raggiunse gli oltre 3.000 esemplari, divenendo una delle più ricche collezioni dell’Italia meridionale, collezione oggi custodita presso l’Istituto Vivante – Pitagora in Corso Cavour 249, nel cuore di Bari, e che oggi porta in sua memoria il nome “Museo Scientifico Vincenzo De Romita”. Della sua iniziale importante collezione tassidermica – ornitologica che custodiva circa 3.000 esemplari, oggi ne restano 994 parzialmente restaurati e conservati, ma aspetto rilevante è che la maggior parte di essi, corredati di dati morfologici, risultano raccolti in Provincia di Bari. In ricordo di Vincenzo De Romita è stata anche dedicata una via e un centro studi.

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S pazio Club Fiorino: questioni di taglia?

Club di Specializzazione

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a taglia, quella costituzione fisica considerata nelle sue dimensioni e proporzioni, a cui noi “fiorinisti” diamo (o dovremmo dare) così tanta importanza e sulla quale dobbiamo basare buona parte della nostra selezione. La taglia, che non è solo una fredda misura, come tanti possono pensare... ma un parametro selettivo inderogabile per questa razza, composto da forme e corrispondenza fra più elementi fisici in rapporto reciproco. La taglia per il Fiorino dunque... facciamo chiarezza una volta per tutte. Abbiamo deciso di redigere questo articolo in risposta al testo di Francesco Rossini, intitolato “Considerazioni sulla taglia del Fiorino”, pubblicato su I.O. (n°6/7-2020), nel quale l’allevatore ha sollevato la problematica dell’eccessiva taglia nel panorama generale della razza nel nostro Paese. Lo abbiamo scritto a quattro mani (l’attuale Presidente in carica del Club del Fiorino, nonché attuale allievo Giudice F.O.I., e l’ex-Presidente dello stesso, nonché ora anche Giudice Nazionale F.O.I.) per fornire un quadro più completo dell’andamento della suddetta problematica negli ultimi 810 anni, ed a livello genetico, non limitando tale indagine solo alle ultime due annate. Il compianto Professor Zingoni, era solito affermare che: - “la taglia del Fiorino dovrebbe essere come quella del Lizard, non di più!”. Lo standard cita: “forma piena, lunghezza 13 cm, pregiata la lunghezza inferiore, proporzioni perfette”. La taglia è quindi parte integrante del “tipo”, ossia quell’insieme di caratteristiche irrinunciabili contenute nel modello ideale. Le frasi che Rossini ha riportato nel suo articolo relative alla definizione e all’aspetto genetico della taglia, sono state saggiamente tratte da quel che per noi allevatori di canarini rappresenta un po’ la nostra “Bibbia”, ossia il prezioso testo di U. Zingoni “Canaricoltura”, nel quale (a pag. 354 della II° edizione) il Professore spiegò la differenza tra taglia e lunghezza, che non sono affatto sinonimi, la prima infatti è data dalla sommatoria di forma, proporzione e appunto lunghezza. Citiamo testualmente ciò che Zingoni scrisse su quest’ultima misura: - “Nel Canarino la lunghezza

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reale è data dalla somma della lunghezza dello scheletro e della coda. La lunghezza dello scheletro dipende dallo spessore delle vertebre. La lunghezza della coda dipende dalla intensità e dalla durata dell’attività del follicolo delle timoniere. Dopo una prima muta ben fatta un soggetto di grossa taglia può aumentare la sua lunghezza di un centimetro e più, perché la coda ha un incremento di tale valore. Abbiamo detto lunghezza reale, perché esiste anche una lunghezza apparente che dipende da 3 fattori: estensione maggiore o minore del collo, portamento, quantità di piumaggio (un soggetto stretto per povertà d piumaggio appare più lungo)”. In ornitognostica forma e taglia sono in stretta relazione, anche se con qualche eccezione. La forma del canarino dipende in gran parte dal suo piumaggio. La taglia rappresenta la mole del soggetto nel giusto e armonico rapporto di tutte le sue parti, in modo da esaltare la sua bellezza. Importante conoscere inoltre che la lunghezza può essere misurata in due modi: quello più corretto degli ornitologi, ossia stendendo il soggetto e misurando dalla punta del becco a quella della coda, ed uno più empirico, ma non del tutto disprezzabile, cioè valutando il soggetto in movimento, dalla fronte alla punta della coda. I due metodi danno certo misure diverse. Anche una estensione maggiore o minore possono dare misure leggermente diverse. Ma perché c’è questa tendenza dilagante nella razza all’aumento di taglia? Esattamente come avviene in molte altre razze di animali domestici, così anche nel Canarino, vi è la tendenza nelle razze di piccola taglia ad aumentare, e nelle razze di grande taglia a diminuire di dimensioni, proprio perché la forma ancestrale, ancora celata nel loro genoma, è programmata geneticamente per arrivare ad una taglia atavica; nonostante secoli di selezione in allevamento, questa “predisposizione genetica” è ancora presente nel DNA. È un po’ una sorta di ripristino graduale che la natura cerca di attuare, per annullare la manipolazione dell’uomo sulle creature viventi.


Oltre a questa predisposizione naturale, c’è da considerare l’origine delle razze, prestando attenzione alle tipologie utilizzate per attuarne una primordiale selezione, per cui nel Fiorino, vi possono essere ritorni del suo progenitore Arricciato del Nord. La selezione del Fiorino pertanto, se non controllata a dovere, tenderà sempre e comunque ad un aumento di taglia; la selezione dell’A.G.I. allo stesso tempo, se non forzatamente monitorata dall’allevatore, tenderà sempre ad una riduzione. Questo tanto per fare due esempi palesi. Magari fosse il contrario, ci risparmierebbe un bel po’ di lavoro in allevamento! Contenere la taglia quindi, senza un’attenta scelta dei riproduttori, è pertanto impossibile. E qui entra in gioco la bravura del selezionatore. La “selezione”, questa parola che mette quasi paura... che non è altro che una scelta, o più precisamente la scelta degli elementi migliori, la scelta dei geni da portare avanti, in base a caratteristiche di qualità e rispondenza, e in applicazione a criteri e parametri apodittici indicati appunto nel modello ideale: lo standard. Non vogliamo, nel presente articolo, entrare nel merito dell’eterometria, ossia lo studio delle variazioni del formato, e dell’anamorfosi, ossia lo studio delle proporzioni diametriche di questa razza, ma vogliamo solo spiegare meglio l’aspetto taglia sul piano della genetica, usando un linguaggio molto semplice. Oramai è statisticamente provato che negli uccelli la taglia al 90% deriva dal genitore maschio, e allo stesso tempo il genitore femmina incide di più sulla conformazione della testa, del collo e sul portamento (gli stessi Veerkamp e De Baseggio hanno pubblicato nei loro testi, precise statistiche sulla trasmissione di determinate caratteristiche alla prole). Negli accoppiamenti infatti è buona norma prediligere maschi di ottima taglia, rispetto alle femmine, che comunque ovviamente non devono mai eccedere nelle dimensioni. La priorità sulla taglia quindi, in un allevamento di Fiorini che si rispetti, va data ai maschi, anche se oramai vi è la tendenza ad esporre in maggioranza femmine, poiché strutturalmente più minute, quindi quasi sempre visibilmente più piccole. Secondo il nostro censimento, nella stragrande

maggioranza dei casi, statisticamente i Fiorini che hanno vinto negli ultimi dieci anni nelle mostre più importanti, sono quasi tutte femmine, il sesso opposto arriva a premio d’onore solo se presenta taglia eccelsa. La lunghezza, quindi anche la taglia di conseguenza, è sì un fattore quantitativo, ma ciò cosa comporta in termini pratici? I caratteri quantitativi, quindi misurabili e non soggetti alle leggi mendeliane, sono influenzabili dall’ambiente. Questo è un concetto talvolta tralasciato, ma di primaria importanza. Sono caratteri dovuti a più geni, con effetto singolo molto ridotto e sono caratterizzati da una continuità del carattere. L’effetto che l’ambiente ha sul fenotipo inizia fin dal concepimento ed in pratica non termina mai. Spieghiamo meglio il concetto. Tanto per fare un esempio terra terra: se noi cediamo due Fiorini nati dallo stesso nido, da stessi genitori, a due allevatori situati in zone totalmente diverse, questi due soggetti inevitabilmente si svilupperanno e riprodurranno in maniera differente, dato il probabile differente metodo di allevamento, con differenti prodotti alimentari, apporti nutritivi diversi, e ambiente dissimile... e con molta probabilità, la loro discendenza avrà una taglia visivamente difforme. Un ceppo quindi, pur omogeneo e stabile che sia, può presentare modificazioni fenotipiche con il variare delle condizioni ambientali. Questo da cosa è dovuto? Dall’influenza climatica, dalla differente alimentazione, da mille altre variabili che influenzano inevitabilmente questi caratteri, detti appunto “poligenici”. Esempi di tale fenomeno si possono vedere molto meglio in alcune razze di polli ornamentali, dove certe discrepanze sono ben più visibili; tanto per fare un esempio proverbiale tra gli avicoltori, esemplari di razza “Barbuta di Anversa”, allevati in Nord Europa, presentano tratti morfologici totalmente differenti da gli esemplari importati in Italia, dagli stessi identici ceppi ed allevati nelle medesime condizioni. C’è stato anche un caso clamoroso documentato negli esseri umani anni fa, dove due gemelli omozigoti giapponesi, vennero per problemi familiari divisi alla nascita... un fratello venne adottato da una famiglia negli Stati Uniti, l’altro

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S pazio Club restò in Giappone. Quando questi gemelli si incontrarono dopo circa 15 anni, rimasero scioccati... pur essendo gemelli omozigoti, quindi assolutamente identici anche a livello genetico, con addirittura lo stesso identico DNA, i due erano totalmente diversi nell’aspetto esteriore; il primo era molto alto e quasi obeso, il secondo era rimasto di taglia pressoché nella media e molto magro. Questo per fare un palese esempio di ciò che può accadere per la taglia anche nei nostri arricciati. Per usare un linguaggio genetico corretto, quando si tratta di fattori quantitativi, si deve parlare di “ereditabilità” dei caratteri, e non di ereditarietà. “Taglia e lunghezza sono caratteri ad elevata ereditabilità, mentre sono considerati a bassa ereditabilità l’attitudine alla riproduzione e alcune caratteristiche comportamentali. Importante è ricordare che l’ereditabilità di un carattere è strettamente legata alla popolazione in cui è stata calcolata e le generalizzazioni possono essere inefficaci. L’espressione dei caratteri quantitativi non è determinata solo dal genotipo... La possibilità di ogni soggetto di esprimere appieno il proprio potenziale genetico è strettamente legata all’ambiente in cui vive.” (tratto da appunti di Genetica del Dr. Marelli, Dr. Polli, Medicina Vet. - Università Milano). Preso atto di ciò, non si potrà mai e poi mai pretendere che la taglia del Fiorino possa essere uniforme in tutti i centri di selezione, vi saranno sempre delle differenze notevoli e vi sarà sempre questa tendenza all’ingrandimento. Ovvio che sta ad ognuno di noi usare tutti i mezzi in nostro possesso perché ciò non vada a rivoluzionare l’intero scenario nazionale. Lo standard tutela tale connotato, assegnando alla voce corrispondente un punteggio elevato, che deve fungere da reale deterrente per chiunque voglia ottenere dei risultati espositivi gratificanti; i Giudici hanno il dovere di favorire SOLO i soggetti in taglia. Se ciò non dovesse bastare il Club si armerà di propositi e di rigore, e non si farà scrupoli nell’attuare provvedimenti drastici, anche sullo standard stesso, in caso di evidente allarmismo su tale espressione fisica.

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Consci delle nozioni genetiche sopra riportate, abbiamo preso atto delle statistiche rese pubbliche da Rossini e le abbiamo analizzate a fondo. Per prima cosa siamo a conoscenza della metodologia specifica con cui l’autore della suddetta indagine ha classificato lo stato di “soggetto in taglia” ed il conseguente stato di “soggetto di taglia eccessiva”. Se ci si basa solo sulla considerazione personale, per quanto attenta possa essere, tale statistica potrebbe presentarsi in disaccordo con la nostra o con altre attribuibili a terze persone. Osservando un soggetto in mostra infatti, questo può sembrare in taglia per un allevatore, secondo i suoi canoni di selezione, e può apparire fuori taglia per un altro i cui canoni nel proprio allevamento sono ben dissimili dal primo. L’indagine statistica di Rossini non riporta, però, il dato a nostro avviso più significativo, ossia la percentuale di soggetti in taglia alle Mostre specialistiche di Club negli ultimi anni. È proprio lì che si possono tirare le fila della razza, è proprio in quel contesto che si può valutare e prendere atto dell’andamento della razza stessa, lì dove vengono esposti ogni anno una media di un centinaio di Fiorini per ogni specialistica, tra i migliori prodotti d’annata italiani, lì dove espongono solo gli addetti ai lavori, lì dove l’allevatore medio non espone i soggetti che porta solitamente anche per cedere, ma espone solo quei soggetti con cui potrebbe ottenere il massimo risultato. Sappiamo che il Club oggi annovera la quasi totalità dell’eccellenza italiana, restano fuori solo pochi nomi di grande calibro, nomi che si contano


sulle dita di una mano. La percentuale di soggetti in taglia alle Mostre specialistiche negli ultimi anni è ben superiore alla media dichiarata da Rossini nella tabella da lui riportata nel suo articolo. Con questo cosa vogliamo dire? Che il problema non esiste? Certo che no, il problema della taglia eccessiva indubbiamente è presente, ma bisogna anche essere consapevoli che assistere ad una divergenza selettiva tra allevatori ed una diversità evidente di taglia tra le svariate linee di sangue oggi presenti in Italia, è assolutamente normale, diremmo quasi fisiologico, datosi che, come abbiamo sopra citato, vi è una forte influenza ambientale. Oramai gli allevatori di questa razza sono aumentati in modo esponenziale rispetto ai tempi in cui Zingoni e Del Prete lavorarono sul Fiorino ed i tempi subito successivi, in cui questo piccolo arricciato iniziava ad attirare l’attenzione del mondo. I moderni numeri di nascite annuali non sono neanche lontanamente paragonabili ai numeri di allora. Talvolta anche chi alleva tutt’altre tipologie di canarini prova ad inserire nel proprio allevamento una o due coppie di Fiorini, tanto per provare. Per non parlare degli innumerevoli allevamenti semi-professionali che conosciamo tutti, la cui produzione annua di Fiorini supera di gran lunga quella di 5-6 allevamenti amatoriali. Pretendere di uniformare o rendere similare la selezione su una o più caratteristiche peculiari di una razza, in tutti gli allevamenti o comunque nella maggior parte di essi, è impossibile. Il Club può solo proseguire nell’impegno di sensibilizzare gli allevatori sull’importanza di tali connotati, come ha sempre fatto, di pari passo con la C.T.N. che provvederà a migliorare l’operato di noi Giudici e futuri Giudici. Masticando quotidianamente selezione e valutazione, se c’è una cosa che abbiamo ben capito è che c’è sempre da migliorarsi! Noi, autori del presente articolo, che oramai abbiamo una qualche dimestichezza con le operazioni di giudizio, non certo per esperienza diretta, essendo noi “novizi”, ma avendo affiancato per anni i nostri “giudici formatori”, membri della Commissione tecnica nazionale, sappiamo benissimo che tutti i Giudici di questa specializzazione tendono sempre a premiare i soggetti di taglia

ridotta, fattezza considerata appunto “pregiata” dallo standard ufficiale. La corretta propensione è sempre quella di privilegiare e perciò portare a podio, i soggetti più piccoli, che rispecchiano quindi quel grado di tipicità richiesto. Il Club da anni ha anche istituito premi al merito, a chi nell’ambito delle Mostre specialistiche espone soggetti di “taglia ideale”, e indubbiamente provvederemo come Club di razza, a ribadire l’importanza di tale caratteristica nell’ambito dei futuri convegni, incontri ed eventi. Pensiamo pertanto che il problema non sia affatto legato ad una trascuranza divulgativa da parte del Club, da parte del Collegio o della Commissione tecnica di specializzazione, o alla non consapevolezza d’importanza di questa voce dello standard da parte degli allevatori o dei Giudici, ma forse ad una comprensibile ed ordinaria difficoltà di selezione, che contraddistingue l’allevatore meritevole dall’allevatore mediocre, e proprio su questo aspetto si basano le mostre ornitologiche, che fungono da verifiche zootecniche e da linee guida per le selezioni a venire, nell’ambito delle quali emergono coloro che hanno acquisito capacità osservative ed intuitive proprio sui metodi di fissaggio e di stabilità genetica di tali qualità fisiche degli esemplari prodotti dal proprio ceppo. Come sappiamo le modalità di selezione variano da allevatore a allevatore, come è normale che sia, come succede in tutti i rami della zootecnia. 100 allevatori = 100 metodi di allevamento diversi. Esiste l’allevatore affermato che propone i suoi prodotti in mostra, e vanta anni di selezione anche sulla taglia... e allo stesso tempo esiste l’allevatore neofita che presenta i suoi Fiorini di prima o seconda generazione, scelti con occhio ancora poco allenato e quindi anche sbagliando e portando avanti esemplari, chiamiamoli così, “maggiorati”. Poi esiste anche la via di mezzo, ossia l’allevatore che non è più neofita, ma che ancora non ha ben compreso qual è il giusto compromesso da attuare in selezione tra forma, proporzioni, lunghezza, arricciature, piumaggio, ecc. Queste figure esistono in tutti i settori in cui vi sono le esposizioni di bellezza, dai cani, ai cavalli, ai polli ornamentali, ecc. fino ai nostri uccelli da gabbia.

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S pazio Club Compito del Club è appunto quello di riunire le suddette categorie di allevatori in un unico gruppo e di ricercare collaborazione per responsabilizzare ed educare a dovere chi non ha le innate capacità di arrivare dove altri magari arrivano con maggior naturalezza. A nostro parere il pericolo poi che allevatori tentino il meticciamento tra Fiorini e piccoli canarini di razza di forma e posizione lisci (come la Razza Spagnola ad esempio), per ridurre considerevolmente la taglia, a discapito degli altri elementi di tipicità, come le arricciature, è un pericolo fine a sè stesso. Lo stesso Rossini afferma, e ci sentiamo di condividere a pieno tale affermazione, che i prodotti di tali meticciamenti sono evidentissimi, e vengono subito identificati e fortemente penalizzati. Quindi dov’è il pericolo? Se vi sono allevatori che vogliono ancora tentare tali bislacchi esperimenti, hanno facoltà di farlo nel proprio allevamento, non possiamo certo impedirlo, ma devono però essere consapevoli che non ne trarranno alcun beneficio, né ai fini riproduttivi, né ai fini espositivi, e pensiamo sinceramente che anche questo passaggio venga pian piano metabolizzato in automatico da tutti, anche se il Club non perderà certo occasione di rispiegarlo e ribadirlo ad ogni incontro/convegno futuro. Tanto per chiarire l’altra questione sollevata da Rossini, noi ci dissociamo dall’elargire giudizi sull’operato di neofiti o di chi si è voluto avvicinare anche solo per poco tempo alla nostra razza, per poi abbandonarla dopo aver raggiunto dei precoci traguardi. Questo è assolutamente lecito. Se poi questi allevatori ritengono che il Fiorino sia di “troppo facile selezione” per loro, significa che hanno capito ben poco di questo arricciato, avrebbero dovuto documentarsi a dovere, far più esperienze, ed è giusto che rivolgano le loro attenzioni anche su altre tipologie. Siamo tutti in questo “mondo ornitofilo” da svariati anni, e sappiamo benissimo che il fenomeno dei cosiddetti “allevatori cometa” (gli abbiamo affibbiato questo appellativo-metafora che rende l’idea), c’è sempre stato e ci sarà sempre. Che si parli di allevamento ornitologico, di motociclismo, di gioco del calcio, o di qualunque altra passione possa arricchire la nostra vita, ci saranno sempre coloro che si credono già esperti, pur essendo i “primi arrivati” nell’ambiente. Sicuramente oggi questo fenomeno è

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stato sdoganato dai social network, nei quali queste persone, che prima non avevano alcuna voce, hanno trovato la propria forma di notorietà gratuita e repentina, tramite i famigerati “like”. Ma coloro che veramente hanno le proprie radici fissate nell’esperienza e nel sapere, sono oramai repellenti da questo genere di personaggi. Ed in conclusione, per riprendere la proposta che il Sig. Rossini ha rivolto al Club, se veramente noi amatori di questa meravigliosa razza italiana, patrimonio dell’ornitofilia mondiale, fiore all’occhiello dell’ornitofilia nazionale, vogliamo far qualcosa tutti insieme per tutelarla, come primo passo sarebbe auspicabile iscriversi al Club di specializzazione, contribuendo attivamente per la razza tramite questa bella comunità riconosciuta di allevatori, Giudici e membri della Commissione tecnica. Attendiamo quindi, a braccia aperte, l’adesione di chiunque altro voglia aderire al nostro, anzi, al VOSTRO Club, apportando la propria esperienza, i propri consigli, le proprie critiche, idee, perplessità e proposte, mettendo sul tavolo di lavoro, tutti insieme, le eventuali iniziative da portare avanti all’unisono. BARTOLOMEO COZZOLINO E FEDERICO VINATTIERI, FOTO GIULIO PISANI


Eco-Sistema I cambiamenti climatici stanno modificando le rotte e le migrazioni

“La bellezza salverà il mondo” DOSTOEVSKIJ

L

a C.T.N. attraverso questo testo ipotizza l’apertura di un dialogo costruttivo non solo con gli appassionati del mondo ornitologico ma con tutti i cultori ed amanti della natura e dei suoi abitanti. Ultimamente ci ritroviamo ad affrontare molteplici calamità ambientali che devastano e distruggono la natura ed i suoi abitanti, modificando habitat e flussi migratori. Le rotte degli uccelli cambiano e influenzano la biodiversità delle specie volatili in generale, ma soprattutto di quelle acquatiche; è l’effetto a catena dei cambiamenti climatici, che ha come ultima conseguenza il depauperamento delle ricchezze di biotipi che popolano gli ambienti lacustri e fluviali: quelli frequentati, appunto, dagli uccelli migratori. Gli uccelli migratori che vivono e nidificano nei laghi e nei fiumi, hanno la capacità di trasportare sulle piume, sulle zampe e nell’apparato digerente semi di specie vegetali e uova di organismi microscopici, che germinano e si schiudono negli ambienti palustri, aree di approdo di questi volatili. Questi ambienti sono particolarmente frammentati, pertanto l’avifauna rappresenta un importante mezzo di dispersione delle specie tra i diversi bacini. Tuttavia cambiamenti ambientali, quali le variazioni climatiche, inquinamento, l’eutrofizzazione e la perdita di zone umide, stanno minando sia la diversità degli ecosistemi, sia le vie migratorie degli uccelli acquatici e non. Alcuni accenni: marzaiole, germani reale, folaga, anatre, aironi, cormorani, gallinella d’acqua, pivieri, tordo, beccaccia, pettirosso, pettazzurro, torcicollo, codirosso, allodola, averla, fringuello, rigolo, cannaiola, poiana, ecc. Nell’ultimo decennio si è notato un calo progressivo del numero degli esemplari di specie abituate a svernare in Africa e di un generale ritardo nel periodo delle migrazioni. Gli uccelli che un tempo percorrevano le rotte del sud, sempre piu spesso si trattengono a svernare nel centro Europa.

Abitudini che raccontano di un clima sempre più caldo. Un monitoraggio effettuato da esperti ornitologi e studiosi del settore ha rilevato le rotte di sei specie di uccelli migratori a lungo raggio: beccaccino, codirosso, usignolo, cannaiola, torcicollo e averla; i dati hanno dimostrato che questi hanno anticipato il periodo di migrazione primaverile. I cambiamenti climatici stanno portando gli inverni ad essere meno rigidi. Sempre da studi effettuati, con analisi condotta su 225.000 uccelli (fonte ISPRA - Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale), si è riscontrato il dato allarmante, dovuto a scarsezza di cibo, che il peso medio del pettirosso e della capinera è sceso in maniera significativa. Ciò implica poco accumulo di grasso nel periodo invernale. La migrazione degli uccelli è da sempre uno degli spettacoli più affascinanti ed emozionanti del pianeta. Le stagioni del fenomeno migrazioni sono due: primavera ed autunno, anche se il movimento migratorio è perenne e dura 365 giorni l’anno. Il periodo effettivo dipende da diversi fattori, come la specie, la distanza di migrazione, la velocità di spostamento, il tragitto da compiere e la disponibilità di cibo. Questi dati innovativi, emersi da uno studio migratorio autunnale di 25 anni (RMS MU – Ricercatori Muse Studio Migrazione Uccelli), derivati da forti legami degli uccelli con la stagionalità delle condizioni ecologiche, confermano il ruolo che sia specie migratorie, sia svernanti o stanziali, possono avere come efficaci indicatori degli effetti del cambiamento climatico sugli ambienti nei quali anche noi viviamo. Però, non dimentichiamo che lo spostamento pendolare di miliardi di uccelli migratori ha una ricaduta fondamentale sull’ecosistema e sulle attività umane. Essi, infatti, offrono un servizio gratuito di disinfestazione: ci aiutano a controllare gli insetti nocivi, come zanzare e parassiti delle piante; sono ottimi agricoltori, con i loro escrementi fertilizzano il suolo e si occupano anche di disseminare i semi delle piante che hanno ingerito. Mentre gli uccelli stanno provando a inseguire la primavera ed il cambio di clima, noi tutti cerchiamo di rendere l’ambiente più pulito, sano e vivibile.

Lettere in Redazione

di C.T.N. CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 2 novembre 2020 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Affiliazione nuove Associazioni; Il CDF, esaminata la documentazione a suffragio della richiesta pervenuta, su parere favorevole del competente Raggruppamento Regionale Lombardo, delibera l’affiliazione dell’Associazione Ornitologica Bresciana di Promozione Sociale, con sede in Concesio (BS) in via Giuseppe Mazzini, 83. La Segreteria Federale, dopo aver verificato la sussistenza di tutti gli adempimenti amministrativi, provvederà ad assegnare il codice di affiliazione, l’indirizzo pec e le credenziali di accesso al programma di iscrizione e di ordine anelli. - Commissione disciplinare: determinazioni; Il CDF delibera l’apertura di procedimento disciplinare nei confronti del sig. Giancarlo Tromboni, codice RNA 18BB, in qualità di Direttore della 30^ mostra ornitologica APOR di Porto Viro tenutasi dal 10 al 14 ottobre 2019 e del sig. Flavio Frigato, codice RNA TD39, quale Presidente dell’associazione APOR organizzatrice della mostra, per violazione degli artt. 22 e 54 del Regolamento Generale Mostre ovvero per non avere gli stessi notificato ad un espositore (all’allevatore Meneghini Stefano, codice RNA 91HX) il verbale di infrazione dolosa nei suoi confronti elevato dal Collegio Giudicante. - Varie ed eventuali Il consigliere Gennaro Iannuccilli, considerate le conseguenze della situazione epidemiologica ancora in corso, propone la realizzazione di un video promozionale per invitare gli allevatori a continuare a iscriversi alla FOI per il nuovo

La prima piattaforma di annunci on-line per lo scambio di uccelli da gabbia e da voliera, di attrezzature e accessori ornitologici

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anno, con l’obiettivo di mantenere viva la passione ornitologica e di superare presto e insieme le difficoltà del momento, evitando di arrendersi all’idea di abbandonare l’hobby dell’allevamento amatoriale e sportivo. Il CDF approva la proposta e dà mandato al consigliere Iannuccilli di procedere, individuando uno studio di produzione audio-video per la realizzazione di tale progetto. Il CDF, in riscontro alla mail pec del 13 ottobre 2020, pervenuta dall’associazione Club S. Giuseppe da Copertino, relativamente alla richiesta di contributo per le spese sostenute per la realizzazione della 7° Mostra Ornitologica Salentina svoltasi nei giorni 3 e 4 ottobre 2020, pur consapevole delle motivazioni della richiesta, comunica di non poter concedere il contributo richiesto. Il CDF, a seguito del ricevimento di più richieste ufficiali di poter essere reinseriti all’interno della nostra Federazione, da parte di allevatori sotto procedimento inibitorio per aver partecipato a manifestazioni di altre sedicenti federazioni, dichiarando di aver chiuso definitivamente il rapporto con le associazioni affiliate ad altra federazione, conferisce piena delega al Presidente Sposito di poter effettuare le necessarie ed opportune verifiche per la concessione o meno del reintegro dei soci allevatori in questione ed anche per eventuali richieste future, secondo le modalità che riterrà più opportune. All’esito, il CDF assumerà le opportune e definitive determinazioni.

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