BRIC(K).

BRIC(K) Un progetto per la Torino sostenibile.

Dalla dismissione dello Scalo Vanchiglia, un Centro di smaltimento e riciclo per l’edilizia riporta la produzione in città.

Corso di Laurea Magistrale in ARCHITETTURA PER IL PROGETTO SOSTENIBILE candidato

relatore

correlatore

DAVIDE MINERVINI

GENTUCCA CANELLA

BRUNO BIANCO

A me, che ho appena cominciato; Ai miei genitori, che mi hanno sostenuto silenziosamente (piĂš o meno) in questi anni; A tutti gli altri (“gli altriâ€? lo sanno).

BRIC(K) Un progetto per la Torino sostenibile.

Dalla dismissione dello Scalo Vanchiglia, un Centro di smaltimento e riciclo per l’edilizia riporta la produzione in città.

Corso di Laurea Magistrale in ARCHITETTURA PER IL PROGETTO SOSTENIBILE candidato

relatore

correlatore

DAVIDE MINERVINI

GENTUCCA CANELLA

BRUNO BIANCO

POLITECNICO DI TORINO A.A. 2016/2017 Tesi di Laurea Magistrale in Architettura per il Progetto Sostenibile

INDICE

07 Introduzione 08

RIPORTARE LA PRODUZIONE IN CITTÀ

11

Capitolo 1

15

PERCHÈ UN CENTRO DI RICICLAGGIO

16

Cos’è un rifiuto e cosa no Rifiuti da Costruzione e Demolizione (C&D)

12

18

DALLA LINEA AL CERCHIO: VERSO UN’ECONOMIA CIRCOLARE.

Trattamento

22

Problemi del settore

Rifiuti comuni

Il vetro La plastica Il legno

Carta e cartone

I metalli Organico 31

La filiera dei rifiuti in Italia

La Città Metropolitana di Torino

37

Obiettivi di Progetto

39

Capitolo 2

I PRIMI DELLA CLASSE: MODELLI E PROGETTI DI RIFERIMENTO 41 Le linee guida di Anpar 42 L’incontro con le aziende: Ecopiemonte e Cavit 40

Ecopiemonte Cavit

6

Copenhill

48

51

Capitolo 3

64

PERCHÉ SCALO VANCHIGLIA Morfologia Viabilità Demografia Verde e Servizi Istruzione OsservazionI E Contesto ravvicinato

79

Capitolo 4

52

54 56 58 60 62

88

IL DISEGNO DEL MASTERPLAN DI PROGETTO Vincoli e allineamenti Le piazze di lavoro I terrazzamenti Coperture e Terrapieni La collocazione delle funzioni

93

Capitolo 5

80

81 82 83 86

94

94 95 96 97

IL PROGETTO E LA VARIANTE 200 A CONFRONTO 9.200 Regaldi 9.208 Ponchielli 9.210 Bologna 9.211 Regio Parco

103

Capitolo 6

ALLA FUNZIONE IL SUO SPAZIO: IL PROGETTO ARCHITETTONICO 106 La nuova accessibilità all’area: un motivo nuovo per un’idea vecchia 108 La piazza di lavoro: riqualificazione e riciclo 110 Le fosse di stoccaggio: la cava sotto il parco 114 La copertura attrezzata: l’utile e il dilettevole 116 I trattamenti secondari: il lavoro sotto il parco 118 L’incontro tra gli attori fondamentali dell’economia circolare 124 La formazione: collaborazione tra ricerca e produzione 126 I terrapieni: un progetto che si completa con la produzione 128 L’accesso dalla città: la comunicazione tra le filiere 129 Il rattamento dell’organico: la simbiosi con il centro e il vivaio 132 L’auditorium 134 La residenza temporanea 136 Il parco terrazzato 138 Sport e tempo libero nell’ex M.ar.di.chi 140 Modello di studio 104

Conclusioni

157

158

161 165

BRIC(K): Una sostenibilità oltre le apparenze

Bibliografia Ringraziamenti

7

INTRODUZIONE

RIPORTARE LA PRODUZIONE IN CITTÀ << Oltre il disegno modernista della città - che ha sancito la chiara suddivisione degli spazi in base alle attività: lavorare, abitare e tempo libero, e che ha determinato la concentrazione del lavoro in aree monofunzionali, con gli scarti di un sistema che è progredito in un’inarrestabile polverizzazione, un sistema in cui a una singola proprietà ha corrisposto un’attività produttiva e anche quel filamento di città necessaria a connetterla - oggi gli spazi del lavoro tornano a strutturarsi come organismi complessi.

La prospettiva non è più rappresentata da semplici edifici industriali ma da nuove realtà dotate di laboratori, centri studi, spazi di relazione con il pubblico e con il paesaggio... >>1.

Il recupero e la riqualificazione dell’area dello Scalo Vanchiglia (un tempo scalo merci) a nuova area produttiva urbana, con attività formative, culturali e di residenza, potrebbe contribuire a promuovere un processo di rigenerazione urbana dell’intero settore Nord-Est della città di Torino.

Il progetto architettonico e urbano oggetto della tesi, vuole essere alternativo agli attuali programmi di riqualificazione urbana che ancora promuovono la costruzione di grandi espansioni residenziali e commerciali (anche di lusso), piuttosto che rispondere alla domanda delle classi meno abbienti e alle nuove condizioni dettate da una nuova utenza e da un nuovo modo dell’abitare (residenza temporanea, studentesca, social housing).

La scelta intrapresa guarda ai temi del lavoro e della produzione come reali catalizzatori della trasformazione urbana e occasioni stimolanti di sperimentazione sulle forme e sulle interazioni tra le funzioni storiche e contemporanee della città, a lungo infelicemente settorizzate.

Anche analizzando la formazione dell’industria e la pianificazione delle infrastrutture nel Nord Italia e in particolare nel territorio piemontese, si può notare quanto gli aspetti distributivi, spaziali ma anche figurativi dell’architettura dell’industria contribuiscano a costruire e ad influenzare anche formalmente il tessuto urbano del Nord-Est torinese.

E questo vale in particolare per le aree regolamentate dallo sviluppo della ferrovia e dal trasporto delle merci dove, nei primi decenni del Novecento, vengono realizzati i grandi scali ferroviari. Sempre in questo periodo, nell’area est dell’Oltredora, viene realizzato lo Scalo merci Vanchiglia a servizio di tutta l’area industriale del NordEst torinese.

La condizione muta a cavallo delle due guerre: i complessi industriali aumentano per dimensione

10

1 2

SARA MARINI, L'architettura degli spazi del lavoro. Nuovi compiti e nuovi luoghi del progetto, Macerata: Quodilibet, 2012. http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ambiente/rifiuti. (Ultima consultazione il 01/07/2017)

e richiedono nuove aree e nuove dotazioni. I grandi stabilimenti vengono localizzati nelle aree marginali dei centri urbani caratterizzandosi con tipologie edilizie chiuse, monopiano, dall’alto consumo di suolo.

In questi ultimi decenni, le condizioni sono radicalmente mutate: la produzione industriale, grazie anche all’evoluzione tecnologica e ad una sensibilizzazione delle utenze, ha adottato processi e meccanismi “sani e sostenibili”, che consentono, nella maggior parte dei casi, una vicinanza anche localizzativa con le strutture del lavoro e dell’abitare e, di conseguenza, la possibilità per le attività produttive di tornare ad occupare i vuoti urbani come elementi di rigenerazione.

Su questi assunti si fonda il progetto BRIC(K), che trae spunto anche dal confronto con le poche realtà italiane esistenti che si occupano del trattamento degli scarti dell’edilizia e da alcuni esempi internazionali di integrazione tra produzione e funzioni residenziali e ricreative.

Un esempio virtuoso di quanto appena detto ce lo offre la Danimarca. lo studio danese BIG (Bjarke Ingels Group) ha progettato un nuovo inceneritore di rifiuti realizzato nella città di Copenaghen.

Oltre a costituire un caso studio dimostrativo di quanto una produzione tecnologicamente avanzata e depurata dalle emissioni nocive possa facilmente convivere con l’ambiente urbano, diventa anche riferimento importante per il progetto architettonico nell’integrare la funzione produttiva della Centrale con attività culturali e ricreative.

Dove l’immaginario comune della fabbrica porrebbe recinzioni e filtri potenti di separazione, lo spirito innovativo danese arriva a realizzare sulla copertura dell’inceneritore una pista da sci di 31.000 m2 aperta ai cittadini.

La scelta di intervenire con una funzione principalmente produttiva nella grande area dismessa dello Scalo Vanchiglia nasce quindi da alcune considerazioni: - il carattere storicamente industriale dell’area, un tempo sede della produzione torinese e quartiere operaio; - la garantita accessibilità della zona posta a cerniera tra centro storico e arterie di collegamento verso l’esterno; - le dimensioni eccezionali e l’estensione dell’area di intervento che dal supermercato di via Regaldi (già in costruzione) si estende fino al Mar.di.chi, venendo a rifunzionalizzare una serie di edifici militari e industriali oggi dismessi e in attesa di ridestinazione (i bellissimi padiglioni degli ex Magazzini militari di Artiglieria e il magazzino di via Cimarosa; l’ex edificio delle Poste, eccetera); - la possibilità, infine, di costruire un nuovo parco urbano integrato con il Centro di Smaltimento e Riciclo, una “collina verde” (BRICH in piemontese significa collina) che colleghi, anche visivamente, le aree del Cimitero monumentale e i margini indefiniti del quartiere di Barriera Milano accogliendo, al suo interno, attività ricreative, culturali, di formazione, di residenza, integrate a una nuova produzione capace di rilanciare l’occupazione anche attraverso una formazione specializzata di nuovi tecnici e addetti nel settore dell’edilizia.

Strettamente connesso alla proposta di una nuova produzione urbana - che si basa sul recupero, il riciclaggio e il riutilizzo degli scarti del settore edile -, è il dibattito, più che mai attuale in questi ultimi anni, sulle opzioni e sulle tecniche da utilizzare per garantire soluzioni realmente “sostenibili”.

Si può infatti affermare che una città non è “sostenibile” quando, per il suo funzionamento, consuma risorse, genera rifiuti e modifica la qualità sociale ed estetica dell’ambiente.

Se per ridurre il consumo energetico delle città molto si è

già detto e si sta cercando di attuare, anche intervenendo sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, al contrario scarse sono le azioni intraprese, anche a livello statale, per risolvere e trasformare in attivo il problema dello smaltimento delle tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno in Europa (2502 milioni di tonnellate); il cui ammontare è strettamente legato al consumo di beni e servizi a quindi strettamente legato alla nostra crescita economica.

La maggior parte di questi vengono dal settore edilizio e da quello manifatturiero e si producono in città, che sempre ne ha prodotti e sempre continuerà a produrne quale che sia l’evoluzione tecnologica o culturale che possiamo sperare di raggiungere. << La pianificazione e realizzazione di un sistema integrato di gestione dei rifiuti in grado di raggiungere elevati obiettivi di riduzione, riciclo e recupero, nonché il recupero ambientale di aree degradate e inquinate, rappresentano un passo fondamentale in un processo di sviluppo orientato alla sostenibilità quale quello della Città Metropolitana di Torino >>2.

La proposta di un centro di smaltimento integrato per i rifiuti del settore dell’edilizia e per i rifiuti comuni prodotti dal settore delle Costruzioni e dagli Usi Domestici è alla base della proposta progettuale che vuole promuovere l’ex Scalo Vanchiglia a nuovo riferimento positivo, per le realtà urbane nazionali, ma anche straniere, nell’affrontare una delle più grandi criticità con cui la “città sostenibile post 2020” dovrà fronteggiarsi.

Una sorta di “cava urbana” per la città di Torino, capace di invertire l’attuale spregiudicato consumo delle risorse naturali e del suolo, da cui poter estrarre materia prima e nuove risorse.

La possibilità quindi di trasformare in risorsa l’eccessivo “scarto” che la città, oggi, continua a produrre.

11

CAPITOLO 1

PERCHÉ UN CENTRO DI RICICLAGGIO?

Nel 2014 in Europa si sono prodotti 2.502 milioni di tonnellate di rifiuti, provenienti da tutte le attività economiche e dai consumi domestici; si tratta della quantità più alta mai registrata dal 20041.

Il settore delle Costruzioni ha contribuito per il 33,5% sul totale con 871 milioni di tonnellate seguito a poca distanza dal settore estrattivo e di scavo con 774 milioni di tonnellate, il 29,8% del totale.

Le altre attività economiche e i consumi domestici si dividono la restante responsabilità in materia, senza però mai raggiungere un’incidenza del 10%; nemmeno un terzo di quanto prodotto dalle attività di Demolizione e Costruzione.

Quasi due terzi (65%) del totale prodotto è costituito da rifiuti minerali o inerti non pericolosi; generati quasi completamente (93,7%) dalle attività di Costruzione e di scavo/estrazione citate precedentemente.

In Italia, in controtendenza rispetto ai dati europei, la quantità di rifiuti urbani generati è diminuita anche del 2,2% rispetto al 20062. Questo è dovuto non tanto a una crescente attenzione al problema, anche se presente, quanto alla decrescita economica del Paese che incide sui consumi e sulla produzione di scarti.

Nonostante questo però la gestione e il trattamento dei rifiuti sono parte di un settore economico complesso che, grazie alle politiche per la lotta agli sprechi, alla maggiore efficienza industriale e alle leggi per il recupero di materia, continua a crescere in Europa nonostante la crisi economica.

L’industria italiana della gestione dei rifiuti risulta frammentata e disomogenea, caratterizzata dalla presenza di differenti tipi di operatori che vanno da grandi compagnie che operano su più regioni a piccoli centri regionali e/o specializzati.

14

1 Waste Statistics, in http://bit.ly/2sI2EzT. (Ultima consultazione il 09/07/2017) 2 Analisi dei dati ISPRA, fornita da ALBERTO CALVO, LORENZO PRIVATERA, The Waste we produce: stinky gold?, Value Partners Management Consulting, febbraio 2017.

I dati parlano di circa 9.000 imprese autorizzate al ritiro e allo smaltimento, principalmente micro-imprese con meno di 10 addetti. Il loro numero è aumentato di oltre il 10% in 5 anni3 Questa frammentazione riflette una legislazione caotica e territorialmente disomogenea che frena lo sviluppo e le potenzialità del settore e limita il raggiungimento di più alti standard di recupero che sono anche gli obbiettivi della Comunità Europea.

Il legislatore ha stabilito che la quantità di rifiuti urbani recuperati salga al 50% in termini di peso entro il 2020, al 70% per i rifiuti speciali provenienti da attività di costruzione e demolizione e che la quantità di rifiuti biodegradabili mandati in discarica scenda al 35%.

La verifica del raggiungimento di tali obbiettivi risulta quanto mai complessa e imprecisa, a causa di una raccolta dei dati che avviene per tipologia di gestione, che può essere a sua volta applicata a diverse tipologie

di rifiuti, che possono a loro volta originarsi da diverse attività economiche.

Per questo non è possibile un confronto diretto tra i dati di produzione relativi a un singolo flusso di rifiuti e i dati relativi al trattamento dello stesso. In particolare, non è possibile conoscere i quantitativi di rifiuti da Costruzione e Demolizione (C&D) effettivamente avviati a recupero4.

Nonostante questo si usano spesso i dati relativi alla raccolta differenziata (in Italia al 47,5%) e al recupero degli inerti provenienti dall’industria delle costruzioni (oltre il 95%) per raccontare un’Italia virtuosa e ormai prossima al raggiungimento degli obbiettivi europei.

Quello che questi dati non raccontano è come questi materiali una volta avviati a recupero vengano effettivamente utilizzati; se destinati al recupero di materia o ad opzioni gestionali alternative meno efficienti, come ad esempio la trasformazione in energia perché non riduce l’uso di materia prima vergine per le nuove produzioni, o che prevedano

un allungamento del tempo di trattamento.

La filiera dei rifiuti è infatti complessa e costellata da punti intermedi di pretrattamento e stoccaggio, di innumerevoli movimentazioni sul territorio e di differimento nel tempo del trattamento di materiali poveri, che in questo modo continuano ad emettere CO2 e aumentano il loro costo di gestione indebolendosi sul mercato. Diversi studi hanno infatti dimostrato come la convenienza nell’utilizzo delle materie prime secondarie, quelle cioè ottenute dal recupero di materia da rifiuti o sottoprodotti, sia strettamente correlata alla distanza tra impianto di produzione e sito di utilizzo; in particolare superate tali distanze, e in particolare per gli aggregati riciclati prodotti dai rifiuti inerti, i costi di trasporto risultano troppo elevati in relazioni al costo e alle caratteristiche del materiale riciclato, al posto del quale è più conveniente usare materie prime vergini5.

Senza soffermarsi ulteriormente sui rifiuti inerti prodotti dalle attività di Costruzione e Demolizione (C&D), che

COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE

SCAVI E MINIERE

MANIFATTURA

ENERGIA

ALTRE ATTIVITÀ ECONOMICHE

2502 milioni di tonnelate

160

milioni di tonnelate

USI DOMESTICI/URBANI

A SINISTRA. La quantità di rifiuti prodotta in Europa e la suddivisione per settore economico di produzione.

A DESTRA. La quantità di rifiuti prodotta in Italia e la suddivisione per settore economico di produzione.

3

4

5

EDO RONCHI, MARIA LETIZIA NEPI, L’Italia del riciclo 2014, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile FISE UNIRE, 2014.

EDO RONCHI, MARIA LETIZIA NEPI, L’Italia del riciclo 2015, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile FISE UNIRE Unione Nazionale, 2015, p.197.

ELENA GARBARINO, GLAN ANDREA B., ANNA PIACENZA, Pianificazione e gestione dei rifiuti da C&D nella provincia di Torino, in << Recycling >>, maggio 2009, p.31.

15

saranno brevemente approfonditi successivamente, bisogna ancora sottolineare come permanga nel settore, nonostante si siano diffusi ormai da diverso tempo, diffidenza nell’utilizzo di prodotti derivati da rifiuti inerti. Sebbene infatti garantiscano le medesime caratteristiche meccaniche degli aggregati naturali6, la loro origine da rifiuti induce diversi timori nei potenziali utilizzatori, che potrebbero incorrere in problemi di natura legale e tecnica se questi provengono da un trattamento di recupero non affidabile o addirittura illecito.

Il progetto di un centro di smaltimento integrato per la città di Torino, che comprenda anche spazi per la formazione professionale, vetrine per le imprese virtuose che utilizzano materiali recuperati e spazi pubblici, vuole rispondere in modo lungimirante al bisogno della città di nuova occupazione in un settore produttivo in crescita e alle politiche europee in materia di rifiuti che mirano a ridurne l’impatto sull’ambiente e sulla salute, oltre a renderli una risorsa economica sostenibile.

Il Centro è progettato per consolidare le buone pratiche che negli ultimi anni si sono affermate in Italia e per promuovere quei progressi strutturali e amministrativi che porterebbero al superamento della frammentazione del settore e della diffidenza degli utilizzatori.

139,806

totale

2.547,590

usi domestici costruzioni energia manifattura scavi e miniere

155,025

totale

+11%

2.567,270

+0.7%

usi domestici costruzioni energia manifattura scavi e miniere

totale

179,257

+1,5%

2.427,000

-0.5%

-1,1%

2.454,060

+0.1%

-0,2%

2.494,730

+0.1%

+0,3%

2.502,890

usi domestici costruzioni energia manifattura scavi e miniere

totale

158,627

usi domestici costruzioni energia manifattura scavi e miniere

totale

154,427

usi domestici costruzioni energia manifattura scavi e miniere

totale

159,107

+0.04%

usi domestici costruzioni energia manifattura scavi e miniere

2004

16

6

2006

EDO RONCHI, MARIA LETIZIA NEPI, L’Italia del riciclo 2014, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile FISE UNIRE, 2016, p.206.

2008

2010

2012

2014

A DESTRA. L’andamento storico della produzione di rifiuti in Europa dal 2004 al 2014 diviso per macrocategorie economiche. (milioni di tonnellate) A SINISTRA. L’andamento storico della produzione di rifiuti in Italia dal 2004 al 2014 diviso per macrocategorie economiche. (milioni di tonnellate)

DALLA LINEA AL CERCHIO: VERSO UN’ECONOMIA CIRCOLARE

Il modello di sviluppo economico mondiale, mostra da diversi punti di vista e da diversi anni, chiari segni di sofferenza che recentemente hanno assunto le caratteristiche di una tripla emergenza: l’insostenibilità economica, quella sociale e quella ambientale. Il modello economico di crescita lineare si sta rivelando insostenibile e prossimo al raggiungimento dei limiti fisici.

Oggi consumiamo globalmente tante risorse quante ne avremmo a disposizione se abitassimo su un pianeta grande una volta e mezza la Terra, se non di più.

Nel 2015 la popolazione mondiale ha consumato in meno di otto mesi, (al 13 agosto7), il quantitativo totale di risorse a sua disposizione per quell’anno. Di fronte a una situazione come questa occorrerebbe cambiare il modello economico cui facciamo riferimento.

Come sancito dalla Commissione Europea, l’economia circolare consente di perseguire un modello di sviluppo alternativo in grado di cambiare la relazione che intercorre tra produzione e consumo, basato sul ciclo di vita dei prodotti e votato al recupero della materia di cui sono composti.

A livello internazionale questo approccio è di grande attualità.

7 8

L’economia circolare è, secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, “pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera». L’economia circolare è dunque un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che quanto considerato da alcuni “rifiuto” diventi “risorsa” per altri.

A luglio del 2014 la Commissione Europea ha pubblicato “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti” in cui si sottolinea che <<...Nei sistemi di

economia circolare i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e non ci sono rifiuti.

Quando un prodotto raggiunge la fine del ciclo di vita, le risorse restano all’interno del sistema economico, in modo da poter essere riutilizzate più volte a fini produttivi e creare così nuovo valore. Per passare ad un’economia più circolare occorre apportare cambiamenti nell’insieme delle catene di valore, dalla progettazione dei prodotti ai modelli di mercato e di impresa, dai metodi di trasformazione dei rifiuti in risorse alle modalità di consumo: ciò implica un vero e proprio cambiamento sistemico e un forte impulso innovativo, non solo sul piano della tecnologia, ma anche dell’organizzazione, della società, dei metodi di finanziamento e delle politiche.

Anche in un’economia fortemente circolare permane qualche elemento di linearità, poiché non si arresta la domanda di risorse vergini e si producono rifiuti residui che vanno smaltiti...>>

e per il nostro Paese, carente di risorse primarie.

In particolare, il riciclaggio dei rifiuti è uno dei settori più importanti in termini di potenzialità di sviluppo di occupazione; è stato stimato infatti che il settore del riciclo crea un numero 10 volte maggiore di posti di lavoro rispetto ai settori dello smaltimento e dell’incenerimento.8 Il 2 dicembre del 2015 la Commissione Europea ha invece adottato un nuovo piano d’azione intitolato “L’anello mancante” che prevede importanti modifiche alla legislazione in materia di rifiuti, risorse idriche e fertilizzanti per sostenere il passaggio ad un’economia circolare.

Quest’ultimo piano in particolare individua alcuni settori prioritari entro i quali agire per sorreggere la trasformazione economica: - PLASTICA - RIFIUTI ALIMENTARI - MATERIE PRIME ESSENZIALI - RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE - BIOMASSA E PRODOTTI BIOLOGICI - INNOVAZIONE, INVESTIMENTI E ALTRE MISURE ORIZZONTALI

L’industria legata ai rifiuti è stata tra le più floride negli ultimi decenni e, indubbiamente, tra quelle con il fatturato più rilevante nel campo dell’industria ambientale.

Sebbene possa sembrare una contraddizione, i rifiuti rappresentano attualmente una delle maggiori opportunità di crescita sostenibile per il sistema Europa

http://www.overshootday.org/. (Ultima consultazione il 09/07/2017) CLAUDIA BRUNORI, LORENZO CAFIERO, DANILO FONTANA E FABIO MUSMECI, Tecnologie per il riciclo/recupero sostenibile dei rifiuti, in http://bit.ly/2sDdxkc.

(Ultima consultazione il 09/07/2017)

17

della “società del riciclaggio” che costituisce obiettivo prioritario della disciplina comunitaria in materia.10

COS’È UN RIFIUTO E COSA NO

I rifiuti inoltre possono essere diversamente classificati, a seconda della loro origine in: RIFIUTI URBANI, provenienti dalle attività domestiche e dalle strade e raccolti dalla pubblica amministrazione;

“Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”.

Così la Direttiva europea n°2008/98/CE, recepita in Italia dal decreto legislativo del 3 aprile 2006 n°152, definisce normativamente i rifiuti.

Per qualificare qualsiasi oggetto o sostanza come rifiuto quindi non bisogna tenerne in considerazione il valore economico, ma bensì la destinazione finale. Per “disfarsi”, infatti, si intende, secondo la Circolare del Ministero dell’Ambiente, avviare un oggetto o sostanza ad operazioni di smaltimento o di recupero.

Non sono invece considerati rifiuti, tutti i sottoprodotti di un’attività produttiva.

Inoltre alla nozione di sottoprodotto si aggiunge quella di cessazione della qualifica di rifiuto o end of waste o, con vecchia terminologia, di materia prima secondaria. Tale fattispecie si realizza quando il rifiuto venga sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e sussista un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto e l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non comporti impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana9.

La differenza fondamentale che intercorre tra i sottoprodotti e gli End of Waste (EoW), sussiste nel fatto che i primi non sono mai divenuti rifiuti mentre i secondi lo sono stati, ma a seguito di operazioni di trasformazione, sono tornati ad essere prodotti utilizzabili e con un valore economico sul mercato.

Le due nozioni assieme contribuiscono alla realizzazione 18

9 10

11 12

RIFIUTI SPECIALI, prodotti dalle attività economiche e avviati a smaltimento a carico del produttore.

A loro volta possono essere suddivisi in rifiuti pericolosi o non pericolosi a seconda delle loro caratteristiche di nocività o rischio per la salute o l’ambiente. Tuttavia soltanto il 3,7% di tutti i rifiuti prodotti in Europa è pericoloso e solo il 5,6% in Italia11.

Sebbene l’attenzione pubblica sia quasi sempre rivolta ai rifiuti urbani, questi rappresentano in Europa una quota piuttosto piccola del totale, circa l’8%, mentre in Italia non arrivano neanche a un quinto (circa il 18%).

I rifiuti speciali, invece, pur rappresentando oltre 120 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno solo in Italia, diventano spesso “invisibili”12, anche nel modo in cui vengono normati dalla legge.

I rifiuti urbani devono necessariamente essere trattati all’interno della provincia o della regione in cui vengono prodotti, a costi predeterminati per il cittadino dalle autorità di pianificazione attraverso tariffe o tasse. Al contrario, i rifiuti speciali seguono le regole del libero mercato. Le aziende possono cioè scegliere di rivolgersi per lo smaltimento all’operatore che meglio risponde alle loro esigenze, anche dal punto di vista economico.

Di tutti questi rifiuti che entrano in competizione nel libero mercato ben il 40% in Italia proviene da due soli settori economici: le attività estrattive e il settore delle Demolizioni e Costruzioni (C&D)

184ter d.lgs. n. 152 del 2006 FRANCESCO DE DEONARDIS, La disciplina dei rifiuti nell’ordinamento italiano - Report annuale - 2011 - Italia, in http://bit.ly/2sDaVTr, IUS Publicum, maggio 2011. (Ultima consultazione 09/07/2017) FONTE: EUROSTAT 2014 Gli “speciali”, maggioranza silenziosa dei rifiuti, in http://bit.ly/2uExd8R , Gruppo Hera.

(Ultima consultazione 09/07/2017)

LA STAMPA, 27/09/2016

LA REPUBBLICA, 27/05/2016

NANOPRESS, 02/06/2017

19

RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (C&D)

rifiuti speciali e soltanto il 10% della loro composizione è costituita da rifiuti pericolosi.

suddivisi tra plastica, legno, vetro, carta e metallo e dovrebbero essere reimmessi sul mercato dei rifiuti per seguire la propria filiera di recupero o smaltimento.

Per lo più vengono etichettati con il CE (Codice Europeo dei Rifiuti) 17.09.04 a cui corrisponde la descrizione generica di “rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione”, ma la loro composizione è costituita principalmente da inerti, rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa14.

La stessa che per categorie di materiali seguono i rifiuti solidi urbani.

Sebbene dal 2003 esista l’obbligo, imposto dal Decreto Ministeriale 203/2003, per le Pubbliche Amministrazioni o per le società a prevalente capitale pubblico, di coprire il fabbisogno annuale di manufatti e beni con quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30%, questo viene ripetutamente disatteso.

Le operazioni di costruzione di edifici o infrastrutture civili, di demolizione totale o parziale, di manutenzione stradale, di scavo e movimento terra, producono ogni anno 51,813 milioni di tonnellate di rifiuti.

Si parla degli avanzi derivanti dalle lavorazioni di materiali e componenti, soprattutto delle macerie dovute alla demolizione e, in una quota più piccola, degli involucri, degli imballaggi, e di altri elementi marginali nell’ insieme edilizio15.

Ai sensi dell’art. 184, comma 3, lettera b de Decreto Legislativo n°152/2006 essi sono classificati come

Le prime, circa il 90% del totale, potrebbero facilmente essere riutilizzate nel settore delle costruzioni come materiali riciclati, mentre i secondi sono diversamente

La ragione è da imputare anche alla mancanza di certificazioni affidabili capaci di determinare la percentuale riciclata o recuperata dei prodotti utilizzati.

Bisogna inoltre considerare che, nell’ottica di un obbiettivo di riduzione della produzione dei rifiuti come prioritario a livello comunitario, un aumento dell’impiego di questi materiali riciclati ridurrebbe l’utilizzo di materiali LATERIZIO 50% CALCESTRUZZO ARMATO 20% CALCESTRUZZO 10% ASFALTI 5% SCAVI 6/10% METALLO 3% PLASTICA -CARTA -LEGNO 1/4%

52

milioni di tonnelate

MICRODEMOLIZIONE RESIDENZIALE 53%

20

MICRODEMOLIZIONE NON RESIDENZIALE 39%

DEMOLIZIONE DI INTERI EDIFICI 9%

FRANCESCO MUNDO, LETTERIA ADELLA et al, Rapporto Rifiuti Speciali - Edizione 2016, Roma: Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale , 2016.

D.M. Ambiente 03/08/2005 ANNA DI LAURO, SABRINA SICHER, DONATELLA GRIMALDI (A CURA DI), 5 Linee guida sui rifiuti speciali - costruzione e demolizione, 2007, p.10.

13

14 15

A SINISTRA. La stima sulla quantità di rifiuti provenienti dal settore delle Costruzioni e Demolizioni in Italia nel 2014 secondo EUROSTAT. A DESTRA. La composizione media dei rifiuti provenienti dal settore delle Costruzioni.

vergini e quindi la produzione di rifiuti nel secondo settore economico per volume di rifiuti a livello nazionale ed europeo, quello estrattivo. Tuttavia, se si considera che il fabbisogno pro-capite di aggregati per l’industria delle costruzioni in Italia è stimato tra le 6 e le 11 tonnellate, contro le 0,8 tonnellate di rifiuti inerti prodotti, la produzione di aggregati riciclati (ipotizzando di avviare a recupero il 100% degli scarti) coprirebbe soltanto il 10% circa del fabbisogno totale di aggregati per l’industria delle costruzioni16.

materiale inerte in uscita omogeneo e controllato dal punto di vista granulometrico.

TRATTAMENTO

Negli ultimi anni lo sviluppo dell’impiantistica atta al trattamento dei residui C&D ha trovato un notevole impulso grazie all’incremento dei costi di smaltimento in discarica.

Generalmente la lavorazione degli inerti provenienti da attività edile può essere effettuata tramite due tipologie di impianti: gruppi mobili di frantumazione ed impianti fissi di trattamento.

PESATURA E CONTROLLO

EoW

I primi sono caratterizzati da un elevato contenuto tecnologico, seppur il ciclo di trattamento risulti relativamente semplice, e sono in grado di garantire un

ALIMENTAZIONE MECCANICA O MANUALE

Tale soluzione impiantistica è caratterizzata da soluzioni per lo più standard per le fasi di frantumazione, vagliatura e deferrizzazione, mentre la fase di vagliatura è diversa a seconda del livello di pulitura che si intende ottenere dal materiale in entrata.Il trattamento consta di una fase preliminare di separazione della frazione fine che non viene addotta alla macinazione tramite un setaccio vibrante (si considerano già rimosse manualmente all’arrivo del materiale le componenti grossolane di altri tipi di materiale). In seguito, salvo ulteriori operazioni di pulitura, si passa alla riduzione granulometrica e alla separazione dei metalli. Può seguire un’ulteriore fase di raffinazione per eliminare la frazione leggera indesiderata (carta e plastica), ed infine il passaggio in un vibro-vagliatore per la selezione granulometrica.A questo punto il materiale ha cessato la sua qualifica di rifiuto e può tornare ad essere utilizzato nel settore delle Costruzioni.

SELEZIONE (vibrovagliatore)

SCARTI MISTI 0,7% TERRE 4,0% DEPOSITO TEMPORANEO

PRESELEZIONE (setaccio)

STOCCAGGIO

CERTIFICAZIONE FRANTUMAZIONE (mulino) CONTROLLO MERCEOLOGICO

COMMERCIO

ABBATTIMENTO POLVERI

FERRO 0,1% STOCCAGGIO

Lo schema riassuntivo dei passaggi cui è sottoposto un rifiuto inerte per raggiungere lo stato di EoW, ossia per cessare di essere un rifiuto.

DEFERRIZZAZIONE (magnete)

16

END OF WASTE

MATERIALE NON IDONEO - componenti interi o imballaggi di grandi dimensioni quali porte, finestre, plastiche, tubi e altri elementi che possono essere riutilizzati o recuperati in un’altra filiera

AGGREGATI RICICLATI 95,2% 30 - 70 mm 86,9% 15 -30 mm 2,5% 7 -14 mm 1,7% 0 - 6 mm 4,1%

ELENA GARBARINO, GLAN ANDREA B., ANNA PIACENZA, Pianificazione e gestione dei rifiuti da C&D nella provincia di Torino, in << Recycling >>, maggio 2009.

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GREENREPORT,, 19/06/2017

MEDIA AGENCY, 14/02/2017

LA STAMPA, 09/03/2017

TEKNECO, 22/05/2014

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PROBLEMI DEL SETTORE Sebbene il riciclo degli inerti presenti una serie di indubbi vantaggi sia per le pubbliche amministrazioni che per le imprese del settore delle costruzioni, sono presenti ancora numerosi ostacoli che impediscono al settore di affermarsi completamente e di diventare una componente attiva nel meccanismo dell’economia circolare.

LA DIFFIDENZA DEGLI OPERATORI del settore è il primo di questi. I rifiuti che non abbiano completato con successo il loro trattamento possono portare, all’impresa che li utilizzi, seri problemi sia di natura tecnica che legale e

Una cava di granito bianco.

FONTE: https://www.polycor.com/quarries-plants/

per questo bisognerebbe distinguere una corretta attività di riciclaggio, che porta alla produzione di aggregati di qualità, da attività in cui i rifiuti subiscono semplici trattamenti di riduzione volumetrica.

riciclati, LA MANCANZA DI UNA TASSAZIONE SULL’ATTIVITÀ ESTRATTIVA che dovrebbe scoraggiare l’uso di materiali vergini e ridurre lo sfruttamento del territorio.

Il secondo ostacolo consta nella DIFFICOLTÀ DI QUANTIFICARE CON ESATTEZZA LA PRODUZIONE di rifiuti da C&D, per sottrarli dal mercato illecito e per permettere un’adeguata pianificazione dell’attività di gestione.

A tal fine si dovrebbe optare per l’introduzione di un piano di gestione dei rifiuti del cantiere come onere per l’ottenimento del permesso di costruire.

L’ultimo grande ostacolo è rappresentato dalla mancanza di una voce per gli aggregati riciclati nei preziari delle opere edili e dalla mancanza di un capitolato aggiornato che non distingua più gli aggregati in base all’origine ma unicamente in base alle loro caratteristiche meccaniche.

Influisce, inoltre, sulla diffusione dell’uso degli aggregati

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RIFIUTI COMUNI

Come si è visto il settore edile produce una ristretta quantità di scarti diversi dai materiali inerti. La composizione di questi scarti secondari è diversamente suddivisa tra plastica, vetro, carta e cartone, ferro e altri metalli leggeri come ad esempio il rame. La loro quantità sottratta dall’insieme dei rifiuti da C&D avviati a recupero è tanto superiore quanto grossolane sono le tecniche di demolizione e separazione delle macerie in cantiere. Si tratta comunque di rifiuti speciali, così classificati, sovrapponibili però per qualità merceologica e possibile filiera di trattamento ai rifiuti urbani raccolti tramite la raccolta differenziata o

indifferenziata. Queste tipologie di rifiuti, che potremmo definire tipiche 17, perché più facilmente riconducibili all’esperienza comune, confluiscono, se avviati a recupero, alle stesse piattaforme di trattamento. Sotto la definizione di rifiuti “tipici”si considerano quindi il vetro, la plastica, il legno, la carta, i metalli leggeri e l’organico.

Nel 2014 la quantità che risulta complessivamente prodotta per questa categoria di rifiuti, a esclusione dei metalli che risultano complessi da quantificare perché spesso riutilizzati direttamente all’interno delle fonderie, ammonta a circa 29 milioni di tonnellate di cui 11 provenienti dai rifiuti urbani e 18 dai rifiuti speciali. Si tratta però sempre di una stima effettuata sulle dichiarazioni dei recuperatori che non riesce a inquadrare interamente ill fenomeno e a rintracciare i rifiuti non entrati nella filiera di recupero.

TOTALE

IMBALLAGGI DA RACCOLTA DIFFERENZIATA AVVIATI A RECUPERO(*)

58,6%

48,7%

11,6%

49,8%

/

3.551.117 t

???

DOMESTICI E ASSIMILABILI AVVIATI A RECUPERO(*)

7,5%

0,4%

14,9%

43,5%

85,9%

6.408.288 t

???

33,9%

50,9%

73,5%

6,7%

14,1%

5.667.535 t

???

TOTALE RIFIUTI ENTRATI IN UNA FILIERA DI RECUPERO (*)

2.333.119 t

1.032.412 t

2.959.894 t

5.193.046 t

4.108.470 t

15.626.940 t

???

TOTALE RIFIUTI PRODOTTI (**)

2.731.525 t

3.342.544 t

4.421.054

5.171.470 t

6.921.585 t

29.183.506(*) t

9.956.578 t

RIFIUTI TIPICI NON AVVIATI A RECUPERO

398.406 t

2.310.132 t

2.517.789 t

???

2.813.115 t

13.556.566 t

???

TUTTI GLI ALTRI TIPICI AVVIATI A RECUPERO(*)

24

17

18

19

Si è scelto di raggruppare sotto la definizione di “rifiuti tipici”, le più comuni categorie merceologiche di rifiuti provenienti sia dal flusso dei rifiuti urbani che da quello dei rifiuti speciali, permettendo così un’analisi comune dei trattamenti e l’interpretazione dei dati ricavati da “L’Italia del Rciclo, 2016”, che segue lo stesso principio.

RONCHI E., NEPI M.L., L’Italia del riciclo 2016, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile FISE UNIRE , 2016, p.206. http://bit.ly/2sTSyOb

Le quantità di rifiuti tipici prodotte ed avviate a recupero in Italia, divisi per provenienza. (*) - Dati forniti da ISPRA secondo quanto risulta dai dati bonificati del Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD). (**) - Dati ricavati da EUROSTAT, stime. L’incongruenza tra i valori parziali e la somma è data dall’incompletezza dei dati disponibili del settore e dalla difficoltà radicata nel settore di omogenizzare i dati raccolti. Si è comunque scelto di indicare i quantitativi parziali prodotti per evidenziare quali siano le filiere più critiche.

Il recupero di materia dai rottami di vetro consente importanti risparmi energetici, circa il 2,5% di energia in meno ogni 10% di materiale vergine sostituito, eppure, per quanto riguarda il settore delle costruzioni, esso viene comunemente trattato come un inerte senza essere avviato alla propria filiera di recupero. Questo abbassa anche la qualità e le prestazioni dell’aggregato riciclato prodotto.

Gli imballaggi di vetro, per lo più rifiuti urbani raccoglibili tramite il servizio comunale, costituiscono l’84% del totale18, ma nel 2015 la produzione di rifiuto di vetro proveniente dal settore delle

STOCCAGGIO

La prima lavorazione del trattamento consiste in una cernita manuale per rimuovere i corpi estranei di grosse dimensioni. Successivamente, il vetro viene vagliato per essere suddiviso in due o tre frazioni granulometriche che vengono nuovamente ripulite manualmente dai frammenti di ceramica, porcellana, pietra, plastica e da corpi metallici. A questo punto le frazioni più grosse vengono frantumate senza produrre però ancora polvere di vetro, ma garantendo la completa assenza di frammenti di grosse dimensioni. Tramite dei magneti e

MACINAZIONE

RIMOZIONE CORPI OPACHI (lettore ottico)

EoW

IL VETRO

costruzioni, o comunque di origine diversa dagli usi domestici, è aumentata del 257% rispetto al 2014.

I rottami di vetro che abbiano perso la loro qualifica di rifiuto, possono essere utilizzati, oltre che per il primario settore produttivo del vetro cavo meccanico, anche per la produzione di fibre di vetro, prodotti a base di sabbia di vetro impiegabili nell’industria della ceramica e dell’edilizia in generale. Tali materiali sono ottenuti dal trattamento degli scarti tramite lettori ottici che li separano dagli inerti di vetro.

delle elettrocalamite si separano i metalli suscettibili al magnetismo, mentre tramite una macchina soffiatrice si rimuovono i corpi più leggeri (carta, plastica, alluminio).

Le ultime fasi consistono in un passaggio di cernita ulteriore, prima tramite lettori ottici che separano i corpi opachi e i metalli non ferrosi rimasti e permettono la suddivisione dei rottami per colore, e poi con una separazione manuale definitiva per ogni possibile residuo indesiderato19.

A questo punto il materiale sarà inviato all’industria vetraia che lo immetterà nei forni fusori.

DOSAGGIO E MISCELAZIONE MATERIE PRIME

CERNITA MANUALE ELEMENTI GROSSOLANI CERNITA CORPI ESTRANEI (manuale)

CERNITA CORPI ESTRANEI (manuale)

FORMAZIONE PASTA VETROSA

SUDDIVISIONE GRANULOMETRICA (2-3 FRAZIONI)

FORMATURA DEFERRIZZAZIONE (magnete)

VAGLIATURA E ASPIRAZIONE CORPI LEGGERI (alluminio, carta, plastica)

Lo schema riassuntivo dei passaggi cui è sottoposto un rottame di vetro per raggiungere lo stato di EoW, ossia per cessare di essere un rifiuto.

STOCCAGGIO

END OF WASTE

CERNITA CORPI ESTRANEI (manuale)

COMMERCIO

25

Il trattamento delle materie plastiche rientra tra i settori di azione prioritari per la realizzazione di un’economia circolare secondo quanto indicato dai più recenti comunicati della Commissione Europea.

Il riciclo dei rifiuti plastici è reso particolarmente complesso dalla grande varietà merceologica cui questi sono caratterizzati. Molti tipi di plastica possono essere facilmente riciclati, come ad esempio il PET, mentre altri richiedono procedure complesse, il cui costo è generalmente superiore al costo di produzione di plastica nuova20.

STOCCAGGIO

Il riciclo meccanico consiste nella lavorazione meccanica di oggetti in plastica e implica minimi requisiti di lavorabilità del materiale21.

EoW

LA PLASTICA

La maggior parte delle materie plastiche di scarto proviene dagli imballaggi e da altri usi domestici, il 7% di tutti i rifiuti urbani prodotti, mentre il 18,5% proviene dal settore delle Costruzioni.

I trattamenti per il recupero di materia possono dividersi in riciclo meccanico e riciclo chimico.

Mentre il secondo rimane a tutt’oggi un’alternativa dispendiosa e con un bilancio energetico mediocre, il primo è la scelta migliore per materiali come il PVC e le bottiglie.

Una finestra contiene circa 18 kg di PVC. Gli infissi in materiale riciclato sono prodotti coestrusi che contengono fino all’80% di materiale riciclato, concentrato nello strato interno per mantenere una buona finitura del materiale vergine esternamente.

TRITURAZIONE

La prima fase di trattamento consiste sempre in una selezione, meccanica o manuale, degli imballaggi raccolti per eliminare eventuali frazioni estranee quali vetro, carta, alluminio e per separare le varie tipologie di polimeri plastici. Come già detto precedentemente la difficoltà maggiore per questa tipologia di rifiuti tipici è rappresentata dall’eterogeneità dei polimeri che richiedono temperature di trattamento differenti.

Per questo motivo al fine di ottenere la più alta lavorabilità finale dei materiali riciclati occorre separare attentamente i vari polimeri.

A questo punto, proseguendo il riciclaggio meccanico, si procede con la triturazione. Il livello tecnologico del mercato odierno permette di macinare pressoché tutti i tipi di manufatti. A seguito della frantumazione il materiale subisce una considerevole riduzione del volume iniziale in genere superiore alle cinque volte in meno. Il lavaggio dei frammenti ottenuti avviene

STOCCAGGIO

CERNITA MANUALE ELEMENTI GROSSOLANI LAVAGGIO (vasca a corrente continua o rullo “spruzzato”)

VAGLIATURA POLIMERI E COLORI (lettore ottico e manuale)

ASCIUGATURA (centrifuga o essiccatore verticale)

COMMERCIO

RIDUZIONE VOLUMETRICA (estrusione in granuli a caldo o a freddo)

MACINATURA

26

20

21

GIULIO MANUCELLI (a cura di), 4_Seminario di approfondimento Riciclo (riciclaggio) delle materie plastiche, Politecnico di Torino, 2015.

ADRIANO MAGLIOCCO (a cura di), Il riciclo la PLASTICA, Università degli Studi di Genova, 2005.

END OF WASTE

CERNITA (macchina soffiatrice)

Lo schema riassuntivo dei passaggi cui è sottoposto un prodotto di materia plastica per raggiungere lo stato di EoW, ossia per cessare di essere un rifiuto.

generalmente tramite il passaggio del materiale su un nastro trasportatore sul quale viene spruzzata acqua e successivamente il passaggio in una vasca a corrente continua. Per alcuni prodotti come ad esempio le bottiglie, si utilizzano soluzioni basiche per consentire la separazione dell’etichetta e della colla. Queste ultime vengono separate dai materiali plastici tramite macchine soffiatrici.

IL LEGNO

Per quanto riguarda il legno la materia proveniente dal circuito domestico rappresenta una quota marginale, solo il 15%22.

La restante parte proviene dai rifiuti prodotti dalle grandi aziende del settore industriale, artigianale e della grande distribuzione, che vengono assimilati a rifiuti urbani e quindi intercettati dai gestori dei servizi pubblici23.

Le operazioni sono estremamente semplici e consistono in una premacinazione per ridurne il volume, un lavaggio per separarlo da materiali estranei e un passaggio su magneti per rimuovere i metalli ferrosi.

A questo punto il prodotto di questi passaggi viene essiccato e ridotto alla pezzatura desiderata.Il cippato così ottenuto può essere indirizzato ai produttori di pannelli truciolari o di compensato che a loro volta potranno vendere i pannelli ai mobilifici.

I trattamenti di recupero consentono di ottenere una materia prima utilizzabile in prevalenza per la realizzazione di agglomerati a base di legno, quali pannelli EoW

Il prodotto proveniente dal lavaggio viene macinato per ridurre ulteriormente la pezzatura e sottoposto a un sistema di presse a vite (o centrifugato) per essere separato dall’acqua. In questa fase si utilizzano essiccatori verticali a zigzag con aria calda fino a ottenere un tenore d’acqua residuo inferiore al 3%.

L’ultima fase consiste nella granulazione da cui si ottiene il materiale che potrà essere utilizzato in future produzioni. Un estrusore produce dei filamenti di 2/4 mm di diametro che vengono tagliati o a caldo o a freddo secondo metodi diversi.

truciolari o MDF, indispensabili per l’industria del mobile.

In minima parte viene anche utilizzato come elemento base della preparazione di pasta cellulosa destinata alle cartiere o come materia per la realizzazione dei blocchi in legno-cemento per l’edilizia.

STOCCAGGIO

CERNITA MANUALE ELEMENTI GROSSOLANI

PULIZIA (lavaggio)

PRESSATURA (materasso di spessore voluto)

DEFERRIZZAZIONE (rullo magnetico) MOBILIFICI (taglio e assemblaggio)

RIDUZIONE VOLUMETRICA

ESSICAZIONE

INCOLLATURA (pannelli)

MACINAZIONE

PULITURA A SECCO

VAGLIATURA GRANULOMETRICA

Lo schema riassuntivo dei passaggi cui è sottoposto un rifiuto legnoso per raggiungere lo stato di EoW, ossia per cessare di essere un rifiuto.

22 23

END OF WASTE

COMMERCIO

FONTE: EUROSTAT 2014 EDO RONCHI, MARIA LETIZIA NEPI, L’Italia del riciclo 2014, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile FISE UNIRE, 2016, p.206.

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CARTA E CARTONE

cartiere come materia prima secondaria dove entra nel ciclo produttivo della carta. Si è calcolato che per certe tipologie di carta, ottenere la stessa qualità di prodotto finito partendo dal 100% di carta da macero, consente un risparmio di acqua fino all’80% e di energia fino al 50%24.

Il trattamento dei materiali a base di carta e cartone è estremamente semplice e, infatti, rappresenta il settore più evoluto in termini di volume e qualità del prodotto riciclato.

EoW

L’unica operazione necessaria sulle 6 milioni di tonnellate di carta raccolta tra gli usi urbani e speciali, assimilabili agli urbani, è la separazione dalle possibili componenti estranee, che avviene generalmente manualmente.

Successivamente si producono delle balle per ridurne il volume e il materiale viene venduto direttamente alle

STOCCAGGIO

SMINUZZAMENTO

AFFINAMENTO (pulizia finale fino alla separazione della pasta di cellulosa)

SELEZIONE MECCANICA

SBIANCAMENTO

AGGIUNTA CELLULOSA VERGINE

PRESSATURA E LEGATURA IN BALLE

28

24

FONTE: http://bit.ly/2u69H7s

END OF WASTE

VAGLIATURA MANUALE PER TIPOLOGIA

RIDUZIONE IN POLTIGLIA

COMMERCIO

Lo schema riassuntivo dei passaggi cui sono sottoposti i prodotti di cellulosa riconducibili alla filiera della carta per raggiungere lo stato di EoW, ossia per cessare di essere un rifiuto.

di smistamento, ma tra i rifiuti metallici provenienti da imballaggi, derivanti per lo più dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, e i rifiuti metallici diversi dagli imballaggi di dimensioni maggiori, provenienti magari dal trattamento dei calcestruzzi.

I METALLI

I rifiuti metallici sono prodotti dalle economie domestiche, dalle attività artigianali e industriali nonché dai lavori di demolizione e smantellamento. I rottami, opportunamente separati per tipologia, rappresentano importanti materie prime per le acciaierie, le fonderie e le imprese metallurgiche, che fabbricano metalli grezzi o altri prodotti di metallo. Secondo i dati Eurostat, nel 2014, il 41% di tutti i rifiuti metallici prodotti in Italia proviene dal settore delle Costruzioni.

METALLI NON FERROSI STOCCAGGIO

Il rottame metallico a questo punto viene trasportato con dei rulli attraverso due tipi di selettori, i separatori magnetici e quelli a correnti parassite. I primi attraggono tutti i materiali ferrosi, i secondi, opportunamente progettati per uno specifico metallo, respingono quelli non ferrosi. I rottami così separati vengono pressati in balle e portati alle fonderie, dove, dopo un controllo di qualità, vengono fusi in forno fino a ottenere un nuovo prodotto metallico o un lingotto di metallo della medesima qualità di quello originale prodotto con materia vergine.

EoW

È importante non tanto distinguere tra i metalli ferrosi e quelli non ferrosi, per i quali esistono diverse tecnologie

Per questi ultimi il trattamento comincia necessariamente con una riduzione di pezzatura passando prima per un trituratore e poi per un frantumatore.

VAGLIATURA CORRENTI INDOTTE

SMINUZZAMENTO

CERNITA MECCANICA E MANUALE CERNITA MANUALE

STOCCAGGIO

COMMERCIO

VAGLIATURA MAGNETICA (rullo magnetico)

METALLI FERROSI

Lo schema riassuntivo dei passaggi cui è sottoposto un rottame ferroso e non per raggiungere lo stato di EoW, ossia per cessare di essere un rifiuto.

END OF WASTE

MACINAZIONE

PRESSATURA

29

questa grande quantità di materia invece di avviarla a smaltimento, sono il compostaggio e la digestione anaerobica.

ORGANICO

coibentato ad una temperatura massima di 55°C e può richiedere fino a 35 giorni di sviluppo.

Oggi, queste non sono più le uniche alternative.

In Italia la quantità di rifiuti organici provenienti dalla sola raccolta differenziata è pari a circa 5,7 milioni di tonnellate25, destinate a salire a 6.5 milioni entro il 2020 e a 10,7 entro il 2030. Attualmente non ci sono impianti sufficienti in Italia per far fronte a queste previsioni.

I processi comunemente attuati per recuperare

Il secondo, la digestione anaerobica, è un processo più complesso per mezzo del quale la materia organica biodegradabile viene trasformata in biogas costituito principalmente da metano e anidride carbonica. Il processo di digestione avviene in ambiente confinato e

Il processo INGELIA di Carbonizzazione Idrotermale ha ricevuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti a livello europeo, tra cui anche il Seal of Excellence che, tra le altre cose, esclude il progetto dal fare disamine tecniche e lo rende automaticamente conforme a ricevere i fondi stanziati per lo sviluppo economico in Italia I punti chiave di questo processo, che gli sono valsi anche una certa risonanza mediatica a livello internazionale, sono i bassissimi tempi di durata del ciclo di trasformazione delle materie organiche, circa otto ore, che gli permettono di ridurre fino a 150 volte i tempi di giacenza dei materiali putrescibili eliminando la produzione di odori, le emissioni praticamente nulle di anidride carbonica dal processo, la ridotta esigenza di

EoW

L’organico rappresenta da sempre la componente principale dei rifiuti urbani, circa il 30% sul totale prodotto. Fa parte di uno di quei settori chiave individuati dalla Commissione Europea primari per lo sviluppo di una economia circolare.

Il primo consiste nella decomposizione e umidificazione di un misto di materie organiche da parte di macro e microrganismi in condizioni particolari. I disagi legati a questo tipo di trattamento sono per lo più noti a tutti e consistono soprattutto nella produzione di odori molesti e nel rischio patogeno. Inoltre il processo richiede tempi piuttosto lunghi che possono arrivare anche a 90 giorni.

Il prodotto finale è un fertilizzante che può trovare utilizzo in sostituzione di concimi chimici.

RACCOLTA

ESSICCAZIONE

STOCCAGGIO

VAPORE AQUEO SCARTI PRETRATTAMENTO

PELLETTIZZAZIONE PELLET CARBONE

COMMERCIO

INERTI/ SABBIA 30% umidità FITOPRESSIONE

30

25

FRANCESCO MUNDO, LETTERIA ADELLA ET AL, Rapporto e la Ricerca Ambientale, 2016.

END OF WASTE

REAZIONE

Rifiuti Urbani - Edizione 2016, Roma: Istituto Superiore per la Protezione

FERTILIZZANTE 50% umidità ULTRAFILTRAZIONE

Lo schema riassuntivo dei passaggi del processo INGELIA di Carbonizzazione Idrotermale per la produzione di Bio-carburante dai rifiuti organici.

KEY POINTS

AD + COMPOSTAGGIO

INGELIA PLANT

>400 euro/ton

<350 euro/ton

DURATA DEL CICLO

90 giorni/2160 ore

8 ore

CONTROLLO ODORI

quasi impossibile

molto efficace data la breve permanenza dei rifiuti

CAPEX

EMISSIONI DI CO2 NEL PROCESSO

>60% del carbonio si trasforma in CO2

>2% del carbonio si trasforma in CO2

CONSUMO DI SUOLO

>400 euro/ton

<350 euro/ton

RISCHIO PATOGENO

necessita di ampie aree dedicate

ridotto consumo, riuso di aree abbandonate

SCARTI DI PROCESSO

SI

NO

UBICAZIONE

SI

NO

BISOGNO DI INCENTIVI

delocalizzata

puntuale

PAYBACK

lifetime

< 5 anni

VALORE DEL RECUPERO

scarso

eccellente

La comparazione delle principali caratteristiche dei metodi tradizionali di compostaggio e del metodo INGELIA di Carbonizzazione Idrotermale così come presentate alla Commisione Europea.

26

area per installare e il recupero pressoché totale di tutta la materia in entrata nel processo.

Il prodotto principale è una lignite, di fatto una materia prima equivalente e rinnovabile26, che può essere usata come combustibile ammendante e molti altri usi.

I prodotti secondari del processo sono vapore acqueo, acqua fortemente fertilizzante e una piccola quantità, pari circa al 3,6% della materia avviata a trasformazione, di inerti e sabbia.

In Europa esiste un impianto pilota realizzato a Valencia, in Spagna, mentre in Italia sono in via di approvazione i progetti per due centri di questo tipo a Piombino e a Capannori.

Del secondo si sa che avrà una capacità di trattamento massimo di 60.000 tonnellate l’anno e che sarà realizzato a consumo di suolo zero, utilizzato un capannone industriale già esistente con una superficie di circa 5.000 m2.

INGELIA ITALIA (A CURA DI)., Dal rifiuto organico al BioCarbone in 8 ore con il processo Ingelia, Milano: Ingelia Italia, Ottobre 2016.

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GREENREPORT,, 19/06/2017

MEDIA AGENCY, 14/02/2017

LA STAMPA, 09/03/2017

TEKNECO, 22/05/2014

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LA FILIERA DEI RIFIUTI IN ITALIA

Il mercato italiano dei rifiuti segue due diverse regolamentazioni a seconda del tipo di rifiuto.

I RIFIUTI URBANI sono una competenza esclusiva delle municipalità, che hanno l’obbligo di gestirne il trattamento o l’eventuale smaltimento all’interno dei confini della Regione in cui sono prodotti.

I consorzi di filiera presenti in Italia e responsabili della gestione e del coordinamento degli operatori del settore.

Il prezzo per la gestione è definito dall’accordo quadro ANCI-CONAI, attraverso il quale il sistema consortile garantisce ai comuni italiani la copertura della maggior parte dei costi sostenuti per la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio.

IL CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, è stato costituito con il Dlgs. 22/97 o Decreto Ronchi, con il compito di assicurare il raggiungimento degli obiettivi globali di riciclo e recupero degli imballaggi sull’intero territorio nazionale. È un consorzio privato, senza fini di lucro, a cui aderiscono circa 1 milione di aziende produttrici e utilizzatrici di imballaggi. Le attività sono svolte da sei consorzi di filiera che gestiscono il riciclo di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro.

L’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), stipula ogni cinque anni un accordo quadro con CONAI, per stabilire la cifra utile a sostenere i costi del servizio di

27

raccolta differenziata in relazione alla quantità e alla qualità dei rifiuti conferiti. Il Consorzio si autofinanzia attraverso il CAC, il Contributo Ambientale CONAI, che sono tenuti a pagare tutti i produttori/utilizzatori di imballaggi, e con esso retribuisce i comuni per le spese di gestione.

I RIFIUTI SPECIALI sono invece soggetti alle regole del libero mercato, senza limitazioni territoriali. L’unico elemento vincolante è relativo ai principi di raggiungimento di alti livelli di raccolta differenziata e di qualità dei processi di trattamento.

Le imprese che svolgono attività di gestione e/o trasporto di rifiuti in Italia sono in totale oltre 23.000. I gestori, che effettuano attività di recupero o smaltimento, sono più di 9.000, di cui due terzi sono operatori professionali del settore che si occupano unicamente di questa attività27.

Circa il 5% di queste aziende coprono il 50% del mercato, mentre all’estero funziona diversamente: in Francia, ad

Ronchie.,Nepim.l.,L’Italiadelriciclo2014,Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - FISE UNIRE Unione Nazionale Imprese Recupero, 2014.

33

esempio, oltre la metà dei ricavi è in mano a solo due grandi gruppi, mentre in Inghilterra a non più di cinque28.

Negli ultimi anni, nonostante la crisi economica, le imprese attive nella gestione dei rifiuti sono aumentate del 10% e gli addetti occupati nel settore del 13%.

Si calcola che il volume d’affari del settore sfiori i 34 miliardi di euro di fatturato, inoltre, secondo un rapporto di Value Partners, il valore aggiunto generato da queste imprese ammonta a circa 10 miliardi di euro, pari ai costi sostenuti ogni anno dai cittadini italiani per la gestione dei rifiuti.

Sempre secondo Value Partners il settore è destinato ad attrarre nuovi investimenti e a portare alla creazione di grandi figure di riferimento a livello nazionale, assenti in Italia.29 Il 65% delle imprese che si occupano professionalmente di gestione rifiuti sono micro-imprese con meno di dieci dipendenti e si occupano del recupero di materia dai

rifiuti. Emerge però un elevatissimo numero di soggetti che svolgono esclusivamente attività di stoccaggio e questo rappresenta un’interessante indicatore del modello organizzativo della filiera in Italia, che prevede una serie di passaggi intermedi dal produttore al gestore finale.

I dati a disposizione mostrano, inoltre, che maggiore è la dimensione aziendale, più alta è la produttività, suggerendo che la gestione dei rifiuti beneficia di un’economia di scala.

Con riferimento ai “rifiuti tipici” di cui si è parlato precedentemente, il rapporto “L’Italia del Riciclo”, pubblicato lo scorso anno dalla “Fondazione per lo sviluppo sostenibile” e “FISE UNIRE”, stima che sulle 29 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti appartenenti a queste tipologie (esclusi i metalli), quasi il 40% non venga avviato a recupero di materia, ma ad altri sistemi di gestione meno efficienti, in quanto richiedono un allungamento

53,7% DI TUTTI I RIFIUTI PRODOTTI NON VIENE AVVIATO A RECUPERO DI MATERIA MA AD ALTRI TRATTAMENTI MENO EFFICIENTI

34

28

29

della filiera di gestione con attività di pretrattamento, movimentazione sul territorio e differimento nel tempo.

Pertanto i rifiuti dopo la raccolta seguono un iter complesso che li vede in grande quantità prima avviati a un centro che ha l’autorizzazione per il ritiro, ma non per il trattamento, poi trasportati, con i relativi costi ambientali e di gestione, ad un altro centro che si occupi invece dei passaggi necessari per giungere all’End of Waste.

In alcuni casi questi secondi centri non fanno altro che operare riduzioni di volume e preselezioni prima di inviare i rifiuti a centri specializzati per la produzione di materia prima secondaria da quella particolare tipologia di rifiuto.

Inoltre dai processi di trasformazione dei rifiuti tipici vengono prodotti anche degli scarti, in media circa il 14% del volume totale dei rifiuti trattati (esclusi i metalli e l’organico), che non vengono trattati direttamente nel centro in cui si trovano, perché magari non attrezzato per quella diversa tipologia di materiale, e ricominciano

25,6% DEI MATERIALI AVVIATI A RECUPERO SUBISCE ALMENO UNA OPERAZIONE DI STOCCAGGIO O PRETRATTAMENTO PRIMA DI ESSERE AVVIATO A RECUPERO DI MATERIA

LUCA PAGNI, Rifiuti: un mercato da 10 miliardi in cerca di campioni nazionali, in << La Repubblica >>, 28 febbraio 2017.

ALBERTO CALVO, LORENZO PRIVATERA, The Waste we produce: stinky gold?, Value Partners Management Consulting, febbraio 2017.

a seguire il percorso della filiera dei rifiuti dal suo inizio comprese le operazioni di stoccaggio e movimentazione.

L’attività di stoccaggio e pretrattamento dei rifiuti si colloca infatti al secondo posto tra quelle operate in Italia, prima ancora del recupero di energia e di qualunque altra forma di smaltimento.

Se da un lato si sottolineano i costi ambientali legati alla produzione di CO2 dai trasporti e l’aumento dei costi sulla produzione di materiali riciclati, dall’altro questo tipo di attività non escludono comunque che i rifiuti vengano poi avviati al recupero di materia.

vetro, plastica e legno con una media del 75%.

Per organico e metalli non è possibile effettuare un calcolo valido, poiché, nel primo caso, il volume si riduce notevolmente a seguito delle operazioni di trattamento o di pre-trattamento rendendo inconfrontabili i valori di input e di output, nel secondo caso perché diventa difficile dividere i flussi di materiali ferrosi e non ferrosi e perché sono numerosi i produttori che alimentano i forni con sottoprodotti provenienti da soggetti terzi o dall’interno della stessa impresa senza immetterli nel mercato dei rifiuti.

La lavorazione dei rifiuti finalizzata a generare nuovi materiali ha una resa, calcolabile come rapporto tra la quantità in output e quella in input, che si differenzia molto a seconda del raggruppamento merceologico.

Il valore più alto sfiora il 90% e riguarda la carta, seguono

14% DEI MATERIALI AVVIATI A RECUPERO DEVE SUBIRE UN ULTERIORE TRATTAMENTO PRESSO UN ALTRO CENTRO IDONEO

I principali indicatori della filiera di trattamento dei rifiuti in Italia.

8,9% DEGLI SCARTI DEI TRATTAMENTI SUBISCE UNA OPERAZIONE DI DEPOSITO PRIMA DI GIUNGERE ALLA DESTINAZIONE FINALE

35

mila

mila

tonnellate

mila

237 mila

tonnellate

332

36

56

(%) tasso di

45

(%) assorbita in

riciclo

provincia

17

99

(%) tasso di

(%) assorbita in

riciclo

provincia

84

98

(%) tasso di

(%) assorbita in

riciclo

provincia

57

96

(%) tasso di

(%) assorbita in

riciclo

provincia

42

37

(%) tasso di

(%) assorbita in

tonnellate

riciclo

provincia

26

26

97

mila

mila

Facendo sempre riferimento ai rifiuti tipici fino ad ora analizzati, si evidenzia la predominanza in peso della componente organica (332 mila tonnellate se si considerano anche gli sfalci e le potature), seguita dalla carta (237), dalla plastica (127), dal vetro (99), dal legno (45) e dai metalli (26). Questi solo provenienti dai

CARTA

tonnellate

UMIDO

Per quanto riguarda i rifiuti da C&D uno dei problemi principali del settore è la difficoltà di quantificazione della produzione. I dati ufficiali forniti da ISPRA sono solo stimati ed è ipotizzabile che esistano ancora oggi pratiche illecite. Per tanto anche se sono dichiarate 5 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti dalle attività di Costruzione e Demolizione in Piemonte, non è conosciuto l’esatto ammontare di rifiuti prodotti entro i confini della città Metropolitana di Torino. Secondo i parametri di stima sui rifiuti pro-capite provenienti dal settore, 0,8 tonnellate/abitante, si ipotizza che questi ammontino nel 2014 a 1,8 milioni di tonnellate.

45

METALLI

Secondo quanto registrato dall’Osservatorio Rifiuti della Provincia (ora Città Metropolitana) di Torino, nel 2014 si sono prodotte 1,03 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sul territorio provinciale, di cui il 51% raccolto differenziatamente.

LEGNO

127

PLASTICA

tonnellate

tonnellate

1,8

milioni

di tonnellate

C&D

LA CITTÀ METROPOLITANA DI TORINO

VETRO

99

(%) tasso di

(%) assorbita in

riciclo

provincia

218

27

imprese autorizzate

imprese di recupero

La quantità prodotta, il tasso di riciclaggio e l’indice di assorbimento entro i confini amministrativi della Città Metropolitana di Torino.

rifiuti urbani poiché i dati relativi alle diverse tipologie di materiali provenienti dai rifiuti speciali non sono disponibili.

Per il 2014 il Tasso di Riciclaggio (pari al rapporto tra la materia recuperata e il quantitativo di rifiuti prodotto) per queste tipologie di rifiuti è stimabile in un valore del 49,5%, molto vicino al 50% imposto dalla normativa europea e superiore alla media nazionale del 45,2%.

Tuttavia se si estende il calcolo alla totalità dei rifiuti urbani il valore scende al 42%, sempre superiore alla media nazionale del 40%.

Pertanto due terzi del totale raccolto sono avviati a trattamento fuori provincia, direttamente oppure tramite le stazioni di trasferenza di Borgaro e di Druento.

Il vetro, come l’organico, è trattato prevalentemente fuori provincia (55%), mentre le altre frazioni di rifiuti tipici sono assorbite all’interno dei confini della Città Metropolitana.

Le imprese autorizzate allo smaltimento e/o al trattamento dei rifiuti presenti sul territorio della Città Metropolitana di Torino sono 255.

Se si seguono i flussi dei rifiuti urbani fino alla loro prima destinazione si scoprono significative differenze su come vengano trattati.

91 di queste30 effettuano unicamente operazioni di stoccaggio, senza quindi provvedere ad alcun tipo di trasformazione per avvicinare il rifiuto al punto di End of Waste, per poi rispedire i rifiuti ad altri centri di trattamento.

Se da un lato, ad esempio, la carta è trattata quasi esclusivamente (96%) entro i confini della Città Metropolitana di Torino, dall’altro l’organico non può venire trattato dall’unico impianto provinciale.

Inoltre sono 172 le imprese che hanno in autorizzazione l’operazione di messa in riserva di rifiuti, questo significa che il 67% delle imprese ritira almeno una categoria di rifiuti per poi avviarlo a trattamento presso un altro

35,6% DELLE 255 IMPRESE PRESENTI NELLA CITTA’ METROPOLITANA DI TORINO SONO AUTORIZZATE A SOLE OPERAZIONI' DI STOCCAGGIO

Principali indici rappresentativi dell’organizzazione delle imprese occupate nel settore del riciclo nella Città Metropolitana di Torino.

30

centro.

218 imprese sono autorizzate a ritirare rifiuti inerti, per lo più assimilabili a quelli provenienti dal settore delle Costruzioni, ma solo 27 hanno l’autorizzazione ad effettuare operazioni di recupero di materia a partire da questo tipo di rifiuti.

Pertanto la maggior parte dei materiali da cui sarebbe possibile produrre aggregati riciclati o viene avviato ad altro tipo di smaltimento, ad esempio il conferimento in discarica, o subisce movimentazioni differite nel tempo tra un centro e l’altro aumentando notevolmente il costo di trattamento e pertanto riducendo il valore sul mercato del prodotto finale.

67% DELLE IMPRESE AUTORIZZATE, RACCOGLIE ALMENO UN MATERIALE CHE NON SOTTOPONE AD ALCUN TRATTAMENTO SE NON QUELLO DI STOCCAGGIO

Analisi dei dati forniti dalla Città Metropolitana di Torino.

FONTE: http://vm-ippc.provincia.torino.it/rif/smal/risultati_cm.php?imp=6

37

OBIETTIVI DI PROGETTO è il progetto di un Centro di recupero degli inerti e dei materiali di scarto provenienti in particolare dal settore dell’edilizia, capace di rilanciare anche l’attività produttiva di Torino .

BRIC(K)

La raccolta, lo smaltimento e il riutilizzo dell’ingente quantità di detriti, macerie e altri tipi di scarti prodotti oggi dal settore delle costruzioni costituisce infatti per l’Italia e per il resto dell’Europa una questione aperta che cerca soluzione ma al contempo una sfida e una grande opportunità di sviluppo.

La necessaria rispondenza ad un quadro normativo internazionale e lo sviluppo di nuove tecnologie sempre più interessate e sensibili ai temi dello smaltimento e del riciclo degli inerti e dei materiali di scarto dell’edilizia, consentono - in un periodo così caratterizzato da una massiva dismissione produttiva e da una conseguente crisi del mondo del lavoro - di riportare l’attività produttiva in città, andando quindi a proporre per l’area dello Scalo Vanchiglia di Torino (dismesso da alcuni anni), nuove funzioni di sperimentazione e ricerca sulle tecniche e sui programmi di recupero, smistamento, riciclaggio dei materiali edili ma anche una formazione mirata per le imprese che lavorano nel settore e per una manodopera sempre più specializzata e competente anche verso i mercati europei.

Lo Scalo Vanchiglia, nel progetto, diventa quindi il primo caso studio di un sistema di aree in trasformazione A LATO. La città futurista immaginata da Antonio Sant’Elia.

Uno dei modelli di riferimento concettuali per la trasformazione urbana proposta dal progetto.

dove il ridisegno del “vuoto urbano” o della “dismissione”, contribuisce a riproporre anche nelle funzioni una città nuovamente fondata sul lavoro e capace di promuovere trasformazioni sociali, culturali, abitative.

Il riferimento ai caratteri tipologici e figurativi della tradizione piemontese legata all’industria e al lavoro viene confermato anche nel progetto di architettura.

Il Centro di smaltimento e riciclo per l’edilizia BRIC(K), con nuove attività di formazione, commercio, uffici e residenza,vuole essere anche modello urbano di riferimento per la diffusione e la costruzione di una “economia circolare”.

Una sorta di “cava” da cui estrarre risorse preziose per una nuova produzione davvero “sostenibile”, che riesca a trasformare in risorsa ciò che la città ha sempre generato e continuerà a generare.

La possibilità quindi di pianificare il recupero e la valorizzazione del mercato dei rifiuti comuni e degli scarti dell’edilizia, attraverso una gestione programmata e controllata di vagliatura, riciclaggio e reimmissione nella produzione italiana e estera, permetterebbe di trasformarne le potenzialità attualmente passive in una importante risorsa economica.

Gli obbiettivi da raggiungere sono: LA VALORIZAZIONE DEI MATERIALI RICICLATI PER L’EDILIZIA, proponendo alti standard qualitativi del prodotto riciclato e l’affidabilità delle certificazioni emesse per superare la profonda diffidenza che ancora esiste in Italia sull’uso di questi prodotti e che ne limita fortemente la diffusione;

L’ACCORCIAMENTO DELLA FILIERA DEI RIFIUTI, che oggi è caratterizzata dalla larga presenza di piccole e medie imprese che si spartiscono il mercato e le differenti tipologie di rifiuti, moltiplicando i trasporti e i tempi 30

FONTE: EUROSTAT 2014

di trattamento. Tale traguardo sarebbe facilmente raggiungibile creando un centro di trattamento integrato entro il quale anche piccole e medie imprese possano spartirsi le diverse filiere senza però disperdersi sul territorio;

L’AVVICINAMENTO DELLE IMPRESE AI PROCESSI DEL RICICLAGGIO e ai nuovi materiali derivati, favorendo nella stessa area di lavoro l’incontro di produttori e utilizzatori per consolidare il mercato del settore; LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEGLI OPERATORI, per diffondere la specializzazione di operatori e addetti del settore anche nelle pratiche di certificazione dei materiali riciclati con l’intento di formare una nuova classe di lavoratori in un sistema economico su modello circolare;

LA SENSIBILIZZAZIONE DEL CONSUMATORE, creando spazi di condivisione e di esposizione in cui le imprese virtuose del settore che utilizzino materiali riciclati possano pubblicizzare i propri prodotti e modelli produttivi, per la formazione di un mercato di consumatori consapevoli.

LO SVILUPPO ECONOMICO E CULTURALE DELL’AREA DI PROGETTO, attraverso una trasformazione urbana che proponga un modello di integrazione tra le aree produttive e quelle pubbliche, che sia dimostrazione di come le tecnologie attuali e le funzioni proposte siano compatibili anche con una localizzazione urbana. Allo stesso modo le funzioni pubbliche e sociali della città potrebbero trovare relazione con i caratteri anche tipologici presenti nel nuovo Centro di recupero e riciclaggio dei materiali edili: aule studio, spazi aperti, laboratori di quartiere, centri dipartimentali e di ricerca; sale ricreative e culturali, capaci di sensibilizzare la città e il territorio su questi temi.

39

CAPITOLO 2

I PRIMI DELLA CLASSE: MODELLI E PROGETTI DI RIFERIMENTO

Ad oggi, la Germania, può tranquillamente essere considerata il migliore esempio1 nella gestione dei rifiuti in particolare a livello di efficienza e di sostenibilità ambientale1.

I significativi traguardi raggiunti scaturiscono da una stretta collaborazione tra settore industriale e programmazione politica e da una visione a lungo termine, che possono essere riassunte in due principali linee guida.

La prima riguarda la riduzione pro-capite della produzione di rifiuti da parte delle aziende, grazie a modelli di produzione e consumi che ottengono efficacemente il “disaccoppiamento” della produzione di rifiuti dalla crescita economica.

La seconda comporta una nuova percezione del “rifiuto” da materiale inutile, da cedere, a opportunità di profitto derivante dal riutilizzo e dal riciclo.

La Germania è stata in grado di anticipare e dirigere gli orientamenti europei per la gestione dei rifiuti stabilendo il modello da seguire. Applicazioni degne di nota sono l’adozione precoce della responsabilità legale del produttore per la gestione dei rifiuti e di rigidi limiti di smaltimento, dimostratisi i fattori chiave per la crescita e il successo dell’industria del riciclo di rifiuti.

A seguito di un’attenta gestione del ciclo dei rifiuti, la Germania, è stata in grado di raggiungere l’obbiettivo fissato per il 2030 di ridurre al 10% la quota di rifiuti urbani che possono essere conferiti in discarica, già nel 2006. È ragionevole pensare che, dati i risultati ottenuti dalla Germania e la sua forte influenza sulla determinazione delle politiche comunitarie, la legislazione UE evolverà in modo da rafforzare ulteriormente gli aspetti fondamentali del modello tedesco: Conseguentemente anche il modello italiano si conformerà a questo quadro, puntando sul lungo periodo a un mix di trattamento simile a quello tedesco.

42

1

ALBERTO CALVO, LORENZO PRIVATERA, The Waste we produce: stinky gold?, Value Partners Management Consulting, febbraio 2017.

nello svolgimento delle loro attività. Organizza inoltre convegni annuali in ogni regione italiana per diffondere la cultura dell’impiego di prodotti riciclati di qualità.

LE LINEE GUIDA DI ANPAR

Nel corso della sua attività ha diffuso una serie di linee guida e di caratteristiche fondamentali per gli impianti che recuperino inerti.

ANPAR (Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati) nasce nel 2000 per rappresentare la categoria di produttori di aggregati riciclati, sia mobili che fissi.

Il suo obbiettivo è quello di tutelare le aziende associate promuovendo l‘utilizzo delle materie prime secondarie prodotte dai processi industriali di recupero dei rifiuti inerti.

Si occupa di assicurare la qualità dei prodotti immessi sul mercato, nel pieno rispetto delle norme di settore e previsti di marcatura CE, e di fornire informazioni aggiornate ai soci su tutto quanto concerne le novità normative di settore oltre al supporto tecnico alle aziende

1 m3

1,5 t

1 t

Queste si concretizzano in alcuni accorgimenti strutturali di buon senso per il corretto svolgimento dell’attività.

L’area di conferimento deve essere dotata di una pesa stradale automatica per quantificare il materiale in ingresso e si devono prevedere degli spazi per l’archivio dei registri, delle documentazioni relative ai rifiuti e per il deposito dei campioni di rifiuti.

La pavimentazione dell’area deve essere impermeabile e deve prevedersi un sistema di raccolta e trattamento delle acque di prima pioggia.

I principali problemi individuati sono il controllo delle polveri e del rumore, che devono essere opportunamente limitati attraverso terrapieni o barriere perimetrali (anche arbustive), piazzali di lavoro pavimentati, sistemi di umidificazione, sistemi di copertura fissi o mobili e mantenimento di un’altezza di caduta adeguata per i materiali durante le operazioni di carico e scarico.

L’area di messa in riserva e trattamento deve rendere possibile lo stoccaggio per categorie omogenee di rifiuti.

Nel caso questo avvenga per cumuli, questi non possono superare, per motivi di sicurezza, un’altezza di 6 m e una pendenza di 45°.

0,7 m3

MAX 6 m

>4

5°

SEPARAZIONE MERCEOLOGICA

PAVIMENTAZIONE IMPERMEABILE

RACCOLTA E TRATTAMENTO PRIME ACQUE

Una schematizzazione delle principali linee guida divulgate da ANPAR per i centri di trattamento degli inerti.

43

L’INCONTRO CON LE AZIENDE: ECOPIEMONTE E CAVIT

La prima è un’impresa medio piccola che si occupa dello smaltimento dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, dalle imprese e in piccola parte anche degli inerti provenienti dalle microdemolizioni del settore edile della Cità Metropolitana di Torino.

La seconda è una grande azienda operativa dal 1966 che si occupa esclusivamente di recupero, riciclaggio e rivendita di materiali edili. É considerata l’azienda leader nel settore in provincia di Torino.

ECOPIEMONTE

ECOPIEMONTE è situata a Orbassano, a circa 11 km da Torino e a 4 km dalla più vicina uscita della tangenziale Sud di Torino.

Si insedia su un’area di 10.000 m2 dedicata al trattamento e allo stoccaggio di una grande varieta di rifiuti provenienti sia dalla raccolta differenziata che dalle attività di piccole e medie imprese della zona.

Si tratta di una ditta di medio/piccole dimensioni che rappresenta efficacemente la realtà del mercato dei rifiuti in Italia.

Nella sola Città Metropolitana di Torino sono presenti più di 200 operatori attivi nel settore dello smaltimento e del recupero di rifiuti, la maggiorparte dei quali effetuano operazioni di pretrattamento e stoccaggio temporaneo.

Si sono prese in considerazione in particolare due casi situati a pochi chilometri da Torino: Ecopiemonte e Cavit.

Secondo Elena Hartog, ingegnere responsabile del

10.000 m2

44

Ortofoto dell’area occupata da ECOPIEMONTE. FONTE: https://www.google.it/maps

centro, per una ditta di queste dimensioni la componente che più influisce attività di trattamento sono i viaggi per il trasporto dei rifiuti.

Nel 2016, secondo i dati forniti dall’azienda, sono stati compiuti “da” e “verso” ECOPIEMONTE, circa 8.000 viaggi2 per il trasporto o la raccolta di rifiuti: 1.845 di questi per la movimentazione di rifiuti provenienti dal settore delle Costruzioni.

Sempre nel 2016 ECOPIEMONTE ha dichiarato di aver ricevuto e trattato 20.880 tonnellate di rifiuti di ogni tipologia.

Per quanto riguarda specificatamente i rifiuti da Costruzione e Demolizione, l’area dedicata al loro trattamento è relativamente modesta rispetto alla superficie totale dell’impresa: 1100 m2 su cui possono venire trattati ogni anno 12.166 tonnellate di inerti, circa il doppio di quanto dichiarto nel 2016.

Gli inerti vengono effettivamente avviati a recupero (procedura R5 dell’elenco europeo delle operazioni

di recupero), ma utilizzati unicamente come materiale di riempimento per sottofondi stradali.

Uno degli aspetti più interessanti emerso dal colloquio con l’azienda è la cessione gratuita del materiale trattato.

più competitivi sul mercato. I costi delle procedure necessarie si potrebbero sostenere solamente in presenza di quantitativi molto superiori di materiale trattato.

Pur trattandosi di materiali che hanno raggiunto l’EoW (EndofWest, ovvero aver cessato la qualifica di rifiuto), e come tali dovrebbero avere un mercato, ECOPIEMONTE è costretta spesso a regalare gli inerti trattati per poter liberare la propria area di produzione per altri rifiuti da C&D in entrata, guadagnando magari sui lavori di scavo o riempimento ma non sul materiale ceduto. Questo evidenzia come il mercato non sia ricettivo e non esista una vera domanda per i materiali riciclati, specialmente per quelli provenienti e rivolti al settore delle Costruzioni.

Per tutti gli altri rifiuti tipici trattai da ECOPIEMONTE, soltanto la carta subisce operazioni di recupero e viene venduta alle cartiere come materia prima.

I restanti, quasi l’80% dei rifiuti trattati, o viene smaltito in discarica o è stoccato in attesa di essere avviato presso un altro centro di trattamento.

Inoltre l’attività di ECOPIEMONTE dimostra come non sia conveniente, per un’impresa di queste dimensioni, operare ulteriori trattamenti sugli inerti recuperati, come ad esempio marchiature o certificazioni CE, per renderli

STOCCAGGIO

STOCCAGGIO

STOCCAGGIO

STOCCAGGIO, RECUPERO

STOCCAGGIO

STOCCAGGIO

STOCCAGGIO, RECUPERO

La planimetria del centro di smaltimento e riciclaggio ECOPIEMONTE e le destinazioni cui sono sottoposti i rifiuti tipici nel centro stesso.

FONTE: ECOPIEMONTE

2

Analisi dei dati forniti da ECOPIEMONTE in occasione del colloquio avenuto a Dicembre.

Ultimo aggiornamento 27/12/2017

45

46

Viste del Centro di smaltimento e trattamento ECOPIEMONTE a Orbassano Fotografie di Davide Minervini

47

<<quasi si regala , la parola macerie non piace >> .

CAVIT

CAVIT SpA, si colloca in un’area fuori La Loggia, a circa 30 km da Torino e a 3 km dall’uscita più vicina della tangenziale Sud. La superficie occupata dall’area produttiva è di circa 13.000 m2, poco più di quella occupata da ECOPIEMONTE, ma in questo caso è dedicata esclusivamente alla lavorazione dei rifiuti provenienti dal settore delle Costruzioni. Sulla stessa area sussistono i locali uffici, i depositi mezzi e la superficie per lo stoccaggio dei materiali in entrata e degli scarti indesiderati che non verranno avviati a recupero, ma smaltiti presso un altro centro di trattamento.

Cavit è considerata l’azienda leader nel recupero degli inerti nel territorio della Città Metropolitana di Torino ed è quella che ne assorbe la quota più alta. Nel 2016 sono stati trattate e recuperate 248.000 tonnellate di inerti.

Secondo CAVIT non sono i trasporti la componente più critica nella gestione delle risorse, ma la ma la stessa formazione e preparazione dei progettisti del settore.

La difficoltà più grande per un’impresa di queste dimensioni, che non subisce il costo dei trasporti pur trovandosi a una sensibile distanza dalla sua fonte principale di materiale, è piazzare il prodotto trattato sul mercato.

Secondo l’amministratore delegato Carlo Colombino, anche vicepresidente di ANPAR (Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati), il prodotto in uscita 48

Sebbene Cavit abbia quindi le possibilità di certificare e marchiare i propri prodotti, difficilmente esegue tali procedure, perchè tali migliorie anche qualitative non verrebbero riconosciute dall’attuale mercato nazionale.

Gli inerti recuperati vengono ancora oggi utilizzati con difficoltà anche solo per la realizzazione dei sottofondi stradali anche se, come segnalato da CAVIT, raggiungono le stesse prestazioni con un risparmio del 30% sul costo del materiale.

Una delle caratteristiche più evidenti di CAVIT è la presenza di una estesa area di stoccaggio con adiacente un’altra area per la messa in riserva dei materiali. La superficie di quest’ultima (14.000 m2) è per fino superiore al centro di trattamento stesso.

Data l’incostanza del mercato dei prodotti riciclati e la diffidenza dei produttori, quest’area di stoccaggio è fondamentale per non incorrere nella necessità di cui già ECOPIEMONTE aveva fatto nota: cedere gratuitamente i prodotti.

Secondo quanto riferito dagli operatori di CAVIT gli inerti vengono tenuti in deposito per lunghi periodi di tempo (anche fino a un anno) per poi essere venduti, alla domanda, in grandi quantità nel giro di pochi mesi.

Questo evidenzia come questi prodotti abbiano più mercato per le grandi opere, in particolare nella realizzazione delle infrastrutture stradali piuttosto che nel settore residenziale o altro.

Molto importante risulta anche la gestione dei materiali non inerti che giungono al centro. La quantità e la qualità di questi dipendono prevalentemente dalla qualità della demolizione effettuata a monte.

Non potendoli trattare, un’impresa come CAVIT, non ritira normalmente rifiuti ingombranti di legno, di plastica o di carta, ma può comunque capitare che porte o infissi

arrivino al centro assieme ai detriti comuni. Oltre a questi possono trovarsi frequentemente tra la macerie anche imballaggi di plastica, cartoni e tubi di diverso tipo.

Tutti questi materiali attualmente vengono accumulati temporaneamente in un’area di CAVIT e poi smaltiti a pagamento in altri centri.

Solo come esempio nel 2016 CAVIT ha evitato di trattare quasi 550 tonnellate di carta/plastica, 450 di legno e più di 200 tonnellate di metallo proveniente da deferrizzazione delle macerie, preferendo vendere tutto il materiale a una ditta specializzata nel recupero dei metalli.

14.000 m2

13.000 m2

Ortofoto dell’area occupata da CAVIT s.p.a. con indicazione della superficie occupata dall’attività produttiva (sotto) e da quella di solo stoccaggio (sopra).

FONTE: https://www.google.it/maps

49

Oltre agli impianti tecnologici il Centro comprende comprende una pista da sci artificiale sull’ampia copertura aperta al pubblico.

COPENHILL

Nei primi mesi del 2017 i cittadini di Copenaghen hanno assistito all’inaugurazione di un impianto per la produzione di energia che è non solo uno dei più performanti in Europa ma anche un esempio unico di integrazione ma anche un esempio unico di integrazione tra un’attività industriale “pulita” e la dimensione urbana.

L’inceneritore, costruito dalla Amager Ressourcecenter, tratterà annualmente 400.000 tonnellate di rifiuti e fornirà energia elettrica ad un minimo di 50.000 famiglie danesi e riscaldamento ad altre 120.000.

50

3

Una pista di circa 30.000 metri quadrati che potrà favorire una lettura alternativa e integrata tra un impianto di pubblica utilità e i luoghi ricreativi della città.

L’impianto, già in funzione, è il più alto l’edificio di Copenaghen e sicuro riferimento nella progettazione sostenibile di architettura in quanto una delle << rappresentazioni più radicali dell’architettura come mezzo di impegno pubblico nel nostro tempo >>3.

l’impegno civile: <<Se la gente non sa, non può agire >>.

Per queste ragioni i progettisti non hanno realizzato una normale ciminiera a flusso continuo per le seppur bassissime emissioni di anidride carbonica, ma hanno preferito che anche le fuoriuscite di fumo fossero regolamentate per mettere periodicamente un singolo anello di fumo.

In questo modo si comunica al pubblico un’immagine realistica dell’attività produttiva: una tonnellata di CO2 circa ogni 5 anelli di fumo emessi.

Anche per le sue qualità tecnologiche, altamente all’avanguardia, l’impianto è stato costruito in posizione privilegiata, nel centro storico, vicino al porto turistico.

Secondo BIG (Bjarke Ingels Group), lo studio di architetti responsabile del progetto, l’impianto non vuole solo incoraggiare la pubblica partecipazione, ma anche

Vanessa Quirk, TBIG’s Waste-to-Energy Plant Breaks Ground, Breaks Schemas, in http://bit.ly/2u6ivdA, marzo 2013.

L’architetto Bjarke Ingels (BIG’s) presenta il modello dell’inceneritore realizzato al centro di Copenaghen.

FONTE: http://bit.ly/2u6ivdA

THE GUARDIAN, 16/11/2016

FIRSTONLINE, 26/04/2017

WASTE MANAGMENT WORLD, 02/06/2017

51

CAPITOLO 3

Tre sono le motivazioni principali che hanno portato alla scelta dello scalo Vanchiglia come area di progetto.

PERCHÉ SCALO VANCHIGLIA?

L’area di intervento su cui ricade la proposta di progetto è << parte di territorio che coinvolge un milione di m2 di aree ex industriali e ferroviarie di proprietà mista pubblico-privata che nei prossimi vent’anni rappresenterà l’orizzonte più importante di riconversione del tessuto urbano torinese >>1.

La stazione di Torino Vanchiglia, meglio conosciuta come scalo Vanchiglia, situata nell’area nord-est della città, è un ex scalo merci che si poneva a termine di una lunga diramazione ferroviaria all’interno della città, distaccamento della linea Torino-Milano.

Del collegamento con la ferrovia, soppresso a metà degli anni ’90, rimane oggi “il trincerone” , il percorso seminterrato che ospitava i binari, oggi dismesso e vissuto come limite fisico e strutturqale per tutta la zona Nord di Torino.

54

1 2

cfr: http://bit.ly/2uYB0Nt CARLO OLMO, La Metamorfosi (seminario tematico), in http://bit.ly/2sDFqc1, 2010

L’ACCESSIBILITÀ PRIVILEGIATA DI CUI È DOTATA L’AREA, che consente la creazione di un centro produttivo interno alla città, interrompendo la consuetudine di isolare e relegare la produzione alle aree esterne. Lo scalo, infatti, si trova in un’area considerata un tempo “borgo esterno” della città di Torino ma che ormai fa parte dell’espansione urbana e nel contempo si trova a poca distanza dal centro storico (circa 2 km). Inoltre sempre a poca distanza si trovano le principali vie d’uscita e di entrata dalla città.

L’INTERESSE PUBBLICO SULLE FUTURE DESTINAZIONI D’USO DELL’AREA, evidenziato anche dalle numerose proposte di trasformazione ipotizzate in particolare in questi ultimi anni che sono stimolo aggiuntivo per un progetto di ridisegno complessivo dell’area e per nuove scelte anche in contraddizione con le indicazioni della Variante 200.

UN CONTESTO DI GRANDE TRADIZIONE E INTERESSE, la cui storia è anche quella della prima industrializzazione della città: prima attraverso la realizzazione dei canali di derivazione della Dora (come ad esempio il canale del Regio Parco), poi con l’attivazione nel 1926 dello scalo merci realizzato a servizio delle fabbriche.

Come sottolineato dal professore Carlo Olmo, in occasione della conferenza di presentazione del Concorso di idee “La metamorfosi” (2010), quello di Barriera di Milano è << un tessuto ricco di grandi parcelle industriali. Lo Scalo Vanchiglia è uno di quelle e, come la storia delle città ci insegna, la trasformazione di queste grandi parcelle in qualcosa di diverso da un grande uso monofunzionale è uno dei problemi più grandi da risolvere per gli architetti e per la città >>2.

A LATO. Ortofoto di Torino Nord con indicata l’area dello Scalo Vanchiglia, oggetto dell’intervento di trasformazione.

FONTE: https://www.google.it/maps

EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

MORFOLOGIA

A livello amministrativo l’area di Scalo Vanchiglia è compresa assieme alle borgate Monterosa e Montebianco (Barriera di Milano), il Borgo Parco Regio, il Borgo Barca, il Borgo Bertolla, Falchera, Rebaudengo e Villaretto3, all’interno della Circoscrizione VI della città di Torino.

AREE PRODUTTIVE ABBANDONATE

A livello morfologico si parla di un’area caratterizzata da un tessuto minuto e non particolarmente ricco; da grandi particelle industriali oggi dismesse e in parte già rifunzionalizzate e da alcuni grandi interventi di edilizia pubblica costruiti tra gli anni ’20 e ’70 del Novecento.

AREE PRODUTTIVE ATTIVE

Data la forte presenza di edifici monofamiliari o di palazzi residenziali di 4-6 piani fuori terra, quello che caratterizza maggiormente questa parte di città sono gli edifici industriali, oggi dismessi, e i grandi interventi di edilizia pubblica che spiccano in un contesto poco caratterizzato e di altezza limitata.

La parte più a Nord di Barriera di Milano si caratterizza invece con la presenza di edifici più alti, realizzati per lo più nella seconda metà del Novecento.

56

PIA DAVICO, CHIARA DEVOTI, GIOVANNI MARIA LUPO, MICAELA VIGILINO, La storia della città per

capire, il rilievo urbano per conoscere: borghi e borgate di Torino, Torino: Politecnico di Torino , 2014.

3

La rappresentazione lineare degli edifici o dei gruppi di edifici più caratterizzanti l’area, divisi per macrocategorie.

La morfologia dellâ&#x20AC;&#x2122;area costituita prevalentemente da aree produttive dismesse e da interventi di edilizia pubblica.

SCALA 1:15.000

57

Po e sotto il Parco della Colletta - che colleghi anche la Torino-Milano senza interessare il centro urbano.

VIABILITÀ

A livello viabilistico il quartiere è attraversato da importanti direttrici di traffico quali Via Bologna, Corso Giulio Cesare, Corso Vercelli e Via Cigna. È importante evidenziare come sebbene quest’area sia considerata la porta di accesso Nord alla città di Torino, l’attraversabilità di queste arterie viarie sia per lo più difficoltosa e congestionata anche per la loro sezione ridotta.

Una delle proposte più interessanti per il futuro dell’area, inclusa nel PRG,poi soppressa nelle indicazioni di Variante 200, prevede un sottopassaggio tra Corso Regio Parco e Corso Don Luigi Sturzo, - quindi passante sotto il fiume

Inoltre, a livello di quartiere, sono del tutto assenti piste ciclabili, aree pedonali, che possano favorire la percorribilità interquartiere e il collegamento con le aree centrali.

Particolarmente sentito è il vuoto lasciato dalla trincea ferroviaria lungo Via Gottardo e Via Sempione che accentua sensibilmente la separazione tra le due parti di città che vi si affacciano e che presenta pochi punti di attraversamento, sia carrabili che pedonali.

Innegabile l’importanza strategica che il presunto percorso della Linea 2 della metropolitana comporterà per la città di Torino e in particolare per questa zona nord, difficilmente collegata con il resto della città.

dove posare il percorso della nuova metropolitana. La stazione di testa posizionata nell’ambito di Spina 4 a Parco Sempione diventerebbe un nodo di interscambio fondamentale per i collegamenti della città con l’aeroporto e con le reti viarie extraurbane.

La metropolitana, poi, attraverserebbe la città da nord a sud incrociando la Linea 1 all’attuale fermata di Re Umberto, passando sotto il centro storico e la Dora. Il tratto ipotizzato su Corso Regio Parco intereserebbe direttamente l’area di progetto sulla quale sono previste 3 fermate.

L’attuale progetto, ancora oggetto di discussioni e proposte di modifica sul percorso, usa la trincea ferroviaria degli ambiti Sempione e Gottardo come letto

PERCORSO IN PROGETTO DELLA LINEA 2 PRINCIPALI VIE DI USCITA/ENTRATA DALLA CITTÀ PRINCIPALI ASSI URBANI PROPOSTE DI VIABILITÀ SOPPRESSE

58

Le principali arterie di comunicazione di Torino con indicati gli interventi futuri proposti dlala pubblica amministrazione.

SCALA 1:15.000

La rete viaria dellâ&#x20AC;&#x2122;area e gli interventi futuri proposti dallâ&#x20AC;&#x2122;amministrazione pubblica.

SCALA 1:15.000

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operai per la nuova industria.

Nel Dopoguerra il bacino di affluenza si allarga andando a comprendere anche le altre regioni, fino agli anni ’70 quando, per l’allontanamento delle fabbriche dalla città, il fenomeno si inverte.

A cominciare dall’inizio del nuovo secolo si ha di nuovo un crescente flusso migratorio, questa volta proveniente dalle regioni extra europee.

DEMOGRAFIA

A livello demografico, Barriera di Milano, è storicamente caratterizzata da una forte multietnicità.

Oggi si contano più di centomila abitanti4 di cui il 23,17% stranieri, un dato in continua crescita, che nel 2009 raggiungeva già il 15,8%, il più alto di Torino.

Barriera di Milano è stata quindi sempre caratterizzata da una forte mobilità divenendo la porta di ingresso urbana per quelle fasce di popolazione in cerca di occupazione.

Le popolazioni migranti hano costituito nella storia la matrice fondamentale dello sviluppo urbano di quest’area di Torino.

Una grande mobilità sociale che mostra come il patrimonio edilizio venisse vissuto con uno spirito di proprietà che era rivolto verso lo spazio pubblico piuttosto che verso un uso privato della residenza5.

Oggi questa tendenza viene confermata dalla mobilità interna. La circoscrizione 6, nel 2015, è quella verso cui si sono concentrati la maggior parte dei trasferimenti di persone da altre zone della città .

Anche nei trasferimenti interni alla stessa circoscrizione, Barriera di Milano risulta al secondo posto, con 4481 cambi di residenza intra-circoscrizionali.

Anche nei movimenti interni della città la Circoscrizione VI, per altro, è sempre stata più attiva delle altre zone della città. All’epoca dei primi insediamenti dei contadini provenienti dalle valli piemontesi, si contavano fino a cinque cambi di residenza per famiglia in un anno all’interno dello stesso quartiere.

La prima grande migrazione tra il 1871 e il 1891 fu dovuta alla crisi agraria e al fenomeno dell’inurbamento a causa del massiccio trasferimento di contadini in città come

DESTINAZIONE PROVENIENZA

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

TOTALE

1

2.406

300

431

385

247

217

412

438

209

44

5.089

2

255

2.916

444

209

175

107

137

137

299

163

4.842

3

388

523

4.065

858

389

253

261

194

162

71

7.164

4

285

178

772

3.183

681

353

294

258

128

52

6.184

5

186

198

327

478

4.985

736

371

134

95

60

7.570

6

256

139

191

285

722

4.481

743

95

130

40

7.082

7

318

126

257

382

482

974

3.224

271

153

58

6.245

8

400

149

174

126

93

153

304

1.871

267

41

3.578

9

188

327

199

123

91

100

114

200

2.123

319

3.784

10

52

152

73

46

71

45

41

36

287

838

1.641

4.734

5.008

6.933

6.075

7.936

7.419

3.634

3.634

3.853

1.686

53.179

TOTALE

60

4 5

DIREZIONE SERVIZI CIVICI SERVIZIO STATISTICA E TOPONOMATSTICA (A CURA DI), Annuario Statistico 2015, Torino: Città di Torino, 2015.

Carlo Olmo, La Metamorfosi (seminario tematico), IN HTTP://BIT.LY/2SDFQC1, 2010

Tabella descrittiva dei flussi migratori interni alla città di Torino per l’anno 2015.

CIR. VII CIR. VI

SALDO MIGRATORIO + 231 CIR. VII

I confini della Circoscrizione VI e il flusso migratorio con la vicina Circoscrizione VII. IN ALTO la concentrazione di cittadini extra-comunitari nel quartiere Barriera di Milano; dalla pi첫 alta (pi첫 scura) alla pi첫 bassa (pi첫 chiara).

SCALA 1:15.000

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tessuto urbano che, offrendo strutture e spazi di piccole dimensioni, contribuisce alla moltiplicazione dei soggetti che offrono questo tipo di attività.

VERDE

SERVIZI

La dotazione di spazi pubblici e aree verdi della zona è scarsa e limitata grosso modo ai cortili degli edifici residenziali. Vanno segnalati però il Parco della Colletta a ridosso del Po e il Parco Sempione, a cavallo tra la circoscrizione V e VI. La proposta della Variante 200 prevede che questi due dotazioni di verde pubblico vengano potenziate e inserite in un nuovo parco lineare, che coprendo il “trincerone”, possa divenire asse di collegamento delle aree verdi pubbliche di questa parte di città. Gli impianti sportivi invece sono numerosi, ma per lo più privati o, se pubblici, limitati a palestre scolastiche.

I centri di aggregazione dell’area sono insufficienti o per lo più rappresentati da associazioni religiose e dalle relative strutture di servizio.

Questo ulteriore aspetto favorisce la frammentazione dei servizi è la difficoltà di attraversamento dell’area, in particolare da est a ovest, che quindi ne rende meno agevole la fruizione.

A seguito dela chiusura del Cinema Teatro Adua, nel 2008, il Cineteatro Monterosa è l’unica sala cinematografica ancora aperta in tutta la zona Nord di Torino.

Gli impianti sportivi invece sono numerosi, ma per lo più privati o, se pubblici, limitati a palestre scolastiche.

A livello di servizi l’area si presenta eterogenea e frammentataanche per la morfologia stessa del

SERVIZI: CHIESE E PERTINENZE

SERVIZI: SICUREZZA (centrali e caserme)

SERVIZI: ASSISTENZA ALLO STRANIERO

SERVIZI: OSPEDALI E ASSISTENZA SANITARIA

PARCO DELLA COLLETTA

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PARCO DELLA CONFLUENZA

PARCO DELL’ARRIVORE

PARCO LINEARE (Previsione VARIANTE 200)

La rappresentazione lineare delle principali dotazioni di servizi e di verde pubblico dell’area, divisi per macrocategorie.

Le aree verdi e le principali dotazioni di servizi sullâ&#x20AC;&#x2122;area.

SCALA 1:15.000

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Cesare) l’offerta risulti notevolmente carente rispetto alla richiesta.

ISTRUZIONE

Le scuole e i luoghi per l’istruzione sono largamente presenti anche se non omogeneamente distribuiti su tutto il territorio analizzato.

In particolare nelle immediate vicinanze dell’area di progetto si contano 4 scuole per l’infanzia, 3 scuole elementari, 1 scuola media inferiore e 6 scuole medie superiori.

Se si considera il quartiere Barriera di Milano risulta però evidente come, oltre a una distribuzione spaziale delle strutture scolastiche non omogena (che lascia quasi completamente scoperto l’intero asse di corso Giulio

Guardando in particolare alla fascia dei minori di età tra gli 0 e i 3 anni, il numero di posti disponibili copre solo il 17,3% dei potenziali fruitori6.

I distaccamenti universitari e le scuole private si attestano ai confini dell’area con presenze anche significative come il Campus Luigi Einaudi (Università degli Studi di Torino) e la Holden (Scuola di storytelling e performing arts).

Diametralmente all’opposto rispetto all’area di progetto si individua all’interno dell’ex Manifattura Tabacchi il Centro immatricolazione dell’università di Torino.

Nell’ipotesi che tale utile trasformazione si compia, l’area di Scalo di Vanchiglia verrà ad occupare una importante posizione di cerniera tra i due maggiori poli universitari della città di Torino.

Saranno quindi necessarie nuove dotazioni di aule studio, dipartimenti, residenza universitaria, biblioteca, che oggi risultano praticamente inesistenti in tutta l’area Nord di Torino (se non si considerano le uniche eccezioni della Biblioteca Civica Primo Levi e di quella Regio Parco) e le future residenze universitarie che dovrebbero venire costruite sulle aree ex-Nebiolo, Ponte Mosca ed ex OGM (le cui aste per la concessione d’uso continuano ad andare deserte).

Sempre nell’area della Manifattura Tabacchi, oggi dismessa, si prevedono funzioni di formazione e didattica a servizio dell’università, anche se l’amministrazione pubblica continua a non prendere una decisione definitiva.

SCUOLE PER L’INFANZIA

SCUOLE ELEMENTARI

SCUOLE MEDIE INFERIORI

SCUOLE MEDIE SUPERIORI

STRUTTURE E RESIDENZE UNIVERSITARIE

64

6

Torino, 2010.

ASCOLTO ATTIVO S.A.S., FRANCESCA ZALTRON (A CURA DI), Barriera Mobile. Infrastrutture e quali tà della vita del quadrante Est-Nord-Est di

La rappresentazione lineare di tutte le strutture scolastiche presenti sull’area divise per grado di istruzione.

La dotazione di strutture scolastiche e i distaccamenti universitari presenti sullâ&#x20AC;&#x2122;area.

SCALA 1:15.000

65

OSSERVAZIONI E CONTESTO RAVVICINATO Le mancanze più sentite dalla popolazione7 riguardano in particolare i servizi per la prima infanzia e i giovani.

Ai primi necessitano nuove strutture che possano soddisfare la domanda, anche se queste sono richieste in zone distanti l’area di Scalo Vanchiglia, ai secondi interessano spazi di aggregazione, di studio e per il tempo libero. Sono state formulate nel tempo alcune richieste precise quali un centro culturale e uno spazio per l’autoproduzione e la possibilità di ospitare eventi.

Per incentivare la formazione e l’istruzione di base si è proposta la realizzazione di un vero e proprio centro

con servizi rivolti agli studenti nei pressi di Via Bologna, dove oggi sono presenti istituti di ordine superiore.

L’intera zona Nord di Torino è inoltre completamente sprovvista di spazi per la condivisione delle idee e del lavoro (nonostante queste dotazioni si stiano positivamente sviluppando in altre zone della città).

Ambienti su modello dei co-working che permettano di portare avanti percorsi di progettazione partecipata, di unire attivamente piccole imprese locali e di stimolare reti di scambio di esperienze e di opportunità.

A livello progettuale, tuttavia, la trasformazione più rilevante è sicuramente quella subita dal Piano Regolatore Generale Comunale della Città di Torino: La Variante 200 adottata nel 2009.

Nelle immediate vicinanze dell’area di progetto si segnalano: - IL VIVAIO COMUNALE DEL REGIO PARCO (p.65) - L’EX PALAZZO DELLE POSTEI. (p.66) - L’ASSOCIAZIONE “IL BUNKER” (p.68)

Sono già previste o in fase di realizzazione all’interno dell’area alcune trasformazioni rilevanti diverse da quelle già citate; si segnala in particolare l’ex Centrale Enel, circa trentamila metri quadri, sui quali si sta concludendo la costruzione del nuovo Centro Direzionale Lavazza, di Cino Zucchi. La “Nuvola”, questo il nome del progetto, consterà di 15.000 m2 di uffici, un museo e archivio storico di 1.600 m2 e uno spazio multifunzionale di 6.600 m2.

- L’EX MAR.DI.CHI (p.72)

1 4

2

3

66

7

Torino, 2010.

ASCOLTO ATTIVO S.A.S., FRANCESCA ZALTRON (A CURA DI), Barriera Mobile. Infrastrutture e quali tà della vita del quadrante Est-Nord-Est di

Significativi elementi del contesto ravvicinato dell’area di progetto.

1) Il Vivaio Comunale Regio Parco; 2) L’ex Palazzo delle Poste; 3) L’associazione “IL BUNKER”; 4) L’ex M.ar.di.chi

VIVAIO COMUNALE REGIO PARCO Il vivaio Regio Parco si colloca alle spalle della storica Manifattura Tabacchi ed è confinante su due lati con il Parco della Colletta/Parco della confluenza di Piazza Sofia, nella circoscrizione 6.

Si estende per un’area complessiva di 63.7008 mq, dei quali 30.000 mq per la coltivazione in campo di alberi e grandi arbusti, 8.500 mq per la coltivazione su piazzali in vaso di arbusti e alberi di “pronto effetto” (immediatamente disponibili nelle dimensioni ottimali al piantamento).

L’attività prevalente del vivaio è l’accrescimento e l’acclimatamento di alberi e arbusti per ottenere soggetti

Ortofoto dell’area occupata dal Vivaio Comunale Regio Parco.

FONTE: https://www.google.it/maps

sani, ben formati e nelle dimensioni richieste dai tecnici al momento della messa a dimora in città.

Le essenze coltivate in vaso sono sottoposte a periodiche rinvasature, potature e concimazioni; quelle allevate in pieno campo vengono interessate anche da un’operazione colturale chiamata zollatura che prepara in modo ottimale l’apparato radicale al trapianto in città.

questi anni in città sono state progettate molte aiuole con l’utilizzo di essenze tappezzanti, capaci di fornire una rapida copertura del suolo e con molteplici possibilità di abbinamento cromatico.

Attualmente in vivaio sono in coltivazione centinaia di alberi destinati a: viali alberati cittadini (platani , ippocastani, bagolari, aceri ecc.) giardini e parchi storici (ciliegi, meli, peri da fiore, liquidambar, liriodendri ecc.) parchi naturalistici fluviali e collinari (essenze autoctone, originarie del luogo, quali noccioli, ontani, salici, biancospini ecc.).

Gli arbusti in coltivazione sono destinati a sostituzioni in aiuole già esistenti o a nuove realizzazioni, ad esempio per banchine spartitraffico e aree verdi di quartiere. In

8

FONTE: http://bit.ly/2tWTH7m

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EX POSTE Del palazzo delle poste di via Claudio Monteverdi, dismesso è rimasto solo più lo scheletro dopo gli ultimi interventi dello scorso anno da parte dell’amministrazione postale per rimuovere le attrezzature da ufficio abbandonate e murare gli ingressi per impedire bivacchi all’interno dei locali.

In occasione dell’avvio della fase esecutiva dell’ambito Regaldi, prima parte della variante 200, l’ex sindaco Fassino sollecitò un intervento da parte delle Poste, proprietarie dell’immobile, per questa striscia di degrado che divide la Manifattura Tabacchi dalle nuove case e le attività commerciali di via Regaldi (prevsite dalla

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Variante 200). Ma ad oggi niente è stato fatto e l’enorme edificio color salmone, senza più infissi e con molti muri sfondati, giace abbandonato alla mercé di traffici di ogni tipo.

L’edificio di quasi 5000 m2, era la fabbrica delle consegne celeri. Ma poi le politiche aziendali sono cambiate e l’edificio è stato abbandonato.

Al suo interno ancora si trovano scatole gialle delle Poste, sacchi di raccomandate e corrispondenza.

Il fronte dell’ex Palazzo delle Poste sull’attuale Via Claudio Monteverdi a Torino.

Fotografia di Davide Minervini.

LA STAMPA, 11/0/2014

QUOTIDIANO PIEMONTESE, 09/01/2015

TORINO TODAY, 03/01/2014

LA STAMPA, 09/03/2017

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Il complesso del Bunker, di proprietà della Società Torino Quittengo Srl, è costituito da cinque grandi complessi edilizi, a loro volta suddivisi in strutture minori.

“IL BUNKER”

Attualmente gestito dall’Associazione Variante Bunker2, il progetto propone attività culturali e sportive di diversa natura per promuovere l’utilizzo delle aree urbane in attesa di trasformazione.

Gli orti, le manifestazioni musicali, le attività sportive e la presenza diffusa di opere artistiche caratterizzano questo progetto di inclusione sociale nel suo percorso di crescita, finalizzato a dare una risposta provocatoria all’immobilismo delle aree in attesa di trasformazione e soprattutto a prefigurare delle possibili attività innovative in grado di caratterizzare l’area urbana in cui il progetto è situato.

70

9

FONTE: HTTP://WWW.VARIANTEBUNKER.COM/

Oltre alle attività culturali e sportive gestite dall’Associazione Variante Bunker e Variante Bunker Sport, attualmente alcuni degli spazi sono stati concessi ad altre realtà.

L’offerta sportiva si è arricchita con l’arrivo dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Vertigimn che promuove l’attività fisica in senso artistico con l’avvicinamento all’acrobatica e le discipline aeree per tutti; è inoltre presente una sezione della FLIC-Scuola di formazione di Arti circensi, parte della Reale Società Ginnastica di Torino, punto di riferimento del circo contemporaneo italiano ed europeo, sia dal punto di vista didattico sia dal punto di vista culturale ed artistico che accoglie giovani provenienti da tutta Italia e da varie parti del mondo.

rivolte alla comunità c’è inoltre la possibilità di coltivare orti urbani biologici, serate di musica e discoteca e attività sportive alternative quali ad esempio il bacino per il Wakeboard e i campi per il Padel e per il Beach Voley.

Purtroppo questi spazi, in particolare l’area principale compresa tra Via Ponchielli e Via Giovanni Pacini, sono ignorati dai piani della Variante 200 e verrebbero demoliti con la realizzazione del prolungamento di Via Regaldi.

Tra le attività sperimentali dell’associazione e le offerte

Ortofoto dell’area principale occupata dall’Associazione Variante Bunker.

FONTE: https://www.google.it/maps

Installazioni artistiche allâ&#x20AC;&#x2122;interno degli spazi gestiti dallâ&#x20AC;&#x2122;Associazione Variante Bunker.

FONTE: http://www.variantebunker.com/

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IN ALTO. Campo da Beach Volley all’interno degli spazi dell’Associazione Variante Bunker.

IN BASSO. Bacino artificiale per il WakeBoard all’interno degli spazi dell’Associazione Variante Bunker.

FONTE: http://www.variantebunker.com/

IN ALTO. La realizzazione degli orti urbani all’interno degli spazi dell’Associazione Variante Bunker.

IN BASSO. Campi per la pratica del Padel all’interno degli spazi dell’Associazione Variante Bunker.

FONTE: http://www.variantebunker.com/

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EX M.AR.DI.CHI Nel 1912, nell’ambito di un progetto di espansione, il Lanificio Piacenza costruisce a Torino, in borgata Regio Parco, un nuovo stabilimento per la tessitura e la filatura della lana, cui si aggiunge, qualche anno più tardi, un altro complesso limitrofo destinato alla filatura e alla pettinatura della lana. I due edifici si estendono su un’area complessiva di 80.000 metri quadrati10. Concentratasi quasi esclusivamente sulla produzione di abbigliamento militare nel periodo della prima guerra mondiale, l’azienda non riesce a superare i problemi legati alla crisi postbellica e alla riconversione industriale che la portano, nella prima metà degli anni Trenta, a chiudere le unità

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produttive di Torino. La crisi del secondo dopoguerra costringe l’azienda a chiudere lo stabilimento di Torino e a concentrare le forze sulla sede di Pollone.

L’area a est confina con l’ex stabilimento tessile Tollegno, oggi denominato “Lanificio di Torino”

Lo stabile fu venduto al demanio militare che ne fece la Sezione Staccata dei Magazzini di Artiglieria denominati poi con l’acronimo M.Ar.Di.Chi. (Magazzini Artiglieria Difesa Chimica).

Prima della totale dismissione del complesso, nel 2009 è stato sede museale di alcuni reperti del Museo di Artiglieria ma con la riorganizzazione del settore militare è passata in disuso.

Da tempo in disuso, è recentemente entrato a far parte di un elenco di beni proprietà della Cassa Depositi e Prestiti, che intende porlo sul mercato immobiliare.

L’impianto è formato da numerosi corpi di fabbrica, circa 15, per lo più in stato di abbandono e molti dei quali pericolanti, disposti prevalentemente sul confine dell’area quasi a formare un’ampia corte centrale aperta.

Il perimetro è racchiuso da un muro di cinta che circonda l’intera area avente una superficie fondiaria di circa 43500 mq.

10

CHIARA DE GRANDI, MICHELE DEL CONTE., M.ar.di.chi. smart district. Un processo di partecipazione, innovazione

e sviluppo. Propostadi riconversione del Magazzino di Artiglieria e Difesa Chimica di Torino (tesi di laurea),

Torino : Politecnico di Torino, 2016.

Ortofoto dell’area del M.ar.di.chi.

FONTE: https://www.google.it/maps

IN ALTO. L’esterno dei padiglioni “Palmanova” all’interno del complesso M.ar.di.chi.

IN BASSO. L’interno degli edifici abbandonati del complesso Mar. di.chi.

Fotografie di Davide Minervini

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Gli esterni delle palazzine e dei magazzini abbandonati allâ&#x20AC;&#x2122;interno del complesso M.ar.di.chi.

Fotografie di Davide Minervini

vorrebbe innescare per un milione di metri quadri una metamorfosi senza precedenti.

VARIANTE 200

La variante 200 è uno strumento urbanistico, presentato nel 2008 e approvato nel giugno del 2009, che modifica alcune delle indicazioni contenute nel PRG del 1995 adeguandole alle nuove esigenze e potenzialità della città.

La Variante si pone come obbiettivi strategici generali il miglioramento della mobilità e dell’accessibilità a scala cittadina e metropolitana. Carburante dell’intero piano di riforma al piano regolatore è la realizzazione della Linea 2 della metropolitana di Torino, che, assieme alla trasformazione dello Scalo Vanchiglia,

La previsualizzazione digitale dell’area Scalo Vanchiglia dopo la realizzazione del centro commerciale Regaldi.

FONTE: LA STAMPA, 21/10/2015

“La metamorfosi” è proprio il nome del concorso internazionale di idee, indetto dal Comune di Torino nel 2010, al fine di dare forma alla nuova variante.

Da esso vengono individuati 3 ambiti di intervento: la vecchia trincea ferroviaria, compresa tra le vie San Gottardo e Sempione, e le due aree industriali dismesse agli estremi della tratta, Spina 4 e Scalo Vanchiglia.

Si tratta del processo di ricucitura del cosiddetto “trincerone”, sul quale è previsto un parco urbano dalla struttura lineare, di circa 2 km, che collegherà il parco Sempione con la Colletta e fungerà inoltre da cerniere tra le parti di città fin’ora separate dal tracciato ferroviario.

Nel 2011 viene approvato il progetto preliminare del piano e nel 2012 viene indetto un nuovo concorso internazionale

volto a individuare un gruppo di progettazione a cui affidare la realizzazione del masterplan della Variante.

“ToMake!”, formato dalla società torinese Recchi Engineering, studio TRA Architetti, De Architekten Cie, Avalon Real Estate Spa, Mesa Srl, Hines Italia, ManensTifs Spa, Systematica e NCTM studio Legale Associato, disegna un impianto partendo dalla struttura urbana esistente, cercando di rispettarne la viabilità.

Sebbene non preveda una rigida zonizzazione e sia piuttosto flessibile (se non vago) sulle destinazioni funzionali, diventa più restrittivo per quanto riguarda la forma urbana dell’isolato aperto con una grande permeabilità urbana.

La superficie territoriale interessata raggiunge complessivamente circa 1.350.000 m2, di cui circa 880.000 nell’ambito ex Scalo Vanchiglia, per una Superficie Lorda Pavimentata ci 870.000 m2, di cui 560.000 nell’ambito Scalo Vanchiglia.

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Nonostante i principi dichiarati di questa trasformazione siano la creazione di nuovi poli attrattivi urbani ed extraurbani, il miglioramento della qualità architettonica e della mobilità, numerose sono state le critiche mosse al progetto previsto da questa Variante.

La preoccupazione più comune sembra essere quella che alla base della grande trasformazione urbana ci siano interessi di speculazione immobiliare11.

Questa polemica deriva prima di tutto dall’invito rivolto agli operatori interessati a sfruttare la realizzazione della Linea 2 per aumentare il valore degli immobili. Un’altra preoccupazione consistente è quella riguardante la densità con la quale saranno costruite alcune porzioni di territorio.

L’attribuzione degli indici sembra essere costruita in funzione degli obbiettivi economici che la variante intende perseguire, subordinando quindi sia la qualità urbana che la realizzazione dei servizi per la cittadinanza. Infatti c’è il timore che nel progetto sia prioritaria la realizzazione degli insediamenti residenziali e commerciali.

Eppure la popolazione di Torino è in calo da diversi anni12 e il mercato immobiliare si è dimezzato rispetto al 2000 anche se accenna segnali di ripresa13.

Fa discutere inoltre che per la realizzazione del progetto siano state approvate due deroghe per quanto riguarda la distanza minima dal Cimitero Monumentale, portata da 150 m a 100m e approvata dall’ASL, e la concentrazione di centri commerciali.

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11

12

13

LAURA TURBIGLIO, Attori e risorse nella trasformazione urbana: la variante 200 del PRGC di Torino (tesi di laurea), Torino: Politecnico di Torino, 2011.

DIREZIONE SERVIZI CIVICI SERVIZIO STATISTICA E TOPONOMATSTICA (A CURA DI), Annuario Statistico 2015, Torino: Città di Torino, 2015.

CENTROEINAUDI, Diciassettesimo rapporto “Giorgio Rota” su Torino - Appendice. Un esercizio di Cluster analysis, Torino, 2016

Masterplan dell’ambito Scalo Vanchiglia elaborato d al gruppo ToMake per la Variante 200 FONTE: CHIARA DE GRANDI, MICHELE DEL CONTE., Mar.di.chi. smart district. Un

processo di partecipazione, innovazione e sviluppo. Propostadi riconversione del Magazzino di Artiglieria e Difesa Chimica di Torino (tesi di laurea) : Politecnico di Torino, 2016, pp. 55-56.

CRONACAQUI, 18/04/2017

LA STAMPA, 21/10/2015

LA STAMPA, 15/05/2016

PERÃ&#x2019; TORINO, 05/05/2011

79

CAPITOLO 4

IL PROGETTO

Nel disegno del progetto si è dichiaratamente scelto di proporre un modello che fosse esemplificativo di una positiva integrazione tra produzione, lavoro e vissuto urbano.

“Riportare la produzione in città” è diventato quindi uno degli aspetti caratterizzanti il complessivo ridisegno anche funzionale dell’area di progetto.

Per realizzare questo principale obiettivo si sono precedentemente analizzatele criticità legate alla definizione di un Centro di smaltimento dei materiali da costruzione e demolizione e si sono definiti i caratteri vincolanti per lo stesso.

Questi si sono tradotti progressivamente in un disegno urbano e architettonico che permetta l’attività proposta, ma che opponga dei filtri di diversa natura a protezione da una parte della sicurezza e della tranquillità degli utenti delle aree pubbliche, dall’altra degli operatori al lavoro e della praticabilità delle trasformazioni.

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VINCOLI E ALLINEAMENTI I vincoli che hanno condizionato le scelte progettuali sono: - la fascia di rispetto del Cimitero Monumentale - il Centro commerciale in costruzione..

Si considera assieme alla realizzazione del centro commerciale anche il prolungamento della prospicente Via Pacini, che divide l’area di intervento da quella del piano particolareggiato Regaldi.

All’interno di questi limiti si è proceduto inizialmente disegnando una morfologia regolare, caratterizzata da corti aperte verso Via Bologna e verso il Cimitero

Monumentale. Questi segni regolari si deformano all’estremità Nord dell’area di progetto verso l’isolato dell’ex M.ar.di.chi che di conseguenza viene incluso nel ridisegno dell’intera area. La stessa regolarità si interrompe anche verso l’edificio delle ex Poste che, rifunzionalizzato a scopi produttivi, non viene demolito.

Nella fascia di rispetto cimiteriale, inedificabile, che comprende anche l’area del trincerone viene realizzato un nuovo parco urbano lineare che pone in collegamento il Parco della Colletta con il Parco Sempione, così come era stato previsto anche dalla Variante 200.

Infine, nelle aree oggetto di demolizioni edilizie per la realizzazione del prolungamento di Via Regaldi, sono previsti edifici a torre, replicabili anche in tempi successivi, per residenza convenzionata, temporanea e di prima accoglienza.

83

LE PIAZZE DI LAVORO Mentre le piazze per il trattamento dei rifiuti urbani e degli scarti secondari del settore delle Costruzioni sono state collocate nello spazio tra una corte e l’altra del costruito, le aree per il trattamento e la vagliatura degli inerti avevano bisogno di un’accessibilità controllata e privilegiata.

Per questo si è scelto di posizionarle all’estremità Nord dell’area di progetto, facilmente raggiungibile attraverso la riproposizione del collegamento sotterraneo con corso Don Luigi Sturzo.

I due progetti sembrano quindi completarsi a vicenda: da un lato l’indotto occupazionale ed economico

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garantito dal Centro di smaltimento potrà contribuire sensibilmente ai costi di un’infrastruttura di tali dimensioni, dall’altro il nuovo sottopassaggio permetterà il continuo approvvigionamento per la produzione senza che questo gravi sul traffico locale o sulla qualità di vita dei quartieri circostanti.

Viene quindi proposta una viabilità modificata nella quale anche i mezzi pesanti e i camion possano, attraverso il sottopassaggio,raggiungere direttamente le aree del centro città.

Un secondo accesso, pensato per i mezzi che provengono dalla città e che trasportano i rifiuti urbani della raccolta differenziata, viene allineato con l’ideale prolungamento di Via Paganini.

I TERRAZZAMENTI

Il progetto passa poi all’articolazione strutturale della sezione, in questo caso articolata in terrazzamenti, dove le piazze di lavorazione e i laboratori produttivi trovano una localizzazione “protetta” in trincea, al livello ipogeo.

polveri e la propagazione del rumore. Al tempo stesso i terrazzamenti rappresentano una protezione e una copertura per i mezzi e le operazioni della produzione che si svolgono al di sotto.

Il lato chiuso delle corti rivolto verso il centro dell’area viene prolungato fino alla quota delle piazze di lavoro, per poter ospitare operazioni di trattamento dei rifiuti e per essere collegamento con le maniche trasversali che proseguono verso l’esterno dell’area di progetto.

Si aggiunge un elemento a ponte che collega tutti gli edifici e permette la continua fruibilità delle coperture, ora raggiungibili tramite i terrazzamenti del parco.

Sopra le piazze vengono realizzati dei terrazzamenti verdi, fruibili come estensioni trasversali del parco lineare lungo il Corso Regio Parco.

I terrazzamenti e il dislivello perimetrale che si crea tra il piano stradale e le piazze di lavoro, costituiscono un filtro fisico, a protezione degli spazi pubblici, contro le

85

86

IN ALTO. PAUL RUDOLPH, Lower Manhattan Expressway, New York City, Perspective Section, in http://bit.ly/2uA9bPy, 1970.

(Ultima consultazione 10/07/2017) IN BASSO. MAX ABRAMOVITZ, The Panther Hollow Project, in http:// bit.ly/2u30StO, 1962-70

Alcune immagini che sono state di riferimento e suggestione per il disegno di un parco terrazzato su piĂš livelli a copertura degli spazi di lavoro.

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COPERTURE E TERRAPIENI La grande piazza per la lavorazione degli inerti, ribassata rispetto al piano stradale di circa 7 m, viene coperta con una grande piastra sospesa che impedisca completamente la diffusione delle polveri.

Essa diventa ancheEssa diventa anche l’area adatta ad accogliere il campo da calcio Regio Parco, demolito per la realizzazione del prolungamento di Via Regaldi.

Se quindi al di sopra delle aree di lavorazione vengono creati terrazzamenti e gradonature, allo stesso modo all’interno delle corti aperte vengono costruiti terrapieni con i detriti derivati dagli sbancamenti del terreno.

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All’estremità Sud dell’area di progetto, prospicente all’area del centro commerciale,un’altra area a verde, quasi una collina, caratterizza il disegno del parco su più quote e separa il Centro dal centro commerciale e dalle residenze.

Alcuni edifici a corte cambiano forma, si accorciano e adottano funzioni di servizio per il campo da calcio (tribune con spogliatoi) o diventano strutture di raccordo verticale tra le varie quote del parco terrazzato. Altri infine vengono eliminati per lasciare che il parco e il verde divengano protagonisti.

Due progetti che sono stati riferimento e suggestione per lâ&#x20AC;&#x2122;ideazione di una copertura attrezzata a campo sportivo per la piazza di lavoro principale.

IN ALTO: il progetto brasiliano per il Campus Igara; SOTTO: il mercato dei fiori a Pescia del 1948-51.

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LA COLLOCAZIONE DELLE FUNZIONI Le nuove attività individuate dall’analisi territoriale e dal rilievo funzionale trovano forma nel progetto anche secondo una gerarchia di accessibilità.

- Le maniche trasversali sul lato Nord ospitano gli spazi della formazione professionale. Si abbinano a questa funzione gli spazi di co-working e le aule studio che possono essere facilmente raggiungibili dalla Via Regaldi; - le maniche trasversali, più corte, sul fronte Sud, ospitano gli spazi espositivi a servizio delle imprese anche per pubblicizzare la specializzazione raggiunta nel recupero e nel riciclaggio.La loro visibilità viene inoltre garantita dalla fruibilità pubblica delle aree urbane a verde e residenziali create intorno al nuovo Centro di produzione.

- le maniche longitudinali, al centro dell’area, accolgono gli uffici gestionali del centro di smaltimento e, ai livelli più bassi, i laboratori di certificazione e sperimentazione dei materiali, che alla quota delle piazze di lavoro vengono più facilmente movimentati.

Queste aree di lavoro sono accessibili attraverso gli spazi pubblici descritti precedentemente, oltrepassando alcuni filtri amministrativi all’interno degli edifici, oppure dalla quota del piano del lavoro accedendo dagli ingressi a Nord e a Sud,

90

- il centro sociale di aggregazione, il Bunker, demolito dal prolungamento della via Regaldi, viene riproposto e ampliato nell’ex complesso militare M.ar.di.chi, che per caratteri e tipologia è particolarmente adatto ad ospitare attività collettive di quartiere, trasformandolo in un centro culturale con attività ricreative, sportive, di prima formazione.

- l’ex edificio delle poste, recuperato e reso perimetralmente impermeabile, accoglie il centro di Decarbonatazione Anaerobica per il trattamento della componenete organica; - I nuovi edifici a torre previsti all’angolo tra Via Regaldi e Via Paganini, diventano residenze di carattere temporaneo per studenti, con la predisposizione di spazi al piano terra da destinarsi ad uso commerciale.

- i corpi a ponte tra le maniche che collegano gli spazi di formazione, diventano residenza a carattere temporaneo per gli operatori del settore che frequentano i corsi di aggiornamento e/o formazione, -Infine l’impianto si completa con la costruzione di un auditorium chesoddisfi la richiesta di uno spazio per l’autoproduzione di eventi del quartiere, ma che possa anche svolgere il ruolo di sala cinematografica, teatro, punto di aggregazione e ospitare eventi e presentazioni.

Il posizionamento a Sud, smussa la “collina” verde e lo mette in relazione con il centro commerciale da un lato e con i terrazzamenti dall’altro.

1.M.ar.di.chi

12.Auditorium

- ASSOCIAZIONE CULTURALE SPORTIVA “IL BUNKER” - CAMPI SPORTIVI - SPAZI ESPOSITIVI - EVENTI RICREATIVI

13.Parco lineare

2.Ex Palazzo delle Poste

15.Rampe di raccordo

- IMPIANTO DI CARBONIZZAZIONE IDROTERMALE PER IL RECUPERO DELL’ORGANICO IN PELLET - ACCESSO PEDONALE AL CENTRO DI RICICLO - UFFICI E AMMINISTRAZIONE - DEPOSITO MEZZI

16.Canale Regio Parco

14.Collina artificiale (BRIC) 18

1

2 17

17.Parete per arrampicata urbana 3

18.Fermata Linea 2 metropolitana 3.Piazza di Lavoro

13

4

- ACCETTAZIONE E CONTROLLO MERCEOLOGICO - TRATTAMENTI PRELIMINARI E SMISTAMENTO - RECUPERO INERTI E PRODUZIONE AGGREGATI RICICLATI - MESSA IN RISERVA 5 4.Copertura

6

- CAMPO SPORTIVO REGOLAMENTARE - SPOGLIATOI/TRIBUNE - PROTEZIONE DA POLVERE E RUMORE DEL CENTRO

7

10

8 16

11 5.Formazione professionale 9

13

- AULE GRADONATE PER CORSI E CONVEGNI DI SETTORE 15

6.Co-working - SPAZI PER LA PARTECIPAZIONE E L’INCONTRO DEGLI ABITANTI DEL QUARTIERE 7.Aule studio

14 18 12

-SALE PER LO STUDIO DI GRUPPO O INDIVIDUALE 8.Showrooms - PRESIDI ESPOSITIVI PER LE AZIENDE IMPEGNATE NELL’USO DI PRODOTTI RICICLATI PER LA COMUNICAZIONE CON IL PUBBLICO 13 9.Uffici/amministrazione 10.Residenze universitarie 11.Residenze temporanee - CAMERE E SPAZI COMUNI PER CHI FREQUENTI UN CONVEGNO O UN CORSO PROFESSIONALE TENUTO PRESSO IL CENTRO

La collocazione delle funzioni secondo un una gerarchia di acessabilità: all’esterno le funzioni più publicche, all’interno gli spazi produttivi.

NELLA PAGINA SUCCESSIVA. Il disegno dell’impianto di progetto finale comprensivo della viabilità modificata.

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CAPITOLO 5

IL PROGETTO E LA VARIANTE 200 A CONFRONTO Con riferimento alla tavola del Piano Regolatore Generale della Città di Torino aggiornata con l’approvazione della Variante 200, le opere di intervento proposte si collocano all’interno degli ambiti denominati 9.200 REGALDI, 9.208 PONCHIELLI, 9.210 BOLOGNA e 9.211 REGIO PARCO. La superficie territoriale messa in gioco da questi ambiti di trasformazione risulta stimata in 418.559 m2, con un indice territoriale medio pari a 0,7 (SLP/SLT)1.

Le scelte progettuali adottate e gli obbiettivi perseguiti dai due progetti sono evidentemente molto diversi.

9.200 REGALDI Per l’area dell’ambito 9.200 REGALDI, è stato adottato un piano particolareggiato per la realizzazione di un centro commerciale e di torri residenziali di lusso alte fino a 60 m.

La SLP massima realizzabile prevista per l’area è di 88.860 m2, divisi su tre unità di intervento da realizzarsi in fasi successive. A fine 2016 sono cominciate le operazioni preliminari di demolizione dello Scalo Vanchiglia per la realizzazione della prima unità di intervento, comprendente il centro commerciale e le torri residenziali.

Nel progetto di tesi si è dovuto tener conto della realizzazione già in corso del Centro commerciale, pertanto su quest’area sussistono già circa 37.000 m2.

Sulla restante area dell’ambito la destinazione proposta cambia. Al posto della residenza si è prefigurato un auditorium di circa 1500 posti con annessi spazi per il quartiere e locali commerciali capace di relazionarsi tanto con il grande spazio pubblico del centro commerciale quanto con il grande spazio verde su più livelli progettato come filtro con il Centro di smaltimento.

La superficie lorda così generata è molto inferiore a quella disposta dalla Variante 200 (circa 49.000 m2 contro gli 88.000 del Piano), prediligendo la creazione di uno spazio aperto molto caratterizzante il parco lineare e l’installazione di una funzione richiesta dagli abitanti di tutta la zona Nord-Est di Torino.

96

1

ANGELICA CIOCCHETTI, PAOLA VIRANO, ROSA GIRARDI,Variante nr. 200 AL PRG - linea 2 di metropoli tana e quadrante nord-est di Torino, Torino: Città di Torino, 2010.

9.208 PONCHIELLI L’area denominata 9.208 PONCHIELLI, delimitata tra le vie Ponchielli e Paganini e il prolungamento di Via Regaldi, è secondo il piano vigente da destinarsi ad uso Residenza, con la specifica che il 20% della SLP prodotta sia da destinarsi ad Attività di Servizio alle Persone e alle Imprese (ASPI).

9.208

L’indice territoriale fornito dal piano per quest’area è estremamente alto, pari a 1.

Dalla superficie territoriale di 18.945 m2 si genererebbero quindi altrettanti m2 di SLP. La proposta di progetto invece propone tre torri residenziali ma con carattere abitazione temporanea, pensate per studenti fuori sede, con al piano terra spazi liberi per attività commerciali e/o di artigianato.

La densità è più bassa, con la SLP progettata (circa 16.000 m2 compresi anche gli edifici esistenti che si sceglie di non demolire), l’Indice Territoriale scende a 0,85 rispetto a 1,0 previsto dal PIano Regolatore.

9.200

Ortofoto dell’area di progetto con indicato il confine dedegli ambiti 9.200 REGALDI e 9.208 PONCHIELLI.

In coerenza con le scelte del Piano si sono voluti ipotizzare dei percorsi pedonali che rendano l’area permeabile dalla nuova Via Regaldi e attraversabile da Via Ponchielli a Via Paganini.

97

9.210 BOLOGNA L’ambito 9.210 BOLOGNA, coincide con l’ex magazzino militare M.ar.di.chi e le sue pertinenze.

Anche in questo caso il Piano Regolatore prevede la demolizione del Mardichi e la destinazione della SLP ricavata per la maggiorparte a residenza.

L’indice territoriale è più basso rispetto gli altri ambiti (0,7), ma la consistenza architettonica dell’ex magazzino militare è completamente ignorata.

Fatta eccezione per l’edificio all’angolo con via Bologna, vincolato come edificio di interesse storico, per gli altri capannoni viene solo citata la possibilità

di ospitare servizi privati di interesse pubblico.

Fatta sempre salva la realizzazione di almeno (minimo l’80% della SLP) 23.266 m2 di residenza privata.

Oltretutto sull’area vengono fatti atterrare ulteriori 24.063 m2 di SLP dall’ambito 9.212 SEMPIONE, aumentando potenzialmente ulteriormente la quota di residenza costruibile.

La destinazione dell’area secondo l’impianto di progetto è quindi per il 100% della SLP realizzata ( circa 22.400 m2 compresi i capannoni che si sceglie di non demolire) ad ASPI. Anche in questo caso la densità costruita è più bassa: 0,54 contro gli. 0,7 previsti dal PRG.

È evidente come una trasformazione che segua questi canoni stravolga completamente la natura dell’isolato cancellando la memoria storica dei magazzini militari.

Per questo motivo la scelta di progetto, ritenendo il complesso del Mardichi elemento da conservare e riqualificare anche per i suoi peculiari caratteri tipologici e figurativi dei primi del Novecento, trasforma i padiglioni convertendoli a funzioni per associazioni e per attività sportive di quartiere (venendo anche ad ospitare la sede del vicino Centro sociale Bunker oggi a rischio di demolizione per la realizzazione della nuova via Regaldi).

9.210

9.211

98

Ortofoto dell’area di progetto con indicato il confine dedegli ambiti 9.200 REGALDI e 9.208 PONCHIELLI.

Il Piano Regolatore, infatti, deroga per quest’area le costruzioni dall’osservamento dei limiti del Regolamento Edilizio per quanto riguarda l’altezza degli stessi, permettendo la realizzazione di torri residenziali alte fino a 60 m.

9.211 REGIO PARCO L’ambito 9.211 REGIO PARCO rappresenta la Superficie Territoriale maggiore su cui insiste l’intervento di progetto.

239.225 m2 su cui dovrebbero sorgere, secondo il piano regolatore, circa 147.752 m2 di SLP, di cui il 60% destinato a Residenza e il 40% ad ASPI. Data la presenza della fascia di rispetto cimiteriale, già abbassata a 100 m, e la prescrizione di realizzare il parco lineare che colleghi quest’area al parco Sempione, tutta la superficie costruibile si concentra sul fronte della nuova Via Regaldi.

Su questa grande area dello Scalo Vanchiglia si prefigura, nella proposta di progetto, il posizionamento di tutte le aree di lavoro, produzione e delle funzioni di formazione e amministrazione collegate.

La destinazione d’uso corrispondente prevista tra quelle del Piano Regolatore sarebbe quindi la M2: isolati o complessi di edifici a funzione mista con forte presenza di attività produttiva.

La stessa destinazione è stata abbinata ad altre aree interessate dalla Variante 200 perché consente una forte mixitè di utilizzo essendo previste << attività finalizzate

alla ricerca scientifica, tecnologica e industriale, attività commerciali, all’ingrosso e il mantenimento degli usi

residenziali in atto >>2.

In questo caso la superficie generata dalla realizzazione del Centro di Smaltimento così come proposto è molto simile a quella prevista dal piano, circa 146.000 m2.

Bisogna però considerare come la cubatura e l’altezza degli edifici progettati sia considerevolmente inferiore, poiché il progetto proposto si sviluppa per una grande quota della sua estensione al di sotto del parco lineare o al di sotto dei terrazzamenti, pubblici, utilizzati come copertura delle piazze di lavoro.

Un ulteriore differenza è nella viabilità prevista. Il piano Regolatore vorrebbe il prolungamento di Via Cimarosa, mentre per Il Centro di Smaltimento si è preferito procedere con una proposta completamente diversa che si collega con l’idea, abbandonata dalla Variante, di un sottopassaggio che colleghi Corso Regio Parco e Corso Don Luigi Sturzo.

AMBITO

ST (m2)

SLP (m2) VARIANTE 200

SLP BRIC(K)

SLP/ST VARIANTE 200

SLP/ST BRIC(K)

DESTINAZIONE PREVALENTE VARIANTE 200

DESTINAZIONE PREVALENTE BRIC(K)

9.200 REGALDI

118.842

88.860

49.000

0.75

0,55

RESIDENZA

ATTREZZATURE DI INTERESSE GENERALE

9.208 PONCHIELLI

18.945

18.945

16.000

1

0,85

RESIDENZA

RESIDENZA UNIVERSITARIA

9.210 BOLOGNA

41.547

29.083

22.400

0,7

0.54

RESIDENZA

ASPI

9.200 REGIO PARCO

239.225

147.752

146.000

0.6

0.6

RESIDENZA

MISTO M2

418.559

284.640

233.400

0.7

0.5

RESIDENZA

MISTO M2

TOTALE

Tabella riassuntiva delle principali differenze tra le previsioni della Variante 200 e le proposte del progetto BRIC(K)

2

CITTÀ DI TORINO (A CURA DI), Piano Regolatore Generale di Torino Norme Urbanistico Edilizie di Attuazione-Volume 1, Torino: Città di Torino, 2014, p.67.

99

100

La legenda del Piano Regolatore Generale della CittĂ di Torino.

Il PRG della Città di Torino così come si presentava prima della Variante 200. La proposta del sottopassaggio di Corso Don Luigi Sturzo è ancora presente.

SCALA 1:10000

101

102

Il PRG della CittĂ di Torino a seguito dellâ&#x20AC;&#x2122;approvazione della Variante 200.

SCALA 1:10000

9. 210

La rappresentazione del PRG di cui la cittĂ di Torino di doterebbe secondo le scelte intraprese per il progetto BRIC(K).

SCALA 1:10000

103

CAPITOLO 6

ALLA FUNZIONE IL SUO SPAZIO: IL PROGETTO ARCHITETTONICO

un incentivo forte alla sua attuazione. In qualità di accesso principale del centro di smaltimento, si propone di dotare il nuovo sottopassaggio di un’uscita riservata ai mezzi pesanti che conduca direttamente alla piazza di lavoro.

LA NUOVA ACCESSIBILITÀ ALL’AREA: UN MOTIVO NUOVO PER UN’IDEA VECCHIA.

In questo modo, scendendo di quota, ci si troverebbe alla quota del piano del lavoro.

Analizzando i dati relativi alle entrate e alle uscite dal centro di smaltimento ECOPIEMONTE, raccolti nella fase istruttoria del progetto, si può stimare che ogni anno si contino 60.000 viaggi per il trasporto degli inerti.

La realizzazione del sottopassaggio di Corso Don Luigi Sturzo, mai avviata per motivi di fattibilità economica, assume una valenza strategica fondamentale e, quindi,

I mezzi del trasporto privato cittadino, invece, utilizzerebbero l’infrastruttura per entrare o uscire dalla città, utilizzando gli accessi al sottopassaggio creati su Corso Regio Parco e all’altezza dei Giardini del Meisino su Corso Don Luigi Sturzo e percorrendo poi il nuovo tratto di strada di collegamento all’autostrada Torino-Milano, non verrebbero attraversati centri urbani.

e di rallentamento del traffico.

A livello urbano, si modifica la viabilità su Corso Regio Parco, rendendolo a senso unico di percorrenza in direzione Nord, e su Via Regaldi, rendendola a senso unico di percorrenza in direzione Sud. All’uscita del sottopassaggio su Corso Regio Parco si prevede la realizzazione di un parcheggio di interscambio per favorire l’uso dei mezzi pubblici all’interno della città e in particolare della linea 2 della metropolitana di cui si propone una variazione rispetto al progetto preliminare: spostando le fermate previste all’ingresso pedonale del Centro, di fronte all’area dell’ex M.ar.di.chi. e di fronte all’Auditorium in progetto.

La progettazione delle uscite del sottopassaggio per i mezzi pesanti è pensata per mantenere il flusso dei camion sempre sulla destra delle careggiate, evitando immissioni laterali e riducendo così il rischio di incidenti

VIA REGALDI

PARCHEGGIO DI INTERSCAMBIO CORSO REGIO PARCO

SENSO DI PERCORRENZA

108

ACCESSI RISERVATI AI MEZZI DI LAVORO

NUOVE STAZIONI LINEA 2

SOPRA Planimetria dell'area con evidenziata la nuova viabilità in progeto e gli accessi principali all'area.

A LATO. Percorso del nuovo sottopassaggio che collega l’area a Corso Don Luigi Sturzo.

PLANIMETRIA SCALA 1:5000

CORSO DON

CORSO REGIO PARCO

VIA REGALDI

FIUME PO

LUIGI STUR

ZO

deposito temporaneo dei materiali in entrata.

LA PIAZZA DI LAVORO: RIQUALIFICAZIONE E RICICLO

Lo spazio più importante e il cuore del progetto è sicuramente la grande piazza coperta per la frantumazione e il trattamento degli inerti provenienti dai rifiuti del settore delle Costruzioni.

La superficie dedicata alla lavorazione, così come descritta precedentemente, consta di 17.285 m2, comprese le aree di carico e scarico dagli automezzi e il

Valutare precisamente la quantità di materiali trattabili annualmente su questa superficie è complesso e richiederebbe approfondimenti di carattere tecnologico e industriale.

E’ stato comunque possibile trovare un confronto dimensionale ma anche di attività e logistica grazie ai sopralluoghi e alle interviste svolte presso due delle principali aziende piemontesi specializzate in questo tipo di produzione: CAVIT e ECOPIEMONTE. Guardando a quest’ultima in particolare e ipotizzando di dotarsi di un impianto di frantumazione dalle potenzialità almeno equivalenti, compatibile con lo spazio progettato, si può stabilire che in un anno si potrebbero trattare fino a 300.000 tonnellate di macerie provenienti dal mercato edilizio torinese.

Coprendo così il 53% del fabbisogno di smaltimento della città per questi materiali (su una stima di 700.000 tonnellate di scarti del settore edilizio di cui, secondo

le composizioni medie, l’80% composto da inerti trasformabili in aggregati riciclati.).

Nel progetto, inoltre, la superficie utile per la lavorazione è in realtà superiore a quella di CAVIT, anche per garantire, senza ulteriori modifiche all’impianto, la possibilità di un aumento della stessa produzione.

La quota del piano del lavoro è -7,20 m rispetto al livello stradale.

Questo dislivello consente di ottenere un abbattimento del rumore prodotto e di ostacolare la diffusione delle polveri. Inoltre al di sotto della strada, sul fronte Nord come a Sud, sono presenti degli spazi collegati a delle gallerie di servizio che permettono di separare i materiali indesiderati dagli inerti e di trasportarli comodamente tramite mezzi di lavoro alle rispettive piazze di lavorazione.

Gli spazi della formazione: la collaborazione tra ricerca e produzione.

A

A

che servono per soddisfare la domanda prodotta da interventi di costruzione richiedono importanti giacenze.

LE FOSSE DI STOCCAGGIO: LA CAVA SOTTO IL PARCO

Uno dei punti fondamentali emersi emerso durante il confronto con le aziende locali è la capacità di stoccaggio e immagazzinamento dei materiali trattati.

Anche se tra le principali motivazioni che hanno portato all’ipotesi di un Centro di trattamento c’è l’accelerazione e il ravvivamento del mercato dei materiali riciclati, specialmente per l’uso in edilizia, le grandi quantità

Gli spazi ricavati sotto al parco lineare, nella fascia di rispetto cimiteriale, fungono da grandi depositi di stoccaggio. In particolare nello spazio prospicente la piazza di lavoro principale, si propongono delle fosse di raccolta profonde circa 15 m nelle quali i mezzi di lavoro possono facilmente accumulare i prodotti della lavorazione.

Non subendo per definizione alcun tipo di trasformazione fisica, chimica o biologica significativa non vi è nessuna controindicazione a questo tipo di messa in riserva.

Inoltre permette di separare i prodotti in base alle caratteristiche merceologiche. Il sistema di impianti meccanici dei carroponti, posti sopra il livello delle fosse permettono, nel momento dell’evasione di una richiesta di materiale, di raccogliere e trasportare i prodotti all’area riservata al carico sui mezzi di trasporto o alla raccolta

temporanea in attesa di uscire dal Centro.

Le fosse di accumulo, permettono di aumentare notevolmente i volumi accumulabili facilitando anche le operazioni di movimentazione.

Al di sopra delle fosse, che possono contenere circa 88.000 m3, pari approssimativamente a 59.000 tonnellate, passa una strada di collegamento con gli altri magazzini che permette di trasportare fino all’area di carico anche i materiali in essi accumulati.

B

B

0.00

-7.00

0.00

114

Planimetria della piazza di lavoro principale (1,80 m) SCALA 1:1000

4.50

4.50

4.50

4.50

0.00

-7.00

0.00

Planimetria della piazza di lavoro principale (6,50 m) SCALA 1:1000

115

LA COPERTURA ATTREZZATA: L’UTILE E IL DILETTEVOLE

La copertura della piazza di lavoro principale è stata realizzata con lo scopo di contenere la diffusione delle polveri e di proteggere le macchine e gli operatori dalle possibili precipitazioni atmosferiche permettendo una lavorazione continuativa e una qualità maggiore della stessa.

La superficie così generata èsi trova a una quota di 9,00

116

m, in linea con altri livelli del parco terrazzato, e lascia 13 m di spazio libero sopra la piazza di lavoro, circa il doppio di quelli individuati come gli ingombri tipici delle macchine di lavoro.

Per sfruttare ulteriormente la copertura si è voluto renderla una parte fortemente vissuta dello spazio pubblico.

La copertura diventa importante area pubblica del progetto. Viene anche ad accogliere un campo di calcio regolamentare (con le sue strutture di servizio) a sostituzione di quello oggi esistente ai margini di Scalo Vanchiglia destinato a prossima demolizione. Viene così mantenuta e potenziata una funzione sportiva e di aggregazione molto importante per l’intero quartiere.

Inoltre si sono realizzati camini per la ventilazione della sottostante area di lavorazione che divengono strutturali per le tribune del campo da calcio e i relativi spogliatoi e magazzini a servizio della pratica sportiva.

La copertura è raggiungibile tramite i raccordi verticali che servono anche il parco e tramite dei collegamenti longitudinali, costituiti da rampe, là dove si collocano i percorsi che permettono di attraversare l’intero parco attraversando anche gli edifici.

13.50

4.50

0.00

9.00

4.50

-7.00

0.00

Planimetria della copertura della piazza di lavoro principale (15,60 m) SCALA 1:1000

117

I TRATTAMENTI SECONDARI: IL LAVORO SOTTO IL PARCO

I materiali secondari provenienti dagli scarti del settore edilizio vengono avviati a trattamento in piazze di lavorazione sussidiarie del centro. Qui si uniscono ai rifiuti “puliti” provenienti dalla raccolta differenziata della città di Torino per essere sottoposti a quelle operazioni volte a trasformarli in materia prima secondaria. Per alcuni di questi materiali (ad esempio, carta, vetro e

legno) il percorso di recupero può concludersi già nel centro stesso, in seguito vengono direttamente inviati alle imprese dove verranno usati come materia per nuovi prodotti. Si accorcia, quindi, notevolmente la filiera dei rifiuti e si risparmia sui costi ambientali ed economici determinati dai continui trasporti da un centro a un altro.

A questo scopo, nel progetto, le piazze sono disegnate per permettere la comunicazione efficiente tra una lavorazione e l’altra. Il recupero di quegli scarti che si possono generare dalla filiera di un singolo materiale, e che verrebbero normalmente inviati ad altri centri di smaltimento, avviene quindi in loco.

Le piazze si aprono sulla grande strada centrale che attraversa il centro di smaltimento e sono servite anche dalle gallerie laterali e dai magazzini interrati come precedentemente descritto.

La copertura di queste piazze è realizzata mediante dei grandi terrazzamenti verdi che disegnano il caratteristico sviluppo su più livelli del parco.

Tra questi, aperture intervallate all’edificato permettono

visuali privilegiate tra i giardini a verde del parco e le attività che vi si svolgono al di sotto.

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modo agli uffici di affacciarsi sul fronte della trada.

L’INCONTRO TRA I PRINCIPALI ATTORI DELL’ECONOMIA CIRCOLARE

Gli edifici che si affacciano sulla strada centrale che attraversa il piano del lavoro ospitano le funzioni amministrative delle ditte di smaltimento qui operanti.

I piani centrali sono configurati come spazi per uffici con una distribuzione a ballatoio verso il muro controterra, ideata in maniera tale da permettere un passaggio di luce ed aria verso i piani inferiori e permettendo in questo

Il livello più basso, alla quota del piano di lavoro, ospita ampi spazi liberi per laboratori di sperimentazione e certificazione sui materiali, aree peraltro facilmente accessibili dalle piazze.

I piani più alti, invece, sono ad accesso pubblico e ospitano degli spazi per laboratori artigianali di quartiere volti all’autoproduzione e all’autoriparazione di prodotti.

I laboratori sono accessibili tramite le maniche trasversali all’asse longitudinale dell’area di progetto, cui si può accedere dal Corso Regio Parco e dalla Via Regaldi.

La manica più corta, verso Corso Regio Parco, gode di un affaccio privilegiato verso il parco e di una visibilità maggiore. È stata pensata per ospitare spazi espositivi, showrooms, per le aziende che avvieranno collaborazioni lavorative con il Centro di smaltimento.

Esse potranno così pubblicizzare verso un grande pubblico i prodotti, del settore edilizio e non, realizzati con i materiali riciclati dal Centro stesso, promuovendone il

consumo e la conoscenza. Il rapporto aperto con il parco e con il tessuto consolidato della città vuole mettere in comunicazione visiva e spaziale la sfera pubblica e privata del Centro.

Si promuove così, integrandole, l’incontro tra gli attori fondamentali allo sviluppo di una compiuta economia circolare: i produttori di materia prima secondaria, gli utilizzatori e i consumatori.

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DA SINISTRA. Planimetria degli Showrooms per le imprese, delle piazze di lavoro per i trattamenti secondari, dei corpi uffici e delle maniche che includono gli spazi di formazione professionale e le aule per lo studio/il lavoro individuale di quartiere (1,80 m) SCALA 1:1000

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DA SINISTRA. Planimetria degli Showrooms per le imprese, delle piazze di lavoro per i trattamenti secondari, dei corpi uffici e delle maniche che includono gli spazi di formazione professionale e le aule per lo studio/il lavoro individuale di quartiere (6,50 m) SCALA 1:1000

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DA SINISTRA. Planimetria degli Showrooms per le imprese, delle piazze di lavoro per i trattamenti secondari, dei corpi uffici e delle maniche che includono gli spazi di formazione professionale e le aule per lo studio/il lavoro individuale di quartiere (10,80 m) SCALA 1:1000

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DA SINISTRA. Planimetria degli Showrooms per le imprese, delle piazze di lavoro per i trattamenti secondari, dei corpi uffici e delle maniche che includono gli spazi di formazione professionale e le aule per lo studio/il lavoro individuale di quartiere (15,60 m) SCALA 1:1000

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viceversa, di far approdare al centro di smaltimento progressi e innovazioni sul recupero dei rifiuti.

LA FORMAZIONE: COLLABORAZIONE TRA RICERCA E PRODUZIONE

Nella manica trasversale più lunga, verso via Regaldi, gli edifici ospitano aule gradonate per corsi di formazione professionale, rivolti agli operatori del settore impiegati nel centro di smaltimento o in altri centri fuori dalla città di Torino.

Lo scopo è attingere dalla pratica produttiva competenze ed esperienze da condividere tra gli attori del riciclo o,

Al di sotto delle aule gradonate si collocano ampi locali con destinazione funzionale intercambiabile. L’uso può variare da luoghi di incontro per gruppi-studio, che dialogano con il vicino polo scolastico, a spazi per il coworking e lo sviluppo di progetti d’impresa innovativi nel crescente mercato della green-economy.

Per permettere uno scambio prolifico di conoscenze e per rendere il pubblico partecipe e informato sulle attività del centro di smaltimento, viene incentivata la comunicazione tra le parti attraverso una permeabilità visiva tra le diverse funzioni.

Con lo stesso principio sono disegnati i corridoi che attraversano la manica dell’edificio trasversalmente.

Da questi passaggi, che permettono di percorrere il parco longitudinalmente in tutte le sue parti, è sempre possibile osservare quello che succede all’interno degli ambienti di questi edifici, anche se non è possibile

accedervi diretamente.

Nella stessa manica, gli edifici ospitano anche delle aule studio più piccole, pensate per uno la formazione individuale o per la condivisione in piccoli gruppi di lavoro, e sale riunioni ad uso delle ditte operatrici nel Centro o di utenze esterne.

Dalla stessa manica è previsto l’accesso alle residenze temporanee pensate per gli utenti dei corsi di formazione o per gli addetti e i tecnici non residenti a Torino.

Queste residenze possiedono un corridoio riservato che permette di controllare le attività svolte nell’edificio in tutte la parti che attraversa. Infine il corridoio conduce ad una loggia esterna che affaccia sui terrapieni del parco ad uso degli utenti delle residenze.

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dall’interno dei laboratori pubblici o attraversando il parco nella sua lunghezza.

I TERRAPIENI: UN PROGETTO CHE SI COMPLETA CON LA PRODUZIONE

Nelle sezioni dove non sono previste piazze di lavoro coperte, il parco si costruisce nella sua struttura “a livelli” tramite la realizzazione di grandi terrapieni.

Essi hanno una superficie superiore a quella dei terrazzamenti e non avendo limiti strutturali possono ospitare una vegetazione più intensiva. Sono disegnati come giardini segreti a cui si può accedere solo

Su di essi affacciano i prospetti più articolati delle maniche lunghe degli edifici. Tramite una doppia pelle, con funzione di cavedio per la luce e l’aria, e grandi forature, si permette nuovamente una comunicazione visiva, seppur scorciata, tra aree esterne e spazi interni del progetto.

La realizzazione dei terrapieni, come il riempimento dei terrazzamenti o la costruzione della collina artificiale a Sud-Ovest, sarà resa possibile dalla movimentazione della terra in situ, utilizzando quella rimossa dallo scavo della quota di lavoro e,una volta esaurita, dal recupero delle terre di scavo operato dal Centro di smaltimento stesso. La produzione nella prima fase parteciperà come protagonista al completamento del progetto urbano senza dover ricorrere al trasporto di terra da altri siti.

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L’ACCESSO DALLA CITTÀ: LA COMUNICAZIONE TRA LE FILIERE

VIA REGALDI

DEPOSITO TEMPORANEO

AREA DI SMISTAMENTO E PRESELEZIONE

PIAZZA DI LAVORO

ll Centro di smaltimento si conclude con il suo secondo accesso, all’allineamento con il prolungamento dell’asse di Via Paganini.

Su questo asse si è progettata una doppia accessibilità per consentire la discesa e la risalita dei mezzi della nettezza urbana senza manovre di inversione, lasciando la disponibilità della superficie delle piazzette che si generano alle operazioni di preselezione dei rifiuti in entrata.

Qui saranno scaricati gli imballaggi provenienti dalla raccolta differenziata, ma anche i rifiuti delle aree mercatali (ad esempio cassette di plastica o di legno) e i rifiuti ingombranti raccolti dal servizio pubblico, che poi si uniranno agli scarti secondari dei rifiuti da Costruzionee demolizione nelle piazze di lavoro coperte.

Queste aree di smistamento sono delimitate, sui lati trasversali dell’impianto di progetto, da strutture di raccordo verticale e orizzontale di attraversamento del parco costituite da rampe e passerelle aeree.

Sotto di esse, alla quota del piano di lavoro, si ricavano spazi per l’immagazzinamento temporaneo dei materiali in entrata.

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PIAZZA DI LAVORO

AREA DI SMISTAMENTO E PRESELEZIONE

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CORSO REGIO PARCO

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Planimetria dell’area di accesso al Centro dalla città: depositi temporanei dei materiali in ingresso e rampe di raccordo al parco (1,80 m) SCALA 1:1000

IL TRATTAMENTO DELL’ORGANICO: LA SIMBIOSI CON IL CENTRO E IL VIVAIO

Conservare l?Ex Palazzo delle Poste di Via Claudio Monteverdi è stato congeniale per collocare al suo interno un impianto di Carbonizzazione Idrotermale.

Lo spazio che l’edificio in stato di abbandono mette a disposizione è paragonabile a quello utilizzato dall’impianto pilota di Capannori, anche in quel caso si parlava del recupero di un edificio dismesso e poi recuperato di dimensioni contenute, circa 5.000 m2.

Si ipotizza di ripristinare l’involucro esterno delle Poste, con una struttura in acciaio, con dei tamponamenti tecnologicamente idonei al contenimento degli odori anche se questi sono, come visto in fase istruttoria, pressoché nulli in un impianto di questo tipo.

Il progetto di riuso e rifunzionalizzazione prevede aperture zenitali per l’illuminazione interna e sistemi meccanici di ventilazione. La superficie di tamponamento esterno (priva di aperture) cosi creata, verso il lato del parco lineare, diventa un muro imponente che emerge tra le alberature del parco.

Non prevedendo, per l’impianto di Carbonizzazione, alcuna accessibilità dal fronte del parco, la parete piena diventa palestra a cielo aperto per l’arrampicata in città, non diversamente da quanto

sperimentato a Copenaghen per il progetto Copenhill.

della sabbia generata dal processo di Carbonizzazione come aggregato fine o come riempimento.

Sull’altro fronte dell’edificio si genera uno spazio aperto che funge da accesso, per i mezzi di trasporto dei rifiuti organici, dal livello della strada.

Un impianto di circa 5000 m2 potrebbe trattare fino a 60.000 tonnellate l’anno di frazione organiza, coprendo completamente il fabbisogno della città di Torino per questa frazione (circa 46.000 tonnellate l’anno1) e riportando in provincia il trattamento di circa il 70% dei rifiuti organici che ad oggi vengono spediti fuori dalla Città Metropolitana di Torino.

Gli edifici di tre piani costruiti su questo spazio accolgono uffici amministrativi e sportelli informativi per i cittadini e l’accesso pedonale al Centro di smaltimento.

Sulla Via Claudio Monteverdi si propone la realizzazione di un’uscita della LINEA2 della Metropolitana, che verrebbe utilizzata tanto dagli operatori del Centro di smaltimento (con ingresso adiacente alla fermata), quanto dai visitatori e dagli utenti dell’area dell’ex Magazzino militare M.ar.di.chi, anch’esso oggetto di riqualificazione a centro culturale all’interno del piano urbano.

In quest’area è possibile anche per il cittadino, come in un Ecocentro AMIAT, portare i propri rifiuti ingombranti o non raccolti tramite la differenziata.

Tre montacarichi pongono in comunicazione questo impianto con la quota del piano di lavoro, a cui giungono anche gli scarti recuperabili estratti dai rifiuti organici e la componente di sabbia che si produce dal processo di carbonizzazione idrotermale.

Questo impianto e questo processo si alimenterebbero parzialmente anche grazie ad attività integrative con il Vivaio Comunale, con il quale ci potrebbe essere fin da subito una simbiosi funzionale.

Se infatti il centro di Carbonizzazione potrebbe fornire al Vivaio l’acqua fertilizzante per i 63.700 m2 di coltivazione , allo stesso modo quest’ultimo potrebbe garantire gli stralci e le potature che rientrano nel processo di produzione del bio-carburante.

Anche i laboratori di sperimentazione sugli inerti potrebbero verificare e certificare, dalle prime fasi, l’uso 1

EDO RONCHI, MARIA LETIZIA NEPI, L’Italia del riciclo 2015, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - FISE UNIRE Unione Nazionale Imprese Recupero, 2015.

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ACCESSO ALLA STAZIONE DELLA METROPOLITANA VIA REGALDI

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L’AUDITORIUM

L’auditorium disegnato a confine con l’isolato del piano particolareggiato Regaldi, su cui si considerano realizzati il Centro commerciale (oggi in costruzione) e le residenze di lusso, è progettato con una doppia accessibilità.

Da una parte l’ingresso principale che si apre sul prolungamento di Via Giovanni Pacini, dall’altra l’ampio locale bar/ristorazione che si apre sul livello più alto della collina artificiale.

Da entrambi gli accessi è possibile raggiungere e fruire di tutte le funzioni dell’edificio, quali le sale prove al piano terra e l’ampia sala per conferenze ed eventi., capace di ospitare circa 1.500 persone.

L’auditorium, che può ospitare competizioni, spettacoli teatrali e/o cinematografici, presentazioni e dibattiti, vuole sopperire alla mancanza di una attività così importante in tutta l’attuale area Nord di Torino.

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IN ALTO: Planimetria della hall di ingresso dellâ&#x20AC;&#x2122;auditorium. (1,80 m) SCALA 1:1000 IN BASSO: Planimetria della zona ristoro dellâ&#x20AC;&#x2122;auditorium (20,10 m) SCALA 1:1000

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LA RESIDENZA TEMPORANEA L’area di progetto si trova sull’asse di collegamento di due poli di distaccamento universitario della città di Torino: il Campus Einaudi e la Manifattura Tabacchi, dismessa da alcuni anni e in previsione futura sede di un disctaccamento dell’Università degli Studi di Torino .

La presenza della LINEA2 della Metropolitana ha rafforzato la scelta di posizionare le torri residenziali, in gran parte destinate ad abitazioni studentesche, all’angolo tra le vie Regaldi e Paganini, tre torri residenziali con carattere di abitazione temporanea per studenti.

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L’edificio a torre sorge su una piastra di collegamento, che ospita al di sotto funzioni commerciali e di servizio come asili di quartiere, bar, ristoranti.

L’accesso alla copertura di questa piastra è aperto e condiviso tra gli utenti di tutte e tre le residenze.

L’offerta abitativa per ogni torre consta di 31 camere doppie di 18 m2 con annesso bagno privato, 2 cucine comuni su due livelli di circa 54 m2, 1 lavanderia/stireria di circa 40 m2 e aree per l’incontro e lo svago per una somma di circa 500 m2.

Inoltre sono presenti tipologie abitative differenti per gli ultimi tre piani fuori terra, appartamenti per più studenti dotati di servizi e cucina interni, che consistono in sei bilocali per due persone da 48 m2, tre quadrilocali per 4 persone da 85 m2 e due duplex di 60 m2 per due persone.

L’accessibilità è garantita anche in copertura, alla quota di 48 m.

Il primo piano sopra la piastra potrebbe ospitare attività ricreative e per il tempo libero. Il decimo piano fuori terra fuori terra, con una struttura a doppia altezza potrebbe ospitare una piccola palestra oppure uno spazio per l’autoproduzione di eventi, la proiezione di film o le riunioni tra studenti.

PIANTA PIANO TREDICESIMO (44,65 m)

PIANTA PIANO DODICESIMO (41,65 m)

salotto/ cucina

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PIANTA PIANO DECIMO (33,65 m)

PIANTA PIANO NONO (30,25 m)

PIANTA PIANO OTTAVO (27,65 m)

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PIANTA PIANO SESTO (21,25 m)

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sala da pranzo

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cucina/ sala da pranzo

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PIANTA PIANO SETTIMO (24,25 m)

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PIANTA PIANO QUARTO/TERZO (12,25 m)

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Planimetrie ddegli edifici a torre previsti tra Via Regaldi e Via Paganini.

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IL PARCO TERRAZZATO L’elemento che maggiormente caratterizza il progetto del nuovo parco lineare è la sua struttura terrazzata a verde.

Come già visto, terrazzamenti, terrapieni e una collina artificiale creano per l’area più interna dell’impianto di progetto una struttura su più livelli che si eleva fino alla quota delle coperture degli edifici.

Queste sono percorribili e diventano estensione naturale dello spazio pubblico. In questo modo quasi il 100% della superficie dell’area di progetto è utilizzabile liberamente come parco lineare che si collega con i parchi esistenti della Colletta e Sempione.

L’accessibilità ai vari livelli è diversamente garantita tramite scale, rampe e ascensori esterni, ma anche gli edifici stessi, nelle maniche accessibili al pubblico, permettono di raggiungere le quote del paco con ascensori e vani scale interni.

La percorribilità lungo l’asse maggiore del parco è stata ritenuta molto importante garantita da corridori urbani che attraversano anche gli edifici a livelli più bassi rispetto quello di copertura. L’attraversamento di questi corridori permette singolari percezioni o visuali delle funzioni interne degli edifici e delle aree di lavoro.

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Grazie alla struttura del parco si possono ammirare dall’alto i quartieri dell’area Nord di Torino: sia verso la Dora sia oltre il muro del Cimitero Monumentale, prima percepito come limite urbano. La valorizzazione delle visuali verso la collina e sulla città era anche uno delle condizioni previste dalla Variante 200.

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IN ALTO: Planimetria del parco terrazzato (6,50 m) IN BASSO: Planimetria del parco terrazzato (10,80 m)

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Infine lungo Corso Regio Parco si è deciso di ripristinare e scoprire il canale del Regio Parco, importante esempio dell’opera di canalizzazione della Torino paleoindustriale2, che ancora esiste e si può facilmente riconoscere percorrendo il Corso Regio Parco verso il centro della città.

SPORT E TEMPO LIBERO NELL’EX M.AR.DI.CHI

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Il progetto prevede anche la trasformazione dell’ex magazzino militare Mar.di.chi. in un centro culturale e sociale per lo sport e il tempo libero.

L’auspicio è che l’associazione “IL BUNKER” già presente nella vicina area di Scalo Vanchiglia, che a causa del prolungamento di Via Regaldi in costruzione rischia la chiusura, possa trasferirsi in questa nuova sede continuando a fornire attività per lo sport, per la musica e l’arte.

Viene proposta la costruzione di alcuni nuovi edifici per attività espositive che partecipino all’intero progetto di riqualificazione, servite dalla fermata della LINEA2 della Metropolitana ipotizzata sull’attuale Via Claudio Monteverdi, tra l’area del Mar.di.chi e gli edifici d’ingresso pedonale del Centro di smaltimento.

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POLITECNICO DI TORINO, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Torino: Società degli ingegneri e degli architetti in Torino, 1984.

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IN ALTO: Planimetria del parco terrazzato (15,60 m) IN BASSO: Planimetria del parco terrazzato (20,10 m)

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MODELLO DI STUDIO

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CONCLUSIONI

BRIC(K): UNA SOSTENIBILITÃ&#x20AC; OLTRE LE APPARENZE

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è un progetto forse ambizioso, anche se il contesto europeo e nazionale, come si è cercato di dimostrare, è già avviato verso una conversione vantaggiosa ad un modello economico circolare.

L’Italia, paese povero di risorse naturali, ha da sempre portanto avanti politiche virtuose di riciclo e recupero, ma non è riuscita a compiere quel passo avanti che alcuni altri stati europei hanno già fatto: trattare il problema dei rifiuti su grande scala.

BRIC(K)

Un Centro di riciclaggio come quello proposto è prima di tutto un piano a lungo termine.

Un investimento sulla città, i suoi cittadini e il lavoro che sicuramente porterà anche allo sviluppo di un indotto locale e a una rinascita economica del Quartiere Barriera di Milano fondata su basi durature.

Ma potrebbe diventare anche un modello di riferimento per le altre città, dimostrativo di quanto, attraverso un progetto urbano integrato, si possano ottenere vantaggi su larga scala e su lungo periodo.

Ne è un esempio la viabilità proposta per l’area di progetto: un collegamento sotterraneo con la tangenziale Nord di Torino (a lungo immaginato, ma sempre rimandato).

Un Centro produttivo che sfrutta efficacemente il collegamento con le realtà extra urbane e permette così la realizzazione di un’infrastruttura molto vantaggiosa anche per la mobilità interurbana.

BRIC(K)

èuna parte di città, un parco, un centro polifunzionale e di incontro. É un grande attrattore non solo per lo sviluppo economico del settore, ma per un cambiamento culturale e percettivo da parte della popolazione riguardo il concetto stesso di rifiuto.

Ce lo chiede l’Europa in fondo, anche attraverso i recenti cambiamenti del lessico normativo.

L’introduzione dell’End of Waste infatti non è solo un passo burocratico per agevolare la crescita delle imprese

attive nel settore, ma anche un modo per cambiare la percezione sui materiali riciclati.

Non sono più rifiuti, non sono più secondari alla materia vergine; tornano semplicemente a essere materiali con la stessa qualità originale.

Avvicinare fisicamente il grande pubblico a quegli imprenditori piccoli e medi che già oggi operano virtuosamente in attività di recupero di materia o utilizzano materiali riciclati per la produzione di beni di consumo, oltre a essere un modo per sensibilizzare il consumatore, aiuta la formazione di un mercato favorevole che superi le attuali criticità.

Il modello proposto: - accorcia inoltre la filiera dei rifiuti, abbattendo le emissioni di CO2 e riducendo i costi del trattamento; - garantisce la formazione degli operatori del settore e favorisce lo sviluppo di pratiche sempre più efficaci di recupero.

- si pone come un grande centro di riferimento anche per la realtà attuale che cerca visibilità.

BRIC(K) è anche un centro di sperimentazione “sostenibile”, non solo perchè integrato con il parco urbano o perchè si occupa di riciclaggio, ma soprattutto perchè propone un piano vantaggioso di riorganizzazione di un settore sottovalutato.

Cerca di regolarizzare i diversi passaggi di una filiera che manca di un’organizzazione sovraordinata, soprattutto per i rifiuti da Costruzione e Demolizione, cercando di colmare le mancanze e avviando al meglio la trasformazione di un recupero già efficace, in un sistema più efficiente, privo di sprechi economici e di materia.

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RINGRAZIAMENTI

Un profondo e doveroso ringraziamento va alla Prof.ssa Gentucca Canella per essere strata la prima e l’ultima figura di riferimento nel mio percorso formativo universitario.

Lo sviluppo di questo progetto di tesi è stato sotto molti punti di vista lungo e logorante, ma, indubbiamente, fonte di grandi gratificazioni.

Ringrazio il Prof. Bruno Bianco per aver prestato il suo tempo, la sua collaborazione e la sua conoscenza di Torino e dei progetti per la Città.

Infine ringrazio l’ing. Elena Hartog, di ECOPIEMONTE, e il vicepresidente di ANPAR, Carlo Colombino, per aver gentilmente risposto alla mia richiesta di informazioni, avermi guidato nella comprensione del mercato dei rifiuti e avermi permesso di visitare le due aziende di cui si parla in un capitolo di questa tesi.

Davide Minervini

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