Cultura commestibile 210

Page 5

me della sua opera con quelle del modello in carne e ossa che aveva posato per lui, un certo Tonino Liverani, e smentì le perfide osservazioni che gli erano state indirizzate contro. A Siena fu promossa una sottoscrizione perché si eseguisse in marmo quella statua già famosa: ma il marmo, appena abbozzato, venne acquistato dalla duchessa Maria di Leuchtenberg, figlia dello zar Nicola, che volle anche del ‘Caino’, portato a termine nel 1847. Lo scandalo provocato da queste due opere va messo in relazione alle dispute sul naturalismo allora dilaganti. Si disse che dentro le «scelte forme» naturali si vedeva scorrere «un fremito di vita calda,ardente», una virtuosistica sintesi tra naturalismo e classicità. In effetti Duprè si trovò spesso, anche personalmente, al centro di opposte tensioni. Nel periodo che va dal 1852 al 1859 fu – forse per il tramite dell’amico Luigi Mussini, molto influenzato dalle teorie francesi che esaltavano «l’art pour l’art». Per un verso non aveva dimenticato l’abbandonata lezione puristica, per

l’altro era attratto da un vigore plastico di indubbia ascendenza classicistica, ma pervaso da un furore romantico e talvolta da una delicata sensualità. Come oscillò in politica, da liberale moderato filogranducale, tra entusiasmi patriottici e ripulsa delle posizioni estreme, così un certo sincretismo segnò tutta la sua opera. Questa commistione di stili evidenziava capacità tecniche non comuni però non intessute con un’ispirazione unitaria. Talvolta egli stesso si mostra autocritico dei suoi «sbandamenti», come quando dichiara la sua insoddisfazione per il Pio II collocato in ombra nella Chiesa di Sant’Agostino: non era riuscito a combinare, confessa, arditezza e fedeltà. Uno dei capolavori senesi è la «Pietà» della cappella Bichi-Ruspoli alla Misericordia: lì Duprè eccelle nella capacità di modulare in un’originale sintassi di sapore classico un tema altamente patetico, svolto però senza cedere a effetti facili. Ma l’insuccesso del monumento a Cavour, eseguito per Torino (1865-73) è emblematico. L’uomo di Stato era ritratto

con acuto sguardo mentre l’Italia era rappresentata in forma di allegoria come una donna derelitta che si prostra ai piedi del diplomatico eroe. Quando mai una nazione si affida alle virtù di un uomo? L’interrogativo che accigliati critici gli scagliarono contro coglieva sia la discutibile e apologetica interpretazione politica che l’accostamento di due chiavi – quella allegorica e quella della ritrattistica – in conflitto tra loro. Eppure, involontariamente, conteneva qualcosa di profetico. L’anno «Duprè duecento», orchestrato dall’Onda contribuirà di certo a far meglio penetrare un’opera a volte liquidata come gelidamente mortuaria e accademica ed invece ricca di virtuosistiche soluzioni, da scoprire con pazienza. Magari soffermandosi su dettagli minimi, anche in quella produzione alessandrina meno soggetta ai doveri imposti dalla committenza. Non è forse inesatto notare una certa analogia con la parabola artistica di un Carducci, in vecchiaia approdato ad un’ufficialità paludata e solenne.

5 25 MARZO 2017


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.