I SUOI PRIMI 70 ANNI, O QUASI … INTRVISTA A ELISABETTA MARCIGLIANO
A guardarlo non si direbbe proprio ma se li porta proprio bene questi 70 anni il nostro giornalino. Sembra proprio che ci possa parlare e dire, guardandoci negli occhi: “Eh sono vecchio, ma 70 anni non direi proprio!”. Infatti, a voler essere precisi, il giornalino ha iniziato a essere pubblicato in due tempi diversi. Il primo momento risale al 1949 quando era pubblicato in ciclostile dalla sola sezione D, per iniziativa della prof.ssa Finotti Francia. Solo a partire dall’anno scolastico 1951-1952 diventa giornalino d’istituto. La finalità di coinvolgere le studentesse e gli studenti, scrivendo articoli di attualità, poesie, racconti di viaggio e di finzione, piacque tanto alla preside dell’epoca, A. Melloni, che finanziò il giornalino come progetto d’istituto. Nel corso degli anni è stato più volte premiato dall’Ordine dei Giornalisti di Roma, distinguendosi tra altri mille partecipanti come miglior giornalino scolastico d’Italia. Fino agli anni 80, il giornalino veniva pubblicato anche due o tre volte all’anno. Quando in prima abbiamo scritto i primi articoli peril giornalino eravamo davvero emozionati. L’idea di essere letti datutti gli studenti dell’istituto, dai genitori, ci faceva sentire orgogliosi. Ogni parola prima di essere scritta era rivista di continuo. E anche adesso che ci troviamo qui a raccontarvi questa breve storia del nostro giornalino, lavorando come una piccola redazione di giornale, discutendo insieme le parole da utilizzare, proponendo in libertà le idee che ognuno ha in merito all’articolo, ci sentiamo dei veri e propri giornalisti in erba. E un vero articolo giornalistico non può essere tale senza un’intervista. Per l’occasione abbiamo intervistato la sig.ra Elisabetta Marcigliano, ex alunna della Tasso, che ha svolto una preziosa attività di archivio per scoprire e recuperare tutte le edizioni del nostro giornalino, dal 1949 a oggi.
Alcune di esse sono state recuperate anche grazie alla collaborazione della Prof.ssa Nilda Lizzano, ex docente della Tasso, e curatrice, per diversi anni, della redazione del nostro giornalino.
Giovedì 11 Aprile, con l'aiuto del prof. Abate, abbiamo intervistato la sig.ra Marcigliano. L'intervista ha avuto luogo nell'ufficio della Dirigente, dove la signora ci stava aspettando mentre riordinava alcuni giornalini in un raccoglitore. Ci ha accolti in modo molto gentile, cosa che ci ha aiutato ad attenuare la tensione e così abbiamo subito iniziato a porgerle le domande che avevamo preparato.
Perché ha deciso di impegnarsi in questa ricerca?
Perché ho frequentato anch'io la Torquato Tasso e i miei fratelli ed io abbiamo scritto sul giornalino. Per questo ho deciso che sarebbe stata una buona idea ricostituire tutto l'archivio e festeggiare i settant'anni del giornalino.
Come e quando nasce il giornalino?
Nasce nel 1949 come progetto della sezione D, poi nel 1951 diventa giornalino scolastico, grazie alla prof.ssa A. Melloni, che allora era la dirigente scolastica.
Qual è lo scopo del giornalino, secondo lei?
Per me è dare ai ragazzi la possibilità di potersi esprimere e poter capire come è fatto un giornale, ma anche per divulgare le iniziative e le attività svolte dalla scuola, dato che il giornalino viene acquistato e letto anche all'esterno dell'ambiente scolastico.
Sa perché è stato scelto il nome “Dal Buco della Serratura” per il giornalino? Purtroppo no. Ho anche cercato chi ha disegnato il logo del giornalino, ma non sono riuscita a trovare informazioni a tal riguardo.
Quando frequentava la Tasso, quante uscite aveva il giornalino?
Mi pare fosse trimestrale o a volte anche quadrimestrale.
Si ricorda, all'uscita del giornalino, quali erano le emozioni provate da lei e dagli altri studenti?
Beh, era di certo molto bello avere la consapevolezza che il tuo articolo fosse stato scelto dalle professoresse ed era di certo una forte emozione vederlo stampato tra le pagine del giornalino, con la tua firma sotto.
Chi sceglieva gli articoli da pubblicare sul giornalino?
Come ora, c'era una piccola redazione formata da professori, ma anche da ragazzi.
Quali sono i giornali recuperati? Ci sono anni persi?
Sono riuscita a recuperare quasi tutto. Manca inspiegabilmente il 1995, per il resto penso di averli recuperati tutti dal 1951 ad oggi.
Come ha fatto a recuperare i giornalini più vecchi?
Allora, per prima cosa nell'archivio della Tasso c'era qualcosa, in secondo luogo abbiamo trovato alcune edizioni presso la biblioteca Ariostea. Abbiamo trovato, poi, due raccolte alla Boiardo, perché c'è stato un periodo in cui la Tasso e la Boiardo erano unificate. Pensa che sarebbe un'abitudine da riprendere quella di consegnare ogni anno una copia del giornalino alla biblioteca Ariostea?
In realtà c'è un obbligo che dice che la scuola dovrebbe consegnare alla biblioteca una copia ogni anno. Infatti ho già un elenco di edizioni da poter consegnare in biblioteca. In Ariostea ho trovato una trentina circa di giornali che qui non c'erano. Questo lavoro l'ha svolto solo lei o ha avuto l'aiuto di altre persone?
Il lavoro di archiviare e radunare i giornalini l'ho fatto io, anche se ovviamente la dirigente Bazzanini si è interessata molto, contattando la Biblioteca Ariostea, la dirigente della scuola Boiardo, e svolgendo anch'essa ricerche.
Classe II D ANNO LXX - 2019
LA STORIA DELL’AGO DA CUCIRE
FELICITÀ
Uno spazio, un breve attimo la vita, qualcosa tra la realtà e la fantasia, che si nasconde anche quando non lo vuoi, conosciuta da pochi.
Elisabetta Marcigliano, III B
ANNO XXX - 1979
Io, creata per essere me stessa, viva, poi morta.
Elisabetta Marcigliano, III B
ANNO XXX - 1979
C’ERA UN CIRCO C’era un circo, una volta. Era grande, c’era gente, e si amava, era il mondo, ora, non c’è più.
Elisabetta Marcigliano, III B
ANNO XXX - 1979
IL PAGLIACCIO
A volte il pagliaccio non è l’ometto buffo che vediamo nella pista del grande circo, ma spesso i pagliacci siamo noi stessi che cerchiamo di renderci famosi, importanti e invece siamo soltanto buffi.
Barbara Gollini, I B ANNO XXX - 1979
L’origine dell’ago è molto antica e si perde nell’oscurità dei tempi. I popoli dell’età primitiva, in mancanza di veri propri aghi utilizzavano ciò che la natura offriva loro. Staccavano sottilissimi rami degli alberi e ne facevano minuscoli bastoncini che servivano loro per congiungere le pelli che erano utilizzate come vestiti; prendevano anche le ossa degli animali uccisi e le spaccavano riducendole in piccoli frammenti, per lo stesso uso. La vera produzione degli aghi non fu possibile che nel secolo XIV. Secondo alcuni essa ebbe origine in Occidente e principalmente in Germania. Tuttavia la formazione dell’ago, non era conosciuta: se ne appiattiva la testa a colpi di martello, si apriva in mezzo e quindi si riunivano di nuovo le estremità in modo da formare la cruna. Verso il secolo XVI l’industria passò anche in Francia e in Inghilterra. I fabbricanti inglesi col tempo rifornirono il mondo di aghi e solo in tempi recenti i fabbricanti francesi e tedeschi scesero a contendere loro il campo con successo. Tuttavia ancora oggi gli abitanti dell’oltre Pacifico e gli eschimesi, usano spina di pesce.
Quando consideriamo la semplicità, la piccolezza e il minimo prezzo di un ago, siamo naturalmente indotti a credere che la fabbricazione di questo piccolo strumento non richieda nè molto lavoro nè operazioni complicate. Esso invece per essere messo in commercio, deve passare per più di 80 mani. Le operazioni infatti che un ago devi subire si possono dividere in cinque distinte fasi. Nella prima, per la produzione degli aghi greggi, le operazioni sono moltissime e di esse alcune elementari come quella della scelta dei fili e del loro disporli in matasse e tagliarli in misure stabilite, altre delicatissime come il rammollimento degli aghi già ormai tagliati per tagliare la cruna e rifinirla. La seconda fase è tutta dedicata alla tempera e alla ricottura degli aghi greggi; la terza alla pulitura, operazione lentissima a cui però sono sottoposti i pacchetti di aghi che ne contengono fino a mezzo milione ciascuno; la quarta e la quinta infine alla confezione.
R. Boeris e M. De Candia, II D
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INTERVISTA A CERVATO
Approfittando della presenza a Ferrara a Cervato, capitano della SPAL, sono andato a casa sua per fare una piccola intervista. Egli ha cortesemente risposto alle nostre domande.
D. – Innanzitutto, cosa pensa della SPAL?
R. – Penso che vada come sempre, col programma di rimanere in serie “A”
D. – Quale pensa che sarà la squadra che vincerà lo scudetto?
R. – Il Milan, o l’Inter, o la Juventus.
D. – Qual è il giocatore spallino che ammira di più?
R. – Per me vanno bene tutti.
D. – Sarebbe contento se suo figlio seguisse la sua carriera?
R. – Sarei contento, ma bisognerebbe che avesse le doti necessarie.
D. – Qual è stata la più bella partita giocata dalla SPAL quest’anno?
R. – Quella con la Roma.
D. – Quante volte, Lei signor Cervato ha giocato in nazionale?
R. – Circa trenta.
D. – Quante partite ha giocato in serie “A”?
R. – Quattrocentocinquanta.
D. – E quanti goal ha fatto?
R. – Una ventina.
D.. – Quale preferisce fra le sue ex squadre?
R. – La fiorentina.
D. – Che cosa pensa dei nuovi acquisti? (Crippa ,Bulli e De Bernardi).
R. – Si stanno inserendo pian piano nella squadra e sono elementi validi. - grazie, e quindi a lei e alla SPAL per quest’annata calcistica. E con queste parole mi concedo. Si è conclusa la mia intervista, che ha dato modo di conservare un poco con uno dei nostri migliori giocatori di calcio. Ringrazio, anche a nome dei miei compagni il signor Cervato, che mi ha dato modo di scrivere quest’articolo per il mio giornalino.
Mauro Malaguti, I B
ANNO XIII - 1963
LA SPAL 110 anni son passati... quando i primi calciatori sono nati! La serie A è arrivata, ben due volte l’hai toccata... già mio nonno l’ha vissuta! E io adesso l’ho conosciuta...
Dalla “C” ti ho visto crescere, è da lì che ti ho seguita... non importa dove andrai l’importante è che ci sarai... io per sempre ci sarò e con il cuore ti seguirò.
S. Bertacchini, A. Rosso, C. Leccese, A. Michelini (III D)
ANNO LXIX - 2018
LA SPAL
È una squadra formidabile: cinque settimane fa spacciata sembrava già, risalì le posizioni, se sono forti quei furboni! Con il presidente Mazza con le squadre avverse spazza con la tattica, si sa, ala qui, mezzala là. E poi c’è l’allenatore che lavora a tutte le ore preparando i giocatori che ormai son sugli allori dei tifosi ferraresi che si sono a volte arresi, se la squadra lor perdeva ed ormai ognuno credea che la Spal ancora ferma in serie “B” Ed invece finì bene, dopo tante e tante pene per la squadra di Ferrara che a ciascuno è tanto cara: c’è Bruschi che è il portiere che poi para quelle “pere” che gli sferra gli attaccanti, molto abili e scattanti, nei modi più impensati.
Mauro Malaguti, II B
ANNO XV- 1965
LETTERA APERTA A PAOLO MAZZA, PRESIDENTE DELLA SPAL
Come capi della tifoseria spallina della scuola Torquato Tasso, a nome di tutti gli alunni sentiamo innanzitutto il dovere di esprimerLe il nostro ringraziamento per la benevolenza che ci ha dimostrato facendoci assistere, quali ospiti, all’incontro di calcio SPALFiorentina. Noi abbiamo cercato in tutti i modi di far sentire il nostro incitamento per le gloriose casacche bianco-azzurre soprattutto nei momenti in cui la squadra ne aveva maggiormente bisogno. Al termine di ogni incontro noi siamo sempre tornati alle nostre case con le bandiere in mano ma senza un filo di voce poiché l’avevamo persa tutta nel sostenere i nostri beniamini. Certamente lei avrà sentito che anche in occasione dell’ultimo incontro di Brescia, la nostra partecipazione è stata abbastanza numerosa anzi ci fa piacere pensare che una piccola parte del merito del successo che ha permesso alla SPAL di rimanere in serie A sia anche nostro. Siamo stati rumorosi il più possibile usando tamburi, campanacci, fischietti, sirene, trombe…Tutto un armamentario che ognuno si è procurato nelle più svariate maniere.
Anche quest’anno la SPAL è rimasta nella massima divisione e per questo ringraziamo tutti i componenti della squadra che hanno lottato fino all’ultimo per ottenere tale scopo, ma il particolare ringraziamo Lei, signor Presidente, che ha diretto la compagine in modo veramente esemplare guidandola a superare difficoltà di ogni genere. Ci auguriamo che in futuro la SPAL dia ai suoi tifosi soddisfazioni sempre maggiori che fin dal prossimo campionato una squadra ringiovanita possa affrontare con successo asperità del torneo.
Patrizio Taddia e Sergio Golinelli, III B ANNO XVI - 1966
CALCIO
Calcio…poche parole, tante azioni. Grandi giocate, grandi emozioni. Quando la palla entra in porta la tifoseria avversaria si rivolta.
Il ruolo più emozionante è sicuramente quello dell’attaccante, per giocare a centrocampo devi essere veloce come un lampo.
Il difensore è un portento e ferma gli avversari in ogni intervento.
Il portiere ogni volta che indossa i propri guanti esegue parate esorbitanti. Quando la partita finisce la squadra vincitrice gioisce. Quando una nazione vince i mondiali la notizia è su tutti i giornali.
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Orlando Benetti, Pier Francesco Buzzoni, Edoardo Nicolai (II B) ANNO LXXIII – 2022
LA SPAL
INTERVISTA A MAURO MALAGUTI
Per scrivere l’articolo sulla SPAL, abbiamo pensato di intervistare un giornalista che da sempre tifa questa squadra e che tuttora si occupa di seguire la SPAL per il Resto del Carlino. La scelta di intervistare Mauro Malaguti è stata ancora più “azzeccata”, perché il giornalista ci ha subito confidato di avere scritto il suo primo articolo proprio sulla SPAL nel giornalino della scuola che, guarda caso, era proprio la scuola media Torquato Tasso. Mauro è stato il primo telecronista della televisione locale “Telestense” e poi si è dedicato alla carta stampata, lavorando per anni come giornalista sportivo della città e poi a tempo pieno alla SPAL.
Cosa significa SPAL?
SPAL vuol dire Società Polisportiva Ars et Labor. Si chiama così perché deriva dalle parole ora et labora dei monaci benedettini, infatti, la Spal è nata in un oratorio dei monaci benedettini che era situato in via Coperta, tra il 1907 e il1913. Quali sono i giocatori della squadra attuale più importanti?
Sono Bonifazi, Meret, Mora, Schiattarella, Giani, Lazzari, Zigoni, Antenucci, Floccari. Come si chiamano il Direttore Sportivo e il proprietario della SPAL?
Il Direttore Sportivo si chiama Davide Ragnati, il Presidente della squadra è Walter Mattioli mentre i proprietari sono i membri della famiglia Colombarini, Quale è stato il miglior piazzamento della SPAL nell’arco della sua lunga storia?
È stato il quinto posto in serie A, nell’anno 1959-60, quando è arrivata dietro ai campioni della Juventus, il Milan, l’Inter e la Fiorentina. Era in serie A dal 1951 ed è rimasta fino al campionato 1963-1964. Retrocessa, è rimasta in serie B un solo campionato per poi tornare nella massima serie fino al campionato 1968-69, dove non è più tornata. Ma nel 1961 la Spal ha anche giocato la finale della Coppa Italia perdendo contro il Napoli 2-1.
Chi è stato il giocatore più forte della SPAL?
Oscar Massei argentino che ha giocato anche in nazionale
Chi è l’allenatore della SPAL?
L’allenatore della SPAL è Leonardo Semplici. Nato nel1967 a Firenze, ha giocato a calcio sempre in squadre minori prima di allenare la SPAL ha sempre allenato squadre di categorie inferiori, a parte le giovanili della Fiorentina.
Chi è stato il miglior presidente della SPAL?
Il miglior presidente della SPAL è stato Paolo Mazza. Parliamo dello stadio, si trova in centro città, è un po’scomodo e anche piccolo ora che la SPAL è in serie B Qualche anno fa si era pensato di cambiare lo stadio perché questo è effettivamente un po’ piccolo, ma i tifosi non hanno voluto, sono affezionati a questo vecchio stadio perché è sempre stato considerato “lo stadio della SPAL”. Una volta si chiamava semplicemente stadio Comunale, ma martedì la società ha deciso di intitolare questo stadio a Paolo Mazza, che è stato il miglior presidente della squadra da sempre Ora che la SPAL è in serie B i costi di gestione sono aumentati. Quali sono gli sponsor della SPAL?
Il principale sponsor è la Vetroresina, che è di proprietà della famiglia Colombarini che possiede altre 2 fabbriche di vetroresina in Brasile e negli Stati Uniti Mauro, cosa apprezzi maggiormente di questa nuova squadra?
La cosa che mi piace di più nella conduzione della nuova società è che si sta aprendo alla città attraverso manifestazioni che avvicinano la squadra alla gente e attraverso iniziative nelle scuole che possono essere uno stimolo per i ragazzi a dedicarsi ad attività sportive”.
Anche noi siamo appassionati di calcio e lo pratichiamo. Saremo sempre tifosi della SPAL e ogni volta che possiamo, andiamo a vederla insieme.
Andrea Leonardi e Filippo Ticchiati, I D ANNO LXVIII – 2017
Il termine razzismo nella sua definizione più semplice si riferisce a un’idea scientificamente errata. In effetti è una corrente di pensiero di alcune persone che discriminano coloro che hanno la carnagione diversa dalla loro, considerandoli partenenti ad una razza inferiore. Nel 1950 l’Unesco pubblica il primo documento che nega ufficialmente la differenza delle razze umane. Nonostante ciò continuano ad esserci atteggiamenti razzisti anche nella vita di tutti i giorni, come è capitato in Puglia (nel Salento) dove un immigrato che lavorava e abitava lì da poco, era stato vittima di insulti razzisti. Anche nel campo dello sport si possono verificare situazioni di questo genere. Come nel caso della partita InterNapoli. Il giocatore partenopeo Koulibaly è stato vittima di cori razzisti da parte della tifoseria di casa. È successo tutto negli ultimi dieci minuti di gioco: Mazzoleni (direttore di gara), ha espulso Koulibaly con un doppio cartellino giallo per fallo ai danni di Politano (giocatore interista), e per questo ci sono state anche le solite proteste contro il direttore di gara. In seguito al primo giallo, cori inadeguati sono partiti dagli spalti dov’erano i tifosi di casa, con anche enormi “BUU” e offese sul colore della pelle del giocatore del Napoli. Koulibaly rendendosi conto che i cori erano contro di lui si è rivolto all’arbitro con un segno di stizza, venendo espulso dal campo di gioco. Terminata la partita, con Inter vincente 1-0, sono ricaduti dei provvedimenti disciplinari sulla tifoseria milanese: divieto di partecipazione alle partite di campionato sia in casa sia in trasferta per due giornate. Per evitare altri episodi di razzismo negli stadi, verranno applicate nuove regole: se prima dell’inizio della gara verrà rivelata la presenza di striscioni o cori discriminatori, il responsabile dell’ordine pubblico ordinerà all’arbitro di non iniziare la partita.
Elisa Maestri e Filippo Ticchiati, III D ANNO LXX - 2019
LETTERA DA UN PAESE IN GUERRA:
UNA PARTITA DI CALCIO. Caro signor Presidente, ho alcune domande da farle a nome di tutti i ragazzi di Aleppo. Lei sa che cosa vuol dire avere un amico di fianco a te e tre secondi dopo vederlo per terra agonizzante? Le sa che cosa vuol dire vedere la casa di fronte alla propria a crollare con decine di persone dentro? Lei sa che cosa vuol dire andare in parrocchia per giocare e non tornare mai più? Lei sa che cosa vuol dire vedere un parente morire con i propri i occhi? E vedere soldati di entrambe le parti morirecome moschesapendo cheungiornosarò uno di loro? Non uscire mai di casa per il terrore dei soldati, combattere senza neanche il motivo del combattimento? Rimanere senza denti a 7 anni? Mangiare una volta sola ogni due giorni? Cosa vuol dire bere acqua così sporca da essere Marrone? In sostanza, lei sa che cosa vuol dire avere PAURA?
Signor Presidente, ora che le ho posto tutte queste domande non mi aspetto una risposta ma un po' di aiuto. Noi di Aleppo non vogliamo parole di compatimento ma un po' di cibo sano, un po' di acqua pulita e, se non si può ottenere la pace, anche solo una tregua, giusto fare una partita a calcio con i militari. Ecco, signor presidente, ci basta una partita a calcio, solo una partita a calcio.
Umberto Rossi, IIIA
ANNO LXVIII - 2017
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MICHELANGELO ANTONIONI
CONVERSAZIONE CON UN GRANDE REGISTA
Leggendo il giornale, apprendo che il regista Antonioni si trova nella nostra città per girare un film, con cui Alida Valli ritorna al cinema. È questo un avvenimento molto raro nella nostra città e poiché tra poco uscirà il nostro giornalino questa novità non deve mancare.
Quindi insieme ad un compagno decido di andare all'albergo San Giorgio per ottenere un intervista col regista Antonioni. Ci troviamo così davanti all'albergo un po' incerti ed emozionati; entrati, ci rivolgiamo al portiere che gentilmente ci presenta il regista. Antonioni ci riceve con cortesia e ci invita a sederci su due poltrone; poi ci rivolgiamo a lui per chiedergli alcune nostre domande sul film che sta girando.
Perché ha scelto proprio Ferrara per realizzare il tuo film?
Perché io stesso sono nativo di Ferrara e sono legato da vari sentimenti. I suoi dintorni sono ideali per girare gli esterni, che vengono realizzati sulle rive del Po, presso i paesi di Occhiobello e Ravalle.
Ci può parlare di Il grido?
Mentre tutti i miei film sono girati in ambiente borghese, questo è girato in ambiente operaio. È soddisfatto dell'interpretazione degli attori? E quali sono?
Gli interpreti principali sono personaggi femminili: Alida Valli, l'interprete indimenticabile di Senso, che ritorna al cinema dopo due anni di assenza, e Betsy Blair, protagonista di Marti. Sono molto soddisfatto della loro interpretazione.
Quali sono i principali film dei diretti?
I vinti, Le amiche, e Cronache di due amori
Qual è stato il suo primo film?
Allora sono entrato nel mondo del cinema con un documentario Gente sul Po; inoltre ho diretto Cronache di due amori
Con questa ultima domanda poniamo fine la nostra intervista, scusandoci con il regista per avergli rubato un'ora che in questo periodo di intenso lavoro avrebbe potuto dedicare al riposo; quindi dopo averlo ringraziato lasciamo l'albergo sperando di esserci comportati come veri giornalisti.
Giampiero
Garutti e
Giampaolo Marcolongo, III G ANNO VI – 1956
INTERVISTA CON MICHELANGELO ANTONIONI
Ho intervistato per lettera lo zio Michelangelo Antonioni, rivolgendogli le seguenti domande
1. Sei veramente triste e pessimista come Giacomo Leopardi?
2. Quando hai incominciato, e come, a sentire inclinazione per il cinema?
3. Pensavi, allora, di poter fare film importanti?
4. Dove prendi i soggetti per i tuoi film?
5. Tra i vari personaggi hai mai incluso quello di un bambino? Se si, ti pare di essere riuscito a comprenderlo ed a farlo apparire vero?
6. I tuoi film avranno ancora come base il concetto della 《incomunicabilità》? Roma, 7 maggio 1963
Cara Elisabella, vorrei sapere prima di tutto una cosa: queste domande sono proprio farina del tuo sacco, o non c'è per caso lo zampino della tua professoressa di lettere? Sono troppo precise, troppo giuste per essere di una bambina. Questa tua professoressa deve essere una signora (o signorina) in gamba. Prima di tutto è una donna moderna, perché accostando me al Leopardi (puoi immaginare quanto la cosa mi lusinga) dimostra di avere capito non solo il Leopardi, ma il cinema, un certo cinema d'oggi, e i problemi morali e spirituali che tratta. E poi dimostra di avere visto bene i miei film.
Cercherò di rispondere a tutte le domande con sincerità, però lasciami mettere le mani avanti: non è sempre facile parlare di sé stessi e giudicarsi; sai Elisabetta, generalmente tocca agli altri farlo, ai critici, ma ci proverò. ***
Sei veramente triste e pessimista come Giacomo Leopardi?
Prima di tutto vuoi sapere se sono un uomo triste e pessimista come Leopardi. Dovrei rispondere: sì e no. Leopardi ha avuto una infanzia è una giovinezza solitarie, io credo essere stato - e Alberto lo sa - un bambino felice, e il ricordo che ho della mia giovinezza a Ferrara è molto bello. L'ambiente e il modo in cui si cresce conta molto nella formazione del carattere. Quando io ho lasciato Ferrara ero un giovane allegro, pieno di energia, di ambizioni e di fiducia nella vita. Mi sono trovato a Roma solo, in un ambiente come quello del cinema che non ha torto viene definito una giungla. Perché, proprio come nella giungla dove le erbe e le piante selvatiche soffocano spesso quelle buone, anche nel cinema le persone che non valgono riescono spesso a farsi luce con la prepotenza, con la disonestà, con la cattiveria, talvolta addirittura con la violenza. Puoi quindi immaginare cosa è stato per me, che uscivo da una famiglia tranquilla, dalla città del 《silenzio》, trovarmi in questo mondo. Roma è una città difficile, chiusa che non accoglie nessuno con simpatia. È una città nemica, che bisogna conquistare. Che brutti giorni ho passato!
Io credo proprio che sia stata questa lotta dura a farmi perdere un po' la fiducia, non nella vita, ma nei miei simili. A Isola armi, insomma. Poi mi sono accadute tante cose, alcune belle, alcune brutte: se oggi sono quello che sono, è perché ho dovuto adattare me stesso, come un pezzo di creta, alle situazioni nelle Però devo anche dire che, se nonostante tutto, ho resistito, ho continuato a lottare e lavorare e insomma a fare certi film, vuol dire che almeno avevo fiducia in me stesso, che è poi anche questo un modo di essere ottimisti. Quanto all'essere triste, no, proprio no, lo escludo. Mi faccio tante risate, quando ne ho l'occasione, che neanche te l'immagini. Tutto questo vale per me come persona. Come autore forse bisognerebbe fare un altro discorso, molto più complicato. Siccome i film che faccio sono assolutamente sinceri- te lo posso assicurare - ciò significa che nella mia testa certi motivi ci sono e vengono fuori mio malgrado. Quando hai incominciato, e come, a sentire inclinazione per il cinema? Ho incominciato a interessarmi al cinema a Ferrara. Il mio migliore amico era Andrea Buzzoni, che aveva una piccola macchina da presa. Un giorno decidemmo di fare un documentariosui malatidi menteeandammoaparlareconl'alloradirettoredelmanicomioprof.Boschi,ilqualefumolto gentileeacconsentìafarcigirarepropriodentroall'Ospedale, con i malati vari. Ricordo il primo e unico giorno di lavorazione. Comincia a disporre i pazzi in una sala, mentre Andrea piazza alcune lampade per illuminare la scena. E io mi rallegra vo, nel constatare che i matti tutto sembravano meno che matti; erano dolcissimi, capivano, ubbidivano, erano Molto educati e addirittura zelanti. Ma non appena si acceso i proiettori, accadde il finimondo. I matti si buttarono per terra urlando o tentando di scappare, e i loro volti che prima mascheravano così bene la pazzia si alteravano in modo veramente pauroso. Una scena sconvolgente. Il prof. Boschi ci spiegò poi che non sopportavano la luce violenta dei proiettori. Insomma, fummo costretti a rinunciare al documentario. Ma, da allora, la passione del cinema non mi ha più lasciato. In seguito ho scritto le critiche cinematografiche sul Corriere Padano, e poi sono venuto a Roma. Pensavi, allora, di poter fare film importanti?
Naturalmente non ci pensavo. Non ci penso nemmeno ora. Dove prendi i soggetti per i tuoi film?
Una volta sola, per il mio quarto film, Le Amiche, trassi il soggetto da un racconto di Pavese. Per gli altri sono partito sempre da soggetti originali. È difficile dire come nasce un'idea. Per noi registi la realtà è come un palcoscenico su cui si svolge uno spettacolo continuato. Osserviamo, guardiamo, e ad un certo momento ci viene in mente una storia. A me almeno succede così.
Tra i vari personaggi hai mai incluso quello di un bambino? Se si, ti pare di essere riuscito a comprenderlo ed a farlo apparire vero?
Sì. Il personaggio principale de Il grido ha una figlia di 6,7 anni. E mi sembra di aver caratterizzato questa bambina, e il suo rapporto con il padre, in modo vero. Anche nel mio prossimo film ci sarà un bambino, e anche se come personaggio non sarà molto importante, la sua presenza determinerà degli eventi importanti per la vicenda che racconto. Sia ben chiaro che io non ho nulla contro i bambini: mi piacciono moltissimo. Se negli altri film non ce ne sono, si tratta di un fatto casuale. Non sempre, negli eventi umani, ci sono di mezzo i bambini.
I tuoi film avranno ancora come base il concetto della incomunicabilità?
Vedi, Elisabetta, i miei film non hanno come base un concetto, ma una vicenda, un nucleo narrativo. È da qui che io prendo le mosse, non da un concetto. Se poi la critica scopre che quella vicenda ha questo o quel significato, e scomoda per precisarlo anche dei termini filosofici, la colpa non è mia. Quello che io cerco di fare, realizzando un film, è raccontare una storia. Siccome queste storie mi vengono in mente guardando la realtà, leggendo dei libri, sfogliando dei giornali, viaggiando, parlando con la gente, a Roma e in altre città, in ogni angolo d'Italia e all'estero, e riflettendo su tutto questo, ritengo che siano storie vere che rispecchiano cioè una certa condizione dell'uomo moderno.
Ed ecco perché i personaggi che preferisco sono persone grandi: sopra i 20 le donne, sopra i 30 gli uomini. Perché è nelle persone grandi che certi problemi diventano urgenti. Per voi bambini la vita praticamente non esiste. Esistete voi, ed è tutto. E qui mi richiamo al Leopardi: stagion lieta è festa》. Che poi anch'io, come Leopardi (ma alla dovuta distanza), mi faccia interprete delle amarezze che vengono dopo, della noia del giorno di festa, diciamo pure dell'incomunicabilità, ciò significa soltanto che per me il cinema è un mezzo con cui comunicare bene o male, con gli altri miei simili. Elisabetta Antonioni, II A ANNO XII – 1963
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IL VALORE DELLA MEMORIA
A scuola abbiamo ascoltato canzoni riguardanti l’argomento e parlato dell’Olocausto. Queste cose ci hanno dato spunto per riflettere su ciò che quelle persone hanno vissuto. Personalmente mi dispiace molto per tutto ciò che hanno dovuto subire e mi fa molto arrabbiare pensare che ancora oggi ci siano in giro persone che credono a ideologie naziste e fasciste e vorrei che fosse possibile una soluzione. Penso, inoltre, che, quando gli ebrei sono stati liberati, non sia stato fatto abbastanza per scusarsi con loro e avrebbero dovuto fare qualcosa di più concreto.
Mattia Andriotto, III C ANNO LXXIII - 2022
A 50 ANNI DA AUSCHWITZ LA SCUOLA RICORDA
Con il film Scindler’s List abbiamo conosciuto la terribile realtà dei lager nazisti.
Viviamo in un momento storico afflitto da tanti mali: droga, disoccupazione, AIDS, problemi ecologici, razzismo… Il cinema ha una funzione qualche volta di denuncia e testimonianza di alcuni di questi mali della società.
Schindler’s List certamente intende attirare la nostra attenzione su uno di questi mali che pareva, dopo la seconda guerra mondiale, non dovesse più riapparire. Purtroppo la gente dimentica anche le più grandi disgrazie della storia; l’egoismo e la paura di che è diverso da noi sono forse alla base della rinascita del nazismo.
In questo film si ha modo di assistere ad alcune vicende raccapriccianti come la separazione nei campi di concentramento, degli uomini delle donne, spesso con la violenza. A me pareva di fare un brutto sogno e che molto di quel film fosse frutto di fantasia; invece era semplice e pura verità. La prova più allarmante della terribile verità di Schindler’s List me l’ha data mio nonno che ha ottant’anni. Lui ha visto con i suoi occhi durante l’ultima guerra mondiale scomparire molti ebrei dalla città, anche i suoi amici. Quando lo ascoltavo, dopo aver visto quel film che mi pareva un incubo, ho sentito che io potrei diventare, come mio nonno lo è stato per me, una futura nonna che conferma ad una nipotina un episodio di razzismo atroce.
Ci sono infatti molti giovani violenti nelle grandi città più che in quelle piccole, che giungono a tentare di bruciare vivi, a volte con successo, neri ed extra europei. Insomma il male dimostrato da quel film e solo addormentato come brace sotto la cenere, dentro di noi, ma non è mai stato estirpato.
Forse il regista (Steven Spielberg) avrà avuto nella sua esistenza qualche cattiva esperienza della violenza umana; mi piacerebbe poter parlare con lui anche perché vorrei chiedergli che cosa significa con precisione aver lasciato a colori solo il cappotto rosso di una bambina mentre tutto il resto del film è in bianco e nero. Ho sentito dire che in bianco e nero sognano gli uomini mentre a colori soltanto noi donne. Forse allora è il modo di sognare maschile che prevale ed è bello pensare che il regista abbia voluto farci partecipi di un suo sogno privato. In fondo il cinema è come certi quadri e certe musiche… molto simili al sogno. E come tutti i sogni può essere dolcissimo o terribile come un incubo.
Laura Lucchetti, III B
ANNO XLVI - 1995
JONA CHE VISSE NELLA BALENA
Il film “Jona che visse nella balena” parladiunbambinoebreodiquattro anni, Jona, che viene deportato in un campo di concentramento insieme a sua madre e a suo padre. La vita nel campo è bruttissima, difficile e molto dura. Jona vive con la madreed è separatodalpadre.Gli ebrei sono costretti a fare lavori di fatica. I bambini dovevano aggiustare le scarpe. Solo il cuoco era buono con i ragazzi e dava loro del cibo di nascosto. I rapporti con gli altri coetanei sono per Jona difficili, tanto che alcuni lo costringono a fare cose brutte che lo possono mettere in difficoltà con le guardie. Un giorno i compagni lo chiudono persino nell’obitorio come prova di coraggio per entrare a far parte del gruppo. Io ho avuto paura che lui morisse saltando fuori dalla finestra.
Le scene più drammatiche sono quella della morte del padre e quella in cui, entrati in treno, Jona assiste al malessere della madre, che si riprende dopo l’arrivo delle truppe sovietiche.
Il film è stato bello ed emozionante. Secondo me è importante che ci sia un giorno all’anno dedicato alla memoria della Shoah per evitare che un pazzo come Hitler un domani faccia qualcosa di simile. Divine Orfure Idewele, I F ANNO LXXIII - 2022
FILM PER RICORDARE LA SHOAH “UN SACCHETTO DI BIGLIE”
I protagonisti del film “Un sacchetto di biglie” sono due fratelli: Joffo di 10 anni e Maurice di 12, costretti a scappare da Parigi dalle persecuzioni razziali perché sono considerati di razza ebrea.
Il film oltre a raccontare il terribile avvento del nazismo, ci dimostra attraverso varie scene il forte legame di fratellanza tra i due protagonisti. Insieme attraversano avventure pericolose e grazie alla loro astuzia riescono a salvarsi. Io credo che non avrei avuto la forza e il coraggio di superare tanti ostacoli, come loro. Fino a quando non si vivono certe situazioni non si può conoscere la nostra reazione, però credo che mi sarei lasciata morire.
L’atteggiamento dei compagni di classe cambia nei loro confronti quando escono le leggi razziali per il semplice motivo che i due fratelli vengono considerati “diversi” e quindi, sottoposti agli insulti e alle discriminazioni.
Purtroppoanchenella miaclassesisonoverificatiepisodididiscriminazione.I motivi, come sempre, sono “banali” come le tendenze sessuali o le difficoltà scolastiche di qualcuno di noi che richiede maggiori attenzioni. Grazie agli interventi degli adulti per fortuna le cose sono migliorate.
Durante la visione del film ci sono state varie scene significative che mi hanno fatto riflettere: tra le tante mi ha colpito quella in cui il protagonista Joffo viene picchiato dal papà perchè impari a nascondere la sua identità.
In questa scena ho provato un senso di ingiustizia subita da Joffo perchè nessuno dovrebbe nascondere la propria identità solo perchè gli altri la trovano sbagliata o non gradita.
Gli aggettivi che ho scelto per descrivere il film sono: significativo: perché il film ha più significati: la fratellanza tra i due protagonisti, la speranza, il coraggio, la paura. reale: perchè è tratto da una storia vera. toccante: perché mi ha fatto provare varie emozioni anche diverse tra loro.
“LA VITA È BELLA”
Oltre al film “Un sacchetto di biglie” mi ha colpito in passato il film: “La vita è bella” di Roberto Benigni, un film molto famoso che ha vinto un premio Oscar, dove il padre per tutelare il figlio durante la vita nel campo di concentramento, trasforma la situazione tragica in un divertente gioco in cui devi rispettare le regole per vincere un carro armato. Un film molto intenso, che spiega il sacrificio del padre per salvare il figlio. Ilcinemaaiuta legenerazionia nondimenticaregliavvenimentianchepiùtragicidella nostra storia.
In concomitanza della Giornata della Memoria vengono trasmessi documentari, film, testimonianze organizzate anche dalle scuole di ogni grado.
Un episodio gravissimo si è verificato il 25 gennaio 2022 nella provincia di Livorno: un ragazzino di 12 anni è stato preso di mira da due ragazze quindicenni che lo hanno preso a sputi, lo hanno ingiuriato e colpito alla testa solo perché ebreo.
Ilpapàdellavittimahadeciso didenunciareiltuttoaicarabinieriancheperchéqualche tempo prima era stato già preso di mira.
Io penso che nonostante le manifestazioni contro l’odio razziale e l’antisemitismo, continui ad esistere questo brutto sentimento: gli ebrei non devono aver paura di esercitare, come tutti, i propri diritti e l’episodio avvenuto nel 2022 è molto grave soprattutto perchè è avvenuto tra adolescenti e questo fa ancora più tristezza e sgomento.
Questo episodio non riguarda solo la famiglia del giovane e la comunità ebraica, ma tutti i cittadini che credono nella democrazia e nella tolleranza.
Secondo me la tragedia dell’Olocausto non va ricordata solo il 27 gennaio perchè è importante ricordare sempre per non commettere gli errori del passato e non diffondere odio.
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Claudia Marraffa, III B ANNO LXXIII - 2022
Emma Fortini, II E - 2022
Agnese Beccari, II E - 2022
Leonardo Benetti, II E - 2022
IL GIORNO DELLA MEMORIA
L’ODIO E L’INDIFFERENZA UCCIDONO PIÙ DELLA GUERRA
Nonostante viviamo in una società evoluta, certi meccanismi di odio e razzismo si ripetono anche ai giorni nostri. Non sono bastate le guerre, i morti, le umiliazioni vissute da chi era semplicemente diverso dalla massa per il colore della pelle o per le proprie idee. Come uomini, avremmo dovuto imparare dai tanti sbagli commessi in passato dai nostri predecessori; invece quell’umanità che dovrebbe far parte di ognuno di noi, spesso viene dimenticata. Così facendo, viene dato spazio all’odio ed all’indifferenza che uccidono più di una guerra, perché vanno a colpire la dignità di una persona. In passato gli Ebrei hanno vissuto l’Olocausto, una vera e propria persecuzione che ha causato 6 milioni di vittime. I neri d’America sono stati vittime di discriminazioni, umiliati, torturati e spesso fatti morire di stenti. In entrambi i casi ha prevalso l’odio da parte di chi non ha avuto l’intelligenza e la sensibilità di capire che non è il diverso colore della pelle o una differente religione a rendere un essere umano peggiore. Purtroppo anche oggi la diversità viene vista in tanti casi come una debolezza, un difetto, una vergogna. Si verificano spesso episodi di violenza nei confronti di omosessuali, la cui unica “colpa” è quella di amare una persona del proprio sesso. Episodi di bullismo nei confronti di ragazzini con qualche difficoltà o semplicemente più fragili sono all’ordine del giorno. Atteggiamenti razzisti nei confronti di extracomunitari avvengono nel quotidiano. Tutto questo avviene perché la diversità viene guardata sempre con diffidenza e paura; c’è ancora molta ignoranza che porta a compiere azioni molto gravi. Avremmo dovuto imparare tanto dagli sbagli commessi in precedenza, invece anziché capire le diversità, ci nascondiamo dietro ad una finta tolleranza. Sarebbe bello poter scrivere: “Oggi molto meglio di ieri”.
Giulia Sarzi Amadè, III C ANNO LXX - 2019
LA RESISTENZA
LA RESISTENZA NEI RICORDI DI CHI HA VISSUTO NEGLI ANNI '40 -'45
Per celebrare il trentennale della Resistenza abbiamo svolto un'inchiesta intervistando persone che, anche se indirettamente, hanno partecipato alle vicende di quegli anni. Abbiamo posto queste domande: "Secondo lei la Resistenza è stata: lotta contro il fascismo, lottacontrolostraniero,portatricedilibertàedemocrazia,ouninutile sacrificio di vite umane?". E ancora: "Lei pensa che per ridare la libertà all'Italia sia stato necessario ricorrere all'uso delle armi?". La collaborazione è stata nel complesso valida, anche se parecchie persone avvicinate si sono rifiutate di rispondere e addirittura ci hanno trattato cortesemente. C'ha stupito un certo atteggiamento di rigore, - di che cosa non si è capito bene -, e una certa reticenza nel rievocare fatti ed episodi di quegli anni lontani. Alcuni intervistati, addirittura, ci hanno chiesto chi ci mandava e non hanno creduto che si trattava semplicemente di un lavoro scolastico. Fortunatamente però altri si sono prestati di buon grado all'intervista e abbiamo potuto attingere notizie e commenti abbastanza chiari e significativi. Alcune risposte sono state alquanto frammentarie; alcune persone, infatti, ci hanno risposto dicendo semplicemente che la resistenza è stato un fatto curioso ed eroico in quanto ha permesso la liberazione dal fascismo e dallo straniero. Altri, invece, hanno affermato che la Resistenza è stata solo un inutile sacrificio di vite umane. La maggioranza però si è dichiarata convinta che è stato giusto e necessario ricorrere all'uso delle armi perché in quel periodo il popolo italiano era veramente soggiogato dal dominio straniero ed è stato inevitabile lo spargimento di sangue. Significativo il fatto che le persone oggi appartenenti a posizioni politiche assai diverse, ci abbiano dato giudizi molto simili. È il caso di un onorevole comunista e di un professionista militante nel partito repubblicano che abbiamo avvicinato. Queste in sintesi le loro osservazioni: "la Resistenza è stato un tentativo coronato da successo, di liberare la patria, che ha portato alla perdita di eroici uomini che hanno versato il loro sangue, cosa che poteva forse essere evitata. La Resistenza armata, tuttavia, non è un fenomeno solamente italiano, ma europeo in quanto tutte le popolazioni oppresse dall'occupazione nazifascista durante la Seconda guerra mondiale, si armarono per riacquistare la libertà dall'invasore. In Italia la resistenza armata può considerarsi come la naturale conseguenza delle lotte che già, durante il periodo mussoliniano, i partiti democratici avevano iniziato, anche se in modo solamente politico e incruento. Insostanza i primi gruppi clandestini si sono formati molto prima del 8 settembre, anzi addirittura agli albori del fascismo quando hanno iniziato la lotta per estirpare le radici tanto in Italia quanto all'estero punto sono stati questi gruppi che hanno permesso, anzi originato, il fenomeno della resistenza e quindi i motivi che hanno spinto i partigiani alla guerriglia e la validità della loro azione sono da ricercare nel periodo precedente l'armistizio, quando le idee dei partigiani erano già radicate. Nella Resistenza quindi il popolo italiano si è battuto non solo per cacciare i tedeschi, ma anche e soprattutto per far cessare il regime dittatoriale. Con la sua partecipazione attiva il nostro popolo ha scritto una bella pagina di eroismo e ha contribuito alla riconquista della democrazia che il fascismo aveva soppresso; inoltre ha facilitato il compito degli alleati, anticipando la fine del conflitto nella penisola, e si è anche riscattato agli occhi degli altri popoli che l'avevano visto a fianco dei nazisti per la prima parte della guerra, seppur come “innaturale alleato".
Attraverso la voce dei nostri interlocutori abbiamo indubbiamente appreso e discusso fatti che prima d’ora non conoscevamo, abbiamo capito quali duri sacrifici abbiano dovuto superare i nostri padri e i nostri nonni ed è come se anche noi, almeno un po’ avessimo partecipato e vissuto quei momenti.
CLASSE I B
ANNO XXVI – 1975
Il senso della guerra è molto chiaro un inutile gioco dal risultato assai amaro. Ogni squadra ha i suoi prigionieri e le persone pervase da tristi pensieri.
Le anime dei bambini urlano per la perdita dei genitori,
LA GUERRA
e un mare di rabbia e rancore invade i loro cuori.
Quanta desolazione e quanta fame dobbiamo ancora sopportare?
Allora cosa vogliamo fare?
Insieme possiamo cambiare!
Stefano Vitalini, III D ANNO LXIX - 2018
IL MONDO CHE VOGLIAMO
Immaginate un mondo senza armi, senza guerre, senza scontri.
Immaginate un mondo di sola pace, senza distinzioni.
Da 29 anni ogni 25 Aprile si ricordano i caduti per la Liberazione d'Italia dal fascismo e dal nazismo. Per questa ricorrenza i professori sono tenuti a spiegare ai giovani loro alunni che cosa fu la Resistenza e quale fu il suo vero significato. Secondo me fu il sacrificio volontario di uomini che amavano la libertà, fatto affinché i lori figli avessero a vivere in un mondo diverso dal loro, dove si doveva condurre una vita di sottomissione ad un partito e a una idea di pochi, perché in realtà quelli che credevano ancora nel fascismo erano ormai pochi. E soli; ci si era accorti che se si fosse continuato così si sarebbe precipitati in un baratro senza fine. La Resistenza fu quindi il risveglio del popolo da un sonno durato troppo a lungo e la presa di coscienza di uomini, che non furono solo intellettuali, ma anche operai, contadini, braccianti, che si sacrificano per il diritto alla libertà di pensiero e di azione. Tanti furono coloro che compirono atti coraggiosi e morirono per un ideale di pace, nella speranza cheillorosacrificiopotesseservireaqualcosa. Ora forse nelle loro tombe sparse per i monti i partigiani hanno la consolazione di aver portato il nostro paese alla democrazia. Tanti sono pure coloro chedevono ringraziare questi martiri sconosciuti e pure noti: perché furono non solo eroi, ma anche e soprattutto uomini e donne senza istruzione, guidati dalla fede nella vittoria finale, che non sarebbe mancata. Tanti furono pure gli eccidi di persone inermi e compiutidaitedeschi,chenonsopportavanola loro tacita protesta; donne, uomini e bambini persero la vita per la follia di un criminale che voleva essere signore del mondo. Le stragi delle Fosse Ardeatine e di Marzabotto dovrebberofar riflettere soprattutto noi giovani, che non abbiamo vissuto questa drammatica esperienza, dovremmo impegnarci perché ciò non accada più e non ci sia più bisogno di morire per la libertà, diritto di tutti gli uomini. Ogni volta che sento rievocare quel tristissimi giorni fremo per la rabbia e mi chiedo perché tutto questo è accaduto. Che cosa sostenne i Partigiani in quella dura lotta contro i Tedeschi, ma anche contro il freddo e la fame? La risposta l'ho trovata nei libri e nei giornaletti: la fede in un giusto ideale e la speranza che un domani la vita sarebbe stata migliore. Nadia Piva, II N ANNO XXV - 1974
Immaginate un mondo in cui ognuno ha il diritto di esprimere la sua opinione, senza che qualcuno ci aggredisca.
Immaginate un mondo dove si possa decidere tutti insieme.
Immaginate un mondo dove non ci sia la fame, senza disuguaglianze, dove ognuno possa realizzare il proprio sogno.
Immaginate un mondo senza paura, dove nessuno ci impedisca di stare insieme.
Immaginate un mondo senza confini, senza barriere e senza muri, dove si rispetti ogni forma di vita e dove l’essere umano rispetti la natura.
Immaginate un mondo dove le persone imparino dai propri errori, dove l’errore non è mai una fine ma un inizio.
Questo è il mondo che noi vogliamo, entrate a farne parte.
Immaginiamo insieme…
Classe II A ANNO LXXIII - 2022
LA GUERRA
Quei poveri, giovani soldati combattono per qualcosa che non sanno, ma sono là, con il fucile in spalla, pronti a morire per un ideale sconosciuto Riccardo Resca, II B ANNO XXV- 1974
8
L’ALLUNAGGIO
- Sai, i racconti di marziani sono quelli che mi piacciono di più
sento dire da un bambino, mentre vado a far a spesa.
- Imarzianidellaluna,vuoidire.Peccatocheessasiainesplorata! –prosegueilsuoamico.
- Come si vede che quei due mocciosi non leggono i giornali e non ascoltano il telegiornale – penso io guardandoli con un’occhiata sprezzante. Infatti, per chi non lo sa, i russi sono riusciti, il 31 gennaio, dopo quattro tentativi falliti, a far approdare un mezzo sulla luna. Esso ha scattato una foto della crosta lunare ogni venti secondi.
Questa missione ha rivelato all’umanità che la crosta lunare è solida e resistente, non polverosa e instabile come molti pensavano.
Questa vittoria dei Russi spronerà gli Americani verso altre e più importanti scoperte.
Così si progredisce, e l’uomo dimostra che la sua mente meravigliosa non si appaga mai delle mete raggiunte: è un susseguirsi continuo di orizzonti sempre più vasti che un tempo sembravano chimere. Giulio Verne nei suoi libri aveva immaginato tutto questo: il giro del ondo in pochi giorni, andare sulla luna, esplorare i fondi marini, ma erano fantasie dello scrittore, ora sono realtà quotidiane.
Ora gli Americani, con i lanci Geminy stanno perfezionando il loro sistema di parcheggio che servirà per i viaggi sulla luna quando dentro il razzo ci sarà l’uomo: nello stesso tempo i Russi progettano di parcheggiare su di un pianeta prima di approdare sulla luna.
Io sono molto fiera di queste fantastiche missioni compiute dagli uomini nello spazio e penso che l’umanità progredirà ancora tanto.
Forse inunfuturo non molto lontano si potrà dire: -Mamma, vado a fare una passeggiata sulla luna, torno fra mezz’ora.Adesso questa frase è uno scherzo ma, forse, fra qualche anno potrà divenire abituale.
Maria
TRE UOMINI IN VIAGGIO VERSO LA LUNA
《 ... cinque, quattro, tre, due, uno, zero ... Sono partiti!》
Ieri, verso le 5 del pomeriggio, dalla base spaziale di Cape Kennedy è partito l'apollo 12 il secondo razzo del progetto Apollo che arriverà sulla luna con uomini a bordo. Mentre il luglio scorso, al primo sbarco dell'uomo sulla luna, si era avuta un’attesa enorme, in giro non si parlava d'altro, questa volta si può dire che siamo partiti in sordina, senza fare tanto scalpore, e ciò significa quanto l'uomo, il mondo, possa assuefarsi a tutto, anche allo sbarco sulla luna, cosa che solo cinquanta anni fa non si sarebbe neppure lontanamente immaginato. I tre astronauti, Conrad, Bean e Gordon, sono da ieri in viaggio verso la luna, verso l'ignoto, poiché, anche se questo è il secondo viaggio che viene fatto, gli astronauti vanno ugualmente verso l'avventura, c'è sempre un margine di rischio, qualcosa che non si può calcolare per cui, in ogni momento, potrebbe accadere l'irreparabile. Partiti ieri verso le 5, ieri sera avevano già abbandonato l'orbita terrestre per dirigersi verso la luna. Questo viaggio durerà 3 giorni, poi entreranno nel orbita lunare. Lì, il "Lem" con a bordo due dei tre astronauti, si staccherà dalla capsula 《Apollo》 e comincerà a scendere verso la luna. 《Allunerà》 ad un centinaio di metri da un altro razzo, mandato sulla Luna anni fa e, i due astronauti, dovranno controllare i dati registrati da quel congegno. Dovranno raccogliere altro materiale lunare che porteranno sulla terra come già fecero Aldrin e Armstrong dello Apollo 11. Complessivamente rimarranno sulla luna per 32 ore. Poi ritorneranno nell'orbita lunare, dove si riagganceranno all'apollo e, insieme, torneranno sulla terra. Questa impresa comporta molto rischio, ogni più piccola manovra deve essere calcolata perfettamente, poiché basterebbe un nulla per mandare tutto a monte, Per far sì che questi uomini non tornano più indietro. Ma l'uomo, per il suo insaziabile desiderio di sapere, tenterà sempre di fare imprese che possono, a volte, rivelarsi più grandi di lui, in cui può anche perdere la vita, ma non importa, avanza sempre, senza voltarsi indietro, verso il futuro. Marco Perale, II F ANNO XIX – 1968
Giovanna
Motta, II A ANNO XVI – 1966
OGGI L'ALLUNAGGIO MORBIDO, E DOMANI?
I motori rombano, il fumo invade la rampa di lancio, il conteggio alla rovescia è giunto al termine: 4, 3, 2, 1, 0. Il missile si alza lasciando dietro di sé la scia infiammata dei retrorazzi.Questa scena, ti ripetuta decine di volte è sempre con molte speranze incuore.
Finalmente, il 3 febbraio 1966 l'allunaggio morbido effettuato sulla superficie lunare della sonda interplanetaria Sovietica Luna Nove ha aperto all'uomo nuovi orizzonti nello spazio.
È senza dubbio difficile farsi un'idea di quel che accadrà domani è l'ambito delle conquiste spaziali. Naturalmente l'uomo dovrà superare non poche difficoltà a, prima di raggiungere il traguardo tanto ambito, ma riuscirà! Nulla e nessuno potranno frenare in lui questa smania di conoscere di apprendere ... E giorno per giorno, la potenza della natura ubbidisce sempre più al volere dell'uomo. Così è stato all'inizio della storia dell'umanità, così sarà sempre.
Le grandi esplorazioni del passato ci dettero notizie di altri popoli, di nuove civiltà. E come la caravella su cui Colombo attraversò per primo l'oceano Atlantico consentì all'umanità di conoscere nuove terre fino allora sconosciute, così la sonda interplanetaria Sovietica Luna Nove atterrando sulla superficie lunare, ha indicato all'umanità che un viaggio dell'uomo sulla luna è possibile. Perciò all'avvenimento del 3 febbraio 1966 può essere considerato l'inizio di una tappa il cui traguardo finale sarà rappresentato dalla completa conquista dell'universo da parte dell'uomo.
Lucio Franceschini e Gaetano Trocini, II I ANNO XVI - 1966
L'APOLLO
Una macchina grandiosa, tanto bella e portentosa, ha portato sulla luna due persone di gran fama. In un viaggio di tre giorni, ha compiuto un giro enorme, mentre qui la gente dorme ... Dalla terra poi vediamo l'astronave che già alluna, e seguiamo con stupore l'avventura al televisore.
Tutto bene sulla luna tutto è pronto per il ritorno noi diciam: Buona fortuna! spero anch'io d'andarci un giorno.
Giancarlo Govoni, I B ANNO XXI - 1969
LA LUNA
Grande, imponente e rotonda la luna ogni ser puntuale appare nel cielo; quando è piena sembra un cocomero, altre volte, una sola fetta. Se la guardiamo attentamente piano piano si allontana. Ha una vita non molto lunga e quando al mattino ci alziamo sembra che non sia mai esistita.
Riccardo Deserti, I G ANNO XXX - 1979
S’innalza la luna nel colmo della notte splende sul nostro capo con quel colore intenso quasi come il suo rivale.
Il SOLE
LUNA, ogni giorno stai all’erta pronta per partire e prendere il posto di tuo fratello, e quando sei in pieno splendore sprigioni la forza dei tuoi raggi che non fanno calore ma illuminano i cuori delle persone che ansiosamente ti aspettano.
Grazie, LUNA !
Francesco Cazzanti, I B ANNO XLVI - 1995
9 LO SPAZIO
–
LA LUNA
Il PRESIDENTE KENNEDY È MORTO
“Il presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy muore in seguito ad un attentato”, questa è la ferale notizia che venerdì scorso i cavi sottomarini e il telegrafo divulgarono in tutto il mondo. Il grande Presidente si spegneva per colpa di un criminale, che trascinato da chissà quali odiosi sentimenti, si abbandonava ad un gesto così folle e terribile. Il mondo intero è in lutto per la scomparsa di Kennedy e gli uomini di tutte le nazioni comprendono quale grande perdita sia stata per l’umanità. Era un uomo che aveva dedicato tutta la sua vita a fare del bene al suo popolo e al mondo intero, il resto, lo svolgersi dell’omicidio, è cosa di cronaca. A noi basta sapere che ovunque Kennedy aveva cercato di unificare e di avvicinare i popoli e di togliere loro tutti i pregiudizi che non permettono nel campo del progresso; ma soprattutto cercò di portare la pace intutti i continenti. Se si dovesse dedicargli una epigrafe che riunisse tutta la sua immensa opera si dovrebbe scrivere: “Per me non esistono razze, per me esiste solo un’umanità bisognosa di pace, che permetta di trovare la via del progresso e della fiducia del domani”. E infatti Kennedy superò molte di queste difficoltà e forse, se avesse raggiunto quella meta che tutti sognano. Aveva decisamente combattuto l’odio razziale degli Stati del Sud, con la sua personalità aveva conquistato lo stesso Kruscev, aveva valicato oceani e montagne e si era recato di persona in tutti gli Stati per parlare e diffondere le sue idee: per lui gli uomini erano uguali, bianchi, negri, gialli, per lui l’umanità doveva esserepreservatadallaterribile minaccia nucleare.Fuun grande eroe, non solo degli Stati uniti, ma del mondo e il suo nome apparirà in caratteri d’oro nella storia dell’America, vicino a Washington, Lincoln e Roosevelt: John Fitzgerald Kennedy non sarà vissuto e morto invano: gli uomini tutti raccoglieranno il suo messaggio di fratellanza, di unione, di amore.
Paola Rizzati, II A ANNO XIII - 1963
PAGINE APERTE
INCONTRO AL VERTICE
La cercano tutti, la vogliono tutti, la inseriscono in ogni discorso, dicendo tutte le contraddizioni possibili, quali: “Combatteremo per la pace”. “Se vogliamo la pace, dobbiamo prendercela con le armi”. Insensato, senza dubbio.
In breve, l'argomento di cui sto parlando è la pace. Certo, da anni le due superpotenze usa e URSS si avvicinanosempredipiùaunaccordopolitico,non solo per scongiurare la guerra nucleare, incubo che ormai entrato anche nelle notti tranquille dei bambini, ma anche per rendere sempre più vicini le due culture che da secoli sono contrastanti in vari campi. Ma fino al 7 dicembre nulla si era fatto di concreto, mentre già da tempo incidenti nucleari quali Chernobyl avevano scosso profondamente le menti di tutti, creando un'atmosfera di tensione sull'argomento nucleare. In questa data, infatti, i due leader degli USA e dell'URSS, Reagan e Gorbaciovsi sono incontrati per la terza volta, per firmare un trattato che mette inatto il disarmo parziale delle armi nucleari. Ma non corriamo troppo.
Il primo incontro tra i due leader non è stato un vero successo: i due capi hanno trovato un accordo, ma in pratica non hanno firmato alcun trattato politico. Il secondo incontro è stato un insuccesso: l'America e la Russia hanno optato per diverse trattative, le opinioni sono rimaste divergenti. Nel terzo incontro del 7 dicembre il leader sovietico è giunto in America e qui, con due semplicissime firme, si è deciso il destino del mondo… due firme seguite alla televisione da gran parte degli uomini. Per una volta i satelliti sono serviti a far giungere nelle case l'inizio di un disarmo che, si spera, porterà in futuro a nuovi accordi fra le due culture, e non servirà per spiare le strategie militari del nemico. Questo incontro, conclusosi con l'eliminazione di alcune testate nucleari (la metà, per l'esattezza) a media e ad alta gittata, ha suscitato riflessioni, scalpore ed ha messo in moto le penne dei più svariati cronisti di ogni nazionalità è di ogni genere. E tutto questo ha dato molto da pensare anche a me, che di fronte a situazioni di importanza mondiale sono una nullità, ma che certamente, se scoppiasse una guerra nucleare, sarei coinvolta pienamente in una reazione a catena che porterebbe unicamente ed è inesorabilmente ad una parola: fine.
La nostra terra è un bene troppo prezioso, perché la gente si prenda la libertà di scherzare con il fuoco e la vita è una cosa che riguarda tutti, perché dunque è data la facoltà di decidere la sorte a due persone sole? Non sto cercando assolutamente di dire che questo incontro non sia un fattore positivo, ma mi sembra che la situazione, prima di essere frenata da una corsa al disarmo, si sia spinta un pochino troppo oltre! E poi, in un mondo in cui non solo le armi nucleari, ma ogni tipo di arma chimiche e tecnologica potrebbe portare alla distruzione, mi sembra un po' troppo scontato pensare solo alle armi nucleari. Io considero quasi concluso il problema del nucleare, perché, come ho letto in un interessantissimo articolo, sono stati mantenuti solo i missili a corta gittata: e chi penserebbe a far esplodere armi sulla propria patria? Un'importante riflessione che ho fatto prima di questo incontro è stata conseguente ad una discussione fatta nella nostra classe: per noi la pace lacosa più importante; amiamo gli animali, la natura e il nostro mondo… sto dicendo un'utopia, ma spero che il mondo in cui dovremmo vivere noi in futuro sia conservato così come, in pace e bellezza, perché noi ragazzi vogliamo la pace abbiamo lasciato il nostro mondo futuro nelle mani di persone che ha le conseguenze piùdisastrose di un'insensata guerra, nonsaranno presenti… speriamo di poterci fidare!
IL PROBLEMA ECOLOGICO
Mirella Bonora, III E ANNO XXXIX –1988
La terra è l'unico pianeta del nostro sistema solare sul quale esiste una forma di vita. Pare che gli uomini siano stancati del pianeta su cui vivono e che, se senza pensarci, abbiano detto: "Non creiamoci preoccupazioni inutili, abbiamo tanto che certo non succederà niente se usiamo i fiumi per gli scarichi industriali, se sradichiamo gli alberi per costruire le strade, se roviniamo i colli e le montagne per farne delle cave di materiale da costruzione…”. Si potrebbe continuare per molto, ma è bene fermarsi qui, perché altrimenti ci si spaventerebbe tanto che gli uomini giudiziosi tenterebbero qualcosa ai danni di coloro che rovinano il nostro pianeta. Le conseguenze dell'inquinamento sono facilmente individuabili nella deturpazione dell'ambiente e nel conseguente suicidio dell'uomo. Fortunatamente alcuni si interessano a questo problema, sul quale, recentemente, a Ferrara, nella "Sala Mostre” vicino alla Camera di Commercio, è stata allestita una esposizione. Io l'ho visitata e ho trovato dei dati un po' preoccupanti. Vi erano esposte macchine che esaminano l'aria e grafici che rappresentano lo stato di inquinamento della nostra città e del fiume. Poi in relazione con altre città e altri fiumi, Ferrara non è fortemente inquinata, ma è bene cominciare a scongiurare il pericolo che lo diventi; coloro che hanno raccolto i dati propongono, fra le altre, questa situazione: ritornare alle biciclette. È certamente una soluzione non facile da attuare, perché molti non vogliono rinunciare alle comodità dell'automobile, anche se devono ammettere che quando c'è traffico con l'automobile non si va lontano e che invece con la bicicletta, oltre a fare del moto, si riesce ad arrivare dove si vuole. Alcuni uomini, però, non vogliono accettare né questa né altre soluzioni: chissà perché. Forse vogliono arrivare con le loro invenzioni a creare un mondo innaturale, meccanizzato al massimo, che, come una torre di Babele, immancabilmente cadrà? Nessuno, e forse nemmeno loro, lo sanno ma intanto si continua a deturpare l'ambiente: fermiamoci, in tempo, proteggiamo e amiamo la Natura.
PICCOLO UOMO
Nadia Piva, I N ANNO XXIV - 1972
ECO POESIA
Piccolo uomo, smetti
Guardati intorno!
Non vedi che fai del male a chi ti sta vicino?
Regala vita, libertà, felicità e non morte, prigionia e tristezza.
Guardati intorno: non vedi che i prati verdi dove passeggiavi ora sono pezzi di terra inquinata?
Piccolo uomo, MIGIORA! Barbara Bianchi, II G ANNO XLIV – 1993
Plastica, carta e lattine
Trasformano i mari in specchi di latta.
Lattine, plastica e carta questa è rovina certa Carta, lattine e plastica non roviniamo una natura fantastica! Il mare affascina e stupisce ma attenti a quel che ci restituisce.
Vittoria Causin, II D
ANNO LXX - 2019
10
Edoardo Morolla, I E - 2022
FIRENZE, SEI MESI DOPO
Sono ormai passati sei mesi da quel tragico 4 novembre dell'anno scorso, quando tutti trepidavano per la sorte non solo dei Fiorentini, ma anche degli abitanti di un terzo dei d'Italia. Visitando recentemente la città di Firenze, ho visto che l’impronta dell'alluvione, al contrario di quello che forse si crede, è ancora presente nella maggior parte della città. Solo la zona del centro e le vie principali sono state ripulite, riassestate e messe appunto per ricevere i turisti; i negozi sono stati riordinati, ricostruiti ed hanno ripreso già la loro vita di prima. Palazzo Vecchio e le statue circostanti non portano più il segno dell'acqua; il Duomo, visto da fuori, e anch’esso ripulito, ma, all'interno, una profonda voragine è tuttora aperta al centro della navata; mancano ancora alcune formelle delle porte del Battistero. Il Ponte Vecchio, che è stato molto colpito, è ancora in brutte condizioni. Si stai riassestando tutta la parte del Ponte contro cui si è abbattuta la violenza delle acque. Dei piccoli negozidi gioielleriache sorgonosudiesso,alcunisonostati rimessiaposto,ed inaltrisilavoraancora.IlLungarno Acciaioli ha il fondo alquanto sconnesso e non asfaltato. I muretti di protezioni dei Lungarni, quasi tutti spazzati via dall’impeto delle acque del loro rifluire entro il corso del fiume, sono ora sostituiti da sassi contenuti in gabbia e di filtro di ferro. Firenze, nonostante tutto, è invasa dai turisti, e forse essi vengono in questa città, proprio per vedere ciò che ha lasciato la spaventosa alluvione, per vedere ciò è rimasto, ciò che è stato fatto per riportarla alla normalità, trovando, forse, che quasi tutto è tornato a posto o sta tornando a posto. Ma si vedono solo la parte della città turisticamente celebre. Io, invece per un caso, mi sono trovato a passeggiare in un quartiere privo di chiese celebri e di monumenti; un quartiere verso cui non si dirige alcun turista; un quartiere che è il più povero di Firenze. Esso si estende a fianco e dietro la chiesa di Santa Croce, ed è stato il più colpito della città. Qui, io ho notato che quasi niente e nessuno si è ripreso in sei mesi dall'alluvione. Il segno dell'acqua contro le piccole e povere case da aggiungere i cinque metri, e, in alcuni punti, i sei metri. Moltissimi pianterreni e primi piani solo disabitati e moltissimi ambienti sono invasi dalla polvere, dalla terra, dalla sporcizia. Negozi in cui la saracinesca sfondata lascia vedere l'interno ancora così com'era subito dopo l'alluvione: banchi rovesciati, pezzi di cartone, scaffali vuoti, tende strappate, e del il tutto coperto da uno strato di fango secco lasciato dall'acqua suoni cosa. Finestre con i vetri rotti e con erbe e rami impigliati alle inferriate. Muri macchiati di nafta, umidi e sgretolati. Nei cortili, monti di cose rovinate e irrecuperabili. È questo il tragico aspetto di questo rione di Firenze. Per la primavera le zone più ricche e belle sono state ripulite, per trarne un guadagno dal turismo e destinarlo al riassestamento della città. Qui, invece, dietro il sipario della Firenze "turistica", i Fiorentini lentamente e faticosamente affronteranno e vinceranno la loro battaglia contro la rovina provocata dall’alluvione.
INTERVISTA AL FIUME PO
Buona sera signore e signori, qui è la vostra Gruber che vi parla dallo studio di Roma. Oggi avremo in collegamento con noi una persona piuttosto insolita: il signor Po, rintracciato dopo numerosi tentativi.
E ora passiamo la linea a Marco Fabrizi che si è recato in un quartiere di Alessandria distrutto dall’alluvione.
Pronto, Marco, ci senti?
- Si, vi sento. Ora sono qui di fianco al signor Po; gli farò alcune domande a riguardo dell’alluvione del novembre ‘94
- Signor Po, è stato difficile rintracciarla, ma dov’è stato, una volta calmata l’alluvione?
- Niente, niente non si preoccupi, problemi di famiglia
Mi scusi, non volevo entrare nei suoi fatti privati. Allora arriviamo al sodo, ma lei perché è straripato o meglio quale è stata la causa principale, la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
- Ecco, qui, non è stata una sola la causa ma un insieme di elementi, comunque la ragione che mi ha fatto straripare è stata l’abbondante pioggia e quella sporcizia che ormai da anni mi percorreva e mi navigava, così ho pensato di dare agli uomini una lezione; allora non ci ho visto più e quando mi resi conto di quello che stavo facendo, avevo già rotto gli argini e stavo invadendo case, quartieri, strade.
- Capisco, e, pensa che si ripeterà presto lo straripamento?
- Oh mi è difficile rispondere, anzi direi che dipende tutto da voi uomini.
- Ma, la prossima volta dove pensa di straripare?
- Dipende tutto dal mio tic nervoso
- Dal suo tic nervoso? Cosa vuol dire, si spieghi meglio.
- Ebbene sì, ho un tic ed anche un tac
- Che vuol dire, ha preso posto come orologio sul campanile?
- No, io sono sempre in tac…
- Ci dobbiamo difendere?
- No, la situazione di tac è una situazione di calma, ma ogni tanto mi capita il tic, ed è lì che succede un disastro
Grazie Marco. Ed ora qui è la vostra Gruber che vi parla; proseguiamo con le altre notizie…
Matteo Namari, I G ANNO XLVI - 1995
TEMPORALE SUL MARE.
D'un tratto tutto tace. Il vento si calma improvvisamente. Stridii di gabbiani che volano basso rompono il sepolcrale silenzio. Nuvole bigie si accalcano una sull'altra, poi un boato seguito da una saetta luminosa. Improvvisamente tutta la distesa di acqua si illumina, grosse gocce di pioggia cadono sul mare formando grandi cerchi. Il vento, che prima sembrava cessato, torna a soffiare impetuoso, sconvolgendo il mare in grosse onde che si rompono fragorosamente contro gli scogli.
I voli dei Gabbiani sono disordinati, alcuni vengono sbilanciati dal vento. Anche la sabbia si alza tutt’ intorno. Questo scatenarsi della natura mi rende più forte e dinamico. Corro lungo la riva con i capelli scompigliati dal vento. Riccardo Resca, II B ANNO XXV - 1974
UN GIORNO DI FEBBRAIO
Mercoledì 16 febbraio 2022
Caro diario, Oggi non posso uscire con i miei amici perchè piove. Vado in camera mia, mi guardo allo specchio e vedo che sono pallida e stanca per la tristezza.
Mi siedo sul letto e mi metto a riposare. Mi addormento con le lacrime agli occhi mentre ascolto il sottofondo della pioggia rilassante.
Dopo un bel po’ di tempo mi sveglio e vado alla finestra. La pioggia è già finita e osservo che la strada è bagnata e la gente esce dalle case. Nicoletta Frija, II D ANNO LXXIII - 2022
LA PERSONALE DI CATTABRIGA
La personale di Cattabriga, aperta nel mese di dicembre 1958, si è chiusa il 2 gennaio scorso. Cattabriga, valente pittore, ha esposto quadri di temi svariati, ma in ogni quadro si può riconoscere lo stile e la personalità del pittore. Galileo Cattabriga ha usato come mezzo di comunicazione unapitturadiunacertaoriginalità.
I colori, tenui e delicati, si confondono, fino a raggiungere un'unica totalità; nel quadro: "Le Nubi”, il grigio, il bianco, l'azzurro, si fondono con il rosso; è un insieme di colori e di chiaroscuri, che, con una forza intima, creano il movimento e l'atmosfera di temporale. Un bel quadro è "Pioppi", in cui ogni albero ha un suo tremolio, come una danza che; i tre Pioppi a sinistra, e i quattro a destra, sembra vogliano proteggere una casetta umile sperduta nella campagna. Secondo il mio modesto parere, Cattabriga è un pittore che sente con profonda sensibilità ed ogni suo quadro rivela una lunga meditazione. In ogni suo paesaggio si può notare una nota di poesia. Cattabriga, pur non essendo uno tra i più noti pittori contemporanei, ha una sua valentia e una capacità espressiva di un certo rilievo.
Giordano Tunioli, III D
ANNO VII - 1959
BAFFOBLU
Ho in casa un gatto, un comune gatto domestico. L'ho trovato un giorno in giardino in mezzo ad un cespuglio. Esso è snello e flessuoso; la sua pelliccia è di un colore grigiastro striata di verde. Sul suo musetto (che è così simpatico) brillano due occhietti vispi e birichini di colore verdastro che assomigliano a due palline. Le zampette e la codina che sembrano vellutate non le tiene mai ferme s'arrampica sempre sulla corteccia e sui rami degli alberi e salta sempre di qua e di là. Io gli voglio molto bene e alla sera gioco sempre con lui, esso è un vero amico ed è molto simpatico. Si chiama Baffoblu, un nome un po' strano ma credo proprio sia adatto a lui. Però non sempre gioco con lui ma anche con “Cesare" il cane che mi ha regalato il nonno per il mio compleanno. Quando la mamma gli versa il latte nella scodella lui (Baffoblu) la rovescia sempre E allora si, che sono nei guai!!... Ne combina di “tutti i colori” Ma in fondo è buono. Quando lo trovai in mezzo al cespuglio in giardino era molto piccolino, ma adesso è un vero gigante. Dorme quasi sempre vicino al caminetto sopra un bel cuscino. Un giorno gli successe un incidente: andò a finire sotto un'automobile e così fummo costretti a chiamare il veterinario. Per fortuna nulla di grave…È così con quella codina morbida e soffice. Gli piace sempre passeggiare nei giorni in cui la nebbia copre con un velo il sole. Gioca spesse volte con il gomitolo di lana della nonna che brontola a non finire. Il mio Baffoblu è molto dispettoso, quando gioca mette fuori le sue unghiette e comincia a graffiare; Però in fondo è buono.
Monica Manservigi, I I ANNO XXIV - 1972
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Riccardo Roversi, II B ANNO XVIII - 1967
LA RIFORMA DELLA MESSA
Da domenica 30 novembre la celebrazione della Santa Messa ha subito alcune variazioni. Le novità della liturgia hanno, soprattutto, lo scopo di invitare i fedeli ad una più attiva partecipazione al rito! Si propongono anche, di ricordare la Messa celebrata dagli anni degli antichi cristiani. All'inizio della Messa, i fedeli dovranno accogliere con un canto di gioia il sacerdote come un apostolo che si mette a capotavola della comunità. Il " confiteor” non sarà più recitato due volte dal sacerdote e dai fedeli, ma una sola volta e in brevi formule. Alla "preghiera dei fedeli” si permette il diretto intervento dei laici: esempio, nel proporre le intenzioni per le quali la comunità deve pregare. I fedeli potranno intervenire anche nel momento successivo, " l'offertorio " portando al sacerdote pane e vino da consacrare o anche doni peri poveri. Dopo laconsacrazione e prima dello” spezzare delpane” il sacerdote si rivolgerà al popolo dicendo:” datevi il segno della pace”: potràessere, peresempio’una stretta di mano o unabbraccio. Nella chiesa di Santo Spirito dove ho assistito alla messa, i fedeli si sono rivolti le frasi: “La pace sia con voi” “E con il tuo spirito”. Le ostie potranno essere di forma più grande dell'attuale o addirittura sostituire le particole con le focacce dei primi tempi.
Dario Franceschini, I B ANNO XXI - 1969
EST EUROPEO
IL GRANDE PASSO (NEL SEGNO DI GORBACIOV)
11 marzo 1985: muore Costantin Cernenko. Mikhail Gorbaciov viene eletto segretario del Pcus. Tutto iniziato da questa data, che ha segnato un passo fondamentale nella storia europea e mondiale. Gorbaciov finirà sui libri di storia, come artefice dell'inizio di democratizzazione dei paesi dell'Est europeo. Salito al potere, Gorbaciov dimostra immediatamente di voler porre termine finalmente alla guerra fredda e rivoluzionare totalmente le leggi del paese. 12 ottobre 1987: gli sforzi del nuovo Capo di governo Russo di occidentalizzazione andranno da questa data in avanti, sotto il nome di perestroika. La perestroika diventerà sinonimo di Gorbaciov ma che cos'è la perestrojka? È il tentativo di Mikhail Gorbaciov di fare cadere il regime Russo antiprogressista. La perestrojka è stata per la prima voltacitatoindirettadallaTVsovietica nellarubrica aperte" problemi, ricerche, soluzioni chiuse". La Russia è il primo paese dell'Europa orientale a dimostrare un processo di occidentalizzazione.
Maggio 1989: la perestrojka non si limita alla Russia, e neanche all'Europa, ma arriva fino in Asia, più precisamente in Cina punto nel maggio dello scorso anno gli studenti di Pechino Hanno cominciato delle manifestazioni non autorizzate nella piazza Tienanmen (la piazza della Pace Celeste). Alle manifestazioni studentesche si aggiunsero gli operai, tanto che il governo dovete intervenire, ma senza aprire il fuoco, con le armi per tenere a bada i manifestanti. Le manifestazioni che erano una conseguenza della perestrojka, continuarono ed aumentarono fino a portare alla rivoluzione. A questo punto il governo rispose col fuoco e fu una strage punto la piazza era diventato un tappeto di sangue. Le truppe del governo cinese riuscirono a reprimere la rivoluzione, con 3000-4000 vittime, dice il giornale, ma in realtà sembra non siano state più di 1000, pur sempre un numero alto. Ma torniamo in Europa. Anche la perestrojka muove i primi passi dopo la questione russa punto e virgola prima fra tutte e la Polonia, dove tutti i filo democratici del paese si schierano dalla parte di Walesa, il rappresentante del sindacato dei lavoratori "Solidarnosc" che combatte una guerra senza armi contro il governo comunista. La guerra fredda si è conclusa con un trattato fra Adam Michnik, che in questo caso rappresentava il sindacato Solidarnosc e il governo, con il quale sono state soddisfatte le due parti. Ha fatto polacco segue quello della Germania Est, nella quale, come tutti sanno, è stato abbattuto il muro di Berlino, costruito dopo la seconda Guerra mondiale per accentuare il distacco fra Germania a regime comunista e Germania a regime socialdemocratico. L'abbattimento del muro è stato deciso dal governo, perché sulla scia della perestrojka, molta gente residente nella Germania Est, cercava di trasferirsi nella Germania Ovest, più industrializzata e quindi con più possibilità di lavoro dopo l'abbattimento del muro è stato permesso ai cittadini del R.D.T. di emigrare verso tutti i paesi dell'est europeo e dell'ovest ora nelle due Germanie si parla già di unificazione, ma… una cosa alla volta. Dopo la caduta del muro di Berlino altre due nazioni, sulla scia delle altre, hanno cercato l'occidentalizzazione. La Cecoslovacchia e l'Ungheria. In Cecoslovacchia l'artefice della caduta del governo comunista è unicamente Havel. Costui è stato il più grande oppositore al comunismo cecoslovacco, Ed insieme a Valter Komarek e Jiri Dienstilier e con il sostegno di tutto il popolo è riuscito a fare cadere il governo, che in tempi passati l'aveva fatto imprigionare e a farsi acclamare dal popolo, senza elezioni, capo di governo. In Ungheria sono due gli uomini di maggior spicco tra gli artefici del tentativo di democratizzazione: Janos Kis, un grande filosofo e leader dell'opposizione democratica e Gyorgy Konrad, che viene considerato l'Havel ungherese, per merito delle sue idee molto vicine all'oppositore cecoslovacco. In Ungheria non c'è stata la caduta del governo, ma ugualmente si sono create correnti anti-comuniste. Ora la perestrojka aveva portato sangue nel solo caso della Cina, ma purtroppo quest'ultima, non è stata l'unica a dovere versare sangue, infatti è dovuta ricorrere a questo per far cadere il vecchio governo comunista, anche la Romania. In Romania comandava Ceaucescu, un uomo che manteneva un governo antiprogressista. Per questo motivo e sulla scia degli altri paesi, il popolo rumeno si è rivoltato contro il governo, con il sostegno delle forze armate. A questo punto è scoppiato una guerra civile, ti ha provocato molti morti, nella quale erano schierati da una parte ciao Cesco e i suoi seguaci e dall'altra il popolo in rivolta e le forze armate. Dopo un grande spargimento di sangue, ebbero la meglio i rivoltosi e si instaurò un governo militare provvisorio. A questo punto mancavano solo la Jugoslavia è l'Albania a partecipare al processo di occidentalizzazione avviato da Gorbaciov, e non tardarono molto. Questi fatti, e sono ancora sulla bocca della gente, si sono sviluppati subito dopo quelli rumeni. In Jugoslavia il governo comunista, mentre era in congresso, decise di sciogliersi totalmente, non portando a termine il congresso e fu così che anche in Jugoslavia che ha del vecchio regime. In Albania il governo comunista non è ancora caduto, ma comunque ci sono state manifestazioni e tumulti davanti alla sede del governo. Così si sono sviluppati e fatti nei vari paesi che hanno subito la politica di Gorbaciov. Il 1989 è stato per molti popoli un anno di liberazione, un grande passo che ha portato la libertà, anche se molto spesso la si è dovuta pagare con il prezzo di molte vite.
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Dario Vitali, III E ANNO XLI - 1990
IL NATALE IN EUROPA.
In Inghilterra, la vigilia di Natale, Babbo Natale entra nelle case e riempie le calze di tante belle cose. Negli Stati Uniti, invece, lo fa Santa Claus. In Olanda, si riempiono le scarpe di fieno e di zucchero la sera della vigilia di San Nicolas, circa tre settimane prima di Natale. Il fieno e lo zucchero sono per il cavallo su cui arriva Saint Nicholas; dopo che il cavallo ha mangiato, e gli riempie le scarpe di dolci. In Spagna, si mette la paglia nelle scarpe: la paglia è per i cammelli dei Re Magi che all'Epifania passano lasciando regali ai bambini buoni. In Francia, la vigilia di Natale, si mettono scarpe vuote sul gradino della porta o accanto al caminetto, e si dice che il Bambin Gesù le riempie di regali. In Svezia, la notte di Natale, si dice che una coppia di vecchiettispalanchinolaportadi ingresso e gettino in casa i regali, ma nessuno sa chi siano. In Germania, porta i regali una bambina chiamata Christkind; essa rappresenta Gesù bambino. È accompagnata da un diavolo terribile chiamato Hans Trapp, ma prima che Christkind dia un regalo Hans Trapp agita una bacchetta minacciando i bambini che sono stati cattivi. In Svizzera, la notte di Santa Klaus e tutti i bambini sfilano con un cappello, che ha intorno tante candeline accese. La notte del 6 dicembre entra in città Santa Claus con il seguito di bambini.
Silvia Ballarin, II A ANNO XXIV - 1972
EUROPA EUROPA Europa, Europa tu sei magia, tu sei bellezza tu sei follia.
Tra tante cose, le cose belle, troppa gente fa le guerre, troppa gente soffre ancora, troppa gente ha paura.
Tra le tante cose, le cose brutte, il sole ancora splende in cielo, ancora le stelle accendono il cuore, e la speranza con gran bagliore conforta gli animi della gente.
Ma un giorno, Europa, la pace verrà, verrà col silenzio, verrà con l’amore, verrà con la gioia di tutti nel cuore.
Elena Medeot, I G ANNO XLVI - 1995
L'influenza viene generalmente fatta corrisponderea febbreemal di gola o di pancia. No, questa è una vera e propria epidemia, che, come un mostruoso polipo, allarga le braccia da Roma in giro per l'Italia in viaggio di piacere. È stata appunto denominata Roma 1968 ma poi abbreviata in Roma semplicemente. Così ormai uno, quando vai in giro, ti chiede se hai fatto la Roma se l'hai avuta ecc… ecc… ma per influenza si intende anche quel 37-5 e colpisce insieme ad un ostinato raffreddorino che ti fa sentire i virus che passeggiano su e giù per le ossa, che si intrufolano nelle dita e nelle gambe quel raffreddorino per cui la protuberanza facciale normalmente chiamata naso muta il suo nome in un rubinetto senza-guarnizione e così invece di essere un organo essenziale per la respirazione diventa l'organo principale del lavaggio e del risciacquo in lavatrice, la quale però ne farebbe volentieri a meno. Così devi metterti a letto. Qui cominciano ad uscire dalle loro sedi naturali coperte, panni, fazzoletti, sciarpe che veramente ti assalgono. L'unico rimedio è la guarigione. A questo punto bisogna dire una cosa: che il raffreddore è necessario almeno per esercitare i muscoli del naso che altrimenti rimarrebbero inutilizzati, con il continuo tirar- su- col- naso col naso. Così ti ritrovi a letto e arriva il dottò. No, Non fraintendete, non l’omino del parcheggio dell'avanti dottò, bene dottò, n o, quello dell'ospedale. La prima cosa che fa è che comincia a batterti la schiena esattamente come fa il compagno di dietro durante il compito di inglese, con la stessa insistenza di chi veramente vuole. Poi arrivano le orecchie, che naturalmente sono roba da far venire i brividi, perché quel dottore va solo a piedi. Infine si fa dire trentatré. A me è scappato trecento trentatré, ma tuttavia non ho capito bene cosa mugugnato. Oh, no, dimenticavo di dire che tasta la pancia nei punti dove fa più solletico e poi si arrabbia se uno si irrigidisce un po' prima di andarsene ti rifila una cura di puntura di antibiotici che sono una bellezza. Rimane solo la consolazione che farai un po' di vacanza. Ma il peggio deve ancora venire. Viene esattamente quando tua madre si accorge che l'unico risultato qui sono approdati gli antibiotici è di avere reso la lingua più bianca di un foglio di carta di Fabriano ediaveretoltol'appetito.Salta allorafuoriche il metodo migliore è quello del nonno e ti schiaffa sui bronchi una polenta di lino che scotta solamente. Morale della favola è che, nonostante tutto, a starnutire, la lingua è di un bianco Tide, cioè è più che bianca, e sfolgorante mentre povero torace povero torace è completamente rosso che sembra una delle orecchie di Topo Gigio quando vede un pezzo di groviera. Questa sarebbe l'influenza? Ma fatemi ridere, il miglior sistema è quello di non pensarci e vi passerà. Marcello Bosi, III E ANNO XVIII - 1968
LA VITAMINA D
Durante l'ultima epidemia di influenza, tutti i pomeriggi la mamma pretendeva di farmi ingerire una repellente pillola vitaminica, per evitare chepure iofosse attaccato dal morbo. Sono convinto che le vitamine non servono a nulla e, anzi, contribuiscano a peggiorare lo stato di salute in cui in cui ci si trova: quindi sono dannose e sarò sempre contrario ad esse. Il metodo migliore per evitare di ammalarsi è quello di esporsi alle correnti gelate, di uscire senza cappello e di compiere tutte quelle azioni che erroneamente si credono nocive alla salute. Pare strano ma è così. Se si vuole, invece una febbre alta o un forte raffreddore, l'ideale è chiudersi in casa, non affacciarsi alla finestra, mantenersi lontani dalle possibili correnti d'aria e, se proprio si deve uscire, mettersi cappello, guanti, sciarpa sulla bocca. Se non ho contratto il morbo di recente è solo perché ho evitato tutto ciò. "Riccardo! “La vitamina!” Con l'aria di un martire che si appresta a salire sul patibolo, mi dirigo verso il sacrificio; afferrata la bottiglietta di vetro contenente le vitamine, inizia una lunga battaglia col tappo che oppone resistenza ad essere tolto. Infine riesco a sfilare il tappo, ma ora un altro nemico si interpone tra me e le pillole vitaminiche: un batuffolo di cotone, che pare messo apposta per impedire che io giunga ad esse. Dopo molte scosse, dalla bottiglietta esce il batuffolo di cotone, seguito, però, da tutte le pillole. Ad una ad una le rimetto dentro. Ora Ingerisco la vitamina… Subito un sapore dolciastro mi invade la bocca, mi annienta le capacità intellettive e mi rende malinconico. Ormai il primo momento è passato e gli effetti catastrofici provocati dalla pillola si affievoliscono con lo sciogliersi di essa. La mia lingua ha il colore verdognolo della vitamina della vitamina, ma questo è niente; come una maledizione (e da ciò si vede come diaboliche siano le pillole), ogni cosa intorno a me sa di vitamina; le mani, la penna, libri e i quaderni, la casa, l’aria, tutto. Il giorno dopo, quando ormai è sparita ogni traccia di
COSA SUCCEDERÀ?
Era bella la mia scuola, tutta tranquilla, e io mi trovavo molto bene. Ero molto soddisfatto, finché ... non è arrivato un virus sconosciuto. Lo chiamano il “Covid19” o coronavirus. È successa una confusione terribile in tutta Europa. Tutti con una paura angosciante, cercavano di curarsi, ma il vaccino ancora non esiste. Anche tra stati nemici si sono alleati per sconfiggere questa malattia, perché questo virus si è diffuso in quasi tutta l’Europa e oltre. Gli scienziati ancora cercano la cura, ma tutto è ancora all'inizio. Improvvisamente hanno chiuso tutto, anche la scuola la prima settimana di marzo. Ma non solo la scuola ha chiuso, anche la mia vita. Non si poteva andare a casa degli amici, si doveva stare distante dagli altri e mettere la mascherina e i guanti, e per paura del contagio non si doveva uscire di casa e si poteva solo fare la spesa alimentare e andare in farmacia. In casa non era più possibile vivere: disinfezione generale e in più “novità!”: scuola online. Ho ricominciato a fare i compiti e a parlare con le prof. È stato uno shock pazzesco! Ora mi sono abituato e finalmente dopo due mesi, si può uscire, andare inbici, passeggiare. Cosa succederà questa estate? Ci sono tante regole, ma io non le capisco. Se questo coronavirus non ci ucciderà, spero che si ritorni a fare la nostra vita di sempre e sono curioso di vedere come sarà il nuovo anno scolastico. Cosa succederà a noi e alla nostra umanità?
Luca Bortolotti, I A ANNO LXXI - 2020
UN BRUTTO MOSTRO
essa, sono felice di essere finalmente libero da quel flagello, ma sono costretto ad ingerirne un'altra.
Riccardo Roversi, III B
ANNO XVIII - 1968
È arrivato un brutto mostro, invisibile e nascosto non si vede ad occhio nudo ma esiste per uno starnuto. Non si accontenta di uno solo, ma ne spaventa tanti al volo. Siamo costretti a star lontani, senza tenerci per le mani. Ma proprio questo lo manderà lontano e presto tutti per mano ci riprenderemo.
Giancarlo Paronetto, I D ANNO LXXI - 2020
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FREDDIE MERCURY
Si è spento un mito e si è accesa una leggenda
Negli ultimi vent’anni i Queen sono stati il complesso che ha riscosso maggior successo tra i giovani. La loro stella era Freddie Mercury
Freddie Mercury nacque Frederik Bulsara il 5 settembre 1946 a Zanzibar. Suo padre, Bomi Bulsara, era diplomatico inglese discendente da famiglia persiana. Freddie e sua sorella Kashmira passarono i loro primi anni dai parenti di Bombay, India. La famiglia viveva come una famiglia reale con la servitù. Comunque i privilegi svanirono quando Bomi si trasferì in Inghilterra e la famiglia fu obbligata a vivere in una cantina all’aeroporto di Feltham, Middlesex.
Freddie aveva 14 anni e l’arrivo in Inghilterra fu un disastro per lui. Gli altri ragazzi non lo accettavano per il suo accento coloniale, per il suo modo di vestire. Questo non cambiò i piani di studidiFreddie;infattinel1969sidiplomòinarte e grafica. Si ribattezzò Mercury dal mitologico messaggero degli dei.
BRIAN MAY (chitarrista) Brian Harold May e nato il 19 luglio 1947 a Twinckenham da Harold e Ruth. Nel 1954 suo padre inizio a mandarlo a lezioni di piano. Brian desiderava la ch , ma non poteva permettersela. Decise all’ora di costruire la sua artigianale chitarra con l’aiuto di suo padre. Il corpo della chitarra era di solido mogano e le molle dell’unità di tremolo erano il riciclaggio di un vecchio ciclo motore. (Attualmente Brian usa ancora questa chitarra). Qualche anno dopo Brian si laureò in fisica, matematica e astronomia.
ROGER TAYLOR
Roger Meddows Taylor è nato il 26 luglio 1949 a King Lynn, Norfolk da Michael e Winifred. Roger ha una sorella di nome Clare.
Nel 1957, si trasferì a Truro, in Cornovaglia. Decise poi di fare il dentista perché i suoi genitori non approvavano le sue ambizioni musicali, ma dopo un anno lasciò il lavoro.
JOHN DEACON (bassista)
John Richard Deacon è nato il 19 agosto 1951 ad Oadby, Leicester da Arthur Henry e Lillian. Andò poi a Londra dove studiò e si diplomò in elettrotecnica.
Nel 1970, Brian May invitò gli studenti musicisti più bravi a formare un gruppo e rispose Roger Taylor Mancavano così un cantante e un bassista. Il batterista chiamo il suo collaboratore del Mercatino delle Pulci
ovvero Freddie Mercury
Infine arrivò l’ultimo elemento nel febbraio 1971: il bassista John Deacon
Brian disse: Ne abbiamo provati sei, lui è il settimo, sapevamo soltanto che lui era la persona giusta anche se era così tranquillo: quasi non parlava.
Perché Queen?
Freddie disse: all’improvviso mi venne il nome Queen, e il nome di una regina: è qualcosa di grande, pomposo.
Inizialmente nessuna casa discografica voleva far loro firmare un contratto perché non li avevano mai visti sul palcoscenico, ma poi la EMI, nel 1973, pubblicò il loro primo album: QUEEN.
Da qui partì subito la Queen - mania
Nel 1975 venne pubblicato il loro quarto album: A night at the opera il quale contiene la canzone che li portò al successo dal titolo Bohemian Rhapsody.
Questa canzone fu promossa dal primo videoclip della storia: i Queen furono anche gli inventori dei videoclip, largamente usati. Intanto il gruppo riscuoteva un successo dopo l’altro: Somebody To Love, We Will Rock You, We are the Champions, Fat bottom girls, Bicycle Race, etc, etc.
Nel 1980 uscirono i nuovi Queen: nuovo look, nuovo stile musicale e Freddie aveva la voce diversa, gli zigomi meno sporgenti e dei folti baffoni neri. Sempre nello stesso anno realizzarono la colonna sonora per il film Flash Gordon
Nel 1984 uscirono con una canzone che diventò un successo internazionale e che prese il primo posto in 19 paesi: Radio Ga Ga il cui video è con stralci del film Metropolis. Intanto Freddie sposa una biondina di nome Mary Austin.
1985: il gruppo fece un’altra conquista. Apparvero al Live Aid (concerto di beneficenza per i bambini del terzo mondo).
Nel 1986 venne pubblicato A Kind of Magic, colonna sonora per il film Highlander, e fu per la promozione di quest’album che i Queen fecero l’ultimo concerto, ma erano inconsapevoli di ciò.
Nel 1987 Freddie scopre di essere ammalato di AIDS. Intanto pubblica il suo singolo di maggior successo
The Great Pretender e l’anno successivo incide un album con il grande soprano Monsterrat Caballè (grande cantante lirica di Barcellona).
L’evento si sarebbe dovuto ripetere nel 1992, ma la vita non ha dato il tempo a Freddie.
1989: The Sun, giornale inglese, esce con il titolo FREDDIE È GRAVEMENTE MALATO
Intanto i Queen pubblicano l’album The Miracle da cui ricavano subito quattro successi:
I Want It All, The Miracle, The Invisible Man e Breakthru.
I Queen ricevono un premio per il loro rilevante contributo alla musica britannica e alla nazione (i loro primi vent’anni di carriera).
1991: il 26 gennaio, Innuendo (il loro nuovo album) entra in classifica in 12 giorni e vi rimane per tutto l’anno.
23 novembre: Freddie comunica alla federazione della stampa: a seguito delle costanti voci scandalistiche apparse sulla stampa nel corso delle ultime settimane, voglio confermare che sono positivo ai test dell’HIV e ho l’AIDS. Ho creduto corretto mantenere riservata a lungo questa informazione per proteggere la privacy di coloro che mi stanno attorno. Comunque, è venuto il momento che i miei fan sappiano la verità e spero che tutti si uniranno A me, ai miei medici e a tutti quelli che nel mondo combattono questo tremendo male Freddie, nel suo testamento, lascia un patrimonio a Mary che ammonta a più di 50 miliardi di lire.
Naturalmentenonhadimenticatodilasciareunabellasommadidenaroaigenitorieairicercatorisulvaccino AIDS. Ma è a Mary che resta la fetta più grossa: a lei che, nella notte in cui Freddie, con la febbre altissima, si stava arrendendo alla morte, era la sola a tenergli la mano.
Francesca Vallini, III B ANNO XLIV - 1993
RECENSIONE BOHEMIAN
RHAPSODY
Data di uscita: 24 ottobre 2018 (Regno Unito)
Registi: Bryan Singer, Dexter Fletcher PREMI
Oscar al miglior attore
Oscar al miglior sonoro
British Academy Film Award al miglior attore protagonista
Golden Globe per il miglior film drammatico
Il film segue la storia di una delle rock-band più famose di tutti i tempi, quella dei Queen (dalla loro fondazione fino al 1985).
Nel 1970 Farrokh Bulsara (Freddie Mercury) è uno studente universitario ed un lavoratore part-time. Una sera il giovane, che ha24anni,incontradue musicistichehannoappenafinitodi fare il concerto, Roger Taylor e Brian May. I due hanno appena perso un componente che li ha abbandonati non sentendosi soddisfatto; Farrokh, che ha sempre avuto una bellissima voce, chiede a Roger e Brian di essere il nuovo membro della band ed i due accettano dopo aver avuto un “assaggio” della sua possente voce. Al terzetto si unisce presto un quarto componente, il bassista John Deacon.
I quattro ragazzi si esibiscono in pub e locali notturni riscuotendo un discreto successo, anche grazie alle stravaganti performance di Farrokh.
Il cantante, che cambia il proprio nome in Freddie Mercury, esorta poi la bandavendereil furgone per finanziare il loro primo album: il consiglio viene recepito e l’album realizzato. Il gruppo viene notato da una figura importante del panorama musicale, John Reid. John propone alla band un contratto discografico: i ragazzi accettano scegliendo come nome d’arte “Queen”. Nel 1975 i Queen sono già abbastanza famosi ma la loro carriera è soltanto all’inizio. Nonostante vari problemi di Freddie (droga, alcol e sregolatezza), i Queen raggiungono la cima di ogni classifica, vendendo più di 300 milioni di dischi in tutto il mondo. Da lì iniziano a prepararsi per il “LiveAid”, il concerto piùgrosso della storia conpiùdi 90.000 persone.
Questo film mi è piaciuto tantissimo, i Queen sono il mio gruppo preferito; quando riguardo il concerto, mi vengono i brividi sia per come hanno suonato e perché penso come sarebbe se ci fossi io davanti a più di 90.000 persone. Le loro canzoni mi caricano di energia, a volte mi capita di suonarle con la batteria.
Freddie Mercury ha avuto una storia molto difficile: da quando ha contratto l’AIDS ha cominciato a stare molto male, è morto nel 1991. Per me resterà uno dei cantanti più bravi al mondo. Questo film lo consiglio, soprattutto alle persone che amano la musica e i Queen!
Davide Galasso, III C ANNO LXXIII - 2022
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MERCURY
FREDDIE
LA RIAPERTURA TEATRO COMUNALE
Dopo essere stato chiuso venti anni, si è riaperto, il 31 ottobre il Teatro comunale della nostra città. Già da qualche anno si parlava dell’apertura del Teatro, e finalmente ci siamo arrivati.
Le signore naturalmente cominciarono a preoccuparsi degli abiti, da indossare: chi sosteneva che sarebbe stato più appropriato l’abito lungo, chi sosteneva più adatto l’abito corto. Finalmente giunse la serata famosa per me addirittura inebriante, perché per la prima volta i miei genitori mi portavano a teatro.
L’ingresso, vivamente illuminato, era gremito di signore eleganti e gli uomini in abito scuso o in smoking.
Entrata nella bella sala, mi guardai attorno per ammirarla nell’insieme e quindi nei minuti particolari.
Igioiellie gliabitidellesignorerisaltavano mirabilmenteconilloroscintillio,sul velluto rosso dei palchi e delle poltrone. Dopo circa dieci minuti si alzò lo stupendo sipario rappresentante una scena di caccia che rivelò il palcoscenico e i componenti dell’orchestra fermi come statue.
Fu quello un momento di commozione.
Il programma scelto con molto buon gusto, venne eseguito dall’orchestra del Teatro alla Scala di Milano e diretto dal maestro Nino Sanzogno, una delle migliori bacchette italiane. Ogni suonata riscosse gli applausi più fragorosi.
Dopo la prima parte del concerto, durante l’intervallo salii ad ammirare le scale del ridotto, che prima della guerra ospitavano un circolo. Questa passeggiata per le varie sale, mi ha permesso di ammirare da vicino gli abiti delle signore, alcuni dei quali, lo confesso, mi hanno fatto un po’ ridere.
Il 31 ottobre 1964 resterà per Ferrara una data memorabile, perché, dopo tanto tempo, è stata ripristinata la tradizione del suo teatro, e speriamo che ogni anno sia concesso ai ferraresi un programma che ne accontenti le esigenze culturali, nonché il desiderio di divertirsi.
Caterina Cornelio, III L ANNO XIV - 1964
INTERVISTA A MARCELLO CORVINO, DIRETTORE DEL TEATRO COMUNALE DI FERRARA
Quando è stato fondato il Teatro Comunale di Ferrara?
Il Teatro Comunale è stato fondato nel 1798.
Qual è il Suo ruolo all’interno del Teatro?
Io mi occupo della direzione artistica, cioè della scelta della programmazione e degli artisti che vengono selezionati per realizzare determinati progetti. Quante persone lavorano all’interno del Teatro?
In Teatro lavorano oltre quaranta persone tra tecnici, direzione, amministrazione, produzione e poi c’è il board (ovvero il consiglio di amministrazione) che prende le decisioni strategiche ed amministrative.
Qual è la prossima produzione in programma, curata direttamente dal Teatro Comunale?
La prossima produzione del Teatro Comunale, che impegna molti giovani artisti è il Don Giovanni di W. A. Mozart, che verrà realizzato con la direzione musicale del Maestro Leone Magiera, primo marito di Mirella Freni, maestro e accompagnatore per tutta la vita di Luciano Pavarotti. Per realizzarlo sono stati selezionati 18 artisti under 35 tra 300 provenienti da tutto il mondo. Questa produzione verrà ospitata anche dal Teatro Nazionale della Corea del Sud nella città di Daegu il 7 e l’8 ottobre prossimi.
I giovani vanno a teatro?
I giovani vengono a teatro e quando scoprono la bellezza, anche architettonica, di un edificio così bello e anche così raro, restano affascinati e continuano a venire. A quali iniziative ha pensato per coinvolgerli?
Il numero di giovani dipende dalle azioni che il teatro pone inessere per avvicinarli alle esperienze culturali. Per questo motivo abbiamo adottato una serie di azioni tra le quali la realizzazione del programma televisivo “Prima della Prima” in collaborazione con Telestense e con il Liceo Carducci di Ferrara.
Durante le trasmissioni, gli studenti del liceo raccontano della trama e del periodo storico delle opere affrontate di volta in volta, esprimendo anche pareri personali sul loro rapporto con le opere che ascoltano.
Giovanni Bergamasco, III D ANNO LXXIII - 2022
IL TEATRO A SCUOLA: UN’ESPERIENZA FANTASTICA
La mia esperienza teatrale è iniziata nel novembre del 2017, ogni martedì dovevo rimanere dentro la scuola per un’ora. Inizialmente eravamo circa in 30/45 ragazzi di tutte le classi prime. Poi il numero diminuì, causa sport, orari, impegni familiari... Il laboratorio era dalle ore 15:30 alle ore 17:30. Nella mia classe eravamo rimasti in tre, ma dopo la consegna del foglio delle prove per un eventuale spettacolo, io rimasi da solo. Il foglio era colmo di date e orari e per un attimo pensai di abbandonare anch’io. Però non mi arresi e continuai quest’ esperienza: “Io mi vergogno a recitare davanti a tutti”, continuavo a ripetere, ma dopo alcune prove non vedevo l’ora di fare lo spettacolo. Ero emozionato! Le prove erano alla scuola elementare Govoni, quasi tutti i giorni, al mattino o al pomeriggio. Lo spettacolo avrebbe avuto sei repliche, dal 7 al 12 maggio 2018, da lunedì al sabato al C.T.U.(Centro Teatro Universitario). Ogni giorno saltavamo quattro ore di scuola. Per gli spettacoli utilizzavamo dei vestiti bianchi, i nostri “costumi”, gli spettatori erano alunni di altre scuole, adultie genitori.Questo fuilprimoanno!Qualche settimana dopol’iniziodella seconda media,Michalis,il nostro maestro di teatro, ci riunì tutti per informarci del luogo dove avremmo dovuto esibirc i quest'anno... un CARCERE!!! Il carcere femminile della Giudecca, un’isola di Venezia. All’inizio di quest’anno abbiamo ricominciato le prove alla Govoni, ogni giovedì, dalle 15:30 alle 17:30, abbiamo fatto anche delle prove alla Tasso davanti ai ragazzi di prima media che facevano teatro. Erano le 9:48 del 27 marzo 2019, stavamo salendo sul treno per Venezia, le gambe mi tremavano, da un semplice laboratorio scolastico, siamo arrivati addirittura in un carcere femminile per esibirci. Siamo scesi dal treno alle 11:15 e siamo andati a prendere il vaporetto per l’isola della Giudecca. Arrivati davanti al carcere abbiamo pranzato e, dopo una sosta al bagno, siamo entrati. Abbiamo depositato gli oggetti personali: cellulari, chiavi..., abbiamo attraversato una porta verde oliva e siamo saliti per le scale. La stanza dove dovevamo fare lo spettacolo era abbastanza grande con circa 60/65 sedie, gli spettatori erano gente esterna e due professoresse. Con noi hanno fatto lo spettacolo anche alcune detenute. Lo spettacolo è andato bene e alla fine c’era un buffet con pizza e focaccia cucinate dalle carcerate. Avevamo il treno di ritorno alle 19:52, abbiamo fatto un giro per Venezia, prima di tornare.
È stata un’esperienza INDIMENTICABILE!!!
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Alessio Faggioli, II D ANNO LXX – 2019
Il corso di teatro è iniziato poco dopo l'inizio dell'anno scolastico, verso Novembre. Inizialmente siamo stati divisi in due gruppi differenti, poiché le adesioni al progetto erano molte. Il corso veniva svolto una volta a settimana, il martedì, con un orario differente per ogni gruppo, fino a marzo, in cui ci siamo riuniti tutti. All'inizio del progetto eravamo circa trenta per gruppo, poi verso la fine con il cambio dell'orario molti compagni hanno deciso di abbandonare il corso.
Inizialmente svolgevamo esercizi sul coordinamento e sulle posizioni degli attori, poi dopo le vacanze di Natale abbiamo iniziato a scrivere dei brevi testi ed a esporli per svuotare le nostre emozioni, sentimenti e personalità. Dopo i testi arrivò il vero momento di allestire il nostro spettacolo teatrale. Iniziammo quindi dopo che il maestro divise le parti e raddoppiò gli orari inserendo prove martedì e sabato.
Lo spettacolo narra di Odisseo nella grotta di Polifemo.
Il corso secondo noi è stato molto bello, interessante e molto divertente, inoltre abbiamo trovato nuovi amici. Ha richiesto molto impegno e passione.
Lo spettacolo è stato fatto il 27 Maggio 2022. È andato benissimo, è stato molto divertente e abbiamo tutti potuto esprimerci al meglio.
Cosa abbiamo imparato?
Attraverso questo spettacolo abbiamo imparato a parlare bene e a non avere timore a parlare in pubblico.
Concludiamo questo articolo ringraziando il nostro insegnante Michalis e la violinista Martina che ci ha accompagnato con la sua musica. I due insegnanti migliori che ci potessero capitare.
Laura Manti, Biagio Noce, Vittoria Parmeggiani, Elisa Santoro, Maia Simonato, I B ANNO LXXIII
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2022
FUMETTI DI IERI E FUMETTI DI OGGI
DIABOLIK
Nel 1962 le due sorelle italiane Angela e Luciana Giussani crearono un personaggio mascherato, Diabolik, che in seguito conobbe un notevole successo non solo in Italia, ma anche all’estero, dove le sue storie vennero tradotte e vendute.
È un uomo con un’intelligenza straordinaria dicono le sorelle Giussani per presentarlo. È di un’audacia che non conosce limiti, infatti Diabolik è l’uomo dai mille volti e dai mille travestimenti
Con speciali maschere di sua invenzione Diabolik può assumere l’aspetto di qualunque persona, sia maschile che femminile; con delle speciali lenti a contatto cambia il colore degli occhi e con altri infiniti trucchi riesce a cambiare la forma del suo corpo.
Il suo abituale abbigliamento consiste però ina una calzamaglia elastica nera che gli permette di passare inosservato nella notte, momento che sceglie per attuare i suoi colpi. L’attività di Diabolik è indirizzata alla realizzazione di pericolose imprese criminose che tendono ad accumulare grandi ricchezze.
Esperto in medicina, Diabolik si batte con i pugni e con il pugnale; non usa mai armi da fuoco. La sua partner e la ricchissima Eva Kant, mentre il suo avversario numero 1 è l'ispettore Ginko, della squadra omicidi di Clerville.
In tutte le avventure il poliziotto escogita ingegnose trovate per sconfiggere e catturare Diabolik, ma alla fine rimane inesorabilmente battuto. La lotta tra questi due personaggi, Diabolik e Ginko, sebbene duri da più di vent'anni riscuote ancora un grande successo.
Stefano Volpin, II E ANNO XXXIX - 1988
LA 2a B E I MANGA
Da poco nella nostra classe di 26 alunni è nata una passione: quella per i manga. Questa passione ha fatto sì che la nostra amata classe si “dividesse”. Si è formato un gruppetto composto da circa una decina di persone, che si è autoproclamato “gruppo dei manga”.
Cosa fa questo gruppo? O meglio: che cosa sono i manga?
Se vi chiedete cosa sono i manga, possiamo dirvi (in maniera molto semplice) che sono dei fumetti giapponesi. Hanno qualcosa di particolare? Sì.
Hanno principalmente tre cose che li caratterizzano:
- sono in bianco e nero
- sono pieni di onomatopee
- si leggono al contrario (ovvero da destra verso sinistra)
Se invece vi chiedete cosa fa il nostro gruppo, be’, è molto semplice.
- Durante l’intervallo leggiamo questi manga, mettendoci solitamente negli angoli della classe dove di solito non c’è nessuno, in modo tale da non essere interrotti durante la lettura.
- Quasi ogni sabato pomeriggio andiamo (o meglio andavamo, dato il periodo) in fumetteria, per comprare o magari dare un’occhiata alle nuove uscite.
- Ovviamente, come ogni gruppo di giovani ragazzi che si rispetti siamo gentili l’un l’altro e ci passiamo spesso questi manga; perché magari qualcuno non ha intenzione di acquistarli, ma solo di leggerli.
Ci sono molte case editrici di manga in Italia come:
- Planet Manga
- Jpop - Star Comics
-Dynit.
UNA PASSIONE SENZA LIMITI
Una delle mie passioni più grandi sono gli Anime (cartoni animati giapponesi) che nascono da fumetti giapponesi chiamati Manga; i disegnatori e autori si chiamano mangaka e, anche se nati in Giappone, ora le loro storie hanno conquistato tutto il mondo. Si pensa che la primissima forma di manga sia nata attorno al XII secolo, quando venivano usati i rotoli di pergamena: i personaggi erano caricature della fauna selvatica, che rappresentava animali antropomorfi. Per leggere un Manga si deve aprire il libro al contrario e leggere le vignette da destra verso sinistra proprio come se aveste aperto il Manga davanti a uno specchio; anche i balloon, cioè i dialoghi, vanno letti sempre da destra verso sinistra. Gli Anime più famosi che conosco io sono, della vecchia generazione Dragon Ball, One Piece, Naruto e Jojo, mentre quelli della nuova generazione sono Attack on Titan, My Hero Academia, Demon Slayer e Haikyuu. La mia passione è nata grazie a mia sorella che mi ha fatto conosce Attack on Titan, la storia di lotta tra uomini e giganti che si nutrono di carne umana; ora però seguo One Piece, che parla della storia di Monkey D. Rufy detto Luffy cappello di paglia, che vuole diventare il re dei pirati e delle sue avventure con la sua ciurma alla ricerca del leggendario tesoro chiamo One Piece del ex re dei pirati Gol D. Roger. La particolarità di Luffy è che è gommoso perché ha mangiato il frutto del diavolo Gom Gom, la
ciurma è composta da Roronoa Zoro un fantastico spadaccino, Nami una ladra ma bravissima navigatrice, Tony Tony Chopper renna antropomofa e medico della nave, Sanji donnaiolo e cuoco, Nico Robin l’archeologa, Usopp cecchino bugiardo, Franky carpentiere cyborg, Brook scheletro musicista e Jinbe uomo-pesce esperto timoniere. Non vi svelo niente altro perché attualmente è composto da 1013 episodi ancora in sviluppo, posso solo dirvi che ogni personaggio ha una propria caratteristica e sempre in evoluzione anche all’interno della storia.
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Neli Dimitrova, II B
ANNO LXXII - 2021
sua
Valerio Fava, II D ANNO LXXIII - 2022
Francesco Manfredini, III E - 2022