Magazine Luglio 2010

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Paraguay: viaggio nell’umanità

Visita di alcuni parlamentari, tra cui Maurizio Lupi, nella missione di San Rafael. PAGINA 2

GLI SPECIALI

Energia: sostenibilità e opportunità di crescita per il Paese

Più di 150 persone hanno partecipato alla tavola rotonda organizzata dalla fondazione. Tutti gli interventi dei relatori. DA PAGINA 3 A PAGINA 6

COSTRUIAMO IL FUTURO LUGLIO 2010

APPUNTAMENTI

Costruiamo il futuro News - Supplemento a Mediastore Italia - Anno 12 - n. 7/8 - 31 maggio 2010 - Poste Italiane SpA - Spediz. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in Legge 27/02/2004 n°46) Art.1 Comma 1 D.C.B. Milano - Registrazione al Tribunale di Milano n. 536 del 12 agosto 1999. Direttore Responsabile: Angelo Frigerio - Editore: Frimedia S.r.l. - Stampa: Bellavite - (Missaglia) - Redazione: Palazzo di Vetro, C.so della Resistenza, 23,20036 Meda (MB) -Tel. 0362/600463-4-5 - Fax 0362/344535

Tutti al Meeting di Rimini

Tre capi di Stato, i presidenti della Commissione e dell'Europarlamento, sei ministri, esponenti della gerarchia vaticana, il 'gotha' dell'economia e della finanza italiana ed i vertici delle Parti sociali: sono tra i principali protagonisti che si confronteranno negli oltre 100 incontri della 31esima edizione del Meeting di Rimini che si terrà dal 22 al 28 agosto sul tema: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. La kermesse che segna la ripresa politica dopo la pausa estiva, sarà aperta il 22 agosto dalla presidente irlandese Mary McAleese, mentre poco prima il Ceo di Intesa Sanpaolo Corrado Passera ed il segretario della Cisl Raffaele Bonanni si confronteranno sulla ripresa economica. Lunedì 23 il ministro del Welfare Maurizio Sacconi parlerà di povertà, mentre sull'energia si confronteranno l’AD di Enel Fulvio Conti ed il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia. Martedì 24 toccherà al ministro delle infrastrutture Altero Matteoli confrontarsi sulla mobilità con l'Ad di Autostrade Giovanni Castellucci. Il 25 il ministro dell'Interno Roberto Maroni sarà protagonista di un incontro su immigrazione ed integrazione, mentre sull'Italia alle prese con la crisi si confronteranno la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il presidente di Generali Cesare Geronzi e il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Giovedì sarà la volta di Sergio Marchionne, Ceo di Fiat, ma anche del confronto tra il ministro della Giustizia Angelino Alfano (protagonista anche di un incontro con Enrico Letta SEGUE A PAGINA2

INTERVISTA AL MINISTRO

La Russa: “La Difesa per la sicurezza” “L’impiego dei militari in servizi di vigilanza per garantire protezione ai cittadini” PAGINA 8

MAGAZINE

L’OPERA DI PADRE ALDO TRENTO

Corti, anima letteraria della Brianza PERIODICO DELLA FONDAZIONE COSTRUIAMO IL FUTURO

www.costruiamoilfuturo.it

UN MAESTRO DI LETTERATURA E UMANITA’

Un nutrito comitato sta lavorando per proporre lo scrittore di Besana come Premio Nobel o senatore a vita. Il riconoscimento all’artista che ha fatto emergere la natura profonda di cosa sia l’uomo ieri, oggi e sempre Bisogna andare a casa sua. C’è l’odore buono della Brianza. Qualcosa che viene insieme o forse prima ancora dei pensieri; qualcosa per cui non so trovare altra definizione che la vita. C’è la vita della Brianza in quella sua villa di Besana Brianza. Il colore del giardino, di un verde che è solo brianzolo. L’ospitalità discreta, senza sfarzi né scene. La penombra. C’è un tipo di umanità unica lì: la quale è sì di Eugenio e Vanda Corti, ma che è espressiva dell’identità di una terra oggi istituzionalizzata in provincia. La Brianza in passato ha avuto grandi incarnazioni: preti, imprenditori, un papa, pittori. Ma in Corti ha trovato chi ne ha fissato in forma letteraria, in forma poetica il timbro unico. Al punto che senza Eugenio Corti oggi sarebbe impossibile parlare di Brianza. Sarebbe stata già spazzata via dalla vita reale, e infilata in un bel mobile come un reperto glorioso, magari da ricordare con qualche festa folkloristica. Invece c’è stato e c’è Eugenio Corti, il quale coincide con la sua opera, in particolare con “Il Cavallo Rosso”, ma è anche altra cosa dalla sua opera, perché è vivo. E facciamo in tempo a riconoscere la sua preziosità non solo per la Brianza ma per l’Italia intera in due maniere: o con il premio Nobel per la letteratura o con la scelta del Presidente della Repubblica di farlo senatore a vita. Basta e avanza “Il Cavallo Rosso” per giustificare le scelte dell’Accademia svedese e del Capo dello Stato. Lì c’è la saga di una famiglia, l’epopea del Novecento vissuto dal di dentro della comunità irripetibile che si chiama Brianza. Ma non è solo Brianza. Il particolare diventa universale. Emerge la natura profonda di che cosa sia l’uomo ieri oggi e sempre. Certo ha i connotati lombardi, ma ciascuno – fosse giapponese o lappone – riconosce le mosse del proprio cuore. Non ci sono paragoni possibili se non con Aleksandr Solzenycin, il quale ha consegnato ai suoi contemporanei e ai posteri non solo la memoria del Gulag, ma lo spirito russo, il tipo d’uomo russo, con l’impasto di temperamento, ideali, vizi, passioni. Per questo è stato maestro di letteratura e di umanità. Così Eugenio Corti. Forza, mobilitiamoci. Lo merita Corti, lo meritano le generazioni future che più facilmente – se conseguiremo il nostro scopo – potranno attingere all’acqua viva che è e sarà la sua opera.

Eugenio Corti.

RENATO FARINA

A SCUOLA DI METODO

“Politica in corso”

Formare una classe dirigente al servizio delle istituzioni e della società civile e mettere in rete le potenzialità dei giovani coinvolti attivamente nella vita pubblica del Paese. Sono questi alcuni degli obiettivi della scuola di politica che stanno organizzando alcuni giovani della Brianza con il sostegno della fondazione “Costruiamo il futuro”. L’iniziativa, denominata “Politica in corso”, è stata presentata venerdì pomeriggio nel corso di una conferenza stampa ed è rivolta agli amministratori locali, e più in genere a quelle persone che non intendono la politica come gestione del potere ma come servizio alla persona. Obiettivo della scuola, che è rivolta in modo particolare alla provincia di Lecco e di Monza e Brianza, è aiutare a conoscere meglio il potenziale presente all’interno e all’esterno della politica e a sviluppare metodi che aiutino i politici ad amministrare. La prima lezione è prevista per settembre, gli appuntamenti successivi avranno cadenza mensile e si terranno di sabato mattina dalle 10 alle 12, presso “il Granaio” di Villa Greppi a Monticello Brianza. Gli incontri seguiranno un preciso format, nella prima ora è prevista un’introduzione di carattere scientifico e due testimonianze di esperienza politica, mentre nell’ora successiva sarà data la possibilità ai partecipanti di intervenire e fare domande ai relatori. Chi fosse interessato ad iscriversi alla scuola di politica può contattare la fondazione “Costruiamo il futuro” al numero 039.5969259, inviare una mail all’indirizzo carlo@costruiamoilfuturo.it o un fax 039.5969950. SAMUELE SANVITO


Paraguay: viaggio nell’umanità 2

COSTRUIAMO IL FUTURO MAGAZINE

LUGLIO 2010

L’OPERA DI PADRE ALDO TRENTO

Visita di alcuni parlamentari, tra cui Maurizio Lupi, nella missione di San Rafael. A guidarli, il dottor Roberto Sega, socio della Fondazione e da poco nominato Console Onorario in Italia

Ritrovo a Malpensa: appuntamento con gli onorevoli Maurizio Lupi, Barbara Saltamartini e Gabriele Toccafondi, il dott. Emmanuele Forlani ed io (da poco nominato Console Onorario del Paraguay), destinazione Asunción-Paraguay, Paese le cui ricchezze sono terra e acqua. Dopo un viaggio durato circa 24 ore, con una sosta a San Paolo in Brasile, siamo atterrati nell’aeroporto internazionale “Silvio Pettirossi” di Asunción, dove ad accoglierci c’erano l’ambasciatore italiano in Paraguay insieme alle autorità del Governo della Nazione e Padre Aldo Trento, un missionario italiano della Fraternità San Carlo Borromeo, nostro amico e da circa 25 anni trasferitosi in Paraguay. Dopo esserci sistemati nei nostri alloggi, l’appuntamento era a cena a casa di Padre Aldo nella Parrocchia di “San Rafael”. Il clima cordiale ed un buon vino argentino sono stati lo sfondo gradevole nel quale Padre Aldo ci ha introdotti nella storia del popolo Guarany, spiegandoci come il capitolo più importante nella storia del Paese è stato marcato dalla presenza dei missionari della Compagnia di Gesù (1609 – 1768), i quali portarono a compimento l’esperienza delle missioni gesuitiche o “Reducciones”, si deve infatti a loro l’esistenza della grammatica e della trasmissione della cultura indigena; interi villaggi di indigeni cristiani educati alla fede, ai mestieri e alle arti dai gesuiti. L’unica cosa che i missionari hanno imposto è stata la soppressione della pena di morte in uso tra gli indigeni selvaggi. Padre Antonio Trento (Padre Aldo nome assunto da religioso), missionario in Paraguay da circa venti anni ci racconta la sua storia, dall’Italia al suo incontro personale con quella terra che gli cambierà la vita. Padre Aldo, nasce il 12 gennaio del 1947 a Sovramonte, provincia di Belluno, e nel 1971 viene ordinato sacerdote. Lui stesso racconta di quell’epoca: “Appena ordinato sacerdote, negli anni 70, ho vissuto un’epoca confusa, della mia vita e della Chiesa. Io ero prete, ma non mi vedevo capace di risposta a nulla. Mi sono gettato nell’ideologia di estrema sinistra, marxista. In quei tempi credevo anche che la lotta armata fosse un opzione lecita per portare avanti la lotta di classe .L’Io era del Che, di Mao, della Guerra nel Vietnam… I miei superiori mi hanno confinato a Salerno ad assistere i figli dei carcerati, per vedere se così facendo “rientravo in careggiata”. “Poi – continua Padre Aldo – l’incontro che mi cambiò la vita. Era il 25 marzo del 1988, lo ricordo come se fosse ieri, in ginocchio e piangendo davanti a Don Giussani ho raccontato disperato che ero innamorato di una donna. Giussani mi abbracciò e mi disse: “questa è una grazie per te, per lei per i suoi figli e per la Chiesa” E così è stato! Nel 1989, sem-

Un battesimo fatto da Padre Aldo Trento, presso la clinica ad asuncion.

pre in un incontro con don Luigi Giussani gli viene proposto di andare in missione in Paraguay e, come Matteo nel quadro di Caravaggio, Padre Aldo si tocca il petto con un dito è dice: «Io? Ma proprio io? Sei sicuro?». Alla proposta Padre Aldo si difese - nonostante fosse un suo antico ideale la missione – non ritenendosi preparato e adeguato. Don Giussani lo incoraggiò, gli disse che era sicuro di lui, nonostante tutto non aveva mai messo in dubbio la vocazione di sacerdote, e decise di chiedere a don Massimo Camisasca di riceverlo nella Fraternità missionaria di San Carlo Borromeo. E così senza neanche rendersene conto, padre Aldo si trovò, accompagnato da Giussani, nell’aeroporto di Linate. Il 1989 è l’anno che segna un cambiamento di rotta anche nel Paraguay: il dittatore Alfredo Stroessner lascia finalmente il potere dopo 35 anni. Oggi il paese è nelle stesse condizioni, l’economia si trova sotto il minimo, la società è annullata e, da tutte le parti, regna il caos. Padre Aldo arrivò in Paraguay il 6 di settembre del 1989, attanagliato da “il male del vivere” che non passava, Aldo non vedeva nel Paraguay altro che caldo e polvere. I viaggi interminabili con mezzi di trasporto sconquassati, la gente che lo ingannava, l’insonnia, le notti in bianco senza dormire. Padre Aldo non era da solo, ma non riusciva a vincere la solitudine che aveva dentro. Fino a quando improvvisamente la situazione cambiò. Nel 1999 il parroco di San Rafael, italiano ed anch’egli appartenente alla Fraternità di San Carlo, Padre Alberto, per motivi di salute dovette rientrae improvvisamente in Italia. Ora Aldo era veramente da solo, ma nuove responsabilità, assolutamente impreviste, vennero a riscattarlo dalla sensazione di isolamento. Ricorda don Massimo Camisasca: «Bernanos scrive che è neccessario che un’opera tocchi il fondo perchè vera-

Tutti al Meeting di Rimini

SEGUE DALLA PRIMA

dell'Intergruppo per la Sussidiarietà) con Luciano Violante del Pd, e del faccia a faccia sul federalismo tra i Governatori di Lombardia, Veneto e Toscana Roberto Formigoni, Enrico Rossi e Luca Zaia. Toccherà al vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani parlare di innovazione con il ministro dell'Industria di San Marino Marco Arzilli, il presidente di Farmindustria Sergio Dompe' e l'Ad di Poste italiane Massimo Sarmi. Sempre giovedì ci sarà l'incontro di politica estera: a fare gli onori di casa il ministro degli Esteri Franco Frattini, che parlerà di libertà religiosa e responsabilità politica con il presidente del Congo Joseph Kabila ed i ministri degli Esteri di Turchia, Egitto, Nigeria, Pakistan ed Iraq. Venerdì sarà la volta del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna: parlerà di integrazione al femminile, ma a Rimini ci saranno anche Giuliano Amato, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e i presidenti della Commissione e del Parlamento Ue, Jose' Manuel Durao Barroso e Jerzy Buzek, che parleranno di Europa delle Regioni con il presidente della Romania Traian Basescu ed il governatore lombardo Roberto Formigoni. Ricco anche il carnet di presenze ecclesiastiche: dal presidente delle conferenze episcopali d'Europa Peter Erdo al Primate d'Irlanda Diarmuid Martin; dal cardinale Patriarca di Venezia Angelo Scola al cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso.

mente nasca. Così è stato per padre Aldo. Quando già non aveva nessuno con lui e io stavo decidendo di chiudere la nostra missione in Paraguay, lui incomminciò a vedere la sua vita, la missione e la gente che gli stava intorno in un’altra maniera». Attualmente la “reducción” di San Rafael appare come una parrocchia urbana originale, con quell’aspetto di patchwork architettonico che comunque evidenzia un’armonia, nel fondo si distingue il profilo di un castello medioevale, nel cortile le case sembrano rifugi dolomitici, e all’ingresso, circondata da giardini fioriti, si innalza la Chiesa. Un asilo, una scuola elementare il cui cortile ogni mattina è gremito di bambini (più di duecento), un’azienda agricola che prima era destinata al recupero dei carcerati e oggi è una succursale per i malati di aids non terminali, due casette per i bambini orfani o malati di Aids mentre nel lato opposto continuano le opere di ampliamento dell’Hospice per arrivare a dare accoglienza a cinquanta malati terminali, poi si scorge il poliambulatirio in piena attività (quindicimila persone assistite dal 2002), la fattoria “Padre Pio” dove si allevano mucche, la nascita della cooperativa di credito che eroga microcrediti, la pizzeria, la Casa Gioacchino e Anna per anziani, il Banco dei donatori del sangue, il Banco alimentare. Sono queste e altre le attività sviluppate da padre Aldo che a partire dall’incontro con don Giussani ha ritrovato se stesso e ha accompagnato gli ammalati in particolare quelli terminali verso l’incontro con Cristo Alla sera si riempono i tavoli della pizzeria che, oltre a dare lavoro a otto persone, assicura un sostegno economico alle opere della parrocchia, mentre il lunedì ci si intrattiene ne “I lunedì letterari” davanti al “Café Van Gogh” guidati da padre Paolino Buscaroli (prima in Cile e ora ad Asunción). Decine di persone lavorano nella parrocchia

LA FONDAZIONE IN VETTAAL BREITHORN

Ho accettato volentieri l'invito dell'amico Paolo Bellavite e del GSA (Gruppo Sportivo Alpini) di Missaglia a partecipare alla spedizione per portare il gagliardetto della Fondazione Costruiamo il Futuro sulla vetta del Breithorn Occidentale (4.165 mt.). Così ci siamo trovati di buona mattina con picche e ramponi a camminare sul ghiacciaio del Plateau Rosa'.La giornata è stata bella anche se, una volta giunti in cima il maltempo ci ha colto di sorpresa e abbiamo preso una leggera nevicata. E’ stata una bella giornata, impegnativa ma passata in ottima compagnia e molto gratificante per la bellezza della montagna e il piacere della salita.

San Rafael, centinaia di volontari sono implicati sparigliando la consuetudine l’avvocato tiene in ordine i conti, l’imprenditore ripara i tubi dell’acqua , il responsabile di una finanziaria coordina la catechesi, la massaia accudisce i malati. “Tutto però - ricorda sempre padre Aldo- nasce dal “vero parroco” che è il Signore, che viene adorato, pregato ed amato incessantemente nella capella del Santissimo.” Nel settembre del 2008, il Consiglio Comunale ed il Sindaco della Città di Asunción lo ha dichiarato “Cittadino Illustre”. Appuntamento per sabato mattina. Visita alla sede del Parlamento ed incontro con alcuni parlamentari paraguaiani. L’incontro con i colleghi parlamentari è cordiale, si parla delle principali problematiche del Paese ed a pranzo, presente anche il nostro Ambasciatore, sorge da parte loro il bisogno di stabilire un accordo di collaborazione tra i due parlamenti. L’On Maurizio Lupi suggerisce di fare quello che già è stato sperimentato con il Brasile dove è in atto una commissione bilaterale che lavora su un’agenda prestabilita di comune accordo. La proposta viene accettata e dopo il pranzo uno scambio di doni sancisce l’amicizia tra i due Stati. Domenica mattina, appuntamento alla Parrochia “S. Raffael” per andare a visitare le tante Opere realizzate e raccontate da Padre Aldo, prima su tutte “La Clinica Divina Providencia San Riccardo Pampuri”: è stato commovente seguire “il giro” di visita di ognuno degli ospiti ammalati terminali. Difficile dimenticare quei volti di adulti e bambini considerati il Capitale della clinica. Da qui la visita nel cantiere del nuovo ospedale, in via di completamento, per poi recarci nelle case di accoglienza per gli anziani. Dopo, visita alla scuola (quasi trecento bambini che per entrare devono avere come condizione quella di essere poveri, con un reddito familiare inferiore al minimo del paese) dove oltre all’insegnamento si provvede a dare ai bambini la colazione ed il pasto di mezzogiorno. Infine il policonsultorio che garantisce assistenza medico, infermieristica, fisioterapia (in totale più di 15.000 visite per anno) e somministra farmaci gratuitamente. L’ultimo gioiello è “La Casita de Belén” dove vengono accolti circa 40 “figli”, cioè bambini (dai 6 mesi a 11 anni) orfani o affidati dalle autorità giudiziarie perchè hanno subito violenze di ogni tipo anche quella sessuale e l’abbandono. Accompagnati fino all’aeroporto siamo partiti alla volta di San Paolo, gonfi di una emozione indescrivibile data da questo grande viaggio nell’umanità. DOTTOR ROBERTO SEGA CONSOLE ONORARIO DEL PARAGUAY IN ITALIA

LA VISITAALL’OSPEDALE MANDIC

Una visita all’ospedale Mandic di Merate per fare il punto sui lavori di ristrutturazione appena ultimati e su quelli in fase di realizzazione. E’ quella che lunedì 21 giugno ha avuto come protagonista il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, ospite del direttore dell’azienda ospedaliera Ambrogio Bertoglio. “Quello che vogliamo dire all’onorevole Lupi è che l’ospedale è vivo e vuole crescere – ha dichiarato il dg – Dal 2000 ad oggi sono stati investiti in lavori di ammodernamento e nuovi macchinari ben 18 milioni di euro ed altri 6,5 milioni sono stati appaltati a maggio per la riorganizzazione strutturale e funzionale di uno storico padiglione”. “Il Mandic va considerato come un patrimonio di grande valore – ha detto Lupi – Lo sviluppo e la crescita non si fermeranno, questa è la direzione verso cui bisogna andare”.


O S T GL R IS U P M I AM E C A G O I AL A IL I ZI F D N U I E T U R O C

Energia: sostenibilità e opportunità di crescita per il Paese

Introduzione Hanno partecipato più di 150 persone alla tavola rotonda “Energia: sostenibilità e opportunità di crescita per il Paese” organizzata dalla fondazione “Costruiamo il futuro” che si è svolta nella mattinata di sabato 12 giugno a Villa Greppi. Amministratori locali, presidenti di associazioni di categoria, amministratori di importanti aziende, e ovviamente i soci della fondazione, sono stati i numerosi partecipanti all’iniziativa che diventerà un appuntamento annuale per fare il punto sulle diverse problematiche e opportunità legate all’ambito energetico. Nella mattinata di lavoro si sono susseguiti autorevoli interventi, come quello dell’onorevole Stefano Saglia, sottosegretario allo sviluppo economico con delega ai problemi energetici. Durante la prima sessione di lavori sono intervenuti anche l’onorevole Raffaello Vignali, in qualità di moderatore, Silvio Bosetti, direttore generale fondazione “EnergyLab”, Andrea Baracco, amministratore delegato di Renault Italia, Adriano De Maio, presidente del distretto hi tech Milano Brianza e Marco Ricotti, docente di impianti nucleari al Politecnico di Milano. Durante la seconda parte dei lavori, moderata da Emmanuele Forlani, direttore scientifico della fondazione Costruiamo il futuro, sono intervenuti alcuni operatori del territorio come Roberto Troveri, senior consultant “Fomas Group”, Claudio Maggioni, Enel key manager Emerson Process management e Daniele Terruzzi, amministratore delegato della Terruzzi Fercalx, che hanno posto alcune domande alle “Istituzioni” intervenute sulle difficoltà e sulle prospettive che si trovano ad affrontare nel lavoro. A rispondere ai dubbi e alle loro problematiche sono stati Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei deputati, Marcello Raimondi, assessore regionale con delega all’Ambiente, all’Energia e Reti e Graziano Tarantini, presidente del Consiglio di sorveglianza di A2A.

In Italia non abbiamo avuto una politica nazionale sull’energia, ma la stiamo costruendo in questi tempi. Abbiamo una politica europea sull’energia molto difficile da comprendere, ma non possiamo prescindere dall’Europa in materia di politica energetica. Le priorità oggi dell’Italia e dell’Europa sono diventate: approvvigionamenti, sicurezza, ambiente e competitività. In Italia si discute da tempo della riduzione degli idrocarburi e questo ci pone davanti agli altri Paesi europei, perché per ovvie necessità ci siamo arrivati prima di altri a questa emergenza, e per la nostra posizione geografica possiamo essere una grande piattaforma energetica. Dal duemila in Italia l’accento è stato posto sul problema della produzione di energia, per questo oggi abbiamo un parco produttivo molto avanzato ed efficiente, nonostante sia ancora molto sbilanciato sul gas. Ci servono le strutture per l’estrazione del gas: abbiamo ancora giacimenti nell’Adriatico molto importanti che non sfruttiamo per pregiudizi di carattere ambientale abbastanza esigui, mentre i croati a poche miglia nautiche da noi lo fanno. La tecnologia e la ricerca ci danno la possibilità di fare molte cose nel rispetto dell’ambiente. Serve un’Europa più unita sulla politica energetica, serve una politica degli approvvigionamenti nazionale ed europea, dobbiamo incrementare le fonti rinnovabile e l’energia nucleare. Una strategia energetica che sarà sviluppata nei prossimi mesi, dando conto all’opinione pubblica mediante informazioni. L’obiettivo è al 2020 2030: le politiche energetiche non si fanno di anno in anno, bisogna che si manifestino e si realizzino nell’arco di un ventennio e che siano compatibili con l’Europa e con i cambiamenti di governo. È necessario investire ancora sulle infrastrutture per la rete del gas, perché gli idrocarburi saranno ancora la fonte di approvvigionamento per i prossimi 30-40 anni, la loro influenza si ridurrà solo quando saremo

in grado di costruire delle alternative, con investimenti importanti che necessitano di intelligenza e di denaro. Perché investire in fonti rinnovabili? Primo un paese deve avere tutte le tecnologie e tutte le fonti a disposizione se vuole essere equilibrato; e in secondo luogo per dare sicurezza ai cittadini e dare competitività di costi tant’è che sulle fonti rinnovabili abbiamo già delle eccellenze. Siamo presenti in modo significativo in tutto il mondo con aziende idroelettriche, ma è necessario un continuo miglioramento a livello produttivo nei settori eolico, solare e delle biomasse. L’intervento sul decreto legge nella manovra sul tema dei certificati verdi presenta delle scorrettezze, perché non ha una visione complessiva. Il meccanismo dei certificati verdi e di conseguenza il ritiro dei certificati al di sopra della quota d’obbligo è un elemento di peso nelle bollette degli italiani. Nello stesso tempo però, non esiste Paese al mondo che investa sulle fonti rinnovabili senza sussidio degli incentivi pubblici, quindi se non ci fossero i sussidi pubblici non ci sarebbero le fonti rinnovabili, perché il costo chilowatt/ora di una qualsiasi fonte rinnovabile è superiore ad un'altra qualsiasi fonte energetica tradizionale. Inserire interventi di questo genere, che riguardano la manovra per il contenimento dei costi pubblici e della fi-

nanza pubblica, organizzato nel modo proposto, non crea risparmio monetario allo Stato. Bisogna ridurre l’impatto in bollette di queste tecnologie, lo si sta facendo e lo si farà nella misura in cui queste tecnologie diventeranno più competitive. Non lo si deve fare con un intervento all’interno di un decreto legge, ma nel rispetto degli investimenti. Verrà proposta al Ministro dell’economia e della finanza una correzione di questo articolo all’interno della manovra. Le fonti rinnovabili così come il nucleare sono un’opportunità interessante. È corretta la scelta del ritorno al nucleare, dovremo avere fra vent’anni il 20% del fabbisogno energetico fornito da energia nucleare, è un obiettivo ambizioso ma realizzabile. Comporterà investimenti nell’ordine di 30/40 miliardi di euro, di cui l’80/70% verrà fatto nel territorio Lombardo, perché ci sono le aziende strutturate. Un programma a lungo termine, che prevede però di dotare fin da subito le aziende di certificati, sovvenzionandole con contributi e aiutandole nella risoluzione dei problemi autorizzativi per entrare nella filiera, il sistema, infatti, delle autorizzazioni e molto complesso. La tecnologia può aiutare l’Italia ad assumere un ruolo rilevante anche nella costruzione di impianti per la cattura e lo stoccaggio della CO2. La rete elettrica presenta grossi problemi, per i quali il costo energetico è totalmente sbilanciato: la rete non dialoga e di conseguenza l’infrastruttura metterà fuori mercato le strutture inefficienti, appianando i costi. Ci sono ancora molte cose da fare, c’è bisogno di continuità, di una infrastruttura adeguata alla domanda, che è inevitabilmente in crescita nel prossimo decennio. Tutto questo comporterà sicurezza per le future generazioni, energia sicura da paesi sicuri, sostenibilità ambientale, competitività nei costi: questi sono i nostri futuri obiettivi. STEFANO SAGLIA


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LUG LIO 2010

COSTRUIAMO IL FUTURO MAGAZINE - SPECIALE ENERGIA

Marco Ricotti

Silvio Bosetti

“Nucleare, quale futuro?”

“Italia: un Paese a rischio energetico troppo elevato”

Sono due gli argomenti di maggior interesse: cosa sta accadendo o potrebbe accadere in Italia sul versante nucleare e quali le ricadute su territorio, aziende, cittadini e lavoratori. Ora a livello mondiale ci sono 400 reattori nucleari in azione, il fattore di utilizzo è passato da una media di circa 60% a 85%. I nuovi reattori in costruzione sono oltre 50, solo il 6% dell’energia totale mondiale è coperta dal nucleare, 1/3 dell’energia elettrica dei paesi più sviluppati. Il Giappone e la Corea del Sud, in particolare negli ultimi trent’anni, non hanno mai fermato le macchine e costruito nuovi reattori. Negli ultimi anni anche l’occidente sta prendendo questa direzione. Gli Inglesi sono partiti prima di noi nella fase di riavvio del nucleare con l’obiettivo di riuscire a realizzare nuovi impianti entro un quinquennio. Anche l’Est Europa è molto interessata a nuove realizzazioni in Romania, Bulgaria, Turchia, anche i Russi non sono da meno. I paesi arabi, ricchi di petrolio, hanno comprato i primi reattori. Negli ultimi anni ci si è mossi in direzione di sicurezza ed economicità nel settore nucleare, attraverso: semplificazione, standardizzazione e modularizzazione di impianti di sistemi, utilizzo di sistemi di sicurezza attiva, quindi ridondanza, separazione e segregazione oppure sistemi di sicurezza passiva. Giapponesi e Coreani riescono a costruire impianti nucleari in meno di 54 mesi, ad oggi solo loro riescono a mantenere questi ritmi, per l’allenamento ventennale posseduto in materia di costruzione. I reattori di nuova generazione hanno come obiettivo la possibilità di costruire moduli o singole unità in tempi che vanno dai 36 ai 50 mesi, un obiettivo che si può raggiungere con un po’ di allenamento. Un tema interessante per il territorio Lombardo è il tema delle opportunità. Per quanto riguarda lo sviluppo lavorativo: non servono solo ingegneri nucleari ma servono tecnici e operai molto più qualificati del livello attuale, bisogna sviluppare e imparare ad utilizzare le nuove tecnologie, metodi di lavoro di alta qualità e di alta sicurezza. È necessario lavorare molto sulla formazione anticipata, bisogna assumere e formare per nove anni prima di avviare un impianto nucleare e per costruire un reattore ci vogliono dai 4 ai 7 anni. Tuttora il settore degli ingegneri nucleari è molto ridotto, infatti solo un ¼ sono ingegneri e 374 sono periti-tecnici. I principali requisiti chiesti all’Italia sono: la qualificazione e certificazione delle industrie, investimenti in formazione, comunicazione e campagna d’informazione. In conclusione, nel bilancio tra opportunità e rischi, il nucleare è possibile. Fare un impianto è un occasione e non un danno, bisogna parlare di opportunità.

Breve sintesi dello scenario energetico italiano: fattori di cambiamento, agenda delle priorità, necessità di un maggior coordinamento. Il nostro sistema italiano presenta delle anomalie tipiche causate dal mix produttivo, che ha generato la necessità di riorientare la produzione dell’energia elettrica nel nostro paese. Siamo l’unico paese al mondo che nella maggior parte delle attività usa gas naturale. Dagli anni settanta si è fatta la scelta di orientare il nostro reparto produttivo su questa fonte energetica. Nonostante questo, dal punto di vista delle energie rinnovabili siamo comunque tra i paesi più virtuosi. Si registrano ancora forti contrasti a livello infrastrutturale e dell’approvvigionamento: siamo l’unico paese al mondo in cui la metà della produzione elettrica viene realizzata tramite gas naturale e il cui approvvigionamento avviene a rischio strategico ed economico elevato. Ci riforniamo di gas naturale da altri paesi al di fuori dell’Europa perché, insieme al Brasile, non siamo in grado di produrre tutto il fabbisogno elettrico all’interno del paese. Un altro tema di notevole importanza riguarda la sensibilità dell’opinione pubblica: infatti c’è un desiderio da parte della popolazione italiana di conoscere meglio e di essere più informata sul tema dell’energia. Da due anni a questa parte nel nostro paese si è tornati a parlare delle possibilità di costruire impianti nucleare con un consenso che si aggira intorno al 50%. L’energia è certamente una opportunità per l’industria intera. La realizzazione di impianti nucleari può rappresentare una realtà imprenditoriale e occupazionale molto significativa. Un impianto elettronucleare richiede un investimento dai tre ai quattro miliardi di euro. L’Unione Europea preposta a regolare il sistema energetico, sta attuando il terzo periodo di regolazione, dopo il primo cominciato nella fine degli anni ottanta, caratterizzato dalle parole privatizzazione e

liberalizzazione. Oggi invece è connotato da altri temi quali: il tema ambientale, della sicurezza infrastrutturale e dell’approvvigionamento. Il ritorno dell’Italia al nucleare offre la possibilità di avere fino al 20-25%, tra quindici anni, di produzione di energia elettrica da fonte nucleare, un incremento significativo di produzione di energia da fonte rinnovabile e una drastica riduzione delle fonti fossili e di gas naturali. Resta il fatto che tra quindici anni il nostro paese si troverà in forte crisi infrastrutturale, diventeranno obsolete molte centrali realizzate negli anni ‘60/’70, andrà fatto il sistema di trasporto elettrico e l’assenza di un ministro dell’economia complica in parte la situazione. In conclusione alcune priorità: l’opzione nucleare risulta abbastanza inevitabile, ma impone di proseguire con un quadro di regolamento robusto e con ampia attività di comunicazione e confronto. Le fonti rinnovabili richiedono di modificare il sistema d’incentivazione, oggi c’è un sistema a pioggia, bisognerà investire su quelle tecnologie che producono energia a prezzi equi e concorrenziali. Queste tecnologie creano opportunità imprenditoriali e occupazionali. La commissione europea indica il 2020 come la scadenza affinchè l’80% dei consumatori finali abbia accesso ad una rete elettrica, detta smart green, che funzioni nella doppia direzione, per consegnare e ricevere energia elettrica. L’industria chiede energia elettrica sempre a prezzi più bassi e i consumatori chiedono tariffe più contenute, maggiore informazione, il territorio chiede impianti e infrastrutture. In questo scenario ci sono tante regole ma mancano quelle base, gli attori istituzionali ci sono ma vanno forse rafforzati, siamo in periodo di liberalizzazioni e c’è un incremento continuo in questo settore di rapporto tra le Regioni e gli organi locali.

Il numeroso pubblico intervenuto alla tavola rotonda organizzata presso “Il granaio” di Villa Greppi a Monticello Brianza.


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COSTRUIAMO IL FUTURO MAGAZINE - SPECIALE ENERGIA

Adriano De Maio

Roberto Troveri

“Formazione e ricerca: base dello sviluppo”

“Innovazione e qualità”

La fonte primaria di energia per un paese è la formazione-ricerca, perché è la base per lo sviluppo. La ricerca si divide in più livelli: ricerca a lungo termine e ad alto rischio, ricerca a medio termine e innovazione quotidiana. Una ricerca a lungo termine e ad alto rischio è una ricerca i cui effetti non si hanno sull’immediato e la probabilità di successo non è molto grande, la mano pubblica è la mano fondamentale per fornire risorse e la politica deve dare delle priorità nei campi in cui svolgere ricerca, non avendo risorse infinite. Solo in seguito gli scienziati dovranno assumersi la responsabilità di individuare dei campi specifici su cui operare. Il primo elemento è costituito proprio dallo scambio continuo tra scienza, formazione e politica. Oggi non c’è una politica di priorità dell’energia, si fanno piani di ricerca nazionali che somigliano a liste della spesa e queste condizioni non favoriscono percorsi efficienti di sviluppo. Si fanno numerose ipotesi su grandi risorse che però non si possiedono, invece di bilanciare il tutto e avere capacità e responsabilità di individuare elementi prioritari. Ciò comporta fare analisi di previsione internazionale sui campi scientifici, cioè considerare quali siano gli ambiti in cui si sta muovendo la comunità scientifica nel mondo e su cui operare, altrimenti si rischia di spendere risorse e in-

vestire in campi già forti. Nel campo energetico due sono le indicazioni di ricerca: produzione e distribuzione. Gli attuali sistemi di produzione energetica non sono sufficientemente efficienti e di conseguenza la ricerca in questo campo è ancora molto elevata, si stanno facendo progressi ma non si è ancora raggiunto un livello di competitività; uno sviluppo ulteriore è dato sicuramente dal nucleare. Riguardo alla filiera dell’energia: quando pensiamo al nucleare pensiamo sempre agli aspetti di complessità e scomodità, ma intorno a queste attività si muovono moltissime altre forme produttive. Tutte le imprese italiane hanno effettuato sugli impianti nucleari un intervento pesantissimo dal punto di vista metal-meccanico, di controllo, per cui bisogna pensarlo come mezzo di potenziamento per una serie di industrie. Spesso ci rivolgiamo a tecnologia e innovazione con uno sguardo un po’ miope, legato alla comunità e al contesto in cui operiamo, dobbiamo pensare invece di fare ricerca e innovazione per esportare e riflettere sulle possibilità di sviluppo. In Italia abbiamo bisogno di formazione professionale e tecnica per chi gestisce gli impianti e in quanto fattore di priorità dobbiamo ragionare su questa prospettiva anche a livello politico.

Andrea Baracco “E’ il momento dell’auto elettrica” Tutto il mondo automobilistico sta andando verso il settore elettrico e Renault è il porta bandiera di tutto questo movimento. Ci sono due fattori principali che caratterizzano questi anni come il momento dell’auto elettrica: è cresciuta nei cittadini la sensibilità ai problemi ambientali, siamo tecnologicamente avanzati con le batterie al litio, con le quali stocchiamo energia e un peso poco rilevante. Da qui sorge la necessità di una rottura con il passato per introdurre una mobilità con motore elettrico. Un falso problema su cui oggi si riflette molto riguarda l’autonomia di questi veicoli, tuttora è di 160 Km, possono sembrare pochi, ma l’87% degli spostamenti giornalieri in Europa è inferiore ai 60 Km; in Italia il 90% degli spostamenti quotidiani è inferiore ai 100 Km. Se pensiamo alle grandi città che presentano gravi problemi di inquinamento ambientale, sicuramente 160 Km sono più che sufficienti. I cittadini, quindi, potrebbero utilizzare tranquillamente veicoli elettrici per andare a lavorare e se ci fosse una rete diffusa sul territorio, anche le persone che hanno necessità superiori, potrebbe ricaricare il proprio veicolo non solo a casa, ma anche al parcheggio della propria azienda, nei parcheggi privati, nei parcheggi pubblici, al parcheggio del supermercato. L’impatto effettivo a livello ambientale ci permetterebbe di risparmiare dal 30% al 50% di emissione di CO2 per Km e se avessimo tutta energia prodotta con il

nucleare avremmo un impatto ambientale ancora migliore. Infatti l’emissione annua di CO2 per una vettura che percorre 10.000 Km è pari a 0 per le vetture elettriche, contro i 1350 Kg annui di CO2 per le auto a benzina, il motore a gasolio è migliore a impatto ambientale rispetto alla benzina. Un auto a benzina dovrebbe costringerci a piantare 135 alberi per controbilanciare la CO2 emessa, passando al motore elettrico invece non avremmo questa necessità oltre a zero emissioni inquinanti ed acustiche. C’è anche un vantaggio economico per chi sfrutta la vettura, apporta un risparmio concreto a livello economico dai tre a quattro mila euro. L’obbiettivo è di giungere a prezzi d’acquisto equiparabili alle vetture a benzina e a gasolio. Oggi ci sono tre modalità di ricarica: la più semplice fatta nel garage di casa, una ricarica rapida e una pit-drop station. La Renault sta ragionando su una gamma di quattro modelli di cui uno è un veicolo commerciale. L’auto elettrica comporta un lavoro di squadra, i costruttori devono impegnarsi a fare l’auto più bella e performante possibile, ma per quanto riguarda la regolamentazione necessaria e le infrastrutture, il governo e gli enti locali devono disegnare uno scenario appropriato. La mobilità delle città è orientata sull’elettrico, le società sono pronte, anche l’Italia dovrebbe cogliere questa opportunità di cambiamento che agevolerebbe in modo molto positivo il nostro Paese.

Fomas è acronimo di “forgiatura moderna acciai speciali”, nasce nel 1956 in Brianza tra Osnago e Merate, dove è ancora presente la sede centrale. L’azienda risponde alle richieste del mercato con grandi acquisizioni di nuovi stabilimenti nel mondo che la portano nel 2000 ad essere un gruppo consolidato con un trend di crescita del 60% per cento. Oggi è una realtà di circa 1350 dipendenti nel mondo, in grado di operare ad altissimi livelli di qualità con tecnologie di fucinatura, laminazione circolare per i settori energia, nucleare, idraulica, eolica, oli e gas, trasmissioni industriali e automobili. La continua attenzione alla crescita, all’innovazione e alla qualità ha portato al lancio di due importanti progetti nel territorio italiano, con un investimento di circa 200 milioni di euro, indice del continuo legame con il territorio e dimostrazione che il Made in Italy è rappresentato da eccellenze manifatturiere. Con questi investimenti locali viene difeso il know-how del nostro paese, alimentato dalla continua ricerca e innovazione. Le nuove tecnologie comportano anche un aumento esponenziale della potenza elettrica installata. La produzione manifatturiera italiana ha delle aggravanti in costi energetici rispetto alla concorrenza estera europea, asiatica e americana. Per questo motivo si invita il nostro sistema paese a trovare soluzioni tempestive in campo energetico, che possono essere varie: dall’idroelettrico, al geotermico, all’eolico, ma per risultati più efficienti a lungo termine bisogna pensare al nucleare. Fomas conosce molto bene il mercato energetico, ci lavora da oltre 40 anni in Italia e all’estero. Auspica la creazione di una filiera del nucleare, per far sì che alla ripresa di questo mercato, vengano supportate quelle eccellenze industriali già presenti nel nostro Paese.

Claudio Maggioni “Favorire la formazione dei tecnici” Emerson è una multinazionale americana che ha un fatturato di 20 milioni di dollari, con 120 mila dipendenti nel mondo e si occupa di automazione industriale. Nel gruppo Emerson ci sono 8 divisioni tra cui la più importante è Emerson Process Management. Quest’ultima è attiva nel settore di processo fornendo sistemi di controllo avanzati, software e di controllo per migliorare l’efficienza. Molta attenzione è rivolta agli aspetti tecnologici e d’innovazione e allo sviluppo di soluzioni vincenti. La tecnologia e la qualità sono fattori chiave anche nel mondo dell’energia. Vengono progettati sistemi dotati di wireless per la misurazione, una vera rivoluzione, di sistemi di analisi e tutti i servizi post-vendita necessari. L’energia copre un ruolo privilegiato insieme ad oli, gas e chimica corrispondente al 14% del fatturato. Questa multinazionale ha una presenza trentennale in Brianza, la sede operativa è localizzata a Seregno. Per quanto riguarda in particolare il mondo

dell’energia, Emerson, è fortemente attiva perché è in grado con le sue tecnologie di coprire le varie forme energetiche, fornire installazioni, impianti e automazione. Avendo acquisito nel 1996 la divisione automazione della Westinghouse, Emerson è impegnata anche sul fronte del nucleare. Ha un centro importante di produzione negli Stati Uniti, in Francia e competenze internazionali anche nella strumentazione. La società è in grado di produrre soluzioni nel campo energetico, ciò comporta che il personale abbia un grado elevato di conoscenze tecniche per poter fornire soluzioni alle aziende: ricerca e formazione continua sono importanti. Il mondo dell’energia necessità conoscenze molto approfondite. Si sottolinei nuovamente la necessità di un impegno serio da parte delle istituzioni a favorire la formazione dei tecnici e delle aziende, che già operano nel settore con competenza.


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COSTRUIAMO IL FUTURO MAGAZINE - SPECIALE ENERGIA

LUGLIO 2010

Daniele Terruzzi

Graziano Tarantini

“Una nicchia di facile utilizzo”

“Tempistiche certe, iter burocratico favorevole”

Amministratore delegato della Terruzzi Fercalx, una media-impresa impegnata nella progettazione e costruzione di impianti industriali, una società molto antica che ha cominciato la sua attività nel 1897. Il settore principale d’impiego è l’impiantistica per acciaierie. Ha acquisito anche una società in India che rappresenta una notevole occasione di sviluppo per le prospettive future volte alla realizzazione di impianti di gassificazione per rifiuti, biomasse e depurazione acque attraverso una tecnologia che trasforma tutti questi materiali in una forma unica: un gas sintetico chiamato singas, che viene utilizzato o come energia termica a livello industriale oppure per produrre energia elettrica. Un sistema che in Italia viene utilizzato pochissimo, quasi per niente, ma si sta iniziando un cammino di consolidazione della tecnologia, che sembra essere particolarmente adatta e sembra offrire un’opportunità di crescita per il paese, sostenibilità a livello ambientale, sociale ed economica, perché consente di eliminare rifiuti, introducendo delle energie che diversamente non potrebbero essere utilizzate e un fattore di crescita, perché attraverso questo sistema sia le imprese quanto le amministrazioni pubbliche potrebbero produrre energia elettrica ad un costo inferiore, se non addirittura divenire una fonte di reddito, nonostante ci sia ancora molta diffidenza da parte del mondo in generale. Uno dei problemi principali riguarda le autorizzazioni e gli impianti che dovrebbero avere una normativa adeguata alla realtà. Da ultimo questo sistema non è in antitesi al nucleare, ma rappresenta una nicchia di facile utilizzo, di creazione di quella economicità ricercata e di riduzione dei costi di produzione.

Marcello Raimondi “Le strategie della regione Lombardia” In veste di assessore regionale si è occupato di semplificazione normativa. Dal 1970 ad oggi la Regione ha prodotto 2000 leggi, e si è giunti ad un massimo di 200 leggi, grazie alla semplificazione. La semplificazione e la burocrazia costituiscono un mondo complesso, poiché le persone non fanno il proprio dovere, lo Stato ad esempio ha latitato molto in questi anni dal punto di vista dell’incentivazione delle procedure che afferiscono alle attività economiche ed energetiche, subendo in modo passivo l’attività dell’Unione Europea. Questa confusione di ruoli nelle istituzioni comporta molto spesso che ciò che deve essere fatto non venga realmente fatto. Il tema delle autorizzazioni si impiega attivamente in tutto ciò che si può fare per semplificare. La Regione Lombardia è stata la prima a fare un regolamento di questo tipo, una cosa davvero all’avanguardia che permette anche il rilancio dell’edilizia in un periodo così delicato. È stata anche la prima a fare le linee guida sul fotovoltaico, le più avanzate in Italia. C’è quindi una parte attiva che si può mobilitare per accelerare le tempistiche, anche se la maggior parte del lavoro deve farlo lo Stato collaborando con l’Europa, altrimenti si subiscono le decisione europee e diventa difficilissimo trovare una modalità italiana per rendere compatibili norme massimaliste, come quelle fatte da chi ha una provenienza culturale diversa dalla nostra. La strada intrapresa dalla Regione Lombardia per quanto riguarda le infrastrutture, procedere in questa direzione: in un primo tempo le procedure autorizzative venivano gestite in sequenza, ora si è cominciato a mettere in contemporanea, quindi è stato sincronizzato ciò che prima procedeva linearmente. Con queste modalità estenuanti dal punto di vista della realizzazione si è riusciti ad ottenere un taglio significativo dei tempi, una riduzione fortissima dei contenziosi e quindi la possibilità di realizzare le opere. Anche sulle politiche di incentivazione ambientale si deve ancora di più seguire questa direzione. Si potrebbero usare gli accordi di programma che hanno egregiamente funzionato per le infrastrutture anche per le autorizzazioni ambientali connesse ad attività industriali. In conclusione il tema della formazione: il nostro sistema industriale ha bisogno di tecnici e la regione Lombardia ha una tradizione consolida nella formazione professionale. C’è bisogno di maggior impegno anche da parte del governo su questo tema della formazione professionale, è necessario rimettere mano ai sistemi degli istituti tecnici guardando anche a quelle regioni che già sono in grado di farlo, come la nostra. I nostri percorsi professionali hanno una caratteristica di innovazione ed eccellenza.

Graziano Tarantini è presidente del consiglio di sorveglianza A2A, azienda che si colloca nel contesto delle local utilities italiane, principalmente impegnata nella produzione, vendita e distribuzione di energia elettrica, gas, teleriscaldamento e gestione dei rifiuti. L’Italia ha perso degli anni importanti nel settore energetico, che ha comportato costi superiori alla media europea, finanziamenti di centrali nucleari francesi e annullamento di anni di presenza in settori importanti relativamente all’innovazione e alla tecnologia. Oggi forse ci sono meno preconcetti, ma i vizi tipici del nostro paese ancora non sono stati cancellati. Quello che continua a spaventare è la scelta di non mettere nelle condizioni ottimali gli operatori del settore nucleare. Chi aderisce al nucleare deve essere in grado di calare l’azienda in questo settore agevolmente, con tempistiche certe e un iter burocratico favorevole. Il nostro paese ha grande bisogno di energia e i dati dei consumi rilevano che il 50% è derivato della industria, di cui il 50% proviene dal Nord Italia e il 27% dalla Lombardia. Oggi bisognerebbe investire sulla competitività lasciar libera l’impresa di lavorare e creargli le condizioni per poter competere. Nel settore energetico ciò significherebbe fornire energia a costi inferiori rispetto a quelli attuali. A2A è impegnata in una sfida significativa: rimanere multi – utility, diventare un gruppo aggregante con la possibilità di lavorare e valorizzare tutto il mondo imprenditoriale del territorio e competere con le multinazionali con un sistema forte e innovativo. Logica contraria a quella della semplificazione. Un esempio d’investimento viene dal Montenegro, nel settore idroelettrico: spostarsi

per la prima volta in un paese straniero come sistema, cioè creare una grande rete di collaborazione con aziende locali dividendosi i rischi e diventando più competitivi. Verrà aperta una scuola a Brescia in cui si farà formazione, addestramento, prequalificazione delle aziende che lavorano per A2A, poiché un’azienda che vuole stare sul territorio deve essere in grado di fornire capacità di lavoro. Bisogna qualificare le aziende per permettergli di lavorare con A2A, richiedendo standard qualitativi identici, per poter fare in collaborazione dei progetti sul territorio lombardo e in seguito anche all’estero se si dovessero presentare opportunità interessanti. L’innovazione è importante, ma è difficile portarla in processi già avviati da anni. Bisogna creare qualcosa di nuovo che possa diventare una valida proposta imprenditoriale per il futuro. In conclusione, in Italia abbiamo dei problemi relativi ai costi energetici e dobbiamo trovare un’alternativa che probabilmente dovrà ricadere sul nucleare, perché le rinnovabili non riescono a rispondere a tutto il fabbisogno. A2A deve giocare una sfida enorme, far capire che il modello che si ha intenzione di adottare non è un modello obsoleto, più difficile da realizzare perché implica processi più complessi, ma potrebbe diventare l’alternativa vincente. Da ultimo, dobbiamo cercare un livello di competitività delle nostre aziende italiane che si possano spendere anche a livello europeo, perché altrimenti l’italianità si svuoterebbe di contenuto. Bisogna far fruttare la storia che abbiamo alle spalle, creando modelli alternativi forti che ci rendano protagonisti. Difendendo questo possiamo giocare la partita in campo energetico e finanziario.

Si ringraziano:


LUGLIO 2010

COSTRUIAMO IL FUTURO MAGAZINE

Nando Caldirola: dalla cantina di Missaglia alla fiera di Mosca STORIA DI UN IMPREDITORE DI... VINO

Nando Caldirola, 68 anni e missagliese doc, è uno di quegli imprenditori che hanno portato alto il nome dell'Italia, e in particolare della Brianza, nel mondo. E lo ha fatto con quella intraprendenza, quella creatività e quel pizzico di incoscienza, che gli sono peculiari. Non si spiegherebbero infatti altrimenti alcune delle sue celebri imprese, come quella di essere riuscito a vendere la vodka ai russi, che è come vendere la sabbia nel deserto. Storico terzo presidente di «Vera Brianza», Nando Caldirola ha avuto anche il merito di aver dischiuso le frontiere dell'estero alle aziende brianzole. Ora che ha ceduto la Vinicola, continua a dedicarsi ai suoi numerosi interessi che coltiva nel suo quartier generale, Cascina Palazzina. Ha iniziato ad occuparsi di vino nell'attività paterna che era solo un ragazzino. Ma nelle sue mani, quello che all'inizio era solo un piccolo negozio, è diventato negli anni un colosso che è arrivato a smerciare il volume di 360.000 bottiglie al giorno. Gli studi? «Dai salesiani, interno, nel collegio De Amicis di Cantù. I miei genitori dovevano lavorare e non avevano tempo per star dietro a un ragazzino difficile come me». Quando prese in mano le redini dell'azienda? «Nel '73, quando mio padre si ammalò. Quando mancò, nel 1981, l'azienda era formata dalla famiglia e da 5 dipendenti». Cosa fece una volta al comando? «L'azienda operava in Lombardia, soprattutto in Brianza, ma avevo capito che per sopravvivere bisognava ingrandirsi. Decisivo fu Giuseppe Biella di Osnago che mi presentò il direttore acquisti dell'Euromercato, uno dei primi ipermercati di Italia. Fu lui ad aprirci le porte della grande distribuzione». Come cambiò il suo modo di fare impresa? «Mi resi conto che da soli non si andava da nessuna parte e che importantissimi erano il gioco di squadra e la rete

di rapporti». E poi? «Dopo la conquista del primo supermercato, presi il coraggio di lanciarmi all'estero». E' riuscito a vendere la Vodka ai sovietici, che è un po' come vendere il petrolio agli arabi. «Seppi che in Russia c'era carenza di approvvigionamento nel mercato della Vodka. Ci buttammo nell'impresa con due idee vincenti: proporre confezioni da 250 cc, oltre che da 750, e preparare vodka al gusto di frutta. Arrivammo a spedirne oltre cortina 10 camion al giorno». Il Gruppo Caldirola si articolava in più società con marchi diversi. I vini più famosi? «La Cacciatora è stato un mio cavallo di battaglia, ma anche le bottiglie con la forma della coppa del mondo dorate che produssi in occasione dei Mondiali di Calcio di Italia 90». Berlusconi la convocò alla prima riunione da cui poi nacque Forza Italia... «Sì, è vero, ma la politica non faceva per me». Parliamo dei suoi investimenti nel calcio. «Da juventino sponsorizzai per diversi anni il Milan e la nazionale di calcio Russa nei mondiali Usa del '94». E nel ciclismo? «Già nel 1993 sponsorizzavamo la squadra Under 23, poi nel '98 decidemmo di investire in una squadra di

professionisti. Mi sono preso delle soddisfazioni incredibili, perché vincemmo tutto quello che c'era da vincere. Nel 2000, ad esempio, vincemmo 68 corse più il campionato del mondo». E' stato presidente di Vera Brianza dal 1995 al 2003, negli anni dell'apertura ai mercati esteri. Cosa ricorda di più? «La prima fiera a Mosca nel 1993 e la visita in “Caldirola” di Mikail Gorbaciov». Perché ha ceduto la Caldirola? «Era diventato troppo pesante per me andare avanti con quei ritmi». Si è pentito della sua scelta? «Mi è dispiaciuto molto, ma non avevo alternative. Con il senno di poi, avrei preferito cedere le quote ai dipendenti e rimanere dov'ero. Un doveroso ringraziamento va a tutti i miei collaboratori, è grazie al loro aiuto che siamo diventati leader nella grande distribuzione». Di cosa si occupa adesso? «Ho dato vita allo studio “Casa e Ambiente” che si occupa di progetti edili, ma contemporaneamente faccio molte altre cose. Ho inventato, per esempio, il Sugherpalst, un tappo metà in sughero, metà in plastica, che ho brevettato». E poi c'è la caccia... «Ci vado appena posso... amo il senso di libertà che mi dà , il silenzio della natura, il rapporto con i miei cani. Non è vero che i cacciatori non sanno rispettare la natura, la salvaguardano eccome. Con Vera Brianza fui tra i primi a organizzare la Giornata ecologica». Si ritiene un uomo fortunato? «Sì, prima di tutto perché sono nato in Brianza, poi perché dalla vita ho avuto tutto, ma proprio tutto. Per me non chiedo più niente, per la mia famiglia, invece, vorrei tutto il bene possibile». Articolo tratto da “In Europa” del gruppo Netweek in data 14/07/2009 a firma Giuseppe Pozzi

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UN PROGETTO PILOTA

“Costruire case in Africa per gli immigrati in Italia”

Avviare un processo di urbanizzazione che crei opportunità imprenditoriali che soddisfino bisogni reali come l’occupazione, le infrastrutture, l’energia, la sanità, i rifiuti, l’edilizia ed il turismo: in Costa d’Avorio, inizialmente, e successivamente in altri Paesi africani. E’ il progetto di Fabio Bonanomi, architetto lecchese, che ha da sempre una grande passione per quella terra ed è deciso a sviluppare un progetto molto particolare. “Oggi gli emigrati incontrano parecchie e diverse difficoltà ad acquistare una casa nel loro Paese perché devono necessariamente affidarsi ad operatori in loco; tutto ciò comporta molti disagi e poche garanzie – ha spiegato Bonanomi – un gruppo di ivoriani a conoscenza della mia frequentazione professionale verso i Paesi Africani mi ha sottoposto il loro bisogno ovvero l’acquisto casa; quindi, insieme, abbiamo pensato di istituire una cooperativa come strumento che permetta al socio, che risiede in Italia, di condividere il progetto dall’inizio, seguendo poi l’evolversi dei lavori senza dover tornare necessariamente nel suo Paese d’origine”. Va tenuto presente che il mercato immobiliare residenziale in alcune zone dell’Africa è in forte espansione, a seguito del fenomeno dell’urbanizzazione, ed è una reale opportunità imprenditoriale anche verso altre forme. “Anche le infrastrutture, le attività produttive, le strutture ricettive alberghiere legate al turismo ed al terziario sono in fase di start – up e vivranno una fase di crescita – ha proseguito Bonanomi – a dicembre dello scorso anno ho organizzato un incontro a Calolziocorte a cui hanno partecipato 120 persone interessate al progetto. E’ mia intenzione aprire un ufficio di rappresentanza dello studio di architettura direttamente in Costa d’Avorio; inoltre verrà aperta, con soci ivoriani, una società di servizi in Abidjan per poter dare delle reali garanzie”. L’architetto Bonanomi “frequenta” l’Africa fin da quando era bambino, grazie a suo padre che nel 1972 aveva fondato l’associazione “Amici Terzo Mondo” che aveva come finalità, la realizzazione di dispensari sanitari, scuole, mulini, acquedotti a supporto delle attività dei missionari italiani presenti nella Repubblica Democratica del Congo. “La mia motivazione è strettamente collegata all’educazione che ho ricevuto ed ai valori cristiani ereditati dalla mia famiglia. Attualmente, come architetto, sto definendo un progetto pilota, che prevede la pianificazione di un programma immobiliare a destinazione residenziale per emigrati ivoriani residenti in Italia che possano essere facilitati ed agevolati nell’acquisto di una casa nel loro Paese garantendo una pianificazione urbanistica orientata verso la tutela e la salvaguardia del territorio e dell’ambiente. Ritengo inoltre fondamentale garantire anche la qualità costruttiva promuovendo la collaborazione con società italiane che formino e impieghino risorse umane presenti nel Paese africano”. Da architetto e imprenditore Bonanomi ha fatto anche un bilancio degli aspetti economici da tenere in considerazione: “La realizzazione di case nei Paesi d’origine degli immigrati che vivono in Italia potrebbe creare opportunità di business non indifferente in svariati ambiti per le imprese italiane. Attenzione però, gli africani non hanno bisogno di colonizzatori ma hanno necessità di condividere esperienze, know out; è proprio questo fenomeno che permette all’imprenditore occidentale ed alla popolazione locale di crescere e vincere entrambe”.

“Libertà religiosa: fondamento per lo sviluppo della democrazia”

MARA BAIGUINI

PERSECUZIONE CONTRO I CRISTIANI, L’INTERVENTO DEL PARLAMENTARE EUROPEO MARIO MAURO

“In una società in cui tutti noi dobbiamo misurarci con la dottrina del politicamente corretto, è importante reagire rafforzando l’io e la centralità della persona con tutte le diverse sfumature che essa comporta”

La persecuzione contro i cristiani non è un fatto nuovo nella storia. I numeri dicono che siamo di fronte a un dramma che sembra non avere freni. Dall’inizio del nuovo millennio Fides, l’agenzia di notizie vaticana, conta 263 uccisioni di vescovi, preti, suore, seminaristi e catechisti. I luoghi del loro martirio coprono tutti e cinque i continenti, Europa compresa. Quel che preoccupa non è solo la vasta diffusione del fenomeno, ma la sua costante crescita. L’annuale lista di Fides stima per l’anno 2009 37 omicidi causati dall’odio anticristiano, quasi il doppio di quelli avvenuti nel corso del 2008. Nella maggioranza dei casi, i cristiani rappresentano il capro espiatorio per chi vuole mantenere l’egemonia in un certo territorio, e quindi destabilizza la situazione attaccando i deboli. E’ una questione di odio fondamentalista, ma anche una questione di potere. Non dobbiamo mai dimenticare che la libertà

religiosa è fondamento per lo sviluppo della democrazia e quindi rende possibile un compito comune, nel quale in amicizia è possibile ricordarci vicendevolmente che la violazione dei diritti umani è la fine di un rapporto di verità. Ce lo fa capire molto bene Louis Sako, arcivescovo di Mosul, in Iraq, dove i cristiani sono da anni un capro espiatorio tra le mille fratture sociali e politiche: “Non esiste uno Stato, una patria e le divisioni settarie sono un dato evidente. Ai cristiani non interessano i giochi di potere, l’egemonia economica, ma la creazione di uno Stato in cui le diverse etnie possano convivere in modo pacifico”. Non si tratta quindi di difendere persone che hanno la mia stessa fede. Non sono rivendicazioni “sindacali”. Difendere i cristiani perseguitati significa combattere per la li-

bertà e per la dignità di tutti i popoli e di tutti gli uomini. Purtroppo si tratta di una piaga anche europea. La persecuzione strisciante in atto è frutto del proliferarsi di lobby laiciste e anticristiane che si battono affinché il cristianesimo e la chiesa siano considerati un’associazione priva di qualsiasi utilità sociale. Se l’Europa è incapace di difendere la prima tra le libertà è destinata a vedere scomparire la propria civiltà, fondata sulla libertà, in favore di opzioni fondamentaliste e totalitarie. E’ proprio il cristianesimo che ha generato la coscienza ed i diritti della persona. Consentire la sua repressione può portare unicamente ad un passo indietro di tutta la civiltà mondiale. In una società in cui tutti noi dobbiamo misurarci con la dottrina del politicamente cor-

retto, è importante reagire rafforzando l’io e la centralità della persona con tutte le diverse sfumature che essa comporta. Il ruolo dei governi in tal senso è fondamentale per assicurare una piena partecipazione dei cristiani nella vita pubblica. Come ricordava Giovanni Paolo II, la libertà religiosa è “la cartina di tornasole per tutte le altre libertà”. Siamo quindi di fronte ad un dramma che interessa tutta la comunità internazionale. E il bagaglio di valori di democrazia e libertà che la storia ha consegnato all'Europa ci danno una responsabilità enorme. Proprio il cristianesimo ha generato la coscienza e i diritti della persona. Consentire la sua repressione può portare unicamente a un passo indietro di tutta la civiltà mondiale. E la mancata difesa da parte dell’Europa della principale libertà dell’uomo mette a rischio il nostro stesso futuro. ON. MARIO MAURO


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COSTRUIAMO IL FUTURO MAGAZINE

“La Difesa per la sicurezza” INTERVISTA AL MINISTRO IGNAZIO LA RUSSA

“L’impiego dei militari in servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili ha consentito di recuperare uomini per altri compiti e di garantire maggiore protezione ai cittadini”

Che valore ha per Lei la celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia? Il 150° anniversario dell'Unità d'Italia è un’opportunità non solo per ricordare, ma per rinvigorire, specie nelle giovani generazioni, quel patrimonio d’identità e di coesione nazionale che gli Italiani hanno saputo costruire nel corso della loro storia, anche attraverso dolorose esperienze. In qualità di Ministro della Difesa ho perciò fortemente voluto, già dallo scorso anno, che a tale ricorrenza fossero collegati alcuni eventi significativi legati alle nostre Forze Armate, la cui storia è intimamente legata al processo di unificazione nazionale. Sono convinto che i nostri concittadini, ma in particolare i giovani, dovrebbero avvicinarsi alle nostre Forze Armate e condividerne i valori. Attraverso la loro storia potremmo rivivere gli ideali dei protagonisti del nostro Risorgimento e del lungo percorso unitario che il nostro Paese ha percorso, trovando conferma di quanto profonde siano le nostre radici e di quanto forte sia la nostra identità. Ci può illustrare brevemente gli scopi e gli obiettivi raggiunti dalle missioni all’estero delle nostre Forze Armate? Le Forze Armate, che sono l’espressione migliore dell’unità nazionale e ci rappresentano tutti, sono da circa due decenni chiamate ad intervenire costantemente, nello spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione, in impegnative missioni di pace e sicurezza in molteplici aree di crisi al di fuori del territorio nazionale, contribuendo in modo determinante alla diffusione di condizioni di pace e di sicurezza internazionali, ma anche di stabilità politica e di crescita economica, garantendo la tutela della dignità e dei diritti della persona e la lotta al terrorismo. I nostri militari, oltre 9.200 uomini e donne impegnati in 34 missioni, sono consapevoli, come lo è l’intera Nazione, che la loro presenza non solo contribuisce alla ricostruzione di quei martoriati paesi, ma garantisce la nostra libertà e tiene lontani i pericoli della guerra e del terrorismo dalle nostre case. Il livello e la qualità del nostro impegno hanno sempre riscosso un forte apprezzamento

dai paesi alleati e partner internazionali, ma soprattutto un chiaro e indiscusso riconoscimento da parte delle popolazioni a cui abbiamo portato il nostro aiuto con grande umanità, rispetto e sensibilità. Il nostro modo di fare peacekeeping, la cosiddetta “italian way”, è divenuto un riferimento anche per altre nazioni; un approccio di cui i migliori esempi sono le missioni nei Balcani, in Libano, in Afghanistan e quella svolta in Iraq. L’Italia può essere definita come un Paese “produttore” di sicurezza e di stabilità, in cui la nostra azione è caratterizzata per l’importanza che attribuiamo alla componente umanitaria ed alla ricerca di una soluzione condivisa dei problemi che spesso sono legati al sottosviluppo e alla mancanza di dialogo fra le diverse religioni e culture. Quando e perché è necessario l’impiego dei militari per garantire la sicurezza nelle città? Che riscontro hanno avuto stando a stretto contatto con i cittadini? L’impiego dei militari nell’operazione "Strade sicure", al fianco delle Forze dell'Ordine, nasce dall’esigenza di assicurare una risposta pronta ed adeguata all'aggressione alla legalità da parte della criminalità comune o organizzata. L’impiego dei militari in servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, di pattuglia, in concorso e insieme alle Forze di polizia ha consentito sia di recuperare uomini dei Carabinieri e della Polizia per altri compiti sia di garantire maggiore sicurezza ai cittadini. E' stata sicuramente una risposta indovinata, soprattutto in chiave preventiva, ed i cittadini perbene, gli italiani onesti, quelli

che credono nella legalità e nella capacità dello Stato di garantire la sicurezza e la libertà, ne sono entusiasti. Io sto verificando ovunque la testimonianza concreta di quanto bene stia facendo alla sicurezza delle nostre città l'intervento unitario di forze di polizia e militari delle Forze Armate. Il successo di questa iniziativa, decisa dal Governo, è inoltre confermato anche dalle numerose richieste formulate da Sindaci e Prefetti. Nel corso del 2009, per l’operazione “Strade sicure”, sono stati impiegati 4.250 militari delle Forze Armate che hanno operato in 22 tra le principali città italiane svolgendo oltre 147.000 pattuglie e sottoponendo a controllo 290.000 automezzi. Che ricaduta ha, praticamente, l’attività del Ministero della Difesa sul territorio? Le Forze Armate provvedono prioritariamente alla difesa del territorio e alla tutela degli interessi nazionali, ma possono essere anche impiegate in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza, secondo quanto stabilito dal Governo. Oltre ai compiti citati, svolti dall’Esercito, Marina e Aeronautica, e a quelli che l’Arma dei Carabinieri svolge per l’ordine pubblico, ve ne sono altri che i nostri uomini e donne con le stellette quotidianamente compiono e che hanno un’importante valenza per il cittadino e la sua sicurezza. Tra questi, ad esempio, voglio citare l’opera degli artificieri, in terra e in mare, per la bonifica da ordigni esplosivi, il contributo alla gestione del traffico aereo da parte dei controllori di volo dell’Aeronautica Militare, il concorso di velivoli e piloti militari alla Campagna Antincendio Boschivo nazionale in collaborazione con la Protezione Civile, il servizio meteorologico e quello di monitoraggio valanghe (meteomont), il trasporto medico di urgenza e il rifornimento idrico alle isole minori. Una silenziosa opera al servizio del cittadino e dello Stato che conferma la flessibilità d’impiego del comparto Difesa e l’elevata professionalità e capacità di adattamento dei nostri uomini e donne.

RENZO ASCARI GIUSEPPE TREMOLADA ARCHITETTI ASSOCIATI VIA PONTIDA n° 72 - 20034 GIUSSANO (MB) tel. 0362/354308 fax 0362/354708 www.studioarco.org e-mail: starco@tin.it

MARA BAIGUINI

LUGLIO 2010

IL MINISTRO BRAMBILLA

Crescita del turismo: serve una politica nazionale

Agli esponenti di governo che, come me, hanno occasione di avere un contatto quotidiano con i cittadini capita sempre più spesso di sentirsi porre una non facile e talvolta anche irritata domanda: perché da noi, a differenza di quel che accade in altri paesi, è così difficile fare quelle riforme che sono ormai indispensabili per dare alla nostra società più certe o almeno più rassicuranti prospettive di sviluppo? Ogni volta cerco di non essere elusiva, rispondendo che, per decenni, coloro che avevano responsabilità di governo si sono più o meno limitati a gestire il presente, non tenendo mai abbastanza conto del fatto che le fin troppo rapide trasformazioni che stavano subendo la società e i mercati mondiali avrebbero imposto correttivi anche sostanziali alla nostra ormai antiquata architettura legislativa ed istituzionale. Il nostro partito si sente fortemente impegnato a riformare un dettato costituzionale che, in alcune delle sue parti, impedisce di fatto al governo di avere quei poteri e quel grado di operatività che, come già accade in molti altri paesi, sono necessari non solo per fronteggiare con strumenti più efficaci le ormai purtroppo ricorrenti crisi dei mercati ma anche per cambiare tutto ciò che va cambiato - e il più rapidamente possibile - nell’amministrazione pubblica, al fine di riportare la nostra economia sulla via dello sviluppo. Il turismo, uno dei maggiori asset della nostra economia, rappresenta la cartina di tornasole di problemi la cui soluzione non poteva proprio più attendere. Il ripristino del Ministero del Turismo deciso dal presidente Berlusconi è stato, infatti, un primo significativo giro di boa per un settore che, per diventare sempre più competitivo, aveva bisogno di una politica nazionale che, al massimo livello e in sinergia con le altre istituzioni, riuscisse a coordinare e a potenziare, in modo sistemico, le attività delle filiere che oggi compongono il nostro assai ricco e variegato sistema d’offerta. E così hanno finalmente cominciato a muoversi molte cose. Mi riferisco, ad esempio, allo sblocco di 118 milioni di euro per il finanziamento di progetti di eccellenza che, pur messi in bilancio dal 2007, non era stato possibile erogare a causa del contenzioso esistente fra Stato e Regioni. Come è altrettanto importante che il Ministero abbia riunito un plafond di circa 3 miliardi di euro per finanziamenti, a condizioni particolarmente vantaggiose, destinati a tutte le piccole e medie imprese del settore; oppure si sia operato, da un punto di vista normativo, in modo che venisse semplificata ogni procedura amministrativa per l’apertura e l’ampliamento delle strutture ricettive. E molte altre azioni concrete sono state intraprese per riportare il nostro turismo in vetta alle classifiche mondiali, iniziative che avrebbero potute essere realizzate molto prima se chi ci ha preceduto avesse saputo, anche su questo genere di problemi, tenere gli occhi più aperti. MICHELA VITTORIA BRAMBILLA MINISTRO DEL TURISMO

URBANISTICA EDILIZIA PUBBLICA SOCIALE EDILIZIA PUBBLICA RESIDENZIALE EDILIZIA RESIDENZIALE EDILIZIA COMMERCIALE, TERZIARIO ED INDUSTRIALE ARREDO URBANO RESTAURO ED INTERVENTI SU EDIFICI STORICI STRUTTURE SPORTIVE VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA VALORIZZAZIONI AREE ANALISI TERRITORIALI VERIFICHE AMMINISTRATIVE COLLAUDI STATICI COLLAUDI TECNICI-AMMINISTRATIVI


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