Parma 1945 – 2011 Genesi Della Città Moderna di Paolo Zappavigna - anteprima

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Prefazione

Questa lunga cronaca delle vicende politico amministrative, che hanno deciso il destino del nostro territorio dal dopoguerra a oggi, ci restituisce un prezioso documento che, grazie al racconto vivo dei suoi protagonisti e nonostante la necessaria complessità narrativa, riesce a spingersi oltre la dimensione della semplice disciplina urbanistica e della trasformazione del territorio, cogliendo quegli aspetti più profondi, a volte contradditori, che stanno alla base dell’identità culturale ed antropologica cittadina. Un territorio mai rassegnato alle sconfitte e che non sempre ha saputo far tesoro dei propri errori, ma che sicuramente è sempre stato capace di attivare quegli anticorpi che gli hanno dato la possibilità di rialzarsi e proseguire il proprio cammino con determinazione e caparbietà, diventando un laboratorio politico spesso anticipatore delle questioni e delle evoluzioni di carattere nazionale, riproducendo in piccolo anche quella dimensione tutta italiana, a volte contraddittoria e conflittuale, che nonostante tutto riesce comunque a esprimere eccellenza e innovazione. È proprio da qui che partirei: Parma come territorio degli opposti, orgogliosa nella difesa della propria identità e tradizione, per certi versi resistente al cambiamento ed a volte rinchiusa in un pensiero provinciale, ma allo stesso tempo tesa all’innovazione ed alla modernità, con il rischio di restare accecata dalla mania di grandezza a cui non sempre corrispondono risultati di qualità, ma la semplice bulimia di un pensiero quantitativo. Già dal primo dopoguerra al titolo della Gazzetta “Parma avrà finalmente il suo grattacielo” fa eco, su altre questioni legate alla febbre dell’edilizia, l’architetto Gigiotti Zanini che afferma: “assolutamente necessario rinunciare a balorde manie di grandezza, più dannose della cocaina, rieducarci ed educare i nostri figli all’ordine, al rispetto del passato, alla modestia, alla gentilezza e all’amore delle cose semplici e belle”. Questo continuo dibattito tra la difesa della tradizione e la ricerca del cambiamento, ha generato in più di un’occasione una condizione di stallo, come nel caso emblematico di Piazza della Pace, questione irrisolta per oltre quarant’anni, che Bruno Gabrielli stigmatizza affermando che il blocco decisionale è colpa di “una città intollerante dove la verità soggettiva ha eliminato la decisione collettiva”. 7


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