coordinamendo editoriale Leandro del Giudice redazione Giovanni Cascavilla Muriel Benassi copertina Anna Bartoli E anche la pecora nera, talora, può scegliere di seguire il gregge Elaborazione grafica di CarloTassi
ISBN 978-88-8103-932-6 ©2019 Edizioni Diabasis Diaroads srl - stradello San Girolamo, 17/b - 43121 Parma Italia telefono 0039.0521.207547 – e-mail: info@diabasis.it www.diabasis.it
Sergio Gessi
Responsabilmente liberi Per un’etica della comunicazione e dell’informazione
DIABASIS
Gli innocenti non sapevano che la cosa fosse impossibile, dunque la fecero Bertrand Russel
Premessa
Si diceva, un tempo, “liberi da, liberi di...”. Era la gioiosa affermazione dell’affrancamento dal giogo dei condizionamenti e dai vincoli imposti dal potere politico e religioso. Ora è il momento della responsabilità. Ciò richiede un impegno: considerare preventivamente i presumibili effetti delle nostre azioni e assumere come limite alla facoltà di agire la consapevole valutazione delle conseguenze che tali potenziali atti prevedibilmente avranno: non solo per noi, ma per gli altri individui, la comunità, l’ambiente. Ora e in futuro. Essere responsabilmente liberi significa, appunto, assumere quel vincolo volontario come condizione inderogabile. È questo il vero calmiere alla deriva individualista della nostra società: la consapevolezza di essere parte di un consorzio civile da rispettare e custodi di un mondo da preservare, e possibilmente migliorare, per le future generazioni.
A Emanuele, Efrem e ai miei studenti, per il loro cammino
Introduzione Un leale confronto. Il dialogo, antidoto alla strenua difesa delle proprie certezze Innalziamo muri, erigiamo barriere. Continuiamo a rinchiuderci in noi stessi. L’antica immagine di una città fortificata ben descrive la nostra attuale situazione: di una comunità impaurita, rinserrata nei propri spazi e nelle proprie certezze. Diffidente e timorosa, solida solo delle sue presunte verità. Oggi la paura sembra identificarsi principalmente con il migrante al quale sbarriamo gli accessi, come i nostri avi nel medioevo respingevano gli ‘invasori’ negando simbolicamente loro acqua e fuoco e premurandosi di edificare mura di protezione attorno a sé. Fa impressione, ora, questo nuovo prodigarsi a erigere muri anche da parte di coloro che agli ultimi bagliori del Secolo breve salutarono con gioia il crollo di quello che per tutti era “il Muro”, fosco emblema della libertà negata. Ma adesso gli stessi ergono altre barriere, forse illudendosi così di difendere le loro precarie conquiste... Ma quale libertà può esistere in un bunker? Questo vano costruire steccati è solo il sintomo del disfacimento della coscienza civile, che non trovando in sé la forza per riconsiderare gli attuali equilibri e accogliere chi erra in cerca di vita, si fa scudo di artefatti che mai potranno arginare l’inevitabile fluire del fiume della storia. Ci sono muri fisici e muri simbolici, che si stagliano nella mente: e sono questi i più pericolosi, poiché le pietre che li costituiscono sono quelle del pregiudizio. Esprimono il bisogno di barricarsi a tutela di presunte verità sulle quali fondiamo le nostre esistenze. Vorremmo evitare il contagio, la contaminazione con altre culture, altri mondi, altri modi di concepire la vita e condurre l’esistenza. E ci illudiamo di poterlo fare.
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Da sempre ciò che spaventa è la diversità, in senso lato. È la differenza: tutto ciò che sembra non appartenerci ci mette in crisi, perché ci costringe a riconsiderare vie nuove, alternative ignote. Quel che non fa parte delle consolidate abitudini, non appartiene alle tradizioni, agli usi e costumi, alla nostra cultura pone a repentaglio le fragili – ma per noi preziose – certezze a cui ci abbarbichiamo: come una scossa sismica, la diversità fa vacillare i sicuri anfratti in cui trovano rifugio gli interrogativi che la vita ogni giorno pone, solleva l’obbligo di interrogarci su scelte che diversamente apparirebbero scontate e indiscutibili. È di altri ponti, invece, che avremmo bisogno per valicare i torrenti della paura e invitare altri a fare lo stesso. È il ponte l’ideale elemento di congiunzione, il segmento che realizza il senso e l’urgenza delle pratiche indicate dall’Etica della comunicazione, ossia da quella disciplina che pone al centro il dialogo e senza l’ambizione di definire il quadro assiologico di riferimento indica formalmente le procedure attraverso le quali gli individui possono confrontarsi nel rispetto gli uni degli altri, alla ricerca di soluzioni condivise a problemi comuni. Dovremmo avere la forza e il coraggio di mollare gli ormeggi e far vela verso orizzonti inesplorati, alla ricerca di nuove terre, di sapori sconosciuti, di inedite fragranze. Dovremmo avere l’ardire di volgere il nostro viaggio verso Itaca, con occhi assetati e menti attente e curiose ad ogni passo, poiché del viaggio ciò che conta non è la meta ma il cammino. Il ponte è precisamente questo: un elemento di congiunzione, un tratto di unione, il tassello che ci avvicina e ci fa conoscere. È l’invito al dialogo, al confronto, all’apertura, all’incontro. E la conoscenza è l’unico antidoto al pregiudizio. Solo conoscendo, aprendoci, possiamo vincere le paure e scoprire la ricchezza che c’è nell’altro, in ogni altro, e che è parte di ogni individuo, di ogni essere vivente.
Indice 5
Premessa
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Introduzione Un leale confronto: il dialogo, antidoto alla strenua difesa delle proprie certezze
9
1. Il dialogo negato: di muri e di ponti
11
La forza della vita
11
Burkini, tanga e libertà obbligatorie
12
L’ignoranza
15
Il razzismo prossimo venturo
17
Vite vere di uomini, donne, bambini in cerca di felicità
20
Barbarie, speranza e ottimismo
21
2. Conoscere per comprendere e giudicare: del saper ascoltare e riflettere
23
Perde la conoscenza chi non si pone più domande
23
Il mondo orizzontale
24
Come se. L’aereo caduto e il bisogno di rassicurazione
26
Salvaguardiamo la satira, terapeutica libertà di pungere
28
Sulla libertà d’espressione
30
Cinquecento milioni di tweet al giorno rivoluzionano la comunicazione nel mondo
32
Droni piccoli come insetti: tecnologie e web strumento di controllo globale
34
Intelligenza artificiosa, i robot fra dipendenza e autonomia
37
La pubblicità ai tempi della crisi
38
Master-tutto e il rischio dell’omologazione
41
3. Rumore mediatico e senso autentico: di onestà e ambiguità informativa
43
Le tre crisi del giornalismo
45
Frammenti di verità
46
Il rischio di farsi irretire dalla retorica della verità
48
La fine dei giornali di carta e i rischi di appiattimento dell’informazione
51
Notizie e approfondimenti. In Rete è il tempo dell’informazione verticale
53
Oltre l’apparenza dei fatti, la nuova missione del giornalismo online
57
Nostra signora (social) tv
58
La tecnologia cambia il modo di comunicare e di informare
62
Fotogiornalismo: non la verità ma un punto di vista sulla realtà
66
Fake news, verità e post verità: avvertenze per l’uso
68
Distorsioni di stampa: il Polo Nord si squaglia ma noi pensiamo allo spread
71
4. Le cose impossibili: della politica e della partecipazione
73
L’utopia perduta e il senso dell’esistenza: un altro mondo è possibile
73
Il mantra della governabilità e una politica senza ideali
79
Ragazzi, siate sovversivi e rivoluzionari
81
I ragazzi del ‘99 (e un mondo da cambiare)
83
Opulenza e miseria, l’insostenibile diseguaglianza del mondo
86
Poco da tanti o tanto da pochi
87
L’abbaglio delle privatizzazioni e la fine della politica
89
Ricominciamo dalle città per ricucire lo strappo fra sfera sociale e politica
95
5. Le cose che abbiamo in comune: di egoismi e solidarietà
97
Le panchine dell’indifferenza
98
Il ‘Nioby’: gli egoismi consorziati
99
Quello che riga le macchine
100
Il cibo e la natura. Visioni di un mondo diverso e possibile
102
Di nuovo come un tempo, in piazza per mangiare e stare insieme
103
Il lato buono della crisi
105
Solidarietà (in un mondo liquido)
106
È la democrazia diretta l’alternativa alla politica schiava dell’economia
109
Regresso e progresso, è tempo di agire
112
Quella luce in fondo agli occhi