candelabri e candelieri

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Liceo artistico Statale “F. Juvara” di San Cataldo (CL) Stage di Restauro pittorico e ligneo

Pon 2007-2013 Progetto C5 – FSE – 2010 – 227 I candelabri e i candelieri di Diego Gulizia


Il Candelabro Il candelabro, in bronzo, con bracci recanti sulla sommità talvolta impreziosite da più figurine plastiche, inizia ad apparire durante il V-IV secolo a.C. in Etruria (Orvieto) e in Italia meridionale (Taranto) come vero e proprio porta candele. Tra il II e la fine del I secolo a.C. ebbe una rapida diffusione, mentre in età augustea si avverte una nuova evoluzione delle forme, che andranno via via standardizzandosi all’inizio dell’età imperiale. Dall’età romana in poi i candelabri, elemento di non secondaria importanza nell’arredo delle domus romane, dove potevano essercene anche alcuni in legno, erano generalmente costituiti da un piattello superiore circolare solitamente a calice spesso con decorazione geometrico - floreale, per l’appoggio della lucerna, un fusto liscio, scanalato o a canna, a volte con ganci per la sospensione di lampade, e una base a tre zampe ferine. Più rari erano invece i candelabri configurati a forma di tronco d’albero sinuoso con bracci curvilinei per appendervi lucerne mediante catenelle alla sommità. In alcuni casi, oltre ad essere estensibili, possedevano dei piedi smontabili, così da avere un più pratico utilizzo in caso di spostamenti. Per la loro ricercatezza e preziosità (Plinio parla anche dell’astronomico valore di 50.000 sesterzi), divennero un elemento importante dell’arredo domestico, in particolarmente adoperati nelle exedrae e nei triclinia. Negli affreschi di età romana, a partire dal III stile, sviluppatosi durante il principato di Augusto, esili candelabri argentei o floreali, spesso sovrastati da figure, venivano dipinti lungo le pareti ritmandone ed alleggerendone la struttura.


Il CANDELABRO L'uso del candelabro nelle chiese, contemporaneo a quello del candeliere, risale ai primi tempi del Cristianesimo; il Lìber Pontificalis nella Vita di papa Silvestro (314335) ricorda quelli di oro e di bronzo offerti in dono alle basiliche costantiniane e sino al IX secolo sono attestati, sempre dalla stessa fonte documentaria, candelabri multipli, con il supporto a fiore, detti lilla, ed altri elaborati candelabri che potrebbero, comunque, essere anche lampadari vista l'originaria comunanza del termine. Sino a questa epoca i candelabri erano comunque posti a terra ai lati dell'altare, prassi in alcune zone perpetuatasi a lungo. Nel periodo carolingio i candelabri furono spesso a più bracci e di straordinaria ricchezza realizzati in materiali preziosi, ornati di perle e gemme, come nel periodo romanico e gotico, in relazione anche alle teorie sulla luce quale espressione di realtà e verità di ordine superiore (si ricorda, al proposito, il celebre candelabro in bronzo dorato al Victoria and Albert Museum di Londra, commissionato verso il 1107 dai monaci benedettini dell'abbazia di Gloucester dove è incisa la scritta: ‘lvcis on(vs) virtvtis opvs doctrina refvlgens predicat vt vicio non tenebretvr homo'). Le dimensioni dei candelabri si ridussero quando essi, da terra, vennero poggiati sull'altare, uso iniziato nel secolo XI che si stabilizzò dopo il XV secolo.


Il CANDELABRO Non esistono prescrizioni liturgiche relative ai candelabri per quanto riguarda la materia (argento, bronzo, ferro battuto, legno) e la forma, sebbene le tipologie di seguito elencate siano spesso da riconnettere alla funzione specifica o alla collocazione (a terra, sull'altare, sull'arco trionfale). Gli esemplari tra i pi첫 antichi di area mosana e tedesca (v. anche candelabro per il cero pasquale, in oggetti liturgici), sono spesso metallici, a forma di stelo con zampe e nodi globulari; la linea a stelo si perpetuava nel periodo gotico e nel primo Rinascimento ma la base acquistava forma poligonale, mentre il fusto, il nodo e la coppa si sfaccettavano. Nel Cinquecento si stabiliva la struttura composta da un'ampia base con volute angolari, spesso arricchita da statuette, con fusto a balaustro scandito da un grande nodo centrale, forma perpetuatasi nei secoli XVIII e XIX con le varianti stilistiche dell'epoca. La tipologia del candelabro a pi첫 bracci, spesso arricchiti da elementi vegetali, fu comune a quella del candelabro ad una fiamma.


CANDELIERE D'ALTARE

Il candeliere liturgico deriva senza varianti dalla suppellettile romana e gli esempi iconografici pi첫 antichi offerti dall'arte sepolcrale mostrano candelieri costituiti da un fusto poggiante su tre o quattro piedi e sorreggente la coppa. Al tipo pi첫 semplice di candeliere, documentato sino dal primo periodo cristiano - composto di piede, fusto, piattello per raccogliere la cera e puntale per figgervi la candela - si affiancarono forme pi첫 elaborate, ad esempio con piedi zoomorfi. Nel periodo romanico il candeliere assunse spesso dimensioni monumentali, mentre nella zona mosana e renana durante il XII secolo ebbe la base a piramide tronca, con trafori a viticci e raffigurazioni di animali lungo gli spigoli, e il fusto breve, innestato sulla base, direttamente o con un nodo. Nel XIII-XIV secolo piede e nodo assumevano maggiore risalto plastico, si infittivano di ornati spesso con figurazioni scultoree o riprendendo le strutture architettoniche del tempo. La produzione limosina con le tipiche decorazioni a scaglie e viticci fu caratterizzata da candelieri con base circolare, triangolare o lobata, assai ampia, spesso su tre piedi, sulla quale si levava un alto fusto interrotto da un grosso nodo.


Incensieri etruschi (thimiateria)


Incensieri etruschi (thimatieria)


Incensieri etruschi (thymiateria)


Incensieri ellenistici


Tipologia dei candelabri


Museo Nazionale di Napoli

Disegni di candelabri antichi


Museo Nazionale di Napoli

Disegni di candelabri antichi


CANDELIERE D'ALTARE Dal lat. candéla Sin. lat. candelabrum, ceroferarìum Nel lat. med. sono attestate con il senso di candeliere anche le forme candelarium (X sec, seconda metà), cer(e)ostarium, cer(e)ostatum Forme ant. candegliere, candelliere, candellieri, candeliero Sin. candelabro (v.) Sostegno per un'unica candela. Nella liturgia cristiana l'uso del candeliere è antichissimo, data la connessione con la simbologia della luce; gli Statuto Ecclesiae antiquae (sec. V, fine) prescrivevano, infatti, che nel conferire l'accolitato fosse posto nelle mani del chierico un candeliere con il cero. Il primo riferimento certo ad un servizio di lumi (cereostata), in diretto rapporto con la messa, si trova in una rubrica del Primo Ordine Romano (secc. VII-Vili) e si riferisce ai sette ceri che precedevano il pontefice sino davanti all'altare. L'usanza di porre i candelieri a terra, quattro a destra, tre a sinistra dell'altare, restò l'unica in vigore durante il Medioevo; papa Leone IV (847-855), del resto, aveva espresso formale di­vieto di posarli sull'altare. Una prassi molto antica era quella di porre piccoli candelieri su cibori, iconostasi e croci processionali.


CANDELIERE D'ALTARE La collocazione sull'altare è documentata nel secolo XI da un affresco nella Basilica di S. Clemente a Roma dove sono raffigurati due candelieri ai lati della croce. Nonostante già Innocenzo III (t 1216) nel De Sacro Altaris mysterio (II, e. XXI) attestasse questa disposizione come pertinente al cerimoniale romano, essa non ebbe rapida diffusione poiché in numerose miniature del XIII-XIV secolo compaiono soltanto il cero in mano al chierico, oppure il candeliere da un lato dell'altare, in simmetria con la croce posta dall'altro lato. Di solito i candelieri venivano rimossi a messa ultimata ma già durante il XIII secolo si lasciavano sull'altare (Durando, Ration. divin. o/A I, 3,31). Il numero dei candelieri inizialmente non era prescritto e si collegava alla solennità della festa giornaliera mentre sotto Innocenzo III ne erano consentiti solo due, anche nei giorni di stazione solenne. Nel basso Medioevo si tendeva ad attribuire al numero dei candelieri una importanza al limite della superstizione (nove per gli angeli, dodici per gli Apostoli, tre per la Trinità) contro la quale si sarebbe pronunciato il Concilio di Trento. Con il Caeremoniale Episcoporum (1600) la serie dei candelieri si stabilizzò a sei per la messa cantata, a quattro e due per quella letta, a sette per il pontificale. Dal periodo barocco all'Ottocento il servizio d'altare è in genere costituito da sei candelieri con una croce d'altare dello stesso stile, da porre sulla mensa o sul gradino posteriore (nel caso di un altare a più gradini, i candelieri sono disposti su file digradanti dall'alto verso il basso); per il pontificale del papa e per il pontificale del vescovo diocesano vige il numero di sette.


Parti che compongono il candelabro:

A base (a sezione triangolare). A1 piedino. A2 voluta angolare A3 rosetta. A4 scudo. A5 cornice. B fusto. B1nodo (a vaso). B2 modanatura. B3 balaustro. C bocciolo. C1piattello o padellina. C2 sgocciolatoio


CANDELABRO A TRE (O CINQUE) BRACCI I vari tipi di candelabro con piĂš di due bracci possono essere classificati in base al numero dei bracci e alla disposizione di essi: simmetrica, radiale o digradante, ad esempio, candelabro a tre bracci simmetrici; candelabro a tre bracci radiali; candelabro a tre bracci digradanti; candelabro a cinque bracci radiali. Nel caso di candelabri aventi dimensioni particolari e, di conseguenza, una collocazione diversa da quella sull'altare, sarĂ utile specificare che si tratta di candelabri da terra. A seguito se ne fornisce la documentazione grafica e fotografica in base alla progressione numerica dei bracci che si staccano da un supporto pressochĂŠ analogo, costituito da un piede e da un fusto di forma variabile e spesso figurato.


Candelabro

(da terra a tre bracci simmetrici): A piede (modanato a base circolare). B fusto B1 nodo B2 collarino C braccio portacero. C1 raccordo (floreale a volute). C2 nodo. C3 bocciolo. C4 piattello o padellina. C5 puntale. D barra di raccordo dei bracci.


CANDELABRO A DUE BRACCI (O DOPPIERE) Dal lat. tardo dup(p)plerius attrav. il prov. ant. doplier 'doppio'; il termine doppiere, doppiero è attestato a partire dal secolo XIII Candelabro a due bracci divaricati simmetricamente rispetto al fusto. Il Gay ricorda questa tipologia come frequente nel XV secolo (bortrole, binet, douille) ma essa si diffuse soprattutto nel XVIII secolo.


Candelabro a due braccia (doppiere)

Candelabro a due braccia, sec. XVIII (Il metĂ ). Argento sbalzato; alt. 38 cm Rieti, Cattedrale dell'Assunta


CORONA DI LUCI Candelabro da terra a più lumi disposti simmetricamente su uno o più cerchi concentrici. Lume adottato soprattutto nel XIV secolo, quando cominciò a decadere l'uso dei grandi lampadari detti corona di luci. La tipologia di questo candelabro, realizzato prevalentemente in ferro battuto, si differenzia da quella della corona di luci pensile (da cui deriva) per la presenza di una base o di un sostegno a tre zampe, da cui si leva l'asta verticale alla quale sono affissi uno o più cerchi mobili con puntali per figgere le candele e che termina con un supporto per un cero di maggiori dimensioni. Questa tipologia di candelabro da terra è stata ripresa soprattutto nel XIX-XX secolo.


CORONA DI LUCI

A treppiede B fusto B1 nodo C raccordo (con motivo a giglio) D cerchione E piattello o padellina E1 puntale


SAETTIA Sin. candelabro delle tenebre, candelabro triangolare Candelabro da terra con supporto triangolare per quindici candele usato in particolari occasioni liturgiche. Questo particolare candelabro serviva per le quindici candele che si accendevano durante l'officio del mattutino (prima della riforma della Liturgia delle Ore era così chiamata la vigilia notturna) del Giovedì, Venerdì, Sabato Santo per essere spente ad una ad una alla fine di ogni salmo. Fu utilizzato già in epoca alto-medioevale nella liturgia monastica dalla quale sarebbe passato ai Capitoli e veniva posto al lato dell'Epistola per la funzione indicata. Realizzata per lo più in legno, la saettia è costituita da una base e un alto fusto sorreggente un portacandele a triangolo formato da due montanti congiunti da una barra recanti, simmetricamente, ciascuno sette puntali e riuniti in un vertice dove viene infissa la quindicesima candela. Nei casi più elaborati, frequenti soprattutto in Spagna, i candelabri presentano bracci figurati con statuette a tutto tondo.


SAETTIA

•Saettia, databile 1562, Bartolomé Morel, su disegno di Herman Ruitz. Bronzo; alt. 78. Siviglia. Cattedrale. •Saettia, sec. XIX. Legno scolpito; alt. 185. Roma, Chiesa di S. Maria in Trastevere.


CANDELABRO A SETTE BRACCIA (Menorah) Oggetto di origine ebraica la cui tipologia (piede, fusto e sette bracci divaricati simmetricamente rispetto a quello centrale) si ispira al tradizionale candelabro del tempio di Gerusalemme (menorah) ripreso nella simbologia cristiana come allusione ai sette Sacramenti o ai sette doni dello Spirito Santo. Questo candelabro entrò nella liturgia cristiana in epoca medioevale (si ricorda l'esemplare conservato nel santuario di S. Maria in Vulturella, prevalentemente datato alla seconda metà del XIII secolo), per quanto già dall'età paleocristiana apparve con valore simbolico-decorativo in oggetti e suppellettili. La tipologia del candelabro a sette bracci - simmetrici, radiali o con inserti vegetali che riprendono l'andamento dei bracci - è stata abbastanza diffusa dal periodo medioevale (v. il candelabro da terra in bronzo risalente alla fine del XII secolo nel Duomo di Braunschweig e quello attr. a Nicola di Verdun nel Duomo di Milano) sino al XX secolo.


CANDELABRO A SETTE BRACCIA (Menorah)


Chanukkà o Hanukkah Chanukkà o Hanukkah (in ebraico ,‫חנכה‬ḥănukkāh) è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle Luci. In ebraico la parola chanukkah significa "dedica" ed infatti la festa commemora la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la regalata libertà, loro data dai Greci. Al regno dei quali apparteneva Eretz Israel nel II secolo a.C. Il dominatore greco riteneva di far scomparire la specificità giudaica proibendo la pratica della Legge, ma una rivolta armata guidata da Mattatia, un anziano sacerdote della famiglia degli Asmonei, di Modin, cittadina a nord-ovest di Gerusalemme, permise - secondo Zc 4,6 - la vittoria dello spirito sulla forza brutale che minaccia Israele nella sua vita religiosa e spirituale. La festività dura 8 giorni e la prima sera, chiamata Erev Chanukah, inizia al tramonto del 24 del mese di Kislev. Secondo il procedere del calendario ebraico, quindi, il primo giorno della festa cade il 25 di Kislev. È l'unica festività religiosa ebraica che si svolge a cavallo di due mesi, inizia a Kislev e finisce in Tevet. In particolare se Kislev dura 29 giorni finisce il 3 Tevet, mentre quando Kislev ha 30 giorni finisce il 2 Tevet. È, assieme a Purim, la seconda delle feste stabilite per decreto rabbinico, ovvero delle feste stabilite dopo il dono della Torah.


ChanukkĂ


CANDELABRO 'A VITE‘ Particolare tipo di candelabro ligneo ad una fiamma diffuso soprattutto in area toscana dal XVI secolo; è caratterizzato da una base dal diametro ridotto su cui si leva un fusto snello ed alto, tornito con motivi a rocchetto.

Coppia di candelabri a vite, secc. XVHI-XIX. Legno intagliato, argentato; alt. 153. Pistoia, Cattedrale di S. Zeno


APPARATI DI CANDELABRI In questa classificazione sono state comprese le svariate soluzioni di candelabri disposti su un supporto a gradino ad andamento rettilineo (barra di candelabri, ersia), concavo (candelabro a giardinetto) o su un piĂš elaborato basamento con supporti angolari o di altezze digradanti (piramide di candelabri) fino a raggiungere quelle grandiose composizioni caratteristiche di particolari festivitĂ liturgiche (macchina di candelabri) che occupano l'intero altare con i suoi ripiani. Apparati di questo tipo sono legati soprattutto all'esposizione eucaristica, in forma piĂš o meno solenne, e possono anche fungere da sovrapporta per gli ardietti divisori della zona absidale.

Candelabro per esposizione eucaristica, sec. XIX. Legno intagliato, dorato; metallo; 157x110x25. Colognola (VR), fraz. S. Zeno. Chiesa di S. Zeno.


BARRA DI CANDELABRI Serie di candelabri all'incirca della stessa altezza, salvo quello centrale generalmente di maggiore rilievo, che si staccano da un supporto rettilineo; si può considerare come una derivazione dell' ersia medioevale ed è un apparato molto comune dal XVII secolo.


BARRA DI CANDELABRI

Barra di candelieri, sec. XVIII (metà). Legno intagliato, dorato; 35x97. Savigliano (CN), Chiesa dell'Arciconfraternita della Pietà.


BARRA DI CANDELABRI

A zoccolo (gradinato) B fregio (a volute) B1 braccio portacero (a voluta) B2 bocciolo B3 piattello o padellina

B4 puntale B5 raccordo dei bracci (a voluta) C scudo D targa


GRADINO DI CANDELABRI Serie di candelieri disposti in ordine digradante su un supporto di forma triangolare, generalmente elaborato, fissato ad una barra, a due barre con disposizione angolare o ad una base. L'andamento dei bracci è in prevalenza ascendente in maniera simmetrica rispetto al braccio centrale, ma può essere anche discendente rispetto al centro o asimmetrico.


GRADINO DI CANDELABRI


MACCHINA DI CANDELABRI Grandioso apparato creato in epoca barocca e formato da un elaborato sostegno, generalmente ligneo, a molteplici bracci portacandele da accendere in particolari funzioni dell'anno liturgico, tradizione a volte conservatasi ancora oggi.


CANDELABRO 'A GIARDINETTO‘ Sin. cornucopia (termine frequente negli inventari dei secc. XVII-XVIII) Termine adottato per estensione dalla definizione che in oreficeria indica un lavoro con ornati floreali. È un supporto per più candele, talora ad andamento concavo, i cui bracci sono spesso costituiti e raccordati da motivi floreali. Questo candelabro tardo-barocco fu frequente soprattutto nell'Italia meridionale e veniva in genere utilizzato per l'esposizione eucaristica ai lati dell'ostensorio, eventualmente collocato nel tronetto.


CANDELABRO “A GIARDINETTO”


CANDELABRO A GIARDINETTO

A A1 B B1 C D

PIEDINO SUPPORTO CURVILINEO FREGIO A GIRALI STELO PIATTELLO O PADELLINA STELO


ERSIA Sostegno a forma di rastrello per più candele, all'incirca della stessa altezza, collocato in epoca medioevale sull'arco trionfale e documentato da numerose testimonianze iconografiche . Barre di candelabri, di cui generalmente quello centrale e di maggiore altezza, furono molto diffuse durante i secoli XII e XIII (a Meaux, in Francia, per le feste più rilevanti veniva collocata davanti al santuario una ersia detta rậtelier o onzain perché destinata agli undici ceri che bruciavano durante i notturni e le laudi; nelle carte di Odone, vescovo di Parigi, compare la definizione 'luminaria herciarum' e nel Concilio di Exeter del 1287 quella di ‘heia ad tenebras’)


ERSIA


VASO PORTACANDELABRO

A piede. B corpo. B1 collarino. B2 rigoglio. B3 ansa (a voluta vegetale) B4 collo. B5 labbro. C alzata a volute vegetali. C1 braccio portacandela D bocciolo. D1 piattello o padellina D2 boccaglio

Candelabro caratterizzato da un supporto avente la forma di un vaso, con o senza anse, su cui si leva un sostegno - una semplice bacchetta o una struttura piÚ elaborata - dal quale partono i bracci portacandele disposti in maniera simmetrica o radiale oppure è infisso direttamente il cero (vaso portacero). Si tratta di un arredo tipico del periodo barocco, realizzato prevalentemente in legno tornito, intagliato e dorato, impiegato per gli addobbi solenni e associato spesso alla macchina di candelabri come elemento decorativo di chiusura laterale.


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI DISEGNATI DA PIRANESI


CANDELABRI IN COMMERCIO


CANDELABRI IN COMMERCIO


CANDELABRI IN COMMERCIO


CANDELABRI IN COMMERCIO


STATUA (O STATUETTA) PORTACANDELABRO Scultura di piccole o medie dimensioni che funge da sostegno per il candelabro. Si tratta di una tipologia abbastanza diffusa nel periodo medioevale e rinascimentale; nella prevalenza dei casi la statua o statuetta rappresenta un angelo, spesso inginocchiato, oppure figure di puttini, stanti o seduti su basi, con il candelabro in mano o appoggiato sulla testa. L'angelo portacandelabro (sin. angelo tedoforo) destinato alla zona dell'altare o all'area presbiteriale, è spesso una scultura solidale all'altare (l'esempio più celebre è "quello degli angeli di Michelangelo e di Nicolò per l'arca di S. Domenico a Bologna). La suddivisione tra statua e statuetta, come nel caso di altri oggetti, è stata fatta in base ad una misura standard convenzionale (cm. 50).


ANGELI REGGICANDELABRO CELEBRI

L'angelo di Niccolò dell'Arca (1473)

L'angelo di Michelangelo (1494)


ANGELI REGGICANDELABRO SERIALI IN COMMERCIO


IL CANDELABRO TRIVULZIO NEL DUOMO DI MILANO In questo candelabro viene raccontata la storia della Salvezza in Cristo. Esso è composto da una base quadrangolare e da un alto fusto (sei metri in altezza), da cui si diramano sette bracci. Nel suo insieme, esso rappresenta simbolicamente la Chiesa di Gesù (destinata a portare luce nelle tenebre del mondo), mentre l’esuberante narrazione figurativa indica il cammino seguito dal popolo di Dio verso l’evento che segna il culmine della storia della redenzione, l’Incarnazione, posto nella parte più “visibile” del manufatto: la nascita di Cristo, la sua Epifania al mondo, l’adorazione dei Magi, accompagnati nel loro viaggio dai profeti. La struttura poggia su quattro draghi, le cui terribili teste sono tormentate da due figure umane e da coppie di animali (leoni, scimmie e grifoni): un riferimento alla lotta fra bene e male, oppure, meglio, ad uno stato di violenza e sopraffazione continua che regna là dove ancora non è giunta la grazia della rivelazione. Ma è nelle zone ricavate fra i corpi dei draghi che si concentra la parte più intensa della decorazione. Il registro più basso ospita otto scene dell’Antico Testamento, prefigurazione di Cristo e della Vergine: il Peccato originale e la Cacciata dall’Eden; l’Arca di Noè e il Sacrificio di Isacco; il Roveto ardente e il Passaggio del Mar Rosso; l’Incoronazione di Ester e David e Golia.


IL CANDELABRO TRIVULZIO NEL DUOMO DI MILANO


Ceroferaio Il Ministrante che porta il cero I candelieri possono essere messi vicini all’altare. In tal caso possono essere portati nella processione d’entrata. Ci vogliono almeno due ministranti; se ne possono mettere anche quattro o sei. Ce ne sono sette quando è il Vescovo della Diocesi che celebra. Ci possono essere dunque dai due ai sette ministranti incaricati di portare i candelieri all’entrata e al ritorno. I ministranti che portano i ceri devono essere scelti per quanto possibile di uguale statura, in modo da tenere le luci alla stessa altezza. Tenendo i candelieri, colui che è a destra mette la mano sinistra alla base e la destra al nodo; colui che è a sinistra, mette la mano destra alla base e la sinistra al nodo.

Riti di introduzione Dopo aver indossato le vesti liturgiche, i ministranti si avviano all'uscita della sacrestia e si segnano con l'Acqua benedetta e iniziano la processione introitale che li porterà all’Altare - portando i ceri accesi, se è possibile tutti allineati, dietro il ministrante della Croce e del turibolo. Senza fermarsi, depongono i ceri intorno all’altare o sulla “credenza” e prendono posto sul presbiterio o presso la “credenza”.


Forma e altezza dei candelabri Per la forma dei candelieri le rubriche non stabiliscono nulla di preciso. L'uso romano tradizionale, tuttavia, prevede che il candeliere abbia la forma di un cilindro sottile, costituito da una base, da un fusto piuttosto sviluppato in altezza e da un colatoio per raccogliere la cera delle candele; il tutto può essere ornato con decorazioni o intagli di vario genere. E pure consuetudine che i candelieri abbiano forma analoga alla base della croce da altare. Sono dunque da escludersi i candelieri a forma di piccola coppa o di porta-moccolo o addirittura di lampada di Aladino, che purtroppo hanno ricevuto larga diffusione nel rito "ordinario". Anche riguardo alle dimensioni, non vi sono norme strettamente vincolanti. Il Caeremoniale Episcoporum vorrebbe che le candele sovrapposte ai candelieri non superassero l'altezza della croce, e che i candelieri posti a lato della croce fossero di dimensione diversa, in modo da formare, con la croce, una sorta di triangolo (vedi immagine allegata); ma una consuetudine assai diffusa ammette anche che la croce sia piÚ bassa (non troppo, però) dei candelieri con le candele, e che i candelieri posti accanto alla croce siano della stessa dimensione.


Forma e altezza dei candelabri Quanto alle candele o ceri, l'uso tradizionale prevede che esse siano alte almeno quanto il candeliere che le sorregge. Nulla vieta che siano anche piÚ alte, mentre usare candele troppo basse offende il senso delle proporzioni e va contro la simbologia stessa degli oggetti, per cui il cero è l'oggetto primario ed essenziale, e il candeliere che gli fa da supporto l'oggetto secondario ed accessorio: la candela non deve apparire come ornamento o completamento del candeliere, ma viceversa. Tradizionalmemte i candelieri sono in metallo o in legno dipinto. Altri materiali sono da sconsigliare, a meno che non vi siano consuetudini antiche e particolari. Ciascun candeliere deve reggere una sola candela (si fa eccezione soltanto per i candelabri multipli usati per l'adorazione eucaristica). I candelieri, inoltre, non devono essere infissi sulla parete, ma collocati sull'altare, sulla mensa o sui gradini del dossale. Soltanto nel rito "ordinario" è permesso (ma personalmente lo sconsiglio) collocarli in prossimità dell'altare.


Santa Maria in Cosmedin Roma Candelabro cosmatesco del cero pasquale


Basilica patriarcale di S. Paolo fuori le Mura – Roma Candelabro del cero pasquale


Cattedrale di S. Matteo – Salerno Candelabro del cero pasquale

Il candelabro per il cero pasquale presenta alla base quattro leoncini rampanti. Il candelabro è coronato da un ottagono sui cui lati danzano nude figure maschili e femminili alternate a protomi umane ed animali. La raffinata esecuzione degli amboni, del muro di recinzione e del candelabro – che sembrano far parte di un unico progetto decorativo – e la stretta affinità con la produzione siciliana, sono ancor oggi al centro del dibattito sulla formazione culturale delle maestranze che hanno lavorato a Salerno.


Chiesa Santa Maria della PietĂ di Latina


Chiesa Santa Maria della Pietà di Latina All’interno della chiesa si conserva il Candelabro del cero pasquale, opera di elevato livello esecutivo, forse di produzione cassinate o beneventana. Esso è il più antico esempio conosciuto di monumentum resurrectionis, secondo un modello molto diffuso nell’area centro-meridionale tra il XII e XIV secolo. Il Candelabro, realizzato in marmo chiaro, è finemente decorato con motivi simbolici della lotta del bene contro il male e del trionfo di Cristo sul peccato. Adolfo Venturi così lo descrive: “poggia su due chimere dagli occhi cerchiati, con corpi a strie e a righe ondulate; la base cilindrica che s’imposta sul dorso delle chimere è a filari di stelle ad incavo sormontate da animali rincorrentesi; quattro colonnette a strie, a cordicelle, a costoloni, s’innalzano portando il capitello e la coppa del candelabro con palmette, triangoli e segni geometrici; tutto a trafori e a colpi di trapano.”


Porta cero pasquale in terracotta di Giulio de Angelis per il duomo di Palestrina


Porta cero pasquale in terracotta Il porta-cero pasquale costituisce una felice somma di storia cittadina, di scorci del luogo e di elementi tematici sacri. Vi si colgono, tra l'altro, pavoni, ornato, fogliame, le immagini di sant'Agapito martire e di Santi legati in qualche modo a Palestrina, la facciata e la torre campanaria della cattedrale, scorci del tempio della Fortuna primigenia, una miniatura della Pietà michelangiolesca di Palestrina e i quattro Evangelisti. Il porta-cero è sovrastato dal simulacro di Cristo Risorto, ambientato in un pannello a mandorla retto da Angeli in atteggiamento riverente. Non si può esitare a definire l'opera un prezioso scrigno aperto che mostra tesori, i quali si trasformano in catechesi, che illumina la mente, riscalda il cuore, con un linguaggio più eloquente della stessa parola. Questa opera di Giulio de Angelis reca autentiche qualificazioni di originalità, vestite di semplicità spontanea e delicata, capaci di comunicare con tutti e di lasciare nell'anima un'impronta duratura e benefica, stimolante alla riflessione. (Attilio Borzi)


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