Giornalino Settembre 2013

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anno 5 - N. 11

CN/RE1324/2012/CT

Notiziario della P.A. Croce Verde, via Boschi 22, 42035 Castelnovo ne’ Monti - Tel. 0522 612164 - Cell. 327 1610236 - www.croceverdecm.it - info@croceverdecm.it

Intervista a Carlo Lusenti Assessore regionale alla Salute

Intervista a cura di Roberto Rocchi

Nato a Reggio Emilia nel 1956, è sposato e ha tre figli. Laureato in Medicina e chirurgia, specialista in Urologia, Chirurgia d’urgenza, Endocrinologia ad indirizzo andrologico. Dal 1990 è urologo all’Ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia, dal 2005 direttore della Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale Bufalini Ausl di Cesena, dal 2008 direttore del Dipartimento Chirurgico della stessa Ausl. Dal 1998 al 2006 è stato segretario regionale Anaao Assomed (associazione medici dirigenti) dell’Emilia-Romagna; nel 2006 è diventato segretario nazionale Anaao Assomed, segretario generale Cosmed (confederazione sindacati medici e dirigenti), segretario nazionale Assomed Sivemp (sindacato medici e veterinari del ministero della Salute), incarichi questi che ha lasciato nell’aprile 2010 assumendo la funzione di assessore regionale alla Sanità. Cominciamo col definire le competenze e gli spazi di azione di un assessorato regionale alla sanità. L’Assessorato politiche per la salute programma e governa il Servizio sanitario regionale per garantire a tutte le persone che vivono in Emilia-Romagna servizi

appropriati, tempestivi e di qualità per la tutela, la cura, il recupero della salute. A livello nazionale sono stati stabiliti i livelli essenziali di assistenza (Lea), cioè i servizi ritenuti indispensabili e da erogare a tutti e in tutto il territorio nazionale; le Regioni possono integrare i Lea nazionali e l’Emilia-Romagna lo fa, ad esempio offrendo assistenza odontoiatrica gratuita a particolari gruppi di persone, offrendo la certificazione gratuita per l’attività sportiva a minori e persone con disabilità. Non creda che siano affermazioni poco concrete: far vivere in questo modo il Servizio sanitario regionale è il nostro impegno quotidiano, di noi come Regione e degli oltre 60mila operatori che ogni giorno prestano la loro opera con professionalità e dedizione. La difesa di questo patrimonio e quindi la ricerca del miglioramento continuo, anche in questo difficile momento di crisi, rappresenta per noi una priorità. Molto spesso si dibatte dei nostri ospedali e delle difficoltà gestionali legate alle risorse economiche ed ai tagli della spesa pubblica. In quest’ottica, quali sono gli aspetti maggiormente preoccupanti? Le politiche nazionali riguardo alla sanità pubblica continuano a lasciarci in una grande incertezza e a renderci più complicata quella ricerca e tensione al miglioramento a cui comunque non rinunciamo. Abbiamo avuto per la prima volta un calo di risorse nel 2013 rispetto al 2012 (-1,04%); mancano ancora prospettive e strategie precise dal livello nazionale. E nel 2012, ad aggravare la situazione, c’è stato il devastante terremoto che ha colpito parte dell’Emilia provocando vittime, feriti, distruzioni. Noi, mentre continuiamo la nostra azione di sollecito al Governo, continuiamo a difendere il nostro Servizio sanitario

rinnovando, valorizzando il lavoro degli operatori, razionalizzando e riorganizzando. Gli interventi prioritari riguardano le due principali aree del sistema, l’assistenza primaria e l’assistenza ospedaliera. Riguardo a quest’ultima, le nostre riflessioni sono mirate a qualificare meglio i servizi erogati, e quindi a concentrare e a decentrare prestazioni per evitare ridondanze e garantire qualità. Stiamo già sperimentando, e con buoni risultati, l’assistenza per intensità di cura, vale a dire il raggruppamento dei malati per intensità di bisogno assistenziale e non per disciplina: stiamo, in una parola, cercando di strutturare la rete ospedaliera con modalità che permettano di migliorare l’assistenza e di utilizzare al meglio le diverse professionalità. Negli ultimi anni le pubbliche assistenze hanno offerto alle Aziende sanitarie un valido contributo nella gestione, trasporto ed anche assistenza alle persone che non necessitano specificatamente di un ricovero ospedaliero. Quale è il “peso netto” delle pubbliche assistenze nel sistema sanitario regionale? Il volontariato è una risorsa molto importante e la Regione da sempre ha valorizzato e sostenuto le diverse esperienze presenti; il volontariato rappresenta un partner indispensabile per il perseguimento di un welfare regionale basato sull’universalismo e sull’equità. Nel campo del soccorso in particolare, la Regione ha avviato da tempo il percorso di accreditamento delle strutture di soccorso sia pubbliche che private, riconoscendo così la qualità delle prestazioni erogate dal volontariato. All’interno della Croce Verde di Castesegue a pag. 2


i nostri volontari La rubrica dedicata alla presentazione dei nostri volontari si svolge questa volta in modo leggermente diverso dal solito e più precisamente con una coppia iniziale anzichè un singolo. Si tratta di due colonne dell’Associazione e forse quelle con più anzianità, ma non anagrafica, di appartenenza. Una oramai si dedica quasi esclusivamente al sostegno culinario dei volontari, con succulente prelibatezze che ci invia dalla sua Gombio e che noi “spazzoliamo” con incredibile veemenza. Chi la conosce avrà capito Marisa Croci che si parla di Marisa Croci, che come dicevo non riuscendo quasi più a fare turni in emergenza, ci è comunque vicina ed è sempre molto disponibile per qualsiasi tipo di esigenza culinaria. Queste poche righe per ringraziarla di tutto ciò che fa. Ne parliamo in abbinamento con Iris Rossi, che con grossi sacrifici riesce ugualmente a garantirci la sua presenza nei turni di emergenza, portando con la sua innata simpatia allegria e gioia in sede, ogni qualvolta sia presente. Ora altre due colonne della CVCM, questa volta presi singolarmente e per par condicio due maschi; il primo è Iris Rossi Emanuele Arduini detto Lele, che ormai si dedica quasi esclusivamente ai turni in Automedica, della quale conosce tutti i segreti, anche

perché nella sua innata generosità copre i bisogni delle altre associazioni che con noi svolgon tale servizio. Lele, inoltre, è anche il titolare del lavaggio, in cui si curano i nostri mezzi associativi ed anche in quel contesto la sua disponibilità è immensa. Persona umile e precisa, mette impegno in tutto ciò che fa trasmette “carEmanuele Arduini ica” agli altri volontari. Veniamo ora all’ultimo personaggio, non per ordine d’importanza ma di arrivo presso la nostra Associazione. Si tratta di Francesco Fioroni che attratto dall’esperienza dei figli, colonne portanti della Verde, una volta in pensione ha deciso di dedicarsi anima e corpo al volontariato (per la gioia della consorte che non se lo ritrova in mezzo ai piedi). Esso vive ormai costantemente in sede e il bus per il trasporto dei disabili è quasi diventata la Francesco Fioroni sua seconda casa. Mai stanco e sempre pronto nonostante il capello bianco (chiaramente precoce), Francesco è un punto di forza notevole per poter sempre progredire ed incrementare i servizi. Verrebbe da dire che assieme ai figli si può definire: “una famiglia al servizio della Cvcm”. In chiusura di articolo voglio ringraziare tutti i personaggi che sono passati e passeranno per questa rubrica e tutti i volontari che ci permettono una crescita costante.

Andrea Zini

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lnovo ne’ Monti trova largo spazio l’aspetto della formazione. Ciò ha consentito l’elevazione degli standard legati al soccorso, ma anche un approccio maggiormente incisivo (dal punto di vista professionale) con l’utenza. Quale aiuto fornisce la Regione nel perseguimento di questo importante obiettivo? Poco fa parlavo dell’accreditamento delle strutture di soccorso sia pubbliche che private. Ecco, l’accreditamento, come sappiamo, prevede anche requisiti legati alla formazione continua, i cui oneri possono essere sostenuti dalle Aziende Usl. Il protocollo che abbiamo sottoscritto con Anpas, a cui la Croce verde è associata, prevede ulteriori possibilità di sostegno ai percorsi di formazione in modo omogeneo in tutto il territorio regionale. Nel calendario 2013 della Croce Verde sono percorse le tappe generazionali dei volontari. Non sempre è così scontato vedere collaborare giovani con persone di 20 o 30 anni più grandi. A suo parere, a cosa si deve questa tipicità, per nulla scontata, che contraddistingue il volontariato sociale della nostra montagna? Credo che anche l’ambiente, oltre che la sedimentata vocazione solidale presente nella popolazione regionale, abbia la sua importanza. Nei luoghi della nostra montagna le relazioni delle persone sono forse favorite anche dall’ambiente, dall’essere piccole comunità. E in questo ambito credo che anche il volontariato rappresenti un modo per testimoniare concretamente il proprio sentimento di appartenenza. Cosa sia aspetta, per la crescita delle strategie sanitarie regionali, dal nuovo Governo? Ci aspettiamo di arrivare in tempi brevi alla definizione del Patto per la salute, il principale strumento necessario per la programmazione a livello regionale. E’ nel Patto per la salute che si sottoscrive tra le Regioni e il Governo che vengono indicate le risorse, gli obiettivi, i compiti dei vari livelli istituzionali. Ci rendiamo conto che il Governo è nato da poco e che i problemi da affrontare sono tanti, ma i Servizi sanitari regionali non possono aspettare più a lungo. Abbiamo bisogno che ci sia consapevolezza diffusa sulla necessità di investire risorse (e non di tagliarle) sulla sanità perché la sanità può e deve anche attenuare l’impatto sociale prodotto dalla crisi. Roberto Rocchi


i nostri PRESIDI Sfigmomanometro e Fonendoscopio Voglio parlarvi, in queste poche righe, di un paio di presidi tanto semplici quanto importanti. Non a caso, sono tra i primi strumenti ad essere usati quando si esce in emergenza per poter raccogliere un parametro vitale da riferire alla centrale 118. Questi due presidi sono lo sfigmomanometro ed il fonendoscopio. Essi servono per misurare la pressione arteriosa, ovvero, la forza esercitata dal sangue sulle arterie quando viene pompato dal cuore. Lo sfigmomanometro, chiamato comunemente “sfigmo”, è composto da un bracciale con all’interno una camera d’aria, collegata ad una pompetta e ad un manometro tramite dei tubi in gomma. Il fonendoscopio invece, è composto da una membrana tesa in una sorta di “campana” o “disco”, che amplifica i suoni nella zona in cui entra a contatto, trasmettendoli tramite un tubo alle orecchie. Durante la rilevazione della pressione arteriosa, il bracciale viene posto sul braccio all’altezza del cuore e circa al livello della piega del gomito. Sotto di esso, verrà posta la campana del fonendoscopio. A questo punto, il bracciale viene gonfiato con la pompetta finché non esercita abbastanza pressione da bloccare momentaneamente il flusso del sangue. Il bracciale verrà poi fatto sgonfiare con l’apposita rotella posta a monte della pompetta. Nell’arco di questa fase, continuando a sgonfiare il bracciale, si potrà sentire con l’ausilio del fonendoscopio la pressione arteriosa. Il primo battito che sentiamo corrisponde alla pressione sistolica, ovvero la co-

siddetta “massima”, mentre l’ultimo è la diastolica o “minima”. Il valore della pressione viene visualizzato dal manometro mentre ascoltiamo. Sapere questo dato è importante perché una variazione del parametro potrebbe indicare una alterazione dello stato di salute del paziente. Non essendo una manovra invasiva essa risulta essere semplice da eseguire e viene ben tollerata dalla persona soccorsa. L’illustrazione semplice e sintetica di questi due strumenti, permette di coglierne appieno il valore e l’importanza nello stabilire le patologie cui vanno incontro pazienti gravi e non e tutti coloro che pur avendoli visti si sono talvolta chiesti come funzionino nella pratica. Andrea Zini

il medico risponde... (il dottor Ermanno Briglia) Cominciamo la serie dei quesiti che i lettori possono rivolgere direttamente al medico, sia per posta elettronica (info@croceverdecm.it) che nelle forme tradizionali. E’ possibile avere consulti, porre domande, soddisfare curiosità ed anche rivolgere compiacimenti per esperienze personali. Invitiamo tutta la cittadinanza ad approfittare di questa occasione. Il termine “anestesia” deriva dal greco an(senza) e aisthesis (sensazione) ed è un termine medico con cui è descritta l’abolizione completa o parziale della sensibilità. Solo i medici specialisti in Anestesia e Rianimazione possono effettuare l’anestesia: è una specializzazione molto impegnativa e dopo la laurea in medicina e chirurgia occorrono altri cinque anni di studio per conseguire tale titolo. Oggi potremmo definire come anestesia generale una condizione di coma reversibile, indotto artificialmente, atta a consentire lo svolgimento anche dei più complessi atti chirurgici passando attraverso alcune fasi che sono appunto la sedazione, l’ipnosi, l’analgesia e il rilassamento completo. L’anestesia o narcosi è uno stato farmacologicamente indotto,temporaneo e reversibile di: ipnosi (perdita di coscienza dovuta alla somministrazione per via endovenosa di potentissimi farmaci che agiscono in pochi secondi); analgesia (abolizione delle sensazioni dolorose) dovuta alla somministrazioni per via endovenosa Ermanno Briglia è nato nel 1954 e si è di farmaci detti narcotici che sono molte volte più potenti della morfina; miorilaureato a Milano con specializzazione soluzione o curarizzazione (paralisi muscolare) dovuta alla somministrazione in anestesia e rianimazione conseguita endovenosa di farmaci denominati miorilassanti o curari. all’università di Parma nel 1988. Giunto Il fine dell’anestesia, dunque, è indurre temporaneamente la perdita totale della a Castelnovo ne’ Monti nel 1991 con coscienza, con soppressione di ogni tipo di sensibilità; le sue maggiori apl’incarico di aiuto primario di rianima- plicazioni riguardano la chirurgia. L’anestesia può essere applicata all’intero zione, è diventato responsabile pronto corpo ed è chiamata anestesia generale oppure a una parte del corpo ed è soccorso nel 1998 e dirigente responsabile di anestesia e rianimazione fino conosciuta come anestesia regionale o locale. al 2001. Direttore responsabile di strut- Tre buoni motivi per cui non bisogna avere paura dell’anestesia. Innanzitutto le tura semplice dipartimentale di aneste- forme di anestesia sono oggi estremamente sicure e hanno ridotto al lumicino, sia e rianimazione, ha svolto l’incarico quasi annullandoli, i rischi per il paziente. In secondo luogo, si effettuano in fino al 2011 per poi ricoprire analogo ambiente protetto e sono gestite da professionalità ben precise che utilizzano incarico presso l’ospedale S. Maria macchinari e dispositivi sempre più moderni e affidabili. Da ultimo, i farmaci di Reggio Emilia. Direttore della P.A. utilizzati rendono l’anestesia ben diversa e meno invasiva rispetto a 20-30 anni Croce Verde Castelnovo ne’ Monti (e fa, senza effetti negativi al risveglio del paziente. Proprio nella fase del risveglio, socio fondatore del Near) è stato fra infine, cioè dopo l’intervento chirurgico, il dolore post operatorio viene abolito coloro che hanno contribuito ad istitugrazie a terapie particolari e non si avverte alcun dolore, contrariamente a taluire la prima auto medica nel 1991. ne inopportune e non veritiere dicerie.


Stefano Cenerini: medico e missionario I motivi di una scelta di vita L’idea di questo articolo è quella di scoprire nuovi punti di vista e creare un collegamento tra il precedente racconto relativo all’Etiopia e la partenza con biglietto di sola andata di un altro sanitario, il dottor Stefano Cenerini, medico del Pronto Soccorso di Castelnovo ne’ Monti. Ho ritenuto importante lasciarlo parlare a ruota libera, illustrando racconti ed eventi, così da permettere al lettore di comprendere il significato per cui, tra notevoli difficoltà, un medico italiano decida di dedicare la propria vita ai più deboli in Africa. “Era l’estate del 1983 quando incontrai il mio primo maestro di vita, frate Leonardo Serra, un missionario medico che attraverso la sua gioia e i suoi racconti dell’Etiopia, instillò in me un primo interesse per l’Africa. L’anno successivo, decisi di iscrivermi alla facoltà di Medicina e Chirurgia con l’intento di poter “fare da grande” il medico missionario. Alla fine del primo anno di Medicina passai tre settimane in Etiopia, presso alcune missioni dei frati cappuccini. Proseguii i miei studi e prossimo alla laurea, alla fine del 1991, partii per due mesi per Taza, presso il centro sanitario diretto da fra Leonardo. Nonostante fossi ancora studente, con lui sono stato molto in sala operatoria, per operazioni oculistiche e ortopediche. In seguito a questo viaggio e a quello successivo (nel 1995), presi coscienza del fatto che la preparazione medica fornitami dall’università non era sufficiente per affrontare la totale diversità di patologie riscontrate in Etiopia: non potevo permettermi di continuare ad essere così approssimativo. Decisi così nel 1996 di tornare a studiare, questa volta presso l’Università di Liverpool, per ottenere il diploma in Medicina e Igiene Tropicale. Nel 1997 partii con la UMMI (Unione Medico Missionaria Italiana, Onlus) per Mishikishi, in Zambia, con l’intento di “partire per restare”. Rimasi là per un anno: il mio lavoro si svolgeva principalmente a contatto con bambini da 0 a 5 anni e nella supervisione di cliniche periferiche. Sempre là, il 26 ottobre 1997, mi sposai con Zenebech, infermiera etiope conosciuta a Taza. Di lì a poco ci trasferimmo in Zimbabwe: per 5 anni sono stato presso l’ospedale di Matibi, attrezzato con 120 posti letto divisi in 5 reparti, 3 sale operatorie e tutti gli altri servizi che questo tipo di ospedali rurali usualmente hanno. Veramente un buon ospedale, ottimo per l’Africa, dove ebbi come maestro Herbert Aschwanden, esperto chirurgo svizzero. Alla sua partenza sono rimasto a Matibi come unico medico per 3 anni e 7 mesi. Quello fu sicuramente il periodo della mia vita che mi ha più segnato: furono anni davvero difficili per il Paese, in grave crisi politica (e quindi anche economica) ed io ero l’unico medico (oltretutto con moglie e figlio al seguito)

nel giro di 80 chilometri. L’ultimo anno della mia permanenza in Zimbabwe lo trascorsi presso il St. Michael’s Hospital, dove ebbi l’onore e il piacere di conoscere un’altra maestra di vita, la dottoressa Maria Grazia Buggiani, classe 1931, con 46 anni di vita in Africa, fondatrice e direttrice dell’ospedale. All’inizio del 2011 mi chiese ufficialmente di succederle, data la malattia e l’imminente ritiro dalla professione. Tuttavia, subito dopo la sua morte la situazione si ribaltò completamente e gli eventi successi in loco non mi permisero in alcun modo di diventare suo onorato successore. In seguito a questo avvenimento molto pesante e difficile da superare, decisi di sedermi un attimo a riflettere per fare il punto della situazione rispetto alla mia vocazione di medico missionario. Non dimentichiamoci mai che l’Africa tanto dà e tanto toglie, è viva e colma di contraddizioni, cambia repentinamente fregandosene dei nostri desideri, ed è forse proprio la meraviglia e la sorpresa che ogni giorno ti regala che te la fa amare ed assaporare in ogni sua sfaccettatura. Riconfermai il mio desiderio di essere nella vita medico missionario. Nel 2012 la svolta: la nuova partenza per l’Etiopia, con destinazione Abobo. Prima di partire ho voluto fare una selezione di vari ospedali a cui mandare il mio curriculum vitae: ho cercato volutamente ospedali in luoghi isolati, i cui pazienti avessero realmente bisogno. L’unica risposta realmente affine alle mie aspettative mi è arrivata dalla dottoressa Maria Teresa Reale, iniziatrice del Centro Sanitario di Abobo nel 2002, in Etiopia da 22 anni. La sua risposta mi ha affascinato perché non era centrata soltanto su elementi medici, ma è stata anche ricca di contenuti umani. La mia scelta di partire non è professionale, ma è missionaria e medica allo stesso tempo: missionaria per vocazione, medica nella concretezza dell’esercizio professionale quotidiano. Ad Abobo inizialmente non avrò altro compito che cercare di rimpiazzare la dottoressa Barbara Cavalli, appena partita dopo 10 anni di permanenza in loco. Per quanto riguarda Castelnovo ne’ Monti ed il servizio di Emergenza Sanitaria presso il quale ho passato cinque anni, ritengo che sia tutto ben proporzionato: il paese è di modesta grandezza e gode di un servizio di Pronto Soccorso a cui non manca nulla; è molto efficiente, con personale e mezzi adeguati. Professionalmente parlando, sono riuscito ad instaurare ottimi rapporti professionali con tutti ed ho stretto anche alcune belle amicizie, certamente indimenticabili ed un buon rapporto con tutte le pubbliche assistenze del comprensorio montano. Non posso concludere che elogiando soprattutto la Croce Verde di Castelnovo ne’ Monti: la costante e continua presenza di volontari molto giovani, che contribuiscono in modo determinante a portare avanti un’associazione di valore, a farla crescere e migliorare giorno dopo giorno, garantisce un servizio alla collettività competente ed efficiente.”

Ilaria Zanni

Comitato di Redazione: Iacopo Fiorentini, responsabile del notiziario; Arianna Ferrari, Ilaria Zanni, Andrea Zini, redattori; Roberto Rocchi, coordinatore di redazione. Impaginazione e stampa: La Nuova Tipolito - Felina di Cast. Monti (RE) finito di stampare in castelnovo ne’ monti in data 23 SETTEMBRE 2013


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