Cultura commestibile 254

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le relazioni amichevoli e commerciali con i paesi stranieri. A comandare la flotta scelse Zheng He, uomo superiore per intelligenza e abilità. Dal 1405 al 1433, Zheng He viaggiò per sette volte lungo la Via della Seta attraverso l’Oceano Indiano. Ad ogni sosta nei porti stranieri, omaggiava con una visita di cor-

tesia il governatore del luogo e si impegnava in scambi culturali e commerciali con gli abitanti, rafforzando le relazioni diplomatiche con quei paesi. In ogni viaggio, inoltre, inviati stranieri si univano alla flotta per il viaggio di ritorno in Cina. Nel suo sesto viaggio tornarono con lui più di 1200 inviati da 16 paesi. Questi contatti amichevoli potenziarono la comprensione reciproca fra i popoli della Cina, dell’Asia e dell’Africa, facendo incontrare uomini e merci: la flotta di Zheng He trasportava all’estero manufatti di seta, di bronzo, di ferro, di porcellana, di oro e di argento e monete. D’altro canto porcellane cinesi sono state scoperte durante gli scavi archeologici in quasi tutte le aree geografiche toccate dalla flotta: nelle tombe e nei castelli del Kenya e della Tanzania, risalenti al XV secolo, sono stati rinvenuti piatti e vasi cinesi in porcellana. Spezie, colori da tintoria, gioielli e animali rari furono importati in Cina, i diari in particolare raccontano dell’arrivo delle giraffe insieme alla flotta di Zheng He. Infine, i sette viaggi di Zheng He verso l’Occidente ci illuminano globalmente sulla fiorente industria cinese delle costruzioni navali e sulla avanzata maestria nella navigazione durante la dinastia Ming. Ognuno dei vascelli di Zheng He era lungo 147 metri, aveva una larghezza di sei metri, 12 vele e 9 alberi con equipaggi di 200-300 marinai. Questi abili navigatori decidevano la loro direzione con l’aiuto di bussole e osservando il sole di giorno e le stelle di notte, sondavano la profondità delle acque ed esaminavano il fondo marino, il che consentiva loro di viaggiare nel burrascoso oceano con sicurezza come andassero sulla terra ferma. Si comprendono dunque facilmente le differenze che intercorrono fra le spedizioni cinesi e quelle dei navigatori europei di alcuni decenni dopo. Quando nel 1498 Vasco de Gama con i suoi vascelli apparve nell’Oceano Indiano non pochi di quegli abitanti pensarono che i cinesi fossero tornati. Ma in realtà si trattava di qualcosa di molto diverso; le motivazioni innanzitutto erano diverse: i Portoghesi, piccola nazione periferica dell’Europa. non pretendevano certo, come i Cinesi, di essere il centro del mondo; le loro intenzioni erano quelle di commerciare: piccole imprese private, sovvenzionate solo minimamente dai governi nazionali, andavano alla ricerca di fortuna al di fuori degli stretti confini nazionali. Esclusi dal Mediterraneo, in cui da sempre passavano i commerci, i Portoghesi sognavano di commerciare circumnavigando l’A-

frica, raggiungendo direttamente l’Oriente, evitando quindi l’intermediazione araba. Non volevano territori da governare ma basi navali. I Cinesi invece non avevano alcuna intenzione di aprire nuove strade non conosciute, non si diressero verso il mare che avevano di fronte, l’Oceano Pacifico, perché non vedevano nessuna utilità nell’esplorare quelle terre barbare e primitive. Per i Cinesi il motivo dei commerci, fondamentale per i Portoghesi, era abbastanza secondario rispetto a quello di stabilire la supremazia politica sull’Oceano Occidentale. Le navi portoghesi erano piccoli vascelli, la flotta cinese una specie di città galleggiante, poderosa espressione dell’Impero, ma incapace di percorrere immense distanze come le piccole navi Europee. La Cina era già stata per millenni una grande potenza, talmente convinta di esserlo da chiamare se stessa l’Impero del Mezzo (o del Centro): è questo il significato della parola Zhongguo. Questo nome sancirà il vero punto culturale di approccio della Cina rispetto alle differenti culture: la consapevolezza di partire da un Impero Celeste, massima espressione culturale, grande e da preservare rispetto al resto del mondo. E così, con l’ascesa al potere del nuovo imperatore Hung Hsi, nel 1434, venne ordinata la fine dei viaggi, che non furono mai più ripresi, si dispose anzi che non si costruissero più navi tanto grandi da poter sfidare l’Oceano. Per questa decisione, che a noi appare sorprendente, si devono considerare due cause fondamentali: una più contingente di carattere economico (le imprese costavano moltissimo), una più generale relativa alla cultura e alla politica della Cina: i cinesi erano convinti che nulla di veramente importante e utile si potesse trovare al di fuori dell’Impero, e che nulla vi fosse che non potesse essere fatto meglio nell’ambito dell’Impero stesso. L’idea comune, appoggiata dai conservatori burocrati Mandarini, era quindi che la Cina costituisse non “una” delle civiltà, ma propriamente “La” civiltà”, e che intorno a loro fiorissero principalmente enclave barbariche e seminomadi che periodicamente non facevano altro che lanciarsi contro l’Impero mettendone a repentaglio stabilità e prosperità. Fu dunque la linea di chiusura a vincere; le imprese di Zheng He costituirono un’ eccezione mai ripetuta, un’ anomalia della politica cinese, che ora lo celebra, e si domanda: chissà come sarebbe andata se quelle navi non fossero state distrutte, e un cinese avesse scoperto l’America?

5 17 MARZO 2018


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