Corriere ortofrutticolo n 04 2014 web2

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DI

ECONOMIA

ANNO XXVIII Nuova serie

Aprile 2014

La sicurezza OM STILL

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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C orriere Ortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET

PROTAGONISTI Battaglio: “All’Italia serve qualità nei fatti” PAG. 25

• ASSEMBLEA Salvi: “Dobbiamo agire in una logica di sistema PAG. 33

• IL CASO Claudio Gamberini si è dimesso da Conad PAGG. 8-35

• IV GAMMA Sembra finita la crescita a due cifre PAG. 29

• FOCUS La cipolla scopre la segmentazione dell’offerta PAG. 49

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ANNO XXVIII - NUOVA SERIE

Un utilizzo corretto e sicuro del carrello elevatore riduce i rischi di infortuni alla persone e danni alle merci, aumenta la produttività ed incrementa

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MENSILE


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E

CorriereOrtofrutticolo

✍ Lorenzo

La tempesta dopo la quiete. Cioè la fibrillazione dopo la stasi della crisi. Il presidente del Consiglio Renzi che va (udite, udite) al Vinitaly. L’ultimo premier si era visto vent’anni fa. Il Vinitaly, cioè una fiera che è diventata un brand, incaricato di realizzare e gestire il padiglione vino (2000 mq) a Expo 2015, assumendo un ruolo quasi pubblico, di rappresentanza dell’intero sistema-vino nazionale. L’ente veronese, davvero no-limits, che mette in cantiere per il 2015 un progetto di salone dell’ortofrutta vista come una speciality carica di glamour. E intanto Milano conferma per maggio 2015 – in pieno Expo - Fruitech Innovation, salone dedicato alle tecnologie post-raccolta , con forti ambizioni di crescita e internazionalizzazione, anche grazie al collegamento con Expo e alla felice collocazione logistica. In Emilia-Romagna intanto si sviluppa il dibattito sul futuro di Macfrut, sulla sua collocazione cesenate (c’è chi lo vedrebbe bene a Bologna, nuovo polo del food italiano con Fico), sul suo ruolo e mission nei prossimi anni. Insomma l’ortofrutta nel frullatore delle fiere, vecchie e nuove. L’agroalimentare salverà il Paese? Forse. L’Expo farà ripartire l’Italia? Staremo a vedere. Sicuramente non sarà, come dice Beppe Grillo, “un milione di metri quadri per fare un orto edificabile”. Però non carichiamo questo evento di eccessive attese miracolistiche . Sarà un’occasione importante, forse unica, per mostrare al mondo che l’Italia vuole uscire dall’angolo, dalle nebbie della crisi, dalla depressione economica. Però l’Italia agroalimentare dovrà darsi una mossa, fare davvero una svolta, “cambiare verso” come dice il fortunato slogan di Renzi. Oggi come oggi la filiera agroalimentare non funziona. A un recente convegno di Nomisma sono risuonate diagnosi e ricette già ripetute centinaia di volte. I numeri dicono che a causa della scarsa efficienza della filiera e della sua disorganizzazione nel giro di 10 anni l’agroalimentare ha perso quasi l’11 per cento del valore aggiunto. Semplificando, su 100 euro spesi dal consumatore, alla filiera (agricoltura,industria, commercio, Gdo, ristorazione) ne restano 3, un misero 3% di utile netto mentre il 97% va a ripagare i costi. Tutti a chiedere pertanto una filiera più integrata, che vada oltre frammentazione e duplicazioni di ruoli. L’esempio sono le mele del profondo Nord, dove il sistema funziona, ma il modello è difficile da replicare e in effetti qualche volta Trentino e Alto Adige non sembrano neppure far parte dell’Italia. Quindi? Per non fare solo chiacchiere al vento, servono buone leggi al centro e gioco di squadra fra gli attori, che sono tanti, troppi. C’è un eccesso di rappresentanza, e questo rende tutto il sistema ancor più debole. Confindustria si riorganizza e unifica le strutture di Bologna, Modena e Reggio (prima rapFrassoldati

Ap r i l e

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EDITORIALE

Sbornia da made in Italy

presentanza manifatturiera in Italia). Artigiani e commercianti si sono messi assieme in Rete Imprese Italia. Il mondo agroalimentare è ingessato, si muove con esasperante lentezza e soprattutto non basta fare comunicati e convegni, bisogna mettere in piedi progetti economici legati alle varie filiere. Pensiamo al Sud dove c’è ancora tanto, tantissimo da aggregare. Per il vino, per la nostra ortofrutta all’estero ci sono ancora enormi spazi di crescita. Ma bisogna partire dal basso, dalle imprese, dai loro problemi. E bravo il ministro Martina che da buon bergamasco concreto solleva temi magari poco eclatanti ma decisivi come l’inefficienza delle nostre dogane . Al ministro va fatta una apertura di credito, anche se paga un po’ dazio al conformismo e alle mode imperanti . Come quella sul made in Italy, sulle denuncia delle contraffazioni. Quanto vale l’italian sounding? 50-60 miliardi si dice, con calcoli un po’ approssimativi. Ma non è che denunciando la cosa si recuperano, anzi. Bisogna lavorare sugli accordi bilaterali come quello col Canada. Poi il made in Italy, ripetuto come un mantra fino all’ubriacatura : l’abbiamo già scritto tante volte, non c’è accordo neppure sulla definizione. Quel carro armato di Oscar Farinetti si è fissato con questa storia del marchio unico del nostro agroalimentare . Temiamo sarà una montagna che partorirà un topolino, che provocherà solo dibattiti sul sesso degli angeli in Italia e in Europa. Il caffè è made in Italy? Si. La pasta è made in Italy? Sii. L’olio anche , ma non sono 100% italiani. L’ortofrutta, quella sì è 100% italiana, ma non è che un bollino farà miracoli, farà vendere di più. Diverso è dire, e qui Farinetti, ha più ragione , che “dobbiamo martellare il mondo per due anni con il marchio italiano e a dirlo saranno Leonardo Da Vinci, Michelangelo, Marco Polo”. Cioè fare una promozione della “grande bellezza italiana” nei 4 continenti come traino di tutto il nostro food (e non solo). Raccontare l’italianità al mondo. Ma qui servono risorse immense. Bisognerebbe mettere insieme tutto quello che oggi spendono e spandono le regioni, i consorzi, le camere di commercio, e chi più ne ha più ne metta. Renzi promette che “una parte di spending review riguarderà anche l’agricoltura attraverso una riorganizzazione”. Ha capito che qui c’è tanto da tagliare. Auguri, su questo siamo tutti col premier.

PUNTASPILLI CHE AFFARONE! Pomodori a grappolo, pomodorini, insalatari : dalla Gran Bretagna, alla Polonia al Benelux aumentano i consumi di prodotto locale, grazie alla crescente produzione interna. Gli esportatori del sud Europa rimangono sempre più a bocca asciutta: però è un bell’affare per noi il km zero! *

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Pietro Barbieri Chiara Brandi

MENSILE DI E AT T U A L I T À

ECONOMIA DI SETTORE

ANNO XXVIII - Nuova serie A P R I L E

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Corriere

T H E F I R S T ITALIAN

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Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale: Antonio Felice Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: segreteria@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 66 euro per due anni: 100 euro e-mail: abbonamenti@corriereortofrutticolo.it

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Profilo Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio organizzato. Il Corriere Ortofrutticolo è un formidabile, unico e specializzato strumento di raccordo e di informazione per l’intero settore. È presente a fiere in Italia e all’estero dove è diffuso a indirizzi specializzati di oltre 30 nazioni.

Expo 2015 e fiera italiana

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RUBRICHE

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www.corriereortofrutticolo.it

PAG.25

A Sirmione il vertice mondiale sul pomodoro da industria

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EDITORIALE Sbornia da made in Italy

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Almaverde Bio cresce del 30% e investe di più all’estero

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CONTROEDITORIALE Gamberini e la patata bollente

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Falso km zero nel Padovano: comperavano anche dall’estero

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Sant’Orsola riparte tagliando i costi e riducendo il debito

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IL BAROMETRO Nel primo bimestre consumi ancora in calo. Si salvano i discount. Inizio d’anno positivo per l’export: +10% in quantità, +5 in valore

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Fusione tra CCPB e IMC: nasce il numero uno della certificazione su bio e sostenibilità

GENTE & FATTI Chiquita vicino al dettaglio con la formula negozi Chiq

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FEDAGRO NEWS Difficoltà al CAAT? No, ridotto il debito costi sotto controllo e introiti in aumento 39

Ortofrutta Italia: 4 nuovi comitati

12

Portogallo Paese partner di Fruit Logistica 2015

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D’Amico all’AIIPA IV Gamma

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Dubini nuovo ad di Sogemi Spa

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Fedagri-Conf:conferma per Mercuri

13

Pink Lady piace ai bambini. E l’ufficio per l’Europa “pesca” il responsabile marketing dalla Walt Disney

13

Brescia, allarme insoluti

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Genova, conti in ordine e trasparenza con i clienti

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Orari e logistica: due temi da affrontare 40 VARIETÀ & MERCATO Un incrocio tra prugna e albicocca alla base del progetto Metis

15

Pomodori italiani in Germania solo al 5% delle importazioni

15

Le potenzialità di mercato del Far East esplorate da una missione del CSO 15 Con Terremerse, Apofruit lancia la stagione delle fusioni e punta sulle alleanze strategiche

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Coordinamento tra Italia, Spagna e Francia sulla futura OCM

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ATTUALITÀ Primo Piano - Expo 2015 e Fiere Ortofrutta in ordine sparso

NOTIZIARIO Agrintesa e Alegra entrate in Brio per fare sistema nelbiologico

Diffusione 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Grossisti 29%, Dettaglianti 23% Produttori 22%, Supermercati 9% Import-export 6,5%, Servizi 5% Tecnologie e Trasformati 2,5% Altri 3%

Battaglio, qualità nei fatti

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L’ELENCO DEGLI APO CONERPO APOFRUIT - SOLARELLI APO SCALIGERA ASSOSEMENTI CHERRY PASSION DEL PRETE FEDAGRO FENIX HORTEC IFCO

pagina 42 pagina 2 pagina 28 pagina 46 pagina 32 copertina I copertina I pagina 51 pagina 44 pagina 53

Ap r i l e

2014


ITALIAN

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Ortofrutticolo

M O N T H LY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET

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www.corriereortofrutticolo.it è il quotidiano on line nato dall’esperienza del più affermato mensile specializzato di settore www.corriereortofrutticolo.it ti tiene costantemente aggiornato sulla campagna produttiva e commerciale della frutta con notizie, interviste, dati www.corriereortofrutticolo.it aspetta i Tuoi commenti alle news del giorno Corriere Ortofrutticolo è anche su facebook:

IV gamma, il boom è finito

PAG.29

Primo Piano - Expo 2015 e Fiere Cercasi regista disperatamente Primo Piano - Expo 2015 e Fiere 2015, può essere l’anno dello tsunami Copertina - Protagonisti Il futuro? La qualità nei fatti

Il richiamo di Salvi

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Boom finito per la IV gamma

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Cercando la leadership perduta Il richiamo di Salvi: fare sistema

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Pezzo neo-presidente in Veneto

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Bollente o ribollita? La patata finto-italiana

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Preoccupa la pera italiana Senza innovazione non c’è futuro

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MONDO

www.facebook.com/corriere.ortofrutticolo

NEL PROSSIMO NUMERO

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PAG.33

☛ Insegna della Gdo e Dettagliante,

due rubriche ad hoc Sul prossimo numero riflettori su Famila, con visite ai reparti ortofrutta e interviste ai responsabili. La rubrica sul dettagliante ortofrutticolo proporrà un fruttivendolo tra i più noti di Verona. Queste due rubriche sono proposte in tutti i numeri del Corriere Ortofrutticolo 2014 per approfondire il legame dell’ortofrutta con piccola e grande distribuzione.

☛ Focus su fragole e ciliegie Mentre scriviamo la campagna delle fragole nel Sud d’Italia è praticamente finita mentre sta entrando nel vivo quella della fragola dell’Italia del Nord. Faremo il punto della situazione. La campagna delle ciliegie, parliamo delle primizie al Nord, è partita bene con prezzi all’ingrosso anche di 5 euro al chilo. I prodotti primaverili si confermano per essere in grado di dare qualche soddisfazione ai produttori.

☛ Fiere

Mela batte arancia sui mercati mondiali 41 Polonia primo esporatore

41

Il numero di maggio conterrà un report sul Medfel di Perpignan. L’edizione 2014 va dal 13 al 15 maggio.

☛ Focus sulle tecnologie di lavorazione

Lidl e Aldi alla conquista di Londra inarrestabile l’ascesa dei discount

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Anecoop primo esportatore mondiale

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Nuove regole per l’import nella UE, il Marocco protesta

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Mondo flash: Russia, Spagna, Perù, Nuova Zelanda, Cile, India, Kenya

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L’Italia si mantiene tra le prime nazioni al mondo per le tecnologie dedicate all’ortofrutta. Nella filiera questo è un elemento strategico che tuttavia andrebbe meglio valorizzato in una logica di sistema.

SCHEDA PRODOTTO

INSERZIONISTI ILPA-ILIP INFIA LA COSTIERA LUSIA E ROSOLINA OM STILL RIJK ZWAAN ROSARIA SGM GENOVA VALFRUTTA FRESCO VIP Ap r i l e

2014

pagina 31 pagina 26 pagina 17 pagina 18 copertinaIV pagina 9 pagina 10 copertina I pagina 14 copertina II

CIPOLLA

La cipolla non fa più piangere grazie alle nuove confezioni 49

POMODORI

Competitor esteri più organizzati Il settore in Italia tiene 51 www.corriereortofrutticolo.it

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Controeditoriale

CorriereOrtofrutticolo

Gamberini e la patata bollente ✍ Antonio

Quando il 7 maggio ho letto la notizia che, per primi, avevamo pubblicato sul sito, stentavo a crederci e mi sono emozionato; ero sinceramente dispiaciuto. Claudio Gamberini: dimissioni irrevocabili da Conad. Una "cosa ininmaginabile" come l'ha definita lui, ma necessaria "per liberare Conad dalle chiacchiere e ritrovare la serenità". In un'Italia in cui non si dimette mai nessuno, a partire dall'alto, dai presidenti del consiglio e dai ministri, Claudio Gamberini è stato un signore ancora una volta. Se qualcuno cercava un capro espiatorio per placare le acque della 'patata bollente', ecco era stato trovato e senza pregarlo troppo. Vent'anni e più dentro l'ortofrutta italiana, da intenditore vero, caso poi non tanto comune tra i buyer e i direttori commerciali della grande distribuzione nazionale. Andando a visitare i reparti ortofrutta dei punti vendita Conad la sua mano, la sua sensibilità per il settore si vedeva, eccome. Parlando con lui questa sensazione aumentava. Eppoi era affabile, cordiale, disponibile a discutere, a rispondere in modo sensato anche alle domande più strampalate di giornalisti catapultati in questo settore come per caso. Non vogliamo fare un soffietto a Gamberini, che non ci ha mai dato nulla oltre alle notizie, ma vogliamo dimostrargli, qui, per una volta, la nostra comprensione e solidarietà. Questo numero del Corriere Ortofrutticolo era già in ritardo per una serie infinita di 'ponti', poi di influenze che avevano colpito la redazione. Abbiamo allungato di due giorni il ritardo, dopo averci pensato un po', per inserire queste righe. Il giornalismo non è un sistema freddo di trasmissione delle notizie, è un'elaborazione continua, non priva di coinvolgimenti anche emozionali. Poi bisogna discernere, certo, e noi cerFelice

chiamo sempre di farlo, ma non ci pare che questo sia il caso di farlo con quell'accanimento che lasciamo volentieri ad altri e che non auspichiamo mai. La mission di un buon gionalismo di settore è di essere al servizio del settore stesso, con notizie utili, commenti in cui non si ha paura di prendere posizione, come spesso fa il nostro direttore Lorenzo Frassoldati, al fine di dare stimoli di crescita. Questo non significa nascondere le marachelle o, peggio, veri e propri delitti, che anche noi dobbiamo assolutamente denunciare, nel caso avvengano, proprio per il bene del settore per il quale operiamo da giornalisti. Lavoriamo da troppo tempo in questo settore per non sapere che chi è avvezzo alle marachelle passa sopra a tutto e niente lo scuote, mentre per chi non ci è avvezzo, per chi usa normalmente il metro dell'onestà, lo choc di una campagna denigratoria anche per un piccolo caso è enorme ed è tale da togliere il sonno. Gamberini, è stato uno dei Protagonisti del Corriere Ortofrutticolo nel 2012 e restiamo convinti di non aver sbagliato nel sceglierlo. Venendo al caso delle patate francesi fatte passare a quanto pare - per italiane, il caso è assolutamente realistico, presentato male, ma realistico. In Italia entrano ogni giorno tonnellate di prodotto dall'estero che, passato il confine, diventa italiano. Ricordando una battuta di Orson Wells in un celebre film: "E' la stampa bellezza", potremmo dire: "E' il commercio bellezza". Ovvero: se un'azienda di meloni o angurie resta senza prodotto e un grande cliente con il quale ha un programma di conferimenti glielo chiede, l'azienda che fa: perde il cliente o si guarda attorno? E lo stesso potrebbe capitare per i kiwi (che so, kiwi greco che diventa italiano) e in tanti altri casi. Nell'evoluzione del settore, questo problema, che è un tema serio, andrebbe affrontato a viso aperto.

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Nel primo bimestre consumi ancora in calo. Si salvano i discount Inizio d’anno positivo per l’export: +10% in quantità, +5 in valore Per ora l’anno nuovo non inverte la dinamica negativa delle vendite alimentari, che nel primo bimestre del 2014 registrano un calo dello 0,7 per cento (-1 per cento solo a febbraio). Significa che le famiglie continuano con la 'spending review' sulla tavola, comprando solo l’essenziale in un caso su due e facendo incetta di sconti e promozioni. Lo rilevano i dati Istat sul commercio al dettaglio. Il 77 per cento degli italiani sta facendo economia e al supermercato cerca di risparmiare in tutti i modi: tra gennaio e febbraio sono praticamente raddoppiati gli acquisti di cibo e bevande in offerta speciale rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il prezzo è diventato il fattore più importante nella scelta dell’esercizio commerciale per il 58 per cento dei consumatori, mettendo in secondo piano fattori come l'ampiezza della scelta o la qualità, mentre solo il 23 per cento delle persone considera la marca decisiva per l’acquisto. Tutte abitudini di spesa che si riflettono sull’andamento delle vendite alimentari nelle varie tipologie distributive: nei primi due mesi dell’anno continuano a correre solo le cattedrali della spesa 'low-cost', i discount, che segnano un incremento degli scontrini del 2,9 per cento. Supermercati e ipermercati perdono rispettivamente lo 0,7 per cento e lo 0,1 per cento tra gennaio e febbraio, e ancora peggio va ai piccoli negozi di quartiere che lasciano per strada il 2,6 per cento. Dell'andamento generale dei consumi risente anche l'ortofrutta, non in Italia ma in tutta Europa. Secondo il Monitor dei consumi di Freshfel, l'organizzazione europea della filiera ortofrutticola, datato 28 aprile, il consumo pro-capite giornaliero di ortofrutta del cittadino europeo è sceso dell'8,7% dal 2007 attestandosi a meno di 287 grammi in media, ben al di sotto dei 400 grammi minimi raccomandati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Cala soprattutto il consumo di frutta mentre il consumo di ortaggi è maggiore di quello della frutta ma anch'esso in calo. Un dato recente arriva dalla Spagna. Secondo il ministero dell'Agricoltura di Madrid, nel 2013 il consumo di ortofrutta in Spagna è stato di 8,6 milioni di chili, segnando un -0,4% rispetto al 2012. Il consumo di frutta è sceso di un -2,2%, con 4,6 milioni di chili

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in totale, ma quello degli ortaggi è salito di un +1,8% a 2,9 milioni di chili. Analizzando i dati per prodotto, si notano forti variazioni, con una diminuzione del consumo di mele (-7,2%), mandarini (- 8,6%), pere (-14%), meloni (-3%) e cocomeri (-0,1%). Invece aumentano i consumi per ciliegie (+18%), fragole (+4,9%) e uva (+4,2%). Relativamente agli ortaggi, aumentano i consumi di fagiolini (+8,3%), zucchine (+5,6 %), cipolle (+4,1%), peperoni (+1%) e pomodori (+0,7%). Le spese per frutta e verdura delle famiglie spagnole sono state pari a 11,9 milioni di euro, con un +4,4% rispetto al 2012. Le spese per la frutta sono cresciute del 3,6% e quelle della verdura dell'1,7%. Il consumo di cibo delle famiglie aumenta del 2,4% (69,2 milioni di euro), mentre il consumo fuori casa scende del 3,1% (32 milioni di euro). Il totale delle spese alimentari è di 101,2 milioni di euro, con un +0,6% rispetto al 2012. Conclusione: la crisi morde in Spagna di meno che in Italia. Ma torniamo al nostro Paese dove invece sono abbastanza confortanti i più recenti dati sull'export ortofrutticolo. Per gennaio 2014 FruitImprese segnala un incremento dei flussi e del valore dei nostri prodotti. Saldo a 141 milioni di euro con un incremento dell’1,6% rispetto a gennaio 2013. Complessivamente nel mese di gennaio l’Italia ha esportato circa 340 mila tonnellate (+10%) per un valore di 375 milioni di euro (+5%). In aumento i volumi esportati di agrumi (0,9%), ortaggi (6,7%), frutta fresca (14,3%) e frutta secca (34,6%). In valore segno positivo per tutti i comparti ad eccezione degli agrumi.

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FATTI

GENTE

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CorriereOrtofruttIcolo

Chiquita vicina al dettaglio con la formula negozi Chiq Chic? No, Chiq. Ma la parentela tra le due parole è stretta: tre lettere su quattro identiche e sono le prime tre. Complimenti a Chiquita per questa 'trovata' con cui il colosso delle banane - assolutamente numero 1 sul mercato italiano - ha battezzato una rete di punti vendita in cui è possibile trovare la frutta Chiquita e partecipare ad iniziative promozionali pensate appositamente per i negozianti ed i supermercati aderenti e i loro clienti. I ‘Negozi CHIQ' sono stati lanciati da Chiquita domenica 27 aprile con una campagna pubblicitaria pianificata sulle principali emittenti nazionali (fra cui i canali delle reti Mediaset, Rai, La 7 e Sky), oltre che sui più importanti settimanali e mensili della carta stampata. Lo spot è in onda fino a metà maggio ed è il secondo step di un articolato programma iniziato a fine marzo con l'invio a oltre 1.300 dettaglianti di tutta la penisola di materiali promozionali per l'allestimento dei loro punti vendita. Vetrofanie, rotair e banane gonfiabili attraverso cui segnalare ai clienti l'appartenenza al circuito dei ‘negozi CHIQ' e la disponibilità di prodotti Chiquita sui loro scaffali. L'operazione ha

segnato il ritorno in TV della celebre Miss Chiquita in versione cartoon. Nel filmato da 15 secondi l'icona più famosa dell'ortofrutta, dopo un malaugurato incontro con una banana senza bollino blu, spiega ai telespettatori che le banane non sono tutte uguali, e che conviene non accontentarsi della prima banana che si trova, ma cercare quelle 10 e Lode nei negozi più CHIQ. Dopo la fase di lancio, il club dei ‘Negozi CHIQ' verrà ulteriormente sviluppato, per rendere sempre più capillare la rete dei negozi aderenti. Tutti i dettaglianti ed i supermercati interessati ad entrarne a far parte, possono scaricare, compilare e rispedire il modulo di adesione disponibile online all'indirizzo: www.chiquita.it/it/chiquita_club _80

Ortofrutta Italia: 4 nuovi comitati Via libera a quattro nuovi comitati di prodotto per l’organismo interprofessionale Ortofrutta Italia: aglio, fragola, melone e pomodoro da mensa. I quattro gruppi sono stati costituiti il 23 aprile al ministero delle Politiche agricole. Nell’incontro sono stati inoltre nominati i coordinatori dei quattro comitati. Per l’aglio è stato eletto Francesco Rastelli, presidente della Copap e di FedagriConfcooperative di Piacenza; per la fragola Francesco Nicodemo, presidente dell’op Assofruit e general manger di Nicofruit, in rappresentanza anche di Italia Ortofrutta; per il melone Ettore Cagna, presidente di Agricola Don Camillo e rappresentante di Fruitimprese; per il pomodoro da mensa Roberto Piazza, direttore di Fedegromercati Acmo Bologna. Con questi nuovi inserimenti sono 15 i comitati di prodotto inseriti all’interno dell’Oi. Nell’occasione l’Ismea ha presentato i dati relativi a produzione, import/export e consumi dei quattro prodotti.

Portogallo Paese partner di Fruit Logistica 2015 Il Portogallo sarà il Paese partner dell'edizione 2015 di Fruit Logistica, che si svolgerà a Berlino dal 4 al 6 febbraio dell'anno prossimo. Christian Goke, amministratore delegato di Messe Berlin, ha dichiarato: "Il Portogallo offre tutto l'anno una vasta gamma di frutta e ortaggi a cui si uniscono tassi di crescita annuali nell'export con una media dell'8% negli ultimi tre anni. Questo sta a significare che nel mondo si sta sempre più scoprendo la grande qualità dell'ortofrutta portoghese". Secondo i dati di Portugal Fresh, l'associazione esportatori di ortofrutta e fiori, il Paese della penisola iberica nell'ul-

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timo triennio ha aumentato le proprie esportazioni del 26%, passando da 780 milioni di euro del 2010 ai 983 milioni di euro del 2013. Lo scorso anno il Portogallo ha prodotto ortofrutta per un valore 2,6 miliardi di euro. I Paesi UE sono i principali destinatari dell'ortofrutta portoghese, seguiti da Sudamerica e Medio Oriente.

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GENTE

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Dubini nuovo ad di Sogemi Spa

Fedagri-Conf: conferma per Mercuri

Gianfranco D'Amico (nella foto), amministratore delegato di Bonduelle Italia, è stato nominato presidente di AIIPA IV Gamma, Gruppo attivo all'interno dell'Associazione di settore Prodotti Vegetali di AIIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari) per rappresentare le imprese che operano nel settore e producono frutta e verdura fresche, lavate, confezionate e pronte al consumo. D'Amico succede a Umberto Galassini, precedente amministratore delegato di Bonduelle Italia, che ha ricoperto la carica ai vertici di AIIPA IV Gamma nell'ultimo biennio. Gianfranco D'Amico, 44 anni, vanta una considerevole esperienza nel settore alimentare, provenendo da Danone Italia.

Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia nell’ambito del rinnovo delle cariche di Sogemi spa, la società che gestisce l’ortomercato meneghino, partecipata dal Comune per oltre il 99%, ha designato come amministratore unico Nicolò Dubini (nella foto), ex ad di Pirelli Ambiente e fondatore di Harebell. Per il collegio sindacale è stato scelto Samuele Cammilleri come presidente. A Cammilleri si aggiungono Monica Rossana Bellini e Danilo Roncaglia come membri effettivi. Costantino Rancati e Giuditta Vanara saranno i supplenti. In base al regolamento all’ormai ex presidente Luigi Predeval non poteva essere rinnovato il mandato avendo già ricoperto l’incarico per due mandati consecutivi.

Giorgio Mercuri (nella foto) è stato riconfermato per acclamazione presidente di Fedagri-Confcooperative dall’assemblea elettiva dei soci svoltasi il 10 aprile a Roma, che ha visto la partecipazione di oltre 300 cooperatori in rappresentanza delle 3.400 cooperative aderenti. Già vicepresidente della Fedagri dal 2010, Mercuri ne aveva assunto la presidenza lo scorso ottobre su nomina del Consiglio Nazionale, in sostituzione di Maurizio Gardini, passato alla guida di Confcooperative. Mercuri, 50 anni, imprenditore ortofrutticolo, è presidente della cooperativa Giardinetto di Orsara di Puglia (Foggia), vice presidente della APO Foggia e presidente dell’unione provinciale di Confcooperative Foggia.

FATTI

D’Amico all’AIIPA IV Gamma

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Pink Lady piace ai bambini. E l’ufficio per l’Europa “pesca” il responsabile marketing dalla Walt Disney Secondo uno studio condotto dalla società francese Interprofessional Technical Center for Fruits and Vegetables (CTIFL), i bambini preferiscono le mele Pink Lady rispetto alle altre varietà. Lo studio, condotto dal 2011 a oggi, ha indagato le preferenze di 540 bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni, residenti a Parigi, Lione e Bordeaux. Forse è anche per questo che Loïc Sidot è entrato nel team Pink Lady® Europe come trade marketing manager. Loïc ha iniziato la propria carriera nel gruppo Walt Disney - Buena Vista Home Entertainment – come capo settore e poi come direttore commerciale regio-

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nale. Responsabile dei grandi clienti (Carrefour, Micromania, Auchan, Fnac) presso la Virgin Interactive, quindi responsabile della clientela nazionale per la Francia, il Belgio e la Svizzera con Lansay, ha proseguito la sua attività nel settore Entertainment entrando nella Warner Bros Home Video. Loïc vi ha ricoperto successivamente i ruoli di responsabile dei clienti più importanti (Carrefour, Leclerc, Virgin), responsabile dello sviluppo, key account executive manager e infine direttore commerciale e trade marketing per la Francia e il Benelux dal 2007. Loïc succede a Jean-Louis Colombat.

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Agrintesa, colosso produttivo dell’ortofrutta italiana, e Alegra, società commerciale partner della grande distribuzione, annunciano il loro ingresso, assieme alla cooperativa La Primavera, nell’assetto societario di Brio SpA, protagonista in Italia e all’estero nella vendita dei prodotti alimentari da agricoltura biologica. Aggregarsi per essere sempre più presenti nel mercato globale dell’ortofrutta bio: è questo il significato della sinergia produttiva e commerciale che unisce dal 28 aprile queste società di grande rilievo nel panorama agroalimentare italiano.

Pomodori italiani in Germania solo al 5% delle importazioni

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Ai tedeschi piacciono i pomodori. Lo scorso anno ogni cittadino tedesco ha consumato circa 5,5 chili di pomodori freschi, più di qualsiasi altro tipo di verdura. Nel 2013 sono state raccolte in Germania 69 mila di tonnellate di pomodori. Le più grandi aree per la coltivazione di pomodori si trovano in Baden-Württemberg, Baviera, Bacino del Reno e Vestfalia. L'Italia con forniture pari a 36 mila di tonnellate e una quota sulle importazioni del 4,9% nel 2013 è stato il quinto fornitore sul mercato tedesco e ha fatto registrare un aumento del 15% rispetto al 2012. Ben più consistenti le quote di mercato di Spagna e Olanda, forti anche quelle della Turchia. Eppure: lo affermano anche i tedeschi, i pomodori italiani sono spesso i più saporiti. A marzo nel mercato tedesco si è registrato un calo dei prezzi per molte varietà di ortaggi. Ap r i l e

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Le potenzialità di mercato del Far East esplorate da una missione del CSO Si è conclusa il 17 marzo la missione commerciale organizzata da CSO nell'ambito delle attività di internazionalizzazione per promuovere l'export di ortofrutta e di tecnologie e packaging Made in Italy nel territorio asiatico. La delegazione CSO, composta da Apofruit, Alegra, Frutta C2, MAAP, Unitec, Infia, Macfrut, ha fatto tappa in tre Paesi: Singapore, Malesia, Vietnam. Durante la missione stati visitati i principali importatori, i produttori, le catene dalla grande distribuzione, le associazioni di categoria, gli esportatori e i mercati ortofrutticoli. Notevole l'interesse degli operatori asiatici incontrati nel corso della missione - sottolineano gli organizzatori - soprattutto per quanto riguarda kiwi, mele, susine e uva da tavola, oltre ad una grande attenzione verso le nostre tecnologie e il packaging, settori della filiera italiana riconosciuti anche in Asia per la grande qualità ed affidabilità. Le potenzialità dei tre paesi asiatici sono notevoli per la nostra ortofrutta; Singapore è molto interessante per il nostro export considerando che il Paese importa il 95% dell’ortofrutta da Malesia, Cina, Thailandia e Usa. Potenzialità in Malesia anche per il settore tecnologia e packaging italiani. Questo Paese sta registrando crescite a doppia cifra sul fronte della produzione ortofrutticola di alta qualità. L’interesse per il Vietnam della nostra filiera è invece duplice. Il Paese è un forte esportatore di frutta (pomelo, Rambutan, Ananas, dragon fruit) e quindi esistono buone opportunità per la nostra filiera tecnologica, ma allo stesso tempo potrebbe diventare un importante mercato di sbocco pe kiwi, mele, arance, pere, uva. "La missione - ha dichiarato Federico Milanese, responsabile Internazionalizzazione del CSO - ha evidenziato enormi potenzialità per la nostra ortofrutta e una buona propensione degli operatori verso le nostre tecnologie e le nostre produzioni. Abbiamo stretto contatti interessanti che auspichiamo possano dare risultati concreti nel breve periodo". La delegazione ha visitato il FHA Show di Singapore, fiera biennale alimentare alla quale partecipavano anche alcuni importanti importatori locali. Durante la fiera le aziende italiane hanno avuto la possibilità di incontrare anche l'associazione degli importatori/esportatori di Singapore. Il consumo di ortofrutta annuale medio per abitante a Singapore (città di 5,8 milioni di abitanti) si attesta sugli 85 kg. In Vietnam è stato visitato il mercato di Ho Chi Min. Esteso su un'area totale di 20 ettari, il mercato movimenta una media di 20 tonnellate in entrata ogni giorno. Mercato statale, con 13 mila stand; ogni stand ha dimensioni di 4x3 metri. Il ruolo del mercato all'ingrosso risulta ancora molto importante, in quanto gran parte della produzione e delle importazioni arriva qui. Un grossista ha mostrato alla delegazione kiwi di provenienza italiana. Nella foto: Federico Milanese (Cso), Giancarlo Daniele (Mercato Padova), quarto da sinistra e Luca Montanari (Unitec), quinto da sinistra

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NOTIZIARIO

Agrintesa e Alegra entrano in Brio per fare sistema nel biologico

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Notiziario

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Con Terremerse, Apofruit lascia la stagione delle fusioni e punta sulle alleanze strategiche Si è tenuto a metà aprile a Faenza l’incontro organizzato da Terremerse e Apofruit dal titolo 'Opportunità per l’ortofrutta del territorio'. Un momento importante che ha richiamato l’interesse di molti produttori della zona. I contenuti dell’accordo sono stati presentati con chiarezza dal direttore generale di Apofruit Renzo Piraccicini. I principali punti dell’intesa sono sei: la politica di marca vista come elemento tattico ma soprattutto strategico; la segmentazione dell'offerta per posizionare al meglio il prodotto nel canale commerciale di riferimento; l'innovazione varietale, per offrire al consumatore un prodotto di qualità; il biologico, anch’esso visto come scelta strategica; lo sviluppo dell'export, in particolare verso i nuovi mercati asiatici e i paesi del Golfo Persico; i servizi logistici forniti da Fruit Services Coop. Circa i termini dell’accordo per il comparto ortofrutticolo è prevista l'adesione di Terremerse a Mediterraneo Group, la realizzazione di sinergie commerciali sull'export e sui prodotti a marchio, l’introduzione di acquisti centralizzati dei materiali di confezionamento e dei servizi connessi, oltre che l'adozione di un modello comune di gestione dei magazzini uniformando i sistemi informatici e il controllo dei costi. Inoltre, per quanto riguarda i kiwi e i prodotti biologici le modalità di conferimento e campionatura, i tempi di acconto e le liquidazioni saranno gli stessi per entrambe le Cooperative. Al contrario, per tutte le altre produzioni, compresi i prodotti ad uso industriale, le procedure di gestione (conferimento, acconto e pagamento) saranno gradualmente armonizzate, anche se ogni cooperativa manterrà la propria identità e dunque un rapporto

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distinto con i propri soci. Infine, se da una parte i soci di Terremerse avranno libero accesso alle novità vegetali a diffusione regolamentata che vedono Apofruit come partner distributore, dall’altra i soci della cooperativa cesenate con produzioni nel faentino avranno la possibilità di conferire i propri prodotti presso lo stabilimento Terremerse gestito da Fruit Service Coop. In sintesi, ha concluso Renzo Piraccini, “Apofruit e Terremerse rimangono due entità distinte dal punto di vista societario ma fortemente integrate per quel che riguarda i rapporti con il mercato e verso i fornitori”. Gilberto Minguzzi, amministratore delegato di Terremerse, ha definito l’accordo tra le due cooperative come “un’esperienza abbastanza originale ma avviata a dare buoni frutti”. “Abbiamo finalizzato lo stabilimento di Fruit Service Coop a Faenza a centro di raccolta per i conferimenti dei nostri soci e di quelli di Apofruit della zona. Qua svolgeremo la lavorazione del nostro kiwi e in piccola parte di quello di Apofruit. Abbiamo costituito, assieme a nove produttori della zona, una nuova cooperativa, il cui lavoro si rivolgerà soprattutto a quella parte di imprenditoria agricola che preferisce gestire la collocazione sul mercato dei propri prodotti in modo autonomo”. Fruit Service Coop offrirà la possibilità di usufruire di personale qualificato, strutture, celle frigorifere, impianti di lavorazione efficienti con tariffe di servizio competitive. Tra i principali servizi offerti ci sono il ritiro della frutta, la campionatura, la refrigerazione e lo stoccaggio in cella, la conservazione, la calibratura, il confezionamento (in cestini, padelle, vassoi o rinfusa), il carico e la spedizione”. (c.b.)

Coordinamento tra Italia, Spagna e Francia sulla futura OCM “Siamo soddisfatti per aver visto i tre principali Paesi produttori ortofrutticoli europei (riuniti il 20 aprile a Roma per il loro summit annuale, n.d.r.), fortemente coesi nel ribadire la loro contrarierà, nella futura riforma dell’Ocm Ortofrutta, ad ogni ipotesi di riduzione dell’attuale sostegno comunitario ai Paesi mediterranei”. Lo ha dichiarato Davide Vernocchi (nella foto), a nome dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari – Settore ortofrutticolo, a margine della riunione plenaria del Gruppo Misto Ortofrutta (Francia, Spagna, Italia). “Altra questione strategica che è stata oggetto di discussione – ha continuato Vernocchi – è stata la questione dei fitosanitari. È stato deciso di attivare un coordinamento dei tre principali Paesi produttori per la prevenzione e gestione delle emergenze fitosanitarie. Negli ultimi anni, alla luce dei cambiamenti climatici e delle restrizioni al numero dei principi attivi utilizzabili imposti dalla UE, sono esplose diverse emergenze fitosanitarie - ricordiamo il colpo di fuoco batterico del pero, la batteriosi del kiwi, i nematodi, il moscerino della frutta, la conservazione di drupacee e pomacee e altri - che rendono assolutamente indispensabile l’avvio di uno stretto coordinamento e di una migliore armonizzazione delle decisioni tra i tre Paesi”.

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L’Italia è il secondo produttore mondiale di pomodoro industriale, preceduta dalla California, ma la posizione viene insidiata dalla Cina. L’Italia ha prodotto infatti 4 milioni di tonnellate di pomodoro da trasformare nel 2013, mentre la Cina circa 3,8 milioni, con un trend di rapida crescita lascia che lascia prevedere che nel 2014 possa ritornare a superare (dopo un periodo di declino) la quota di 5 milioni. In questo modo il Paese asiatico supererebbe le previsioni di produzione dell’Italia (il primato della California è irraggiungibile, con i suoi 12,2 milioni di prodotto attesi). Nella classifica mondiale dei principali produttori seguo-

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no: Turchia, Spagna, Iran, Brasile e Portogallo. Le prospettive di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del pomodoro da industria a livello globale saranno discusse nel corso del Congresso Mondiale del Pomodoro, che si terrà a Sirmione (sul lago di Garda) dall’8 all’11 giugno prossimi, a cui parteciperanno tutti i principali key-player del mercato nazionale ed internazionale. Il congresso, che si sviluppa sul tema “Dalla terra alla tavola: un impegno comune per il futuro dei prodotti trasformati a base pomodoro”, è organizzato da AMITOM, Association Méditerranéenne Internationale de la Tomate e dal World Processing Tomato Council che presenteranno, grazie ad un modello previsionale unico basato sui dati reali della filiera, i dati di consumo mondiale del pomodoro da industria previsti nei prossimi anni.

Cosa avverrà nei prossimi anni? Equilibrio di mercato o è ipotizzabile una carenza di prodotto trasformato? Quale scenario si prospetta per l’Italia? Quali saranno i nuovi consumatori del futuro e come consumeranno? Sono questi alcuni dei temi portati all’attenzione degli oltre 500 operatori che saranno presenti al congresso, temi che accanto agli interventi di primari operatori di India, Russia, Brasile e Iran – i nuovi mercati di sbocco – consentiranno di delineare i futuri assetti di mercato e le politiche di valorizzazione e commercializzazione del prodotto. La grande distribuzione organizzata nazionale e internazionale per la prima volta in occasione del Congresso si confronterà con l’industria. Il congresso è ospitato dall’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari (AIIPA) e Fedagri Confcooperative, con la collaborazione di ANICAV.

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NOTIZIARIO

A Sirmione il vertice mondiale sul pomodoro da industria

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Notiziario Almaverde Bio cresce del 30% e investe di più all’estero Cresce, ora anche all'estero, Almaverde Bio, il marchio, gestito dall'omonima società consortile, nato nel 2000. "Oggi - dichiara il direttore Paolo Pari (nella foto) abbiamo raggiunto un fatturato alla vendita di quasi 60 milioni di euro, con un incremento del +6,2% medio annuo. Il nostro percorso è partito dall'ortofrutta e da una gamma di prodotti di base a cui si è aggiunta, in primis, la carne, che ha dato un impulso importantissimo alle vendite; successivamente - prosegue Pari si sono aggregati altri importanti segmenti merceologici fino a raggiungere la nostra attuale disponibilità di oltre 400 referenze a marchio. Una gamma unica in

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Italia, frutto di una cultura del prodotto con una forte propensione all'innovazione. Inoltre la recente introduzione, nella gamma Almaverde Bio, di prodotti a base di proteine vegetali ha registrato un grandissimo interesse". Abbiamo raggiunto - continua Pari - una notorietà ed una reputazione molto elevate sul mercato nazionale che consolideremo ulteriormente, negli anni a venire, ma vogliamo oltrepassare i confini italiani con il nostro marchio, perché abbiamo segnali positivi da diversi Paesi della UE. Nel 2013 il fatturato dell'export Almaverde Bio è aumentato del 30% sul 2012. Ed è su queste potenzialità che investiremo le nostre energie nei prossimi mesi".

Falso km zero nel Padovano: comperavano anche dall’estero Acquistavano frutta e verdura di seconda categoria all’ingrosso per poi spacciarli come propri e rivenderli come prodotti a chilometri zero, anche se buona parte dell’ortofrutta proveniva da altre regioni italiane e addirittura dall’estero. È accaduto agli inizi di aprile a Padova, dove quattro piccoli agricoltori sono finiti nel registro degli indagati con l’accusa di frode in commercio a conclusione di un’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Sergio Dini e affidata al Corpo Forestale. Nel mirino degli investigatori sono finiti i mercatini di Padova (piazza De Gasperi), Vigodarzere, Cadoneghe e Cittadella. I presunti

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Sant’Orsola riparte tagliando i costi e riducendo il debito Sant’Orsola si ristruttura e chiude in attivo il bilancio 2013, con un utile superiore a 130 mila euro, certificato dagli organi competenti della Federazione Trentina della Cooperazione. Il fatturato è stato pari a 48,1 milioni di euro, in leggero calo rispetto al 2012, i costi della produzione sono diminuiti in maniera sostanziale, con risparmi superiori ai 5 milioni di euro. I dati sono stati forniti a inizio aprile in occasione dell'assemblea generale degli oltre 1.000 soci che fanno parte della cooperativa trentina, tra i leader in Italia nella produzione e vendita di piccoli frutti, fragole e ciliegie tardive. “Questa riduzione così importante” riferisce il presidente Silvio Bertoldi, “è frutto di una attenta ed oculata politica di gestione dei costi, della rinegoziazione di contratti e servizi, di una riorganizzazione efficace dell'azienda”. I debiti totali sono calati di oltre 6 milioni di euro. Migliorati anche i tempi medi di incasso, che sono passati da 61 a 41 giorni. “La ristrutturazione della Sant’Orsola” prosegue Bertoldi “è avvenuta senza gravare sui bilanci delle singole aziende agricole, cuore e motore della società”. Ap r i l e

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Fusione tra CCPB e IMC: nasce il numero uno della certificazione su bio e sostenibilità Un organismo di certificazione forte non solo nel panorama nazionale: 50 dipendenti, 100 ispettori, una forte impronta nel Mediterraneo (con 5 filiali in cinque diversi Paesi), a sostegno di un made in Italy certificato e quindi garantito anche sui mercati internazionali. Una fusione strategica quella ufficializzata il 10 aprile a Milano tra CCPB e IMC, realizzata allo scopo di ottimizzare e sviluppare asset e competenze. È la prima volta che in Italia due società di tale importanza decidono di unire le proprie forze per garantire la tutela di tutti i sistemi produttivi che credono nell'attività di ispezione e certificazione come elemento di qualificazione dei propri servizi e prodotti. La partnership tra i due organismi di certificazione era iniziata più di 10 anni fa sviluppando sinergie e condividendo strategie prevalentemente nel settore dell'agroalimentare biologico. Ora insieme creano un nuovo player destinato a giocare un ruolo di primo piano in un campo in evoluzione dinamica. Fondato nel 1995, IMC (Istituto Mediterraneo di Certificazione) è un’azienda privata in possesso di autorizzazioni pubbliche e di accreditamenti internazionali per lo svolgimento di attività di certificazione per i settori dell’agricoltura, dell’agro-alimentare, della ristorazione, del turismo e delle denominazioni di origine dei vini di qualità, nata dall'esperienza della Associazione Marchigiana Agricoltura Biologica (AMAB). CCPB srl è invece un organismo di ispezione e certificazione fondato nel 1988 da un gruppo di aziende operanti nei settori della produzione, della trasformazione e della distribuzione di prodotti agricoli e alimentari ottenuti con il metodo dell’agricoltu-

ra biologica, con lo scopo di fornire le migliori garanzie ai consumatori e al mercato; l'attività di certificazione oggi riguarda anche prodotti ‘no food’ ottenuti nell'ambito della produzione biologica e in quella eco-compatibile, comparti in cui CCPB è attivo quali il settore del tessile, della cosmesi, della detergenza e in quello delle aree verdi coltivate con metodi biologici. La nuova realtà – denominata semplicemente CCPB – si impone da subito come il primo organismo di certificazione italiano nel settore biologico per fatturato, in termini di prodotti certificati, ma anche per dimensioni e importanza delle aziende certificate, con un'ampia gamma di servizi incentrati sulla sostenibilità. Nell'orbita del nuovo CCPB rientrano circa 9000 aziende certificate, 80% delle quali certificate per il solo settore biologico; a fronte di tali numeri, si stima che circa un terzo del fatturato complessivo del comparto biologico italiano verrà certificato dal nuovo CCPB. Sul fronte internazionale, CCPB è autorizzato e accreditato per certificare prodotti bio nell'Unione Europea (in conformità al regolamento CE 834/2007) e per offrire alle aziende agroalimentari la certificazione necessaria per esportare in Usa, Giappone, Canada, Svizzera, Brasile, Corea e tutti i più importanti mercati internazionali. È inoltre un organismo riconosciuto dalla Commissione UE a certificare in equivalenza al Reg CE 834/2007 prodotti biologici per i principali Paesi del Mediterraneo, di Asia e dell'America Latina. Il nuovo CCPB assumerà il ruolo di capogruppo delle 5 società di certificazione IMC sparse nel Mediterraneo.

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“furbetti” vendevano ortaggi, tra cui insalate, zucchine, carote e patate, e frutta, tra cui mele, spacciandoli per propri. L’ortofrutta invece veniva acquistata al MAAP (Mercato agroalimentare di Padova) e rivenduta facendo credere ai clienti che quella merce fosse stata coltivata nella zona. In realtà, hanno scoperto gli inquirenti, quei prodotti provenivano da altre province del Veneto e da altre regioni come Toscana e Puglia. Le patate importate dalla Francia.

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Macfrut punta su Mediterraneo e Balcani con la benedizione del ministro Martina Dopo i positivi risultati registrati nel 2013, con 24.800 visitatori certificati ed espositori provenienti da ben 35 Paesi, Macfrut prepara la sua prossima edizione in programma dal 24 al 26 di settembre. Prima parola chiave sarà anche quest’anno l’internazionalizzazione, fattore di successo delle precedenti edizioni, alla quale la manifestazione intende puntare con ancora più decisione. Forte di una crescita a due cifre nelle presenze straniere sia a livello di espositori che di visitatori: i primi in incremento del 20% rispetto al 2012, i secondi in crescita del 15%, tanto da sfiorare le 6.000 unità certificate, Macfrut si avvia ad un lavoro selettivo, che si concentra sia in direzione del bacino del Mediterraneo che dei Balcani, aree strategiche sia per le produzioni della Vecchia Europa che per le sue tecnologie. Basti pensare che mentre si crede che i Paesi dell’Africa Mediterranea costituiscano un pericolo per i prodotti ortofrutticoli continentali, in realtà negli ultimi dieci anni le esportazioni di ortofrutta italiane verso queste destinazioni sono costantemente cresciute, tanto da decuplicare e sopravanzare oggi l’import. Parimenti, esaminando la domanda potenziale di tecnologie per l’ortofrutta in queste aree, si evidenziano opportunità fra le più elevate nello scenario internazionale, per di più a distanze contenute per i produttori continentali, soprattutto per le problematiche di assistenza e manutenzione, tanto da poter considerare queste aree home market. Un’offerta mirata ad alto valore aggiunto per offrire un prodotto fieristico che mantenga connotati unici

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nello scenario del settore. Una fiera di filiera, dove i visitatori possano trovare tutti gli elementi utili a costruire business solidi nel mercato globale. Dalle sementi, in cui Macfrut vanta una rappresentanza espositiva di livello internazionale e, ogni anno, tante novità sia nel settore orticolo che in quello frutticolo, per passare alle tecniche colturali e di difesa, dove spiccano i giganti multinazionali accanto alle eccellenze di nicchia specializzate nella lotta biologica, per arrivare alle tecnologie nella lavorazione e nella conservazione dei prodotti, dove la rassegna cesenate può contare sul più importante distretto specializzato nelle applicazioni per l’ortofrutta al mondo. Innovazione tecnologica, quindi, come secondo elemento strategico distintivo di Macfrut, su cui la rassegna cesenate spicca nello scenario internazionale grazie, in primis, ad un programma convegnistico senza pari che lo scorso anno ha visto 23 iniziative che hanno coinvolto oltre 3.000 partecipanti. Gli 820 espositori nello scorso anno, in crescita del 2% rispetto all’edizione precedente, coinvolti in oltre 480 incontri B2B organizzati

con le delegazioni straniere sono la testimonianza del ruolo che la rassegna cesenate svolge nell’area di business. Macfrut intende quindi consolidarsi come manifestazione di riferimento per il sistema ortofrutticolo internazionale, collocata nel Paese più rappresentativo del comparto ortofrutticolo a livello globale sia per dimensione produttiva che per gamma di prodotti. Che l’Italia meriti e necessiti di una Fiera di riferimento nel settore e che Macfrut vesta questo ruolo è stato di recente sottolineato anche dal Ministro alle Politiche Agricole Martina che, in visita a Cesena, ha evidenziato come la fiera cesenate dell'ortofrutta sia "un pilastro della nostra capacità di "raccontare" l'Italia nel mondo e di sviluppare rapporti commerciali”. A questo proposito, poi, Martina, ha sottolineato che "bisogna capire come poter costruire un progetto ancora più unitario e strategico", considerando che l'Italia può contare su "cinquesei grandi fiere di comparto. Però, intanto, è importante che queste fiere ci siano, quindi meno male che c'è Macfrut!".

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PRIMO PIANO

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Ortofrutta in ordine sparso Lorenzo Frassoldati Duemila a zero. Duemila metri quadrati per il vino all’interno del padiglione Italia alla prossima Expo 2015 contro zero metri quadri per l’ortofrutta, secondo campione dell’export tricolore subito dopo il vino, che finirà verosimilmente in uno ‘spezzatino’ di presenze, confusa e sminuzzata all’interno delle varie iniziative, eventi e spazi organizzati dalle Regioni, dalle organizzazioni agricole, dalle catene distributive, dai vari paesi partecipanti, ecc. Il confronto è davvero umiliante per l’ortofrutta, però ad oggi (siamo al 28 aprile) questa è la situazione. Una piccola soddisfazione almeno c’è: la mascotte dell’evento – che si chiamerà Foody – ha il volto formato da 11 prodotti ortofrutticoli provenienti da tutto il mondo (aglio, anguria, arancia, banana, fico, mais blu, mango, mela, melograno, pera e ravanelli), un po’ come faceva il pittore milanese Arcimboldo a fine ‘500 con le sue teste composte. La soddisfazione però finisce qui. Perché di quello che sarà e di quello che farà il sistema ortofrutta Italia all’Expo milanese al momento nulla si sa. “Sono in corso contatti”, è la risposta più frequente che si sente in giro. Tutto si sa inAp r i l e

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Mentre per il settore vinicolo la presenza al grande evento milanese è già organizzata, il settore ortofrutticolo rischia di mettere in piazza le proprie divisioni

vece del vino che avrà l’onore di un intero padiglione all’interno del padiglione Italia, come da protocollo d’intesa firmato qualche giorno fa dal ministero coi commissari di Expo (Giuseppe Sala) e del padiglione Italia (Diana Bracco). Con la novità, annunciata al Vinitaly, del salone veronese come organizzatore e gestore del padiglione vino. Il protocollo firmato dal ministero (che avrà anche messo sul piatto un contributo, sulla cui entità non è dato sapere) ha l’obiettivo di rappresentare “le filiere agroalimentari e di garantire al visitatore un’esperienza integrata dell’agricoltura e dell’agroalimentare Italiano”. Si prevede “la realizzazione di progetti con finalità

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Manca meno di un anno all’appuntamento mondiale

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educative e di intrattenimento in grado di coinvolgere il più ampio numero di strutture associative agricole, industriali e cooperativistiche”. Quindi accanto al padiglione dell’esperienza vitivinicola italiana, ci sarà quello della rappresentazione delle filiere agroalimentari, spazi per le startup agricole, un master per 100 giovani neolaureati, e infine il progetto “Promozione del Made in Italy”, cioè eventi dedicati alla promozione delle produzioni nazionali di qualità (DOP), del biologico, di un marchio identificativo della produzione nazionale. Tutte cose di sommo interesse per l’ortofrutta e su cui le imprese del comparto sicuramente hanno qualcosa da raccontare e www.corriereortofrutticolo.it

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EXPO 2015 E FIERE DI SETTORE

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Cercasi regista disperatamente di Claudio Scalise * Come suol dirsi: se non fosse tragico, ci sarebbe proprio da ridere! Leggendo la stampa di settore ed ascoltando i vari rumors, assistiamo ad un dibattito a dir poco kafkiano. Da un lato, gli operatori dell’ortofrutta sembrano chiamati, per l’ennesima volta, ad una disputa sul futuro del Macfrut e sulle possibili alternative per avere finalmente una fiera “degna” di rappresentare il sistema ortofrutticolo italiano a livello internazionale. Dall’altra registriamo un rilancio di attenzione sull’agroalimentare che, a partire dall’Expo 2015, si declina su progetti di indubbia grandeur. La “fabbrica contadina” (Fico) di Bologna, l’idea del nuovo marchio di identificazione del Made in Italy all’estero, l’ancora più recente progetto di “Campo Libero” promosso dal nuovo ministro Martina per mettere a punto con il coinvolgimento degli addetti ai lavori un progetto di rilancio complessivo del nostro sistema agroalimentare. Idee e progetti di rilancio del food made in Italy che trovano proprio nell’Expo il proprio fulcro. Proviamo a mettere in fila un po’ le cose. Risulta del tutto evidente come l’Expo 2015 - per il numero di paesi aderenti e per il numero di visitatori qualificati (leggi operatori del canale retail, dell’Horeca, della stampa specializzata) oltre che dei consumatori e dei media generalisti – diventerà la vetrina per presentare il meglio delle nostre produzioni al mondo intero. Sarebbe dunque abbastanza scontato pensare che il settore ortofrutticolo, che ha nel 2013 esportato per oltre 4 miliardi di euro e che nell’internazionalizzazione dei mercati ha una delle chiavi strategiche del futuro, trovasse in questo evento l’oc-

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casione per proiettarsi sui nuovi mercati mondiali. Per sei lunghi mesi si potrebbe alternare il meglio della nostra produzione seguendo la stagionalità: bio, integrata, dop-igp ecc. Si potrebbero rappresentare i diversi territori-distretti produttivi e le filiere delle specie con cui pensiamo di aggredire i mercati lontani. Si potrebbero valorizzare le imprese singole ed associate che si incaricherebbero di farle arrivare sulle tavole dei consumatori. Si potrebbero comunicare le valenze in termini di sicurezza alimentare delle nostre produzioni garantite dalle nostre norme e sistemi di controllo tra i più restrittivi al mondo. Si potrebbero presentare i sistemi di lavorazione, condizionamento e confezionamento per cui siamo leader nel mondo. Invece, come emerge dal dibattito aperto dal direttore Frassoldati su Corriere.It, il nostro sistema non pare trovare la forza per essere presente in modo adeguato e coordinato alla manifestazione. Come al solito non si trova il “regista”. Eppure, non più tardi di alcuni giorni fa, ci è stato comunicato che sarà il Vinitaly a rappresentare e gestire il comparto del vino alla prossima Expo. Allora, scusate, ma a me sorge spontanea una domanda. Ma se invece di azzuffarci per stabilire se sia più rappresentativa la Fiera di Cesena, se conviene spostarla a Bologna o inventarne una nuova a Verona, perché non viene in mente a qualche ente fieristico di organizzare il padiglione dell’ortofrutta italiana all’Expo di Milano? A mio modesto parere sarebbe una bella legittimazione anche per candidarsi come organizzatore di manifestazioni fieristiche internazionali dell’ortofrutta. *SG Marketing Agroalimentare Srl

rappresentare in una vetrina mondiale – aperta per 6 mesi – con oltre 150 paesi già partecipanti. La campana è suonata da tempo ma dal mondo dell’ortofrutta si fa finta di non sentire. Non c’è un tavolo da qualche parte dove gli attori di questo sistema possono ragionare assieme del “che fare”? Servono budget economici importanti, quindi bisogna unire le forze. C’è qualche ‘cavaliere bianco’ che sta lavorando dietro le quinte per questo obiettivo? Con due editoriali su corriereortofrutticolo.it il 12 e il 13 marzo scorso abbiamo rotto il silenzio sulla vicenda, evocando appunto il rischio spezzatino. Abbiamo sollecitato reazioni da parte dei protagonisti del settore, ricevendo in risposta quasi sempre imbarazzati silenzi. “Si vede che a questo mondo va bene così”, ci ha detto un importante manager del settore mele. Solo Domenico Scarpellini e Paolo Bruni si sono esposti. Il primo per dirci che “Macfrut sta lavorando per Expo 2015. Dopo vari incontri a livello governativo-regionale Macfrut organizzerà nella prossima edizione di settembre 2014 un evento sul tema “Nutrizione e Salute”, con la presentazione di un pacchetto di proposte rivolte alle delegazioni estere ed ai clienti esteri degli espositori al fine di partecipare sia alla visita Expo 2015 ed ai relativi convegni. Vi sarà inoltre un ulteriore evento all’edizione di Macfrut 2015 in collegamento con l’Expo”. Il presidente del Cso, Bruni, affermando che “sicuramente l’Expo è una grande occasione nella quale i vari protagonisti dell’ortofrutta italiana dovrebbero trovare una sintesi capace di rappresentare l’enorme potenzialità di un settore che per valori economici, occupazione ed export è tra i più significativi del made in Italy”. Naturalmente ringraziamo gli amici Scarpellini e Bruni per i loro contributi. Scarpellini sta lavorando ad un evento di collegamento tra Macfrut ed Expo, rivolto principalmente ai Ap r i l e

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2015, può essere l’anno dello tsunami Bologna, Verona e Milano si propongono come alternativa a Cesena per essere la vetrina del made in Italy ortofrutticolo. Le categorie stanno alla finestra Antonio Felice Aprile è stato il mese più movimentato degli ultimi anni sul fronte delle fiere per l'ortofrutta. Un turbinio di parole, prese di posizione, dichiarazioni d'intenti. Restano due punti. Il primo è che lo scenario 2014 resta stabile attorno a Cesena e al suo Macfrut, che ha attribuito alla società Agroter di Roberto Della Casa compiti ancora più ampi per rispondere alle esigenze di un potenziamento sul fronte, soprattutto, dell'internazionalizzazione, rivolta in particolare al Mediterraneo e ai Balcani. Il secondo punto è che risulta quantomai vivace e incerto lo scenario 2015, forse soprattutto per la concomitanza con l'Expo di Milano (1 maggio - 31 ottobre), ma anche per il decollo, a settembre, di Fico (Fabbrica Italiana Contadina, vetrina permanente dell'agro-alimentare italiano) a Bologna. Possiamo aggiungere che la notizia di un aumento del 25% degli espositori alla Fruit Attraction di

Madrid del prossimo ottobre ha dato ancora più forza ad un interrogativo latente da qualche anno: il sistema Italia ha una fiera che lo rappresenti o tale rappresentazione va irrimediabilmente in scena a Berlino? A fine marzo il Resto del Carlino ha aperto un dibattito sul sistema fieristico dell'Emilia Romagna partendo dalla tesi che il polo regionale delle fiere dell'agroalimentare dovesse diventare Bologna, ciò anche per creare sinergie con il progetto Fico. L'ipotesi che a un certo punto è stata ventilata è di portare nella città felsinea anche il Macfrut di Cesena e persino il Cibus di Parma. In questo modo, si creerebbe un vero e proprio polo del cibo e dell’agroalimentare italiano, che trarrebbe benefici anche dall’Expo di Milano. Ipotesi respinta da Cesena e da Parma, con risolutezza, ma sostenuta, nonostante questo, a Bologna. Da Valentino Di Pisa, per esempio, vice nazionale di Fedagromercati e consigliere del CAAB: "Bologna ha tut-

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visitatori e alle delegazioni estere del salone cesenate. Bruni conferma che ci “vorrebbe” una sintesi che al momento – pare di capire – non c’è. Intanto sul tema fiereExpo ci sono da segnalare due novità: il salone Fruitech Innovation in programma a Milano dal 18 al 23 maggio 2015 e la (annunciata) prima edizione di una iniziativa veronese per i primi di maggio sempre del 2015. Entrambe punteranno ad un collegamento con Expo, pare di capire, con l’evento milanese in prima linea perché gioca “in casa”. Il rischio di una frantumazione dell’immagine del settore ortofrutta fra le varie iniziative, eventi e spazi organizzati dalle Regioni, organizzazioni agricole, catene distributive, paesi partecipanti è per il momento più che mai concreto. D’altronde la frammentazione è il male oscuro del mondo agricolo italiano, tant’è che a Expo Coldiretti andrà per conto proprio mentre Agrinsieme (CIA, Confagricoltura più Aci-Alleanza cooperative) prima per bocca del vicepresidente CIA Cinzia Pagni ha detto che va evitata “la frammentazione tra categorie, territori e produzioni, puntando sull’innovazione e sulla prospettiva internazionale del settore”. Poi però il neopresidente CIA, Scanavino, ha parlato di spazi distinti per Confagricoltura, CIA e mondo della cooperazione, “ma tutti legati da un filo comune che si chiama Agrinsieme”. Quindi ognuno per sé e Agrinsieme per tutti. Questo per quanto riguarda le organizzazioni agricole, ma il comparto ortofrutta in quanto tale coi suoi 4 miliardi di export che farà? La domanda resta priva di risposta a pochi mesi da Expo. La mancanza di un sistema paese dell’ortofrutta, di un tavolo, di una cabina di regia dove mettere a punto strategie comuni ancora una volta ci farà perdere un’occasione unica davanti al mondo? Qual è il male oscuro che impedisce al mondo ortofrutticolo di rappresentare tutte le sue enormi potenzialità socio-economiche?

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Domenico Scarpellini di Macfrut e Giovanni Mantovani di Veronafiere

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Ottavio Guala presidente Fedagromercati, Valentino Di Pisa di CAAB Bologna e Francesco Cera direttore del MAAP

te le carte per diventare realmente il polo fieristico del food non solo dell’Emilia Romagna ma dell'Italia. I campanilismi non pagano, ormai è il tempo di unire le forze per creare un’unica grande realtà davvero competitiva”. Questa presa di posizione, è stata seguita da quella del direttore generale del Mercato Agroalimentare di Padova (MAAP) Francesco Cera, che è stata tema di dibattito in varie sedi a livello nazionale: "La fiera di Cesena deve essere aggiornata e credo sia giunto il tempo di dare un respiro davvero internazionale e non locale alla Fiera dell'ortofrutta italiana. Cesena non è né Bologna né Milano né Roma né Verona e non mi dilungo su quanto sia per lo meno imbarazzante il confronto di localizzazione e di servizi e strutture che offrono, invece, fiere come Fruit Logistica a Berlino o Fruit Attraction a Madrid. E' necessario un cambio di passo che ci metta nelle condizioni di confrontarci con i nostri principali Paesi competitors. E qui, credo, sta il punto vero, il nocciolo della questione: una fiera davvero nazionale, davvero rappresentativa del sistema ortofrutticolo italiano o viene gestita dalle Associazioni e dalle categorie più rappresentative del settore oppure la sua gestione va demandata ad un coordinamento nazionale dei Ministeri del commercio e dell'agricoltura oppure ancora un mix dei due". www.corriereortofrutticolo.it

Passano pochi giorni e il 9 di aprile, in coda al Vinitaly, Veronafiere espone una prima bozza di un suo progetto di fiera dell’ortofrutta condiviso con la società emiliana NCX Drahorad. Vengono anticipate a un ristretto numero di invitati (Luca Granata di Melinda, Salvo Laudani di Oranfrizer, Nicola Giuliano dell’omonima azienda pugliese, Luca Mari del CSO, Sergio Fessia, responsabile acquisti ortofrutta di Eataly per il Nord Italia, il presidente di Veronamercato Erminia Perbellini con il direttore Paolo Merci) le date: 5-7 maggio 2015. E viene speso un nome sul quale, il giorno dopo, viene avviato un ripensamento. Il concept della manifestazione si dovrebbe racchiudere in due parole: glamour e horeca. A Cesena, a Bologna e altrove si registra l'iniziativa ma non emergono posizioni ufficiali. Il dibattito sulla fiera italiana dell'ortofrutta sembra però ad un punto di non ritorno. Anche a Milano si mette sul tavolo l'argomento, anche perché, in fin dei conti, l'Expo è milanese. Il 15 aprile, sul sito di Fedagro, ripreso poi da tutta l'informazione di settore, esce allo scoperto Ottavio Guala, il presidente dell'associazione nazionale dei grossisti: "Primo punto - sottolinea Guala è riconoscere a Macfrut ciò che è di Macfrut: il merito di avere dato all’Italia e di aver tenuto viva per lunghi anni, grazie alla competenza e al lavoro eccellente del

suo presidente Domenico Scarpellini, l'unica fiera italiana di settore, un patrimonio prezioso, da valorizzare. Secondo punto: partire dalle esigenze degli operatori, italiani e internazionali, coinvolti nella filiera dell’ortofrutta, per trovare una motivazione forte a dare nuove risposte. Va preso atto che la vetrina internazionale del made in Italy è diventata negli anni Berlino. Occorre analizzare come e perché, con quale valore aggiunto, con quale riduzione dei costi per le nostre aziende, tale vetrina potrebbe spostarsi in una sede italiana”. "In altre parole - precisa Guala ci sono due elementi principali da tenere in considerazione: le esigenze dell’offerta della produzione italiana di eccellenza da presentare al mondo, da una parte, e la capacità di attirare in Italia, nei giorni della rassegna fieristica, la filiera mondiale dell’ortofrutta. Se non si trova una sintesi nazionale attorno a questi due elementi, è meglio lasciare le cose come stanno”. Su queste parole, che fanno un po' la sintesi delle precedenti puntate, Milano discute, Verona riflette, Cesena stringe i denti e lavora alla fiera di settembre giocando il tutto per tutto, Bologna, sorniona, aspetta le mosse altrui per ripartire in contropiede. Le associazioni di categaria sono molto prudenti. Ma l’Expo 2015 determinerà probabilmente uno scenario nuovo. Niente, sarà come prima. Ap r i l e

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LUCA BATTAGLIO. Parla il presidente del gruppo torinese

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Il futuro? La qualità nei fatti Antonio Felice Tanti fornitori (nessuna multinazionale), tanti clienti (nessuno in posizione prevalente), logistica curata nel dettaglio e rapida. La formula Battaglio - quelli citati sono alcuni degli ingredienti ha permesso al gruppo guidato da Luca e Siro Battaglio di diventare in pochi anni tra le realtà più efficienti dell’ortofrutta italiana e tra i primi quattro importatori nazionali, comprendendo nel rank la multinazionale Chiquita. Il 2014 è, per l’azienda torinese, un anno di svolta. A settembre si inaugura infatti il nuovo magazzino di Roma, che permetterà alla Battaglio, uscendo dal ’nido’ piemontese, di spiccare il volo nel Centro e Sud Italia con una presenza più incisiva. Uscendo da una gavetta lunga e importante, Luca Battaglio tiene il timone del gruppo, con un giro d’affari intorno ai 170 milioni di euro, con sicurezza e questo laAp r i l e

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La sede della Battaglio Spa, appena fuori dal Centro Agro-Alimentare di Torino. Sopra, Luca Battaglio. A pag. 27, la futura sede di Roma

Intervista alla vigilia dell’inaugurazione della piattaforma di Roma. “Con i costi che abbiamo in Italia, non ci sono alternative: dobbiamo fare una produzione di eccellenza”

scia prevedere che questa realtà è nelle condizioni di avere un futuro ancora più interessante del suo passato e del suo presente. Abbiamo intervistato Luca Battaglia negli uffici torinesi del gruppo. Ecco domande e risposte. Quando parlo con un importatore di successo, penso all’ortofrutta italiana e mi chiedo se avrà un futuro. Le giro la domanda. www.corriereortofrutticolo.it

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“L’Italia deve assolutamente rimanere un Paese produttivo. E per questo non servono parole ma fatti. Bisognerebbe mettere da parte un po’ d’individualismo tipicamente italiano per darsi un’organizzazione e degli obiettivi comuni pur nel rispetto della tradizione italiana e delle caratteristiche proprie del nostro Paese. Tutto il sistema, dalla produzione alla distribuzione, dovrebbe europeizzarsi un po’ di più. Ci vede deboli nella competizione internazionale l’eccessiva frantumazione. La Spagna ha la fortuna di avere produzioni più concentrate in determinate aree e anche la gestione può essere di conseguenza più efficiente. Non parliamo poi della Francia, che per la frutta ha una zona produttiva nel sud, nel Lionese. Noi abbiamo produzioni in molte zone anche molto lontane tra loro. Ma non dobbiamo dimenticare che questo ci permette una diversifica-

sa del genere nell'ortofrutta”.

zione varietale molto ricca. Questo elemento è stato alla base di una storia nell’ortofrutta che non ha nessuno. Fino a trent'anni fa la nostra leadership in Europa era indiscutibile. Ora la sfida è tornare protagonisti in un tempo completamente cambiato. Il futuro dell’ortofrutta italiana io lo vedo nell’eccellenza, nel far diventare la produzione una produzione di eccellenza. Con i costi che abbiamo, non ci sono alternative. Se i francesi hanno lo Champagne noi dovremmo avere qualco-

Nel presente del settore in Italia, quali fattori trova problematici? “Sicuramente la scarsa efficienza logistica. Pesa molto. L’Italia è svantaggiata dalla sua stessa conformazione, ma non solo. Non siamo competitivi al punto che conviene sbarcare il prodotto d’importazione nei grandi ed efficienti porti del Nordeuropa piuttosto che nei numerosi porti mediterranei, dove anche i noli sono più alti. Siamo penalizzati anche nei trasporti terrestri. Dopo la logistica, un secondo fattore negativo è l’alto costo del lavoro, della manodopera. La soluzione non è avere per forza costi più bassi ma trovare il punto di equilibrio tra qualità e competitività ovvero tra qualità e quantità”. Come vive i rapporti con la gdo italiana? “In Italia la gdo pesa sempre di

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Come sono organizzate le vostre importazioni? “Importiamo da cinque Paesi: Costarica, Colombia, Ecuador, Messico e Repubblica Dominicana, se il discorso si ferma alle banane e agli ananas. E siamo attenti anche alle produzioni biologiche e fairtrade. Abbiamo molti fornitori e, tra essi, nessuna multinazionale. Credo sia un caso unico, almeno tra gli importatori italiani. Avere molti fornitori significa gestire una logistica complessa ma, alla fine, l’assortimento ha caratteristiche in grado di soddisfare una clientela diversificata nell’intero arco dell’anno. Gli agrumi vengono importati da Argentina, Sudafrica ma anche dalla Spagna. Ci riforniamo di kiwi, pere, frutta con nocciolo da Argentina e Cile”. L’attività del gruppo Battaglio nell’export si limita alle esportazioni della società argentina Cosur. Dove esporta la Cosur? “Per il 30% rifornisce la capogruppo, per il 70% esporta principalmente in Brasile e Russia”. Il mercato russo è diventato un proAp r i l e

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CHI È LUCA BATTAGLIO Luca Battaglio appartiene a una dinastia dell’ortofrutta. Il nonno era un piccolo commerciante dell’Albese, in provincia di Cuneo. Fu il padre, alla fine degli anni 60 ad approdare a Torino aprendo un posteggio al CAAT in società con altri. Dal 1972 il padre Giovanni Battaglio dà il via all’espansione dell’azienda, che gestisce fino all’inizio degli anni 90 quando gli subentrano appunto Luca, il primogenito, oggi presidente del gruppo, e gli altri due figli Siro, oggi direttore commerciale e Marco, che conduce nel Ferrarese un’azienda che produce pere e albicocche. Luca ricorda gli anni 90 come anni di duro lavoro, nei quali la terza generazione dei Battaglio si è fatta le ossa. Dal 1994 i Battaglio si sono specializzati nelle importazioni e nella distribuzione aprendo un proprio magazzino fuori dal Mercato di Torino, in zona Interporto. Alla metà degli anni 90 Luca è il capofila di un’alleanza con gli Orsero di Albenga in una società chiamata Battital, partecipata al 70% dai Battaglio e al 30% dalla Fruttital. Luca ricorda quegli anni così: “Raffaello Orsero è stato per me, come per tanti, un maestro nella professione”. Nel 2009 i due gruppi si sono divisi e Luca commenta: “La scissione ci ha stimolato”. Così, nel 2010 la Battaglio inizia un’importazione diretta, soprattutto di banane, basata su una logistica veloce e su una molteplicità di fornitori. Caso unico in Italia, il gruppo è slegato totalmente dalle multinazionali. Luca Battaglio e Siro insieme sono stati protagonisti di questa evoluzione che ha portato il gruppo ad essere uno dei protagonisti dell’ortofrutta italiana. Tra le sue cariche, quella di presidente della commissione import di FruitImprese. IL GRUPPO Il gruppo Battaglio commercializza circa 160 mila tonnellate di ortofrutta muovendo un fatturato, i riferimenti sono al 2013, intorno ai 170 milioni di euro. Fanno parte del gruppo la Battaglio Spa, con sede a Torino, specializzata nell’import; il Consorzio Geagri di Massafra nel Metapontino, specializzato in clementine, arance, albicocche e uva da tavola; l’azienda argentina Cosur che esporta in diversi Paesi, Russia compresa. Infine, parte importante del gruppo è la Società Agricola Don Camillo, di cui la Battaglio è socia con il gruppo Cagna e Benelli, tra le realtà più forti in Italia nei meloni e nelle mini-angurie. La Battaglio Spa seleziona, importa e distribuisce in Italia un vasto assortimento di frutta e gestisce da sola oltre 125 mila tonnellate, per il 35% banane e per il 10% circa ananas. La Cosur esporta ogni anno 12 mila tonnellate dalla valle argentina del Rio Negro. Il Consorzio Geagri riunisce oltre 100 produttori localizzati in Puglia, Basilicata e Calabria. La Don Camillo coltiva mille ettari di terreno, producendo circa 44 mila tonnellate di meloni e angurie. Il gruppo si prepara all’apertura del nuovo magazzino di Roma. www.corriereortofrutticolo.it

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più ma non come in altri Paesi. Per noi della Battaglio copre l’80% del fatturato. Stiamo molto attenti ad avere una clientela diversificata, non è sempre facile, ma alla fine ciò garantisce maggiore stabilità e maggiori stimoli. L’Italia ha un suo dna anche nella distribuzione. Una caratteristica tutta italiana è la presenza di tante catene regionali, cosa che non esiste in Gran Bretagna e Germania”.

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gnerà per i prossimi anni, perché avremo la possibilità di gestire maggiori volumi. E dovremo cambiare il modo di pensare all’azienda. E’ un passo strategico. Abbiamo sempre pensato che dovevamo essere solidi e strutturati. Anche Roma dovrà essere assorbita da questa logica”.

Siro e Luca Battaglio, direttore commerciale e presidente di Battaglio SpA

blema per tanti esportatori, italiani e non. E’ un grande mercato ma è insicuro. Qual’è la sua opinione? “Ciò che accade nel mercato russo influisce sul mercato globale, anche in termini di prezzi, proprio perché la Russia è un grande mercato. Tuttavia alcuni grandi importatori russi, se mi è concessa la battuta, sono un po’ come le sirene per i naviganti, dietro di loro c’è lo scoglio”.

Veniamo a questo grande magazzino di Roma, che state costruendo e che dovrebbe essere inaugurato a settembre. Per voi cosa significa? “Siamo partiti come azienda a dimensione regionale, piemontese. Roma ci rafforzerà nella dimensione nazionale. Ci permetterà una maggiore efficienza nella distribuzione nel Centro-Sud, anche se non è solo un’operazione logistica. Il progetto ci impe-

Come definirebbe questo investimento dal punto di vista finanziario? “Responsabile, un investimento iniziale di 6 milioni di euro, con un ulteriore sviluppo nel breve. Debbo aggiungere che a Roma siamo stati accolti bene. Il progetto è piaciuto, soprattutto nell’ambito del CAR, il Centro Agroalimentare della capitale, nella cui zona ci stiamo collocando. Stiamo valutando se aprire un posteggio all’interno dello stesso Mercato. In fondo, a Torino, siamo partiti dal Mercato”. editor@greenmed.eu

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Boom finito per la IV gamma Emanuele Zanini Per il comparto della IV gamma i tempi della crescita a due cifre sembrano finiti definitivamente. Oggi la realtà è un’altra. Il settore dei prodotti in busta vive un periodo di stagnazione. A confermarlo i numeri che dicono come il 2013 si sia chiuso con una tenuta nei volumi, simili a quelli del 2012, e una leggera perdita a valore. Un trend che sostanzialmente si sta confermando nei primi mesi di quest’anno. La crisi economica ha avuto di certo un ruolo in questo trend al ribasso, senza per questo escludere altri fattori, tra cui il mutato atteggiamento verso gli acquisti da parte dei consumatori. Una conferma arriva dall’analisi di Valérie Hoff, direttore marketing e comunicazione de La Linea Verde. “Nel 2013 in generale si è registrato un calo per le insalate pronte in busta. Quello delle insalate è un mercato importante che ha chiuso l’anno in calo sia a volume sia a valore, con circa 750 milioni di euro, registrando un calo del 2%. Ap r i l e

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Il settore dei prodotti in busta vive un periodo di stagnazione. Nel 2013 difficile tenuta dei volumi e perdita di valore. La parola a Linea Verde, Ortoromi e San Lidano Nei primi tre mesi dell’anno in corso l’andamento del mercato a valore è ancora negativo, tuttavia il numero di buste vendute è in crescita con un +1,2% e sull’ultimo mese di registra un +3% che forse indica un’inversione di tendenza (dati Nielsen)”. Secondo Hoff “il calo delle insalate è dovuto sostanzialmente alla crisi economica in atto ormai da qualche anno. In ogni caso, anche se registriamo una flessione dei consumi, siamo fiduciosi per il futuro perché il mercato della IV gamma offre prodotti naturali, salutari e con un alto contenuto di servizio, facilitano il consumo quotidiano di frutta e verdura. Sono quindi in linea con i trend alimentari del momento. In generale tutte le nostre referenze si sono comportate abbastanza bene. Il nostro prodotto a marca DimmidiSì più venduto è l’Insalata Mix

Orientale della linea Fresco Raccolto con 1,5 milioni di pezzi”. Nel 2013 il gruppo La Linea Verde ha registrato un fatturato complessivo di 186 milioni di euro, in crescita rispetto al 2012. Per il 2014 l’obiettivo è incrementare il giro d’affari del 5%. L’export rappresenta il 27% dei volumi commercializzati (Austria, Belgio, Polonia e Spagna i principali mercati di destinazione). Sulle prospettive Hoff sottolinea come “ci concentreremo ancora di più sull’alto livello qualitativo dei nostri prodotti per mantenerci competitivi sul mercato. Inoltre puntiamo fortemente sull’allargamento della gamma delle insalate fresche in busta, allargamento che riguarda nuovi mix (come le insalate DimmidiSì Fresco Raccolto Dolce Sinfonia e Tris Filangè) e anche nuove varietà nate dalla ricerca in campo: si tratta di nuove www.corriereortofrutticolo.it

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Valérie Hoff di La Linea Verde, Matteo Testa di San Lidano e Martina Boromello di Ortoromi

e originali varietà di insalate a cespo sviluppate ad hoc dalle aziende sementiere per la IV gamma. Secondo i dati forniti da Fabio Ferrari e Martina Boromello, rispettivamente direttore commerciale e responsabile marketing della veneta Ortoromi, il settore della IV gamma chiude il 2013 mantenendosi stabile a volume sviluppando circa 93 milioni di chili (+0.2%), e flette leggermente a valore con circa 710 milioni di euro (-1.9%). “Queste cifre – spiegano Ferrari e Boromello - riflettono un mercato maturo, con una sovrabbondanza di offerta e di player rispetto alla domanda. Mentre la leva promozionale rimane invariata, scende costantemente il prezzo medio che arriva ai 7,62 euro al chilo (-2.2%)”. Al top del ranking delle referenze si trovano le insalate miste, seguite da lattughino e iceberg. In particolare, secondo l’analisi dei due manager di Ortoromi, la prima referenza sugli Iper si conferma il lattughino, mentre nei Super e nei Discount è l’insalata mista. Nel libero servizio “vince” l’iceberg. Nel frattempo il 2014, secondo le rilevazioni di Ortoromi, si è aperto con una leggera flessione nei valori con un trend del -1%, mentre si è registrata una crescita a volume (1.2%). “Segno dunque che il prezzo medio è diminuito (-2.2%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, spiegano 30

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Ferrari e Boromello. Per quanto riguarda OrtoRomi, “abbiamo registrato andamenti decisamente positivi con trend in crescita nei canali Super e Iper. Al contrario abbiamo trend che flettono nel discount e nel libero servizio, dove anche il mercato in generale ha segno “meno”. Dal nostro punto di vista un forte segno di criticità è dato dall’abuso della leva promozionale, che rende il mercato debole: questo fattore va invece utilizzata in sinergia con altri concetti chiave, come progetti di category performanti, una comunicazione interattiva, costante ed emozionale”. Ortoromi, 400 dipendenti, 3 stabilimenti, di confezionamento e aziende agricole socie sparse su tutto il territorio nazionale, ha chiuso il 2013 con un fatturato di 67 milioni di euro, di cui circa il 9% sviluppato con l’estero. “Abbiamo pianificato una strategia di comunicazione diretta e interattiva col consumatore finale (attraverso i canali social, ad esempio) per studiarne i feedback. Il nostro prossimo obiettivo è il riposizionamento del nostro brand attraverso la realizzazione di un marchio ombrello e un restyling grafico che facciano percepire ancora meglio l’alta qualità dei nostri prodotti”.

Gli addetti ai lavori credono in ulteriori margini di crescita

L’andamento stagnante del mercato nel 2013 è confermato pure da Matteo Testa, responsabile commerciale del gruppo San Lidano, con sedi a Latina e Bolgare (Bergamo): “Lo scorso anno ci sono state modeste variazioni rispetto ai dati relativi all’annata precedente: il consuntivo globale registra un leggero calo a valore, in corrispondenza di una lieve crescita a volume. Il trend della San Lidano invece – spiega Testa si è sensibilmente differenziato rispetto all’intero comparto, in quanto la nostra crescita mostra variazioni positive a due cifre, dovute a molteplici fattori, tra i quali l’apertura della collaborazione con nuove insegne, l’allargamento dell’assortimento proposto e l’ingresso in nuovi canali”. Testa confessa come a livello globale il 2013 non sia stato un anno positivo per la categoria, in particolare per quanto riguarda il mercato domestico, sul quale ci si aspettava segnali di ripresa con una decisa crescita. Analizzandone le cause – aggiunge il manager bergamasco - va detto che già da qualche anno il livello di penetrazione della quarta gamma ha superato la soglia del 60%, segno del forte interesse suscitato tra le varie tipologie di consumatore. Tuttavia il numero medio di atti d’acquisto ancora oggi non è quello di un prodotto che fa regolarmente parte della lista della spesa. Questo scenario denota la presenza di ulteriori importanti Ap r i l e

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Attualità spazi di crescita: tuttavia - pur essendo in atto una contrazione dell’intervallo d’acquisto - non possiamo di certo confidare in ulteriori “aumenti fisiologici”. Ancora molto lavoro attende quindi le aziende del settore, non solo in fatto di innovazione di prodotto ma anche a livello di marketing e comunicazione”. Testa sottolinea inoltre le difficoltà riscontrate, come per gran parte delle aziende della categoria, a raggiungere i margini preventivati, “in buona parte causato dal pesante impatto della pressione promozionale. A fronte di questo aspetto di criticità, la continua crescita dei volumi ricopre per noi un ruolo doppiamente importante, in quanto permette di sostenere i grandi investimenti in termini di infrastrutture recentemente effettuati, mirati in particolare al conseguimento di una leadership in termini di garanzia di sicurezza alimentare all’interno del settore”.

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Per quanto riguarda le referenze che si sono comportate meglio Testa inserisce al primo posto, a livello nazionale e su base annua, l’insalata mista classica (indivia riccia, indivia scarola, radicchio rosso e, solitamente, pan di zucchero). “Oltre ad incontrare i gusti di diverse tipologie di consumatori, il suo successo deriva anche dall’inserimento – pressoché immancabile - in tutti gli assortimenti proposti dalle varie private label, nonché dall’essere il prodotto maggiormente comparato all’atto del confronto tra listini di vari fornitori. Questo, negli anni, lo ha reso un prodotto molto conveniente”. Secondo i dati forniti da San Lidano sulla piazza d’onore si attesta, abbastanza stabilmente, il primo di una lunga serie di monoprodotti: il lattughino, che si guadagna la palma di baby leaf (insalatina a foglia tenera, “da sfalcio”) con la più alta percentuale di vendita. Sul gradi-

no più basso di questo podio virtuale si trova la rucola. “Tuttavia è interessante segnalare la progressione dei cuori di iceberg - articolo che agli albori del mercato della IV gamma italiana non si ritrovava negli assortimenti - e il ruolo di primo piano ricoperto ormai per quasi 12 mesi dalle verdure da cuocere - spinaci in primis -, che trova spazio non solo nelle stagioni fredde”. Testa infine sottolinea un altro interessante fenomeno legato al marketing territoriale che spinge linee di prodotti locali a a volte a sconvolgere gli equilibri di vendita, “grazie alla sempre maggior preferenza data dai consumatori a tipicità e, in genere, a quanto coltivato a livello locale. A conferma di questo, nelle insegne nostre clienti, Orti laziali - la IV gamma Sal Lidano interamente prodotta nel Lazio – si configura come best seller all’interno dei punti vendita regionali”.

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Emanuele Zanini “L’Italia è leader europea in molte produzioni ortofrutticole ma troppo spesso non ha una vera leadership di mercato. Per cambiare passo è indispensabile fare più sistema anche con le altre organizzazioni del settore, spingere sull’aggregazione e creare un’unica fiera nazionale dell’ortofrutta che ci rappresenti nel mondo”. Parte da questo concetto Marco Salvi, presidente di FruitImprese, per descrivere l’attuale situazione del comparto ortofrutticolo italiano proponendo la ricetta necessaria per tornare ad essere davvero altamente competitivi sui mercati. L’occasione è stata la 65esima assemblea di FruitImprese che si è tenuta mercoledì 7 maggio a Roma, al Grand Hotel Plaza. “Imprese e mercato: analisi, previsioni, prospettive” era il titolo del convegno, moderato dal giornalista Rai Attilio Romita, organizzato in occasione dell’assemblea a cui oltre a Salvi hanno partecipato Roberto della Casa, Nazario Battelli, presidente di Ortofrutta Italia, Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, a cui si è aggiunto durante l’incontro il vice ministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero. Nutrita e molto qualificata la platea presente all’incontro, a cui hanno preso parte i principali protagonisti del mondo ortofrutticolo italiano. Salvi nel suo intervento ha sottolineato comunque come l’export di ortofrutta abbia chiuso il 2013 con una crescita a valore del 5% a 4,1 miliardi di euro e un calo dei volumi di quasi il 7%. Il saldo nel complesso rimane positivo con oltre un miliardo di euro a valore, tuttavia in diminuzione di oltre il 12% rispetto al 2012. Per quanto riguarda nello specifico le produzioni, ha dato risultati particolarAp r i l e

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All’assemblea di FruitImprese a Roma il presidente ha delineato la situazione del settore. Un cenno anche alla creazione di una fiera unica nazionale mente buoni l’export di mele (che rappresenta il 40% dell’ortofrutta inviata all’estero) e kiwi (circa l’80% di quanto viene prodotto viene esportato), seguiti da pere, pesche e nettarine. Per quanto riguarda le importazioni spiccano le performances sviluppate sulle banane, che con 655 mila tonnellate nel 2013 (+6% sul 2012) rappresentano il 48% di tutta la frutta importata, seguite da ananas e frutta secca. Il presidente di FruitImprese ha poi ricordato come l’incapacità del sistema italiano di avere davvero la leadership di mercato si causata anche da alcuni fattori come gli alti costi a carico delle imprese (manodopera, logistica, energia, fisco e burocrazia), l’assenza di una armonizzazione sul tema fitosanitario (su cui il Cso potrebbe diventare portavoce nazionale) , il mancato sfruttamento di organismi già presenti, come la stessa Oi, Organizzazione interprofessionale dell’ortofrutta, che va potenziato. Secondo Salvi, inoltre, il comparto non deve “scivolare” in un’ottica di mercato legata alle commodities ma puntare a salire nell’olimpo dell’eccellenza.

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Cercando la leadership perduta Il richiamo di Salvi: fare sistema

Salvi, rivolgendosi idealmente all’Unione Europea, ha quindi fatto delle precise richieste, chiedendo: un ruolo di rappresentanza a Bruxelles, una armonizzazione fitosanitaria, una politica sull’export univoca e reciprocità nei rapporti commerciali con gli altri Paesi, un controllo della distribuzione degli aiuti comunitari, meno burocrazia. Al governo Renzi, rappresentato nell’occasione dal vice ministro Olivero, si richiede invece di avere più peso in Europa, più politiche di espansione commerciale, meno spreco di risorse comunitarie, più azioni di promozione dei consumi, più tutela degli anelli deboli della filiera, come implementare bene l’art. 62, ruolo nella cabina di regia per l’internazionalizzazione per le imprese. Olivero, dopo aver recepito l’imput arrivato dal leader di Fruitimprese, ha ricordato come uno degli errori più grandi degli ultimi anni sia stato quello di non aver preso sufficientemente in considerazione il settore agricolo, grande assente delle ultime tre leggi di stabilità, prima di quella attuale, nonostante sia il settore che meglio ha retto alla crisi. Oli-

Pezzo neo-presidente in Veneto Il 29 aprile Fruitimprese Veneto ha eletto il nuovo presidente. All'unanimità, è risultato eletto Stefano Pezzo. Nato nel 1975 a Verona, laureato in Economia aziendale alla Bocconi, Pezzo proviene da una famiglia (Bragantini) che da quattro generazioni è nel mondo dell’ortofrutta. Dopo un’esperienza di 6 anni in Greenery Italia, nel 2008 fonda Cherry Passion srl, società di importexport.

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Bollente o ribollita? La patata finto-italiana Il caso sollevato dalla trasmissione Report del Tg3 si innesta su un’indagine della procura di Bologna sulle bolle di accompagnamento di patate provenienti dalla Francia Patate francesi sfuse per centinaia di tonnellate entrerebbero in Italia, transiterebbero da un intermediario in Veneto, cambierebbero bolla e arriverebbero in Emilia Romagna dove verrebbero confezionate e vendute come italiane. La magistratura bolognese ha aperto un'indagine fin dallo scorso dicembre ma il caso è emerso dopo un'inchiesta di 'Report' (Rai3) dal titolo molto esplicativo: "Patata Bollente", andata in onda lunedì 28 aprile. La trasmissione ha gettato pesanti ombre sui passaggi che avvengono lungo la filiera commerciale, al di qua del confine transalpino, con un presunto cambio di origine che sa di truffa. Durante la trasmissione è stato intervistato Giulio Romagnoli, tra i maggiori player in Italia del mercato pataticolo, a cui si debbono molte iniziative di valorizzazione del consumo delle patate. Giulio Romagnoli ha partecipazioni in diverse società, ed è attivo all’interno del “Consorzio Patata Dop” e di “Patata italiana di qualità” e controlla alcuni marchi presenti sui banconi di vendita. A Romagnoli - secondo quanto ha comunicato 'Report' - lo scorso dicembre il Corpo forestale dello Stato ha sequestrato alcuni carichi di patate dopo aver trovato nel magazzino dell’imprenditore merce francese proveniente dall'azienda Comyn, con bolla di origine italiana. Per Romagnoli si tratta di “un’anomalia documentale riscontrata comunque su merce in entrata”. Report ha intervistato anche alcuni responsabili acquisti di Conad e Coop che hanno assicurato l’origine italiana della merce pre-

ATTUALITÀ

vero ha inoltre citato l’Expo 2015 di Milano, come grande occasione per il Paese solo se si sapranno sfruttare concretamente le sue potenzialità. Un appuntamento in cui si potranno unire le eccellenze del made in Italy. La prima parte del convegno, invece, è stata dominata dall’analisi del comparto effettuata da Della Casa, che si è concentrato in particolar modo sulla necessità di rivedere il rapporto tra produzione e grande distribuzione. Per Della Casa il mondo produttivo deve guardare con un’ottica diversa il punto vendita dei supermercati, che deve diventare il luogo dove “conquistare” il consumatore. È stato preso inoltre in considerazione il progressivo cambiamento del posizionamento dei discount, che si stanno sempre più avvicinando al supermercato come impostazione e percezione del consumatore. Quindi la produzione in questo processo deve essere in grado di segmentare maggiormente l’offerta. Serve i sostanza un cambiamento di approccio. Della Casa ha preso in esame alcuni “casi studio” – dal melone al kiwi alla IV gamma – dove è stato sottolineato che la maggior collaborazione tra produzione e gdo ha portato incrementi di vendita con vantaggi per tutta la filiera. Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi ha poi lanciato una provocazione a tutto il settore, parlando della difficile situazione economica in atto: “"Io non spero in una ripresa: perché il nostro Paese è come un malato convalescente sotto cura antibiotica. Se oggi la interrompesse a metà, il rischio di una ricaduta sarebbe ancora peggiore. Non siamo ancora pronti ad uscire dalla crisi. "Se sapremo rispondere all'esigenza di cambiamento che ci viene dalla crisi allora potremo portare a piena espressione il nostro potenziale. Per farlo, tuttavia, dobbiamo muoverci tutti in una stessa direzione ", ha dichiarato Guidi.

sente sugli scaffali delle rispettive catene di supermercati e hanno sottolineato di rispettare tutti i controlli del caso e le procedure per garantire la piena tracciabilità del prodotto. La trasmissione ha accennato infine a presunte regalie a buyer dell’ortofrutta da parte di loro fornitori. Il servizio è terminato con questo commento in studio di Milena Gabanelli: “Di bolla in bolla si fa presto a far diventare italiana una patata francese. Su questo sta indagando la Procura di Bologna che ipotizza una truffa, non solo ai consumatori, ma i coltivatori italiani". Reagendo allo scalpore sollevato dalla trasmissione, Giulio Romagnoli, con alcune dichiarazioni ai quotidiani di Bologna ha minimizzato il caso, precisando: "Vendiamo ai centri di distribuzione diverse centinaia di migliaia di quintali di patate, di cui il 95% è italiano. Chiariremo tutto". Il Resto del Carlino ha scritto che "l’azienda fra settembre e dicembre del 2013 ha commercializzato 15.350 tonnellate di patate italiane (94,6%), 770 tonnellate di patate francesi (4,7%) e 96 di prodotto tedesco e inglese (0,6%)". La grande distribuzione è molto attenta all’origine italiana dei prodotti ortofrutticoli, così, in alcuni casi, per mancanza di prodotto nazionale o per convenienza economica (spesso le patate francesi costano meno), il commercio potrebbe rispondere alla richiesta dei buyer in modo non appropriato. Le ripercussioni del caso “patata bollente” nella gdo sono state molto forti, al punto che si è dimesso da Conad Claudio Gamberini. www.corriereortofrutticolo.it

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Nella logistica di magazzino OM Still ha proposto il “retrattile” che raggiunge le massime altezze OM STILL ha presentato a Berlino la nuova gamma dei retrattili FM-X, con portate da 1 a 2,5 tonnellate, che si caratterizzano per eccezionale efficienza, altissima qualità, tecnologia ed ergonomia all'avanguardia. La prima versione dei retrattili della serie FM-X fu presentata nel 2007, e da allora ne sono stati venduti in tutto il mondo circa 20.000 esemplari, un dato che certifica meglio di qualsiasi parola quanto questo mezzo sia apprezzato dai clienti. Si tratta comunque di un numero destinato a crescere viste le straordinarie caratteristiche che contraddistinguono la nuova gamma appena presentata a Berlino. Del resto grazie alle sue dimensioni compatte, il carrello retrattile è il mezzo ideale sia per magazzini a blocchi che per magazzini a corsie, sia la preparazione e lo smaltimento delle merci che per il trasporto su tratte lunghe, come anche per l’impiego combinato in interno ed esterno. Non a caso la versatilità è uno dei punti di forza del nuovo FM-X, che è in grado di assicurare le migliori performance in ciascuna applicazione. La principale novità del nuovo FM-X è l’Active Load Stabilization (ALS), un rivoluzionario sistema di stabilizzazione attiva del carico che consente di ridurre le oscillazioni del sollevatore generate in fase di sollevamento. Il sistema di stabilizzazione attiva del carico, di serie su tutti gli FM-X che saranno ordinati con sollevatori a grande altezza, riduce sino all’80% le oscillazioni del sollevatore, abbattendo drasticamente i tempi di movimentazione. Inoltre, grazie alla maggiore rigidità del sollevatore ed al nuovo montante, l’FM-X riesce ora a sollevare senza alcun problema anche carichi di 1000 kg fino ad un'alzata massima di 13 metri, permettendo quindi di sfruttare al meglio l’altezza del magazzino e incrementando di circa il 14% la superficie utile per lo stoccaggio delle merci. Il motore trifase da 48 V garantisce una potente accelerazione unita ad elevate velocità di marcia fino a 14 km/h e a velocità di sollevamento fino a 0,5 m/s. Tutti gli azionamenti delle funzioni di marcia, sollevamento e controllo sono completamente incapsulati, e dunque protetti da fattori ambientali come polvere, sporco e umidità. Allo scopo di configurare ogni carrello per ogni tipo di impiego specifico, OM STILL offre una gamma di batterie con capacità che vanno da 360 a 930 Ah. Il sistema di recupero dell'energia in frenata, i fari LED a risparmio di energia e la possibilità di risparmiare fino al 10% di energia selezionando con un pulsante l'efficiente modalità Blue-Q senza perdite di potenza, consentono di effettuare più turni di lavoro con una sola carica della batteria. Un design totalmente ergonomico con un'ampia po36

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stazione di guida dotata di comandi regolabili ed un maggiore spazio per le gambe fanno sì che si possa lavorare più rilassati, comodi e sicuri anche per l'intero turno di lavoro. Il volante, ad esempio, è ora regolabile anche in altezza, mentre il sedile di guida ammortizzato riduce i contraccolpi dovuti a pavimenti irregolari e quindi la probabilità di lesioni alla schiena. Il joystick ergonomico o le leve fingertips, entrambi disponibili a scelta del cliente, permettono di eseguire con semplicità ed efficienza tutti i movimenti idraulici senza cambiare impugnatura. Il display integrato mostra in modo chiaro informazioni complete su operatività, velocità, programmi di marcia, stato di carica della batteria e anche sul peso sollevato. Il sistema di comando OM STILL e la guida intuitiva dell'utente riducono i costi di formazione per i carrellisti e agevolano il passaggio ad altri carrelli OM STILL. La funzione di spostamento laterale del montante e i cilindri asimmetrici a corsa libera consentono di godere sempre di una perfetta visuale, così come l’altimetro, il preselettore piani e l'integrazione di una telecamera sui bracci delle forche (tutti optional disponibili a listino) assistono il carrellista nel corretto posizionamento dei carichi e agevolano le operazioni di deposito e prelievo anche alle massime altezze. Grazie allo sterzo a 360° completamente elettrico, il carrello FM-X si può posizionare con facilità e sensibilità anche trasportando carichi pesanti fino a 2,5 tonnellate. Per rendere ancora più robusto il carrello FM-X e permettergli di affrontare le dure condizioni di lavoro quotidiane, il telaio è ricoperto da una cofanatura in lamiera nei punti più a rischio di collisione. Un maggiore livello di sicurezza è garantito inoltre dal sistema di controllo della velocità in curva (Curve Speed Control) e da un sistema di controllo dell'accesso realizzabile in base alle esigenze specifiche tramite scheda dati, chip RFID o PIN. Questa soluzione offerta nell'ambito di OM STILL FleetManager 4.x consente anche di assegnare diversi diritti utente, limiti di velocità o valutazioni e analisi. Ap r i l e

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Il 20 marzo l’Organizzazione Interprofessionale Pera aveva celebrato il suo primo convegno nazionale a Ferrara. I dati esposti hanno sollevato discussioni e anche allarme. Ecco una sintesi di alcune prese di posizione direttamente registrate dal Corriere Ortofrutticolo. L'esperto di commercio ortofrutticolo Rolando Drahorad: "Si può prevedere un drastico ridimensionamento del comparto pere in tutt’Italia nei prossimi 10 anni.I consumi italiani sono calati del 30 % in 10 anni. La produzione con alti e bassi è rimasta sostanzialmente invariata. L’esportazione è ugualmente rimasta stabile (mentre i paesi concorrenti segnano aumenti vertiginosi). Il ministero della sanità italiana vieta l’uso della Etossichina causando un danno stimato in 60 milioni di euro (mentre Spagna e Francia hanno sfruttato l’offerta UE di usarla per un'ulteriore annata). L’Italia è ancora leader, ma non sta guidando l’innovazione varietale come dovrebbe e come farebbero altri se fossero nella nostra situazione, al centro come importatori e come esportatori. L’Interprofessione dovrebbe, insieme alle O.P. interessate, impostare e finanziare immediatamente ricerche a tutto campo: ricerca di mercato in Italia per capire cosa può attirare in futuro i consumatori giovani a questo frutto ed ottenere la collaborazione di tutta la distribuzione per raggiungere lo scopo di riportarlo all’attenzione della distribuzione e del consumatore; ricerca di mercato all’estero per capire che cosa vuole il mercato internazionale. Non dobbiamo insistere senza conferme sicure che l’Abate è la nostra pera Regina. Secondo le mie informazioni non lo è più da quando si sa che l’unico mercato che veramente Ap r i l e

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Il presidente dell’organismo interprofessionale Gianni Amidei: “Basta con la concorrenza interna, dobbiamo essere più coesi sui mercati esteri”

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la preferisce è quello tedesco (in Francia è solo il sud che l’apprezza, in Russia perde quote di mercato da almeno 2-3 anni, in USA ci sono grossi dubbi se questa varietà possa trovare il gradimento della GDO che ama prodotti standardizzabili e controllabili); ricerca di nuove varietà che maggiormente si adeguano alle esigenze di produzione e consumo dei tempi moderni. Andrebbero analizzate le interazioni che hanno permesso alle mele di non avviarsi come da previsione a un fatale tramonto in quanto frutto preferito dagli anziani più che dalle giovani generazioni". Gianni Amidei, presidente dell’Organismo interprofessionale Pera: "E' necessario presentarsi coesi e farci meno concorrenza interna. Una volta entrati nei mercati dovremmo essere costanti nell'offerta. Serve poi far conoscere le nostre produzioni anche e soprattutto in quei Paesi dove si consuma poca pera. Nel contempo sarà importante an-

ATTUALITÀ

Preoccupa la pera italiana Senza innovazione non c’è futuro

che abbattere quelle barriere fitosanitarie e doganali che ancora in diversi Paesi impediscono alle nostre pere di penetrare nei mercati. Quest’anno senza l’utilizzo delle etossichine abbiamo avuto una serie di problemi nella conservazione del prodotto. Oltre allo smartfresh, che comunque dà alcune garanzie di conservazione, dobbiamo trovare altre vie che ci permettano di poter commercializzare il prodotto per tutta la campagna fino a tutta primavera”. Gabriele Ferri, direttore di Naturitalia e responsabile commerciale del consorzio PeraItalia: "L'esperimento dell'export verso gli Stati Uniti ha dato risultati insoddisfacenti. Siamo arrivati negli States da perfetti sconosciuti. Era la prima volta che si presentavano lì le pere made in Italy. Non potevamo pretendere di ottenere grandi risultati solo perché la nostra frutta è più buona o migliore di quella degli altri Paesi. La concorrenza è molta, a partire dalle produzioni locali statunitensi. Ci sarebbe voluta, a monte, una adeguata politica promozionale e di marketing per poter sperare in qualche risultato. Per il futuro serve maggior comunicazione. Come PeraItalia stiamo portando avanti un grosso lavoro anche dal punto di vista del packaging distintivo della italianità del prodotto. Bisogna far conoscere al consumatore americano (come a tutti gli altri) che esiste una pera italiana, che caratteristiche ha e così via. Noi questo lavoro lo stiamo portando avanti. Ma serve fare ancora di più”. www.corriereortofrutticolo.it

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Fedagro news

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Difficoltà al CAAT? No, ridotto il debito, costi sotto controllo e introiti in aumento ul Centro Agro-Alimentare di Torino (CAAT) se ne sono sentite e lette di tutti i colori (in particolare in Piemonte) dopo che l’assemblea dei soci ha approvato, a fine aprile, un bilancio che prevede la riduzione del capitale sociale a 34 milioni 781 mila euro. Le cifre dicono chiaramente che sul bilancio ancora pesa il debito contratto per la realizzazione dell’immensa struttura alle porte di Torino (440 mila mq di cui 120 mila coperti a capannoni ed impianti frigo), ma dire che il CAAT sia sull'orlo del collasso, come si è letto per esempio su Repubblica a seguito di un'infelice e inopportuna intervista, fatte salve le buone intenzioni del presidente del CAAT che l'ha rilasciata e la buona fede del giornalista - è travisare la realtà. Il CAAT ha un patrimonio immobiliare che le perizie asseverate fissano ben oltre i 60 milioni di euro, conti correnti ampiamente attivi, rispetta i termini di pagamento con tutti. Il debito contratto con le banche per la realizzazione della struttura, che viene pagato regolarmente con rata semestrale, è passato dagli iniziali 30 milioni 850 mila euro agli attuali 6 milioni 237 mila e la prima rata 2014 sta per essere versata, così come è stato regolarmente fatto nel passato.

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Sintesi dei dirigenti: “Scusate, ma noi andiamo avanti”. Il torinese Ottavio Guala, presidente di Fedagromercati e dell’Associazione grossisti di Torino, nonché vicepresidente del consiglio di amministrazione del CAAT, aggiunge e precisa: “Fortunatamente il Mercato non è solo vivo e vegeto ma è forte e attivo, con una direzione e un management ridotti nel numero ma altamente professionali. Lo dimostrano gli oltre 5 milioni di quintali movimentati in un anno, le cento aziende grossiste presenti, i 270 produttori che conferiscono nell'apposita area, le migliaia di posti lavoro creati dalla struttura e dall'indotto. Non a caso il CAAT è il terzo mercato italiano. Gli stessi dati di bilancio dicono che il valore della produzione si è accresciuto rispetto al 2012 del 3,97%, che i costi operati-

Precisazioni del vicepresidente del Cda Ottavio Guala sulla lettura del bilancio 2013. È il terzo mercato italiano

Brescia, allarme insoluti I pagamenti di frutta e ortaggi entro trenta giorni dalla fattura non onorati raggiungono le centinaia di migliaia di euro. L’allarmante situazione, comune anche ad altri mercati, come la categoria purtroppo sa bene, è stata denunciata all’Ortomercato di Brescia da Oliviero Gregorelli, presidente dei grossisti del

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mercato ortofrutticolo lombardo, in un articolo sul Corriere della Sera. “Negli ultimi cinque anni”, ha detto Gregorelli, “abbiamo perso 500 mila euro. Anche in conseguenza di ciò cinque-sei aziende hanno chiuso. In altri Mercati vietano l’ingresso a chi non salda le fatture. Qui manca una regola simile”.

vi sono risultati praticamente invariati e che il margine operativo lordo risulta pari a un milione di euro. I debiti con le banche sono scesi del 21,7 per cento. Il trend quindi porta verso un affrancamento dalle due cause che incidono sui costi: gli ammortamenti e i costi (oltre 3 milioni l’anno) del mutuo acceso per la costruzione della struttura”. Si poteva evitare l’abbattimento del capitale? “Sarebbe bastato - risponde Ottavio Guala - innalzare il costo della locazione delle aree commerciali senza tener conto che anche per le imprese insediate dentro la struttura la crisi economica si fa sentire. Oppure si poteva decidere di rendere meno servizi oppure, perché no, di non renderli affatto. Niente di tutto questo, CAAT ha fissato il costo al mq delle aree commerciali anche per i prossimi sei anni allo stesso valore fissato nel contratto di locazione precedente. Sarà solo la rivalutazione dell’indice ISTAT sul costo della vita a fare la differenza nel tempo. Quanto ai servizi, rimarranno gli stessi in qualità e quantità beneficiando, dove possibile, della riduzione di costi prodotta dalla migliore efficienza degli stessi”. Dunque, quali prospettive per il futuro? “La fase di start up della struttura volge palesemente al termine. Il peso degli ammortamenti sta drasticamente calando e il Piano Industriale ci segnala che nel 2016 avremo una svolta quando cesserà l’ammortamento di impianti tecnologici enormi la cui fruibilità ed utilizzo continuerà nel tempo”, conclude il presidente Guala.

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Orari di Mercato e logistica sono due temi su cui la presidenza nazionale intende coinvolgere la categoria, ponendo la logistica anche all'attenzione delle istituzioni e della parte politica. Sugli orari di Mercato, si intende coinvolgere in un dibattito aperto tutte le parti interessate: il dettaglio tradizionale, l'ambulantato, la stessa grande distribuzione organizzata, per conoscere la reazione di queste categoria ad uno spostamento degli orari di apertura verso il giorno. Il tema è complesso ma è tempo di affrontarlo, esprimendo anche un giudizio su singoli esperimenti già fatti in alcuni mercati. Sull'altro fronte, non c'è invece dubbio sul fatto che l'inefficienza logistica del nostro Paese ponga un freno allo sviluppo di tutte le attività commerciali a vari livelli e in particolare per chi opera nel settore degli alimenti e dei prodotti deperibili. Logistica marittima e terrestre, trasporti su gomma e rotaia, intermodalità. Il presidente Guala sottolinea che in Germania, in Francia e anche in Spagna sono in corso iniziative importanti per i collegamenti ferroviari al servizio del settore ortofrutticolo, come il collegamento recente tra Perpignan e Parigi. Un Paese come il nostro, in cui i camion - che rappresentano il 100% del trasporto terrestre di ortofrutta - sono costretti a compiere, da Sud a Nord dello Stivale, un migliaio di chilometri, intasando il traffico e inquinando, è già in ritardo ma dovrebbe almeno incominciare a colmare il gap nei confronti dei Paesi nostri principali competitori e a noi più vicini. Su questo si avverte la necessità di un approfondimento che possa portare a una presa di posizione forte di Fedagro.

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Genova, conti in ordine e trasparenza con i clienti L’assemblea dei soci ha approvato il bilancio 2013 della Società Gestione Mercato di Genova. I dati rimangono positivi con un leggero utile a conferma di una gestione che, sin dal trasferimento nella nuova struttura di Bolzaneto, è riuscita sempre a sviluppare in modo positivo l’attività di un mercato che in questi anni si è trasformato in un vero e proprio Centro Agroalimentare. Anche nel 2013 SGM, di cui è amministratore delegato il grossista Gianni Ratto - ha investito molto sulla gestione dei servizi. I recenti controlli su possibili casi di lavoro nero hanno dato esito negativo a dimostrazione di un servizio efficiente di controllo e gestione. L’introduzione della Carta dei Servizi, che ha affiancato il Regolamento del Mercato, ha permesso di creare un sistema di regole trasparenti verso l’utenza. Ma Società Gestione Mercato ha anche investito molto per l’affermazione della struttura come vero e proprio centro logistico guardando ai paesi del Mediterraneo come la Tunisia e cominciando ad attrezzarsi per l’eventuale gestione di traffici in occasione dell’Expò 2015. Tutte iniziative che hanno alla base strumenti di controllo della merce estremamente sofisticati. Grazie all’iniziativa “Sicuramente Fresco” è stato messo in campo non solo un logo riconoscibile, ma un ulteriore supporto all’attuale sistema di autocontrollo già operativo all’interno del Mercato con attività di verifica sui singoli associati con campionamenti ed analisi dei prodotti ortofrutticoli commercializzati. Un sistema di gestione che ha permesso l’acquisizione anche di nuova clientela, sia nella piccole che nella grande distribuzione. Nell’anno 2013 il Mercato Orto-

frutticolo di Genova ha movimentato 143.046 tonnellate di merci. Il picco di movimentazione si raggiunge nei mesi di maggio e luglio con più di 13.600 tonnellate di merce commercializzata. “La collaborazione tra i soggetti pubblici e il consorzio dei privati – commenta il presidente di SGM, Cesare Rè – continua ad essere un modello di gestione che molti altri mercati ci invidiano. Non è un caso che abbiamo ricevuto più di un invito per illustrarlo a diverse realtà che vorrebbero adottarlo. Grazie ad una struttura leggera ed efficace siamo in grado creare una forte sinergia tra gli interessi più strettamente commerciali degli operatori e gli obiettivi strategici più ampi che una struttura di questo tipo può svolgere in una grande città come Genova”. La tenuta degli operatori in questo contesto è un altro dato positivo. "La crisi c’è in tutti i settori e si vede – sottolinea Maurizio Caviglia, segretario generale della Camera di Commercio di Genova che, insieme a SPIM e Comune di Genova, rappresenta la parte pubblica di SGM -. Ma è evidente che questo tipo di gestione, che abbiamo affinato e migliorato negli anni, ha permesso al settore dell’ortofrutta genovese di rimanere un riferimento forte dell’economia locale. Superati questi momenti difficili ora è anche più facile pensare a ulteriori sviluppi in grado di valorizzare l’intera filiera agroalimentare che ruota intorno al Mercato di Genova”.

FEDAGRO NEWS

Orari e logistica: due temi da affrontare

La Carta dei Servizi ha affiancato il regolamento. Garanzie dall’iniziativa “Sicuramente Fresco”

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Il sorpasso spinto dalla Cina. La notizia su ‘The Economist’. Granata (Melinda): “Ma la guerra vera è con il cioccolato” La vendita di mele nel mondo ha superato quella di arance. Un dato sorprendente. Perché, come scrive 'The Economist', per decenni l’arancia è stato uno dei frutti più popolari e consumati del pianeta. Il sorpasso ha un nome: Cina. Sarebbero infatti i cinesi, maggiori produttori di mele al mondo, ad aver impresso l’accelerata, incrementando il consumo interno, sulla base di campagne governative che invitano i cittadini a condurre una vita più sana e mangiare correttamente; e con un export aggressivo che ha dato buoni risultati in Russia e Medio Oriente. Al contrario la produzione di agrumi avrebbe segnato il passo. Per 'The Economist' il motivo è in parte dovuto al calo del consumo dei succhi di arancia in America, il 40% in meno negli ultimi 15 anni. L’Italia è uno dei maggiori produttori e consumatori di mele al mondo e non può rimanere estranea al fenomeno. Luca Granata, direttore generale del consorzio Melinda, interpellato sull’argomento dal 'Corriere della Sera’, ha dichiarato che la notizia di 'The Economist' va interpretata. "Il mercato può variare da un anno all’altro e dipende da molti fattori. Se in una stagione in Brasile piove più del dovuto si può avere una contrazione della produzione delle arance. Da noi come in tutta Europa il trend dei consumi di frutta è in calo da una decina di anni. Questo vale per mele, banane, arance e pere che fanno il 90% della frutta consumata. In più non ci sono dati statistici capaci di fotografare con precisione il mercato monAp r i l e

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diale. Se si vuole fare un confronto tra mele e arance, l’andamento deve essere misurato su un decennio". La verità secondo Granata è che nonostante le numerose campagne sui benefici che deriverebbe da un maggior consumo di frutta, vincono i prodotti a base di carboidrati e grassi. Granata si lascia poi andare a un commento piuttosto sorprendente ma evidentemente è una sua opinione sincera: "Una barretta di cioccolato con nocciole è molto più buona di una mela”. In Italia si mangiano in media 15 chili di mele l’anno pro-capite (due a settimana), in Germania dieci, in Francia otto, negli Stati Uniti appena cinque. L’Italia condivide con l’India il maggior consumo pro-capite di mele. La ricerca varietale può incrementare i consumi e sta già dando un contributo in questa direzione. L’espansione del mercato della mela in Cina è un’opportunità per il prodotto europeo di più alta qualità.

Polonia primo esportatore

MONDO

Mela batte arancia sui mercati mondiali

La Polonia è diventata la numero uno al mondo nell'esportazione di mele. "Abbiamo sorpassato i cinesi nella classifica degli esportatori", ha dichiarato soddisfatto a metà aprile il ministro dell'Agricoltura di Varsavia Marek Sawicki (nella foto) durante una conferenza stampa svoltasi nella capitale polacca. Secondo il ministro, un terzo della produzione di mele polacca è destinata all'esportazione. Nella stagione 2012-1013 l'export polacco ha raggiunto il milione 200 mila tonnellate per una valore pari a 438 milioni di euro (da cui si può dedurre il prezzo medio al chilo di una mela polacca sui mercati internazionali). Il primo Paese di sbocco delle mele polacche è la Russia, con il 57% dell'export totale e un valore di 256 milioni di euro. Seguono la confinante Bielorussia con 45,5 milioni di euro e la Germania con 18 milioni di euro. Ciò conferma che le mele della Polonia guardano soprattutto a est mentre nell'Europa occidentale esse vengono considerate soprattutto per l'importante quota destinata alla trasformazione industriale (succhi e altro). Dall'inizio di quest'anno ci sono segnali importanti di rallentamento delle esportazioni verso la Russia. Già a gennaio l'export verso la Russia era stato di sole 68.700 tonnellate contro le 104.500 dello stesso mese del 2013: un tracollo. La reazione polacca è di cercare nuovi mercati.

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Lidl e Aldi alla conquista di Londra Inarrestabile l’ascesa dei discount Chiara Brandi Negli ultimi tempi lo scenario di sviluppo del grocery nel Regno Unito sta subendo una serie di cambiamenti senza precedenti: le quote di mercato di alcuni hard discount, come Aldi e Lidl, continuano ad aumentare a discapito dei cosiddetti “Big Four” del Paese. Gli ultimi dati elaborati da Kantar Worldpanel mostrano nuovi record stabiliti da Aldi e dal retailer di alta gamma Waitrose che provocano una costante pressione su Tesco, Asda, Sainsbury’s e Morrisons proveniente dai due poli estremi del mercato. Negli ultimi tre anni, Aldi, Lidl e Waitrose insieme hanno guadagnato 3,5 punti percentuale di distacco dalla concorrenza, il che equivale a 4,4 miliardi di sterline l’anno. Durante le 12 settimane conclusesi il 2 marzo, il tasso di crescita anno su anno di Aldi ha raggiunto un record di 33,5 punti percentuale guadagnando una quota di mercato del 4,3%. Contemporaneamente Lidl ha registrato un +3,2%. Se si manterrà un ritmo di crescita così elevato, il valore di mercato dei discount del Regno Unito supererà i 20 miliardi di sterline entro il 2018, con una quota di mercato dell’8,5% contro il 6,3% attuale (stime Planet Retail). Al momento tale accelerazione ha già costretto i quattro maggiori retailer del Paese, che tipicamente competono su una fascia di mercato medio-alta, a intraprendere una graduale ma sempre più agguerrita guerra di prezzo. "La crescita dei discount è frutto della perdita di potere d’acquisto da parte dei consumatori britannici, combinata al conseguente cambiamento delle loro abitudini. Il quadro economico del ReAp r i l e

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La crisi dei consumi ha messo in difficoltà i cosiddetti ‘big four’. Nello stesso tempo, in UK crescono i punti vendita più esclusvi, come Waitrose

gno Unito si è mostrato più favorevole per i discount. Gli stipendi dei lavoratori non hanno tenuto il passo con l'inflazione e di conseguenza i consumatori vogliono o devono spendere meno. Questo porta a limitare gli acquisti alla scelta di prodotti meno costosi o all’acquisto in negozi più economici", sostiene il direttore di Kantar Retail, Bryan Roberts. In passato i consumatori erano soliti cambiare abitudini di acquisto, privilegiando negozi più economici, solo temporaneamente, fino a quando l'economia non fosse ripartita. Una recente ricerca, invece, dimostra che un numero crescente di consumatori è ormai cliente fidelizzato dei discount perché piacevolmente sorpreso dall’esperienza di acquisto in questa tipologia di store. Secondo Roberts, i discount non solo hanno mostrato quanto ef-

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freschezza vo compleno in tutto Conerpo, li.

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fettivamente possa essere costoso fare la spesa in altri supermercati, ma hanno anche saputo attrarre a sé il consumatore medio puntando sulla vasta offerta di prodotti, sull’esperienza di acquisto in negozio, sulla vicinanza e sul marketing. In particolare, i discount hanno dimostrato una certa predisposizione a cambiare i propri modelli di business in base alle mutevoli tendenze di consumo. Nel tempo, infatti, è stata introdotta una maggiore offerta di prodotti freschi e brand conosciuti oltre ad un’ampia selezione di articoli a Km0 per consentire ai consumatori di completare la spesa settimanale in un solo negozio, il discount. "Inizialmente l’offerta di prodotti alimentari refrigerati era più limitata, ma è migliorata molto. È stata brillantemente costruita sulle nuove esigenze dei consumatori, puntando sui prodotti www.corriereortofrutticolo.it

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M ondo convenience o ready-to-eat”, ha spiegato Roberts. “Il fattore più importante di tutti, sostiene ancora Roberts, potrebbe però essere l'espansione dei negozi a livello nazionale, che ha fortemente sostenuto la crescita del fatturato”. I punti vendita Aldi si sono da sempre focalizzati in aree commerciali localizzate nelle prime periferie delle città o vicino a rotatorie; negli ultimi tempi però i piani per le nuove aperture si sono modificati, concentrandole in zone centrali”. Nel tentativo di rompere i vecchi schemi commerciali, lo scorso anno Aldi ha aperto uno store di generi alimentari in un ex negozio di abbigliamento a Kilburn nel centro di Londra, sprovvisto di parcheggio e carrelli. Sulla stessa linea Lidl ha aperto un negozio a Camden, nella vicina periferia nord della capitale. Stephen Springham, analista se-

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nior di Planet Retail, ritiene che il "successo duraturo" dei discount debba ricondursi a tre dinamiche principali: l’estensione fisica sul territorio, la crescente offerta di prodotti e una base ampia di clienti. Un ulteriore fattore di successo è dato dall’efficienza in termini di gestione degli store stessi. Molti prodotti sono esposti su pallet in modo da essere proposti in imballaggi shelf-ready. Le dimensioni dei negozi, inoltre, sono molto inferiori rispetto ai tradizionali supermarket, il che si traduce in una riduzione dei costi per il retailer e un minor tempo speso dentro il negozio per il consumatore. Infine, la strategia 'Every Day Low Prices' (‘Ogni Giorni Bassi Prezzi’) di Aldi è molto efficiente in termine di logistica. I retailer tradizionali come Tesco offrono promozioni tipo 'Paghi Uno Prendi Due' che causa-

no elevati picchi alternati a fasi di stagnazione delle vendite, provocando enormi problemi; Aldi invece mantiene una curva delle vendite costante che ne facilita la gestione delle scorte. In generale, vista la crescita record dei discount che non mostra alcun segno di cedimento (si prevede che per i prossimi cinque anni Aldi e Lidl apriranno 25-40 negozi di ogni anno), gli analisti sono concordi nel sostenere che i quattro principali rivenditori del Regno Unito non saranno in grado di fermare tale ascesa. Pur promettendo tagli di prezzo aggressivi, dovranno dunque imparare a coesistere. L’attenzione dei Big Four, sostiene in conclusione Roberts, deve essere focalizzata su una differenziazione della qualità, su un’offerta orientata alla freschezza e alla provenienza, con spazi in grado di offrire ai consumatori un’esperienza d’acquisto unica.

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La società valenciana è riuscita a incrementare il fatturato anche nel 2013. Buona liquidazione per i soci delle 72 cooperative iberiche consorziate Numeri da record per Anecoop, colosso spagnolo che raggruppa 72 cooperative agricole iberiche. Nel corso dell'ultima assemblea generale dei soci sono stati rivelati i numeri della campagna 2012-2013. Un’annata record in termini di risultati: la liquidazione dei soci tocca cifre mai raggiunte. Nella scorsa campagna commerciale, la principale società europea in termini di export di ortofrutta ha registrato un incremento del 9% rispetto alla stagione precedente grazie ad una movimentazione di volumi pari a 736.601 tonnellate, mentre il fatturato ha raggiunto i 593,4 milioni di euro, con una crescita del 16,7%. Durante la conferenza stampa che ha preceduto l'assemblea, il presidente della società cooperativa con sede a Valencia, Juan Safont, ha dichiarato: "Anecoop non solo ha dimostrato una buona resistenza alla crisi economica ma continua anche a crescere con un certo dinamismo. I dati dimostrano che le cooperative agricole sono uno dei motori dell'economia spagnola, in grado di adattarsi alle sfide del momento attraverso l'internazionalizzazione, l'innovazione e l'impegno per

la qualità". Secondo Safont, "i risultati record raggiunti l'anno precedente sono stati resi possibili da una maggiore partecipazione delle cooperative socie di Anecoop e dal loro costante impegno". "Abbiamo forti aspettative per il nostro progetto d’integrazione perché siamo convinti che contribuirà a migliorare Anecoop e le sue diverse sedi, filiali, centrali e cooperative sociali", ha commentato il direttore generale, Joan Mir, facendo riferimento al nuovo Piano di Integrazione 2013/18 e ai nuovi progetti di espansione del gruppo. Il Piano di Integrazione stima una crescita del 4% annua nei prossimi cinque anni grazie all’ottimizzazione di quattro pilastri trasversali a tutti i principali comparti di attività. In primo luogo i soci, con i quali si cerca una maggiore integrazione operativa al fine di garantire liquidazioni migliori. In termini di gestione, invece, il direttivo ha sviluppato un modello di business maggiormente integrato, con una migliore interazione produzione-mercati, atto a consolidare la posizione di leadership di Anecoop. Il terzo pilastro è relativo ai clienti: per far fronte alle loro diverse esigenze

si è lavorato su progetti commerciali e di sviluppo a lungo termine. L’ultimo punto del piano, non certo per importanza, sono i mercati, che si prevede possano essere potenziati ed ampliati sfruttando tutte le filiali del gruppo, in particolare quelle in Europa dell'Est e in Cina. In merito a ciò, Joan Mir ha annunciato l’apertura di un nuovo ufficio nel nord della Spagna, a Lleida, al fine di rafforzare il commercio di drupacee. In tal modo il nord del paese avrà un collegamento diretto con le altre aree di produzione a Valencia, Murcia e Andalusia. Tornando all’andamento generale della scorsa campagna, il bilancio finale è stato più che positivo, eccezion fatta per naveline, pomodori e fragole. La stagione degli agrumi è stata la migliore nell’intera storia di Anecoop: sono state raggiunte le 380 mila tonnellate in termini di volume, con un aumento del 12% a valore. Da ricordare che Anecoop concentra in sé il 9% di tutte le esportazioni di agrumi a livello nazionale. I risultati delle varie campagne frutticole hanno registrato risultati fortemente condizionati dal clima. A farne le spese soprattutto il comparto delle fragole; al contrario la maggior parte delle varietà di frutta ha messo a segno una stagione positiva grazie alle buone condizioni meteorologiche di agosto. Da rilevare l'eccellente campagna dei cachi Persimmon® e delle angurie. In generale il comparto orticolo del gruppo ha registrato una delle migliori campagne per quasi tutti i prodotti, con una crescita dell'8% a volume e del 17,3% a valore. (c.b.)

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Anecoop primo esportatore mondiale

Nuove regole per l’import nella UE, il Marocco protesta Il 23 aprile in Marocco, nel corso di un meeting sulla PAC con una delegazione di funzionari dell’UE, la parte marocchina ha gridato allo scandalo, sostenendo che le modifiche agli accordi commerciali tra le parti, in vigore dal prossimo ottobre, avranno un impatto gravissimo sulle spedizioni di frutta e

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verdura del Paese nordafricano. Le modifiche decise dall’UE in seguito a pressioni da parte degli Stati membri, prevedono che i prezzi di sdoganamento verranno calcolati in base alla fattura di consegna individuale o allo Standard Import Value (SIV), pubblicato dalla Commissione europea.

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Cresce a 1.800 ettari la superficie a serre per coltivare ortaggi Nel 2013 sono nettamente aumentate le coltivazioni sotto serra in Russia. Secondo l'Ufficio nazionale di statistica russo, lo scorso anno la produzione di ortaggi in serra è cresciuta del 6,7% rispetto al 2012. Il più alto tasso di crescita è stato riscontrato nella regione degli Urali, con un incremento del 28% nel 2013. La produzione riguarda principalmente pomodori, cetrioli e verdure verdi a foglia. In Russia, la superficie totale a serre è di 1.800 ettari. Superficie destinata a salire: molti progetti sono in corso, come nella regione di Belgorod, che conta di aumentare le superfici a 400-500 ettari. Nella regione tra Caucaso e Mar Nero si assiste a un grosso lavoro per ristrutturare serre ormai obsolete.

SPAGNA

La campagna fragole è da dimenticare: i prezzi sono i più bassi di sempre

Sembrava fosse destinata a essere differente, a risollevare il comparto dall’annus horribilis registrato nel 2013, invece la campagna fragole 2014 della Spagna è una delle peggiori di sempre. A fine marzo l’Associazione di produttori di fragole di Huelva, Freshuelva, faceva trapelare un certo ottimismo. A fine aprile il quadro si è capovolto. Già a metà aprile i prezzi del prodotto all’origine avevano subìto una contrazione del 20%, altre 15 giorni e tale calo si è avvicinato inesorabilmente a -40%. Il prezzo pagato all'origine ha raggiunto Ap r i l e

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intorno al 20 aprile appena i 30 centesimi di euro al chilo, "ben al di sotto dei costi di produzione", ha dichiarato Alberto Garrocho (nella foto), presidente di Freshuelva. "Dobbiamo evitare di immettere sul mercato prodotto al di sotto dei costi di produzione. Questo comporterebbe la rovina delle nostre imprese. Una piccola percentuale di frutta che viene scartata è utilizzata dall'industria, ma non tutta, poiché il settore della trasformazione non è in grado di assorbire gli interi quantitativi che attualmente sono in produzione", aveva concluso Garrocho. Molti produttori spagnoli hanno spedito sui mercati internazionali interi camion di prodotto a prezzi stracciati pur di disfarsi della produzione e cercare di ottenere un po’ di liquidità. Altri, invece, jhanno smantellato i propri impianti con due mesi di anticipo rispetto alla tradizionale data di chiusura della campagna per salvare il salvabile, preferendo far marcire le fragole già pronte piuttosto che sobbarcarsi i costi di raccolta. Le cause che hanno portato ad una tale disfatta del comparto spagnolo sono innumerevoli. L’inverno caldo e l’aumento delle superfici coltivate in Europa hanno portato al sovrapporsi delle stagionalità, provocando un generale calo dei prezzi dovuto ad una maggiore offerta sul mercato. Fino ad oggi, inoltre, Turchia e Marocco erano state considerate le sole minacce per il prodotto made in Spain ma ora la concorrenza arriva dall'interno della stessa Unione europea. Le fragole spagnole si trovano così a dover far fronte a nuovi competitor, che tradizionalmente erano clienti, come Germania, Francia e Regno Unito. Lo scenario poi è ulteriormente complicato dall'offerta proveniente da Italia, Belgio e Paesi Bassi. Tutto questo si va ad aggiungere al costante problema dovuto alla crisi economica che sta colpendo l’intera Unione europea, contraendo fortemente il

potere di acquisto dei consumatori. Segnali positivi sembrano però venire dal governo spagnolo. Il ministro dell’Agricoltura, Elena Vipers, durante un incontro con i rappresentanti di Freshuelva, ha proposto la creazione di un tavolo di lavoro, che abbia come obiettivo una collaborazione proficua tra governo e settore volta a rispondere alle difficili sfide dei produttori. Durante l’incontro il Ministro ha sottolineato la necessità di lavorare insieme per evitare che tali gravi problematiche si ripresentino anche il prossimo anno e di progettare il futuro per superare le attuali difficoltà dovute alla concorrenza di Italia e Francia. (c.b.)

MONDO FLASH

RUSSIA

PERÙ

L’export di agrumi in aumento del 10%. Boom dei mandarini

Durante la stagione in corso l’export di agrumi del Perù potrebbe raggiungere le 110 mila tonnellate, il che significherebbe un aumento di oltre il 10% rispetto al 2013, quando i volumi erano stati pari a 97.500 tonnellate. “In particolare le esportazioni di mandarini Satsuma (delle sub-varietà Owari e Okitsu) potrebbero toccare le 26.000 tonnellate. L'incremento sarebbe del 20% rispetto alle 21.500 tonnellate spedite nel 2013”. A riferirlo il direttore generale dell’Associazione dei Produttori di Agrumi del Perù (Procitrus), Sergio del Castillo Valderrama. La varietà Satsuma è la prima entrare in fase di maturazione in Perù e mentre la campagna di export si estende da fine febbraio a fine aprile/inizio maggio, nel mercato locale è disponibile fino a giugno. www.corriereortofrutticolo.it

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ondo M ondoflash Di tutte le varietà, la Satsuma è la più apprezzata nel mercato domestico grazie alle sue caratteristiche di forte appeal per il consumatore: di immediata fruizione (è facile da sbucciare), senza semi e dalle buone qualità organolettiche. "Tale aumento del 20% è da ricondursi al tipico ciclo di produzione biennale della varietà che genera l’alternarsi di anni caratterizzati da rese importanti ad anni con quantitativi più scarsi; come si dice nel gergo agricolo, 'da un anno on e un anno off '. Questo è un anno 'on' per gli agrumi mentre il prossimo sarà meno carico. Fa parte del ciclo fisiologico delle piante", ha spiegato Sergio del Castillo Valderrama. Il DG ha aggiunto che quest'anno c’è stata una maggior fioritura della sub-varietà Okitsu (precoce) e che si stanno osservando maggiori volumi anche per la Owari, anche se in misura inferiore. Anche altre varietà, come la W.Murcott, stanno registrando un aumento della produzione perché gli impianti stanno entrando nella loro fase di maturità in questi anni, il che significa prestazioni più elevate con performance che tenderanno a migliorare sempre più in futuro. Delle 110.000 tonnellate di agrumi esportati, il direttore generale di Procitrus ha osservato che circa l’87% sarà costituito da mandarini e tangerini, il 10% da arance mentre il restante da pompelmi e limoni. Procitrus rappresenta il 25% della produzione nazionale di agrumi e l’85% dell’export agrumicolo del Perù. L’Associazione raggruppa circa 140 soci tra le aree di produzione di Lima e Ica. (c.b.)

NUOVA ZELANDA

Stanno sbarcando in Europa i kiwi Zespri Sungold Il nuovo kiwi neozelandese Sungold a marchio Zespri sta sbarcando in Europa. Le prime spedi48

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INDIA

Il maltempo fa schizzare in alto i prezzi delle cipolle: +40% zioni sono partite dal porto di Tauranga l'8 aprile scorso, a bordo dell'Atlantic Acanthus, per il porto belga di Zeebrugge, e poi per i mercati europei. Il nuovo kiwi Zespri Sungold viene messo in vendita quindi nel corso di maggio. Il nuovo Sungold, kiwi a polpa giallo oro, punta su caratteristiche come dolcezza, succosità e freschezza. Una campagna promozionale ne accompagna i primi passi sui mercati europei con lo slogan "Lasciatevi sorprendere dalla sua dolcezza".

CILE

Brown Bauzà eletto presidente di Fedefruta

Juan Carolus Brown Bauzà (nella foto a destra) è il nuovo presidente di Fedefruta. l'ssociazione dei produttori di frutta del Cile. Produttore ed esportatore di uva da tavola, Brown prende il posto di Cristian Allendes. Brown tra l’altro è membro del consiglio dell’associazione degli agricoltori di Los Andes e presidente di Biofrutales, consorzio che ha sviluppato tra l’latro nuove varietà di uva da tavola. “Dobbiamo cogliere le opportunità che il settore ci offre. I nostri sforzi dovrebbero concentrarsi sulla creazione di maggior dialogo tra le parti per affrontare più uniti le sfide del mercato. Dall’altro lato dobbiamo creare una legge che possa tutelare i prodotti deperibili durante gli scioperi”.

Il maltempo ha fatto rialzare i prezzi delle cipolle indiane. L'offerta delle cipolle è improvvisamente calata nella seconda settimana di aprile a causa di una serie di piogge fuori stagione e di una grandinata imprevista in alcune zone di produzione del Paese. Tali condizioni hanno provocato un calo della disponibilità di prodotto, favorita anche dalla conservazione volontaria fatta da produttori e intermediari per garantirsi prezzi migliori nei prossimi mesi. Con tali condizioni c'è stata un'impennata dei prezzi del 40% nel principale mercato all'ingrosso indiano. Con ogni probabilità i prezzi si manterranno alti fino a fine giugno, in attesa del nuovo raccolto.

KENYA

Vuole sfondare con i suoi avocados nel mercato europeo Il Kenya punta a diventare uno dei Paesi esportatori di avocados protagonisti in Europa. La naziona africana può contare su due raccolti annui, con coltivazioni sotto l'Equatore, in terreni asciutti, a diverse altitudini (dal livello del mare a circa 2000 metri), con buone rese e qualità dei frutti ottimale. Da alcuni anni, grazie agli standard di qualità nella produzione e nel confezionamento, i prodotti keniani soddisfano le esigenze del commercio internazionale. Però in Europa gli avocados del Kenya devono affrontare l'enorme quantità dei prodotti peruviani, che sono spesso venduti a prezzi inferiori, soprattutto a causa dei costi aggiuntivi di trasporto dei prodotti keniani. Il Paese si sta attrezzando per offrire il volume necessario per essere un protagonista. Ap r i l e

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SCHEDA PRODOTTO

Antonio Felice Emanuele Zanini

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poi”. Sul fronte prezzi, ha ricordato Del Prete “le quotazioni da dicembre sono aumentate del 30%”. Per l'azienda Del Prete la cipolla, commercializzata ogni anno per circa 20 mila quintali, rappresenta uno dei prodotti di punta, assieme all’aglio con 20 mila quintali e la carota con 30 mila quintali. Dei 20 mila quintali di cipolla, circa metà provengono da produzioni nazionali, mentre il 50% arriva da importazioni da altri Paesi, India e Australia in primis. La principale tipologia è la cipolla dorata, il cui mercato è in forte rialzo e che per l’impresa casertana rappresenta circa i tre quarti del commercializzato con 15 mila quintali. Seguono la bianca – 4 mila quintali – e la rossa con mille quintali, a cui si aggiunge una minima parte di cipolla Borettana. Tra il 10 e il 15% della produzione viene esportato. Tutto il prodotto viene commercializzato all'nterno della gdo. L’impresa di Caserta sta puntando molto sulla diversificazione del packaging, “che a livello di immagine e presentazione del prodotto sta assumendo un ruolo sempre più importante”, spiega Pio Del Prete. “Avere una confezione di qualità e comoda è offrire un valore aggiunto al consumatore”. Così l’azienda propone le classiche confezioni retate ma con colorazioni a tema a seconda della tipologia di prodotto – vertabag per i tre tipi di cipolle, mix delle tre tipologie in apposite borsette

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Bianche, rosse, dorate. Un prodotto sempre più interessante dal profilo commerciale, che risponde al mercato con una progressiva segmentazione dell’offerta: confezioni e calibri di tutti i tipi, soprattutto piccole confezioni per rispondere alle esigenze dei singles e dei nuclei familiari di oggi. “Il packaging è strategico”, afferma Pio Del Prete, della Del Prete di Caserta. Le aziende italiane più specializzate, sono in crescita. Dunque, la cipolla non fa solo piangere, anzi. Il calo dei consumi? “A noi non risulta - afferma Stefano Zuccari, presidente dell’azienda veronese Primo Mattino Baratella -. La gente non consuma meno, spreca meno, è diverso”. Dal 20 maggio circa, la nuova campagna della cipolla italiana è cominciata, con buone aspettative, con il prodotto precoce. “Ci sono tutte le premesse per effettuare una buona campagna”, ci ha detto Pio Del Prete. Negli ultimi mesi il mercato è stato condizionato soprattutto dall’Olanda, che, dopo la conclusione delle forniture da parte della Germania, ha distribuito prodotto, “di buona qualità” –afferma Del Prete - sul vecchio continente e non solo. Un monopolio che secondo l’imprenditore campano prosegue fino a fine maggio-inizi di giugno, quando entra in piena produzione la cipolla italiana. Scarse soddisfazioni, quest'anno, per la produzione francese a causa della bassa qualità. “Al momento - ha detto Del Prete nella terza settimana di aprile stiamo consegnando anche prodotto indiano e australiano in attesa della merce nazionale, su cui punteremo da fine maggio in

Spagna e Olanda primi produttori europei, ma l’Italia scopre la qualità e produce tutto l’anno

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La cipolla non fa più piangere grazie alle nuove confezioni

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SCHEDA PRODOTTO da un chilo, mentre da giugno viene presentato un nuovo packaging con minicollo con la cipolla dorata, bianca e rossa a cui si aggiungeranno la borettana e lo scalogno. “Siamo convinti che adattare il packaging in base alle esigenze dei consumatori e al cambiamento delle abitudini di consumo e acquisto sia fondamentale per rimanere competitivi. Fondamentale per esempio è stato creare confezioni apposite per single o famiglie non numerose, in continua crescita, con quantità di prodotto inferiori. Ma oltre a quello anche l’aspetto visivo è importante. Così oltre alle classiche retine con etichetta abbiamo creato confezioni con vere e proprie borsette che il consumatore può riutilizzare”. Sono una decina le aziende protagoniste del mercato della cipolla in Italia. Tra queste la Delfanti Trade s.r.l.di Monticelli d’Ongina (Piacenza) che ha curato in modo particolare la sua presenza alla Fruit Logistica di Berlino, puntando sulla qualità, che del resto è l’unica strada che la cipolla italiana può percorrere. All’interno dello stand ha trovato spazio il Consorzio A.Bi.Pi., realtà giovane ma già ben avviata con i suoi marchi collettivi dedicati ai prodotti tipici piacentini: Cipolla Borettana Piacentina, Cipolla Bianca Piacentina, Cipolla Rossa Piacentina, Cipolla Dorata Piacentina, Scalogno Piacentino. Fruit Logistica è stata il momento per fare il punto a livello internazionale anche su questo prodotto. I Paesi della UE registreranno un calo di produzione delle cipolle, a eccezione della Spagna. Nel 2013 la produzione dell'Unione europea è arrivata a 5,2 milioni di tonnellate di cipolle, con una diminuzione del 6% rispetto alla stagione precedente. Il motivo: la primavera fredda e umida che ha colpito tutti i Paesi europei causando un calo delle rese. Unica eccezione, la Spagna, la cui produzione ha raggiunto

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quota 1,2 milioni di tonnellate (vale a dire, +1% rispetto al 2012). Questo volume le ha consentito di diventare il primo Paese europeo produttore di cipolla, davanti all'Olanda che ha prodotto nell’ultima stagione 1,04 milioni di tonnellate (ovvero, -11% rispetto al 2012). Tornando al nostro Paese, c’è qualcuno che riesce a lavorare tutto l’anno quasi esclusivamente con cipolle italiane. Il ‘miracolo’ riesce proprio all’azienda Primo Mattino Baratella di Santo Stefano di Minerbe (Verona). Ma il risultato, più che a un miracolo si deve a una somma di elementi che esprimono l’alta spe-

adatti, vanno bene per il radicchio rosso”. Il secondo elemento che porta al risultato di una fornitura quasi tutta italiana, è la tecnica di conservazione in celle e anche la scelta di distribuire in un modo adeguata alla conservazione ottimale del prodotto. Solo italiane sono le cipolle dorate, rosse e bianche dolci lavorate da Primo Mattino. Per le bianche c’è un’importazione ridotta da Australia, India e Messico da marzo a maggio. “Produrre italiano paga - aggiunge Chiara Zuccari, sorella di Stefano, direttore commerciale perché la grande distribuzione nazionale, ma anche quella stra-

cializzazione dell’azienda, che quest’anno ha lanciato il marchio “Dolcezza Mia” per la cipolla dolce bianca da mangiare cruda, solo italiana, garantita per 2 mesi l’anno. Il primo elemento della strategia aziendale - spiega Stefano Zuccari, figlio del fondatore Gabriele, oggi ottantunenne - è il rapporto con i produttori. “Abbiamo stabilito con loro - afferma una vera e propria partnership, una integrazione molto stretta, che riguarda i semi, le varietà, le epoche di semina, l’irrigazione. Ci vediamo o ci sentiamo con tutti ogni settimana. E parliamo di aziende di Foggia, del Molise, del Ravennate, di Bologna, di Imola, di Voghera, di Tortona. Da noi, nel Veronese, così come nel Vicentino, la produzione si è molto ridotta; i terreni non sono più

niera che opera in Italia, come al Lidl, vuole prodotto italiano”. La gdo pesa per il 95% sulle vendite dell'azienda e il 30% pesa l’estero. Attraverso Billa, le multiformi confezioni di Primo Mattino Baratella hanno successo in Russia. L’azienda si presenta con 8 confezioni di base che poi si differenziano per peso della confezione e per calibro del prodotto. Un’offerta così segmentata è probabilmente un fenomeno unico in Italia. Ci siamo dilungati sulla Primo Mattino, che peraltro è la numero uno in Italia nella commercializzazione dello scalogno oltre che della cipolla bianca dolce, perché sarebbe un caso da studiare, da prendere a modello. Ci torneremo sopra. emanuele.zanini@corriereortofrutticolo.it Ap r i l e

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SCHEDA PRODOTTO

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Emanuele Zanini

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Il pomodoro nazionale comunque tiene con la Sicilia che vanta un netto primato produttivo e con le zone vocate di Campania, Lazio e Veneto. La crisi dei consumi non ha inciso sulla qualità ma ha frenato la gamma varietale ger Solanacea Italy di Syngenta, anche a livello nazionale l’andamento commerciale del prodotto nell’ultimo periodo è stato positivo in termini di prezzi con punte di oltre 3 euro al chilo per il datterino. Sostenuta anche la quotazione dei miniplum (1,30-1,70 euro al kg) e del costoluto; buone anche quelle del ciliegino e grappolo rosso. L’inverno caldo e umido ha comunque messo a dura prova le coltivazioni specie per gli attacchi fungini (Botrite e Peronospora). Inoltre, a causa della mancanza di temperature rigide, sono continuati i danni da insetti e nematodi che ora, complice la stagione, stanno aumentando. “A livello produttivo – spiega Lazzarin - è sempre più consolidata la tendenza al ciclo lungo che assicura maggiore efficienza in termini di costi e maggiore continuità di offerta necessaria alla distribuzione moderna. Fatto salvo il momento particolare di prezzo, che non trova riscontro nelle altre produzioni di stagione e che trova invece giustificazione, in particolare in alcuni segmenti, nella disponibilità di prodotto in-

feriore alla domanda, in seguito ad una pianificazione produttiva ancora insufficiente abbinata agli anticipi di produzione conseguenti l’andamento climatico, alcuni segmenti continuano a soffrire in termini di profittabilità. Il significativo calo dei consumi rilevato a livello nazionale dal 2009 in poi, in parte conseguenza della crisi internazionale, è uno dei principali problemi che gravano sul comparto ortofrutticolo”, dichiara il manager di Syngenta”. Sebbene in misura minore di altri prodotti questo calo non ha risparmiato il pomodoro: il pomodoro da mensa mantiene un consumo domestico di 9 chili procapite ed è il primo prodotto orticolo acquistato dalle famiglie italiane, escludendo la categoria IV gamma. L’utilizzo, negli ultimi anni, della convenienza economica sia a livello produttivo che distributivo come principale driver ha portato verso un appiattimento degli assortimenti a livello distributivo e alla limitazione dell’investimento in diversificazione e tecnologia a livello produttivo. “For-

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Secondo i dati Fao l’Italia rimane il primo produttore di pomodori in Europa con 5,1 milioni di tonnellate, seguito da Spagna (4 milioni di ton), Portogallo e Grecia con quote inferiori, senza dimenticare il ruolo centrale dell’Olanda per quanto riguarda il prodotto fresco. La Cina invece è il primo produttore mondiale con il 30% dei volumi complessivi. Il Paese della Muraglia assieme a India e Stati Uniti aggrega metà delle produzioni del pianeta. Nel Belpaese la produzione è concentrata in Sicilia con oltre il 70% della superficie complessiva, che oggi, grazie alla estensione dei cicli produttivi, riesce praticamente a rifornire il mercato nei 12 mesi. Il grosso della produzione siciliana è concentrato tra ottobre e giugno-luglio, mentre nei mesi estivi la produzione dell’isola è integrata dalle colture primaverili-estive di Lazio, Campania, Veneto ed altre aree della penisola. Secondo i dati Istat, la bilancia commerciale italiana per il pomodoro da mensa è tornata ad essere positiva in termini di valore, meno nei volumi movimentati. Nel 2013 sono state importate 120.000 tonnellate per un valore di 107 milioni di euro, mentre sono state esportate quasi 110.000 tonnellate per un valore di 180 milioni di euro. Secondo Renzo Lazzarin, mana-

POMODORI

Pomodori, l’aggregazione premia il prodotto estero

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SCHEDA PRODOTTO tunatamente - aggiunge Lazzarin - grazie a qualche, seppur timido, segnale di ripresa a livello nazionale e soprattutto alla crescita dell’export si sta osservando un ritorno di interesse nei confronti della diversificazione e dell’innovazione”. Ciliegino e grappolo rosso sono, infatti, ormai divenuti commodoties soggette alla concorrenza internazionale di Marocco e Spagna per la prima, lo stesso Paese iberico e il Nord Europa (Olanda e Polonia in primis) per la seconda. I nuovi accordi di liberalizzazione degli scambi tra Ue e Marocco favoriscono sempre più l’aumento dei volumi in ingresso dal Nord Africa. In conseguenza di tale situazione si è assistito negli ultimi anni ad un’accelerazione della fisiologica selezione delle aziende di produzione che ha creato pesanti conseguenze non solo sulle aziende di minor dimensione e meno efficienti, ma nel complesso sull’intero sistema produttivo. Dovendo identificare gli elementi su cui puntare nel prossimo futuro, per Lazzarin gli elementi imprescindibili su cui puntare per essere competitivi anche all’estero sono sapore, tipicità e territorio (Made in Italy). “Infine la salubrità dei prodotti e la sostenibilità della produzione nel senso più ampio del termine diverranno sempre più i parametri in base ai quali la produzione e la distribuzione saranno misurate nel prossimo futuro”. Guardando ai Paesi del bacino del Mediterraneo, Turchia e Marocco stanno evidenziando crescite importanti sia in termini di superfici sia di tecnologie produttive, e stanno investendo molto anche in termini di diversificazione varietale. La Turchia oltre al consistente consumo interno è trainata soprattutto dal crescente peso dell’export, in particolare verso i Paesi dell’est Europa. Complice l’andamento climatico caldo e secco che si è osservato in tutta

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l’area balcanica le esportazioni turche hanno fatto registrare una flessione negli ultimi mesi con ripercussioni negative sui prezzi registrati sul mercato. Il Marocco punta tutto sull’esportazione e accresce la diversificazione produttiva con crescite significative di cherry e datterino. La Spagna che pure ha risentito della crisi, ha saputo reagire molto rapidamente grazie soprattutto al traino dell’export che le assicura un forte collegamento ai mercati principali di consumo. “A conferma di ciò – precisa Lazzarin – sono i numeri della scor-

sa campagna che, seppur con un aumento delle problematiche fitosanitarie a livello produttivo, in conseguenza delle condizioni di clima caldo dello scorso inverno, hanno visto una produzione positiva in termini di resa e qualità del prodotto e un aumento delle quote di export”. Sostenibilità, sapore e diversificazione sono oggi gli elementi su cui punta la Spagna sul mercato del pomodoro. In Nord Europa, complice l’andamento climatico dello scorso inverno, si stanno evidenziando prezzi bassi in gran parte delle produzioni orticole, anche se fa in parte eccezione eccezione il pomodoro. Da mettere infine in conto anche la tendenza al consumo di prodotto locale, che si registra soprattutto in Francia, ma in crescita pure in Gran Bretagna e in Polonia. Il mercato del pomodoro è in continua evoluzione, “con il Marocco e la Spagna che si stanno sempre più specializzando in produzioni di alta qualità,

mentre Paesi come la Russia stanno addirittura portando avanti produzioni in loco per essere meno dipendenti dalle importazioni. La lotta continua ad essere dura ma le armi con cui combattere ci sono”. Specializzazione e accurata selezione delle varietà. Parte da qui la strategia del gruppo torinese T18 sul mercato del pomodoro, uno dei cavalli di battaglia dell’azienda piemontese. “Siamo convinti che paghi di più dare un valore aggiunto a poche e selezionate varietà piuttosto che puntare in maniera indiscriminata su tutte le tipologie”, spiega Massimo Longo, direttore commerciale di T18. L’impresa per esempio ha ridotto le varietà a grappolo (tipologia che tra l’altro in Sicilia ha conosciuto un netto ridimensionamento di aree coltivate per rimanere competitivi con gli altri Paesi produttori), mantenendo solo le migliori e le più resistenti, per non avvilire eccessivamente i prezzi. Ottimi risultati si sono riscontrati anche con altre tipologie tra cui si mette in evidenza il Cuore di Bue. “In un mercato dove i consumi si contraggono e dove c’è sempre maggiore attenzione negli acquisti, presentare prodotti di alta qualità e valore, è strategico. E i risultati ci stanno dando ragione, anche all’estero, tra gli scaffali della gdo europea”. Il 2013 per esempio per T18 si è chiuso positivamente con un incremento del 16% sul comparto pomodoro. “Ma nonostante la selezione abbiamo aumentato i volumi”. In questa prima parte dell’anno non ci sono ancora dati ufficiali “anche se nei primi mesi del 2014 i prezzi si sono mantenuti più alti rispetto al 2013, dal Cuore di Bue al Grappolo”, rivela Longo. “Puntare sulla specializzazione credo sia la carta vincente in questo comparto. E da qualche tempo lo stanno intuendo anche le case sementiere che iniziano a concentrare maggiormente gli sforzi solo nelle tipologie che vale la pena davvero portare avanti. Il resto Ap r i l e

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SCHEDA PRODOTTO lo si abbandona”. A metà aprile è partita anche la stagione primaverile-estiva del pomodoro a grappolo olandese. In Italia Cherry Passion, azienda veronese diretta da Stefano Pezzo, si occupa della distribuzione del pomodoro a grappolo olandese a marchio “Vdn” e “Cuori Rossi“ prodotto sempre dal gruppo di produttori olandese Van Nature. “Dopo un inverno piuttosto calmo come vendite - spiega Pezzo la partenza della stagione in aprile è stata caratterizzata da prezzi alti che limitano la domanda, la quale prevalentemente si rivolge al mercato spagnolo e italiano durante tutto il periodo invernale. Le quotazioni attualmente del pomodoro olandese oscillano tra 1,40 e 1,20 euro al chilo ma in previsione caleranno progressivamente, divenendo concorrenziali con il prodotto Italiano”. Cherry Passion offre in aggiunta alla linea di importazione di pomodoro ramato anche un'alta produzione di altri tipi di pomodoro, come il cuore di bue, il tondo liscio, l’insalataro e inoltre completano la gamma di referenze offerte i peperoni california, l’insalata iceberg, l’insalata belga, i porri, i rapanelli, i cappucci e altri articoli. In inverno le produzioni spagnole sono riuscite a spuntare prezzi tra 1 euro e 1,20 euro al chilo, mentre quelle olandesi sono variate tra i 2 e i 2,20 euro franco arrivo. Prezzi più alti rispetto alla concorrenza, quest'ultimi, necessari per sostenere i costi delle evolute tecniche di coltivazione che prevedono sistemi in idroponica fuori suolo abbinate a luci artificiali (che non vengono però utilizzate durante il periodo primaverile-estivo). In inverno le produzioni italiane si concentrano in Sicilia, in diretta concorrenza con quelle della Spagna, mentre in estate il pomodoro italiano è coltivato prevalentemente al nord. Tornando alla situazione di aprile, “dalla seconda metà del mese – aggiunge Pezzo – l’Olanda è en-

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trata in piena produzione con un forte aumento dei volumi di pomodoro olandesi”, che quindi sono arrivati in massa anche sugli scaffali della gdo italiana ai quali si aggiungeranno anche i peperoni california Vdn e le altre referenze estive. “Vediamo come evolverà il mercato. Rimaniamo fiduciosi, ci auguriamo che la domanda in italia rimanga sostenuta per tutto il periodo estivo”, conclude Pezzo. Sull’andamento del mercato del pomodoro, Ivana Marchese e Francesco Loprevite, rispettivamente direttore commerciale e direttore ricerca dell’azienda siciliana Fenix, confermano come “gli agricoltori che si occupano anche della commercializzazione e/o trasformazione hanno sicuramente spuntato dei prezzi migliori, soprattutto perché dialogano direttamente senza interlocuzione e il conferimento viene effettuato in modo controllato e con ampia serietà (qualità e omogeneità del prodotto). Purtroppo soffrono invece parte delle piccole/medie aziende che conferiscono ai box ortofrutticoli locali. Le superfici coltivate riteniamo che siano uguali a quelle degli anni passati, mentre come accade ciclicamente, sono le tipologie che differiscono come fisarmoniche”. Così per i manager di Fenix il ciliegino continua a farla da padrone con dei volumi certamente importanti. “Sono in crescita la tipologia datterino e minipum che ormai da qualche anno non possono più essere considerate nicchie di mercato”. Il grappolo sembra in leggero calo soprattutto dovuto alla crescita esponenziale della tipologia allungata che ha fagocitato la tipologie verde insalataro, tondo e San Marzano. Informazioni quest’ultime che si riferiscono principalmente al mercato del pomodoro siciliano in coltura protetta. Per quanto riguarda la concorrenza estera “non è un novità che Spagna, Olanda e Marocco si propongano sul mercato con un prodotto uniforme e con un apporto

in volumi continuativo nelle diverse stagioni grazie ad una offerta molto più aggregata della nostra (specialmente nel sud Italia è difficile trovare esempi vincenti di cooperativa) e a politiche di sviluppo agricolo più concrete. In Italia purtroppo si stenta ad investire in tecnologia, innovazione e miglioramento del ciclo produttivo per congiunture economicopolitiche e mancanza di riforme nel settore”. “Mi auguro che a cominciare dalla prossima campagna i responsabili commerciali della distribuzione organizzata valutino con maggiore attenzione alcune novità varietali – spiega Marchese - tenendo in considerazione anche le qualità organolettiche del prodotto specialmente il sapore che negli ultimi anni è stato sacrificato totalmente sull’altare della lunghissima conservabilità e della resistenza alle spaccature. Occorre indirizzare le produzioni verso varietà che rappresentino il giusto compromesso tra le esigenze della commercializzazione e la soddisfazione del consumatore”. Fenix lancerà questa stagione sul mercato il ciliegino KronosTY, il grappolo Rossana e il saladette JackpotTY. “Sono varietà con resistenza al TYLCV, semplici da coltivare e dal buon sapore – spiega Loprevite. Il KronosTY rappresenterà un vero cambiamento nella coltivazione del pomodoro ciliegino in serra poiché permetterà di ritornare alla coltivazione verticale grazie ai suoi internodi molto corti. Il pomodoro rosso per raccolta a grappolo e il saladette JackpotTY (a duplice attitudine di raccolta) sono varietà molto produttive che stanno destando particolare interesse tra gli operatori del settore. Il mercato è alla ricerca di varietà ai difficili trapianti estivi siciliani. La Fenix sta adoperando in tale direzione sviluppando dei progetti che rispondano alle diverse esigenze del territorio italiano in collaborazione con enti di ricerca di diverse parti del mondo”. emanuele.zanini@corriereortofrutticolo.it Ap r i l e

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Pietro Barbieri Dopo le varietà di mela club che sono ormai alcune decine sui mercati internazionali - coltivate in quantità limitate e disponibili solo per i membri autorizzati dei club, ora è la volta delle susine. Parliamo più in dettaglio del progetto Metis® (Most Exciting Tasty Inter Specific), una linea di prodotti presentata ufficialmente agli addetti ai lavori nel corso dell’ultima edizione di Fruit Logistica di Berlino. Si tratta, in realtà, di un incrocio tra prugna (70%) e albicocca (30%) che dà origine a un meticcio, da cui appunto il nome “metis”, con aspetto simile a una susina e con caratteristiche organolettiche assai gradite al consumatore. A differenza però di quanto avviene nelle mele club, dove l’innovazione ha un approccio varietale, nel caso di Metis si punta invece ad ottenere uno standard qualitativo omogeneo di eccellenza del prodotto, selezionando numerose varietà i cui migliori frutti, una volta giunti a maturazione, potranno poi fregiarsi del marchio. “Il progetto – sostiene Francesco Calderoni di Vivai Calderoni di Solarolo (Ravenna) rappresentante per l’Italia di Star Fruits, società francese che ha la concessione dello sviluppo varietale di Metis in Europa e già protagonista del successo della mela club Pink Lady – ha alla base gli inter specifici americani di Glen Bradford. È un programma di miglioramento varietale che risale al 1950, che ha visto succedersi ormai 20-25 generazioni di individui e la cui sperimentazione prosegue tuttora su circa 200 selezioni. Questo processo di ibridazione si basa su metodi naturali e prevede l’impollinazione Ap r i l e

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manuale o l’utilizzo di api come vettori. Nel 2014 le prime susine Metis saranno finalmente sul mercato italiano, frutti che però deriveranno ‘solo’ da 14-15 ibridi. Per quanto riguarda le tecniche di coltivazione e la produttività di queste piante posso dire che sono in tutto simili a quelle delle varietà tradizionali”. Il calendario di commercializzazione di Metis prevede l’avvio delle vendite alla metà di giugno e, grazie alla frigoconservazione, il loro protrarsi fino a dicembre. “Il nostro obiettivo finale – prosegue Calderoni – è ottenere una

VARIETÀ & MERCATO

Un incrocio tra prugna e albicocca alla base del progetto Metis

gamma di frutti di eccellente qualità gustativa per tutto l’arco di tempo delle vendite, caratterizzati da buccia di colorazione variabile, dal giallo al rosso ma anche nera, e polpa di colore rosso-rosato, talora tendente al giallo. Tutte queste susine però saranno accomunate dall’elevata gradazione zuccherina (fino a 16° Brix) e dalla consistenza compatta della polpa. Il frutto infatti non si schiaccia e ciò ne rende adatto il consumo anche come snack”. In Italia distributori autorizzati di Metis sono le op Minguzzi di

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V arietà & mercato

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Gincarlo Minguzzi presidente di FruitImprese Emilia Romagna e Alessandro Zani direttore generale della Op Zani

Alfonsine (Ravenna) e Granfrutta Zani di Granarolo Faentino (Ravenna). Il club si avvale in Europa di altre due società leader sui rispettivi mercati: Blue Whale in Francia e Royal in Spagna. Complessivamente, nei prossimi tre anni, i quattro soci contano di mettere a coltura in Europa circa 300 ettari. “Quest’anno – afferma Giancarlo Minguzzi presidente della omonima op e di Fruitimprese Emilia Romagna – commercializzeremo i primi frutti in Italia. Noi pensiamo di metterne in vendita circa 1.000 quintali e grossomodo altrettanti saranno quelli ottenuti da Granfrutta Zani. Finora l’andamento meteo non ci ha riservato sorprese e la stagione produttiva procede nella norma, ma potremo dire qualcosa di più preciso sui volumi attesi solo dopo Pasqua”.

“Abbiamo alle spalle cinque anni di prove – dice Alessandro Zani, direttore generale della omonima op – tutte svolte esclusivamente su impianti ubicati in Romagna. Attendiamo ora le verifiche dello staff tecnico per dare il via agli investimenti anche nel Meridione. Quest’anno la nostra produzione sarà perciò solo su una cinquantina di ettari; si tratta di piante giovani, con rese ancora basse e quindi i volumi di prodotto immessi sul mercato saranno modesti”. Dal punto di vista commerciale, il consumatore potrà acquistare la linea Metis sia attraverso le insegne della distribuzione moderna, sia attraverso un panel di dettaglianti ortofrutticoli selezionati. “Data la specificità del progetto – prosegue Zani – l’omogeneità degli standard qualitativi del pro-

dotto è essenziale per il successo delle vendite ed è per questo che lavoreremo assieme all’op Minguzzi tutti i frutti raccolti. Il prodotto italiano non sarà immesso al consumo prima del 20-25 luglio, ma non è escluso che già in giugno le susine Metis di origine spagnola possano essere presenti su alcuni banchi di ortofrutta del Paese. Per quanto riguarda l’area servita, il prodotto si potrà acquistare senz’altro nei migliori negozi di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana, ma probabilmente anche in qualche insegna della distribuzione moderna del Cento-sud Italia”. “Abbiamo già effettuato test al consumo presso punti vendita della grande distribuzione – dice ancora Minguzzi - e il riscontro è stato molto incoraggiante. La consistenza croccante e al tempo stesso succosa della polpa, il sapore dolce e molto aromatico dei frutti hanno sorpreso e sedotto chi li ha assaggiati”. L’alta qualità del prodotto sarà supportata e valorizzata nel punto vendita da un marketing efficace, articolato su confezioni di diverso formato, con fondo di colore nero ed “esplosioni” multicolori che rendono immediatamente distinguibile Metis da qualsiasi altra referenza esposta. “Inutile dire – conclude Minguzzi – che cosa ci aspettiamo da Metis: lo stesso successo commerciale che sta avendo, per esempio, in Sudafrica e Australia dove è già in vendita”.

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