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Primo Piano

Lunedì 9 Novembre 2009 Corriere della Sera

Centrodestra I nodi

Regioni, La Russa frena Bossi «L’accordo non c’è ancora»

La conduttrice

E Fini su Cosentino: certe candidature sono inopportune

ROMA — «Caro Silvio, cacciare Paolo Ruffini da Raitre è ingiusto». Anche Licia Colò, conduttrice di Alle falde del Kilimangiaro, difende il direttore in bilico. Ma lei, che da Berlusconi è stata lanciata, si appella allo stesso premier: «È un manager e ama la meritocrazia. Non si contraddica e lasci fare il lavoro a chi ha dimostrato di saperlo fare». Perché non dubita che se Ruffini cadrà sarà per volere di Berlusconi: «Lui stesso a Ballarò ha detto che Raitre non è democratica. Ma il fatto che parlasse da lì dimostra che lo è. In dieci anni Ruffini non mi ha mai chiesto nulla». Di Berlusconi conserva «un ricordo molto caro. A Mediaset mi aiutò in momenti difficili. Era un imprenditore tv innovativo». E ora? «È cambiato. Prevale la ricerca del consenso. Ma sappiamo cosa sa fare. Non ha bisogno di avere tutto in mano. O di punire RaiTre». Le ipotesi Minoli o Di Bella sono punitive? «Stimo Di Bella. Minoli mi ha voluta in Rai. Ma il punto non è questo. In un momento in cui la Rai è in caduta di ascolti Ruffini ha fatto programmi dignitosi, di successo e a basso costo. Perché mandarlo via?».

ROMA — Poiché la partita per i candidati governatori sta entrando nel vivo, scoppiano le alleanze e cresce la tensione nei partiti e nelle coalizioni. A Nord è ormai guerra aperta tra Udc e Lega, mentre i malumori per le richieste di Bossi cominciano a farsi sentire in modo ufficiale. Si riapre anche il puzzle nelle regioni del Centro-Sud. Lo scontro per ora riguarda il centrodestra, che è più avanti nella definizione del quadro delle candidature. Ad intervenire per bloccare illazioni e proclami che si sono susseguiti in questi giorni, sono stati ieri uno dei tre coordinatori del Pdl, La Russa, e il capogruppo alla Camera Cicchitto. Ignazio La Russa ha rassicurato quanti non vogliono appaltare il Nord alla Lega che chiede Veneto, Piemonte e vicepresidente in Lombardia (dove Formigoni continua a ribadire di sentirsi certo della sua conferma): «Non ho visto un accordo, legittimamente Bossi parla di quello che desidera, ma la decisione deve essere comune». Anche perché il segretario centrista Lorenzo Cesa ieri ha alzato il tiro: «L’Udc vuole contrastare il disegno della Lega e dove ci sarà un suo candidato è disponibile a formare un cartello

Il colloquio

che le si oppone». Parole che incendiano il Carroccio: «Da parte di Cesa c’è un orientamento politico violentemente antileghista, tipico del maccartismo degli anni Cinquanta. È rimasto l’ultimo giapponese», gli risponde il vicepresidente dei senatori della Lega Nord, Lorenzo Bodega. Se con l’Udc la partita dunque si complica, La Russa sta cercando però di tessere la tela con la Destra di Francesco Storace, dopo la rottura delle Politiche: ieri è andato ad assistere, per conto di Fini e Berlusconi, all’assemblea del partito. Storace potrebbe essere utile nelle regioni del Sud e nel Lazio, dove proprio ieri Fabrizio Cicchitto ha suonato l’altolà alla leader dell’Ugl Renata Polverini.

I tre rebus al Nord

Quella che al momento sembra essere l’unica candidata sicuramente vincente — così almeno secondo i principali sondaggi — potrebbe essere sacrificata sull’altare del partito, specie se Massimo D’Alema dovesse riuscire a diventare il ministro degli Esteri europeo, «soffiando» il posto nella Ue ad Antonio Tajani. Al quale Berlusconi avrebbe promesso la guida del Lazio. Se poi Fini dovesse imporre un suo uomo in Campania, questo porterebbe a rivedere ruoli e nomi per il Lazio. Per ora il presidente della Camera è sempre più esplicito nel contestare il berlusconiano Nicola Cosentino: «Certe candidature sono inopportune», ha detto ieri a Che tempo che fa. «Ciò che è avvenuto in seguito all’esplosione del caso Mar-

A Pomezia Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ieri durante il suo intervento all’assemblea nazionale della Destra a Pomezia. La sua presenza è stata anche un segnale per «sdoganare» il movimento di Francesco Storace in vista di possibili alleanze alle Regionali

Formigoni in Lombardia In Piemonte sfida verso la riconferma tra Udc e Lega Il governatore Formigoni è sicuro della riconferma. La Lega chiede la vicepresidenza

Colò al premier: «Non cacciare Ruffini da Rai3»

razzo — ha spiegato il capogruppo Cicchitto — può cambiare i termini dello svolgimento delle elezioni. Infatti, la classe dirigente del Pdl del Lazio può anche ricorrere a candidature da essa stessa espresse,

E Galan insiste per guidare il Veneto

Nel centrodestra la Lega punta alla presidenza, ma l’Udc è pronta ad opporle un candidato

In Veneto è ancora sfida tra la Lega e l’uscente Galan che chiede la riconferma

che possono essere prese in considerazione in modo altrettanto attento di quelle, apprezzabili, pervenute dalla società civile». Un’incognita ulteriore nel Lazio sarebbe però anche l’alleanza con l’Udc che appoggerebbe la segreteria del sindacato di destra ma non un candidato espressione del partito di Berlusconi. Finché non si chiarirà la partita campana comunque non ci saranno novità. Bisognerà in ogni caso siglare un accordo complessivo, con una stretta di mano tra Berlusconi e Fini, che per ora, almeno finché la battaglia sulla giustizia non sarà chiusa, è lontana.

Gianna Fregonara © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il vicepresidente della commissione Bilancio: chiederò l’iscrizione al gruppo misto, penso a un centro distante e alternativo al populismo di Cavaliere e Lega

«Ineccepibile la scelta di Rutelli, Casini addio» Tabacci: il leader udc si è riavvicinato a Berlusconi, io non ho nulla a che fare con Arcore MILANO — Casini addio. Bruno Tabacci ha passato la domenica a casa del figlio, a Milano, a scrivere le lettere di dimissioni dall’Udc e dalla vicepresidenza della commissione Bilancio. Per il momento va nel gruppo misto, in attesa di costruire il nuovo grande partito di centro. «C’è stata un’accelerazione, di fronte a cui non si può restare indifferenti. Non ho alcun intento polemico verso Casini: credo che il suo riavvicinamento a Berlusconi sia tattico, non strategico; ma ovviamente non è questa la mia posizione. Non penso che tra Berlusconi e Casini sia stata sanata la rottura del febbraio 2008. Allora ero candidato alla presidenza del Consiglio per la Rosa Bianca, e rinunciai, senza porre condizioni. Ora le cose sono cambiate. Invece di tergiversare, in questi mesi Casini avrebbe dovuto accelerare la costruzione di un nuovo partito, superando l’Udc e gli sforzi sia pure apprezzabili per la costituente di centro. Mi auguro che con Pier Ferdinando ci si possa ritrovare più avanti; prima o poi, pure lui dovrà ricollocarsi al centro nell’orizzonte di un partito comune; anche perché immagino che ad Arcore non caverà un ragno dal buco. Io comunque con Arcore e dintorni non intendo avere nulla a che fare». Il centro che verrà, dice Tabacci, dovrà essere «distante e alternativo al populismo di Berlusconi e della Lega, anche se certo non agli elettori di quello schieramento mediaticamente ancora irretiti». E dovrà essere «un’alleanza dinamica, aperta al dialogo tra laici e cattolici, distinta ma attenta all’evoluzione della sinistra politica e del Pd». Tabacci guarda ovviamente a Rutelli e agli scontenti del Pd: «La definitiva collocazione del Partito democratico di Bersani nell’alveo del socialismo europeo è coerente con l’evoluzione del filone postcomunista italiano, molto meno per gli altri che non possono cancellare la loro storia. In questo senso l’iniziativa di Rutelli è motivata e

La scheda Chi è Bruno Tabacci è nato a Quistello (Mn) nell’agosto 1946. Laureato in Economia e Commercio a Parma, negli anni ’80 ha diretto l’ufficio studi del Ministero dell’Industria con Giovanni Marcora e, successivamente, con Giovanni Goria.

In politica Dal 1985 al ’91 è prima consigliere poi presidente della Lombardia. Dal ’92 è eletto deputato con la Dc, poi con il Pdl, infine con l’Udc. Nel 2008 lascia l’Udc per iscriversi al gruppo misto fondando il movimento «Rosa Bianca». Rieletto deputato nella XVI legislatura è iscritto al gruppo dell’Unione di Centro.

ineccepibile. Bersani fa il suo mestiere, ma noi dobbiamo fare il nostro». Che succede domani? «Ho chiesto a Pezzotta da giorni di riunire gli amici della Rosa Bianca per condividere questi passaggi. Chiederò l’iscrizione al gruppo misto, incrociando alcuni colleghi che sono già là: penso a Giulietti che arriva dall’Italia dei valori e alle rappresentanze regionali come quelle di Raffaele Lombardo — un’altra forza in movimento almeno in Sicilia — con cui ho dialogato al momento delle incursioni leghiste sui fondi Fas. Sono certo che molti arriveranno: Calearo, Pisicchio, Lanzillotta, Vernetti; e parecchi altri. Io comunque parlo per me. A giorni si vedrà lo spazio per un’iniziativa politica e parlamentare adeguata, con Rutelli e Dellai, la cui traccia potrebbe essere il Manifesto per il cambiamento e il buongoverno sottoscritto nei giorni scorsi». Tabacci è convinto che il Paese stia vivendo un’ora decisiva, esposto all’offensiva finale del berlusconismo. «Non è il mo-

mento di tatticismi. Bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo. La commistione incessante tra pubblico e privato, l’esaltazione dei conflitti di interesse, una pratica di governo in cui il fare confuso soppianta la bussola dell’ideale, hanno ridotto ai minimi termini lo spirito etico della politica italiana. E ora si vorrebbe imporre un assetto presidenziale senza contrappesi, sul modello della Russia di Putin, e stravolgere l’equilibrio dei poteri, ponendo il legislativo e il giudiziario in capo al governo. Così non si dà il potere al popolo; così lo si spoglia, lasciandolo indifeso. Preferisco di gran lunga un modello parlamentare certo più sobrio di quello attuale, che rappresenti le articolazioni della nostra società. La mia opposizione sarà intransigente. Oggi Berlusconi ricatta sulla giustizia; poi verrà il resto». Alla riforma della giustizia del Pdl Tabacci proprio non crede. «Io ho provato sulla mia pelle gli eccessi della magistratura. Mi sono assunto le mie responsabilità, pure quelle che non avevo. Sono rimasto fuori dalla politica per sette anni, dal 1994 al

Ha detto di loro

Casini

Formigoni

Rutelli

Pier Ferdinando ci ritroveremo più tardi al Centro

di Formigoni e con la logica di potere di Cl

verranno tanti altri, da Lanzillotta a Vernetti

❜❜ ❜❜ ❜❜ Sono certo che con Basta con l’Impero Con Francesco

2001. Ma non voglio certo essere "vendicato" da Berlusconi, né gli riconosco alcun titolo a farlo. Ricordo bene quegli anni. Ricordo le monetine dei comunisti, le manette dei fascisti, il cappio dei leghisti. Ricordo il ruolo di Violante con le Procure e della Finocchiaro nella commissione per le autorizzazioni a procedere. Ma ricordo anche le tv di Berlusconi, con Emilio Fede che promuoveva il giovane Brosio a leader del marciapiede d’oro, in attesa davanti al Palazzo di Giustizia dell’ultimo avviso di garanzia. E ricordo che il primo atto di Berlusconi in politica fu di offrire l’Interno a Di Pietro e la Giustizia a Davigo. Appoggerei e avrei appoggiato in tutti questi anni una riforma della giustizia che toccasse i cuori e gli interessi dei cittadini: si può arrivare alla divisione delle carriere, si devono accelerare i processi; ma per rispondere a chi ha sete di giustizia, non per rincorrere i processi di Berlusconi». Si candiderà alla Regione Lombardia? «Non ho certo fatto una mossa per suggerire una mia candidatura, che vedo molto lontana dalla mie condizioni esistenziali — risponde Tabacci —. Il presidente della Lombardia l’ho fatto più di vent’anni fa. Uno dei motivi della mia critica all’Udc è il sostegno a Formigoni, alla logica di potere di Cl in connessione con la Lega. Dico no al quarto mandato, all’"Impero" di Formigoni, che ci ha dato i disastri di Malpensa e dell’Expo; e pure sulla sanità ci saranno molte cose da dire. Non ho mire personali. Voglio contribuire a lanciare un appello esemplare e credibile alla coscienza civile del popolo. Siamo nel mezzo di una crisi economica strutturale: se ne esce con riforme profonde, con un nuovo patto fiscale che saldi il rilancio economico alla redistribuzione di una ricchezza che non può restare così sommersa. Non si può andare avanti con il 28% dell’economia in nero. Non servono i tagli lineari di Tremonti, che trattano alla stessa maniera cose diverse; serve un’incisione rigorosa sulla qualità della spesa pubblica. Sono molto preoccupato per il Paese. Ma sono convinto che il mio stato d’animo non sia isolato. Per questo è necessario testimoniarlo».

Aldo Cazzullo © RIPRODUZIONE RISERVATA


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