Vespa, una moda italiana - Anna Dal Forno

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Un viaggio negli anni del boom economico italiano



ISISS “Carlo Anti” di Villafranca – Verona ESAME DI STATO 2009/2010

Vespa, una moda femminile Viaggio negli anni del boom economico italiano Candidata: Dal Forno Anna 5 Atg


INDICE


Introduzione

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Il miracolo economico in Italia Gli anni Sessanta del ‘900 8

“Chi vespa mangia le mele”

Lo slogan più ricordato negli ultimi vent’anni 10

“Vespizzatevi”

La campagna pubblicitaria 16

Perché Vespa finisce in “A”?

L’emancipazione giovane femminile 20

Il sessantotto

Gli anni della rivolta giovanile 24

An Advertisement

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23 Bibliografia - Sitografia


INTRODUZIONE

I

n questo approfondimento ho scelto di parlare degli anni ‘50, ‘60 del ‘900 Italiano. Questi sono considerati gli anni d’oro, gli anni del boom economico e gli anni della rinascita Italiana. Nelle famiglie anche se in modo lento e a seconda della facoltà economica della famiglia arriva la televisione, il frigo, il ferro da stiro e i servizi igienici all’interno delle mura domestiche. Era arrivato per l’Italia, un periodo di benessere collettivo, almeno se paragonato ai periodi precedenti. Un paese rurale e artigiano si stava trasformando in industriale, nascono attorno alle fabbriche i primi aglomerati di case e palazzi dedicati agli operai, i giovani rappresentavano, non tanto e non più, un periodo di passaggio nella vita, ma una nuova categoria. Il simbolo di questa nuova categoria è secondo me, la Vespa, un oggetto che cambia le abitudini, diventa lei stessa un’abitudine, simbolo anche dell’emancipazione femminile nel mondo degli adolescenti, simbolo di aggregazione e di moda, sono gli anni in cui si inizia a parlare di società giovanile con i suoi lati positivi e negativi. Non poteva nascere in un momento più propizio la Vespa, inizialmente destinata, a chi non poteva permettersi una macchina, agli operai per andare a lavorare, ma anche alle piccole famiglie per una gita fuori porta. In questo nuovo orizzonte trovò nel mondo giovanile la sua collocazione più importante, insieme con quella successiva nel mondo femminile. Tutto è una novità, dettata anche da intuizioni geniali ma anche dalla fortuna com’ è il caso dell’Azienda Piaggio, il primo esempio di conversione veloce dell’industria bellica. Per la Vespa sono state progettate moltissime campagne pubblicitarie le prime a non essere

propagandistiche. Vengono inventati slogan famosissimi e ricordati anche ora.


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IL MIRACOLO ECONOMICO IN ITALIA GLI ANNI SESSANTA DEL ‘900

A

metà degli anni Cinquanta l’Italia era ancora un paese arretrato. La maggior parte dei suoi abitanti lavorava nei settori tradizionali (piccole aziende, pubblica amministrazione, piccolo commercio, agricoltura), mentre il tenore di vita restava assai basso. Nel 1951 solamente il 7,4% delle case italiane possedeva contemporaneamente la corrente elettrica, l’acqua potabile e i servizi igienici interni. La gran parte della popolazione attiva era ancora occupata nel settore agricolo (42,2% nel 1951 con percentuali ancora più elevate nel sud). Ma nel periodo dal 1958 al 1963 si verificò un eccezionale boom economico: è il cosiddetto miracolo Italiano, grazie al quale il nostro paese diventò in tempo record uno dei più industrializzati al mondo. Questa grande espansione economica fu determinata da una serie di fattori simultanei. In primo luogo, fu dovuta allo sfruttamento delle opportunità che venivano dalla congiuntura internazionale. Più che l’intraprendenza e la lungimirante abilità degli imprenditori italiani, ebbero effetto l’incremento vertiginoso del commercio internazionale e il conseguente scambio di manufatti che lo accompagnò. Anche la fine del tradizionale protezionismo dell’Italia giocò un grande ruolo in quella fase. In conseguenza di quell’apertura, il sistema produttivo italiano ne risultò rivitalizzato, fu costretto ad ammodernarsi e ricompensò quei settori che erano già in movimento. La disponibilità di nuove fonti di energia e la trasformazione dell’industria dell’acciaio furono gli altri fattori decisivi. Ma, va osservato che il miracolo economico non avrebbe avuto luogo senza il basso costo del lavoro. Gli alti livelli di disoccupazione negli anni ’50 furono la condizione perché la doman-

da di lavoro eccedesse abbondantemente l’offerta, con le prevedibili conseguenze in termini di andamento dei salari. Il potere dei sindacati era effettivamente fiacco nel dopoguerra e ciò aprì la strada verso un ulteriore aumento della produttività. A partire dalla fine degli anni ’50 infatti, la situazione occupazionale mutò drasticamente: la crescita divenne notevole soprattutto nei settori dell’industria e del terziario. Il tutto avvenne, però, a scapito del settore agricolo. Anche la politica agricola comunitaria assecondò questa tendenza, prevedendo essa stessa benefici e incentivi destinati prevalentemente ai prodotti agricoli del Nord Europa. Una delle aziende italiane a fare la diffe renza in quelli anni è la Piaggio, un’azienda che a Pontedera produceva aeroplani. Il 2 dicembre 1945, grazie al genio di D’Ascanio e a un piccolo miracolo dei tecnici e degli operai impegnati al suo fianco, decisero di usare i motorini di avviamento degli aeroplani per costruire una motocicletta: la Vespa destinata a diventare simbolo degli anni d’oro dell’Italia, destinata ad avere un grande successo anche all’estero e destinata ad avere un successo sconsiderato anche con le donne. La Vespa nasceva come prodotto altamente innovativo, non solo rispetto al momento stesso in cui veniva concepita, ma anche nei confronti di un futuro che negli anni del dopoguerra non era così facile prevedere. Nel dopoguerra il problema più impellente era dato dalla necessita di disporre di un mezzo di trasporto semplice ed economico, alla portata di tutti coloro che dovevano recarsi sul luogo di lavoro, che dovevano divertirsi e come mezzo per la famiglia. Questo offerto dalla piaggio è il primo esempio di rapida conversione dalla grande industria bellica a quella di pace.


E dovete considerare che qui, a Pontedera, gli stabilimenti erano distrutti da bombardamenti e da razzie, e non vi era piĂš una sola macchina utensile.


CHI “VESPA” MANGIA LE MELE LO SLOGAN PIU’ RICORDATO NEGLI ULTIMI VENT’ANNI

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Filippetti ha sempre considerato il lavoro del pubblicitario non solo mezzo di produzione e consenso ma espressione di creatività. Niente è più socialmente utile di ciò che educa l’immaginazione e amplia il concetto stesso di libertà.

on so se molte altre campagne abbiamo ricevuto tanti consensi di critica quanto questa di Gilberto Filippetti, della Leader di Firenze, per la Vespa (già, peraltro, fin dal nome, nata fortunata e “femmina”), e che ha mantenuto, ben oltre la sua durata dal 1968 al ’71 la stessa fragranza, la stessa freschezza, la stessa attualità che esprimeva al suo nascere. Questo perché Gilberto Filippetti ha sempre considerato il lavoro del pubblicitario non solo come mezzo di produzione di consenso per il consumo di un prodotto, che è comunque il suo significato più diretto e scontato, ma espressione di creatività e libertà, perché niente è più socialmente utile di ciò che educa l’immaginazione e amplia il concetto stesso di libertà. Libertà come bisogno primario, forse è un’illusione, ma penso che pubblicizzando prodotti che stimolano la fantasia si lascia libero l’individuo di scegliere un prodotto che gli dia libertà. E aggiungeva “ogni nuova idea ha in se un contenuto rivoluzionario”. S’invecchia di colpo di fronte a una nuova idea e nessuno ama invecchiare, così come nessuno ama ammettere che solo chi ha idee è veramente giovane. Un’idea veramente nuova può dare uno scossone all’universo. Nella Vespa i giovani vedevano il simbolo della conquista di una nuova libertà, che si esprimeva in ogni aspetto della vita. Era il momento degli hippies, i “figli dei fiori”. Alla metà degli anni sessanta la rivolta dei giovani nei confronti del mondo consunto e degradato degli adulti sfociava, in tutto il mondo occidentale, nella contestazione universitaria. E proprio a Firenze, nel clima rovente dell’american life e della Pop Culture inglese e americana, nascevano i gruppi dei giovani architetti


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di Radical Architetture che si proponevano il rinnovamento “radicale” dell’architettura, compromessa nelle secche della speculazione edilizia, arrivando a rifiutare la pratica professionale, optando invece per un design alternativo, ludico e fortemente critico. Ma a quel momento la nuova cultura giovanile aveva trasformato anche il linguaggio: gli slogan della contestazione sfidavano intenzionalmente la sintassi in nome di una conquistata libertà. Filippetti, nei suoi progetti, ha sempre unito il testo all’immagine, ma questa volta il testo rappresenta un prodigio di sintesi. L’inizio della frase con “Chi” (innovazione che sarà molto seguita nella pubblicità italiana, «chi Mobil e chi meno», «Chi mi ama mi segua» per i jeans Jesus, «Chi mangia la Golia è un ladro e una spia».

Fig. 1La parola d’ordine è riportata anche in questo bozzetto di Gilberto Filippetti, e sul parafango della vespa figura il segno distintivo della campagna. Fig.2 Innovazione linguistica e grafica che si rapporta liberamente alla socio-cultura giovanile e alle principali avanguardie artistiche del momento. Metafora grafica che sottolinea la nascita del simbolo e il suo organico rapporto con il prodotto (bozzetto originale di Gilberto Filipetti).


la contraddizione e la libertà della grammatica e della sintassi che trasformano un sostantivo, “Vespa”, in un presente indicativo, costituiscono un prodigio di trasgressione e di invenzione che fa scattare l’idea, la rende incisiva e totalmente innovativa. La contraddizione e la libertà della grammatica e della sintassi che trasformano il sostantivo Vespa in un presente indicativo, costituiscono un prodigio di trasgressione e di invenzione che fa scattare l’idea, la rende incisiva e totalmente innovativa: «Chi vespa mangia le mele (chi non vespa no)», ovviamente. E c’è nell’immagine scelta, solo apparentemente casuale e innocente, una tale carica di rimandi e di significati che si attivano quasi a catena. La mela, frutto fresco, naturale, dal colore acceso, dalla forma sferica perfetta, coi sui rimandi all’idea di campagna, sole, di libertà, ma anche con i suoi suggerimenti simbolici che sono alla base del concetto di erotismo, o comunque di amore dal pomo della discordia, il frutto proibito, conteso nel paradiso terrestre tra Eva e l’intrigante serpente luciferino, alle mele delle Esperidi, al pomo caduto dal banchetto degli dei, che Paride offriva a Venere, la più bella del Parnaso, alla corsa di Atlanta che fu vinta dall’eroe Ippomene perché la fanciulla, attratta da una mela d’oro che rotolava per terra, sostò a raccoglierla la mela, dicevo, assume in questo contesto una carica, anche erotica fortissima. E con due morsi simmetrici, opposti, sembra voler quasi imitare l’immagine frontale dello scudo della vespa, il cui nome deriverebbe, anche, dalla sua forma, a vita di Vespa. Provo a sovrapporre le due immagini, come mi sono divertita a farlo, per una lezione, con due lavori, tra i più noti, di Duchamp. Così ho sovrapposto a Fountain l’immagine della Joconde di Duchamp come ora, qui a lato, è stato fatto con la monna lisa di Leonardo e ho notato che i contorni delle due immagini coincidono perfettamente.

1969. Rivoluzione giovanile, immaginazione al potere. Nascono una nuova strategia di comunicazione Piaggio e uno degli sloganpiù ricordati negli ultimi vent’anni: “Chi Vespa mangia le mele”, di Gilberto Filippetti della Leader di Firenze.


Certo, la sovrapposizione della mela con le sue due foglie (che vengono a coincidere col manubrio dello scooter) all’immagine della Vespa può far pensare a un incontro d’amore, forse un po’ equivoco (non si è detto che la vespa è femmina? E la mela non è sempre stato l’oggetto del desiderio, il frutto proibito?). Fa comunque pensare a quella libertà di incontri che i giovani si potevano, ora, permettere. Non si osava già propugnare, infatti, in quel periodo, l’amore libero? Con questo gioco di sovrapposizione non si carica di tutti i rimandi mentali, alchemici, concettuali che assume quello dei due lavori di Marcel Duchamp, ma può costituire un’altra lettura interessante di un lavoro che, a mio avviso, ha una carica tale che lo fa andare oltre le proprie intenzioni, certamente meno sofisticate e, credo, inconsce. Comunque la lettura più semplice è che vede questa campagna legata alla Pop art. Una pop, comunque, meno realistica del solito, nell’astratta tensione della superficie grafica piatta, che si arricchisce, via via, di figurazioni all’interno, tutte foto di giovani coppie in vacanza, di testi nuovi, dopo quello che aveva riempito la prima immagine piatta, ancora senza morsi: la mela è un cuore rosso con una foglia verde, è bella e buona, si mangia da soli o in gruppo sempre però con i capelli al vento. Quando è rossa un morso grosso ha il sapore del tramonto una mela azzurra ha il sapore dell’onda spruzzante, una mela con le efelidi ha le foglie all’insù e strizza l’occhio. Seguono, nel corso della campagna, la mela a strisce, la mela margherita, quella a stelle, quella a cuore,e ancora la mela parlante e quella che canta. E la rarissima “mela musicale più di tutte buona da mangiare”. Continua anche in questo testo la trasgressione immaginativa, seguita subito dopo quella visiva: la mela si trasforma davvero in margherita, in satellite, in bocca, in cuore. E si moltiplicavano i testi: «Chi Vespa mangia le mele… e dà un bacio a chi gli pare». E ancora: «Melacompro la Vespa! » (1970-71).


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VESPIZZATEVI LA CAMPAGNA PUBBLICITARIA

Vespizzatevi è uno degli slogan più famosi e maggiormente conosciuti del mondo Vespa. Un invito che si direbbe capace di sedare ogni frenesia, facendo scivolare lieve la fortunata coppia: lui con in berretto e pipa, lei gonnella e capelli non troppo lunghi al vento. Intanto si avverte l’incalzare della folla in corsa, e sono paia e paia di gambe stilizzate, nere, attorno a loro, che battono l’asfalto nel manifesto di Villemot del 1954. Tutto questo, da noi, viene tradotto con una certa libertà e una punta di genio: «non correte…», e piuttosto «Vespizzatevi!». Fatelo dunque se volete arrivare riposati al posto di lavoro: lo si ripete, forse con meno eleganza grafica in un manifesto successivo, italiano stavolta. E dato con questo, interviene il notiziario dei venditori, «per gli operai può significare un maggior numero di ore dedicate al sonno e minor fatica, non v’è dubbio che gli stessi datori di lavoro, se interessati con intelligenza a questo problema, potrebbero finire con l’acquisto di notevoli quantità di scooters».

“Vespizzatevi” è uno degli slogan più famosi e maggiormente conosciuti del mondo vespa.

Perché no? «Vespizzatevi per il vostro lavoro, per il vostro svago». Ma i due motorizzati, freschissimi e vagamente nordici contadini non lavorano affatto. Si riposano, prima lei porge al consorte un cestino per il pranzo, senza neppure scendere di sella – e, sembra di capire, più tardi andranno a una festa sull’aia con fuochi d’artificio e fisarmonica. Vespizzatevi, naturalmente. Il neologismo si radica nel parlato e anche un linguista come Bruno Migliorini ne prende atto nella sua opera, proprio in questi anni.


Pag 16 - su sfondo blu, l’originale di Bernard Villemot (1911-89), il geniale cartellonista che amava dichiararsi influenzato da Henri Matisse, fra gli altri In alto - la direzione commerciale definisce “motivazionale” questo manifesto e, nel ‘61 ne suggerisce la diffusione “in zone sotto-sviluppate” ma al contempo sperimenta qui il bus advertising.

Erberto Carboni (1899-1984), architetto, grafico e designer attivo sin dal 1932, firma alcune storiche campagne, a lui si deve il manifesto: “alla loro felicità manca solo la Vespa” e “in tutto il mondo Vespa”.


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VESPA IN CIELO & PARADISO IN TERRA Lo stile francese, segnato “per il suo buon gusto e l’eleganza”, si ritrova nelle tavole di Savignac con la Vespa rampante su fondo giallo, o nell’originalità delle campagne promozionali. Come nel ’58, quando il primo giorno di primavera viene celebrato sui giornali illustrati francesi con inserzioni a colori, in cinque milioni di copie, profumate al mughetto. Vespa merita la collaborazione, fra gli altri, di Erberto Carboni, grafico e architetto che è nella storia del design italiano, ma anche del disegnatore Sandro Scarsi con la sua freschezza e la sua inventiva, e mette alla prova l’ufficio comunicazione e grafica interno che si fa carico della promozione e pubblicità almeno sino a tutti gli anni Sessanta. Qui vengono ideate le campagne e si elaborano i progetti per le affissioni, le inserzioni sui giornali, la documentazione veicolata tramite agenzie e officine di assistenza, beninteso in tutte le varianti e in tutte le lingue previste. Nell’arco di questo decennio e oltre, decine di pieghevoli vengono di volta in volta approntati per la distribuzione in migliaia e migliaia di copie, nei punti vendita e in ogni possibile occa-

sione. Mani femminili, eleganti, ingioiellate già le abbiamo viste offrivano la vespa 98 come fosse una gemma. Nel successivo, appena oltre la bella copertina a fondo nero il progresso era scandito in una serie di vignette stilizzate ove si esaltavano le ruote piccole e intercambiabili, la scocca portante e il motore protetto come altrettante connotazioni “automobilistiche”, vale a dire moderne, del mezzo. Tutti sanno cos’è la Vespa, si ripete altrove, e siamo nel 1958; ma non tutti sanno che i numeri della produzione nell’arco di un decennio hanno dell’incredibile. Si spendono testimonial italiani e stranieri sulle pagine dei settimanali. Si sottolinea in Francia il tratto elegante di Vespa, puntualizzando invece, dati alla mano, l’insuperabile funzionalità del mezzo quando ci si rivolge ai nuovi mercati. Radicare il profilo della vespa nell’immaginario collettivo, suggestionare il pubblico, evocare immagini di libertà e ampi spazi, la fuga nel verde. Ma continuando a fare informazione, per quant’è possibile, sul prodotto. La strada per le campagne più innovative degli anni Sessanta, giocate sul potere di slogan trasgressivi,


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apparentemente lontani dal senso comune, è ancora lunga. Eppure, dal «Vespizzatevi!» del 1954 non sembra mancare molto. Arma segreta nella quotidiana battaglia contro il traffico, Vespa sollecita l’ironia dei pubblicitari in Inghilterra e nel nord Europa. È caratteristica di tutta la comunicazione sulle “ruote basse” una sfumatura giocosa, forse un poco ingenua e stucchevole alla distanza, ma accattivante. Certamente adatta a quell’aria sbarazzina, vacanziera e giovanile che sempre più si rafforza nel messaggio promozionale e nella percezione comune del mezzo. Sin dai primi anni è stata l’auto a due ruote per chi a quattro, di certo, non poteva arrivare. Ed erano lui e lei: con tanto di prole, all’inizio, giovani ma non giovanissimi. «Alla loro felicità mancava solo la Vespa» e infatti volano, in posa, su fondo giallo nel 1963. Sorprendentemente moderna al confronto, nella grafica e nel messaggio, «Un paradiso per due»: qui ogni tragitto, lungo breve che sia, può trasformarsi in un appuntamento con la felicità. Siamo nel ’62 e già è un altro stile, un altro pubblico, un altro mondo.

VESPA D’AUTORE Salvator Dalì ci ha dipinto letteralmente sopra. Dalì vi pone la firma incoronando il nome della sua Gala, sulla fiancata destra. Guttuso dipinge un quadro intitolato: gita in Vespa (1957) olio su carta intelata, 120 x 102, New York – collezione John D. Rockfeller III


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PERCHE’ VESPA FINISCE IN “A” L’EMANCIPAZIONE GIOVANILE FEMMINILE

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’elemento femminile è già inscritto nel patrimonio genetico di questo scooter morbido e formoso, pizzicato in vita; accessibile come una bicicletta da donna, sottolineava D’Ascanio. Ogni elemento del progetto è ottimizzato per l’impiego da parte di un’utente inesperto e non richiede particolare sforzo fisico. Sorprende constatare quale sia l’attenzione riservata al pubblico femminile, sin dai primi tempi.In realtà così facendo non si va solo alla ricerca di possibili acquirenti diretti. Da una recente indagine è risultato che in quasi in 40 per cento dei casi è la donna che l’elemento femminile è già inscritto nel patrimonio genetico di questo scooter. Sorprende constatare quale sia l’attenzione riservata al pubblico femminile, sin dai primi tempi. Da una recente indagine è risultato che in quasi il

40 per cento dei casi è la donna che amministra il budget familiare, pubblica la rivista Piaggio nella primavera del 1969. Non solo, ma quando ci sono spese da fare che interessano tutta la famiglia, è la donna che decide nel 46 per cento dei casi. Se consideriamo che la donna, oltre a decidere delle spese personali, amministra il budget familiare per le spese comuni in quasi la metà delle famiglie, appare evidente che una parte predominante del bilancio nazionale, nel settore dei consumi privati, è gestita dalla donna. Nell’estate del ’62 la rivista aziendale titola esplicitamente: “Lo scooter favorisce l’emancipazione femminile”. In Italia il movimento di emancipazione delle donne risentì del ritardo generale che nell’Ottocento la situazione politica complessiva della penisola presentava a confronto con altri paesi europei più svilup-


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pati. Nonostante la dominante cultura anti- all’ideale femminile dell’angelo del focolare femminista, il movimento delle donne aveva e della missione materna. Grazie però ad una tuttavia compiuto i suoi primi passi anche in dirigente socialista come Anna Kuliscioff (1854Italia e nel 1881 era nata la lega promotrice 1925) la questione femminile guadagnò attendegli interessi femminili fondata da Anna Ma- zione nel partito,che infine sostenne la lotta ria Mozzoni (1837-1920), per il diritto di voto. per la quale l’emancipaMa questa richiesta, zione delle donne era Nell’estate del ’62 la rivista che dal 1871 fu sottouna grande questione posta alla votazione sociale che avrebbe aziendale titola esplicitamente: “Lo scooter favo- del parlamento itadovuto rivoluzionare la risce l’emancipazione “femminile. liano per ben venti stessa istituzione famivolte, non raccolse liare e i rapporti fra i sesadesioni sufficienti se si. Su questo punto era non dopo la fine della differente l’impostazione del Partito Socialista, Seconda Guerra Mondiale e il crollo del regifondato nel 1892, in cui le donne avevano una me di Mussolini. Altro aspetto da considerare significativa rappresentanza ma che tendeva a è il trattamento riservato alle donne durante ricondurre la battaglia femminista al generale la dittatura fascista italiana; il Fascismo infatti, contesto delle lotte economiche. Se quindi il d’accordo con la Chiesa, difendeva ed esaltasocialismo italiano (e non solo quello), guar- va la funzione del matrimonio e della famiglia dava con una certa diffidenza al femminismo, come garanzia di stabilità e come base per lo mentre sollecitava l’adesione delle donne agli sviluppo demografico, cercando di incoragideali di fratellanza, giustizia ed emancipazio- giarlo con ogni mezzo: aumento degli assegni ne del proletariato, continuava a restar fermo famigliari e concessione di esenzioni fiscali ai


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lavoratori provenienti da famiglie numerose, creazione dell’Organizzazione Nazionale Maternità e Infanzia, assunzioni a favore dei padri di famiglia, istituzione di premi per le coppie più prolifiche, e nel Ventisette imposizione di una tassa sui celibi. Per quanto concerne le donne, il regime ostacolava il loro lavoro, anche se con scarso successo, e generalmente si oppose al processo di emancipazione femminile. Tuttavia, anche le donne di quell’epoca avevano le proprie strutture organizzative: fasci femminili, piccole Italiane e giovani Italiane (dipendenti dall’ONB, Operazione Nazionale Balilla) e, la più importante, quella delle massaie rurali. Si trattava però di organismi poco vitali, la cui funzione principale era quella di valorizzare le virtù domestiche della donna, riportandola al ruolo di madre prolifica, sposa fedele e “reggitrice” della vita domestica, immagini tradizionali diffuse attraverso la stampa, la letteratura fascista e i testi scolastici. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale però, il Fascismo dovette rapidamente rimangiarsi vent’anni di retorica maschilista e convincere le donne della necessità di prendere i posti dei mariti, dei fratelli e dei padri partiti per il fronte. La donna tornò così, nell’emergenza del conflitto, a ricoprire

ruoli pubblici, e in quest’ottica sarà soprattutto la lotta di liberazione a rappresentare uno dei momenti decisivi in vista di una reale esperienza di cambiamento nei rapporti tra i due sessi. La collaborazione e la solidarietà tra uomini e donne, esperienza diffusa e significativa del periodo resistenziale, decreterà infatti la codificazione di valori e idealità destinate a giocare un ruolo di primo piano negli anni del riassetto politico e istituzionale del Paese. Nell’immediato dopoguerra le italiane raggiunsero le prime importanti conquiste civili: nel 1946, alle donne fu consentito di votare per la prima volta nella storia d’Italia, nel referendum tra monarchia e repubblica; quindi alcune di esse, ventuno per l’esattezza, furono elette nel primo organismo rappresentativo della nascente repubblica, l’Assemblea Costituente, e quattro furono designate tra i membri incaricati di redigere il progetto di Costituzione. Si trattò dunque, almeno sotto questo punto di vista, di un pieno riconoscimento del contributo dato alle donne alla lotta di liberazione nazionale e alla rinascita della democrazia.


Pag. 20 - 2 foto storiche, Pag. 21 - una pubblicità americana. Pag. precedente - la donna fornisce l’immagine ideale per testimoniare la modernità e la grande semplicità d’uso del mezzo. Nell’immagine inserita nella pagina precedente possiamo vedere una pubblicità americana, acquistarne una per tutta la famiglia suggerisce la campagna, soprattutto per lei che non lavora e si “limita” a gestire allegramente la famiglia e la casa.


IL SESSANTOTTO Gli anni della rivolta giovanile

Il sessantotto appare come un grande movimento di idee “rivoluzionarie”. Le comunicazioni di massa hanno dato del sessantotto l’interpretazione di un grande e onnicomprensivo movimento di ribellione.

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punti di riferimento sono perlopiù la morale cattolica o la morale di sinistra, parimenti rigide. L’uscita serale delle ragazze da sole; una moda maschile e femminile spregiudicata, anche se magari fatta in casa; le sigarette in bocca anche ai ragazzini; il colore nero “all’esistenzialista”; la conquista della notte come momento di incontro e di divertimento; il jazz; la canzone “nera” francese; la motocicletta “tradotta” in scooter come la vespa e la lambretta;tutti questi elementi portano ad una trasformazione. Il giovane degli anni cinquanta tenta d’abitudine di porsi “fuori controllo”, sia dalla famiglia che dalla società con le sue diramazioni, ha i suoi orari, le sue “tenute” e persino il suo linguaggio fatto di neologismi e di “gerghi”.Questo modo “fuori controllo”, o comunque a parte contiene implicitamente una forma di ribellismo e di inquietudine che gli permette di assorbire anche dei veri modi ribelli che all’estero sono circoscritti e superficiali. Il ribellismo diffuso negli anni cinquanta non ha molto a che vedere con l’avanguardismo disordinato e futurista dei primi del secolo; il ribellismo degli anni cinquanta, tende piuttosto alla non-accettazione, alla separazione, al distacco fra i giovani e il resto del corpo sociale. Il giovanilismo insomma è stato ribelle, ma in modo sociologico; la sua separatezza dalla società si è attuata quando ha cominciato a diventare un soggetto rilevante per l’industria del superfluo, i primi giovani come classe merceologica sono consumatori di prodotti dei quali non sono però minimamente produttori, nemmeno a livello di immaginazione. Quanto accade con il sessantotto, ma in realtà anche prima, con i vari movimenti europei e americani pacifisti e “di liberazione”, può essere visto come rifiuto di una immaginazione imposta dall’alto o dall’esterno e ricerca di una nuova definizione della creatività e dell’identità

“giovanile”. Da questa prospettiva il fatto che l sessantotto appaia come un grande movimento di idee “rivoluzionarie”. Le comunicazioni di massa hanno dato del sessantotto una interpretazione univoca, cioè quella di un grande e onnicomprensivo movimento di ribellione; ma in effetti, l’esplosione della protesta studentesca coinvolse solo una classe di giovani, quelli appunto scolarizzati, e nella grande maggioranza nuove generazioni e universitari. Se consideriamo il sessantotto prima di tutto come necessita di ridefinizione di una identità sociale, si comprenderà facilmente perché le proposte politiche del movimento furono più circoscritte e fallirono. Quali sono stati i nuovi valori della condizione giovanile del modello – sessantotto? L’ANTICONFORMISMO, è la matrice appunto sociologica: implica il rigetto di una società grigia, a cui viene contrapposta una società più separata e dinamica. La CONTESTAZIONE, che inizia negli anni sessanta con i gruppi beatnik e hippie, è invece già una forma polemica che contrappone due visioni del mondo.


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L’ ALTERNATIVA è la fase, che diciamo così, matura della contestazione. Prevede infatti l’esistenza o la formazione di un progetto. La contestazione giovanile del sessantotto parte dall’università di sorbona a Parigi in Francia, gli studenti protestavano contro il conformismo, rivendicavano l’istruzione per tutti, volevano liberalizzare le droghe, rifiutavano il consumismo, l’uguaglianza e più diritti per le donne. La protesta dalla Francia abbraccia la protesta degli operai in Italia dove si parlerà di autunno caldo ’69. Gli studenti occupavano l’università e i poliziotti caricavano contro gli studenti con i manganelli per bloccare la rivolta. Quest’anno si concluderà con il rinnovo del contratto per i metalmeccanici, a maggio verrà anche approvato lo statuto dei lavoratori in cui si riconoscevano diritti e doveri.


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EMENT

ERTIS AN ADV

This is a typical advertising of the 60’s. It is about the “Vespa”, a scooter that has changed the transport concept. In this advertising we can see a happy family on the Vespa: father, mother and child. The scooter it self is the word “Vespa”, the father uses the letter “V” as a steering and the letter “P, A” are the saddle. The family is very very happy as they are going to a picnic, they are wearing casual clothing, the child is halding a fishing-rod, the mother a sun holding umbrella. On the letter “A” there are three suitcases with food for the picnic. This is an ideal family, they spend the Sunday together and are happy. Below the family, there are trees with flowers and a green field. This family is happy because they have a Vespa, the Vespa is comfortable and it is a simple way to move quickly. The message is: every family and person should have to a vespa.



BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA


Davide Mazzanti, Vespa un’avventura Italiana nel mondo, Lara - Vinca Masini, prima edizione: marzo 2003, seconda edizione: maggio 2008, Giunti Editore S.p.a. Firenze Italia, pp 183 - 189. Davide Mazzanti, Vespa un’avventura Italiana nel mondo, prima edizione: marzo 2003, seconda edizione: maggio 2008, Giunti Editore S. p. a. Firenze Italia, pp 116 - 121. Philippe Aries, George Duby, La vita privata il novecento, GLF Editori Latenza & figli S.p.a., finito di stampare nell’ottobre 2001 pp 90 - 103, 351 - 357.

http://www.it.vespa.com/it_IT/default.aspx




ISISS “Carlo Anti” di Villafranca - Verona Esame di stato 2009/2010 Candidata: Dal Forno Anna 5 Atg


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