Corso di Grafica - Editoria d'Arte - ABA Lecce - Highlighting events

Academy of Fine Arts

Highlighting events of 2016

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ABA LECCE Quaderno dell’Accademia di Belle Arti Highlighting events of 2016

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Lectori Salutem

Claudio Delli Santi

in Primo Piano

L'Accademia e il territorio. Iniziative di pregio intra ed extra moenia Angelo Maria Monaco Incipit Fernando De Filippi Premio Nazionale delle Arti - Arti Grafiche Antonio Basile - Gastone Mosci Il Ventaglio del Presidente Angelo Maria Monaco Collezione artistica allestita negli spazi del Tribunale Claudio Delli Santi - Mario Benfatto

in Galleria

Catia Dottori: vestire il Cinema Giacomo Toriano

Collaborazioni

Senso Plurimo 6 Antonio Basile - Marinilde Giannandrea

Conversazioni

Ricomincio da te Patrizia Staffiero

Organic City - David Caowey Ester M.V.Annunziata –Contemporary China –Il sentiero del Chan Roberto Lacarbonara

Eventi

Materia Informale Antonio Basile Il Pianto del Tempo Antonio Basile Il gioco dell'arte Chiara Bevilaqua

in Restauro

“Adorazione dei Pastori” Rosanna Lerede

sommario

Notizie

Il pianeta dell'arte Luciano Calosso

Biennale dei giovani fotografi italiani Antonio Basile - Roberto Lacarbonara Il Terzo Paradiso –La sensibilità estetica –Sensi contemporanei Anna Maria Lifonso

in Libreria - Editing in Accademia

Nunzio Fiore

Lo Sguardo, l'apparenza e il simbolo dell'invisibile Maria Angelastri Un esempio di proficua collaborazione tra istituzioni Loredana Marulli Il Grande Salento. Guida tra territorio, storia e tradizioni Lino De Matteis I magici giardini artificiali di Rita Tondo Renato Barilli

Notizie ed Eventi

Accademia In & Out Patrizia Dal Maso

Lectori Salutem Claudio Delli Santi direttore

Desidero porgere il mio più cordiale benvenuto e quello dell'intera Accademia di Belle Arti di Lecce a tutti Voi per la Vostra presenza.

La solenne cerimonia di oggi ha un valore particolarmente significativo per l’Istituzione, sia per la levatura e l’ampia popolarità dei nostri ospiti cui a breve riconosceremo la massima benemerenza del Diploma Honoris Causa, sia per le consolidate relazioni che legano da sempre questa Scuola alla Città, al nostro territorio e alla nostra Regione.

Legami storici, culturali e umani stretti con la collettività e con gli enti che operano, ad ogni livello, nel complesso sistema dell’arte, del teatro, del cinema, della musica e dello spettacolo dal vivo. Questa occasione, inoltre, è personalmente assai rilevante ed emozionante. È la prima titolazione Honoris Causa che mi accingo a conferire dall'inizio del mio mandato di Direttore. Essa rappresenta dunque un atto di profonda responsabilità culturale e manifesta simbolicamente l’alta qualità della nostra missione, quella di creare connessioni con il mondo professionale, con i protagonisti e i luoghi di produzione del sapere e della conoscenza: un aspetto sempre più decisivo per una Istituzione che ha nel proprio DNA la formazione

delle future generazioni di professionisti, ma anche e soprattutto di individui liberi e responsabili, di cui il Paese ha assoluto bisogno. Infine, come è noto, questa giornata segna un punto di arrivo e di superamento della mia attività di Direzione, dopo sei anni vissuti in tale ruolo. La nuova Presidenza con il prof. Fernando De Filippi ed il mio successore, erediteranno la responsabilità di guidare un’Accademia storica e prestigiosa, una scuola presente e protagonista del territorio, pronta ad affrontare le condizioni di cambiamento tecnologico, sociale e culturale in atto. Questo momento è pertanto un richiamo deciso, nel segno di una auspicabile continuità, ad agire guardando il mondo reale, apprendendo dai Maestri che sono qui dinanzi, ma con una grande consapevolezza verso i problemi del quotidiano, dell’amministrazione, dell’orientamento, della progettazione e della sostenibilità, dell’equilibrio tra la tutela della nostra storia e l’invenzione del futuro. E il futuro è una porta spalancata da cui noi studiamo il mondo e verso cui noi accediamo al mondo. Rivolgo le mie più sentite congratulazioni ai Maestri e ai Musicisti qui convenuti e i miei auguri all’Istituzione e ad ognuno di voi che ne è parte integrante e vitale.

Discorso inaugurale anno accademico 2016 - 2017

in alto Ritratto di Claudio Delli Santi Rita Tondo, pastello ad olio su tela (particolare)

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in PRIMO PIANO

L’Accademia e il territorio

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Iniziative di pregio intra ed extra moenia nel giro di qualche mese Angelo Maria Monaco

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rimavera/Estate 2017. Una collezione di eventi che vale la pena ricordare. Di seguito la breve cronaca di un periodo denso di iniziative sotto il segno dell’apertura e del confronto tra Accademia e Territorio.

Il conferimento di un diploma Honoris Causa rappresenta un momento significativo per una Istituzione culturale. Se l’evento è quadruplicato è ancora meglio. Da consegnare agli annali dell’Accademia è stato il 27 maggio 2017. Quando, con l’intento unanime della comunità scientifica di riconoscere un attestato di stima a noti esponenti salentini distintisi nel mondo delle arti visive e performative, sono stati ricevuti Tonino Caputo, Antonio Massari, Ercole Pignatelli e i Negramaro.

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foto: Giuseppe Bolognini

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in PRIMO PIANO

Ercole PIGNATELLI

I primi tre artisti, nati negli anni trenta del secolo scorso – ancora carichi di una verve invidiabile – sono accomunati dall’aver dedicato una vita alla ricerca nell’ambito delle arti figurative, approdando, ognuno, a una sintesi estetica originale, tuttavia inquadrabile nel dibattito internazionale sulle arti visive dal secondo dopoguerra a oggi.

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foto: Antonio Ruscigno

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Antonio MASSARI

Tonino CAPUTO

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in PRIMO PIANO

L'Accademia e il territorio

I Negramaro – dei quali Ermanno Carlà ed Emanuele Spedicato si sono formati in Accademia – hanno una straordinaria capacità di utilizzo sinestetico delle arti. Con un clamore a cui le secolari e contemplative pareti dell’ex convento di San Giovanni Evangelista, prestigiosa sede in via Libertini, non erano di certo avvezze, la giornata, moderata da Toti Carpentieri, è stata aperta come da rito dai discorsi delle alte cariche dell’Istituzione. Fuor di retorica, con i loro interventi, il direttore Claudio Delli Santi e il presidente Fernando de Filippi hanno insistito sull’idea di quanto sia rilevante per l’Accademia essere presente sul territorio. Non solo ai fini di una necessaria promozione dell’Istituto in sé, ma anche nel rispetto della nobile funzione intrinseca a un luogo deputato all’alta formazione, cioè elevare il livello di consapevolezza etica ed estetica della Società.

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foto: Antonio Ruscigno

in PRIMO PIANO

L'Accademia e il territorio

Ormai da anni proiettata verso una maggiore apertura alla cooperazione e alla partecipazione attiva nel tessuto urbano di Lecce e provincia, l’Accademia di Belle Arti, anche con questa iniziativa, ha mirato a lanciare un messaggio chiaro e preciso del proprio ruolo e dei propri obiettivi: oltre che formare le nuove generazioni di artisti, sensibilizzare le amministrazioni territoriali e la comunità dei cittadini verso le arti in genere, intese sia come forma di espressione culturale, quanto

volano di sviluppo economico. La consegna dei diplomi è stata preceduta dalla lettura delle laudationes tenute dai docenti Cristina Calabrese per Antonio Massari, Roberto Lacarbonara per Tonino Caputo, Patrizia Dalmaso per Ercole Pignatelli, Angelo Maria Monaco per i Negramaro. In uno scambio reciproco di omaggi, Danilo Tasco (il batterista della band) ha donato due scatti fotografici che andranno ad arricchire la collezione permanente di opere dell’Accademia.

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foto: Antonio Ruscigno

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in PRIMO PIANO

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L'Accademia e il territorio

Finita la cerimonia, una performance, irripetibile per definizione, ha dimostrato quanto le arti siano interconnesse: il Maestro Pignatelli, ispirato da toccanti melodie suonate al piano da Giuliano Sangiorgi, da Emanuele Spedicato alla chitarra e all'organetto da Andrea De Rocco, ha dato corpo a una delle sue donne giunoniche. Di quelle floride come una grande madre immersa nel paesaggio salentino, dove, tra le mura di una masseria fortificata, svetta sempre un’agile palma.

Un momento di vera Bellezza.

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foto: Giuseppe Bolognini

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foto: Giuseppe Bolognini

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in PRIMO PIANO

L'Accademia e il territorio

foto: Giuseppe Bolognini

in PRIMO PIANO

L'Accademia e il territorio

Nella direzione di una maggiore divulgazione dell’attività degli studenti, si collocano due iniziative espositive di particolare qualità: PugliArtists e Progetto Incipit. La prima, tenuta tra dicembre e gennaio, ha visto la fruttuosa cooperazione tra l’Accademia e l’Agenzia per il patrimonio culturale Euromediterraneo, presieduta dalla senatrice Adriana Poli Bortone; l’altra, tra giugno e settembre, ha avviato un dialogo tra l’Accademia e le gallerie di Arte Contemporanea del territorio.

PugliArtists è il nome di un progetto di cooperazione tra gli operatori attivi nei settori delle arti nel bacino mediterraneo, nel cui contesto si colloca l’omonima mostra allestita lo scorso inverno presso l’ex Conservatorio di S. Anna a Lecce, a cura dei docenti Cosimo Marullo e Angelo Maria Monaco. Una mostra il cui focus è stato una riflessione da parte degli studenti delle scuole di pittura, scultura, decorazione e scenografia, sul tema del viaggio dei popoli del Mediterraneo, inteso come esperienza antropologica, culturale e urgente dramma d’attualità. Una mostra che ha mirato, da un lato, a valorizzare la varietà dei linguaggi espressivi e stilistici della cosmopolita popolazione studentesca dell’Accademia (non solo italiana ma anche cinese, persiana, kazaka), dall’altro, a far riflettere sul concetto di unità sotteso alle arti come strumento privilegiato di comunicazione e cooperazione tra i popoli.

Il saggio critico delle opere nel catalogo, è stato affidato al docente Roberto Lacarbonara.

Progetto Incipit, concepito con tutti i meriti che ne conseguono, dal neoeletto presidente Fernando de Filippi (già direttore della prestigiosa Accademia di Belle Arti di Brera) ha mirato a vagliare sul campo il coefficiente artistico della produzione degli allievi. Laddove un lavoro realizzato in aula acquisisce lo status di opera d’arte, poiché selezionato da un curatore, esposto al pubblico in un luogo deputato, ovvero seguendo le dinamiche indagate, ad esempio, da Gianfranco Poli nel libro Il sistema dell’Arte contemporanea. Un progetto concepito come una ‘prova generale’, passante pure per le dinamiche dell’esclusione da intendere però come un motore che ha attivato pratiche di sana competizione tra le scuole e gli allievi, invitati, così, a superare accademismi, forme convenzionali e porti franchi di compiacenza.

Incipit: un titolo asciutto, ma molto eloquente; una parola chiave con cui è stata finalmente aperta una porta da troppo tempo serrata tra le aule dell’Accademia e le gallerie private del territorio (hanno aderito al progetto le gallerie leccesi Scaramuzza, Germinazioni, Fondo Verri, Prima Gallery, Galleria Arca, e la neritina Galleria Losanna); un progetto di grande lungimiranza che è intenzione dell’Istituto riproporre negli anni a venire (malgrado il disappunto di qualche professore polveroso) e, non da ultimo, un’occasione di autocritica per i docenti, stimolati a riflettere sull’offerta formativa proposta.

Fondamentale è, del resto, dotare gli allievi di una preparazione spendibile nel mercato del lavoro.

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INCIPIT I lavori degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce selezionati dalle gallerie del Salento Fernando De Filippi

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Incipit” diventerà un’occasione di visibilità per gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, una forma di esordio nel mondo del lavoro, un’iniziativa di confronto e dialogo che rappresenta e promuove le tendenze artistiche delle nuove generazioni e il primo passo per acquisire meriti artistici nel proprio curriculum studiorum.

“Incipit” si presenta come un’indagine sulle ricerche artistiche svolte nell’Accademia di Belle Arti di Lecce differenti per linguaggio ed espressione, ma tutte accomunate da idee nuove e fresche, da impegno, rigore nella presentazione e, perché no, anche

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da un po’ di sana ambizione. Il progetto è un’occasione importante per i giovani studenti al loro esordio, che verificano così talento e speranze, e rappresenta un momento di incontro con il pubblico salentino.

Attraverso questa serie di mostre, che si svilupperanno nelle gallerie d’arte del Salento e in alcuni spazi istituzionali, gli studiosi del mondo dell’arte, i critici, le istituzioni pubbliche e private e i collezionisti potranno conoscere le possibilità d’espressione dell’arte e il confronto di idee – fra tradizione e innovazione – che si sviluppano nell’ambito dell’Accademia di Belle Arti di Lecce.

La professionalità e il talento dei giovani artisti fanno da riscontro al lavoro condotto anche con l’ausilio dei docenti: un lavoro e una progettualità che toccano tutti gli aspetti formali della ricerca, confermando all’Accademia il ruolo di luogo di incontro del pensiero e di sperimentazione tra giovani artisti internazionali portatori di cultura e di esperienza.

“Incipit” diverrà nel tempo una tra le opportunità reali e concrete che l'Accademia offre ai suoi giovani, una ulteriore possibilità di indagine in alcuni settori del panorama della ricerca artistica, che spesso poi valica i confini delle aule dell'Accademia e approda alle manifestazioni di prestigio nazionali e internazionali. I giovani artisti testimoniano e determinano talvolta la tendenza artistica delle nuove generazioni.

Le Accademie sono le istituzioni universitarie che vantano, secondo il recente rapporto del CENSIS, il più alto tasso di internazionalizzazione sia rispetto alla Comunità Europea che nel resto del mondo.

Le opere esposte dimostrano l’attenzione dell’Accademia a coltivare contemporaneamente la cultura del progetto e la cultura del fare, oltre a proporsi come un’offerta di confronto e dialogo in più per i giovani con l’ambiente e la cultura artistica

all’interno della quale sono chiamati ad operare.

I giovani studenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce saranno gli artisti di domani, i nuovi talenti, che sperimentano e a volte inventano nuove forme espressive fra classicità e attualità. La professionalità e il talento dei nostri giovani artisti, provenienti da vari paesi del mondo, così come l'entusiasmo dei galleristi salentini confermano il ruolo di primo piano che spetta all'Accademia nella stimolazione di una riflessione intorno all'arte e alle sue infinite possibilità di espressione.

“Incipit” non è più solo una chance espositiva e di visibilità che l’Accademia di Lecce offre ai suoi giovani, ma anche una ulteriore possibilità di verifica e di indagine in alcuni settori del panorama della ricerca artistica, che va al di là delle aule dell'Accademia.

La prima edizione del progetto “Incipit”, curata dalla Consulta studentesca e da alcuni docenti, ha visto la collaborazione tra l’Accademia e le gallerie, a Lecce: Scaramuzza, Germinazioni, Fondo Verri, Prima Gallery, Galleria Arca; a Nardò: Galleria Losanna. Tra maggio e settembre 2017 hanno esposto, presso le sedi delle gallerie, una cinquantina di allievi.

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L'Accademia e il territorio

"Il Diario del Bottergibile" relatori: Ermanno Carlà Irene Pagliara Enrico Rollo Ferruccio Venuti Portico Gotico, 6 giugno 2017

"LRSA, La Rivoluzione sta Arrivando" Galleria dell'Accademia, 27 maggio 2017

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Proprio nei termini del rapporto tra formazione e mercato del lavoro, si colloca il progetto di comunicazione maturato nelle aule del corso di grafica, intitolato Il Diario del Bottergibile: incredibile avventura editoriale, commissionata dai Negramaro a un team di professionisti formatisi in Accademia.

Un’operazione di marketing vero e proprio, finalizzata all’immissione nel mercato del progetto discografico della band intitolato La Rivoluzione Sta Arrivando, del 2015. Oltre alla qualità del lavoro in sé (di grande impatto estetico e comunicativo oltre che sorprendentemente creativo e anche colto nella riconfigurazione di alcune macchine leonardesche), è da ricordare la conversazione tenuta nel portico gotico dell’Accademia il 6 giugno scorso, con l’impeccabile coordinamento di Nunzio Fiore e Silvia Papucci (docenti di grafica - editoria d’arte).

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L'Accademia e il territorio

Una conversazione alla pari dove l’unica distanza tra i convenuti era data dall’avere avuto già o non ancora l’occasione di mettersi sul serio alla prova, che ha visto schierati da un lato il gruppo di lavoro LRSA (formato da Ermanno Carlà, Irene Pagliara, Enrico G. Rollo e Ferruccio Venuti), dall’altro un buon numero di studenti. Un’occasione di crescita e di confronto professionale, presentato con entusiasmo coinvolgente da chi ha trasformato le proprie passioni in un lavoro concreto. Un fil rouge collega tutti gli eventi di cui si è data una breve cronaca, che appare fin quasi scontato (di certo è abusato) quando si parla

di aspettative generazionali e di “Arte o arte” (citando un noto dilemma lanciato da Sir Ernst Gombrich nella prefazione della sua magistrale The Story of Art (1950). Cioè la passione.

Ma riavvolgendo il testo è proprio quel filo a rivelarsi trama e ordito di un ‘tessuto’ di fondo imprescindibile, mancando il quale ogni fatica è vana. Proprio così come dimostrano le biografie degli artisti insigniti del diploma Honoris Causa, il successo dei progetti espositivi e di quelli editoriali richiamati, e come dimostra l’impegno quotidiano di quei docenti che credono nel valore del proprio lavoro.

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in PRIMO PIANO

L'Accademia e il territorio

Seminario: Il Diario del Bottergibile snapshots: Jonny ZeroC

in PRIMO PIANO

L'Accademia e il territorio

Clamoroso, a questo punto, ciò che accade, ormai per la terza volta, nel giro di pochi anni. Grazia Tagliente, una delle docenti della qualificatissima scuola di incisione, accompagna una studentessa a Palazzo del Quirinale, per ritirare il prestigioso premio del concorso Un ventaglio per il Presidente della Repubblica (in proposito, si rimanda all’articolo di chi scrive in questo stesso numero). Cristina Panarese, promettente studentessa del terzo anno del triennio di pittura, si aggiudica l’ambito riconoscimento con la creazione intitolata Lavoro, Valore, Dignità. Un ventaglio, che è un’opera d’arte, capace di sollecitare una riflessione intelligente sull’urgente tema delle contraddizioni, della sicurezza e della dignità insite nel mondo del lavoro e del precariato. Con slancio creativo, una comune rete di sicurezza da cantiere (quella traforata di colore arancio), oltre che risagomata nella forma di un ventaglio e nobilitata da una fogliaoro, viene risemantizzata passando dallo status di oggetto d’uso comune, a quello di oggetto semioforo.

Ossia un oggetto portatore di significato, che in questo caso consiste in una metafora trasversale sintetizzabile nell’assunto incontestabile secondo cui, solo l’oro che si guadagna con il lavoro è di valore. Cristina Panarese, così, con gesto elegante lancia un guanto di sfida che è al contempo un monito e un memento su cui riflettere, valido un po’ per tutti. Ai vari gradi del percorso formativo. Ai vari livelli della carriera.

Cerimonia del Ventaglio Palazzo del Quirinale 26 luglio 2017

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Premio Nazionale delle ARTI Arti Grafiche Antonio Basile

Il Premio Nazionale delle Arti 2016, promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, è giunto alla dodicesima edizione.

Protagonisti indiscussi del Premio, che richiama l’attenzione del mondo dell’arte e dei settori produttivi legati alla creatività, sono secondo la dr.ssa Maria Letizia Melina, Direttore Generale per lo Studente, lo Sviluppo e l’Internazionalizzazione della Formazione Superiore, «quei giovani talenti che oggi, più che mai, in prima persona sperimentano l’apertura internazionale del loro lavoro, dal momento che sono soliti condividere i linguaggi, le tecniche, gli strumenti, le tradizioni con quelli dei tantissimi studenti provenienti da tutte le parti del mondo che frequentano i Conservatori e le Accademie italiane. Il fare arte, in tal senso, è quella dimensione che meglio di altre sa nutrirsi della diversità e molteplicità delle esperienze. Il ricchissimo ventaglio delle sezioni in cui il Premio 2016 si articola dimostra, altresì, quanto variegata sia la struttura dell’insegnamento artistico nazionale e indica chiaramente la direzione da percorrere: 'portare al centro del processo di valorizzazione le esigenze dello studente, prima risorsa, e il prestigio indiscusso di quel patrimonio inestimabile che è il nostro sistema formativo'». Questa edizione del Premio per la sezione “Arti Figurative, Digitali e Scenografiche” è stata organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Urbino. L’evento riveste un particolare significato, in quanto cade nel cinquantenario della sua fondazione.

Un’autorevole commissione - presieduta da Silvia Evangelisti, storica e critica d’arte e direttrice per oltre un decennio dell’Arte Fiera di Bologna, e composta da Peter Aufreiter, Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, e da Lorenzo Bruni, critico

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e storico dell’arte contemporanea - ha selezionato, «attraverso un attento e scrupoloso lavoro, un ristretto numero di partecipanti su una più ampia rosa di candidati, avendo come obiettivo quello di segnalare lavori meritevoli di interesse per la loro ricerca e sperimentazione». Tutto il sistema della Formazione superiore, rileva la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, «trova in questo Premio la sua naturale, ed insieme eccezionale, occasione di visibilità. I giovani talenti, sono chiamati a confrontarsi, a competere virtuosamente, e così, facendosi portatori di visioni e idee, si preparano ad interagire con le sfere della vita sociale, produttiva, culturale di un Paese il cui progetto formativo è sempre più chiaramente vocato ad una dimensione internazionale. Il Premio Nazionale delle Arti, una straordinaria vetrina delle eccellenze di questo settore, mostra con evidenza come il legame tra professioni della creatività e mondo della formazione sia il tema al quale dobbiamo orientare ogni sforzo, perché è la società contemporanea, con le sue esigenze, a chiedercelo. Che l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica rappresenti il fiore all’occhiello del nostro sistema di formazione è fatto evidente, insieme alla consapevolezza che esso è risorsa, valore, patrimonio, e, in quanto tale, richiede costante e sensibile attenzione.

Ciò diviene possibile nel momento in cui, come si è già incominciato a fare, si lavora alla valorizzazione e al rilancio di questo settore, anche fornendo soluzioni e risposte, attese da molti anni, dal 1999, l’anno di approvazione della riforma».

Le Accademie italiane hanno affrontato con coraggio e rigore le sfide poste dalla cosiddetta “società liquida”, senza mai tradire quello che è sempre stato il loro straordinario patrimonio di conoscenze e

saperi, soprattutto laboratoriali. Secondo il Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, prof. Umberto Palestini, «sono riuscite nel loro intento grazie anche al fondamentale apporto dei corsi teorici, i quali hanno contribuito ad ampliare gli storici percorsi istituzionali, affiancando la creazione di nuove prospettive didattiche e lo sviluppo nel nostro Paese di un modello formativo all’avanguardia. Le opere esposte e pubblicate in catalogo sono la concreta testimonianza di tale effervescenza creativa rintracciabile nelle Accademie italiane».

La cerimonia della proclamazione dei vincitori si è svolta giovedì 14 settembre 2017, alle ore 17.00 in occasione dell’inaugurazione della mostra ospitata nella Serra d’inverno di Palazzo Ducale. Tra i premiati la studentessa Miriana Pino dell’ABA di Lecce, iscritta al secondo anno del Biennio Specialistico del corso di Grafica, con l’opera Attrattore strano (2016). Sono intervenuti, oltre al Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Peter Aufreiter, il Direttore Generale per lo Studente, lo Sviluppo e l’Internazionalizzazione della Formazione Superiore, Maria Letizia Melina, il Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, Giorgio Londei, il Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, Umberto Palestini, le massime autorità politiche, ministeriali e accademiche che hanno collaborato alla realizzazione del prestigioso evento.

L’esposizione della XII edizione del Premio Nazionale delle Arti – sezione Arti figurative, digitali e scenografiche resterà aperta sino al 14 ottobre 2017.

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Premio Nazionale delle Arti

Gastone MOSCI

docente Università di Urbino 'Carlo Bo'

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a grafica propone una espressione ‘altra’ al Premio Nazionale delle Arti 2016 di Urbino con l’elaborato della studentessa Miriana Pino dell’Accademia di Belle Arti di Lecce. Il foglio porta il titolo di Attrattore strano, un ‘raw data’, un manufatto sperimentale grezzo opacizzato, chiamato ‘dati astratti-non elaborati’, una tecnica mista con l’acquaforte, la fotoincisione e la xilografia poste in un processo di grafica. Miriana Pino ha seguito le lezioni dei suoi docenti, Nunzio Fiore e Silvia Papucci confrontandosi con Irene Podgornik a Lecce. Ho incontrato la Pino e le due docenti a Urbino per il Premio insieme al maestro serigrafo Giuseppe Di Giangirolamo della Scuola di Grafica dell’Accademia di Belle Arti di Urbino e della Fondazione “Il Bisonte” di Firenze, il quale le aveva accolte per una sperimentazione nel laboratorio-stamperia di Barga in Garfagnana, un luogo ormai deputato alla ricerca e alla serigrafia. Tecnica calcografica e tecnica fotomeccanica partecipano alla elaborazione del foglio (cm 70x100): le tre matrici di metallo, gli acidi per l’acquaforte, il camaïeu per evidenziarne il segno e la materia, una complessità che dialoga con la fotoincisione che è elaborata da una sua matrice e

Attrattore Strano fotoincisione, acquaforte e camaïeu 650x500 mm, 100x100 mm

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dal segno del legno, il telaio che è impresso dalla tavola di legno. L’immagine studiata e realizzata da Miriana Pino, Attrattore strano, insiste sul tipometro, il righello che è lo strumento per misurare il corpo del carattere di stampa, la mediazione fra digitale e incisione, fra moderno e tradizione “per me fondamentale – dice la Pino – in quanto riusciva a tradurre quel senso materico e di memoria del segno che il digitale può solo simulare”. Si tratta di una orchestrazione di linee, di righelli, di visioni, una tec-

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RULES FILETTI

nica mista che la grafica propone grazie al dialogo tra i linguaggi. È un’opera aperta alla Umberto Eco per la sperimentazione e una comprensione dello spazio civile e spirituale, secondo Carlo Bo e Paolo Volponi. Cosa poteva segnalare al grande pubblico il Giardino d'inverno del Palazzo Ducale, attraverso l’esposizione delle opere degli artisti presenti al Premio delle Arti, se non la magnificenza di Piero della Francesca con l’immagine della Città ideale e di Luca Pacioli con il De Divina Proportione?

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Il Ventaglio del Presidente Angelo Maria Monaco

Maristella CAPPELLI

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Cristina BORTUNE premiazione, 2016

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i sono concorsi nazionali riservati agli allievi delle Accademie di Belle Arti italiane, che se vinti possono davvero far brillare chi si aggiudica il premio e l’Istituzione di appartenenza. Com’è il caso del concorso bandito annualmente dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, con cui si invitano giovani artisti a realizzare un ventaglio per le più alte cariche dello Stato, cioè ai presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato. «È l’ultima seduta, il caldo infuria. I deputati sbuffano come piroscafi e si fanno fresco con ventagli come signore. Il presidente Zanardelli ha ricevuto dai giornalisti un ventaglio d’onore. Il grande lucernario, infiammato dal sole, pare il grande coperchio della caldaia delle streghe di Macbeth». Così recitava un articolo dell’Illustrazione Italiana nel numero di luglio 1893, ricapitolando quanto accaduto nell’aula Comotto di Montecitorio, in una delle ultime discussioni parlamentari per l’approvazione di una legge bancaria. L’aula Comotto era un padiglione, a forma di teatro, realizzato in legno, vetro e ghisa, destinato ad accogliere provvisoriamente a Roma, a partire

dal 1871, il primo Parlamento italiano. A causa dei materiali impiegati risultava gelido d’inverno e soffocante d’estate. Fu proprio per arginare la canicola nel luglio del 1893, che deputati e giornalisti della tribuna stampa parlamentare, ricorsero all’antico rimedio contro il caldo, come i Salina del Gattopardo, suscitando in questo modo un commento pubblico del Presidente della Camera di allora, il bresciano Giuseppe Zanardelli, a cui risposero donando proprio un ventaglio di carta, decorato con le loro firme. Da allora, un omaggio nato quasi per scherno, fu trasformato in vera e propria cerimonia, che si ripete ogni anno, prima della pausa estiva dai lavori del Parlamento. Il curioso omaggio, introdotto nel protocollo cerimoniale del Presidente della Camera dei deputati, interrotto solo durante il ventennio fascista, fu esteso poi al Presidente del Senato e, dal 1993, al Presidente della Repubblica.

Nel 2014, il privilegio di alleviare il patimento dalla calura estiva al presidente della Repubblica, allora Giorgio Napolitano, è stato conferito all’Accademia di Belle Arti di Lecce.

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in PRIMO PIANO

Il Ventaglio del Presidente

Sotto la guida di Donatella Stamer, la giovane Maristella Cappelli (Mesagne, 1990), concepisce e realizza un elegante ventaglio intitolato Studio di battaglia, con cui si aggiudica l’ambito riconoscimento.

Realizzata con una struttura di legno e una fascia di tessuto decorata con la tecnica calcografica (stampa di inchiostro ceruleo su carta di riso, incollata su lino bianco), l’opera è una composizione astratta. Linee spezzate e continue, coagulazioni di materia pittorica e dripping in forme dinamiche in conflitto e scontro tra loro, sono impresse sulla superficie in un gioco di equilibri e di tensioni che evocano all’osservatore visionario, scontri di eserciti affrontati, filo spinato di trincea, superfici dilaniate da esplosioni oppure l’impeto di fiotti di sangue schizzati all’improvviso. In gioco ci sono la vita o la morte, ma non c’è nulla di macabro. L’azzurro scelto conferisce anzi alla composizione una ricercata leggerezza.

E il successo dell’Accademia di Lecce si ripete anche quest’anno, quando Cristina Bortune (Gagliano del Capo, 1991) è insignita del medesimo riconoscimento. Sotto la guida di Grazia Tagliente, la giovane studentessa del corso di Decorazione, concepisce e realizza un ventaglio che intitola L’Italia che vorrei.

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Una raffinata interpretazione della mappa del Belpaese: un mosaico di regioni slegate dalla loro effettiva vicinanza geopolitica, ma tenute assieme da un vero e proprio fil rouge di cotone, si dispone con ponderata armonia su una mezzaluna di lino.

Profondo e maturo, specchio della visione dei nostri giorni di una ventiquattrenne intelligente, è il commento che l’autrice stessa rilascia alla stampa e che qui è riportato: «L’Italia che vorrei è una terra unita, che accoglie il prossimo, dandogli valori, speranze e dignità. L’ Italia che vorrei, non ha sesso, non ha colore, e non guarda l’amore tra due donne o due uomini con occhi di rimprovero.

L’ Italia che vorrei è una madre che investe sui propri figli, dà a loro voglia di crederci e l’opportunità di un domani sereno». Una metafora, insomma, non solo del Paese, ma pure di ciò che dovrebbe essere, e che in questo caso caso è, un’Istituzione di alta formazione artistica come l’Accademia: luogo di confronto generazionale e di professionalità, deputato alla crescita culturale dei giovani attraverso l’educazione al Vero, al Bello e alle Arti.

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in PRIMO PIANO

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Il Ventaglio del Presidente

Cristina BORTUNE L' Italia che vorrei tessitura su canvas 2016

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in PRIMO PIANO

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Il Ventaglio del Presidente

Maristella CAPPELLI

Studio di battaglia calcografia 2014

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in PRIMO PIANO

La Giustizia

Collezione artistica allestita negli spazi del Tribunale

Claudio Delli Santi

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interessante collezione di opere degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, allestita all’interno degli spazi del nuovo tribunale della città, dimostra una determinata volontà di dialogo e apertura nei confronti delle istituzioni e delle realtà attive sul nostro territorio. L’Accademia, in quanto istituto di alta formazione artistica, ogni anno “alleva” giovani talenti, i futuri artisti di domani, i professionisti della creatività, attraverso specifici corsi di studio triennali e biennali-specialistici.

Le opere selezionate per questo progetto espositivo denotano la variegata attenzione delle sezioni che compongono l’offerta formativa dell’istituzione che dirigo. I nostri allievi attraverso tecniche e approcci diversi hanno voluto riflettere su un tema dalle sfaccettature complesse, la Giustizia. Tramite sguardi sui noti fatti di cronaca, o indagini su aspetti più intimistici e complessi, sono stati in grado di sviluppare ampi discorsi che oggi entrano a far parte di un pubblico patrimonio.

C’è chi si è mosso prendendo in considerazione alcune peculiari icone e chi ha voluto esprimere un tema così difficile e multiforme optando per scelte dissimili: il risultato è una galleria di dipinti, incisioni, tecniche miste, sculture e installazioni che sicuramente attireranno i fruitori di questi spazi con estrema curiosità.

Non a caso l’arte porta con sé un messaggio che ognuno potrà interpretare secondo le proprie sensibilità e attitudini.

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Mario Benfatto

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incontro con l’Accademia di Belle Arti di Lecce, favorito dall’Assessore provinciale alla cultura, è nato dalla convinzione personale che il tribunale non è dei giudici o degli avvocati o degli operatori del diritto, ma appartiene alla città, ai cittadini: è un bene della collettività, in quanto in esso si devono affermare valori che appartengono a tutti, e la collettività lo deve sentire proprio. Il tribunale deve essere un luogo aperto alla comunicazione, anche con l’utente non professionale, il cittadino comune, che non lo deve vivere come luogo a lui estraneo. Oggi, chi lavora all’interno del tribunale, tramite il web e il proprio sito informatico, ha iniziato un percorso di comunicazione con l’esterno, ma è bene che anche dall’esterno giunga voce sull’idea di giustizia che si è formata nella collettività. Si è pensato che questa idea dovesse essere espressa dai giovani, che più degli altri sono proiettati nel futuro, e potesse essere comunicata attraverso immagini, opere pittoriche e sculture da soggetti che non vivono abitualmente nei tribunali, ma che hanno capacità di espressione.

Si è così creduto che si potesse realizzare un “Commentario artistico della Costituzione”, in cui il giovane artista fosse impegnato ad esprimere la sua idea di giustizia, richiamandosi ai principi e ai valori della Carta Costituente.

Questo progetto rispondeva anche all’esigenza di avvicinare le istituzioni pubbliche, perché potessero parlare un linguaggio comune e nuovo, e, avendo trovato l’ambiente dell’Accademia ricco, vivace e stimolante, mi sono sempre più convinto che questa vivacità e ricchezza ben potesse trasferirsi in un luogo che non deve apparire tetro, ma aperto alla luce, alla trasparenza.

Personalmente ritengo anche che ogni occasione sia utile per fare conoscere alla comunità intera le eccellenze locali, tra le quali è da comprendere certamente l’Accademia di Belle Arti, e i giovani artisti potranno farsi apprezzare dalle tante persone che quotidianamente frequentano il tribunale.

Si è avviato, a mio avviso, un percorso nuovo che spero possa essere portato avanti nel tempo.

Inaugurazione opera Francesco DE CRISTOFARO Speranza

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in PRIMO PIANO

La Giustizia - Collezione artistica allestita negli spazi del tribunale

Simone CORVAGLIA Sogno 17

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Emanuela MAGNO Pensieri aniconici

Maristella CAPPELLI Studio per battaglia I

Mariastella CAPPELLI Studio per battaglia II

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in PRIMO PIANO

Danilo RICCIATO Carte nel tempo

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La Giustizia - Collezione artistica allestita negli spazi del tribunale

Miriana PINO Clavis tua est

Simona CARBOTTI Justizia

Delia CAGNAZZO Dike

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in PRIMO PIANO

La Giustizia - Collezione artistica allestita negli spazi del tribunale

Vito Alessandro AMORUSO Natura morta con Giustizia

Annamaria ANTONAZZO 21 Maggio 1992

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Giulia CIOFFI Fight racism

Lucia MACRÌ Ipazia strazio di vita

Andrea CARRINO Legalità, giustizia ed equilibrio

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in PRIMO PIANO

La Giustizia - Collezione artistica allestita negli spazi del tribunale

Marco MASCHIO Sfregio

Angelica MOLA La tela dei Ricordi

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Maria Antonietta TUTINO Bianco, giallo, nero: la legge è uguale per tutti

Alessandro MAGGIULLI Lentamente

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in PRIMO PIANO

La Giustizia - Collezione artistica allestita negli spazi del tribunale

Gianfrancesco PIRO Giostre in guerra

Vito Alessandro AMORUSO Le luci del percorso

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Domenico ARCES Giustizia sostantivo femminile paradossale

Rossella MARZANO L'albero della vita

Elisabetta MERICO Uguaglianza

Francesco PAGLIALUNGA Impronte di vita

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in GALLERIA

Catia Dottori Vestire il Cinema

Mostra di Costumi, Galleria dell’Accademia, 18–23 aprile 2016 Seminario, Aula Magna, 21 aprile 2016 Giacomo Toriano

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a diciassettesima edizione del Festival del Cinema Europeo è stata ancora una volta occasione per una proficua collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Lecce, dove già in passato si sono svolti diversi eventi e iniziative, rivolte in primo luogo alla formazione degli studenti, tra le quali si ricordano le Lezioni di Cinema tenute da Krzysztof Zanussi e Otar Iosseliani.

Per l’edizione del 2016, in concomitanza con il festival, l’Accademia ha organizzato la mostra “Vestire il Cinema” dedicata ai costumi realizzati da Catia Dottori per diversi film tra i più noti della recente produzione del cinema italiano e registi come Ferzan Opzetek, Pupi Avati, Carlo Lizzani, Paolo Virzì e altri.

In particolare il pubblico ha potuto ammirare in anteprima i progetti visivi dei personaggi che la Dottori ha disegnato per La pazza gioia di Paolo Virzì, film proiettato alcuni giorni dopo al Festival di Cannes e accolto con entusiasmo sia dalla critica che dal pubblico, nonché dal mercato internazionale, con richieste da 40 Paesi. Sopratutto, proprio con La pazza gioia, Catia Dottori ha vinto il “Nastro d’Argento 2016” per i migliori costumi.

Una caratteristica della mostra, allestita dalla stessa costumista con l’assistenza degli studenti, è stata la volontà di presentare i numerosissimi bozzetti realizzati nei diversi contesti (cinema, pubblicità, televisione) non come “opere” finite, ma mostrando il work in progress che – attraverso disegni, schizzi e appunti – porta a dar forma e vita a personaggi e situazioni che fino a quel momento sono ancora letterari, esistendo solo nel copione. Per questo i disegni sono stati esposti e (dis)ordinati come se fossero sul tavolo di lavoro.

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Catia DOTTORI Studio per Hotel Meina di Carlo Lizzani

Sotto l’aspetto formativo il momento più significativo è stato il seminario che Dottori ha condotto il 21 aprile 2016 in un'Aula Magna gremita di studenti, cui ha partecipato anche il fotografo Piero Marsili Libelli che ha portato la sua esperienza nel mondo del cinema e della fotografia. In effetti uno degli aspetti più qualificanti dell’alta formazione artistica consiste proprio nel confronto con le diverse realtà del mondo dell’arte e dello spettacolo e con i diversi profili professionali che vi operano.

Il seminario ha trattato i vari aspetti relativi alla progettazione scenica ed è poi sfociato in un confronto con gli studenti in cui è emersa l’importanza di sviluppare un percorso coerente nel lavoro progettuale e delle motivazioni delle scelte creative. Ma sempre tenendo presente che il mondo dello spettacolo è fatto di mestieri, in cui tecnica, invenzione, conoscenze e intuizione sono inestricabilmente legati.

Il costume nel cinema viene più facilmente apprezzato, e premiato, nei film di ambientazione storica o fantastica, nei quali è immediata la spettacolarità dell’effetto scenografico o dell’invenzione. Nelle ambientazioni contemporanee, invece, il lavoro del costumista è più sottile e investe in modo meno evidente la caratterizzazione del personaggio e la sua credibilità scenica e drammatica. Ed è proprio nel

contesto dell’attualità che si è svolta in gran parte la carriera di Dottori: rispetto al costume storico ha prediletto la contemporaneità o il passato recente (fino agli anni ’30 del ‘900), cioè un periodo che coincide con l’arco temporale della propria personale esperienza, vissuta in prima persona o attraverso i racconti e le storie ascoltate dalla generazione dei corpi genitori.

«La personalità del personaggio – sottolinea Dottori – emerge non solo dai tratti fisici, ma anche dal vestito. È ciò che fa il pubblico quando vede un film, perciò capire la psicologia dei personaggi leggendo il copione è fondamentale. La cosa più importante è il copione».

Se si guarda ai lavori più significativi di Catia Dottori, tenendo presente quei prìncipi, si può osservare un’attenzione e una determinazione nelle scelte che si riscontrano di solito in film di ambientazione storica o fantastica, ma applicati invece ad ambientazioni contemporanee: una cura quasi pittorica del disegno e del dettaglio viene dedicata a personaggi calati nella realtà quotidiana, spesso di ambienti poveri o degradati. Non si tratta solo di attenzione ai particolari, bensì di uno studio dei personaggi che rivela un percorso analitico della loro “realtà vissuta”, interpretata e messa in scena attraverso il costume,

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in GALLERIA

Catia Dottori: Vestire il Cinema

che si manifesta così come specchio di identità sociale e psicologica. Naturalmente con l’accortezza di scansare gli stereotipi o, peggio ancora, la piatta aderenza alla moda del tempo: «Non si può vestire una fioraia con le grandi firme degli stilisti solo perché questi ti forniscono gli abiti. È per questo che le ambientazioni contemporanee sono le più difficili per un costumista. Diversamente da quanto avviene con il costume storico, nei film ambientati nell’attualità il pubblico conosce bene e sa interpretare i messaggi insiti nell’abbigliamento».

Verità del personaggio, dunque, ma anche equilibrio e armonia delle forme. È per questo che Catia Dottori progetta sempre su carta i propri personaggi nelle diverse situazioni previste dalla sceneggiatura, anche quando parrebbe più semplice risolvere con prove di costumi già disponibili. «Il film d’epoca stabilisce dei canoni che sono considerati quasi sempre inderogabili. Il film ambientati nell’attualità obbligano invece a cercare i punti essenziali della personalità e il modo di trasferirli nell’abbigliamento. E non si ha lo scudo che nei film d’epoca può derivare da una buona ricerca storica. Insomma, non ci può nascondere dietro la sola coerenza storica».

Con queste premesse non è un caso che nei figurini di Dottori si possa osservare l’influenza della pittura e dell’arte classica, che hanno avuto un ruolo importante nella sua formazione e nei suoi esordi lavorativi. L’attività di Catia nel mondo dello spettacolo risale ai gruppi dell’avanguardia teatrale romana che orbitava intorno a personalità come Carmelo Bene, Memè Perlini, Leo De Bernardinis, Giancarlo Nanni e altri. Fu direttrice di scena della compagnia di Edmonda Aldini; firmò le scene e i costumi per Franziska di Wedekind (interpretata da Emanuela Kustermann e diretta da Giancarlo Nanni), rappresentata anche al MOMA di New York.

L’esordio nel mondo del cinema avvenne grazie ai fratelli Antonio e Pupi Avati, che le affidarono la scenografia e i costumi per l’opera prima di Lamberto Bava, Macabro (1980). Nel frattempo lavorò come scenografa e costumista per spot pubblicitari (Kraft, Renault, Parmalat, Lancia, Dash) realizzati da registi specializzati come Enrico Sannia, già assistente di Michelangelo Antonioni, e interpretate da star come Marcello Mastroianni. Nel 1984 realizzò la scenografia e i costumi per il videoclip Fotoromanza di Gianna Nannini, diretto da Michelangelo Antonioni e girato con l’allora futuristica tecnologia ad alta definizione.

Dopo diversi film e fiction televisive è iniziato il suo sodalizio artistico con Ferzan Özpetek, per il quale

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Catia DOTTORI Studio per Hotel Meina di Carlo Lizzani

ha firmato i costumi de Le fate ignoranti (2001), La finestra di fronte (2003) e Cuore sacro (2005). Ha disegnato i costumi per l’ultimo film di Carlo Lizzani, Hotel Meina (2007). Con Pupi Avati ha realizzato La via degli angeli (1999), Ma quando arrivano le ragazze? (2005), Il cuore grande delle ragazze (2011) e la serie TV Un matrimonio (2013-14).

L’esposizione dei suoi lavori all’Accademia di Lecce, dopo le mostre di Roma e Los Angeles, è stato quindi un significativo momento di conoscenza e di confronto con uno di quei mestieri del cinema che racchiudono in sé tecnica e creatività e che trovano nelle Accademie di Belle Arti il loro luogo di elezione.

COLLABORAZIONI

Senso Plurimo 6 Futuro Prossimo Antonio Basile

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Accademia sin dalla sua fondazione continua a proporsi come fulcro di una vasta attività di produzione artistica. Lo fa con il contributo dei suoi qualificati docenti e soprattutto degli studenti, per i quali il lavoro di approfondimento didattico si correla spesso a momenti di produzione e a momenti di approfondimento culturale: convegni, seminari e vivaci e proficui dibattiti. Non è nostra intenzione elencare le cose che sono state fatte in questi ultimi anni, ma non possiamo esimerci dal rilevare con viva e sincera soddisfazione che l’Accademia di Belle Arti di Lecce è una fucina di talenti. Un’ulteriore conferma viene dalla mostra “Futuro Prossimo”, l’evento collaterale di Senso Plurimo, giunto alla sesta edizione, ospitato negli spazi dei Cantieri Koreja, dedicato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, curato da Marinilde Giannandrea, la quale avvalendosi della preziosa collaborazione dei professori Nunzio Fiore e Donatella Stamer, ha selezionato i lavori di tre giovani studentesse dell’indirizzo di Grafica: Rossella Marzano, Claudia Miano e Miriana Pino. Le tre giovani artiste differenti per formazione, generazioni e linguaggi espressivi, hanno operato rigorosamente, tra etica ed estetica, su diversi e significativi piani di analisi e di riflessione dando vita a opere caratterizzate da segni che sottendono un insieme di relazioni, che legano l’uomo alla natura, all’ambiente e alla società. Immagini che evocano un flusso archetipico di segni in divenire. Indagine materica e segnica si fondono nel loro lavoro, originando narrazioni nelle quali emerge il ritmo compositivo e l’ambientazione spaziale. Scrive in proposito Rossella: «La lastra è una

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Claudia MIANO In-equilibrio stampa calcografica e digitale cm 18x25x2

superficie buia e sotto la mano, che su di essa si posa, è fredda. Quando la punta, guidata dalla mano, inizia a scalfire, si genera un mondo di segni, che danno vita all’immagine. Incidere è un gesto semplice che ci porta alle origini dell’uomo, quando lasciava la traccia di sé sulla superficie delle grotte. Il segno che lascia una punta d’acciaio su una matrice equivale al segno, alle cicatrici che la vita lascia sul corpo e nell’anima dell’essere umano. Per cogliere l’anima di un paesaggio, di un fiore, di una roccia, bisogna imparare ad ascoltare, a vedere e a guardare la natura».

I lavori di Claudia Miano invece, nascono dallo studio delle varie tipologie di equilibrio: compositivo, cromatico e concettuale. In proposito, Claudia Miano rileva che le influenze di Vasilij Vasil'evic Kandinskij, hanno contrassegnato l’analisi della struttura compositiva, facendo in modo che fosse prestata maggiore attenzione al peso di ogni elemento. La ricerca dell’equilibrio nella composizione, inoltre, è stata accompagnata da un viaggio introspettivo verso la conoscenza di sé e dell’opera, per questo motivo ogni segno ha assunto la pro-

pria dignità e ha contribuito alla concretizzazione del progetto: forme superfici e tecniche sono state utilizzate in modo da non far mai prevalere l’una sull’altra. Infine, le opere di Miriana Pino si ispirano soprattutto alle Griglie di Hanne Darboven, artista concettuale tedesca. Il lavoro si presenta come una serie di pseudo-scritture con un complesso sistema di segni, numeri e parole che seguono linee sismografiche secondo orientamenti universali. Le opere di queste giovani artiste, in definitiva, indagano con varietà tecnica la qualità dello scorrere del tempo, i rapporti di equilibrio e le relazioni dinamiche tra parole, segni e impulsi emotivi. Opere di grande sensibilità che recuperano simbolicamente una dimensione identitaria e ribadiscono che l’arte contemporanea, non può essere considerata un’apolide priva di radici, ma un’arte che concilia il locale con il globale. Marinilde Giannandrea, da parte sua, ha voluto recuperare le condizioni di un lavoro artistico e critico meno frettoloso e concitato che tende a valorizzare e stimolare le potenzialità creative, soprattutto dei giovani artisti.

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COLLABORAZIONI

Senso Plurimo 6 - Futuro Prossimo

Marinilde Giannandrea

Un segno non è solo una traccia su un foglio ma un elemento che disciplina e scombina la pratica del pensiero, che regola il flusso della memoria e si distende sulla superficie bianca come progetto o istinto. Appartiene a un concetto senza tempo, quello di Hanne Darboven, l’artista alla quale s’ispira Miriana Pino con alfabeti mentali che diventano una pratica ansiosa e un’occasione per una ripetizione ossessiva dell’atto che porta all’astrazione dall’Io. Un io che entra invece con forza nelle Quattro Stagioni di Rossella Marzano dove il segno inciso sembra volere modellare l'aria, in un processo che scrive lo scorrere della natura. Sono evocazioni atmosferiche, che sembrano però flussi emotivi, andamenti stagionali lontani da riferimenti narrativi. A una sorta di esercizio di stile si rifà il lavoro di Claudia Miano, ispirato a Kandinskij, e alle pratiche orientali. È una ricerca fatta di vuoti, di pieni, di tecniche diverse raccolte in un libro d’artista dove si percepisce la qualità della lentezza, del tempo dell’attesa e della sospensione, quella necessaria a trovare un equilibrio della forma, dello spazio e anche del sé.

Rossella MARZANO Quattro Stagioni acquaforte

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Miriana PINO Studio sulla scrittura sismografica china su carta

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CONVERSAZIONI

RICOMINCIO DA TE TONINO CASSIANO CONNOISSEUR

conversazione su Vincenzo Ciardo pittore di paesaggio Patrizia Staffiero

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uando mi è stato proposto di tracciare, a grandi linee, un ‘ritratto’ di Antonio Cassiano ho pensato che sarebbe stato importante ripercorrere, attraverso gli scritti di colleghi e amici, ma anche di coloro che a vario titolo lo hanno conosciuto e frequentato, il profilo di un uomo - intellettuale, storico e critico dell'arte - che ha contribuito alla profonda e pragmatica conoscenza del patrimonio storico artistico del vasto territorio del Mezzogiorno d’Italia e anche oltre, grazie allo stesso rigore quasi ‘positivista’ caratterizzato dalla fiducia nel progresso e dal tentativo di applicare il metodo scientifico a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana.

Ciò è emerso con chiarezza dalla volontà scrupolosa e accanita nella verifica del dato profusa, in special modo, negli studi rivolti all’Ottocento e al Novecento salentino. La ricca eredità lasciataci da Tonino connoisseur si concreta nelle sue lunghe ‘peregrinazioni’ tra luoghi più o meno frequentati da storici dell’arte di tutti i ranghi che, spesso, hanno fatto tesoro delle sue proficue indagini su argomenti tra i più disparati che spaziano dalla scultura, alla pittura, all’architettura barocca e alle arti minori o decorative che dir si voglia, lungamente indagate, fino a ricomprendere quella grande capacità di ‘riconoscere’ e attribuire opere d’arte a identità artistiche ben definite, sulla scorta di un’analisi comparativa di elementi stilistici e formali che lui era in grado di evidenziare grazie ad “una pratica orientata da studi iconografici e dall’interferenza di diverse componenti derivanti da studi inerenti la sociologia e anche la psicologia”, legate alle figure di artisti che, per il Nostro, sembrava non avessero segreti di sorta. Il suo occhio attento ed

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esperto garantiva un’analisi condotta con serietà e rigore metodologico, e sui diversi artisti e sulle diverse tecniche dei materiali impiegati nell’esecuzione dei più svariati simulacri. La sua capacità di grande conoscitore si esprimeva lavorando sul campo ma anche riflettendo sui mutamenti innescati da un uso sempre importante delle riproduzioni fotografiche - di cui l’archivio personale e del Museo Provinciale, da lui egregiamente diretto per quasi un ventennio, erano estremamente ricchi - e riusciva a cogliere, con immediatezza, il nesso che legava le opere ai loro esecutori e ad individuare prontamente le scuole di appartenenza per merito del suo sguardo attentissimo anche ai più piccoli segnali. Nell’ottica poi di una corretta metodologia tesa a realizzare importanti progetti per restaurare le opere che arrivavano nei laboratori del Sigismondo Castromediano riusciva, in breve tempo, a focalizzare gli interventi necessari per ottenere il miglior risultato con il minimo intervento, avendo avuto la fortuna e il desiderio di educare ogni giorno la sua memoria visiva su una quantità quasi illimitata di opere di grande e più piccolo respiro, indugiando dinanzi a un dipinto o a una scultura e affinando il proprio occhio a riconoscerne oltre che il soggetto anche i valori materici e il sentimento artistico di cui erano il frutto. Né si può, ancora, tralasciare l’abilità di Cassiano nella consultazione delle fonti e della letteratura critica e la capacità di selezionare quelle affidabili o più autorevoli nel mezzo di una quantità sempre crescente di informazioni, certamente grazie alla consapevolezza acquisita nel corso di quasi un cinquantennio di attività e di pratica museologica, letteralmente

Vincenzo CIARDO Studio per natura morta marina olio su tela, cm 40x50 collezione Museo Sigismondo Castromediano, Lecce

concentrato sugli studi dedicati ai protagonisti indiscussi della tradizione salentina e alle questioni critiche derivanti dalla loro attività. Senza voler dunque qui avanzare alcuna pretesa di esaustività data l’importanza e la complessità del discorso sulla sua figura professionale, variegata e vivacissima, dedita alla accurata conoscenza dei personaggi di spicco della cultura artistica salentina, dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento ma con incursioni in tutte le epoche della storia e della critica d’arte, il presente scritto intende contribuire al ricordo di un uomo che per decenni si è speso per favorire la conoscenza, intesa non come scienza superata, relativa a un singolo oggetto o a un singolo artista, ma come arte dello sguardo, quello di Tonino, finalizzato sì all’attribuzione ma basato prioritariamente sullo studio diretto delle opere intese come nucleo di una varia e complessa stratificazione culturale. L’apporto fondamentale della pratica conoscitiva di Antonio Cassiano per la storia dell’arte

del nostro e di altri territori non ha posto limiti a qualsivoglia approccio disciplinare che egli, di volta in volta, sceglieva a seconda di quanto si presentava al suo sguardo allenato scevro, certamente, da una separazione arbitraria degli ambiti conoscitivi. Il suo procedere empirico e pragmatico, qualità propria del connoisseur, fondante tanto sull’impressione generale quanto sull’osservazione comparativa degli originali e sull’aspetto visivo ed esperienziale delle problematiche spesso legate al collezionismo privato - che riponeva nella figura professionale del Nostro grande fiducia per il metodo ‘tradizionale’ adottato in un’epoca che all’incontro diretto con l’opera d’arte sembra a volte prediligere il virtuale -, lo ha visto sempre padrone della scena, consapevole di “contribuire a spiegare la storia del territorio e delle sue espressioni artistiche, ma soprattutto il luogo in cui avviene l’esperienza artistica, il contatto diretto con l’opera, che provoca e lascia un’emozione forte e duratura”.

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CONVERSAZIONI

RICOMINCIO DA TE

Profilo Biografico

Nato a Talsano, paese della provincia Jonica, il 9 luglio del 1945, frequenta il liceo classico “Archita” di Taranto dove subisce il fascino della cultura figurativa grazie al professore di Storia dell’Arte, la cui capacità di appassionare alla disciplina era dovuta anche alla straordinaria lettura metodologica dell’opera.

Con lui impara a conoscere Giotto, così come l’insegnante di Italiano lo educa alla lettura di Dante e Petrarca. Si innamora dell’arte a tal punto da decidere di approfondirla nel corso degli studi universitari, frequentando le lezioni della compianta Paola Barocchi - scomparsa il 24 maggio dello scorso anno - valentissima docente e storica dell’arte fiorentina che ha insegnato all'Università di Lecce dal 1958 al 1966, anno in cui la cattedra di Storia dell'Arte passò a Maria Luisa Ferrari Boschetto con la quale il Nostro si laurea con lode in Lettere Moderne nel 1974, discutendo una tesi su “Vincenzo Ciardo, pittore paesaggista”. Si perfeziona in Storia dell’Arte all’Università di Urbino con il massimo dei voti e risulta idoneo ai corsi di perfezionamento di Storia dell’Arte e Archeologia della Scuola Normale Superiore di Pisa.

Vince una borsa di studio, bandita dall’Università di Napoli e Salerno, in Catalogazione dei Beni Culturali e nello stesso anno ottiene una borsa di studio alla fondazione “Roberto Longhi” di Firenze a cui rinuncia, poiché vincitore del concorso di Ispettore Storico dell’Arte al Museo Provinciale di Lecce. Dal primo novembre del 1975 è al fianco di Giovanna Delli Ponti, allora direttrice dell’Istituzione, con la quale inizia l’avventura della gestione del museo, della catalogazione e dell’inventariazione dei beni archivistici storici e librari. Nel 1979 contribuisce alla sistemazione della Pinacoteca del Museo intitolato a “Sigismondo Castromediano” - Duca di Cavallino e fervente patriota antiborbonico nonché grande appassionato di archeologia e storia, il quale dopo essere stato incarcerato e condannato all’esilio, fu poi eletto membro del primo Parlamento della storia di Italia - quando dalla sede di Palazzo dei Celestini viene trasferita nella struttura odierna e allestita con i dipinti recuperati dagli uffici della Provincia e del “Convitto Palmieri”. A Matera, nel 1987, insegna Storia dell’Arte al FORMEZ, nell’ambito di un corso di formazione professionale per storici dell’arte e direttori di museo. Nel 1989 viene nominato direttore del Centro di Studi sul Barocco, presieduto da Marcello Fagiolo e coordinato da Vincenzo Cazzato, istituito dalla Provincia di Lecce per archiviare e catalogare

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i beni mobili e incrementare nuove proposte di indagini nel campo del restauro. Cura iniziative rivolte all’aggiornamento degli studiosi e organizza incontri sul barocco, avvia il corso sulla “Cultura e arti nel Salento fra ‘500 e ‘700”, patrocinato dal Consiglio Europeo e dall’UNESCO, che si tiene dal 13 al 19 maggio del 1991 e vede, tra i relatori, figure di grande respiro culturale come Maurizio Calvesi, Michele D’Elia, Marcello Fagiolo, Cristina Gutierrez, Nicola Spinosa. Organizza il Corso di Studi sul Barocco che si svolge dal 3 al 7 maggio del 1993, al fine di sostenere ed affermare l’importanza del recupero e del restauro dei beni artistici frequentato da studenti e da giovani architetti; rimarrà nella memoria di tutti noi che lo frequentammo, quale insolito ma non raro esperimento. In seguito, dà vita a interessanti seminari sulle tecniche artistiche e sul restauro, in collaborazione con l’Istituto Centrale del Restauro, l’Opificio delle Pietre Dure, la Soprintendenza per i beni AAAS di Puglia, l’Università degli Studi di Lecce, con l’obiettivo di mettere a confronto le differenti metodologie di intervento. Dal 1994 assume la direzione del Museo della Civiltà Bizantina di Santa Maria di Cerrate e del Museo Provinciale che ha al suo attivo anche un prezioso ed operoso laboratorio di restauro, ottima palestra per generazioni di restauratori professionisti e storici dell’arte. L’anno successivo cura e allestisce la mostra su “Il Barocco a Lecce e nel Salento”, un vero e proprio modello finalizzato a riscoprire i valori artistici della pittura, della scultura, degli argenti, dei tessuti, della ceramica, della musica e della letteratura barocchi affiancandoli, in un vero e proprio impegno programmatico, a quelli della civiltà messapica e della civiltà rupestre-bizantina, sulla scia della mostra curata da Michele D’Elia nel 1964 “Arte in Puglia. Dal Tardoantico al Rococò”, prima ampia esplorazione territoriale che abbracciava quattordici secoli della nostra storia artistica. Per la Conferenza Episcopale Italiana - diocesi di Lecce e Ugento - è componente della commissione diocesana e dirige le campagne di catalogazione del patrimonio storico-artistico, chiamando generosamente a collaborare numerosi studenti laureati in Conservazione dei Beni Culturali che, come me e tanti altri, devono a lui la formazione sul campo.

Insegna Museologia nella Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica e Medievale “Dinu Adamesteanu” e Storia dell’Arte Medievale in Puglia nella Facoltà di Beni Culturali dell’Ateneo salentino. Dal 1999 diviene Dirigente del Settore Cultura e Ricerca Scientifica responsabile del Servizio Cultura e sistemi Museali fino al 2001. Nel 2002 svolge prima

il ruolo di Segretario Generale, poi nel 2005 quello di Vicepresidente e nel 2008 viene eletto Presidente del Centro di Studi Salentini. Altrettanto impegnativo quanto soddisfacente è il suo impegno per la lirica nella città lupiense che, in un periodo di crisi e tagli nel settore culturale, continuava a Lecce la sua stagione. Tonino ha sempre sostenuto che “la lirica, nella nostra storia, ha mantenuto lo stesso ruolo degli archivi, dei musei e delle chiese e il patrimonio lirico italiano, apprezzato all’estero almeno quanto i nostri beni archeologici e artistici, deve continuare nella sua produzione e valorizzazione e che quando i tagli puntualmente colpiscono il settore culturale non sono intelligenti: chi li compie non capisce che un popolo va avanti, anche economicamente, solo se culturalmente ed intellettualmente attivo”.

Lungimiranza e intelligenza sono le qualità impiegate da Cassiano nell’allestimento di musei, come il Museo delle Tradizioni Popolari di Santa Maria di Cerrate nel 1976 o della Pinacoteca del “Castromediano” che nel 1979 acquisisce uno spazio autonomo nella sede dell’ex Collegio Argento, riadattato grazie al restauro di Franco Minissi, pinacoteca che a distanza di un anno dalla sua scomparsa gli verrà intitolata. Nel 1980 cura l’allestimento del Museo Civico di San Cesario, predisposto nell’attico di Palazzo Ducale, dopo un significativo restauro dell’architetto Roberto Bozza. Tonino intuisce il valore storico-artistico degli affreschi scialbati della chiesetta di San Giovanni Evangelista - considerata oggi come una estensione esterna del Museo stesso - costruita nel 1320-21 come testimoniato al suo interno da un’iscrizione greca, e convince il Sindaco di San Cesario a intraprenderne il restauro, con il sostegno del Museo Provinciale e della Soprintendenza pugliese, restauro che recupererà e renderà leggibile il ciclo di affreschi, patrimonio del periodo bizantino nel Salento. All’alba del nuovo secolo, ragionando da vero connoisseur, Tonino ‘rincorre’ le opere, dall’arte classica al Medioevo fino al contemporaneo e il fine è quello di riconoscerne oltre al valore artistico il contesto culturale. A questo scopo rispondono gli allestimenti del Museo Diocesano di Gallipoli e del Museo della radio a Tuglie del 2004, del Museo Diocesano di Ugento l’anno successivo, della Fondazione Museo Caroli a San Pietro in Lama e del Museo “Adolfo Colosso” di Ugento del 2008 e l’avvio, nel 2013, del Museo Diocesano di Nardò a tutt’oggi in fieri, purtroppo senza più la sua supervisione. Nell’agosto del 2012, dopo aver lavorato alacremente agli studi sul Caravaggio e sulla diffusione delle istanze caravaggesche nei centri periferici e

al progetto di una mostra curata insieme a Fabrizio Vona sugli “E chi caravaggeschi in Puglia”, lascia a malincuore - per limiti di età - la tanto amata direzione del Museo Castromediano e, per le sue apprezzatissime competenze, viene nominato componente del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia di Belle Arti di Lecce e del Consiglio di Indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia. Molte le mostre e i convegni di studio organizzati negli anni ma ancor più numerosi i cataloghi e le pubblicazioni che hanno dato lustro al panorama artistico e culturale del territorio salentino e nazionale, volumi che destano sempre vivo interesse e a cui si rivolgono gli studiosi, pietre miliari della conoscenza e tra questi, oltre ai già citati, ricordiamo “Scultura dell’età barocca tra Terra d’Otranto, Napoli e La Spagna”, “Puglia, Manierismo e Controriforma”, “La scultura in cartapesta. Sansovino, Bernini e i maestri leccesi tra tecnica e artificio”, “Arte in terra d’Otranto tra Ottocento e Novecento”.

Il profilo biografico di Antonio Cassiano è desunto dalla pubblicazione A Tonino Cassiano, per il suo compleanno, edita da Congedo, ‘dono’ di amici e colleghi per festeggiare i settant’anni che avrebbe compiuto di lì a breve, e da un’intervista di Annalisa Nastrini per “L’ora del Salento” del 10 giugno 2012 in occasione del nuovo allestimento delle collezioni del “Sigismondo Castromediano”, inaugurato alla fine del 2011 - la cui pinacoteca gli è stata giustamente intitolata nel maggio scorso, doveroso riconoscimento per una vita spesa per il ‘suo’ Museo -, oltre ai ricordi personali e di coloro che hanno voluto rammentare frammenti di vita comuni.

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CONVERSAZIONI

RICOMINCIO DA TE

Conversazione su Vincenzo Ciardo, pittore di paesaggio Un ultimo contributo alla conoscenza del patrimonio culturale salentino - e di Vincenzo Ciardo* in particolare per manifestare la gioia di ‘osservare coralmente’ il dipinto dell’artista di proprietà dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, e nel frattempo ‘ricordare’ il pittore che aveva dato la stura alle sue ricerche - Tonino ha voluto donare agli studenti e ai docenti della nostra Istituzione il 20 maggio 2015, appena un mese e mezzo prima che avesse fine il suo proficuo percorso terreno di storico e critico d’arte infaticabile, ma soprattutto di uomo generoso e sempre disponibile, anche quando la malattia lo aveva già molto provato nel corpo, ma non nello spirito di acuto studioso. Grazie di cuore.

Vincenzo Ciardo nato nel 1884 in un piccolo centro della provincia salentina, Gagliano del Capo, frequenta dal 1908 al 1913 l’Accademia di Belle Arti di Urbino, diretta in quel mentre dal pittore leccese Luigi Scorrano, allievo di Domenico Morelli. La ‘funzione’ di svecchiamento e di rinnovamento esercitata dalla pittura di Ciardo nell’ambiente meridionale, e in particolare a Napoli dove lavorò per circa un quarantennio, è unanimemente riconosciuta, anche da quegli ambienti che possiamo chiamare antagonisti e che potrebbero esprimere riserve poiché si ritiene che il pittore gaglianese non volesse operare una frattura definitiva con la tradizione, semmai volle interpretarla dinamicamente, sulle orme di un conservatorismo illuminato. “Gli artisti, secondo il parere di Ciardo, nel Meridione erano stati più guardinghi nei confronti degli indirizzi di avanguardia e questo poteva spiegare la lentezza, o ritardo, nei movimenti della pittura, da Napoli in giù, nell’ultimo cinquantennio. […] la pittura napoletana del Seicento […] nella pittura di paese trovò nel passato le sue espressioni più felici […] dal Seicento ad oggi questo ideale legame dell’artista col mondo della natura è stato sempre presente […] È significativo che siano sempre i valori poetici della vita e della realtà a stimolare le ispirazioni degli artisti meridionali, a sollecitarli nei momenti di crisi a ristabilire i legami col prestigioso passato.”

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Vincenzo CIARDO Paesaggio, 1966 olio su tela, cm 70x60 collezione dell' Accademia di Belle Arti di Lecce riproduzione fotografica: Giuseppe Bolognini

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Vincenzo CIARDO Golfo di Pozzuoli, 1925 olio su cartone, cm 30x40 collezione Museo Sigismondo Castromediano

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Il naturalismo inteso come adesione alla realtà è quindi un caposaldo per la pittura del Ciardo, ma occorre precisare ancora che l’adesione al motivo della natura meridionale non avrebbe sortito nessun autentico effetto se non si fosse giunti alla consapevolezza sostanziale che la natura non è un dato immodificabile ma anzi che l’artista ha il ‘dono’ di esercitare le modificazioni della storia. D'altronde è lecito chiedersi quale giustificazione all’interno della cultura meridionale abbia il “rinnovato” linguaggio di Ciardo ed è spiegabile attraverso poche frasi scritte dallo stesso “… a dare un orientamento definitivo al mio linguaggio pittorico, nel senso di una espressività più libera e personale, molto hanno contribuito i successivi assidui contatti con la terra del natio Salento” che, in particolare, guida il pittore alle moderne rivoluzioni del colore messo in campo a delineare e colorare ogni singolo elemento, ulivi, muretti a secco, geometrie di terreni rosseggianti, case bianche che si stagliano sulla roccia grigiastra, una frammentarietà che giova all’immenso mosaico di una terra, il Salento, dominata da una remota malinconia, sorprendentemente votata alla semplicità di un intero popolo. È il ritorno alle ‘origini’ che ne caratterizza l’assoluta pennellata di novità quasi - a dirla con Raffaele Carrieri nel 1959 – “asciutta, come un tassello di pomice: tanti tasselli incastrati formano un paese, una pietraia, un bosco, un orizzonte”. Dopo la guerra si era trasferito a Napoli, città dedita alla tradizione della Scuola di Posillipo che invero si andava trascinando, ormai sfinita ed esausta senza quell’impeto di novità ormai caldeggiato e imposto dai futuristi, Boccioni in primis. Nel solitario studio di via Chiaia, Ciardo affronta la difficile dipendenza derivante dall’accademismo prima di stampo urbinate e poi napoletano fedele al “più pedante verismo post-ottocentesco”. Rivisitando il naturalismo di matrice accademica si impegna a una sapiente impaginazione della “veduta”, carica di valori poetici e di spazialità chiare, rifuggendo le facili illusioni del ‘pittoresco’ anche di fronte all’entusiasmante veduta del Golfo di Napoli che si offriva al suo sguardo dall’atelier di via Chiaia. Presto Ciardo raggiunge una maturità e una dignità pittorica confermata dai quadri degli anni trenta, da Lago Lucrino del 1932 a Paesaggio Flegreo del 1936. E, proprio negli anni tra il 1930 e il 1935, Vincenzo Ciardo si afferma ufficialmente come pittore ed espone nella sede dell’Associazione Pugliese a Roma il frutto di una sua campagna pittorica in Albania, realizzata per volere di Achille Starace, ben trenta “Paesaggi” albanesi. “Di nuovo le forme tendono a ricreare il vero,

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più che a descriverlo” l’artista scrive, dichiarando la lezione cézanniana “una svolta decisiva si è avuta nel decennio succeduto alla seconda Guerra Mondiale, con più approfonditi e frequenti contatti con la moderna cultura figurativa, con le nuove indagini dei valori della luce e dell’atmosfera e la ricerca di nuovi rapporti con la realtà”. Pittore trasfiguratore della realtà Vincenzo Ciardo dopo l’esordio che lo vede meditare prima sulle capacità espressive del lirismo paesaggistico di Giacinto Gigante, entra nel novero dei più accreditati novecentisti napoletani e volge lo sguardo attento soprattutto a risoluzioni di forte impatto spaziale alla maniera, appunto, di Cézanne per approdare poi a Bonnard, quando definisce il paesaggio salentino o campano quasi esclusivamente con il colore. I piccoli cubi che un tempo rappresentavano le case di campagna diventano piccoli quadrati e il roccioso paesaggio di sassi definisce un mosaico scintillante di colori.

Le notizie su Vincenzo Ciardo sono desunte dagli scritti di Tonino Cassiano e dalla bibliografia susseguente.

*Riordinando le carte d’archivio, gelosamente custodite nell’ufficio della Presidenza dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, ho rinvenuto tutta la documentazione inerente la mostra retrospettiva, di ampio respiro, dedicata al pittore Vincenzo Ciardo che si tenne dal 30 settembre al 15 ottobre del 1972, promossa e patrocinata dal Consiglio di Amministrazione della stessa Istituzione, presieduto dall’avvocato Pietro Lecciso e composto dall’architetto Beniamino Barletti, dal dottor Teodoro Pellegrino e dall’avvocato Pietro Reali. Per oltre un anno una commissione di esperti, formata da Marco Valsecchi, Pietro Marino, Raffaele Spizzico e Cosmo Carabellese, lavorò al progetto che vide la luce nei saloni del Circolo Cittadino. La mostra fu curata da Raffaele Spizzico, la cui carriera di artista ha visto legittimata dall’insegnamento e dalla direzione nella nostra Accademia di Belle Arti istituita a Lecce nel 1961 dallo Stato italiano. Il valente pittore barese, classe 1912, fu sodale di quel manipolo di intellettuali ed artisti che nel dopoguerra avviarono il radicale cambiamento civile e artistico-culturale pugliese con il fratello maggiore Francesco, Vito Stifano, Francesco Speranza, Roberto De Robertis, Giovanni Conte, Nicola Lafortezza e lo stesso Vincenzo Ciardo.

Marco Valsecchi tenne il discorso inaugurale e Pietro Marino e lo stesso Valsecchi, abili e illuminati critici d’arte, redassero i saggi introduttivi al catalogo della mostra che comprendeva ben ottanta dipinti,

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RICOMINCIO DA TE

alcuni dei quali provenienti da collezioni pubbliche e private di Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bari, Udine, La Spezia, Chieti, Taranto, Rimini, Ivrea, San Gimignano, oltre agli scritti dello stesso artista scomparso nel 1970, due anni prima. Tra i documenti esaminati spicca il carteggio tra il Presidente Pietro Lecciso e l’Avvocato Vincenzo Palma - Assessore al Turismo e Industria Alberghiera - nel quale si chiedeva un contributo economico per l' iniziativa, richiamando il valore culturale della manifestazione.

Questa sarebbe costata la somma di 20.000 lire e la Banca del Piccolo Credito Salentino aveva già contribuito con la somma di 5.000 lire. Il progetto riscosse ampio consenso di pubblico e di critica e contribuì a consacrare l’artista Vincenzo Ciardo che, per dirla con Ludovico Ragghianti, “… tanta parte ha avuto nello svecchiamento della cultura artistica meridionale”, tentando di affermare il percorso della pittura pugliese. Due anni dopo Tonino discuterà la sua tesi di Laurea sull’artista “Vincenzo Ciardo, pittore di paesaggio” stimolato certamente dall’evento che aveva caratterizzato la scena culturale cittadina, la retrospettiva su Ciardo, fortemente sostenuta allo scopo di acclarare il fermento innovativo, il risveglio culturale collettivo e il riscatto sociale della pittura salentina.

LETTERA A TONINO Caro Tonino, immagino che anche in questo caso avresti qualcosa da dire in proposito e, addolorata per la tua scomparsa avvenuta ormai quasi due anni orsono, voglio provare a scriverti con la semplicità propria di un’amicizia profonda che ci ha legato sin dagli anni, oramai lontani, dei miei studi universitari che hai sempre stimolato e promosso soprattutto quando, ormai laureata, mi hai introdotto nell’ambiente storico-artistico chiedendomi di collaborare, insostituibile banco di prova, alla redazione di schede critiche per i cataloghi delle mostre che avevi in preparazione per il Museo "Sigismondo Castromediano", magistralmente diretto per quasi un ventennio. Mi piace ricordare, per tutte, la mostra che ha veramente reso giustizia alla corrente pittorica salentina, celebrando artisti che hanno visto finalmente riconosciuta la propria "Arte in Terra d'Otranto tra Ottocento e Novecento" e dei quali nelle pagine di questo mio contributo possiamo ammirare con dovizia di particolari le opere del Ciardo, giusta ricompensa per una lunghissima carriera artistica costellata da premi e soddisfazioni. Rammento ancora con freschezza i tuoi preziosi suggerimenti sugli argomenti da studiare durante la preparazione al concorso per il dottorato di ricerca e le proficue discussioni su temi che spaziavano dall’ambito napoletano, divenuto poi non a caso il mio argomento di ricerca, ai più indaginosi problemi di attribuzione e datazione di opere d’arte, note e meno note, recuperate nei più lontani e sperduti luoghi di tutta l’area mediterranea, spesso rese illeggibili a causa di cattivi restauri. D’altronde per un profondo conoscitore della pratica del buon restauro, quale tu sei stato durante il corso della tua lunghissima carriera ricca di “dotte conoscenze” che hanno contribuito a tratteggiare con grande afflato il patrimonio storico artistico salentino ma anche di tutto il Meridione d’Italia, non era difficile riconoscere opere preziose celate, però, da restauri scientificamente non rigorosi, a cui spesso hai posto rimedio suggerendo la corretta metodologia di intervento. Rievocando le nostre ‘discussioni’ senza piaggeria alcuna mi piacerebbe, con questo scritto, aver contribuito a testimoniare le tappe di una carriera, la tua, di storico dell’arte e intellettuale di grande impegno e valore ma anche di generoso maestro.

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David Caowei Pianificazione dello stile urbano Ester M.V. Annunziata

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avid Caowei, esperto di pianificazione e progettazione urbana e paesaggistica, è fondatore del “City Planning Research Institute” di Pechino. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui la “Medaglia d’oro per la Pianificazione”, il titolo di “Cavaliere dell'Ordine di Malta” a Roma, nonché il premio per il “Miglior progetto dell'anno” dalla “London Asian Strategy Center”, tutti nell’anno 2012. Ha al suo attivo numerosi progetti in Cina nonché pubblicazioni. Già ospite dell’Accademia di Belle Arti di Lecce nel 2008 in occasione della mostra “Architettura artistica: tradizione e modernità”, nel corso dell’incontro tenutosi il 17 dicembre 2014 sul tema “Pianificazione dello stile urbano” ha presentato la sua ricerca e produzione urbanistica e architettonica sul tema “città organica” nonché il libro "Reshape the City’s Cultural and Natural”. In questo momento storico, la Cina è il Paese che più di ogni altro sta cambiando molto velocemente, determinando trasformazioni sociali, economiche e urbane di grosso impatto. Così come durante la Rivoluzione Industriale le città europee hanno subito una profonda trasformazione, oggi molte città della Cina subiscono trasformazioni in tempi molto rapidi per soddisfare le esigenze di una società in continua evoluzione. Il tessuto urbano delle città cinesi è discontinuo e ogni tipologia è il risultato di esigenze

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diverse dove al più antico stile di vita si contrappone la nuova politica importata dall’Europa o secondo gli standard americani. Si presenta come un insieme di aree dense di grattacieli circondate da vasti terreni non edificati con accanto case a corte, tipiche del sistema insediativo degli hutong o, ancora, con enormi centri commerciali accanto a vere e proprie baraccopoli. La maggior parte delle città cinesi può essere descritta come un insieme di contrasti urbani, sociali ed economici. Il continuo processo di distruzione e ri-costruzione delle città spesso prescinde dal parametro della qualità della vita che si offre agli abitanti/fruitori dei nuovi quartieri realizzati o dalla possibilità di un intervento di recupero e/o conservazione. In questo contesto la posizione di Caowei è molto vicina alla cultura urbanistica e architettonica italiana, fortemente attenta ai temi della tutela e valorizzazione della città storica. Il suo atteggiamento, tanto teorico quanto progettuale, pone l’attenzione sull’importanza e sul rispetto della cultura storica e identitaria dei luoghi, al fine di trovare il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione.

Un’attenta analisi delle antiche e tipiche conformazioni urbane della cultura Cinese è il fattore chiave per lo sviluppo della città contemporanea che si orienta verso una pianificazione sempre più sostenibile di città “culturali e verdi” (cit. in “Reshape the City’s Cultural and Natural”) caratterizzate dalla presenza di sistemi di trasporto urbano sostenibili (con la netta separazione tra quello motorizzato e quello pedonale) sempre più necessari per risolvere l’annoso problema non solo del traffico ma anche e soprattutto dell'inquinamento presente nelle città cinesi. Altri punti chiave nella Pianificazione Urbana Cinese sono la densità e lo sviluppo demografico.

La Cina, infatti, oltre ad essere uno dei Paesi più popolosi al mondo, è anche il paese con il più alto tasso di invecchiamento; per tali ragioni David Caowei pone molta attenzione alle questioni sociali, con particolare riferimento alle politiche di assistenza medica, di promozione e sviluppo della tutela della salute e sulla diversità urbana. Nella sua conversazione in Accademia, Dawid Caowei si è concentrato dapprima sulla presentazione ed analisi dei sistemi insediativi tradizionali della cultura cinese: il “Siheyuan”, l’abitazione tradizionale cinese che si sviluppa attorno ad un cortile quadrato; gli hutong, i tipici vicoli formati da file di siheyuan; i tulou, dette le “case di terra”, caratteristiche della cittadina di Yongding, abitazioni circolari al cui centro si trova un cortile comune per tutte le famiglie; il lilong, il sistema insediativo tipico di Shangai, uno spazio misto basato sulla combinazione di unità abitative e unità commerciali. Conclusa l’analisi e lo studio, anche dal punto di vista antropologico, di queste tipiche conformazioni urbane, tutte caratterizzate da un sistema sociale di ‘vicinato’, David Caowei evidenzia come le stesse possono essere in alcuni casi conservate e riqualificate, adattate alle condizioni di vita proprie delle città contemporanee; ovvero, come le stesse possano essere l’occasione per ispirare nuove tipologie in grado di rispondere alle attuali esigenze sociali. Gli hutong, ad esempio, sono modelli di città compatta dove il “mixitè funzionale” creava una solida rete sociale. Le abitazioni, i servizi e le piccole attività commerciali creavano un campo di interazione strettamente collegato alla morfologia urbana. In quest’ottica, diviene molto interessante nella progettazione riuscire a preservare tale cultura come parte dell’identità del tessuto urbano e tro-

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ORGANIC CITY - David Caowei - Pianificazione dello stile urbano

vare la giusta interazione e connessione con la città contemporanea. Molti esempi di progetti presentati da David Caowei riprendono infatti questi sistemi tradizionali rivisitati in chiave contemporanea (ad es. vds. “Progetto di pianificazione urbana, A Guide County Qinghai nello Stato di Hainan”).

Oppure la configurazione delle siheyuan che rende il cortile il cuore della casa e dove, dunque, la natura gioca un ruolo importante sia negli spazi privati che in quelli pubblici. In questo modo, il verde può divenire un elemento importante nella progettazione della città contemporanea; elemento di collegamento tra la parte storica della città e quella contemporanea. E ancora i tulou che rappresentano un importante esempio di struttura morfologica di vicinato che David Caowei ripresenta in alcuni suoi progetti quali occasioni per realizzare nuovi

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complessi residenziali (ad es. vds. “Progetto per il centro turistico Yunnan Honghe Maitreya, Maitreya Avenue”). Per concludere, l’occasione della lecture con David Caowei ha evidenziato come l’architetto cinese, sempre più interessato allo sviluppo urbano del ‘vecchio continente’, abbia voluto avviare una ricerca che mettesse in rapporto alcune città cinesi con alcune città europee ed in particolare italiane, quale punto di partenza per un programma sperimentale di ricerca; con l’auspicio che, nelle fasi successive, si determinino le condizioni per una proficua interazione tra le migliori Istituzioni cinesi e quelle italiane (Università, Accademie, Studenti, Ricercatori e Professionisti) al fine di creare un gruppo di lavoro che abbia come scopo quello di analizzare e formulare proposte sulle attuali condizioni urbane delle città del colosso orientale.

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CONTEMPORARY CHINA Videoarte e Linguaggi Multimediali Roberto Lacarbonara

Fang LU No World single channel video - 18'00'' 2014

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o sguardo rivolto ai linguaggi e alle pratiche dell’arte contemporanea in terra cinese ha determinato, nel corso dell’a.a. 2015/2016, numerosi momenti di approfondimento e sperimentazione, specie nell’ottica di un processo di integrazione culturale e di confronto tra soggetti, istituzioni e professionalità. L’evento “Contemporary China, videoarte e linguaggi multimediali” del 24 maggio 2016, organizzato in collaborazione con la Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare in occasione della mostra “Tutorials – Immagini in movimento e istruzioni per l’uso dalla Cina”, rappresenta indubbiamente una formula didattica piuttosto complessa, costruita a partire dal talk con i protagonisti della scena espositiva internazionale e definita mediante il confronto su tematiche socio-antropologiche prima ancora che tecniche ed

artistiche. Il convegno, curato dai docenti Antonio Basile, Roberto Lacarbonara e Giacomo Toriano, con la partecipazione di Mariagrazia Costantino, curatrice della mostra, e Antonio Frugis, curatore esecutivo del Museo Pascali, ha reso possibile “esportare” il progetto espositivo museale e definire uno spazio di analisi critica attraverso le opere multimediali della mostra. Agli studenti presenti è stata infatti offerta la possibilità di assistere alla proiezione dei lavori video prodotti da 13 artisti cinesi di grande fama internazionale: Guan Xiao, Li Ming, Li Ran, Lin Ke, Fang Lu, Liu Chuang, Liu Shiyuan, Lu Yang, Ma Qiusha, Tao Hui, Ye Linghan, Yu Honglei e Xu Zhen (MadeIn Company). Un approfondimento che rivela la profondità dei temi in oggetto e su cui appare opportuno proseguire ricerche ed esplorazioni.

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Contemporary china

Tao HUI The Dusk of Teheran single-channel video, 4'14'' 2014

R.L.: È possibile o corretto parlare di ‘arte cinese’, intravedendo una certa autonomia stilistica, formale? Oppure si tratta solo dell’accezione geografica di un linguaggio internazionale e globalizzato?

M.C.: Parlare di arte cinese può essere una di quelle semplificazioni funzionali a presentare o incapsulare una forma culturale all’interno di determinati contesti. Come sempre dipende dalla prospettiva adottata nell’applicazione del termine: se si parte dal dato ‘personale’, cioè dal lavoro dell’artista come individuo e dalla sua ricerca, la nazionalità ha sempre un’importanza relativa e può interagire più o meno con il vissuto, ma sempre in modo relativamente marginale; adottando invece un’ottica culturalista più ampia, l’aggettivo ‘cinese’ assume certamente una valenza centrale perché evoca una certa visione del mondo,

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oltreché un’esperienza contestualizzata dal punto di vista storico e geografico. Alcuni artisti cinesi scelgono di non fare riferimento esplicito alla Cina nel loro lavoro, perché interessati all’uso di un linguaggio transnazionale e transculturale, ma anche per mettersi al sicuro dalla censura e da accuse di opportunismo (ovvero di usare temi politici per attirare l’attenzione su di sé).

Altri si occupano di tematiche sociali e politiche perché interessati a queste per vocazione. Il calcolo e la strategia sono elementi centrali, ma un artista dovrebbe cercare di mantenere un buon equilibro tra ‘ispirazione’ e ‘pianificazione’. In Cina c’è molta pianificazione in tutti i settori. Uno dei mali che in questo momento sembra affliggere il sistema dell’arte in Cina è il presenzialismo a tutti i costi, come si può vedere dalle ultime Biennali.

R.L.: Che rapporto c'è, in termini di mercato ed esperienza, tra gli artisti cinesi e l’Occidente?

M.C.: Come tutti i rapporti è complesso e articolato. In un recente passato il fenomeno dello ‘scoutismo’ (curatore straniero che andava alla scoperta del talento cinese) è stato molto marcato, soprattutto durante gli anni Novanta e i primi del Duemila. Con la globalizzazione e la ‘decolonizzazione’ (in Cina soprattutto culturale) le cose sono cambiate, perché adesso tutto fa parte di un unico circuito, ma lo spettro di un approccio coloniale all’arte e all’artista esiste ancora, forse perché si pensa che capire male sia meglio che non capire affatto. Fuori dalla Cina, alcune gallerie fanno ancora leva su un immaginario orientalista e l’arte cinese viene ancora impacchettata e venduta come un blocco, una

specie di busta delle sorprese dove si può trovare di tutto.

R.L.: E in direzione opposta? Come gli artisti americani ed europei operano sul territorio cinese?

M.C.: Alcuni sono attirati dall’apparente facilità con cui ci si può inserire nei circuiti espositivi e ‘farsi un nome’ – quello che io, con un po’ di snobismo, chiamo ‘effetto big in Japan’ – altri dal basso costo dei materiali. Conosco artisti che hanno aperto studi, organizzano festival e attività che coinvolgono tutti (cinesi e non), la loro ricerca è seria e il loro interesse per la Cina autentico. Però è vero che molti vanno in Cina con uno spirito un po’ spregiudicato, quasi come avventurieri e tante volte senza un’idea chiara di quello che vogliono. Con un po’ di semplificazione si potrebbe dire che per loro la Cina è la nuova America.

R.L.: Quali sono i temi più sensibili e ricorrenti nei lavori delle ultime generazioni?

M.C.: Direi l’alienazione, quella sociale e quella tecnologica, che però per loro non è sempre necessariamente negativa. Quella che noi, con il nostro background romantico e forse un po’ ‘catastrofista’, registriamo come ‘degenerazione dei costumi’ per loro è semplice cambiamento. Non quando si parla di ambiente però… in quel caso ci sono preoccupazioni e ansie reali che traspaiono in lavori di forte impatto. Penso al documentario di Zhao Liang Behemot, e alla relativa serie fotografica. Molti artisti emergenti soffrono inoltre per la tendenza del mercato a incasellarli in base alla loro provenienza. Cosa che viene giustamente percepita come discriminatoria se non razzista e che li fa sentire come una specie protetta all’interno di uno zoo. Il video di Li Ran Beyond Geography parla proprio di questo.

R.L.: Si parla spesso di grandi protagonisti dell’arte cinese, così strutturati nel sistema globale. Pensiamo a Chen Zhen, Cai

Guoqiang, Ai Weiwei. È un ottimo esempio di come tradizione, sperimentazione e ideologia possano agire ad altissimo livello. Oppure quella dell’Oriente è solo una moda per rimescolare stili e mercati?

M.C.: Sì, la loro arte è un ottimo esempio di come tradizione e sperimentazione possano agire ad altissimo livello, con alti e bassi ovviamente.

Ma non parlerei di ideologia quanto di visione del mondo: ‘ideologia’ è un termine che ha connotati negativi, ma tutti abbiamo una visione del mondo che non è necessariamente ideologica. Per capire l’arte e l’artista non bisogna solo conoscere a fondo la storia e le pratiche dell’arte, ma occorre in primo luogo essere indipendenti, onesti e generosi.

Questo è anche il motivo per cui così tanti critici e insegnanti fanno un disservizio allo studio dell’arte.

Si può dire che tutti gli artisti o creativi che si trovano in condizioni difficili o quantomeno problematiche prestino il fianco a malintesi e critiche. Quelli che hai citato hanno tutti vissuto la Rivoluzione Culturale, che non viene chiamata “olocausto cinese” solo perché in Cina, dove c’è continuità politica dal 1949 a oggi, è stata completamente rimossa dai discorsi ufficiali. Poi ci sono critici e curatori nostrani, pagati per mettere il loro nome su progetti Made in China, che sparano a zero su Ai Weiwei. Cosa legittima, anche se ho il sospetto che alcune critiche non siano del tutto disinteressante e in buona fede (non è un caso che Ai sia inviso a molti in Cina, soprattutto artisti, critici e galleristi influenti). Non credo che queste persone conoscano così approfonditamente la figura e il lavoro di Ai Weiwei, come si evince dal modo superficiale con cui liquidano la sua personale a Palazzo Strozzi. Quello che intendo è che criticare questi artisti perché sfruttano la cultura cinese tradizionale, o peggio il loro essere dissidenti (o fintamente dissidenti), non è solo sterile ma anche ipocrita,

perché tutti sfruttano e cavalcano qualcosa, comprese le critiche a Weiwei.

R.L.: La tecnica della videoarte, rappresenta una sorta di superamento della forma plastica e materiale o convive ancora con esperienze manuali e oggettuali?

M.C.: In quanto linguaggio (per il momento principalmente 2D) che riproduce la realtà a partire dalla tecnologia fotografica, il video convive con tutto. Alcuni, a partire da Fluxus, hanno provato a fare dello schermo un oggetto come tanti, o un elemento installativo, ma un simile intervento forse aveva un senso in quel preciso contesto storico, quando si cercava di desacralizzare l’apparecchio televisivo.

Oggi è soprattutto un supporto, che forse verrà presto abbandonato per fare spazio ad altre tecnologie.

Se parliamo della specificità del linguaggio, la definizione ormai in uso da qualche anno di moving image mi sembra racchiudere meglio la complessità della cultura visiva contemporanea e il modo in cui è stata rivoluzionata a partire dal secolo scorso. L’immagine (compresa quella video) è anche una ‘forma plastica e materiale’, ma la deve necessariamente superare se non vuole restare relegata alla definizione di ‘craft’, artigianato d’avanguardia.

R.L.: Parlando invece di ‘sistema’, in termini globali, credi che l’economia cinese possa assumere oggi le potenzialità che hanno permesso all’Europa e agli Stati Uniti in passato di diventare il punto di riferimento dell’arte e della cultura internazionale?

M.C.: Sì, è quello che sta già succedendo e lo vediamo nell’economia italiana. L’annoso problema – quello che gli inglesi chiamerebbero “l’elefante nella stanza” – è che in Cina manca la libertà di parola. Non è un dettaglio quando si parla d’industria creativa, ma è un problema che sembra inserirsi nello scenario paradossale in cui

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un personaggio come Donald Trump è candidato alla presidenza degli Stati Uniti.

R.L.: In base alla tua esperienza professionale in Cina, intravedi spettri di una terra ancora sotto il bavaglio politico oppure è davvero una nuova frontiera per il linguaggio, l’opinione e una libera sperimentazione M.C.: Entrambi gli aspetti convivono, perché la contraddizione è la forma delle cose. In Cina ci sono persone, artisti compresi, molto liberi, ma non nel senso convenzionale del termine. Se si parla della libertà come la intendiamo nei paesi occidentali, ovvero come possibilità di mettere in discussione il potere politico o di fare riferimento a fatti del passato senza omissioni e censure (come succede invece nel caso del massacro di Piazza Tian’anmen), allora devo constatare che in Cina c’è solo libertà di investire.

La difficoltà principale che a mio avvisto si riscontra quando si parla di libertà è che nella realtà si può definire solo al negativo, ovvero enumerando i limiti che incontra. Ben più difficile è stabilire come venga esercitata concretamente, perché in quanto diritto si tende a non esserne consapevoli.

Così si arriva al paradosso che la libertà è più importante laddove ‘non c’è’.

Lu YANG Wrathful King Kong Core digital animation, 14'47''

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CONVERSAZIONI

Il Sentiero del Chan Noi, loro. Dal calligramma all’identità.

Roberto Lacarbonara

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È

molto probabile, con estrema ragionevolezza, che la mostra-evento “Il sentiero del Chan”, ospitata il 17 giugno 2016 presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, sia stata una fertile, imprescindibile ‘occasione di incomprensione’. Non esattamente l’equivalente di un perentorio ‘non ci siamo capiti’ (posto che il confronto – linguistico e operativo – possa configurarsi tra noi italiani e loro cinesi): tutt’altro! Un’incomprensione nel senso di uno straordinario ‘non essersi compresi’. Presi insieme, presi nel mezzo, fusi assieme, sovrapposti. Forse un aneddoto servirà a chiarire il valore di questa ammissione. La mostra e il workshop di calligrafia cinese, a cura dei docenti Antonio Basile, Maria Cristina Calabrese e Roberto Lacarbonara in collaborazione con il dott. Hongbo Shi, hanno visto la partecipazione di 11 artisti cinesi (Chu Yong Chao, Lao Ba, Liu Xin, Liu Xing Gui, Xue Ni, Yan Mei, Yan Xu, Wang Gang, Wang Zhi Xiang, Zhang Xi Yu, Zhang Ya Li) e di oltre 40 opere, prevalentemente su carta e fortemente connotate dall’elaborazione dell’ideografia cinese, oltre che dalla costante convivenza tra immagine e segno/scrittura. In occasione del secondo momento della giornata di studi, durante il workshop di calligrafia ospitato nelle aule di pittura alla presenza di circa 60 studenti, gli artisti hanno generosamente predisposto alcune postazioni di lavoro, esibendosi nell’atto calligrafico con i grandi Jianhao (tradizionali pennelli con peli di capra e di lupo) di fronte ad una platea incuriosita e affascinata. Al compimento di ogni lavoro su carta – così come dinanzi alle opere in mostra – gli studenti interrogavano gli artisti ed i mediatori culturali presenti all’evento, reclamando il significato dell’ideogramma appena dipinto. “E questo cosa vuol dire?”, la più frequente delle domande. Una richiesta di senso puntualmente disattesa o, quanto meno, evasa, fuorviata. Giungevano difatti indicazioni piuttosto lacunose, imprecise, approssimative, persino astratte: montagne, campagna, poesia, tradizione, bello – o poco più. “Ma questi, sono davvero cinesi?”, fu la pacata protesta di un allievo, tra le più stravaganti. A distanza di settimane, quella che sembrava una divertente collisione semantica tra momenti interpretativi distanti ed apparentemente inconciliabili, richiede oggi un tentativo di approfondimento più severo, da sottoporre al vaglio di una stringente analisi dei rapporti linguistici, culturali e sociali tra gli stessi studenti: sia italiani che cinesi. Cosa vuol dire, e quale altra domanda pone quell’innocente “sono davvero cinesi?”.

Cosa vuol dire essere davvero un popolo? O una lingua? Una cultura?

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CONVERSAZIONI

Nel suo mirabile saggio sulla linguistica sinologica, Elogio dell’Insapore (Raffaello Cortina Editore, 1999), lo studioso francese François Jullien si interroga sulle medesime idiosincrasie, alla ricerca di una ‘esteriorità radicale’ in grado di portare al limite la tensione tra comprensibilità, traducibilità e comunicabilità tra cultura occidentale e cultura cinese. La prima insuperabile ammissione sembra essere quella di una rinuncia fondamentale: la cultura, persino la propria cultura, non è mai un ‘oggetto’ da possedere. «Io non ho capito la cultura. Voglio dire che la cultura non è un bene, come non è un dato oggettivabile: è un processo, ma non c’è un solo momento in cui io mi dica “Va bene, ho capito qualcosa della cultura cinese”: è sempre possibile approfondire il discorso, lo studio… è un processo infinito!», rivela Jullien. Una cultura – ed il suo veicolo linguistico, ma anche quello normativo ed etico – va piuttosto intesa come un abito (nella lettura di Aristotele che considerava le virtù etiche come habitus) o, meglio, come

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un’abitazione, un essere-in: io abito una lingua, io abito una cultura. Ma esattamente come nel caso di una abitazione, non ne posso conoscere pienamente forma, struttura, architettura e via dicendo.

Tuttavia, ogni qualvolta siamo di fronte ad un atto linguistico (un segno, un pittogramma, una lettera o una parola, ma anche un’immagine) la nostra immediata pretesa è quella della �comprensione�, di afferrare un senso, di prendere, apprendere, far-proprio l’oggetto al di là del segno. La questione ci porta inevitabilmente verso i paradigmi di De Saussure, codificabili entro la logica bipolare della moneta: significante/significato. Idea-cosa, segno-oggetto.

Ma anche Soggetto-Oggetto, giacché il sistema di slittamento saussuriano riposa su quello cartesiano di un cogito soggettuale e di un Io determinista.

Jullien spinge questa considerazione verso termini più estremi, parlando di un dédoublement de la méthaphysique, sdoppiamento della metafisica secondo cui la lingua [latina, occidentale] si reggerebbe su

un doppio: ad ogni segno scritto corrisponde innanzi tutto un doppione di forma orale, pronunciabile, linguisticamente e mentalmente visualizzabile. Ecco il motivo della nostra insistente domanda di spiegazioni: “E questo cosa vuol dire?”.

Ebbene, rassereniamoci. La lingua cinese non ci risponderà mai, ‘semplicemente’ perché per loro non esiste una relazione deterministica, impositiva, o addirittura esatta tra segno scritto e segno orale.

Attenzione però: questo non vuol dire che manchino i nessi strutturali della linguistica, ovvero le relazioni tra segno e significato, bensì che forma scritta e forma orale non sono l’uno il doppio dell’altro, né così perfettamente trasferibili o sostituibili. “Questo cambia rapidamente le domande saussuriane; se si dà credito a questo appare evidente che lo statuto scritto in Cina si differenzia da quello europeo: all’inizio è un segno, e un segno può essere anche un elemento pittorico, oltre che di scrittura. Dunque il rapporto significante-significato è effettivamente differente innanzitutto perché è altro il rapporto scritto-orale”. Detto altrimenti, l’esercizio pittorico della scrittura è del tutto indipendente da quello della lettura o del parlato. Questo aspetto, almeno indirettamente, spiega anche la ragione della millenaria resistenza dell’arte calligrafica cinese. In fondo, che senso avrebbe, in occidente, dipingere per millenni le vocali e le consonanti della parola “casa”, o “vita”, o altro ancora? In Cina, invece, l’esercizio pittorico non ribadisce insistentemente un ‘senso’ univoco di quanto scritto, perché nulla ha un significato affermato, stabilito, ordinato: il senso non è più imposto, vi è semmai una costante apertura del senso, una sua interrogazione. Sull’altro versante, quello dell’oralità, non si tratta di accettare l’indeterminazione ma una forma differente di ‘relazione’ tra le parole e le cose. Seguendo l’esempio posto da Jullien: «Quando voglio chiedere “Cos’è questo?” in Cinese devo dire “Cos’è Est e Ovest?». Trovo che sia destabilizzante!

Perché per dire una cosa pongo una relazione, dico “Est-Ovest”. L’enorme, incantevole suggestione di questa piega della linguistica farebbe impallidire De Saussure non meno della leggera frustrazione degli studenti i quali, non ricevendo esatta de-finizione del calligramma dipinto, giungevano a dubitare la �cinesità� stessa degli ospiti sopraggiunti. Altro esempio. Per dire “paesaggio”, noi occidentali decliniamo la parola “paese”: in Francese passiamo da “pays” a “paysage”, in Tedesco da “Land” a “Landschaft”, in inglese da “land” a “landscape”.

…

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CONVERSAZIONI

Una continuità logica e immediata: per noi il paesaggio è la continuazione del paese. Ma come si dice “paesaggio” in Cinese? Esistono più formule: “L’ Alto e il Basso”, “Le Montagne e le Acque”, “L’Immobile e il Mobile”. Ancora una volta una relazione per noi destabilizzante, inimmaginabile. La complessità aumenta poi se pensiamo al numero molto limitato dei fonemi nella lingua cinese; infatti, spesso, uno stesso fonema pronunciato con diversa intonazione corrisponde a molte parole diverse. “Per farsi capire a volte è necessario tracciare l’ideogramma sul palmo della propria mano”.

Dunque il rapporto scritto-orale è molto diverso, perché di fatto si pensa nella lingua scritta indipendentemente da quella orale.

Per non parlare infine di uno degli aspetti più sconvolgenti della lingua cinese ovvero il fatto che la lingua non distingua l’attivo dal passivo. “Essendo in una visione di flusso, di processo in divenire, non c’è l’attivo o il passivo: ci sono forme che possono evocarle, ma non c’è una forma per il passivo e una

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forma per l’attivo, bensì, un processo”. Ecco che, l’apparente incomprensione tra soggetti provenienti da due sistemi di linguaggio probabilmente inconciliabili, si rivela tanto affascinante quanto foriera di innumerevoli considerazioni, sia in termini sociali che linguistici, se non strettamente artistici.

La stessa relazione docente-discente, nell’ambito precipuo dell’insegnamento accademico (aspetto centrale nell’attuale dibattito sul crescente numero di immatricolazioni provenienti dal Sol Levante), è messa costantemente in discussione dal suddetto gioco di relazioni tra elementi grafico-testuali ed elementi orali-discorsivi. Oltre al fatto che il Cinese non prevede coniugazioni né declinazioni, non ha tempi, non ha soggetti, non ha io-tu-egli, non come noi li intendiamo. In questo lato vi forse è una costante frustrazione della comunicazione (o forse una rimanenza delle nostre più ataviche aspettative greche e romane). Ma da questa distanza si può e si deve al più presto mirare ad una straordinaria relazione di dialogo e di reciproco progresso.

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MATERIA INFORMALE Antonio Basile

Marzia DE LUCA rame, legno e plexiglass

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T

ra le mostre tenutesi nei prestigiosi spazi dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, significativa si è rivelata “Materia In-formale”, curata dalla professoressa Maria Pia Muraglia e dal professore Marco Calogiuri.

L’esposizione tenutasi il 15 aprile 2015, poneva all'attenzione del pubblico dei lavori realizzati dagli studenti nel corso degli ultimi anni.

Le opere prescelte, attingevano a frammenti di memorie che caratterizzano il vissuto quotidiano. Con una sorprendente freschezza si alternavano immagini, che originavano dei lavori stilisticamente compositi, ma unitari dal punto di vista tematico.

La ricerca stilistica di questi giovani studenti, che pur mantenendosi saldamente ancorati a temi, aspetti e soggetti appartenenti alla tradizione figurativa più classica, sperimentava con solerte entusiasmo, soluzioni rielaborative e interpretative di innovativa pianificazione. Le opere esposte

tendevano al superamento dei limiti della concretezza realistica per sconfinare, con audacia e fantasia, in libere associazioni di elementi chiave ed insieme astratti, assumendo così risultati riconducibili alle dirompenti problematiche del nostro tempo.

Il loro temperamento, tendenzialmente intriso per intima esigenza di lirismo ed armonia, trovava un naturale veicolo espressivo in quelle immagini che mettevano sotto accusa le aberrazioni della società contemporanea e sottoponevano ad una critica serrata situazioni di violenza e di stravolgimento cui l'uomo costringe il suo ambiente e persino se stesso, senza alcuna coscienza delle minacce che rischiano di soffocare ogni forma di dignità umana.

Questo è il messaggio che si evince in definitiva dai lavori di questi studenti, pieni di entusiasmo, di voglia di fare, i quali si sono avvalsi della sapiente guida di Maria Pia Muraglia e di Marco Calogiuri.

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EVENTI

Il Pianto del Tempo Antonio Basile

C

ome ricorda l’avvocato Barbara Spinelli, consulente dell’ONU in materia di violenza sulle donne (autrice del libro Femminicidio, dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale), questa parola non l’hanno inventata i giornali.

Negli anni ’90 del secolo scorso, una antropologa messicana di nome Marcela Lagarde ha analizzato le violenze perpetuate sulle donne messicane individuando le cause della loro marginalizzazione in una cultura machista e in una società che non dà tutele dal punto di vista giuridico, con indagini lasciate pendere e con lo stupro coniugale non considerato come reato. Lagarde è la teorica del termine femminicidio. In esso, oltre all’omicidio, racchiude anche tutte le discriminazioni e pressioni psicologiche di cui una donna può essere vittima. Lo definisce così: «La forma estrema di violenza di genere contro le donne – scrive Lagarde – prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa».

Il prof. Giuseppe Lisi, docente di Decorazione, con la preziosa collaborazione della professoressa Lucia Ghionna e soprattutto degli studenti, ogni anno, dal 25 novembre 2013 dedica una giornata alla violenza sulle donne, proprio nella giornata che la vuole celebrare, con l’intento di denunciare gli abusi e le brutalità di cui sono vittime nella società contemporanea.

Il laboratorio di Decorazione per l’occasione si trasforma in una sorta di teatro della coscienza. Sul palcoscenico di questo teatro particolare, si sono avvicendate videoproiezioni, letture e libere considerazioni, votate al delicato tema. Tra gli ospiti che si sono succeduti in questi anni citiamo: la dinamica organizzatrice di eventi e nota scrittrice Ambra Biscuso, la giornalista e poetessa Maria Grazia Anglano, lo scrittore Adriano Petta e Sabrina Matrangolo, figlia della indimenticata Renata Fonte. Protagonista indiscussa di questi eventi è Ipazia. L’assassinio di Ipazia su ordine del Vescovo Cirillo di Alessandria nel 415 fu uno dei più brutali femminicidi nella storia dell’umanità. Come scrisse Pascal, fu l’ultimo fiore meraviglioso

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Ipazia Discendi ad ogni lettera del nome.

E in cerchio il passo porti l’ellisse segno dell’occhio dell’universo.

Perle irrompono libere e disperse dalla schiavitù del loro filo.

E perle a questuanti mani doni al viandante, al politico, al filosofo.

Bevve e si inebriò Alessandria del suo più bel fiore.

Effimera bellezza strappata di sepali foglie e corolla d’amore.

Ad odorare per sempre del sangue tuo rappreso le cinte mura, e porte del tempo.

Raccolti i capelli sull’esile nuca di un desiderato corpo virginale.

Negli occhi scintillii di tutti gli astri in geometrie d’evoluzioni.

Disegnavi cosmogonie e ad ogni stella accendevi pensieri a rimirarne poi altre ancora.

Infinibile sete tesa a disvelare la verità insita nell’intima materia, del creato.

Brilla e ancora brillerà nei secoli futuri la luce dei tuoi occhi.

Maria Grazia Anglano Tratta dalla silloge poetica “Parola gomena” di Maria Grazia Anglano - ediz. Aletti Editore

Giulia PICCINNI Il Pianto del Tempo

EVENTI

Il Pianto del Tempo

della gentilezza e della scienza ellenica. Secoli dopo, un’altra grande donna e scienziata, Margherita Hack, scrisse nella prefazione al libro Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo d.c. di Antonio Colavito e Adriano Petta (La Lepre Edizioni): «Ipazia rappresenta il simbolo dell’amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatto grande la civiltà ellenica. Con il suo sacrificio comincia quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tenta di soffocare la ragione. Tanti altri martiri sono stati orrendamente torturati e uccisi. Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno fu mandato al rogo per eresia, lui che scriveva: “Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi, similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al nostro Sole.

Questi mondi sono abitati da esseri viventi”. Galileo, convinto sostenitore della teoria copernicana, indirettamente provata dalla sua scoperta dei quattro maggiori satelliti di Giove, fu costretto ad abiurare».

Perché purtroppo ancora oggi il fondamentalismo non è morto, anzi… ancora oggi si uccide e si distrugge la cultura in nome di dio e della religione: ultimo esempio su tutti Palmira, patrimonio Unesco e perla del mondo romano arrivata praticamente quasi intatta fino ai giorni nostri, rovinata per sempre dai jihadisti dell’Isis. A Ipazia il prof. Giuseppe Lisi ed i suoi studenti hanno dedicato in questi anni diverse opere. Particolarmente significative le cento e passa cartoline artistiche realizzate all’interno del laboratorio. Suggestive le performance degli studenti Domenico Arces, Lucia Macrì, Giulia Piccini, Sara Za, le fotografie di Rizzello Antonella e i vestiti dedicati

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ad Ipazia realizzati da Federica Gatto, Rossella Greco e Sara Grasso. A proposito delle performance, di un certo interesse Il pianto del tempo realizzata nell’ultima edizione (2017) da Giulia Piccinni, la quale «raduna i tempi dell’origine e delle provenienza mediterranea. Immagina di comporre e di fermare il canto entro alcune scatole nere dalle quali sale la voce rauca di un anziano incontrando quella chiara e vibrante della giovane performer. Entrambi attingono ad un repertorio di musica popolare consegnando al pubblico sia l’evocazione del passato che la materia vivente della scena artistica: un gesto duplice che ha il valore di una consegna e, ancora una volta, di una testimonianza da serbare». Non da meno, anche quelle realizzate nelle due prime edizioni da Lucia Macrì e Domenico Arces e in particolare la performance dal titolo Vile Sub-ire. Per citare le parole degli stessi interpreti: «Questa performance porta lo spettatore nell’atto, lo porta nella violenza della quale sente parlare ogni giorno. Il nostro atto deve sconvolgere, far pensare, e se è possibile cercare di far vivere il mondo con una visione diversa». Infine, non va sottaciuto l’impegno profuso in queste edizioni dai tanti studenti che hanno contribuito all’evento. Tra questi citiamo: Serena Alvarenz, Giovanna Marsano Giancarlo Nunziato, Chiara Bevilacqua, Angelica Mola, Giorgia Prontera, Valeria Borgia, Silvia Sparro, Antonella D’Amelio, Elisabetta Merico, Elisabetta Del Tufo, Mariangela Marra, Roberto Ciardo, Federica D’Andria, Marilena Moretti, Rehana Giurda, Fabiola Settembrini, Mariangela Martinelli, Francesca Esposito, Cristina Baldari e Marjan Asadi e tanti altri ancora.

Ci sarò per sempre Ero la tua donna, la tua compagna, la tua bambina, tua sorella, tua madre.

Poi… improvvisamente, tutto cambiò… diventasti sospettoso, arrogante, violento.

Tuonava la tua voce, di ghiaccio, i tuoi occhi, di pietra, le tue mani !

Umiliavi, tormentavi, aggredivi…

Poi… piangevi, scongiuravi, ti scusavi e… e di nuovo, ricominciavi!

Sempre peggio, sempre più in alto ponevi l’asticella, sempre più ardito il tuo salto.

Un giorno, quando quello che restava di un uomo lasciò spazio al mostro, completasti la tua sconfitta… una lama, ripetutamente, lacerò la mia carne inerme, chiusi gli occhi e con essi… il tuo essere uomo… svanì per sempre!

Francesco Scagliosi

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EVENTI

Il gioco dell' Arte E Tutti Arriveremo Chiara Bevilacqua

I

l 25 marzo 2015 presso l'ex Conservatorio Sant'Anna di Lecce, ha inaugurato una singolare esposizione dal titolo “E Tutti Arriveremo”, un Giocartista dalle caratteristiche peculiari.

L'evento, organizzato dall'associazione Socio-ArtisticoCulturale “Le Ali di Pandora” con il patrocinio dall'Accademia di Belle Arti di Lecce, ha visto coinvolti 42 artisti che hanno dato il proprio contributo nella realizzazione delle 63 caselle di un rivisitato Gioco dell'Oca dove la tradizione si unisce e si contamina con la contemporaneità, sia creativa che sociale.

Ai nomi più conosciuti del panorama artistico-culturale del nostro territorio (Maria Grazia Anglano, Roberto Bergamo, Paola Bitelli, Daniela Cecere, Mario Calcagnile, Michela Del Tinto-Teo Mollaian, Lucia Ghionna, Maurizio Martina, Francesco Pasca, Adriano Pasquali, Maria Grazia Presicce, Enza

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Santoro, Gianfranca Saracino, Carla Sello, Monica Taveri), si sono uniti quelli degli studenti dell'Accademia di Belle Arti di Lecce della sezione di decorazione seguita dalla prof.ssa Lucia Ghionna (Serena Alvarenz, Domenico Arces, Marco Carone, Maria Cesena, Antonella D'Amelio, Ilenia Epifani, Francesca Esposito, Rehana Giurda, Vanessa Greco, Shi Hongbo, Monia Luggeri, Lucia Macrì, Alessandro Maggiulli, Alessandra Mariano, Elisabetta Merico, Marika Ninno, Francesca Nutricato, Eleonora Rampino, Francesco Romanelli, Francesca Scrascia, Maria Silvia Specchia, Silvia Sparro, Salvatore Turco, Maria Antonietta Tutino, Gloria Zara, Valentina Zocco).

Dopo gli iniziali saluti delle autorità, il pubblico ha potuto assistere alla proiezione del cortometraggio “Tutto si Può” di Claudia Ingrosso, la quale, ispirandosi alla fiaba di Gianni Rodari “Il Giovane

Gambero”, ha voluto ricordare a tutti i presenti che solo davanti alle difficoltà si vede la reale tempra di ognuno di noi, quel coraggio di credere nelle proprie capacità, di resistere alle prove che la vita ci consegna quotidianamente. Questo momento ha aperto la strada al gioco vero e proprio, che ha anche visto tra i partecipanti attivi i bambini della ludoteca Lo Spazio di Lilli.

La fruizione della mostra attraverso il mezzo ludico, il gioco infantile, la memoria ed il ricordo, fornisce la chiave di lettura per tutti i significati che questo progetto racchiude.

Le caselle non sono solo composizioni di colori, segni e figure, ma affondano le radici nella coscienza dell'uomo, raccontando argomenti scottanti e delicati come la violenza, la guerra, la diversa-abilità, l'emarginazione, l'omofobia, la xenofobia.

Nell'affrontare questi difficili temi, gli artisti impegnati nel progetto, hanno scelto il mezzo della vitalità, dell'espressione creativa nella più radiosa delle sue forme, proprio per ricordare che nel mondo la bellezza esiste, risiede in ognuno di noi e che forse si dovrebbe imparare ad utilizzarla come vera arma per fronteggiare e vincere ogni bruttura.

Ognuno di questi creativi, con le proprie differenze, è riuscito a partecipare con entusiasmo e sensibilità ad un progetto comune, dimostrando che la diversità, se ossevata dalla giusta prospettiva, non è sinonimo di divisione, ma al contrario si trasforma nel migliore dei collanti, motivo di crescita, di arricchimento.

Come afferma Ambra Biscuso, Presidente dell'associazione “Le Ali di Pandora”: «L'immedesimazione del giocatore genera scambi di identità in un principio di intersoggettività atto a combattere l'incomunicabilità che spesso rende l'altro straniero, trovando nella diversità un valore, un segno distintivo di unicità». La mostra, aperta fino al 2 aprile 2015, ha anche ospitato durante la sua permanenza un laboratorio di realizzazione di segnalini con materiale di recupero il Laboratorio dell'Oca ed un incontro, tenutosi il 2 aprile 2015, curato da Michela Del Tinto e Teo Mollaian, “Tutti i Colori dell'autismo”, con l'obiettivo di sensibilizzare i presenti al delicato tema, poco conosciuto ed a volte purtroppo ignorato volutamente. Quest'ultimo dibattito a chiuso una manifestazione che ha voluto raccontare la vita attraverso il gioco, dove le caselle rappresentano gli ostacoli, le difficoltà, ma anche le meraviglie di ogni esistenza, in un percorso che non vede vinti o vincitori, ma solo viaggiatori.

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in RESTAURO

“Adorazione dei Pastori” Cappella della Madonna dei Poveri Giuggianello Rosanna Lerede

Adorazione dei Pastori riproduzione fotografica prima dell'intervento di restauro

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D

al 2001 al 2014 il laboratorio di restauro dell’Accademia di Belle Arti di Lecce ha rappresentato un importante punto di riferimento per le attività di conservazione e di restauro condotte tanto su opere pubbliche quanto su opere private. Tale affluenza ha permesso di porre gli specialisti e gli studenti di fronte ad affascinanti quesiti critici nonché soluzioni innovative, nel pieno rispetto e godimento delle normative tecniche e pratiche di cui un’adeguata laboriosità del buon restauro dovrebbe avvalersi.

Senza alcun dubbio e al di là dell’esperienza e della professionalità acquisite nel tempo, affrontare il restauro di un’opera d’arte rappresenta sempre un’imprescindibile opportunità d’indagine e approfondimento degli aspetti storici e artistici di cui l’oggetto d’arte è intriso, ancor più se il contesto socio-culturale di provenienza è di tipo devozionale, laddove tanto l’incertezza della disponibilità delle fonti documentarie quanto le fasi della loro interpretazione, non sempre, permettono facili e immediate risoluzioni.

Alla luce di quanto suddetto il lavoro di ricerca non può che imboccare una direzione trasversale, in grado di dare voce e sostegno a ciascuna disciplina, umanistica e scientifica, e il cui fine ultimo sia quello di preservare, all’unisono, l’autenticità dell’opera d’arte, esaminandone scrupolosamente cause ed effetti da porre al centro di nutrienti dibattiti culturali permeati dal reciproco giudizio critico e tecnico.

Il restauro dell’opera l’Adorazione dei Pastori, ubicata nella Cappella della Madonna dei Poveri di appartenenza alla Confraternita dell’Assunta in Giuggianello (Le) si pone quale esempio di un’intensa attività di studio interdisciplinare terminata nel 2013, nonché oggetto d’indagine storica condotta dal prof. Filippo G. Cerfeda, specialista incaricato dell’ Archivio diocesano di Otranto.

Infatti il dipinto raffigurante l’Adorazione dei Pastori, rappresenta un monito concreto di quanto l’odierno modo di considerare la pratica del buon restauro faccia appello alla collaborazione tra diversificati settori di pertinenza, quali la ricerca storico-artistica e archivistica, la diagnostica per i beni culturali e le discipline chimico-fisiche applicate allo studio dei materiali e dei processi di degrado.

Adorazione dei Pastori riproduzione fotografica prima dell'intervento di restauro

Adorazione dei Pastori riproduzione fotografica dopo l'intervento di restauro

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in RESTAURO

“Adorazione dei Pastori”

Nello specifico le indagini diagnostiche inerenti l’opera sono state eseguite dal dott. Davide Melica, previa selezione dei cinque campioni prelevati dal dipinto accordata con il responsabile del restauro, che ha ritenuto opportuno eseguire un campionamento adeguato alle manipolazioni che il dipinto ha subito nel tempo, alla necessità di comparare quanto emergeva dalle analisi con quanto restituiva la ricerca archivistica e storico-artistica. Infatti, solo grazie alla complementarità dei risultati acquisiti è stato possibile conferire al dipinto una propria identità storica e temporale, adducibile ad un periodo compreso tra la fine del 1600 e la prima metà del 1700, seppur non oltre il 1749.

Parimenti si è ritenuto opportuno organizzare le attività di restauro sull’opera rispetto due macrosistemi d’indagine: conservativa ed estetica.

In primo luogo, la fase conservativa ha insistito nell’analizzare la condizione materica precaria in cui versava l’opera, quale conseguenza di una tecnica esecutiva poco ortodossa nella scelta dei materiali costitutivi a cui ha tentato di porre rimedio un attento restauro ottocentesco a cui addire, alcune disdicevoli ridipinture, largamente estese e visibili su tutta la superficie pittorica, delicatamente asportate, contestualmente ad alcuni rifacimenti in stile che sono stati conservati. È doveroso sottolineare che la delicatezza dei quesiti critici e conservativi affrontati durante questa prima fase di analisi ha trovato riscontro e supporto nel lavoro di tesi triennale svolto dall’allora studentessa Viviana Nardò.

Come si può facilmente dedurre, alla fase conservativa ha fatto seguito un’ardua restituzione estetica, dunque un’integrazione pittorica che in alcun modo doveva tradire la corretta, leale ed autentica lettura dell’immagine dell’opera, da offrire in dono, ad oggi, agli occhi dei suoi fedeli.

Il lavoro svolto su l’Adorazione dei Pastori ha trovato nuovamente luce il 10 dicembre 2016, ripresentandosi alla comunità di Giuggianello nel pieno della propria autenticità, favorendo un’interessante pubblicazione, grazie al patrocinio della Parrocchia “S. Antonio Abate”, della Confraternita “Madonna Assunta”, dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, dell’Arcidiocesi di Otranto, della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, del Comune di Giuggianello e il contributo economico della Provincia di Lecce, della Banca Popolare Pugliese, MAPETEK srl.

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Adorazione dei Pastori riproduzione fotografica prima dell'intervento di restauro

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NOTIZIE

Il pianeta dell’arte Luciano Calosso

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embrava una idea semplice e divertente quella di realizzare un video sull’Accademia di Belle Arti di Lecce. Ma nessuno poteva immaginare quante variabili avrebbero concorso a renderlo un obiettivo quantomeno arduo. Il video della durata di pochi minuti, presente nel portale dell’Accademia di Belle Arti di Lecce possiamo definirlo come un condensato di entusiasmo e partecipazione degli studenti che hanno collaborato alla sua realizzazione.

Il professore Luciano Calosso scenografo di tantissimi film ed il professore Giuseppe Bolognini raffinato esperto di fotografia hanno guidato la genesi e lo svolgimento del progetto artistico/filmico con l’obiettivo didattico basato su una concreta esperienza artistica per il pieno coinvolgimento degli studenti intesa come grande risorsa del nostro paese. Il film ha la volontà di comunicare l’immagine dell’Accademia ai suoi fruitori: gli studenti adottando ritmi e codici ad essi congeniali. Si è scelto di accompagnare le immagini con un tema musicale originale che avesse lo stesso ritmo del montaggio. Sono stati seguiti tutti i passaggi necessari che normalmente vengono utilizzati in un film professionale: l’idea iniziale, la sceneggiatura, le location, le riprese di Claudia Miano e Antonella Rizzello, con la scelta delle inquadrature più efficaci, scelta delle musiche originali, fino ad arrivare alla selezione del migliore materiale girato,

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concludendo con un lunghissimo lavoro di post produzione operato con grande capacità e pazienza da Danilo Ricciato. Il film è indirizzato ai giovani italiani e stranieri che hanno la curiosità di conoscere come raggiungere l’Accademia, in quale ambiente si svolgono le lezioni con i suoi laboratori di decorazione, scultura, incisione, fotografia, grafica , scenografia e pittura. Aereo, auto e treno sono i mezzi di trasporto che appaiono nell’apertura del film per sottolineare i collegamenti disponibili per raggiungere Lecce e l’Accademia. Un lungo piano sequenza ci attira come un magnete verso il portone d’ingresso dell’Accademia che ci invita ad un viaggio attraverso un luogo dove si crea arte e artefici. Il ritmo delle immagini si sussegue veloce e addirittura accelerato per togliere ogni possibile esitazione tipico dei linguaggi gradito ai giovani di oggi. Al termine del viaggio non poteva mancare il colpo di scena offerto con l’immagine che da uno dal cortile ci porta di colpo nel cielo per svettare tra i tetti cupole e campanili di una meravigliosa Lecce illuminata da un caldo sole. Una città come cornice alla grande struttura dell’Accademia che viene ripresa da un drone che sale sempre più fino a lasciare il posto ad una Google Maps che ci permette di capire il rapporto dell’Accademia con il quartiere la città il territorio il paese fino ad concludere con un mondo intero. Il nostro pianeta dell’arte.

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NOTIZIE

Biennale dei Giovani Fotografi I ta l i a n i Contaminazioni

2016

Roberto Lacarbonara

Claudia MIANO

Antonella RIZZELLO

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Accademia di Belle Arti di Lecce partecipa alla V edizione della Biennale dei Giovani Fotografi Italiani con le opere di due allieve, Claudia Miano e Antonella Rizzello, e con la supervisione del prof. Giuseppe Bolognini, docente di Fotografia e di Foto e Video Editing. Le due giovani autrici ragionano attorno ad una prospettiva di irreversibilità dei processi di contaminazione ambientale. La matrice industriale e capitalista, da cui genera la riflessione iconografica, rappresenta un'urgenza collettiva fortemente avvertita nelle aree dell'Adriatico meridionale, recentemente sottoposte alle numerose prospezioni geofisiche finalizzate all'estrazione petrolifera. Tuttavia, l'inquietudine mossa dai fenomeni di inquinamento dell'ecosistema - che si esplica nella visibile alterazione delle superfici naturali, esibendone la sua traccia ‘negativa’, come nello scatto di Miano - volge immediatamente ad elicitare la questione sociale e prettamente umanitaria, alludendo ad un fenomeno di deterioramento del sistema di relazioni e scambi tra esseri umani. Per Rizzello, infatti, ‘contaminare’ equivale a ridefinire il contesto ecologico nei termini di un'immersione drammatica ed asfissiante, all'interno di quello stesso bacino mediterraneo che va lentamente trasformandosi da luogo originario di dialogo a spazio dell'abisso e della decadenza. Un'immagine che, pur attingendo ad estetiche del linguaggio pubblicitario, rifugge dal colore e mortifica ogni ostentazione della corporeità del soggetto.

Antonella RIZZELLO

Annamaria ANTONAZZO

Uguali - Diversi

2014

Antonio Basile

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a Biennale dei Giovani Fotografi Italiani è uno degli eventi più attesi nell’ambito artistico contemporaneo. In occasione della 4a Edizione il prof. Giuseppe Bolognini, docente di Fotografia e Foto Video Editing, ha selezionato alcuni studenti, i quali con una forza espressiva pregna di una scarna e lucida ironia indagano con le loro immagini, una realtà alienata e alienante che è in balia della globalizzazione economica che subdolamente arriva a filtrare le culture rendendole anonime e irriconoscibili a se stesse.

Danilo RICCIATO

Nello specifico, i lavori realizzati dagli studenti Annamaria Antonazzo, Antonella Rizzello, Danilo Ricciato e Delia Cagnazzo, attraverso il linguaggio fotografico, propongono una riflessione sul rapporto tra noi e l'altro, attraverso un viaggio che muove dalla ricerca di sé stessi, un viaggio tra “Uguali e Diversi”.

Il riconoscimento della differenza, la conoscenza dell'altro, il confronto con punti di vista diversi dal nostro e la disponibilità al dialogo interculturale sono solo alcune delle parole chiave che contraddistinguono l’odierna società multiculturale.

Delia CAGNAZZO

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NOTIZIE

il Terzo Paradiso Le luminarie del Salento Anna Maria Lifonso

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on gli studenti del corso di Pedagogia e Didattica dell’Arte, abbiamo aderito al progetto di Michelangelo Pistoletto “il Terzo Paradiso” organizzando un evento che si è articolato in due momenti: venerdì 30 maggio, presso la piazzetta attigua alle “Officine Cantelmo”, si è svolto l’operazione collettiva a cura degli studenti del Biennio Specialistico, l’evento è stato preceduto, la mattina, dall’incontro con gli operatori del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli, Museo d’Arte Contemporanea.

“Il Terzo Paradiso è la fusione tra il primo e il secondo paradiso. Il primo è il paradiso in cui gli esseri umani erano totalmente integrati nella natura. Il secondo è il paradiso artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana attraverso un processo che ha raggiunto oggi proporzioni globalizzanti. Questo paradiso è fatto di bisogni artificiali, di prodotti artificiali, di comodità artificiali, di piaceri artificiali e di ogni altra forma di artificio. Si è formato un vero e proprio mondo artificiale che, con progressione esponenziale, ingenera, parallelamente agli effetti benefici, processi irreversibili di degrado a dimensione planetaria. Il pericolo di una tragica collisione tra la sfera naturale e quella artificiale è ormai annunciato in ogni modo1.

Il progetto del Terzo Paradiso consiste nel condurre l’artificio, cioè la scienza, la tecnologia, l’arte, la cultura e la politica a restituire vita alla Terra, congiuntamente all'impegno di rifondare i comuni principi e comportamenti etici, in quanto da questi dipende l'effettiva riuscita di tale obiettivo. Terzo Paradiso significa il passaggio ad un nuovo livello di civiltà planetaria, indispensabile per assicurare al genere umano la propria sopravvivenza.

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Il Terzo Paradiso è il nuovo mito che porta ognuno ad assumere una personale responsabilità in questo frangente epocale. Il Terzo Paradiso è raffigurato simbolicamente da una riconfigurazione del segno matematico dell'infinito. Con il “Nuovo Segno d’Infinito” si disegnano tre cerchi: i due cerchi opposti significano natura e artificio, quello centrale è la congiunzione dei due e rappresenta il grembo generativo del Terzo Paradiso.”

Michelangelo Pistoletto 1

Il termine artificio ha come radice la parola arte, perciò l'arte assume oggi essenziali responsabilità riguardo all'intero mondo artificiale.

Premesse Il Salento è conosciuto soprattutto per la bellezza delle sue spiagge e i numerosi luoghi di interesse artistico e culturale che offre al visitatore. Quando si parla di artigianato tradizionale poi, si pensa immediatamente alla lavorazione della pietra leccese (dai suoi monumenti più importanti alle più semplici ed umili costruzioni popolari e rurali), alla lavorazione del ferro, magari all’abilità con la quale vengono intrecciati i famosi panari o realizzati i prodotti della tradizione figula. Esiste tuttavia un’altra grande tradizione salentina, che affonda le sue radici nel passato e che ancora oggi regala un vero e proprio sogno ad occhi aperti a chiunque abbia la fortuna di trovarsi in questi territori. Stiamo parlando delle luminarie salentine. Le luminarie del Salento. Si tratta di un’antica tradizione, ancora viva, quando i piccoli e grandi centri si radunano per celebrare feste patronali a cui le popolazioni salentine appaiono particolarmente ancora legate e che tutte vantano una

particolare storia mista di fede e credenze popolari. Le luminarie salentine vanno, in occasioni come queste, a decorare interi borghi, rivestendo chiese, balconi, palazzi, vicoli e quant’altro di migliaia di lucine colorate, capaci di creare un’atmosfera da sogno ed assolutamente unica. Nessuno può resistere a questi straordinari giochi di luce e colore, ed è facile vedere grandi e piccoli assorti con il naso all’insù all’accensione di questi straordinari manufatti tradizionali. Atmosfera unica che però parla un linguaggio universale: quello dell’immaginario, dello stupore, compreso e vissuto in tutto il mondo proprio negli ambiti più veri, tradizionali e popolari (Gerusalemme – Jerusalem light festival 2012, Valencia – Falla Sueca 2012). La più famosa di queste feste è indubbiamente quella di Santa Domenica a Scorrano che richiama gli abitanti del posto e moltissimi visitatori provenienti da tutta Italia, a partire dal 5 luglio di ogni anno. In questi particolari giorni di festa è possibile assistere a dei veri e propri trionfi di luce, grazie a scenografie grandissime e perfettamente realizzate, grazie all’abilità dei maestri paratori. Migliaia e migliaia di luci che vanno a celebrare la Santa, divenuta protettrice della città per averla aiutata a guarire da una terribile epidemia di peste. Si narra infatti, che la Santa chiese ad ogni persona guarita di accendere una piccola fiaccola sul davanzale della propria finestra, e in poco tempo la città brillò di tantissime luci tremolanti. Dietro una tradizione che potrebbe sembrare a primo impatto

semplice e poco impegnativa, si nasconde l’incredibile bravura dei maestri paratori salentini. Un lavoro impegnativo che si ripete seguendo più fasi da tantissimi anni. Si inizia con una bozza del progetto, si passa alla sua riproduzione in scala, costruendo le varie parti in legno, si procede con la costruzione di grandi cerchi e telai sui quali fissare le luminarie, si mettono insieme tutti gli elementi (che vengono dipinti di bianco per riflettere meglio la luce) e si riveste il tutto di lucine colorate. Analogo il lavoro svolto dagli studenti che hanno visto nei grandi cerchi delle luminarie la testimonianza della storia e della tradizione del proprio territorio e nello stesso tempo il valore simbolico del terzo paradiso e dei suoi tre cerchi “… i due cerchi opposti significano natura e artificio, quello centrale è la congiunzione dei due e rappresenta il grembo generativo del Terzo Paradiso”. Nel cerchio della natura predominano le luci e i colori caldi: il giallo del sole del Salento, il rosso della nostra terra, il verde degli ulivi. Nel cerchio dell’artificio (e della tecnologia) predominano le luci e i colori freddi: il bianco dei laboratori tecnologici, il celeste degli schermi del computer, il ghiaccio dei led. Il cerchio centrale il Terzo Paradiso è la volontà di superare i conflitti, creare delle relazioni e riconciliare i due mondi che oggi sembrano così distanti. Gli studenti hanno partecipato alla realizzazione del paramento e con una loro azione performativa.

All’evento ha collaborato il maestro paratore Lucio Mariano (Mariano Light).

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NOTIZIE

La Sensibilità Estetica Arte e didattica nel Contemporaneo Anna Maria Lifonso

Cortile dell' Accademia laboratorio su Keith Haring 2014/2015

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el corso della mia attività di docente di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce ho avviato dal 2009, con gli studenti del corso specialistico, dei percorsi di sensibilizzazione all’arte ed in particolare una serie di iniziative sui temi dell’arte contemporanea.

L’obiettivo è quello di far acquisire ai bambini ed ai ragazzi “la sensibilità estetica” intesa come capacità di dare senso alla realtà e di cogliere la bellezza del mondo attraverso una comunicazione didattica che l’opera d’arte stimola con la ricezione o con l'ascolto in entrata e la fruizione o la produzione in uscita.

«Bisogna fare l’esperienza dell’arte, altrimenti non la si conosce». Incontrare l’arte non vuol dire solo trasmettere nozioni ma favorire un fervido scambio di sensazioni, emozioni, percezioni e memorie che portano a una conoscenza a 360°. L’attività di laboratorio poi, si configura come esperienza aggiuntiva e differenziata rispetto al percorso visivo e si basa sull’idea che la conoscenza abbia anche un carattere pratico. Nel laboratorio, cioè nello spazio della sperimentazione, i bambini possono tradurre in ‘oggetti’ le suggestioni e le sollecitazioni ricevute dall’incontro con le opere, acquisire informazioni importanti sulle diverse tecniche e contestualmente prendere coscienza di poter incidere creativamente e criticamente sulla realtà. Nell’a.a. 2014/2015 gli studenti del Corso sono stati coinvolti in un percorso labo-

ratoriale realizzato, in parte, presso l’Istituto comprensivo “Stomeo Zimbalo” di Lecce e conclusosi in Accademia con un evento finale. Il progetto prende le mosse dall’arte di Keith Haring e dalla sua frase: «Mi è sempre più chiaro che l'arte non è un'attività elitaria riservata all'apprezzamento di pochi. L'Arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio lavorare».

Un laboratorio animato da strane figure stilizzate dal contorno nero e dai colori vivaci che hanno fatto conoscere un artista, spesso etichettato come ‘leggero’ ma che in realtà con la sua opera affronta spesso discorsi sociali e politici di grande forza.

1° appuntamento - i bambini conoscono l’artista e il suo lavoro tramite l’osservazione dei suoi murales e dei suoi omini, dagli inconfondibili colori vivaci e dalle buffe posizioni, li aiutano a familiarizzare con lui.

2° appuntamento - i personaggi di Haring sono ormai diventati familiari per i bambini che partecipano al laboratorio. Lanciando dei grandi dadi su cui sono raffigurati gli omini presi direttamente dalle opere dell’artista, i bambini sono aiutati dal caso a stimolare la loro creatività, inventano storie paurose, romantiche o avventurose.

3° appuntamento - la storia inventata da tutta la classe è diventata un grande e lungo tappeto da dipingere tutti insieme nel momento conclusivo del laboratorio in Accademia.

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NOTIZIE

Sensi contemporanei Progetto : ArtePollino Anna Maria Lifonso

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l 13 dicembre 2014 L’Associazione Culturale “ArtePollino”, ha presentato i due progetti vincitori della prima edizione del “Premio ArtePollino” tenutosi nell’ambito del programma “Sensi contemporanei” promosso da Regione Basilicata, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Fondazione “La Biennale di Venezia” con l’obiettivo di far conoscere il territorio del parco e le opere qui realizzate dai grandi artisti contemporanei che hanno partecipato al progetto.

Il progetto ArtePollino mirava a far conoscere e valorizzare, attraverso l'arte contemporanea, una delle più belle aree naturalistiche d'Europa e la più grande d'Italia “il Parco del Pollino”. In particolare tra le iniziative promosse quella forse più interessante, attuata con il coinvolgimento delle popolazioni locali, è stata quella di far interpretare la realtà territoriale e culturale del Pollino da importanti artisti contemporanei che hanno realizzato e lasciato nel parco le loro opere monumentali. Il premio nasce con l'obiettivo di far conoscere il territorio e le installazioni realizzate nell'ambito del progetto; in particolare, focalizzare l'attenzione sulle opere dei grandi artisti e far dialogare con esse i giovani allievi delle Accademie di Belle Arti d’Italia attraverso i vari linguaggi dell'arte, approfondendo i temi che le hanno ispirate e sollecitando una loro rielaborazione in una visione nuova e personale. La prima edizione ha previsto la partecipazione degli studenti a due sezioni una artistica ed una didattica. Agli allievi che hanno partecipato alla sezione didattica è stato chiesto di elaborare una proposta progettuale laboratoriale che tenesse conto della didattica e della comunicazione delle opere e di immaginare azioni finalizzate alla loro interpretazione, fruizione e comunicazione.

Al primo appuntamento, che ha avuto come tema

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l'incontro possibile tra arte e natura, hanno partecipato, insieme a numerosi studenti di altre accademie italiane, tre allieve dell’Accademia di Belle Arti di Lecce che ha aderito all’iniziativa, una per la sezione artistica e due per quella didattica, accompagnate dalla professoressa Anna Maria Lifonso, docente di Pedagogia e Didattica dell’Arte.

Dopo il soggiorno e la presentazione delle proposte progettuali una Commissione costituita da esperti nelle materie interessate ha selezionato i finalisti tra i quali sono stati poi individuati i vincitori, uno per ciascuna sezione: i vincitori sono Federica Romano dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, per la sezione artistica, con il lavoro “365°” e Natascia Ricci dell’Accademia di Lecce per la sezione didattica, con il progetto “Ascesa dal cuore della terra al cielo: terra, aria,

acqua, fuoco”. «Siamo molto soddisfatti del risultato e della partecipazione che c’è stata alla giornata di premiazione, così come della risposta da parte delle Accademie e dei lavori degli allievi, tutti di ottima qualità» - dichiara Gaetano Lofrano, presidente dell’associazione ArtePollino - «Con questa prima edizione del Premio abbiamo dato il via ad un’azione indirizzata a far crescere il patrimonio culturale e artistico del Parco Nazionale del Pollino ma anche ad avvicinare le persone comuni ai linguaggi contemporanei, convinti come siamo che l’arte debba svolgere una funzione di cambiamento sociale».

Il 12 maggio 2015 poi l’Accademia di Lecce ha ospitato l'Associazione ArtePollino per rendere gli studenti partecipi dell'esperienza della prima edizione del Premio e per presentare la seconda edizione.

Carsten HÖLLEN RB RIDE 2009

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in LiBRERIA

In Libreria Editing in Accademia Nunzio Fiore

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crittura e lettura sono processi dinamici caratterizzati nel corso del tempo da molteplici e complesse evoluzioni tecnologiche. Eppure un aspetto è rimasto costante, immutato come una specie di ius soli: la necessità di un luogo, di una superficie, dove le due funzioni possono fisicamente incontrarsi. L'oggetto libro sostanzialmente è questo, uno spazio dove germina il sàpere - prima ancora del sapére - il gusto sensoriale percepito mentre assimiliamo nuove forme di conoscenza nella ricerca dei significati.

Il libro è anche un oggetto di design che può senz'altro nascere dalla competenza e dall'impegno di una singola persona, ma si sviluppa e completa solo attraverso l'amalgama scaturito tra i diversi linguaggi in esso sussistenti. Le immagini, la scrittura, la tipografia, insieme al filo refe che fisicamente lega i fogli impressi dai processi di stampa, sono i frammenti che concorrono - come in un concerto - a perfezionare la percezione dell'intero.

Questa breve presentazione introduce sinteticamente la mission didattica del Corso di Grafica, tesa a coniugare la coerenza logica delle funzioni comunicative insieme all'armonia estetica dei segni grafici "forma solida del linguaggio". Dopo un periodo di studio, durante il quale gli studenti sviluppano prototipi ideali, arriva il momento del confronto diretto, reale, reso possibile grazie alle diverse collaborazioni attivate con i nostri partner istituzionali. Nelle prossime pagine presentiamo - sotto diverse angolature - quattro pubblicazioni realizzate nell'ultimo triennio, grazie al preziozo contributo degli autori che ne hanno seguito lo sviluppo o ne hanno proposto il progetto.

Maria Angelastri - docente di Storia dell'Arte - introduce il lavoro artistico realizzato per il volume “La Chiesa di San Lorenzo a Sogliano Cavour” (Editrice Salentina), pubblicato in occasione del completamento dei lavori di restauro.

Loredana Marulli - docente di Italiano presso l'Istituto di Cultura e Lingue “Marcelline” di Lecce - presenta la collaborazione tra isituzioni che ha permesso la realizzazione della collana Belle Menti, quaderno delle attività dell'Isituto (Editrice Salentina).

Lino De Matteis - giornalista e scrittore - illustra la progettazione della griglia grafica realizzata per la guida “Il Grande Salento” (Glocal Editrice). Infine proponiamo il booklet “Verso l'Alto”, realizzato per la mostra personale della collega Rita Tondo insieme al contributo critico di Renato Barilli.

in LIBRERIA

Lo sguardo, l'apparenza e il simbolo dell'invisibile Maria Angelastri

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ella nostra modernità si parla come di un tempo di smarrimento, ovvero della perdita della capacità di andare oltre i limiti della mera apparenza delle cose, di un processo di ‘demitologizzazione’ che diventa oblìo delle manifestazioni e dei segni del sacro, per dirla ancorandoci al pensiero di Ricoeur, e, dunque, dimenticanza o trascuratezza anche di quei simboli che, per un uomo prevalentemente disposto a manipolare ‘segni univoci’, non sanno più rimandare oltre se stessi. Se ciò è ancòra vero oggi, quando il processo è compiuto, passato il tempo della interiorità e della coscienza, cioè il tempo della religione in generale, come parlare con il linguaggio visivo della dimensione estetico-sacrale di una chiesa? Come dimostrare altrimenti che l’arte non è meramente un “gioco dello spirito”, secondo la celebre espressione di Picasso?

Forse solo un’esperienza che accolga tutta l’imprevedibilità propria della condizione umana, anche quando attentamente regolata, può diventare il presupposto per un’ipotesi di lavoro ancòra in grado di opporsi all’opacità dello sguardo che abitualmente ci accompagna.

Di una particolare esperienza qui si tratta, quella di un gruppo di giovani studenti della Scuola di Grafica della “Accademia di Belle Arti” di Lecce, chiamati dai loro maestri, Nunzio Fiore e Silvia Papucci, ad adottare una pratica antica - il disegno - per restituire agli abitanti di Sogliano, alcuni tratti distintivi della chiesa di San Lorenzo, nuovamente aperta al culto e recentemente restaurata così da ricondurla al centro della vita cittadina.

Essi si sono sentiti interpellati a fornire un originale

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Sogliano Cavour Vecchia Canonica

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lo sguardo, l'apparenza e il simbolo dell'invisibile

contributo, quasi una sfida a dimostrare che il disegno, oltre che avere una valenza strumentale, può essere ancor più arma di conoscenza critica del reale. A condizione, tuttavia, che fosse il contraccolpo della realtà che incontra lo sguardo a guidare la mano nella rappresentazione, magari nella segreta speranza che prendesse forma qualcosa che eccedesse abituali e più consuete visioni. Così facendo, hanno seguìto un metodo che capovolge la misura professata nell’ambiente accademico in cui il ‘sapere’ prevale sul ‘vedere’, trasformando la concreta realtà della chiesa in una sorta di stazione sperimentale del loro percorso di studio. La loro energia dispiegata sul posto è riuscita a elaborare una nuova forma visiva di questo luogo deputato al sacro, tanto da spostare la nostra attenzione dalla totalità del soggetto, riferibile all’architettura, o all’arredo e alla suppellettile liturgica, verso quella frammentazione percettiva che moltiplica le sensazioni e costituisce la promessa intrinseca di ogni immagine. Emblematici in tal senso, i lavori di Marco Caputo e Simone Lo Martire: al primo si deve l’utilizzo dirompente del segno che fa letteralmente ‘esplodere’ la massa scultorea dell’altare maggiore oltre i limiti dell’oggettualità; al secondo, l’annullamento di ogni referenzialità e stereotipo carattere devozionale, nella tessitura drammatica del Cristo crocifisso. Anche lo spazio risulta trasfigurato da un disegno declinato con varietà di tecnica, così che alto/basso, esterno/interno si fondono, scompaginando e destrutturando ogni assetto, come accade nell’estrapolazione di Sole e luna che Alessio Manca trae dal pavimento musivo, componendo i tasselli cromatici dei due astri nella sospensione di un fondo monocromo, per circoscrivere inizio e fine del tempo quotidiano. Nello studio degli altari, Anna Maria Antonazzo sospende in una dimensione visionaria gli inserti figurali di un fastigio o i laterali di una cona, ricomponendone con lievi grafie e cromie acquerellate la caratteristica partitura ornamentale. Analogamente, quasi ad arginare il rischio della ridondanza, Gabriele

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Ancona sceglie di isolare nello spazio indeterminato del foglio il motivo dei putti capoaltare.Grazie al carattere non finito del disegno, Pietro Brancone e Miriana Pino ci aiutano a guardare le cose come se sorgessero alla luce per la prima volta, e potessero completarsi solo nella nostra memoria. Anche quando l’indagine è analitica, come nel caso di Elisa Marsigliante, l’esito è fantasmatico e giocoso sia che si tratti dell’altare maggiore, sia dell’organo a canne ritagliato dalla cantorìa, quasi fosse un cartamodello da vecchio sussidiario. Odore di fumo e di incenso rammenta Irene Pagliara nella resa degli effetti metallici del turibolo, effluvi vegeto-floreali nello sviluppo antitetico di una mensola a volute. A prevalere è, dunque, il dettaglio, da intendersi non semplicemente come un particolare quanto, piuttosto, come un indicatore dello sguardo verso infinite combinazioni di senso. Tuttavia non va trascurato, che se il dettaglio fa presenza di ‘immagine’ - e perciò ha una qualità iconica - certamente icona della chiesa e di una religiosità cittadina ancòra viva, può dirsi la Madonna del Rosario che Lucia Lodeserto riproduce con sforzo di verosimiglianza. La sua scelta non appare casuale, se consideriamo che il quadro è oggetto di molta devozione popolare, non solo per la grande fortuna goduta dal soggetto religioso dopo la battaglia di Lepanto, occorsa nel 1571, fino ai nostri giorni, ma anche per l’accenno architettonico che si intravede sullo sfondo della composizione, individuato dalla tradizione orale come un esplicito riferimento alla stessa città di Sogliano.

Ancòra una volta la mente è chiamata a completare la visione per intercettare labili tracce del simbolico. Ne nasce un atteggiamento pieno di stupore e di silenzio, a dispetto della lettura sequenziale che è propria di ogni libro. Le immagini ci raggiungono nell’intimità dello sguardo, deviando ogni volontà normalizzante, richiamandoci a un lavoro continuo di approssimazione all’invisibile. A riprova che “il buon Dio s’annida nel dettaglio”, come ebbe a dire Aby Warburg.

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Annamaria ANTONAZZO china, sanguigna e acrilici su carta

Lucia LODESERTO acquarello su carta

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Marco CAPUTO acquaforte

Dalila MELE acquaforte, maniera allo zucchero

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lo sguardo, l'apparenza e il simbolo dell'invisibile

Pietro BRANCONE matita e china su carta

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Elisa MARSIGLIANTE tempera su carta

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Chiesa di San Lorenzo a Sogliano Cavour - restauro, storia e immagini

Miriana PINO china su carta

Irene PAGLIARA acquarello su carta

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Studio per copertina

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Un esempio di valida e proficua collaborazione tra istituzioni Loredana Marulli

docente Istituto di Cultura e Lingue Marcelline di Lecce

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impressionante fenomeno della globalizzazione sembra fagocitare e livellare stratificazioni di culture e civiltà, annullandone diaframmi temporali e spaziali. Inconsapevolmente ci si ritrova ad assumere modus vivendi alieni dalla propria tradizione e tipici talvolta di lontane aree geografiche, per un processo mediatico di osmosi tra i popoli sempre più incalzante e incontrollato.

Decontestualizzati comportamenti o pratiche di moda e di costume, la mutevole società liquida ne smarrisce l’originaria valenza, con il dirompere di un conseguente comune senso di disorientamento e di incertezza. Gli unici baluardi all’incontenibile e rapido fluire di accadimenti storici sono la famiglia e la scuola, che rappresentano, pertanto, le sacre vestali, depositarie di antiche consuetudini e della memoria delle radici.

Entrambe avocano a sé il ruolo di educatrici e di ‘maestre di vita’, ma nelle aule alla trasmissione di saperi si affianca l’acquisizione di metodi di studio e di ricerca, nella convinzione della necessità di dover conoscere il proprio passato per ritrovare l’identità del presente.

Nasce dalla condivisione di queste riflessioni con la già Madre Generale delle Suore Marcelline, sr. Maria Angela Agostoni, l’idea di reperire informazioni circa le origini della presenza di tale ordine a Lecce, nell’ormai lontano 1882, impegnato, dunque, da ben oltre un secolo nell’educazione e nell’istruzione di giovani menti non soltanto salentine.

Il recupero dei relativi documenti è stato svolto da un team di lavoro (il dott. Alessandro La Porta, direttore emerito della Biblioteca Provinciale di Lecce “Nicola Bernardini”, la dott.ssa Lorella Ingrosso,

responsabile della Biblioteca interna dell’Istituto di Cultura e Lingue Marcelline di Lecce e i docenti del medesimo, i proff. Carmelo Cipriani e Loredana Marulli), in un clima di collaborazione tra diversi Enti e Istituzioni come l’Archivio di Stato di Lecce, nella persona della dott.ssa Annalisa Bianco e l’Archivio Storico del Comune di Lecce, diretto dalla dott.ssa Concetta Caruso.

I dati emersi sono stati presentati e discussi in un convegno dal titolo “Sulle orme di Madre Marina” (cofondatrice della congregazione insieme con il beato Luigi Biraghi) il 16 aprile 2015, nel corso del quale è stata inaugurata la relativa mostra.

L’allestimento di essa è stato reso possibile dal sinergico impegno e apporto del prof. Nunzio Fiore e della prof.ssa Donatella Stamer dell’Accademia di Belle Arti, curatori dell’impostazione grafica della stessa, e dell’I.I.S.S. “Antonietta De Pace” per la realizzazione dell’antico abito delle suore, delle uniformi delle educande e per la produzione di un filmato, oltre che dal contributo della famiglia di Pino Cordella, per aver messo in esposizione abiti d’epoca della sua collezione, e dei tanti privati, per il prestito di fotografie, documenti e oggetti.

Alla fine dell’anno scolastico 2015-2016 sono stati pubblicati gli atti del suddetto convegno. Ancora una volta in tale occasione si sono dimostrati proficui la collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Lecce, che del volume ha curato il coordinamento grafico-editoriale (Corso di Grafica-Editoria d’Arte), l’impaginazione digitale (Giuseppe Paparusso), la copertina (Miriana Pino), e la preziosa partecipazione del prof. Nunzio Fiore, membro del Comitato Scientifico.

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BELLEMENTI - arte, cultura e storia

Infografica: I Luoghi dell'Istruzione a Lecce.

Marcelline. Tra ieri e oggi di Claudia MIANO Federica SPAGNULO Irene SCIOLTI 2015

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il Grande Salento

Infografica a cura di Ferruccio VENUTI 2015

Guida tra territorio, storia e tradizioni Lino De Matteis

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el corso del 2014, la Sezione Editoria del Corso di Grafica dell’Accademia di Belle Arti di Lecce ha collaborato con la Glocal Editrice di Lecce per l’individuazione e l’impostazione della griglia grafica di base della nuova edizione della guida di turismo e cultura del territorio “Il Grande Salento”, diretta dal giornalista Lino De Matteis.

Dopo alcune proposte grafiche presentate da vari studenti, il direttore della guida ha scelto di procedere per lo sviluppo di quella proposta di Ferruccio Venuti, intraprendendo, sotto la supervisione del docente Nunzio Fiore, responsabile del Corso di Grafica, un percorso di adeguamento della struttura grafica proposta alle esigenze editoriali concrete e pratiche. Trattandosi di una pubblicazione periodica, con cadenza annuale, la difficoltà più rilevante è stata infatti quella di impostare, predisporre e utilizzare una struttura grafica flessibile, in modo da consentire in futuro, nelle successive fasi di impaginazione e stampa delle nuove edizioni, l’aggiornamento dei testi e dei dati senza alterare la struttura grafica stessa.

Il progetto grafico di base emerso dalla collaborazione con l’Accademia di Lecce è stato poi liberamente elaborato e integrato sulla base delle esigenze concrete emerse nella fase di impaginazione vera e propria della guida, realizzata autonomamente dalla Glocal Editrice.

L’esperienza è stata di grande utilità per gli allievi dell’Accademia, avendo potuto sperimentare e constatare nella pratica le difficoltà che intercorrono tra l’idea artistica teoricamente pura e astratta e le esigenze concrete di produzione di un prodotto editoriale specifico, con costi e tempi di produzione da rispettare, destinato al mercato editoriale.

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I Magici Giardini Artificiali di Rita Tondo

Renato Barilli

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l lavoro di Rita Tondo documenta il compiersi di un evento epocale, ormai lontano nel tempo, risalente al mitico 1968 da cui ormai ci separa quasi un mezzo secolo, ne dovremo riparlare abbondantemente tra poco. O forse ancora prima dobbiamo rifarci addirittura al secolo precedente, quando la tradizionale supremazia della pittura e del pennello venne minacciata dall’arrivo della fotografia.

Dapprima la creatura minacciata tentò di adottare un atteggiamento sdegnato, denunciando il preteso basso profilo della rivale, ma poi preferì emigrare altrove, lasciare al vile mezzo meccanico di impadronirsi della realtà, portandosi invece a coltivare le ragioni dell’astrazione-stilizzazione, e nacque così la lunga vicenda dell’arte contemporanea, dai Fauves ai Cubisti agli Informali, come la abbiamo conosciuta per decenni, e come la Tondo stessa l’ha frequentata con tenacia e buoni frutti per un lungo tempo.

Ma poi è venuto il ’68, con la famosa proclamazione della “morte dell’arte”, che poi altro non era se non il consiglio di sostituire il mezzo manuale con il procedimento fotografico. Alla base di questa sostituzione stava una improvvisa consapevolezza raggiunta, quella stessa a cui da tempo erano arrivati alcuni narratori-drammaturghi, a cominciare dal nostro Pirandello: la realtà ha più fantasia di noi, e dunque, è inutile che artisti e scrittori stiano a torturarsi il cervello, vadano piuttosto a cogliere una buona fetta del reale, e a tale scopo il mezzo fotografico funziona in misura eccellente. Purché, beninteso, questi

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scatti non siano banali e acquiescenti, ma condotti con un senso della scoperta, perfino dell’illuminazione, cosicché la creatività, respinta dalla porta, possa rientrare dalla finestra, seppure attraverso una via mediata e indiretta. Ovvero, armati dell’apparecchio, che all’inizio si valeva ancora di responsi fotochimici su pellicola, ma che oggi ha acquisito la rapidità di presa dell’elettronica e del cellulare, gli artisti vadano a sorprendere il reale secondo pieghe, angolazioni, occasioni che certo non rientrano nei comuni propositi delle folle turistiche. Questa la svolta che Rita Tondo ha operato, e che la presente mostra attesta fedelmente. Qual è il particolare ambito in cui la Nostra è andata a esercitare un acuto senso di scoperta sul corpo immenso e inesauribile del reale? È uno spettacolo che ci avvolge, ma verso il quale l’uomo della strada resta, forse, del tutto insensibile. È quella curiosa, affascinante, arcana foresta di antenne che si innalza dai nostri edifici, da altane, attici, terrazze e così via.

Fra l’altro si dà subito in partenza una necessaria alleanza tra l’occhio della percezione creativa di portata estetica e l’occhio tecnologico. La natura, la realtà da andare a soprendere devono già essere per loro intrinseca costituzione i frutti di un matrimonio, dove cioè le sembianze “antiche” di un paesaggio ancora ottocentesco siano reinterpretate attraverso il filtro delle nuove risorse di specie tecnologica.

Alla base di tutto, insomma, deve esserci il connubio tra natura e tecnologia, il che giustifica anche che

un simile incontro si presti perfettamente al gioco delle metafore. Quelle antenne, tralicci, scudi parabolici fanno venire in mente proprio i frutti di una strana vegetazione che innalza i suoi esili, fragili filamenti verso l’alto, quasi vergognandosi dei sordidi strati di cemento che pure li partoriscono, puntando invece verso il cielo, quasi invitandoci a seguire noi stessi un simile slancio ascensionale. In fondo, si tratta quasi di una riedizione delle Ninfee di Monet, che già per conto loro giocavano sulla confusione tra i vari elementi, terra, acqua e cielo, non si capisce bene cioè, in loro presenza, dove l’uno di questi elementi cessi e dia spazio all’altro. Anche qui, l’esile protendersi della popolazione di antenne verso l’alto ci invita a contemplare l’azzurro del cielo, o il lento passaggio delle nuvole. Non solo, la vicinanza metaforica col motivo vegetale trova nuova esca dal fatto che molto spesso i gambi, i fusti, gli steli si ingrossano, “buttano” come delle gemme, appunto quando sostengono degli specchi parabolici, o del congegni di avvistamento e di registrazione. Il fatto di dover reggere queste corolle qualche volta causa perfino una dolce incurvatura delle aste, proprio come succede ai fiori in un giardino. E beninteso, come sempre avviene quando l’occhio creativo si arma di un obiettivo fotografico, può nascere tutto un gioco di sponda, vicino, lontano. Talvolta l’immagine inquadra un singolo fiore, o tralcio, o bottone talaltra invece indietreggia per registrare una selva di steli che si infittiscono, ma rimanendo pur sempre leggeri, quasi incrinando con sottili lacerazioni l’azzurra compattezza di un cielo sereno, qualche volta si mostrano dentati e aggressivi, proprio come succede, in un giardino, se ci imbattiamo in qualche gambo urticante. Come si vede, una vasta sensiblerie quasi di specie impressionista si può trasferire a vantaggio di queste esplorazioni condotte con armi tecnologiche avanzate, ma i due momenti si integrano bene a vicenda, nessuno dei due prevarica sull’altro.

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NOTIZIE ed EVENTI

Accademia In & Out

Patrizia Dal Maso In linea con la rubrica “Notizie ed eventi”, pubblicata nel primo numero del presente progetto editoriale, per il triennio 2014-15-16 si riportano, nel medesimo ordine cronologico, le informazioni sulle attività culturali dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, continuando l’opera di archiviazione degli episodi più significativi per la formazione, la valorizzazione e la promozione artistica. La rubrica “In & Out” restituisce uno spaccato dell’operosità, diventando un potenziale strumento per l’indagine storica e la ricostruzione delle performance relazionali dell’Istituzione a breve e a lungo termine. Ad oggi, i dati registrati evidenziano una particolare attenzione dedicata ai rapporti instaurati con le realtà del territorio, grazie ai quali nel corso degli anni, l’Istituzione ha ampliato gli obiettivi formativi attivando collaborazioni e convenzioni in ambito artistico e creando una rete di opportunità utile alla crescita culturale dell’utenza. In particolare, si attesta uno stretto e prolifico rapporto con le associazioni di ampio respiro, costruito sul piano della valorizzazione e promozione della produzione artistica dei talenti di nuova generazione, attraverso progetti espositivi e, ancor più, mediante l’organizzazione

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di concorsi d’arte, in taluni casi, altamente qualificati per la presenza di giurie di livello nazionale.

Opportunità che i nostri allievi hanno spesso saputo cogliere meritando i più alti riconoscimenti, dalla segnalazione di merito all’assegnazione di premi particolarmente prestigiosi. La qualità della ricerca si individua costantemente in occasione di eventi espositivi dove dimora il confronto, la riflessione sui linguaggi e sui contenuti, e qui, più che in ambito concorsuale, è riconosciuto il valore dei percorsi formativi intrapresi, dietro i quali vi è la sensibilità e la preparazione professionale dei docenti, capaci di valorizzare ogni piccolo segnale di originalità e accompagnare con discrezione lo sforzo espressivo individuale. Dall’analisi emerge anche un dato importante, proprio della formazione, relativo all’esperienza sul campo e all’applicazione del ‘saper fare’ nella realtà lavorativa. Gli allievi vengono coinvolti in progetti artistici, dove misurano le proprie capacità e competenze e, visto l’apprezzabile risposta si auspica, per il futuro, il potenziamento di questo aspetto e l’apertura del territorio verso prospettive culturali di ambito nazionale e internazionale.

2014 Concorso del "Ventaglio del Presidente", Maristella Cappelli, allieva della cattedra di Pittura di Franco Contini, firma il ventaglio assegnato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

22 gennaio - Incontro con Leo Tenneriello, autore del libro dal titolo Sorella noia fratello nulla, interviene l’artista Enzo De Giorgi, sul tema Raccontare per immagini, coordina Antonio Basile. Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

12 - 16 marzo - Mostra-laboratorio di e su il Libro d’artista I libri spezzati. La donna nella creazione di Leandro, espongono allievi della cattedra di Decorazione, coordinati da Lucia Ghionna; mostra presentata da Tommaso Ariemma. Progetto realizzato in collaborazione con l’Associazione “Ali di Pandora” e inserito nella manifestazione del Comune di Lecce “Itinerario rosa 2014”. Ex Conservatorio Sant’Anna, Lecce.

4 aprile - Conferenza con Roberto Cresti, docente di Storia dell’Arte Contemporanea e di Storia delle Arti del Novecento dell’Università di Macerata, sul tema Avanguardia e tradizione, dal Futurismo alla Storia dell’Arte.

Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

30 maggio - Gli allievi dell’Accademia di Belle Arti partecipano al Contest artistico e fotografico “MostrArti o MUSA”, promosso dal Museo Archeologico dell’Università del Salento. Premiazione delle opere più votate sul web realizzate ed esposte negli spazi all’interno del museo, alla presenza di Patrizia Dal Maso, Letizia Gaeta, Mario Lombardo e Massimo Guastella. MUSA, Lecce.

24 giugno - Scenografie, costumi e testi a cura degli allievi della cattedra di Scenografia di Dora De Siati per il saggio di danza, Novecento (curiosando tra le avanguardie di un secolo), “Art Studio Ballet” di Daniela Zlavog.

Teatro Paisiello, Lecce.

20 settembre - 16 novembre L’Accademia di Belle Arti partecipa alla IV edizione della �Biennale dei Giovani Fotografi Italiani�, promossa e organizzata dal Centro Italiano della Fotografia d’Autore (CIFA), con le opere di quattro allievi, Anna Maria Antonazzo, Antonello Rizzello, Danilo Ricciato, Delia Cagnazzo, sul tema Uguali e Diversi. Le opere, selezionate da Giuseppe Bolognini, per la sezione Scuole, sono pubblicate nel

catalogo della mostra, Riflessioni, con il contributo critico di Antonio Basile.

Bibbiena.

11 novembre - Conversazione con Lucio Giannone, ordinario di Letteratura Italiana Contemporanea dell’Università del Salento, sul tema Vittorio Bodini tra letteratura ed arte.

Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

15 novembre - VI rassegna d’arte contemporanea “Il maestro presenta l’allievo”, Premio “Ugo Guidi 2014”, Marco Maschio, allievo del corso di Tecniche del marmo e delle pietre dure di Giampiero Quarta, si classifica al II posto con l’opera Fragile essenza.

Forte dei Marmi.

2 dicembre - Premiazione dei vincitori del Concorso d’Arte “Settant’anni di lotte per i diritti” per il settantesimo anniversario della fondazione della CGIL a Lecce, l’Accademia promuove e ospita l’evento. Premiate Erica Ciurli, Stefania Trotta e Filomena D’Ambrosio, allieve della cattedra di Pittura di Franco Contini. Accademia di Belle Arti.

16 dicembre - Conversazione con Doina Ienei, coordinatrice dell’ufficio Erasmus dell’Università di Arte

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NOTIZIE ed EVENTI

Accademia In & Out

e Design di Cluj-Napoca, sul tema Interferenze tra l’informazione e comunicazione tecnologica e le arti visive. Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

17 dicembre - Conversazione con l’architetto cinese David Caowei, sul tema Pianificazione dello Stile Urbano e presentazione del suo libro dal titolo Reshape the City’s Cultural and Natural.

Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

22 dicembre - Inaugurazione del Presepe Artistico - riproduzione in scala del complesso dei Domenicani di Giovanni d’Aymo e Natività in terracotta - realizzato dagli allievi del corso di Modellistica di Luciano Calosso in collaborazione con gli allievi della cattedra di Scultura di Antonio Miglietta. Chiostro dell’ex convento dei Celestini, sede della Prefettura di Lecce.

2015 1 febbraio - Scenografie realizzate dagli allievi della cattedra di Scenografia di Enrico Picinni Leopardi per Il Barbiere di Siviglia, della compagnia teatrale “Classic Ensemble”, teatro Il Ducale, Cavallino (Le).

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25 marzo - 2 aprile - Mostralaboratorio “E tutti arriveremo”, progetto promosso dall’Accademia in collaborazione con l’associazione “Ali di Pandora” e inserito nella manifestazione del Comune di Lecce “Itinerari Rosa 2015”, partecipano allievi ed ex allievi, oltre ad artisti docenti dell’Istituzione. Ex Conservatorio Sant’Anna, Lecce.

31 marzo - Conversazione con Gianluca Briguglia, docente di Filosofia medioevale e del Rinascimento all’università di Strasburgo, sul tema Giganti, pigmei, mostri solitari e santi con la faccia di cane. Forme e immagini medievali dell'animale politico. Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

31 marzo - 8 aprile - Ecoinstallazioni “Quando il paesaggio diventa arte”, progetto promosso dalle cattedre di Decorazione in collaborazione con l’associazione “Ali di Pandora” e Parco Naturale Regionale “Bosco e Paludi di Rauccio”, selezione opere e allestimento a cura di Lucia Ghionna. Parco di Rauccio, Lecce.

14 aprile - Seminario con il regista, produttore e sceneggiatore Lorenzo Corvino del film Wax-We Are the X, con Mario Marrone montatore, Cristina Colombo direttore della

fotografia e Costanza Vitalone aiuto costumista. Troupe cinematografica presente al 16esimo Festival del Cinema Europeo, coordina Giacomo Toriano.

12 maggio - Incontro con l'associazione culturale “Artepollino”, sul tema arte e natura coordinato da Anna Maria Lifonso, premiata l’allieva Natascia Ricci con il progetto “Ascesa dal cuore della terra al cielo: terra, aria, acqua, fuoco”. Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

20 maggio - Conversazione con Antonio Cassiano, già direttore del Museo Sigismondo Castromediano di Lecce, sull'artista Vincenzo Ciardo e la pittura di paesaggio. Galleria, Accademia di Belle Arti.

21 - 24 maggio – “International Gathering of Decorative Painters”, XX edizione del Salone internazionale dei pittori decoratori. Oltre 70 artisti provenienti da 23 diverse nazioni, dopo le tappe di Londra, Parigi, Oslo, Bruges, Philadelphia, Utrecht, Chicago, Versailles, Atlanta, Amburgo, Tokyo e Seattle, organizzano workshop ed espongono i loro manufatti negli ambienti dell’Accademia di Belle Arti. Referenti dell’evento Stefano Luca e Caterina Manisco.

21 giugno - Scenografie e costumi realizzati dagli allievi della cattedra di Scenografia di Dora De Siati per il saggio di danza Sogno di una notte di mezza estate, de “Art Studio Ballet” di Daniela Zlavog. Teatro Politeama Greco, Lecce.

23 giugno - Inaugurazione del busto in bronzo realizzato da Francesco Paglialunga, allievo della cattedra di Scultura, in memoria di Paul Harris, fondatore del Rotary Club. Concorso pubblico indetto dal club leccese, distretto 2120. L’opera è attualmente collocata in uno spazio pubblico.

Lecce.

19 ottobre - 2 novembre – Gli allievi dell’Accademia partecipano al progetto “Made in Loco”, promosso dal MiBACT per la Puglia, coordinati da Cosimo Marullo, insieme all’artista Federica Ricotti, realizzano workshop, seminari e contribuiscono alla realizzazione delle opere di cartapesta ospitate in permanenza nel Museo del castello Carlo V di Lecce.

15 novembre - Primo premio dell’Accademy short film festival, sezione cortometraggi, attribuito a Gianvincenzo Piro, allievo della cattedra di Scenografia di Dora De Siati, per l’opera Mare Nostrum. Reggio Calabria

21 novembre - Selezionati i lavori di Silvia De Girolamo, Miriana Pino e Irene Sciolti della cattedra di Grafica per la IX edizione del Premio Internazionale Biennale d’Incisione “Città di Monsummano Terme”.

23 novembre - Seminario con l’artista toscano Francesco Zavattari, presente a Lecce in occasione della sua mostra, Elevata Concezione-pietra, carta, luce, inaugurata il 17 ottobre nella sede dell’ex Conservatorio Sant’Anna, patrocinata dal Comune e dall’Accademia di Belle Arti. Laboratorio di Decorazione.

14 dicembre - Mostra e performance di fine corso, dedicata ad Ipazia e le Altre, degli allievi della cattedra di Decorazione di Giuseppe Lisi e Lucia Ghionna, introduce Antonio Basile. Accademia di Belle Arti.

22 dicembre - Presepe artistico - riproduzione in scala di piazza sant’Oronzo - realizzato dagli allievi del corso di modellistica di Luciano Calosso ed esposto nel chiostro dell’ex convento dei Celestini, sede della Prefettura di Lecce. dicembre - Coordinamento editoriale, progetto e impaginazione digitale, a cura del corso di Grafica ed

Editoria d’Arte di Nunzio Fiore e Silvia Papucci, del volume AA.VV., Chiesa di San Lorenzo a Sogliano Cavour. Restauro, Storia e Immagini, Editrice Salentina, Galatina (Le).

Progetto grafico, a cura del corso di Grafica ed Editoria d’Arte, della guida Il Grande Salento, Lecce Brindisi. Valle d’Itria, a cura di Lino De Matteis, Glocal Editrice.

18 dicembre - 14 febbraio Selezionato ed esposto il lavoro Diagrammatic di Miriana Pino, allieva della cattedra di Grafica di Nunzio Fiore e Silvia Papucci, alla Prima Biennale d’Incisione, premio “Giuseppe Maestri”, sezione “giovani incisori”. Museo Civico delle Cappuccine, Bagnacavallo (Ra).

21 luglio - Concorso del “Ventaglio del Presidente”, Cristina Bortune, allieva della cattedra d’incisione di Grazia Tagliente, firma il ventaglio assegnato al presidente del Senato, Pietro Grasso.

2016 22 gennaio - Inaugurazione esposizione permanente, Rappresentazione della Giustizia nelle opere dei giovani artisti, presso il tribunale civile di

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NOTIZIE ed EVENTI

Accademia In & Out

Lecce. Opere di allievi ed ex allievi dell’Accademia, selezionate dal compianto dott. Antonio Cassiano, con il coordinamento grafico di Giuseppe Bolognini. Iniziativa promossa dal presidente del Tribunale Mario Benfatto insieme all’assessore provinciale Simona Manca.

18 gennaio - "EstempoArte", premio di pittura estemporanea organizzata dalla Pinacoteca e Museo del Fuoco, sul tema Terra del Fuoco, in mostra le opere di quattordici allievi dell’Accademia, coordinati da Cosimo Marullo. Novoli.

9 febbraio - “Un Selfie è per sempre”, esposizione di fine corso degli allievi di Tecniche d’incisione di Grazia Tagliente, catalogo della mostra a cura della tipografia Panico di Galatina e video di presentazione dell'evento. Accademia di Belle Arti. maggio - Coordinamento editoriale,

progetto e impaginazione digitale del volume Sulle orme di Madre Marina. La presenza marcellina a Lecce tra gli anni 1882/1915 e 2014/2015 a cura di Nunzio Fiore e Silvia Papucci; allestimento ed esposizione permanente, Marcelline tra ieri e oggi, a cura di Nunzio Fiore e Donatella Stamer. Istituto Marcelline di Lecce.

e filosofia dello spettacolo. Aula B3 e portico gotico, Accademia di Belle Arti.

22 marzo - Incontro con l'architetto trentino Eleonora Odorizzi, ideatrice del progetto Italian Stories, e con l’incisore e mastro cartaio Andrea De Simeis. Evento a cura della Consulta Studenti. Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

5 maggio - Seminario con Wu Xiaojiang regista teatrale e vice direttore del Theatre Director Art Council of Chinese Dramatists Association e con Fabio Tolledi, fondatore di Astragali Teatro e promotore del progetto “Le vie della Seta, residenza artistica: Astragali Teatro ospita il Teatro Nazionale di Pechino”, introduce Giacomo Toriano. Aula magna, Accademia di Belle Arti.

18 – 23 aprile - In occasione della diciassettesima edizione del Festival del Cinema Europeo l'Accademia organizza un seminario con la costumista Catia Dottori ed una esposizione dei suoi lavori dal titolo “Vestire il Cinema”, coordina Giacomo Toriano. Galleria e Aula magna, Accademia di Belle Arti.

28 aprile - Incontro e Workshop con Andrea Cosentino, attore comico della nuova drammaturgia romana e Vincenzo Sansone, esperto in Digital performance, sul tema Maschere comiche e maschere digitali. Coordina Anna Maria Monteverdi del corso di Storia dello spettacolo e Letteratura

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29 aprile - Seminario con il regista Simone Carella sul tema Conversazione e Visioni de l'Altro Teatro - Roma anni '60/'70, introduce Giacomo Toriano.

Aula magna, Accademia di Belle Arti.

14 maggio - Scene e costumi a cura di Dora De Siati con la collaborazione degli allievi della cattedra di Scenografia per l’opera Blues Blood: omaggio a Billie Holiday. Castello di Acaya, Vernole (Le).

24 maggio - Incontro con Antonio Frugis e Maria Grazia Costantino, curatori della mostra Tutorials sull’arte video e multimediale cinese, ospitata alla Fondazione “Pino Pascali”, coordina Roberto Lacarbonara. Portico gotico, Accademia di Belle Arti.

27 - 29 maggio - La sigla sindacale CGIL e Accademia di Belle Arti celebrano le “Giornate del Lavoro” con la mostra Allievi al lavoro. Il lavoro delle donne con le opere di 24 allievi. Aula Magna, Accademia di Belle Arti.

30 - 31 maggio - Workshop con il pittore leccese Ercole Pignatelli. L’artista realizza due opere, una delle quali, per donazione, andrà ad incrementare il patrimonio d’arte contemporanea dell’Istituzione. Accademia di Belle Arti.

1 giugno - Per il progetto “Archivi della Visione”, Angelo Maria Monaco intervista l'artista Ercole Pignatelli e alcuni allievi del corso di fotografia realizzano il video dell'intervista con la supervisione di Giuseppe Bolognini. Accademia di Belle Arti.

17 giugno - Workshop e Mostra Il Sentiero del Chàn, laboratorio itinerante di artisti cinesi. Focus su calligrafia e arte cinese contemporanea, presentano la mostra Cristina Calabrese e Roberto Lacarbonara. Aula magna, Accademia di Belle Arti. luglio - Documentario visivo su Tomi Janezic, regista teatrale sloveno,

docente presso AGRFT di Lubiana, ospite del progetto Mundi – crocevia Balcani, promosso dall’associazione culturale “Salvatore Calabrese”.

Riprese girate dagli allievi del corso di Storia dello spettacolo di Anna Maria Monteverdi. Campi Salentina (Le) 17 settembre - 13 novembre l’Accademia di Belle Arti partecipa alla V edizione della Biennale dei Giovani Fotografi Italiani, promossa e organizzata dal Centro Italiano della Fotografia d’Autore (CIFA), con le opere di due allieve, Antonella Rizzello e Claudia Miano sul tema Contaminazioni. Le opere, selezionate da Giuseppe Bolognini, per la sezione Scuole, sono pubblicate nel catalogo della mostra, “Riflessioni”, con il contributo critico di Roberto Lacarbonara. Bibbiena.

1 ottobre - X Concorso Internazionale di “Scultura da Vivere”, promosso dalla Fondazione Peano. Francesco Paglialunga, allievo del corso di Scultura, si classifica II con l’opera Tra(u)ma. Cuneo

20 novembre - “Premio Arte 2016”, per la sezione Grafica, si classifica tra i finalisti Gianvincenzo Piro, allievo della cattedra di Scenografia di Dora De Siati, con l’opera Giostre in guerra. Esposizione dell’opera a Palazzo Reale di Milano e pubblicazione sul numero di dicembre 2016 di “Arte”.

Piro è inserito nel “Catalogo dell’Arte Moderna. Gli artisti italiani del primo Novecento ad oggi”, Mondadori, n° 52.

10 dicembre - Presentazione del restauro del dipinto l’Adorazione dei Pastori, a cura di Rosanna Lerede del corso di Restauro e Viviana Nardò, ex allieva della Scuola di Restauro e Conservazione dell’Accademia.

Chiesa Parrocchiale di Giuggianello (Le).

20 dicembre - III edizione della mostra didattica Ipazia e le Altre.

Accademia di Belle Arti.

21 dicembre - Inaugurazione dell’opera Natività, realizzata da Antonio Miglietta e dagli allievi della cattedra di Scultura. Chiostro dell’ex convento del Celestini, sede della Prefettura di Lecce.

22 dicembre - Inaugurazione Mostra PugliArtists, progetto promosso da Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti. La mostra allestita con opere di allievi di tutti i corsi, è curata da Angelo Maria Monaco e coordinata da Cosimo Marullo, intervengono la senatrice Adriana Poli Bortone e l’ex rettore Iuav, Amerigo Restucci, catalogo con testo critico a cura di R. Lacarbonara.

Conservatorio di Sant’Anna, Lecce.

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Accademia di Belle Arti di Lecce Direttore Claudio Delli Santi

Presidente Fernando De Filippi

Quaderno 2014/15/16 Highlighting events Direction

Researchers & Writers

Claudio Delli Santi

Maria Angelastri Ester M.V.Annunziata Renato Barilli Antonio Basile Mario Benfatto Chiara Bevilacqua Luciano Calosso Patrizia Dal Maso Claudio Delli Santi Lino De Matteis Marinilde Giannandrea Roberto Lacarbonara Rosanna Lerede Anna Maria Lifonso Loredana Marulli Angelo Maria Monaco Gastone Mosci Patrizia Staffiero Giacomo Toriano

Design Editing Nunzio Fiore

Staff Editor Silvia Papucci

Layout artist Miriana Pino

Assistants Cosimo Rizzo Cardolini Federica Spagnulo

Cover N. Fiore Rana Livida - line art Festival of chinese traditional culture

ACCADEMIA di

BELLE AR TI Lecce www.accademialecce.it

La presente pubblicazione raccoglie testi e interventi dedicati all’attività didattica dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, senza alcun fine di lucro. La responsabilità degli articoli è dei rispettivi autori, che ne rispondono interamente e legalmente. I diritti di proprietà intellettuale appartengono ai rispettivi autori indicati negli articoli.

finito di stampare: ottobre 2017

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