Corriere della piana n.40

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solo € 1,5 0

Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro - Nuova serie, n° 40, Anno 2016 - “Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - 70% Aut: ATSUD/CZ/518 val. dal 13/10/15”

In regalo SPORT MAGAZINE (24 pagine)

Creatività calabrese per BNL Paribas

Polistena Incontro dei Sindaci con il Forum del 3° Settore della Piana

FIFA Infantino Presidente

Varapodio Class Action NO TAX

8 marzo Donna e dintorni


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Corriere della Piana del 22 Marzo 2016

sommario

Una nuova E- Mail per segnalare insidie stradali

stradesicure@comune.taurianova.rc.it

Strumento nuovo e agevole di collegamento fra cittadini e comune sulla via della trasparenza e dell’efficienza

A

lla luce delle numerose richieste e segnalazioni di disservizi e insidie sul manto delle tante strade in attesa di manutenzione straordinaria o di rifacimento, che i cittadini hanno fin’ora effettuato nei modi più disparati possibili, al fine di offrire loro un modo semplice, efficace e immediato per relazionarsi con il Comune e per evidenziare l’attenzione dell’Amministrazione verso la soluzione di qualsiasi possibile criticità in tempi il più possibile contenuti, il Comune di Taurianova ha ritenuto adottare uno strumento elettronico che consenta ai cittadini di relazionarsi direttamente con l’Assessorato e con i rispettivi settori di competenza, disponendo l’attivazione di una casella di Posta elettronica dedicata, destinata a ricevere le segnalazioni dei cittadini e che andrà a collocarsi a fianco della pagina Facebook e

Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Michele Ferraro, Gianluca Iovine, Giovanni Garreffa, Vincenzo Vaticano, Gaetano Mamone, Caterina Sorbara, Lucia Treccasi, Antonio Spina, Francesca Agostino, Veronica Iannello, Michelangelo Monea, Sac. Letterio Festa, Marinella Gioffrè, Mariano Mazzullo, Mimma Giovinazzo, Deborah Serratore, Gaetano Errigo, Mina Raso, Domenico De Angelis, Domenico Caruso, Diego Demaio. Foto: C. Guillaume, 5+1AA & RSI, Free's Tanaka Press, Diego Demaio. Grafica e impaginazione:

Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@yahoo.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Sede redazione: Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999 La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 22-03-2016 Visit us on

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Editoriale: Ecumenismo semplice Polistena: Incontro dei Sindaci con il Forum della Piana Gianni Infantino nuovo Presidente FIFA

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L'Istituto Teologico Pastorale

Varapodio: Consorzio di Bonifica, imposizioni illegittime

Donna, se’ tanto grande e tanto vali Cinquanta sfumature di donna

Say not to violence

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La Tanzania nel cuore

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Touch me, il guerriero in una mano

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Delianuova: Ricordi a 100 anni della Grande Guerra

Il giorno delle lezioni politica

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Emergency Appeal, Croce Rossa in prima linea

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Il raglio dell'asino

L'otto Marzo dei Giovani Democratici

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di altri strumenti multimediali che rappresentano i primi passi del più ampio concetto di progetto Open Data. La nuova casella E Mail dedicata alla segnalazione di insidie e criticità è: stradesicure@comune.taurianova.rc.it Per i cittadini diventerà così semplice e immediato operare le proprie segnalazioni delle quali - resterà anche a futura memoria - un profilo elettronico di tracciabilità sia per l’utente che ha segnalato che per i servizi che in qualità di destinatari saranno investiti della soluzione della criticità.

Taurianova ricorda il Luogotenente Andrea Mantineo Alfonso Femia, Architetto taurianovese Tanya Borgese, voice di Calabria su Rai2

Laureana di Borrello: Concerto dell'Orchestra govanile

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Don Giuseppe Minasi

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La tradizionale "Affruntata" di Giffone Cos'è il dolore? L'esempio di Maria Anedda "To be? Or May-be?" Rassegna teatrale San Giorgio Morgeto: La festa dei libri e delle Rose "Lo spazio adesso", il nuovo libro di Katia Colica

"L'Anomalia" di Francesco Del Grande

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Mastru Peppi, Rosina e a Calata i Melina

Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio a Terranova S.M.

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I sette vizi Capitali: "L'Invidia"

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Maria nei sacri marmi cinquecenteschi della Piana

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Editoriale

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Le reliquie di San Pio da Pietralcina nella Piana del Tauro

Ecumenismo semplice di Luigi Mamone

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Proiezione della personalità gigantesca di un Santo dei nostri tempi

na delle esperienze in questa sorta di diario di bordo che è la vita di chi scrive, per professione o per diletto poco importa, sulla via asperrima del giornalismo di provincia si lega in queste ultime settimane non tanto a episodi che rappresentino l’esaltazione dell’umano potere di chi opera in campi - disparati quanto si voglia - ma sempre e comunque umani e pertanto fallaci espressione di quella finitezza tanto magistralmente analizzata nella celeberrima “livella” di De Curtis. Il nostro diario di bordo segna infatti due pagine importanti che si legano al trascendente e alla fede. La presenza in forma itinerante in numerose parrocchie della Piana del Tauro delle reliquie di San Pio da Pietrelcina. Fatto - per chi ha il cuore e la mente orami aridamente costipati di cronaca nera, giudiziaria, gossip e messaggi whatsapp - apparentemente secondari e forse banali. C’è ancora tempo e spazio in questo mondo interconnesso dove ognuno crede di essere padrone del tempo e dello spazio informatico scrivendo, credendo di comunicare e di avere amici che mettono “mi piace” a esternazioni di ogni sorta, per dedicare un attimo della nostra vita alla riflessione, alla contemplazione, alla ricerca dell’arche di una vita - la nostra - che sta sempre più snaturandosi - per dirla con montale - in tristi sciali di triti fatti. La presenza di due frati del Convento di San Giovanni Rotondo con le reliquie del Santo della bilocazione, il confessore di migliaia e forse milioni di fedeli che quando era in vita andarono a San Giovanni Rotondo, in una chiesetta piccola antica accanto ad un convento per scoprire che un frate dalla Barba bianca e dal volto ora pacioso ora burbero li stesse scrutando nel profondo delle loro anime anche senza che essi profferissero parole - ha avuto in molti cuore inariditi da overdose di Facebook e di reality l’effetto della scossa di un defibrillatore su chi ha avuto un crollo cardiaco. Due monaci, anziani e austeri, uno un po’ più giovane e pacioso, l’altro - Padre Riccardo per la cronaca del nostro diario di

bordo - ieratico comunicatore e soprattutto capace di trasmettere pur nella semplicità dei concetti - un senso di grandissimo carisma e di una autorevolezza che ha fatti rivedere in tantissimi fra i presenti come in un remake il film della propria vita, ponendoli nella condizione, attraverso la rievocazione della vita e dello stile di vita del Santo confessore - i passaggi cruciali delle rispettive esistenze di ognuno. La presenza dei due cappucci di san Giovanni Rotondo ha riacceso in molti l’entusiasmo verso una esperienza di vita e di fede da vivere non più da disincantati osservatori ma da alacri contadini pronti a lavorare nella vigna del Signore. Che poi questo, realmente accada nel ritorno alla quotidianità è un aspetto diverso e secondario. La routine e le scansioni quotidiane di una esistenza ormai dominata non più dai valori della solidarietà e dell’amore fraterno ma solo dal Dio denaro, dalla tracciabilità e dalla interconnessione, dalla voglia di apparire e dalla bolsa gloria in certa misura tenteranno di soffocare quel soffio vitale dato dall’esempio di vita del Santo di Pietrelcina che fece dell’accettazione della sofferenza e del dolore, anche fisico, provocato da quelle stimmate che marchiarono il suo corpo sparendo poi prodigiosamente senza lasciare traccia o cicatrice nel momento stesso del trapasso. Per questo per migliaia di credenti senza fasce d’età ma solo attratti - e pertanto - uniti dal mistero salvifico della croce che la vita stessa di San Pio ha esaltato, avere la possibilità di sfiorare con le dita in un fugace bacio la teca con le croste di quelle stimmate e il guanto a mezze dita che il frate indossava per nascondere le piaghe sul palmo delle mani, è stata una emozione forte. Sincera, da molti intimamente vissuta e che ha reso tantissimi partecipi di un unico momento: ecumenismo semplice e intensamente vissuto. Ecumenismo semplice ed esempio forte quanto la vita del santo, quanto la personalità gigantesca di padre Riccardo Araldo Missionario di San Pio.


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POLISTENA:

Incontro dei Sindaci con il Forum della Piana del 3° Settore

S

i aprono nuovi orizzonti solidali e partecipativi nel territorio della Piana di Gioia Tauro dopo l’incontro, avvenuto il 15 Marzo scorso, presso il Salone del complesso “Padre Luigi Monti” di Polistena, tra gli appartenenti al Forum del 3° Settore della Piana ed i Sindaci del Territorio. Il Forum, dopo due anni di sommesso ma impegnativo lavoro di costituzione di una rete forte, viva e solidale, si è presentato al pubblico con tutte le sue 47 associazioni di volontariato e cooperative socio-assistenziali, impegnate a favore della crescita culturale e civile del territorio e a servizio delle persone, soprattutto quelle fragili e povere, e dei loro tanti bisogni. All’appello hanno risposto ben 14 dei 33 Sindaci della Piana, tutti peraltro invitati, con in testa i Sindaci dei comuni Capofila dei 3 Distretti Sanitari: il Sindaco di Taurianova, Fabio Scionti; LAUREANA DI BORRELLO ASSIPROMOS

LAUREANA DI BORRELLO AVIS LAUREANA DI BORRELLO Voce Amica

CANDIDONI SERRATA Comitato Pro-Messa in Sicurezza POLISTENA Il Samaritano

il Sindaco di Polistena: Michele Tripodi ed il Sindaco di Gioia Tauro: Giuseppe Pedà. Dopo aver ascoltato la presentazione da parte del Portavoce del Forum, fratel Stefano Carìa, altri tre rappresentanti del sodalizio del 3° Settore: la Dott.ssa Nicoletta Rossi, Lettereo De Domenico e Lorenzo Sibio, hanno relazionato brevemente su tre aree di interesse per il nostro territorio: la sanità, la sicurezza stradale e i diritti delle persone fragili, evidenziando luci ed ombre ma portando anche delle fattive proposte. I Sindaci intervenuti, dal canto loro, oltre ad apprezzare l’iniziativa, hanno rivolto l’invito ad una nuova collaborazione e sinergia con il mondo del terzo settore, apprezzandone l’apporto in termini di professionalità ed umanità, pur consci delle difficoltà che a volte si presentano nell’espletamento dei servizi. Tre le proposte, certamente positive per la nostra Piana, emerse all’esito dell’incontro: la POLISTENA ASPI

ROSARNO Omnia Onlus

POLISTENA AISM G. O. Polistena

POLISTENA AMAZZATECI TUTTI

LAUREANA DI BORRELLO Alleanza Guanelliana di Calabria

GALATRO ADOS

POLISTENA COOP. I.D.E.A.

ANOIA ­ LA PIRAMIDE

ANOIA IMAGINE

Polistena AMICI DEL LUPO

ROSARNO Nasi Rossi con il cuore

SAN PIETRO DI CARIDA’ ARCI SAN PIETRO DI CARIDA’

GIOIATAURO FOND. PINA ALESSIO

GIOIA TAURO Diabaino Vip della Piana

SAN GIORGIO SANGIORGIO SOCCORSO SAN GIORGIO MORGETO Nuovo Mondo

GIOIA TAURO SCIENZA & VITA

MARAPATI­ COOP. FUTURA

GIOIA TAURO ALAGA MAROPATI ASS. ARCOBALENO

PALMI AMICI CASA DELLA CUTURA “Leonida Repaci”

GIFFONE Il Buon Pastore CINQUEFRONDI KALAME’

PALMI Club Unesco Palmi CINQUEFRONDI RICORDI FUTURI

CITTANOVA PROCIV CRO

PALMI Insieme per loro

TAURIANOVA Humanitas CITTANOVA Ass. Familiari Amici Sofferenti Psichici

PALMI COOP. ITACA

PALMI LA DANZA DELLA VITA

TAURIANOVA Auser "Madre Teresa di Calcutta"

SAN MARTINO ABBADIA

TAURIANOVA Ass. Forza per l'autismo

CITTANOVA P.A. CROCEVERDE CITTANOVA UILDM

MOLOCHIO AVIS “BRUNO NOTO”

CITTANOVA IL FARO ONLUS

di Michele Ferraro

presenza nei tre uffici di Piano dei distretti socio-sanitari di un rappresentate del Forum, indicato dalle associazioni aderenti al 3° settore; tre rappresentanti del Forum (uno per ogni distretto) nell’associazione dei Sindaci, “Città degli Ulivi”, per dare voce, nella discussione delle varie tematiche di interesse comune, alle esigenze portate avanti dalle associazioni e cooperative del Forum che ben rappresentano le persone che quotidianamente servono ed assistono, oltre che per rafforzare la presenza del territorio della Piana nel cammino verso la costituenda Città metropolitana. Ultima proposta, la costituzione, in seno all’Associazione dei Sindaci, “Città degli Ulivi”, di una Consulta sulla sicurezza stradale, con l’apporto dell’associazionismo, delle forze dell’ordine e dei tecnici, per migliorare la mobilità del nostro territorio anche in termini di sicurezza. Le proposte, da tutti i presenti accolte positivamente, ci si augura vengano trasformate in operative già dal prossimo incontro che avranno i primi cittadini, come Conferenza dei Sindaci e assemblea “Città degli Ulivi”. D’altro canto, il Forum, nei prossimi mesi, lavorerà per accogliere tutte le altre associazioni e cooperative che lavorano nel territorio della Piana e vorranno aderirvi, redigendo anche un codice etico e di legalità che dovrà essere da tutti sottoscritto, con la comune consapevolezza che “il nostro territorio merita molto di più di quello che ha adesso in termini di risposte ai bisogni di chi necessita di sostegno sociale, di chi è in difficoltà e di chi soffre”.


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Il nuovo Presidente della FIFA di Filomena Scarpati

Gianni Infantino un calabrese a capo del calcio mondiale

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Italo-Svizzero, Gianni Infantino, Segretario Generale della UEFA, è stato eletto quale nuovo Presidente della FIFA, organismo che regola e governa il calcio mondiale. Originario di Reggio Calabria, ha 45 anni, oltre all’italiano, parla correntemente cinque lingue, inglese, francese, tedesco, spagnolo e arabo. Nato a Briga nel 1970, in Svizzera, da padre italiano di Reggio Calabria e madre Lombarda, possiede la doppia cittadinanza svizzera e italiana. Dopo essersi laureato in legge ed essere diventato avvocato, si è occupato di diritto sportivo. In uno dei suoi primi incarichi in ambito sportivo, è stato segretario del Centro Internazionale Studi Sportivi all’Università di Neuchâtel. Nel 2000 inizia a lavorare per la UEFA, nel 2004 diviene direttore della divisione Affari Legali e Licenze per club. Diviene segretario generale dell’UEFA nell’Ottobre 2009. Per conto dell’UEFA negli anni, ha anche gestito i rapporti con entità politiche come la Commissione Europea e il Consiglio Europeo. E’ sposato con una libanese ed ha quattro figlie. Sorpresa quindi, a Zurigo, dove si è deciso il dopo Blatter,

estromesso dalla corsa dopo ben 17 anni di governo indiscusso della FIFA. Il nuovo eletto ha sconfitto al secondo turno il più quotato e favorito Sceicco Salam Al Khalifa: con voti 115 a 88. È stata una giornata lunga e tesa, dall’andamento molto incerta. I 209 delegati dei Paesi membri, ma a votare sono stati in 207, per la sospensione di Kuwait e Indonesia, hanno approvato un pacchetto di riforme e altre nomine di contorno. Antipasto prima del piatto forte: il cambiamento dipenderà da chi sarà a guidare la FIFA. E il compito toccherà a Gianni Infantino, volto dei sorteggi della Champions League, idolo degli “Infantiners”, scudiero di Platini e vera e propria eminenza del calcio europeo. Quello che di fatto era un candidato di riserva, se non fosse intervenuta la squalifica di “Le Roi Michel”, il suo posto sarebbe stato a capo della UEFA, sostenuto da tutta l’Europa, Italia compresa. Ha vinto col suo modo di fare affabile, le battute e i sorrisi. E le promesse: una gestione più democratica, l’allargamento a 40 squadre dei Mondiali, decisiva per accattivarsi le simpatie di Africa e Asia, confederazioni che avrebbero dovuto votare per Al Khalifa e alla fine si sono disgregate. Infantino, invece, ha potuto contare sul sostegno compatto della sua Europa, del Sudamerica e quello pesante degli Stati Uniti, il Paese che con le sue inchieste ha determinato la fine dell’era Blatter. Che i pronostici della vigilia potessero essere ribaltati si era capito già dall’esito del primo turno: Ali (27 preferenze) e Champagne (7) tagliati fuori, testa a testa tra Infantino e Al Khalifa, ma con lo svizzero avanti di tre lunghezze (88-85) e lo sceicco che storceva la bocca alla proclamazione dei risultati. Forse addirittura prima: in strada, le proteste dei contestatori di Al Khalifa, accusato dai dissidenti del Bahrein di aver partecipato alla repressione della rivolta degli atleti nel 2011; in sala, un paio di passaggi del discorso di Infantino interrotti da applausi scroscianti della platea: “I soldi della Fifa devono essere reinvestiti nel calcio e nel suo sviluppo. I soldi della Fifa appartengono a chi ama il pallone. Per farlo serve un leader forte, e per questo sono qui”, a propo-


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sito del fatturato miliardario (5,7 miliardi di dollari negli ultimi quattro anni), che Blatter aveva gestito in maniera discutibile. Questa è una delle sfide che aspettano il nuovo grande capo del pallone. Ma non solo: l’intero l’apparato si è rivelato poco trasparente e corruttibile (lo dimostra il coinvolgimento di tutte le principali cariche, dal presidente al segretario generale). Al Khalifa proponeva di separare la parte sportiva da quella economica, chissà se lo svizzero raccoglierà il suggerimento; per conto suo, ha promesso il controllo di tutti i flussi finanziari, e la pubblicazione di redditi e stipendi dei dirigenti. Quasi certo, a questo punto, l’allargamento dei Mondiali (anche se proprio l’Europa che l’ha sostenuto si è detta contraria). Da decidere anche il destino del suo ex “capo” Platini, che spera nella grazia per restare presidente dell’UEFA. Raccoglie in eredità un’organizzazione ancora ricca e potente, ma in evidente crisi di immagine e governance. “Il calcio ha attraversato brutti momenti. Ma appartengono al passato: ci riguadagneremo il rispetto perduto”, ha detto, Infantino, al momento della proclamazione. Il mondo del pallone se lo augura, anche se non tutti ci credono. Durante la breve conferenza stampa, Gianni Infantino, lo svizzero-calabrese che tifa INTER, ha un pensiero per Michel Platini: “come avete potuto constatare, nei miei discorsi prima dell’elezione non ho menzionato alcun nome, ma è ovvio che i miei ringraziamenti vanno a Michel per i nove anni di lavoro svolti assieme”. L’italo-svizzero non è entrato nei dettagli del suo programma, ma ha comunque ricordato che durante la sua campagna aveva promesso che, nel caso accedesse alla massima carica, non sceglierebbe un europeo come segretario generale. Molte le congratualzioni pervenute al nuovo Presidente dal mondo politico e sportivo calabbrese. Il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria: “congratulazioni a Gianni Infantino,

nuovo presidente della Fifa, e, adesso, ambasciatore della Calabria nello sport più amato del mondo: il calcio”. Lo dichiara il Presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto. “L’affermazione di Infantino riempie d’orgoglio tutti i nostri corregionali. Partito sfavorito, il neopresidente è riuscito a ottenere la maggioranza dei consensi grazie alla sua credibilità, costruita negli anni attraverso il suo lavoro svolto ai massimi livelli amministrativi e istituzionali dell’Uefa. E’ un grande giorno per questa terra. Un figlio di emigrati, capace di affermarsi solo grazie al suo talento e ai suoi sacrifici, è oggi il modello di un nuovo calcio che si presenta con un’immagine pulita e trasparente dopo gli scandali che ne hanno travolto la gestione a livello mondiale nel recente passato. Infantino è l’uomo in cui vengono riposte le speranze per un calcio migliore e gestito con oculatezza. Infantino è onestà, la Calabria è onestà. Ritengo doveroso - conclude Nicola Irto - anche a nome dell’Assemblea legislativa, rivolgere un invito ufficiale al neopresidente Infantino, al fine di conferirgli un’Alta onorificenza da parte di tutta la nostra comunità regionale”. Il Presidente del Coni Calabria :“Questa è una giornata storica per tutto lo sport calabrese, con un reggino al vertice del calcio mondiale”. Lo afferma il presidente del Coni Calabria Maurizio Condipodero. “L’elezione del reggino Giovanni Infantino a presidente della Fifa - continua Condipodero - è motivo d’orgoglio non solo per la città di Reggio, ma per la Calabria intera. Non era assolutamente facile superare la concorrenza di Al Khalifa conclude Condipodero - ma Infantino ha giocato bene le proprie carte portando a casa un successo che inorgoglisce tutti noi. Gli rivolgo un caloroso in bocca al lupo, certo che saprà interpretare al meglio il proprio ruolo”. Da noi e da tutta la redazioni un augurio affettoso di “ BUON LAVORO PRESIDENTE”.


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di Gianluca Iovine

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Il raglio dell’asino

n vecchio swing di Ravasini del 1950, “La classe degli asini”, raccontava una scuola in bianco e nero, divisa per sessi e ruoli, governata da un inutile, eccessivo rigore. Il film “Tutti a squola”, moti anni dopo, immaginava esattamente l’opposto. Ma il troppo rigore e la troppa anarchia fanno ugualmente male a chi cerca di fare cultura e a chi dovrebbe crescere imparando. La scuola e il cinema hanno flirtato a lungo, contribuendo al dibattito sull’insegnamento, producendo pellicole sociali, e dagli

anni Settanta fino a oggi, anche tante commediacce all’italiana dove, il punto di vista diventava per una volta quello di chi sedeva tra i banchi, e magari chi era in cattedra veniva sbeffeggiato o sedotto, specie se si trattava di una bellissima supplente bionda, o di una professoressa di scienze naturali. Era un modo colorito e maschilista di immaginare la rivolta contro gli insegnanti e l’emancipazione della donna, ma almeno raccontava di una scuola umana e definita, dove preside, insegnanti e alunni avevano una loro coscienza di classe. Restare ignoranti era un rischio,

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non una conquista. E certo a nessuna delle polverose istituzioni della Prima Repubblica sarebbe mai venuto in mente di liberalizzare l’ignoranza e di fare un’ostinata e scientifica guerra alla cultura, in nome di una presunta Buona Scuola. Così, dopo Luchetti, Moretti, Bellocchio e i vari Nando Cicero e Sergio Martino, la società italiana si sveglia in rincorsa a una bellezza diversa, e ogni contributo del cinema, anche quello più leggero, viene ignorato, a fronte di una estetica e di un’etica del momento, immediata e instabile, che ai libri sostituisce gli #hashtag e ai presi-


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molto scaturisce da una politica pensata da politici asini

di preferisce i manager d’azienda. Di conseguenza quest’esistenza più rapida e tecnologica, priva di autentici agganci culturali, diventa l’unico modello di riferimento. E qui non è in gioco “La bellezza del somaro” del Castellitto regista, perché l’ignoranza di una generazione di consumatori compulsivi e quasi senza colpe, molto scaturite da una politica pensata da politici asini, che confondendo riforma e controriforma, si dannano l’anima per distruggere una struttura didattica certo migliorabile ma da salvare, privando gli insegnanti di identità e difese, costringendo generazioni di giovani a rinunciare a qualificarsi abbandonando la cultura, e mischiando al peggio l’icastica rapidità di WhatsApp con i tempi di insegnamento, abolendo materie, chiudendo scuole, spostando persone e tagliando fondi, come se la scuola, ai tempi di Wikipedia, fosse diventata inutile; dimenticando che smaterializzare il luogo d’insegnamento vale solo ad allargare la forbice tra sviluppo e sottosviluppo del Paese, finendo con il moltiplicare il numero degli ignoranti fieri di esserlo. Purtroppo quando asini e asine siedono a decine in Parlamento, fianco a fianco con le colleghe e i colleghi più volenterosi di Camera e Senato, e se addirittura i più ambiziosi tra quei quadrupedi sono impegna-

ti a gestire ministeri, ci si spiega l’elemosina di pochi euro per cercare voti, promettendo aggiornamenti e teatro, e illudendosi che davvero vengano comprati libri, da quelle ragazze e da quei ragazzi ormai liberi di non studiare più. Certo, l’asino è animale intelligente, anche se, a detta dei suoi insegnanti, non si applica, restando così ignorante all’infinito, chiuso nella testardaggine di chi non ascolta, fermo sulle proprie zampe e convinzioni, pronto a mordere e a scalciare chiunque cerchi di condurlo, anche se su una strada sicura. Solo così si spiegano le frasi aggressive e le prese di posizione imbelli del Decreto Scuola, dove i firmatari, pur di non ascoltare le piazze in fermento con un milione di persone giustamente in rivolta, hanno preferito andare avanti, o peggio indietro, ragliando le proprie ragioni e di fatto colpendo con un calcio più violento di altri la scuola italiana del confronto, quella della nuova didattica, quella del progresso personale e democratico. Già: capita questo, quando agli asini viene chiesto di fare un lavoro diverso da quello di inerpicarsi sul sentiero di un vulcano spento o di ripararsi dal caldo, fissando la bellezza di una campagna ormai anche lei, proprio come la scuola, a rischio di estinzione.


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di Giovanni Garreffa

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Il giorno delle lezioni in politica

ai pressi della Stazione Termini, ove abitualmente prendevo dimora durante le mie costanti missioni a Roma, ero diretto al Ministero della Pubblica Istruzione, in Viale Trastevere, ma, arrivato all’altezza di Piazza del Gesù, ho trovato tutto rigorosamente transennato; ho realizzato subito che si trattava del funerale di Tony Bisaglia, parlamentare di lungo corso e leader politico di tutto rispetto, della cui morte, nell’incidente di barca, durante i giorni precedenti i mezzi di comunicazione di massa avevano dato dettagliato resoconto. Forzatamente ivi bloccato, vi ho speso una mezz’ora del mio tempo e logicamente ho cercato di saperne di più; il Presidente Pertini era già arrivato con scrupolosa puntualità ed aveva preso posto naturalmente in prima fila, mentre all’esterno si registrava ancora un viavai di politici, che si affrettavano, con passo lesto, a raggiungere la Chiesa dei Gesuiti. Tra questi ricordo, in particolare, Donat Cattin, Cicciomesssere, Capanna e tanti altri di tutti i partiti politici. Era per me la prima lezione della giornata, che mi riservava altre sorprese del genere, di cui qualcuna anche amaramente negativa; con viva

soddisfazione, toccavo con mano, intanto, che il germe della democrazia, nonostante tutto, si era fatto tanta strada, specialmente richiamando alla mia memoria altri tempi, in particolare retrodatando il ricordo ai funerali del grande statista che ha fatto risorgere il Paese dalle macerie della seconda guerra mondiale, cioè del Presidente del Consiglio dei Ministri della ricostruzione, di nome Alcide De Gasperi. Ho raggiunto con ritardo il palazzo della Minerva, ove ho lavorato per tutta la restante mattinata. Nel primo pomeriggio, poi, avevo appuntamento, sempre in quella piazza, nella sede del mio partito, con un parlamentare calabrese; i commessi conoscevano già il mio nome, perchè segnalato da chi mi avrebbe dovuto ricevere, ma ero anche un viso conosciuto, perchè frequentavo assiduamente quegli uffici. Mentre il centralinista segnalava il mio arrivo, sfrecciava, con incedere affrettato e sguardo a terra, verso l’ascensore, ubicato alla sinistra rispetto all’entrata, l’onorevole Vittorino Colombo, altro esponente di primo piano del partito, il quale mi sono accorto che non aveva salutato gli uscieri, mentre, invece, loro, come di preciso dovere, lo avevano vistosamente ossequiato. L’episodio,

per verità, mi ha lasciato l’amaro in bocca; non concepivo assolutamente allora e non concepisco, a maggior ragione, alla mia ormai non giovane età, che un parlamentare, tanto più se trattasi di un ministro della repubblica, non dimostri deferente rispetto per chicchessia, specialmente nei confronti di un lavoratore. Dopo qualche istante, in gessato blu, arrivava il Senatore Francesco Cossiga, allora Presidente di Palazzo Madama, che, naturalmente, si è premurato di salutare, con fare pienamente ossequioso e non affrettatamente, tutto il personale che presidiava l’entrata; casualmente, ci avviammo insieme verso l’ascensore, ove, intanto, si era avvicinata anche una signora, che nulla aveva da spartire con la politica, in quanto l’intero stabile non era completamente occupato in esclusiva dalla Democrazia Cristiana. Con gesta alquanto distinto, in nobile sardo ha invitato la signora ad accettare la precedenza, così come ha replicato, bontà sua, con me, ed insieme abbiamo guadagnato il secondo piano, orientandoci, ovviamente, in direzione di uffici diversi. Giornata di messaggi significativi; allora la politica era capace di elargire anche lezioni di stile!


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Alcuni momenti della riunione di agricoltori nella sala consiliare con il sindaco Fazzolari, l’avv. Trinci e l’avv. Iemma.

Consorzio di Bonifica imposizioni illegittime Vittoriosa class action del comune di Varapodio

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arapodio - Esattamente nel 2012 - l’Amministrazione comunale, con una doppia delibera del Consiglio e della Giunta, decideva di ricorrere al tribunale civile per ottenere dal giudice ordinario lo “svincolo” del territorio comunale dal bacino del Consorzio e il riconoscimento dell’illegittimità dei tributi richiesti agli agricoltori. Affiancato dall’Avvocato Elena Trinci - nominata per sostenere le ragioni del Comune nei diversi gradi di giudizio - il Sindaco Orlando Fazzolari ha, a suo tempo, illustrato i motivi della “battaglia” intrapresa contro l’ente pubblico. Contestualmente alla costituzione in giudizio, era stato predisposto ed inoltrato nel Gennaio 2013 un maxi ricorso (diviso in due “tranche”) in via giudiziaria alla Commissione tributaria competente per contestare e bloccare il pagamento di tutte le cartelle emesse dalla società di gestione dei tributi. Una “class action” che - avviata da circa 50 agricoltori - è giunta, dopo tre anni di “lotta”, ad una prima e positiva svolta per effetto di una decisione giudiziaria «considerata storica e destinata a costituire precedente giurisprudenziale in materia tributaria». La Commissione tributaria provinciale (giudici Paolo Marcianò, Caterina Asciutto, Vincenza Antonio Bellini), con recente sentenza, ha infatti decretato nella fattispecie, l’illegittimità dei tributi richiesti agli agricoltori e ha condannato l’ente pubblico al pagamento delle spese giudiziarie (non alla compensazione) poiché - si legge tra tante altre cose - nell’articolato disposi-

tivo del “verdetto” «Il Consorzio non può imporre indiscriminatamente contributi su tutti gli immobili siti nel Comprensorio, ma solo sui terreni che traggono benefici dalle opere di bonifica». E’ stato in pratica riconosciuto quanto sostenuto dai cittadini e dal Comune nel ricorso e cioè «se gli associati non traggono alcuna utilità è legittimo sottrarsi ad un obbligo in base ad un elementare principio che nulla è dovuto in mancanza della relativa controprestazione».Ad illustrare l’importanza di questa prima “vittoria” ai numerosi agricoltori “convocati” nell’aula consiliare è stato il Sindaco Orlando Fazzolari e l’Avv. Elena Trinci la quale - con dovizia di particolari - ha illustrato le fasi tecniche relative all’intera vicenda cui ha dedicato un particolare approfondimento in relazione alla complessità delle leggi che la regolano. Presente alla conferenza stampa l’Avv. Antonio Iemma, presidente provinciale della “Confconsumatori”, anche lui impegnato in analoghe vertenze in altre zone. «Per prima cosa - ha detto il Sindaco - notificheremo la sentenza alla controparte, invitandola ad evitare per il futuro l’iscrizione a ruolo dei tributi dichiarati illegittimi e l’emissione di nuove cartelle di pagamento. In caso contrario - ha aggiunto - non esiteremo a ricorrere

di Vincenzo Vaticano

immediatamente alla Procura della Repubblica perché la stessa ravvisi eventuali reati di abuso d’ufficio o altro. Ha prospettato - quindi - agli agricoltori presenti la possibilità di richiedere al Consorzio la restituzione di tutti i tributi pagati indebitamente negli ultimi dieci anni. Per indurre il Consorzio ad ottemperare al giudicato della Commissione tributaria e a evitare ulteriori e dispendiose vertenze che lo vedrebbero sicuramente soccombente ha, infine, dichiarato che chiederà alla Prefettura, quale organo istituzionale di conciliazione tra cittadini ed enti, l’organizzazione di un tavolo tecnico tra le parti per dirimere definitivamente la controversia. L’Avv. Trinci ha voluto evidenziare che la “class action” intrapresa risulta essere la prima che viene acccolta. «In precedenza - ha specificato - la Commissione tributaria ha accolto si, singoli ricorsi in materia, ma le “class action” le ha sempre rigettate».


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L’otto Marzo dei Giovani Democratici di Gaetano Mamone

Donna è... Donna e...

Partecipato Convegno a Taurianova

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n 8 Marzo ricco di appuntamenti a Taurianova. La giornata dedicata alla donna è stata incastonata dall’amministrazione comunale nel contesto di un insieme di manifestazioni articolate nell’arco di una settimana e denominate la settimana della donna ricche di happening e momenti di riflessione. Particolarmente importante per la qualità delle proposta il convegno “donna è…donna e” organizzato dal circolo dei Giovani Democratici di Taurianova e che è stato moderato da Alberto Alessi. L’incontro molto partecipato ha visto il saluto e l’intervento del vicesindaco di Taurianova, Carmela Patrizio, che ha evidenziato il significato della festa della donna e il ruolo e l’importanza della sua partecipazione in ambiti sempre più importanti. È seguito poi l’intervento dell’Assessore alle politiche sociali Raffaella Ferraro e quello di Giacomo

Larosa. Ha poi concluso la Prof. Consuelo Nava docente presso l’Università di Reggio Calabria, che ha tracciato un quadro attualissimo e stimolante della realtà femminile vista sotto molteplici punti di focalizzazione e pertanto Donna è - come essere ed essenza e donna è come elemento catalizzatore e di tra-

scinamento per moltissimi altri campi: la famiglia, la maternità, il lavoro. Un universo, quello femminile che è ben lungi dall’essere legato all’immagine veterofemminista o trado femminista che vedeva la donna rivendicare - per un giorno all’anno - un ruolo che oggi le è pacificamente riconosciuto tutto l’anno.


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L’otto Marzo a Taurianova

Donna, se’ tanto grande e tanto vali Riuscito happening curato per l’Amministrazione dal Consigliere Maria Stella Morabito

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ell’ambito degli eventi, organizzati dall’Amministrazione Comunale, per la Giornata Internazionale della donna, si è svolto nell’elegantissima cornice del salone dei matrimoni dell’ex Palazzo Municipale un raffinato salotto letterario curato dal Consigliere Avv. Maria Stella Morabito. Tema centrale dell’evento itolato “Donna, se’ tanto grande e tanto vali” è stata la riflessione di carattere mariologico del parroco di Rizziconi e Drosi, Don Nino Larocca. Preziosa catechesi - questa - sulla figura della Madonna, da ricordare in ogni momento della vita. Don Larocca ha detto:” Miriam, l’Amata, Colei che accoglie. Essere amati è una grande realtà più grande di amare. Essere amati vuol dire essere realizzati. Colei che accoglie è la forma più alta della grandezza della Madonna. Nel suo io entrano le tre grandi dinamiche che sono le relazioni. Ogni persona ha bisogno di relazionarsi: con sè stesso, con gli altri e con Dio. Dobbiamo accostarci a Lei cercando di vedere una personalità e cogliendo tutta la sua ricchezza. Per conoscere la Madonna le fonti sono i Vangeli, dai Vangeli cerchiamo di cogliere la sua personalità. Negli episodi dove Lei è presente, come per esempio l’Annunciazione. Dopo l’annuncio da parte dell’Arcangelo Gabriele, Lei si interroga, cerca un significato, vuole capire. Chiede a Gabriele come è possibile, vuole un significato e lo riceve in un modo incomprensibile; da un progetto dove, Lei

capisce di essere parte attiva e dice Si, in piena libertà. Lei è libera di accettare, è autonoma davanti a Dio. Capisce che quella è la sua missione, dice si indipendentemente da Giuseppe, di fronte ad una cultura dove il suo si, significava andare incontro alla lapidazione. L’Arcangelo Gabriele le da un segno, parlando di un’altra donna Elisabetta. Maria va da Elisabetta e sta con lei, fino alla nascita di Giovanni. A casa di Elisabetta Maria intona il Magnificat, divenendo così rivoluzionaria. Dio è dentro la storia e Lei capisce la sua grandezza, Lei legge la storia da donna. In seguito, la Madonna, si sottomette alla legge: il Censimento di Quirino e parte anche se sa che sta per partorire. Per salvare Gesù diventa extracomunitaria in Egitto, lascia ogni cosa”. Don Larocca, a questo punto, racconta di una donna africana che pregando, si rivolge alla Madonna dicendo: ”Madre, ricordati che quando sei stata Tu extracomunitaria, l’Egitto ti ha accolta, fa che adesso noi che dobbiamo andare via veniamo accolti”. Continuando Don Larocca dice: “La Madonna non subisce le cose, ma va in profondità, ha lo sguardo penetrante, si accorge subito, non aspetta, è intuitiva, come nell’ episodio delle Nozze di Cana, dove prevede che il vino finirà, quando le anfore erano ancora piene. Lei mette sempre al centro la persona, si interessa delle persone ed è sempre in costruzione. Per esempio, quando Gesù nasce, ascolta il racconto dei pastori e conserva tutto nel suo cuore. Infine, Don Larocca, conclude citando una frase

di Caterina Sorbara

di un poeta armeno: ”Ricordate che la condizione perché il cielo desse il figlio alla terra era che la terra desse la madre al cielo”. La parte squisitamente letteraria è stata coordinata dalla poetessa Maria Frisina, Presidente dell’Associazione Cult. “Geppo Tedeschi” con brani interpretati dall’attrice taurianovese Francesca Lazzaro accompagnata dalla maestra di pianoforte e canto lirico Maria Francesca Esposito, che ha anche intonato sulle musiche del maestro del Coro della Cappella Sistina Mons. Frisina, i primi versi dell’ultimo canto del paradiso dantesco. L’Avv. Maria Stella Morabito, ha sottolineato che l’Amministrazione Scionti vuole aprirsi al dialogo territoriale, valorizzando la centralità che Taurianova ha nella Piana del Tauro, investendo sulla cultura, con le risorse locali. Toccante la lettura dell’Avv. Luigi Mamone dello “Epicedio per la Signora che si allontana” lirica di Emilio Argiroffi, dedicata alla madre e che è stata interpretata con un pathos capace di emozionare il pubblico. L’Avv. Mamone, nel suo intervento iniziale, ha ribadito la volontà dell’amministrazione di elevare culturalmente la città. Ha concluso l’evento il Sindaco Fabio Scionti, che ha ringraziato l’Avv. Maria Stella Morabito per la buona riuscita degli eventi, da lei fortemente voluti e organizzati. Inoltre il Sindaco ha ricordato la scrittrice Isabella Loschiavo. Presto verrà riaperta l’Università della Terza Età e del tempo libero, a riprova che l’amministrazione è impegnata a 360° nell’ambito culturale e territoriale.


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Trizzino riceve da Veneto e Militano una creazione dell’orafo Magazzù a ricordo della donazione

di Caterina Sorbara

S

i sono aperte ieri, al Centro Sociale di Amato di Taurianova, le celebrazioni per la Giornata Internazionale della Donna, fortemente volute dall’Amministrazione Comunale, guidata dal Sindaco Fabio Scionti, e dall’Assessore alle politiche sociali e alle pari opportunità Raffaella Ferraro in sinergia con le associazioni presenti sul territorio. L’associazione Culturalmente di Amato, presieduta da Maria Fedele; l’Associazione Amici del Palco di Taurianova, presieduta da Giacomo Carioti e l’Associazione Il Castello di San Martino, presieduta da Francesco Rodinò, hanno presentato: “Cinquanta sfumature di Donna “ recital volto ad evidenziare che, il ruolo della donna non è più quello di chi vive una condizione di subordinazione e sottomissione sociale ma rappresenta una componente poliedrica della società in quanto cumula in se i ruoli antichi di mater e mulier con quelli moderni di elemento catalizzatore e coordinatore di molteplici campi d’impegno lavorativo: scientifico, politico, culturale e familiare; un universo in fermento continuo e in continua creatività. Dopo i saluti della Presidente dell’Associazione Culturalmente, Maria Fedele che, si è soffermata sull’importanza dell’evento; Michela Monterosso, ha letto

Il Sindaco con i premiati e la Giuria

Cinquanta sfumature di donna una breve riflessione sulla donna, ricordando tutte le donne vittime delle violenze. La Monterosso ha precisato che bisogna celebrare le donne tutti i giorni e non solo l’otto Marzo. A seguire è stato proiettato un video, dove sono state ricordate le donne che hanno lasciato un segno nel corso della storia dell’umanità, come per esempio: Santa Giovanna D’arco, Rita Levi Montalcini, Oriana Fallaci, Dacia Maraini, Madre Teresa di Calcutta, fino alle raccoglitrici della Piana del Tauro, donne forti, determinate, che con i loro sacrifici, hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della Piana. Subito dopo, Pino Spinelli, moderatore dell’evento, ha tracciato un excursus sulle lotte fatte dalle donne nel corso della storia, fino ad arrivare alla celebrazione dell’otto Marzo. Il reading poetico è stato curato dalle poetesse Caterina Sorbara, con le poesie: “A Grazia Mamone” (in omaggio alle donne calabresi) e “Io Sento (dedicato a tutte le donne innamorate) e Marzia Matalone, con le poesie “Sette volte” e “Ginegirico” dedicate alle donne. Nel corso della serata è stata ricordata la scrittrice e poetessa Isabella Loschiavo Prete, figura di spicco nel panorama culturale taurianovese. Tre sue poesie sono state lette da Maria Rosa Ferraro. Dopo la lettura delle poesie, il figlio ha raccontato degli aneddoti, inerenti la figura

della madre. L’assessore Raffaella Ferraro, ha annunciato che, a breve, l’Amministrazione Comunale bandirà un concorso letterario nel quale un sezione sarà dedicata alla scrittrice e il consigliere comunale Avv. Maria Stella Morabito ha confermato che è già stata deliberata dalla Giunta la riaperta dell’Università della Terza Età e del tempo libero che fu istituita proprio dalla defunta scrittrice e giornalista che durante la sindacatura Argiroffi ebbe l’incarico di Assessore alla Cultura. La serata è stata impreziosita dalle canzoni di Ivan Barbitta accompagnato dal chitarrista Mimmo Licopoli e dalle musiche del violinista Davide Schirripa. Il momento dedicato alla pittura, ha visto come protagoniste le pittrici: Maria Fedele, Giusy Gaglianò, Antonella Larosa, Natalina Fucile e Stefania Musolino. I quadri esposti, sono stati apprezzati dal numeroso pubblico presente in sala. Un dolce rinfresco ha concluso l’evento che, ha registrato la presenza di un numeroso e attento pubblico. Numerose le presenze politiche: l’Assessore Provinciale Roy Biasi; il vice Sindaco Carmela Patrizio; l’Assessore Raffaella Ferraro; i Consiglieri comunali Rosalba Ascone; Maria Stella Morabito Maria Teresa Gerace; Filippo Lazzaro, Pino Falleti, Antonio Caridi; Raffaele Scarfò e Maria Teresa Perri.


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Touch me Il guerriero in una mano di Caterina Sorbara

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i è conclusa al centro sociale di Amato di Taurianova, la settimana di eventi organizzata dall’Amministrazione Comunale di Taurianova, inerenti la Giornata Internazionale della donna. Eventi fortemente voluti dal Sindaco Fabio Scionti e dall’assessore alle politiche sociali e pari opportunità Raffaella Ferraro, dove la donna è stata celebrata in tutte le sue sfumature. Protagonista dell’evento conclusivo è stato un interessante libro, dal titolo “Touch Me - Il Guerriero in una mano”, Luigi Pellegrini Editore, scritto dalla Dottoressa Maria Raffaella Ramundo, del reparto di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza. Un libro che affronta il problema delle nascite premature. Dopo i saluti introduttivi della Consigliera Comunale di maggioranza, Rosalba Ascone, ha presentato e moderato l’evento la Dott.ssa Angela Crea, mentre Maria Fedele, presidente dell’Associazione CulturalMente, ha curato la recensione. La Fedele, dopo aver letto una sua poesia sulla bellezza di essere mamma; nel suo intervento, ha precisato che il libro racconta le storie di genitori pieni di speranza, la speranza che il loro bambino possa farcela, fino ad arrivare ad avere una vita normale. Un libro ricco di bellezza e speranza, dove si evince la sti-

ma che i genitori nutrono per la Dott.ssa Ramundo e il suo team, definiti angeli azzurri. Tante le storie, non tutte a lieto fine. Nel reparto dove sono ricoverati i bambini, viene descritta la felicità dei genitori, quando per la prima volta prendono in

braccio i loro bambini. La Fedele ha concluso il suo intervento, dicendo che il libro merita un posto particolare, tra i libri che ha letto, perché è un libro che fa riflettere, sulla bellissima condizione di essere mamma e sui sacrifici e le sofferenze dei bambini prematuri e dei loro genitori. La Dott.

ssa Maria Raffaella Ramundo, durante il suo intervento, dopo aver ringraziato tutti per la calorosa accoglienza, con l’ausilio di diapositive, ha illustrato il reparto dove i bambini prematuri lottano tra la vita e la morte. Reparto diretto dal Dott. Gianfranco Scarpelli. Continuando il suo intervento, la Dott.ssa si è addentrata nella delicata tematica, indicando la prassi da seguire e il tipo d’intervento più idoneo per superare le difficoltà iniziali del momento ed affrontare un percorso sereno, quando il bambino torna a casa e inizia la sua vita con i genitori. L’Avvocato Maria Stella Morabito, Consigliere Comunale di maggioranza, ha relazionato sul tema “Partorire in anonimato si può”, soffermandosi sulle disposizioni legislative, inerenti i parti in anonimato. La Morabito, nel corso della sua disamina, ha fatto riferimento alla legge che assicura piena assistenza alle partorienti, dando loro la possibilità di lasciare il neonato in ospedale nel più totale anonimato, evitando conseguenze drammatiche per il futuro dei neonati. In Italia adesso la culla termica ha preso il posto dell’antica ruota. Toccanti sono state le testimonianze di alcuni genitori di bambini prematuri: Jessica Ascone, Vincenzo Gioffrè e Lucia Monteleone. L’evento si è concluso con l’intervento del Sindaco di Taurianova, Fabio Scionti.


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di Lucia Treccasi

Say not to violence

Una mostra fotografica per dire no alla violenza sulle donne

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a violenza sulle donne costituisce una delle maggiori piaghe della società, poiché c’è ancora troppo silenzio, troppa omertà, che protegge e nutre la prepotenza di chi si macchia di un tale reato. Cambiare il modo di pensare e di agire è la strada giusta per dire no alla violenza. Le donne non devono essere il bersaglio facile dei loro aguzzini, ma at-

protagonisti delle foto che rappresentano diverse situazioni in cui si consuma la violenza. Immagini che riportano dei veri e propri messaggi espliciti, che raffigurano gli stati d’animo delle vittime e che rispecchiano non solo una violenza fisica ma soprattutto una silenziosa violenza piscologica. Scatti dal forte impatto emotivo, che rappresentano situazioni spesso celate dall’ombra del silenzio e della pau-

traverso la lotta, la ribellione, la denuncia possono uscire dalla rete di violenze in cui sono prigioniere. È questo l’obiettivo della mostra fotografica “Say no to violence against women!”, organizzata dal fotografo Mirko De Maio e da un gruppo di ragazzi (Domenica Pisano, Domenica Zinghinì, Giovanna Foti, Ines Palumbo, Jessica Strangio, Maria Antonietta Carpinelli, Tania Petullà, Vincenzo Rustico),

ra, ma che servono a scuotere le coscienze dal torpore e dall’indifferenza. «Abbiamo cercato di dare un messaggio positivo per far riflettere, poiché in queste foto si passa dalla violenza a quello che dovrebbe essere il normale rispetto della persona, prima ancora che della donna», sostiene Mirko De Maio che spiega come le foto abbiano una funzione educativa, in quanto devono portare l’osservatore ad

una valutazione sulle conseguenze della violenza. Una sequenza fotografica che si conclude con una concezione ottimistica e raziocinante: “Tua nonna ti ha dato tua madre. Tua madre ti ha dato la vita. Tua suocera ti darà tua moglie. Tua moglie ti darà i vostri figli. È necessario un altro motivo per rispettare le donne?”. Una vera e propria campagna di sensibilizzazione che deve essere un monito per indurre alla riflessione e al rispetto, poiché è inaccettabile che le donne siano ancora vittime indifese di una violenza che non ha nessuna giustificazione. La mostra è stata ospite in diverse location, presso il Palazzo Comunale di Oppido Mamertina, a Taurianova nell’ex Palazzo Municipale e nei locali della Società di Mutuo Soccorso di Oppido Mamertina, ma che probabilmente avrà anche altri appuntamenti per i numerosi consensi e le proposte ricevute.


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Celabrata una messa in suffragio nella Chiesa Maria SS. delle Grazie

Taurianova ricorda il Luogotenente Andrea Mantineo di Antonio Spina

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o scorso 13 Febbraio è stata celebrata a Taurianova, nella Chiesa Maria SS. delle Grazie, una messa in suffragio del Luogotenente dei Carabinieri Andrea Mantineo, venuto a mancare il 14 Gennaio u.s. ad Ostia, a 67 anni, a causa di una grave malattia. Alla cerimonia hanno presenziato il Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Taurianova Dott. Marco Barone, il Luogotenente Gaetano Vaccari, i Marescialli Sergio Braga e Mario Raia, il Dott. Michele Mammola, ex ostaggio dell’Anonima sequestri e legato - pertanto da un sentito vincolo di riconoscenza verso Mantineo che aveva contribuito alla sua liberazione i - l’Assessore Avv. Luigi Mamone, delegato dal Sindaco Scionti a rappresentare l’Amministrazione, ha consegnato ai familiari presenti una pergamena commemorativa e il Sindaco di Soragna, comune della provincia di Parma, Salvatore Iaconi Farina che sul finire degli anni ’70 - da Carabiniere - prestò servizio a Taurianova rimanendo fortemente legato da un rapporto di amicizia nei confronti di Mantineo e di affetto verso la cittadina pianigiana. Il Luogotenente Andrea Mantineo aveva trascorso la prima parte

della sua carriera presso la Compagnia dei Carabinieri di Taurianova, ricoprendo in maniera altamente professionale il suo ruolo e lavorando al fianco di militari del calibro dell’ attuale Generale Luongo - che fu suo comandante - e del capitano e futuro colonnello Cosimo Fazio. La sua permanenza a Taurianova si prolungò per un ventennio: dal 1976 al 1996. Durante questo lungo arco di tempo che coincise con il periodo più buio di Taurianova a causa dei tragici e sanguinosi legati alla strage di Razzà del 1977 e del “venerdi nero” del 1991 comandò il nucleo Operativo della Compagnia e per i suoi meriti fu insignito della cittadinanza onoraria a Taurianova e in altrei tre comuni della Piana. Mantineo viene ricordato come militare lodevole e audace che possedeva uno spiccato senso investigativo attuando, in quegli anni unitamente ad alcuni uomini fidatissimi, una notevole azione di controllo del territorio e di contrasto alle ‘ndrine di Taurianova e della Piana che portò alla cattura di 34 latitanti ed al ritrovamento di ingenti quantità di armi. Successivamente, Mantineo fu trasferito a Ostia dove proseguì la sua carriera sempre impegnandosi nella lotta contro la criminalità che anche nel litora-

le romano era foremente radicata e presente nel settore dello spaccio di droga e del racket delle estorsioni. Erano gli anni, in cui i clan emergenti e gli appartenenti alla Banda della Magliana si contendevano il territorio su cui si consumavano omicidi eccellenti e si faceva confluire a bordo degli aerei dello scalo di Fiumicino grosse quantità di droga che servivano a rimpinguare e a rendere sempre redditizio il mercato romano. In pensione da appena due anni era rimasto un punto di riferimento per colleghi e amici restando fra chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sempre vivo il ricordo oltre che di un militare di eccelse virtù cosi come giustamente definito nella paergmanea offerta dall’Amministrazione Comunale ai familiari - di una persona, schietta e riservata col sorriso gentile e lo sguardo pieno di luce che ha sempre pervaso il suo modo di essere tanto in servizio quanto nella vita privata. Perciò, con la celebrazione di una messa alla sua memoria si è voluto dare un giusto omaggio ad una persona che ha fatto della legalità il fondamento della propria esistenza, fornendo il migliore esempio a tutti coloro i quali operano a servizio dello Stato.


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RBN © L. Boegly

Foto © C. Guillaume - Immagine Arch. Alfonso Femia

Nel Gotha dell’Architettura mondiale di Francesca Agostino

È

Alfonso Femia

L’Architetto taurianovese firma la nuova sede romana di BNL Paribas

in perfetta soluzione di continuità rispetto al complesso infrastrutturale della nuova Stazione ferroviaria Cavour - Stazione Tiburtina di Roma (lo snodo principale dell’alta velocità sulla direttrice nord-sud) che il gruppo BNL - BNP Paribas ha identificato l’area in cui collocare la nuova sede operativa per le proprie attività finanziarie. Un nodo nevralgico urbano che, una volta a regime, concentrerà un flusso di 3.600 persone, tra amministratori, dipendenti e collaboratori, di cui la stragrande maggioranza, utilizzerà i mezzi di trasporto pubblico per andare a lavoro. Una rivoluzione virtuosa del modo di vivere la città, che, come ci racconta l’Architetto Alfonso Femia, originario di Taurianova, co-fondatore dello studio 5+1AA che ha progettato la struttura, colloca il progetto “al fianco delle operazioni urbane internazionali tra le più virtuose”. Di seguito proponiamo dunque un’intervista a tutto campo, sottoposta all’illustre ed encomiabile Architetto italiano, Alfonso Femia. La nuova sede della BNL-BNP Paribas, seppure ancora in costruzione, già risulta altamente comunicativa: un mix di idee, principi e valori, quali trasparenza e pubblicità, ma anche la suggestione di un viaggio, di un’esperienza e di un’organizzazione solida e sicura. Quanto di tutto questo c’è in questo ambiziosi progetto? “Amo pensare”, racconta Femia, “che il progetto sia una forma di viaggio. Nel viaggio ricerchiamo sempre compagni con cui condividere le nostre domande, i nostri dubbi che possano portare a possibili risposte. Spesso questi non sono “viventi” e nemmeno architetti e pertanto sono i più preziosi, i più sinceri. Nel viag-

gio del progetto per BNP Paribas la guida non è stata l’esigenza di dover creare un simbolo, un luogo di comunicazione, ma affermare ciò che crediamo nell’architettura come azione responsabile di una continua metamorfosi del reale che deve essere portatrice di un sogno, di futuro ed essere empaticamente viva attraverso la sua corporeità che prende vita con la ricerca materica e la sua continua dialettica con la luce alla ricerca di una percezione sempre differente in ogni ora del giorno, in ogni giorno della settimana, in ogni settimana del mese, in ogni mese dell’anno, in ogni anno a venire… così facendo l’edificio appartiene a tutti e risponde alla nostra idea di concepire ogni edificio come pubblico, collettivo indipendente dall’uso e/o dalla proprietà”. Quanto è stato complesso conciliare innovazione e tradizione? “Innovazione e tradizione sono le facce di una stessa medaglia. Non concepiamo questi due aspetti come due momenti distinti, anzi personalmente rifiuto di ragionare attraverso un metodo fatto di categorie, tutte modalità forse utili per raccontare il lavoro di altri o per conquistare posizioni in caselle alla moda e pertanto finire per definirsi o essere definiti sostenibili, innovativi, tradizionali, lowtech, hightec etc.”. “Il progettoC prosegue Femia, “comunica una idea di uso del territorio, della città, di messa in valore del patrimonio esistente anche se recente. Mette in atto una architettura che ricerca un dialogo con il contesto, con la luce di Roma, attraverso contrasti, reazioni inattese, percezioni mai univoche”. Quali sono le scelte tecniche e di materiali utilizzati per la realizzazione del progetto? E perché si è optato per tali soluzioni?

“Il diritto alla materia. Ritornare a lavorare con la materia, con le aziende, con le industrie italiane che sono tra le migliori al mondo oggi vuol dire recuperare una tradizione importante del nostro Paese, rappresenta ri-creare una cultura del progetto, significa ricostruire il circuito virtuoso committenza, progettista, artigiano/ artista, industria, impresa. A Roma ho portato avanti la nostra ricerca sulla ceramica e sulla modellazione della stessa variandone geometricamente lo spessore al fine di creare un dispositivo che reagisca alla luce sempre in maniera cangiante. Abbiamo riproposto una nuova piastrella in ceramica per la sede di BNP-BNL, con formati più grandi e con un lavoro tridimensionale che parte dai bordi e una finitura cangiante che si chiama Snake. Affianco alla ceramica, il vetro, come sistema tecnologico ormai avanzato rispetto a pochi anni fa, il vetro come dispositivo capace di dialogare con la luce esso stesso in maniera cangiante ma non per semplice effetto inatteso e/o di sorpresa ma secondo un processo che riesca a definirlo attraverso il progetto”. Data l’imponenza di questo progetto, quale sarà, secondo lei, l’impatto positivo dello stesso in termini di slancio emotivo, rigenerazione civica e ispirazione urbana? “Scegliere un nodo infrastrutturale per concentrare 3600 persone a lavorare quotidianamente vuol dire più di qualsiasi frase retorica aver deciso responsabilmente e realisticamente che oltre il 90% degli addetti useranno i trasporti pubblici per recarsi al lavoro e poi ritornare a casa, collocando il progetto al fianco delle operazioni urbane internazionali tra le più virtuose (Londra, Paris, NY). Questo a Roma. Inoltre l’infrastruttura della stazio-


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La magia della metamorfosi di un luogo, dal genio dell’eccellenza dei calabresi nel mondo

Foto © 5+1AA & RSI - Immagine vista ovest edificio

ne Tiburtina non è mai diventata un “luogo urbano” in quanto priva della energia che possa essere capace di generare flussi nelle due direzioni. La nuova sede BNPBNL genererà un flusso importante, irrigherà il territorio urbano circostante e potrà rigenerare il quartiere di Pietralata e Nomentana in maniera differente, potendo diventare la prima mossa di un effetto domino che può e deve riqualificare tutta l’area intorno alla Stazione, riconferendo valore strategico e urbano alla stazione stessa. L’impatto positivo pertanto spero possa essere culturale, ovvero la dimostrazione che cambiare con visione, innovare con responsabilità, evolvere con strategie, dialogare con il contesto è cosa buona, utile e fondamentalmente necessaria!”. Lei è originario di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. Questo progetto contribuisce certamente a rendere grande il nome e la fama dei calabresi nel mondo, che ovunque, si distinguono per merito, determinazione, eccellenza. Qual è il suo legame con il territorio di origine e in che misura crede che un processo di rigenerazione urbana e infrastrutturale anche al Sud, potrebbe conferire alle città e ai cittadini uno slancio propositivo anche sul versante della crescita sociale ed economica? “Io sono nato in Calabria. Ho vissuto pochi anni nel mio paese prima di crescere

nella Riviera di Levante vicino a Genova senza mai smettere di frequentare periodicamente la mia terra ogni anno per diciott’anni. Mi sento calabrese in tutto e amo Genova, città che ho scelto e che considero mia maestra. Genova è il luogo dove ormai da dieci anni, da quando abbiamo aperto uno studio a Parigi, amo partire e ritornare per viverla e frequentarla come una amica appassionata. Una città di mare che si mette a confronto con Milano e Parigi le due città che frequento maggiormente durante la settimana e che profondamente diverse completano al meglio una mia idea di città ideale. La Calabria è un amore che attende di essere consumato affinché non sia solo una compagna di ricordi. La Calabria è la sintesi assoluta di tutte le contraddizioni del nostro Paese e di una idea di bellezza che troppo spesso viene sopraffatta dalla complessità di un Paese incapace di porre la giusta attenzione a tutte le sue parti e di non sapere mettere i valori il proprio patrimonio, arrivando a dimenticarsi troppo spesso che questa esiste, ha un cuore, un popolo forte, capace e appassionato. La Calabria è l’unica regione italiana che negli ultimi decenni non ha avviato alcun percorso vero, profondo, specifico di identità e rigenerazione direi territoriale prima che urbana. Esistono sì degli episodi virtuosi e di impegno e

interesse, (e penso per questo ai molti lavori di un amico calabrese impegnato per la Calabria come il Prof. Pino Scaglione) ma io parlo di una coscienza della Regione e della sua politica, delle sue parti migliori, dei suoi molteplici territori, del suo paesaggio unico, delle sue potenzialità enormi. Sarebbe importante che alcune città piccole o grandi che siano, si attivassero per compiere una vera e profonda rivoluzione culturale e di metodo, mettendo al centro una idea di progetto strategico, una visione di futuro, che dialoghi a livello nazionale e internazionale, per aprirsi ad una mentalità nuova pensando che tutto è possibile se lo si affronta passo dopo passo in maniera continua e con obiettivi importanti. Allora questo sarà il modo con cui i giovani stessi si potranno identificare e molte realtà esterne potranno vedere con occhi diversi un territorio magico. Non è una visione semplice delle cose è un modo diretto e sincero affinché le cose escano dalla retorica e possano accadere passo dopo passo, centimetro dopo centimetro, giorno dopo giorno, innescando anche lentamente se non è possibile diversamente, un processo culturale che faccia crescere luoghi e persone e che inneschi un punto di non ritorno su quanto non permette di poter credere alla Calabria come un luogo di destinazione, come un “capitale” del Mediterraneo”.


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di Veronica Iannello

Tanya Borgese

Voice di Calabria su Rai2 Nel team di Raffaella Carrà in The Voice of Italy

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nizia tutto da bambina, quando qualcuno scoprì la sua particolare timbrica vocale. Iniziò con un’impostazione lirica, ma la sua passione e la caratteristica del suo talento vocale la portano a scegliere ed approfondire il “rhythm and blues”: eccola quindi a rendere uniche serate nella sua Polistena ed oltre, con la sua band “The Crazy Wagons”. Una voce non comune, scura e graffiante, una vera padronanza delle scene, si presenta al pubblico di Rai 2 con il brano “Mama Told Me Not To Come” di Tom Jones e lo rende suo. Esplode la sua anima e la mostra cantan-

do, affascina i giurati tutti e sceglie il team di Raffaella Carrà. Sembra il realizzarsi di un sogno per la ventisettenne calabrese, ma in realtà è molto di più: è la consapevolezza di un potenziale unico, da voler mostrare e condividere con i suoi sostenitori e con chi ancora non la conosce; una gran voglia di crescere musicalmente e continuare a regalare al pubblico momenti coinvolgenti e di grande spessore artistico. E’ ancora una volta la voce di un Sud che emerge per il talento a proporsi nella sfera della TV italiana. Un grande in bocca al lupo energica e vibrante Tanya… Tanya, surprise us…


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Laureana di Borrello:

Il mini tour AMA Calabria

Concerto dell'Orchestra Giovanile

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omenti di grande emozione, di musica divina, di solidarietà per la vittima del tornado Zissa e di amicizia sportiva sono stati i motivi dominanti del concerto dell’Orchestra Giovanile di Fiati “Paolo Ragone” diretta dal Maestro Maurizio Managò, tenuto nell’ accogliente e artistica chiesa di Sant’Antonio di Laureana di Borrello, con la collaborazione eccezionale dell’ospite d’onore Fabio Mazzitelli, il Maestro Italo Argentino, flauto solista, professore aggiunto della UNA (Universitad Nacional de las Artes) nonché Presidente della Associacion de Profesores del la Orquesta del Teatro Estable del Teatro Colon di Buenos Aires, qui venuto per vivere alcuni giorni nella terra dei suoi avi. I suoi antenati erano di Laureana (quando ancora non era denominata di Borrello) e il Sindaco Paolo Alvaro, con una ricerca storica, consegnata al Maestro ospite, ha ricostruito il suo albero genealogico individuando persino l'abitazione degli antenati laureanesi. E andiamo con ordine. Ad inizio serata il Presidente della Associazione “Ragone”, Fruci, interprete del grave lutto che ha colpito la comunità locale con la tragica morte dell’agricoltore Rocco Montorro a causa del violento ciclone Zissi del giorno precedente, sicuramente interprete della volontà popolare di Laureana e Candidoni, ha chiesto all’uditorio un minuto di raccoglimento. La platea in piedi ha osservato e poi applaudito l’iniziativa. Quindi ha avuto inizio il concerto con l'esecuzione di opere e pezzi celebri. Il Maestro Managò ha diretto alcuni brani eseguiti dalla sua giovane orchestra, con la partecipazione del Maestro Mazzitelli che ha fatto “parlare” il suo celebre strumento e che alla fine di ogni pezzo è stato sommerso dagli applausi prolungati degli spet-

tatori. Il Sindaco Alvaro, salutando l’illustre ospite, gli ha rivolto parole di elogio per la sua presenza ed ha ricordato che “le radici che tornano qui ora parlano di Fabio Mazzitelli” e questi, con un linguaggio italo-spagnolo ma ben comprensibile, ha ringraziato: “i ragazzi, il Maestro Managò e Mimmo Callà e tutti voi”, rivolgendosi al numeroso pubblico presente. E commosso ha aggiunto: “io sogno sempre Laureana e la terra dei miei avi, ammiro questi ragazzi (rivolgendosi ai giovani dell’orchestra) essi sono un tesoro, sono il futuro di Laureana e della Calabria” e giù ancora applausi. A porgere il saluto all’ospite è stata chiamata la neo presidente del consiglio comunale Evelyn Monardi Trungadi, la donna che ricopre per la prima volta l’alta carica e che si è dichiarata felicissima di poter porgere il suo saluto ad un così grande Maestro. E poi, conoscendo il suo amore per lo sport e per il calcio in particolare e ricordando le imprese calcistiche che accomunano l’Italia e l’Argentina, la Associazione sportiva della “laureanese Calcio” che sta disputando con successo il campionato dilettantistico di promozione, per la iniziativa del presidente Andrea Prossomariti e del capitano della squadra Brogna hanno consegnato all’ospite Mazzitelli una fiammante maglia

di Michelangelo Monea

n° 10 “Giallo-Nera “ con il suo nome, a ricordo della visita a Laureana. Particolarmente apprezzati sono stati i brani eseguiti in duetto tra la ragazza Prossomariti, primo flauto della giovanile locale, con il Maestro Mazzitelli e l’assolo del flauto di Alberto Cavallaro in onore dell’ospite. Infine c’è stato il gradito saluto dell’Assessore Provinciale alla cultura e alla legalità Eduardo Lamberti Castronuovo, cittadino onorario di Laureana e socio dell‘Associazione “Ragone”. Egli ha sottolineato le capacità e l’impegno dei giovani laureanesi ed ha affermato come “il linguaggio della musica non ha bisogno di parole” ed ha affermato che “questi ragazzi sono, non il futuro, ma la realtà attuale” e rivolgendosi al Prof. Maestro Mazzitelli ha detto: “tornando nel suo paese lei può dire che è stato nel paese della cultura”. Prima della serata musicale, infatti, sulla parete del vecchio palazzo, un tempo convento francescano e poi battezzato palazzo della cultura, dove ha sede l’orchestra “Ragone”, era stata affissa la targa ricordo della delibera con la quale l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria indica la Scuola di Musica-Orchestra Giovanile di Laureana di Borrello, creata e diretta dal Maestro Managò un “CENTRO DI ALTA CULTURA” .


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Un sacerdote oppidese nella Grande Guerra

Don Giuseppe Minasi (1889-1933)

Don Giuseppe Minasi il primo in basso a sinistra con gli Ufficiali della I Ambulanza Chirurgica d’Armata

di Sac. Letterio Festa

L

a Prima Guerra Mondiale fu un evento di massa che coinvolse tutti gli strati della popolazione, compreso il clero. In occasione del conflitto, i cappellani furono reintrodotti nei vari reparti del Regio Esercito, dal quale erano stati allontanati nel 1865, con lo scopo di mantenere alto il morale delle truppe e contribuire ad una più efficace disciplina. Questo atto permise a tanti sacerdoti di scrivere una pagina gloriosa nella Storia del clero. I cappellani svolsero un ruolo insostituibile: fecero da collante tra i soldati e le loro famiglie; furono presenti nelle trincee, tra i reticolati e i letti degli ospedali, condividendo con i commilitoni la lontananza dagli affetti, le svariate sofferenze, l’esperienza tragica della morte. Il numero dei preti e seminaristi che partirono per il fronte fu notevole: circa 25.000, di cui 15.000 sacerdoti. Circa 2.500 furono inquadrati come cappellani militari, gli altri furono aggregati all’Esercito nelle varie Sezioni di Sanità, nei servizi più diversi o nelle trincee. I circa 10.000 seminaristi vennero inviati al fronte senza alcuna distinzione dagli altri soldati. I cappellani, grazie al loro infaticabile servizio, ottennero in totale ben 534 decorazioni al valore militare di cui 3 medaglie d’oro, 137 medaglie d’argento, 299 medaglie di bronzo, 95 croci al valor militare. Tra i decorati, due preti calabresi: Don Demetrio Moscato, dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria, successivamente nominato arcivescovo di Salerno, decorato con due medaglie d’argento e Don Eugenio Albi, della Diocesi di Squillace, decorato con una medaglia di bronzo. Tra i sacerdoti calabresi che offrirono il loro contributo come cappellani militari al fronte, troviamo anche un prete della Diocesi di Oppido Mamertina, Don Giuseppe Minasi. Nato nella Città aspromontana il 22 Maggio 1889, dottore in Filosofia, Teologia e Diritto Canoni-

co, fu ordinato sacerdote nel 1893. Durante le operazioni militari della Grande Guerra, fu impegnato in prima linea come tenente cappellano presso la I Ambulanza chirurgica d’Armata di base, dall’Agosto 1916 fino alla sconfitta di Caporetto, in località Valisella di Mossa e, in seguito, stanziata sulla linea del fronte presso Crespano del Grappa. L’ambulanza era una formazione militare composta da personale sanitario il cui compito consisteva nella prima cura e nel trasporto celere dei feriti dai campi di battaglia fino agli ospedaletti da campo e di tappa delle retrovie o agli ospedali militari. Le ambulanze

chirurgiche svolsero un lavoro essenziale: furono dei veri e propri reparti di chirurgia volante, fornite ciascuna di una tenda-sala operatoria a doppia parete; una tenda per il ricovero dei feriti operati e un autocarro Fiat leggero 15ter. In numero di 10, le ambulanze chirurgiche erano state allestite, 7 a cura del Regio Esercito e 3 a cura della Croce Rossa: la I Ambulanza o ospedale chirurgico mobile “Milano”, di cui il nostro Don Minasi

era cappellano, era stata creata per iniziativa della Croce Rossa. Al seguito di questa importante ed eroica formazione, spesso sotto il tiro incrociato dell’artiglieria, tra le trincee e i reticolati, il sacerdote oppidese, svolse, con abnegazione e sprezzo del pericolo, il suo ministero sacerdotale, confortando i morenti, soccorrendo i feriti, sostenendo i commilitoni. Rivestito - nelle caserme in retrovia - dell’abito talare nero con controspalline e stellette; il bracciale bianco con la croce rossa sul braccio sinistro; il cappello da prete con intorno alla cupola due giri di cordone grigioverde; i galloni in argento del suo grado di tenente e il fregio del suo corpo militare, o portando l’uniforme da combattimento come quella degli Ufficiali, con distintivi e stellette in seta grigioverde; una croce di panno rosso sul petto e il pantalone corto con gambali e fasce, Don Giuseppe Minasi visse l’esperienza del conflitto con le truppe in prima linea, accompagnandole anche all’assalto per incoraggiare i feriti e amministrare l’estrema unzione ai morenti. Al termine della guerra, nominato Arciprete di Tresilico nel 1922, ricorderà con fierezza il suo ruolo, fino al giorno della morte che lo colse, nella sagrestia della sua chiesa, il 9 Gennaio 1936. Anche altri sacerdoti della piccola Diocesi oppidese furono tra coloro che presero parte alle azioni di guerra. Ad esempio, militò come caporale fra le schiere del IV Reggimento Fanteria l’allora seminarista Sebastiano Tramontana, successivamente arciprete della Cattedrale; mentre fu cappellano nell’XI Compagnia di Sanità presso il Distretto militare di Bari il sacerdote Pietro Rossi, poi parroco di Piminoro e, infine, soldato nella X Compagnia di Sanità fu don Carmine Panzera, in seguito arciprete di Messignadi. Tutti questi sacerdoti, al termine del conflitto, ottennero la dichiarazione di aver tenuto una buona condotta e di aver servito la Patria con fedeltà ed onore.


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Delianuova un momento della manifestazione Leuzzi

Delianuova :

Ricordi a 100 anni dall’inizio della Grande Guerra 1915/18

L’

Amministrazione Comunale, l’Associazione Culturale “Mesogaia” e “Librarsi in Aspromonte” in collaborazione con l’Associazione Culturale Musicale “Nicola Spadaro” hanno ricordato in Piazza Leuzzi, “per non dimenticare”, i tragici momenti di quell’atroce conflitto che ha contato molte perdite di giovani vite umane. Nel territorio di “Mesogaia”, che comprende Delianuova, Scido, Santa Cristina d’Aspromonte, Oppido Mamertina e Cosoleto, i morti sono stati circa 500. Ha condotto la serata il presidente Mesogaia Fortunato Schiava, che ha spiegato le ragioni che hanno spinto gli organizzatori, alla realizzazione della manifestazione, sottolineando l’importanza di ricordare, per non ripetere gli errori che hanno condotto alla belligeranza, causa di sofferenza e morte, auspicando di poter raggiungere obiettivi di pace e libertà. Il sindaco Franco Rossi

ha evidenziato l’importanza di “fare conoscere ai più giovani i tragici momenti vissuti dalle famiglie italiane che hanno dovuto lottare per guadagnarsi la libertà”. Giuseppe Scerra, presidente della “N. Spadaro”, ha ricordato che “le sofferenze di quel momento storico devono servire da lezione, per non rendere vano il sacrificio di un’ intera generazione”. Il dott. Antonino Violi ha commemorato gli 83 deliesi morti in quel conflitto. Giuseppe Cricrì ha letto alcune lettere del Capitano Raffaele Idà di Delianuova che al di là del Piave scriveva ai propri cari le cronache

di Marinella Gioffrè

dal fronte ed incoraggiava in ogni modo i suoi subordinati. Il Dott. Raffaele Leuzzi ha dettagliatamente illustrato, attraverso delle slide, alcuni monumenti eretti a ricordo dei soldati morti nel territorio di “Mesogaia”, mentre l’Assessore alla Cultura Teresa Carbone ha incentrato l’ intervento su un documento storico realizzato dal Prof. Amato Licastro nel 1919 dettagliando il significato di quell’opuscolo che redige un “Resoconto Morale e Finanziario” della gestione del “Comitato di Mobilitazione Civile di Delianuova”, nato per aiutare le famiglie dei militari in guerra, infermi, feriti, convalescenti, del quale presidente era il Cavaliere Scullino Nicola e segretario lo stesso Amato Licastro. Una copia dell’opuscolo è stata distribuito dall’Assessore Carbone ai presenti. La serata si è conclusa con l’esecuzione di 4 brani da parte dell’Orchestra giovanile di fiati diretta dal M° Gaetano Pisano, che ha concluso con l’Inno di Mameli.


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Gli Studenti di Filosofia, il Vescovo e il Docente

Gioia Tauro di Mariano Mazzullo

S

L’Istituto Teologico Pastorale San Giovanni XXIII

i è da poco concluso il primo semestre di studio all’Istituto Teologico San Giovanni XXIII di Gioia Tauro, nel pieno raggiungimento degli obiettivi didattici e formativi. Assieme a pochi istituti analoghi, l’efficiente struttura scolastica, sorta nel settembre del 2008 per volontà di S.E. Mons. Luciano Bux, costituisce un raro esempio di formazione in tutto il territorio della Calabria. Attraverso un percorso quadriennale, coadiuvato da un team di docenti ed educatori, gli allievi del Giovanni XXIII si accostano a discipline tradizionali come la teologia morale, la teologia fondamentale e le Sacre Scritture, affiancati dalla classe di storia e scienze umane, dove trovano spazio la filosofia, la psicologia, la storia ecclesiastica e la musicologia. Volto a formare il laicato attivo, in consapevolezza scientifica e dottrinaria, l’Istituto San Giovanni XXIII, ormai da diversi anni, è una tappa obbligata per l’accesso al Diaconato permanente, al Lettorato e all’Accolitato. Operando attivamente nella formazione di una identità culturale religiosa, l’Istituto rappresenta altresì un punto di riferimento privilegiato per chiunque sia mosso da spirito di conoscenza e confronto. All’interno della struttura, diretta dal rev. sac. don Domenico Caruso, gli allievi affrontano un percorso scandito in semestri, con lezioni frontali, verifiche ed esami dove acquisiscono differenti abilità e conoscenze, seguendo programmi appositamente concepiti. E’ il caso di evidenziare questo particolare merito, considerando che nella Diocesi di Oppido-Palmi, accanto alle numerose realtà periferiche, l’Istituto San Giovanni XXIII rappresenta l’unica struttura di

formazione teologica integrale, capace di offrire solide basi alla conoscenza della fede, attraverso il coordinamento delle migliori potenzialità intellettuali. Grazie a strutture e risorse appropriate, la Scuola Teologica di Gioia Tauro dispone di indispensabili supporti didattici, di un’Aula Magna e di una biblioteca altamente specializzata, dove gli allievi accedono agevolmente alla consultazione. Al termine della sessione invernale, il Vescovo di Oppido-Palmi, Mons. Francesco Milito, ha incontrato i docenti impegnati nell’innovativo programma di insegnamento dell’A.A. 2015-2016. Dopo aver espresso piena soddisfazione per il lavoro svolto, il Vescovo Milito ha ribadito gli obiettivi prefissati, annunciando importanti novità per il futuro della Scuola. Grazie alla sinergia con istituti scolastici di vario genere e grado, il Vescovo ha prospettato, insieme alla tradizionale attività scolastica, l’attivazione di seminari permanenti per il rilascio di crediti formativi e attestati di partecipazione, gemellaggi e sinergia con altre organizzazioni teologiche, rivolgendo particolare attenzione ai percorsi interdisciplinari e ai metodi interattivi. Diverse e interessanti proposte programmatiche sono provenute dal Direttore Caruso, che ha invitato i docenti ad approfondire le linee di studio tracciate, sviluppando in tal senso vere e proprie ricerche, per la

produzione di compendi e testi scolastici avanzati. Caruso ha proseguito illustrando i dati relativi alle immatricolazioni e alla frequenza del nuovo semestre, da cui si evince una forte crescita della partecipazione, fino al picco di cinquanta unità per corso. Infine, il Direttore, a capo dell’Ufficio Ecumenico Diocesano, ha poi annunciato necessari programmi di integrazione e dialogo interreligioso, indirizzati in special modo al mondo musulmano, massicciamente presente nella Diocesi. Al termine dell’incontro, il Vescovo Milito ha richiamato l’attenzione sulla missione educativa e pastorale di una buona Scuola Teologica, quella di formare “la coscienza della fede”, la consapevolezza e l’appartenenza intellettuale, non solo attraverso l’insegnamento, bensì operando, costantemente e moralmente, verso una “pastorale della cultura”. “Poco senso hanno” – ha dichiarato il Vescovo – “gli sforzi e gli insegnamenti di una scuola teologica priva di profonda appartenenza alla fede, come è poco efficace” – ha proseguito Milito – “ogni attiva partecipazione alla Chiesa che non passi da un percorso di formazione”. Il proposito dell’Istituto Teologico San Giovanni XXIII, dunque, negli obiettivi pastorali del Vescovo Milito, nell’agenda del Direttore Caruso, è quello di porsi sempre più in prima linea nella costruzione di un’identità culturale del laicato diocesano, nella convinzione che, solo con l’istruzione e la conoscenza, il sentimento religioso, sia pure fervente e deciso, può trasformarsi nella “fede operosa”, efficace e consapevole delle proprie capacità. E’ un programma illuministico e ambizioso quello dell’Istituto San Giovanni XXIII, autentico faro da cui non può che venire luce e rinnovamento per la vita diocesana.


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Assistenza ai migranti

Emergency Appeal CROCE ROSSA IN PRIMA LINEA

L’

Italia è terra di sbarchi quotidiani. La Calabria e la Sicilia sono le mete privilegiate dai migranti, per la presenza dei porti ma soprattutto per la loro vicinanza con le coste africane. In questa situazione, l’accoglienza è di fondamentale importanza per garantire a chi arriva servizi di primo soccorso, un pasto caldo e tutte le attività che salvaguardino la vita umana. La Croce Rossa Italiana è una delle associazioni più attive nei servizi di accoglienza e assistenza ai migranti al momento dello sbarco sul territorio italiano. Un’operosità che ha bisogno di essere preparata attraverso la formazione professionale, in modo che i volontari della Croce Rossa siano in grado di adempiere ai compiti loro assegnati e ai bisogni della collettività. L’Emergency Appeal Italy Population Movement e il Field Officer Croce Rossa per la Regione Calabria, in collaborazione con l’Unità Territoriale di Taurianova, ha organizzato un incontro di formazione professionale rivolto ai volontari calabresi, che si è tenuto il 6 marzo nella Sala Consiliare del Comune di Oppido Mamertina. Il vicesindaco e Assessore alla Sanità, Vincenzo Barca, ha sottolineato l’appoggio dell’Amministrazione oppidese alle attività della Croce Rossa: «Collaborare con la Croce Rossa è molto positivo ed è una

delle associazioni che vediamo come il fiore all’occhiello per rivalutare il volontariato nel nostro territorio». Emanuele Fazzalari, Presidente del Comitato locale di Taurianova, ha presentato ai volontari i diversi relatori dell’incontro, sottolineando l’importanza della formazione come strumento per potenziare le competenze dei volontari e i servizi offerti sul territorio ai migranti. L’Emergency Appeal è un appello lanciato dalla Croce Rossa Italiana alla Federazione Internazionale della Croce Rossa per fornire un supporto alla Sicilia, Calabria e Puglia, le principali regioni in cui avvengono gli sbarchi. Rossella Diliberto, Field Officer per la Regione Calabria, si occupa dell’assistenza ai migranti sul campo facendo un lavoro di monitoraggio e di report sugli sbarchi, nella sua esposizione ha spiegato l’importanza concreta di questo servizio: «È un progetto nato per fornire ai comitati locali supporto in termini sia materiali, come i kit igienico – sanitari che vengono distribuiti ai migranti, sia figure come risorse umane che siano in grado di dare assistenza». La Croce Rossa, all’interno dell’Emergency – Appeal, prevede anche il servizio RFL (Restoring Family Links), che si occupa di ristabilire, mantenere e preservare i legami familiari. Eleonice Mastria, RFL del Comitato Nazionale Ufficio Ricerche per la Regione

di Lucia Treccasi

Calabria, nel suo intervento ha illustrato ai volontari il modus operandi di questa attività: «I due strumenti principali del servizio RFL sono l’attività di tracing e il messaggio di Croce Rossa. Nei luoghi di transito e soprattutto negli sbarchi il servizio si occupa di evitare che le famiglie vengano divise». Una figura di fondamentale importanza nell’assistenza ai migranti è il mediatore culturale, poiché rappresenta un punto di riferimento per chi scende dalla barca e si trova disorientato. Abdel, è un immigrato giunto diversi anni fa al porto di Lampedusa con una barca, oggi si mette al servizio della Croce Rossa e svolge l’attività di mediatore culturale, anche grazie alla conoscenza di diverse lingue, dà il primo benvenuto ai migranti nei porti della Sicilia: «È importante creare una rete di collaborazione e capire di cosa ha bisogno il migrante». Elisabetta Stillitano, volontaria di Croce Rossa e psicologa, ha sottolineato l’importanza del supporto psicosociale: «È importante l’aspetto comunicativo verbale e non verbale, perché i migranti quando arrivano non sanno nemmeno dove sono». L’Emergency Appeal, attraverso l’assistenza e l’efficienza del suo organico, ha aiutato 22.999 migranti, a cui è stato fornito il servizio di mediazione culturale e tutti i benefici previsti da questo progetto.


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di Mimma Giovinazzo

LA TANZANIA NEL CUORE UN ANNO DOPO EMOZIONI E FLASH BACK

È

passato un anno da quando ho lasciato la Tanzania e ancora mi tocca fare i conti con il passato. I primi mesi dal rientro sono stati i più duri, sono quelli a cui pensi e ripensi, a come eri e a quello che sei, cosa hai lasciato e cosa hai guadagnato e, soprattutto, cosa vorresti fare, che poi è la domanda a cui tutti gli occidentali s’interrogano e t’interrogano. A tal proposito mi sono sentita dire spesso “e adesso che fai?”, “Non vorresti tornare giù?”. Rispondo sempre dicendo di sì e con un gran sorriso nascondo tutte quelle infinite immagini che mi passano per la testa riportandomi a piedi nudi nella terra rossa. Purtroppo o per fortuna quando si fa rientro da questi luoghi non si ritorna mai del tutto. Ho vissuto e imparato talmente tanto da non riuscire più a staccarmi da quei posti. Per esempio ho imparato che

ringraziare è un dovere o addirittura un obbligo, nei confronti di chi ti dedica del tempo, di chi ti offre qualcosa. A dirla così sembra quasi scontato, ma non lo è affatto se vi dicessi che ogni giorno per ogni pasto datogli i bambini ringraziano la propria madre per avergli cucinato. E ogni giorno a scuola per ogni lezione datagli ringraziano il maestro per il buon lavoro. Noi ringraziamo nostra madre? Ringraziamo il professore a fine lezione per quello che ci ha insegnato? Assolutamente no, per noi è scontato che la madre cucini per la prole o che il maestro pagato dallo Stato faccia il proprio lavoro. Io invece ho imparato che ringraziare non è solo buona educazione ma è anche dare importanza all’opera fatta, è non lasciare con indifferenza l’altro. Essi ringraziano perché sanno che nulla è dovuto a differenza nostra che pretendiamo tutto e subito. Ci è voluto un bel

po’ per capire, ma adesso mi è chiaro che cos’è il mal d’Africa di cui tutti parlano. L’Africa è la terra madre di tutti gli uomini, e se tante persone hanno il cosiddetto pallino per l’Africa è perché lì ci sono le nostre origini. L’uomo è nato in Africa e per “istinto animale” vorrebbe ritornare nel proprio ambiente, anche se per poco. Fu proprio passando per il Lago Manyara che incontrai le tribù Masai e fu attraversando quelle zone incontaminate e abitate solo da primitivi che capii di non riuscire a guardare quell’immensità di steppa perché troppo immensa alla mia vista. I nomadi Masai che incontrammo nella zona desertica ci guardavano come se fossimo alieni e la nostra jeep una navicella spaziale, ma sapevano benissimo che avevamo acqua e provviste a sufficienza da lasciarne anche a loro. Rimasi affascinata da quegli esseri sconosciuti, fu un incontro non indifferen-


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te che oltre a lasciarmi sbalordita mi sentii disgustata, per me fu come se avessi violentato il loro territorio, come se gli avessi rubato l’anima perché come dicono: se li guardi negli occhi o li osservi molto li deprivi della loro “masaità”… Fu in quel viaggio che capii che ognuno deve stare a casa propria, loro mi hanno lasciato una non indifferente puzza di capra e io delle caramelle che molto probabilmente per loro erano semplicemente del cibo, dopotutto, per loro, cibo è la caramella, cibo è la patata, cibo è la capra! Tutte quelle esperienze e quei luoghi diversi dalla nostra quotidianità lasciano sbigottiti, anche andare in Sud America o in India non sarebbe un esperienza irrilevante, le tribù e gli aborigeni li troviamo ugualmente in altre parti del mondo, ma in Africa, come ho già detto, è il luogo dove siamo nati, dove ti senti il fratello dell’uomo che conversi

al mercato o che ti siede accanto sull’autobus. Ti senti essere chiamata sorella da chi sorella biologica non lo è. L’Africa è il luogo dove molti poeti hanno trovato l’eternità: il sole in comunione con il mare. Ma nonostante l’Africa sia anche la patria di tutti, è anche quel luogo dove abbiamo deprivato la gente, dove abbiamo reso schiavi i nostri fratelli per rendere possibile lo sviluppo economico occidentale e, sebbene noi ci siamo civilizzati ed evoluti, continuiamo a renderli tali prosciugando i loro minerali e sfruttando le loro donne, i loro uomini e i loro bambini che, oltretutto, in occidente è vietato e punito il lavoro minorile ma se lo si fa in un Paese in via di Sviluppo diventa paradossalmente possibilità di riscatto e lavoro pulito. Ho letto che il mal d’Africa è un bene incurabile, ebbene si, non si sta male, ripensando all’Africa non puoi che star solo

bene. Le mille sfumature dei tramonti, i silenzi impetuosi, il sorriso genuino delle donne e l’affetto spontaneo e disarmante dei bambini sono pellicole che rivedendole non puoi che commuoverti di felicità. A distanza di un anno ho una risposta per chi dice che il mondo non si cambia. Beh, se il mondo non si cambia abbiate cura di cambiare voi stessi dal mondo. Dal caos ci possiamo salvare tornando al silenzio e dal silenzio ritornando al caos.


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di Francesco Di Masi

I

La Tradizionale “Affruntata” di Giffone

n Calabria, la manifestazione o il rito “dell’affruntata”, ha origini molto antiche. E’ una rappresentazione religiosa, che in calabrese significa, “incontro”, che si tiene nel periodo di Pasqua, nei comuni delle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e nella parte meridionale della provincia di Catanzaro, dove è meglio nota, con il nome di “confrunta”. Di origini pagane, è certamente di carattere prettamente popolare, che si diversifica per usi, costumi e modalità a seconda delle tradizioni del paese in cui si svolge. L’affruntata è inscenata, anche, in altri comuni d’Italia e all’estero, come a Toronto in Canada, dove le comunità di emigrati hanno stabilito di mantenere, in quel luogo, le tradizioni portate dai loro paesi d’origine. La manifestazione si svolge per la strada e la piazza del paese, dove tre statue, raffiguranti Maria Addolorata, Gesù e San Giovanni, vengono portate a spalla per l’incontro

dopo la Resurrezione di Cristo e nella sequenza viene fatto cadere il velo nero che avvolge Maria, la cosidetta “sbilata”, lasciando visibile un vestito a festa. Secondo la tradizione, una cattiva riuscita della “sbilata”, è monito e presagio di sventura per tutta la comunità. Diversi sono i paesi della Piana di Gioia Tauro e non, dove si pratica questa pia e popolare tradizione ne citiamo alcuni: “Cittanova, Rizziconi, Polistena, Cinquefrondi, Giffone, Dasà e Bagnara”. In questo lavoro, trattiamo, la tradizionale e popolare “affruntata” di Giffone. Le intense emozioni che l’affruntata provoca ancora, sono vissute da tutta la popolazione giffonese e non solo, dato il richiamo che esercita sugli emigrati e sui fedeli dei paesi vicini. Da sempre è stata motivo di raccolta e coinvolgimento dell’intera comunità alla preparazione alla Pasqua. E’ da definirsi un vero momento di unità popolare. Sono eventi che scaturiscono dalla tradizione religiosa a cui gli

abitanti di Giffone sono molto legati. Le funzioni iniziano la Domenica delle Palme che vede raccolti in processione molti fedeli che raggiungono i ruderi dell’antica Chiesa di San Giuseppe, caduta durante il terremoto del 1908, dove avviene la benedizione dei rami d’ulivo e delle palme. Le funzioni continuano con l’ultima Cena e la Lavanda dei piedi del Giovedì Santo, durante la Celebrazione Eucaristica presso la Chiesa del Soccorso, con la partecipazione degli “Amici del Teatro di Giffone”. In quell’occasione viene portato in Chiesa il pane per la benedizione e poi distribuito ai fedeli, agli ammalati e ai poveri, raggiunti nelle loro abitazioni. Il Venerdì Santo viene rappresentata la Passione per le vie del paese, fino ad arrivare al Calvario a 720 metri d’altezza sul livello del mare, in processione con l’Addolorata e la statua del Cristo morto, restaurata di recente, gratuitamente da alcuni giovani del paese, tra cui: Felice Valente, Michele e Nando


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Chi partecipa per la prima volta, sente la necessità e il bisogno di riviverla Pasqualone, Giuseppe Mandaglio, Fortunato Mercuri, Salvatore Monteleone e altri. Sabato Santo è attesissima la “Veglia Pasquale” molto partecipata. Il giorno di Pasqua, verso mezzogiorno, alla fine della Messa, si da il via alla tradizionale e antichissima “Affruntata” sull’immensa gradinata davanti alla Chiesa che fa da suggestiva location, la statua di San Giovanni portato a spalla

dai giovani del paese, inizia percorrendo tre giri di corsa in cima alla scalinata, al quarto giro la statua della Madonna Addolorata, a metà delle scale, viene portata di corsa verso la piazzetta Umberto I° dove avviene l’affruntata o incontro con San Giovanni e il Cristo Risorto. A quel punto cade il velo nero “sbilata” o “svelata”, che copre la statua e appare Maria adornata di un vestito bianco tutto ricamato di stelle e di fiori in filigrana d’oro. Chi partecipa per la prima volta, sente la necessità e il bisogno di riviverla. Oltre alla location suggestiva e alla funzione religiosa, parte che merita più attenzione, si può ammirare la bellezza delle antichissime statue, l’incontro tra San Giovanni e la Madonna, velata a lutto, che passa dal dolore per la morte del Figlio ad un abito tutto bianco ricamato in oro, come già detto, per la Sua Resurrezione. L’originalità della manifestazione, qualche anno fa ha attitato l’interesse di tante emittenti locali, ed in particolare di Reggio TV che ha mandato in onda un pregiato servizio giornalistico. La comunità cattolica giffonese si augura che due secoli e mezzo di storia religiosa, possano continuare a far prosperare la fede e la pietà popolare, tipiche della gente delle nostre parti che tanto si adopera e si sacrifica per mantenere queste pie tradizioni per le future generazioni.


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Pazienti oncologiche e volontarie all'incontro di biomusica con la dottoressa Ardito (terzultima da destra)

di Deborah Serratore

L’esempio di Maria Anedda

Cos’è il dolore ?

Che cos’è il dolore? So cosa vuol dire soffrire perché ho sofferto io stesso. Fu per insegnarmi la compassione, a farvi conoscere questa grazia meravigliosa1”. La compassione (dal latino cum= insieme e patior=soffro) non è pena, ma condivisione della sofferenza. E’ guardare il mondo con gli occhi dell’altro. Sono “cure compassionevoli” quelle che Maria Anedda e i 12 volontari della Onlus palmese “La Danza della Vita” somministrano ogni giorno ai malati di tumore nell’ultima fase della loro esistenza. Non ci piace definirli “terminali”, perché per certi versi, le “cure palliative” e soprattutto la “terapia dell’amore” dei volontari può dare senso a una vita che la “bestia”, la malattia, aveva privato di ogni significato. Una vita che ricomincia dalla fine insomma. Sono tante le storie che Maria, nella nuova sede della Onlus - spostatasi su intervento del Comune di Palmi dalla periferica Pietrenere alla centrale Via Mazzini, in un’ala della scuola media “Pietro Milone” - ci ha raccontato. Particolarmente commovente quella di Costiga rumeno residente a Rosarno, affetto di tumore alla gola in fase metastatica, una volta dimesso da oncologia a Reggio nessuno poteva seguirlo. La “terapia dell’amore” di Maria e Luana Corica dell’associazione “Nasi rossi con il cuore” è stata il conforto per quest’anima candida e buona. Maria e Luana sono state sempre con lui, persino in hospice. Quella vita che lo stava lasciando era migliore perché riempita d’affetto infinito. Le esequie del povero Costiga sono state interamente pagate dal comune di Rosarno. Ospiti nella nuova sede, constatiamo come la “terapia dell’amore” prescritta da Maria Anedda - sostenuta peraltro dall’encomiabile Dott. Costantino nel servizio di assistenza domiciliare - non rigenera solo i malati di tumore (seguiti anche in fase iniziale) e le famiglie dei pazienti, ma anche la mentalità del palmese medio. Perché in realtà i mostri da combattere sono due: Malattia e Ignoranza. Nel foglietto illustrativo della “terapia dell’amore” non vi sono controindicazio-

ni. Certo, c’è qualche termine che vi potrà sembrare astruso come “terapia di gruppo” ad esempio. Da inizio 2016, una volta a settimana, un gruppo sempre crescente di donne si raduna in sede. Donne tra loro sconosciute, che finiscono per riconoscersi tra loro. Hanno tutte le stesse cicatrici, ferite dallo stesso mostro. Noi del Cdp abbiamo assistito, con il massimo rispetto e discrezione possibili, a uno di questi “colloqui supportivi espressivi” per pazienti con tumore seguiti dalla preparata dottoressa reggina Carmen Giambelluca, psicoterapeuta (pluriennale la sua esperienza al “San Raffaele” di Milano). “Il gruppo è un contenitore per condividere delle esperienze”, sostiene la dottoressa rivolgendosi con tono rassicurante alle sue pazienti, e aggiunge: “Il vostro è uno scambio fra dare e ricevere, una dà alle altre, le altre danno a una. A volte il paziente tende a chiudersi in sé stesso perché pensa che l’altro non possa capirlo. In realtà però è fondamentale la parola insieme: non isolatevi, la nostra mente non deve stare sola col mostro”. Eh già, perché la “bestia”, il tumore, pervade il nostro corpo cercando di ucciderlo, non solo nel fisico, ma anche nella psiche, creando altri mostri, tutti dentro di noi: paura, solitudine, depressione. Le donne di Maria però sono stanche di avere paura, e perciò stanno insieme. Ciascuna di esse fa parte sì di un collettivo, ma ha lo spazio per prendersi cura di sé stessa e di raccontare alle altre il suo personale incontro con la bestia. Ha un tumore al seno, è reduce da otto cicli di chemio. Per non trasmettere sofferenza a mia figlia mi sono divisa in due

donne, quella sana e quella malata. Quando le due donne si sono incontrate ed è stato devastante, anche se quella malata riesco ancora a tenerla a bada. La psicoterapeuta ci dice che questo processo è chiamato “scissione” e serve a dividere le emozioni positive da quelle negative. A quanto pare funziona. C’è poi chi reagisce alla malattia negandola, poiché non si accetta il deturpamento fisico. “Io il tumore non ce l’ho!” esclama una paziente. E poi c’è Maria, che agli attacchi del mostro travestito da tumore osseo che combatte da anni ha reagito (grazie al sostegno della famiglia e della sorella Antonella) mettendo in moto un meccanismo di difesa chiamato altruismo. La “bestia” non le ha impedito di trovare sempre nuovi antidoti per migliorare la sua efficacissima “terapia dell’amore”. Oltre all’innovativa - nel contesto territoriale palmese - terapia di gruppo, nella sede di via Mazzini si è tenuta pure una seduta di biomusica seguita dalla naturopata psicosomatica Dott.ssa Ardito di Reggio Calabria. Durante questo incontro, scopriamo che il corpo tende a somatizzare le sue emozioni negative, creando dei blocchi energetici. La musica aiuta appunto i pazienti a scioglierlì. “A volte la malattia può essere un’occasione per conoscerci meglio e cambiare il nostro stile di vita, in modo da avere una maggiore consapevolezza di noi stessi”, sostiene la Ardito. La cura è fine a sé stessa se non si accompagna a un prendersi cura. Prendersi cura anche quando la bestia non c’è. Bisogna sempre stare “attenti al mostro” e “La Danza della vita” si occupa anche di questo. Grande seguito ha avuto infatti la campagna “Più uova, più prevenzione”: i proventi della vendita di oltre cento uova di Pasqua verranno utilizzati per iniziative di prevenzione. La “terapia dell’amore” è pronta per essere diffusa in tutta la Piana: serve però informazione e unione. Le due “bestie”, Malattia e Ignoranza sono sempre lì, in agguato ma se si sta insieme, se si è un gruppo, fanno meno paura. (1) Da “Qualcosa di bello per Dio” di Malcom Muggeridge, Edizioni Paoline, Roma 1978


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Parte da Reggio Calabria la rassegna teatrale per la celebrazione del grande Shakespeare

“To be? Or May-be ?”

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ronta sui nastri di partenza per l’avvio previsto venerdì 11 marzo, la rassegna teatrale «To be? Or may-be?» si è già guadagnata l’onore della stampa nazionale, con il Corriere della Sera che ha messo in evidenza come è la Calabria a tagliare “per prima in Italia il traguardo delle manifestazioni in omaggio ai 400 anni dalla morte di Shakespeare”, grazie alla rassegna “centrata sulla ricerca dell’identità e ispirata ad Amleto”. Arriva quindi un importante riconoscimento per il lavoro che da tanti anni Scena Nuda, la compagnia organizzatrice diretta da Teresa Timpano, svolge sul territorio e che ora si intensifica grazie alla Residenza artistica Yard Cantiere Creativo, appena nata e attiva presso il teatro U. Zanotti Bianco di Reggio con il sostegno del Ministero per i beni artistici, culturali e turismo. Dopo il corso propedeutico di formazione per attori, importante opportunità offerta al territorio in collaborazione con la prestigiosa Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, la rassegna “To be? Or may-be?” costituisce quindi un altro tassello di un percorso che mira, grazie proprio alla presenza prevista di alcuni inviati di media tra cui Corriere della Sera, Fatto Quotidiano, Avvenire e TV2000 a concretizzare una residenza che coinvolgendo anche giornalisti nazionali faccia sì che anche da Reggio Calabria, nel profondo Sud, le compagnie possano avere ampia visibili-

tà nazionale. Con questa rassegna iniziamo un percorso su ciò che siamo o crediamo di essere con compagnie teatrali giovani ma di grande qualità, che hanno già ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali e premi importanti », spiega Teresa Timpano: «Abbiamo immaginato due giornate inframmezzate da un momento conviviale: un aperitivo ideato per alimentare il confronto e lo scambio con spettatori e appassionati di teatro». Nella prima giornata, venerdì 11 marzo, si partirà alle ore 19.30 con “Un vecchio gioco” di Tommaso Urselli (premio Fersen alla drammaturgia), una produzione Scena Nuda con Filippo Gessi, Luca Fiorino e Teresa Timpano; scena di Giulia Drogo, luci di Antonio Rinaldi e musiche di Simone Squillace. In un luogo imprecisato, un passato, qualcosa su cui due persone fondano la propria esistenza e che hanno bisogno di perpetuare con l’involontaria collaborazione di un malcapitato. Dopo l’aperitivo, alle 21.15 il secondo spettacolo con un grande classico: la sospensione tra realtà e irrealtà del Pirandello di “L’uomo dal fiore in bocca”, adattamento per voce sola con Maurizio Marchetti. Conclude la giornata il sud amato e odiato di “Diario di Provincia” con Oscar De Summa (artista emergente, menzione Premio UBU 2015) che tratteggia un affresco divertente dietro cui si nasconde un risvolto drammatico. La seconda giornata, domenica 13 marzo, inizia alle ore 17.00 alla Pinacoteca

di Francesco Di Masi

Civica con l’incontro a cura del Cis Calabria “Le maschere di Shakespeare” con Claudia Provvedini, critico teatrale del Corriere della Sera. Alle ore 19.00 al Teatro U. Zanotti Bianco le danze urbane mescolate a gesti contemporanei di “To pray”, preghiera della compagnia INC InNProgress Collective con Luca Calderini, Mattia Maiotti, Jenny Mattaioli ed Elia Pangaro per la coreografia di Afshin Varjavandi. Il confronto con gli idoli, la solitudine punto di partenza per irreali viaggi e conversazioni immaginarie sono al centro di “L’America dentro” con Carolina Balucani (artista emergente, Premio Nazionale Giovani Realtà, sezione bianco e nero, 2012) e drammaturgia a cura di Giuseppe Albert Montalto. Dopo il consueto aperitivo alle ore 20.30, conclude la rassegna un altro classico, bellissimo: “Amleto?”. Due attori provano in uno spazio nudo, ognuno trova un pezzo di sé, un modo interessante di leggere Shakespeare della compagnia Macelleria Ettore con Maura Pettorruso e Stefano Pietro Detassis. Testo e regia di Carmen Giordano. La rassegna “To be? Or May-be?”, con la direzione organizzativa di Roberta Smeriglio e il lavoro di tutto lo staff di Scena Nuda, si svolge con il sostegno del Mibact, della Regione Calabria, del Comune di Reggio Calabria Assessorato alla Cultura e dello sponsor ufficiale Bermè, una delle eccellenze del territorio calabrese che unisce la mela del Trentino al bergamotto del nostro territorio.


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Ritorna a SAN GIORGIO MORGETO di Francesca Agostino

La festa dei libri e delle rose, con il patrocinio UNESCO

L’appuntamento primaverile giunge alla sua IV edizione e cavalca la metodologia della cooperazione internazionale, rivelatasi vincente

I

n programma a San Giorgio Morgeto la IV edizione dell’evento culturale “San Giorgio. Una rosa, un libro”, la kermesse lanciata nel 2013 e riproposta annualmente dall’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Carlo Cleri, con l’intento di promuovere momenti di crescita e coesione civile e sociale attraverso il vettore universale, ed edificante, della cultura. Un’iniziativa arrivata via mare, come nelle più antiche tradizioni. Tutto nasce quando nel 2013, in crociera letteraria a bordo della “nave dei libri per Barcellona”, iniziativa promossa dall’amico editore Sergio Auricchio, direttore del mensile “Leggere: tutti!”, venni in contatto con l’antica tradizione catalana, dello scambio reciproco tra rose e libri nel giorno di San Giorgio, il 23 di Aprile. Una romantica tradizione, di cui la città di Barcellona è la capitale mondiale. Da qui la suggestiva idea di proporre un’esperienza simile, presso l’antico borgo di San Giorgio Morgeto, che, nella stessa data della ricorrenza della giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, celebra la festa patronale. Un’idea proposta ad un’amministrazione fortemente consapevole del valore cruciale della cultura, in un tempo di grave crisi e forte difficoltà materiale, e subito pronta a raccogliere la sfida, apprezzando l’importanza del progetto ed attivandosi attivamente per implementarlo su un territorio altrettanto favorevole, grazie al forte senso civico di una cittadinanza che ha accolto con favore questa piacevole novità. L’evento è istituzionalizzato, ed è divenuto

un appuntamento primaverile molto atteso dall’ambiente culturale calabrese ma non soltanto. Così l’antico borgo italico di San Giorgio Morgeto, diviene lo scenario ideale per accogliere una tre giorni densa di appuntamenti. I bambini sono i principali protagonisti della manifestazione. Il logo stesso dell’evento è stato da loro realizzato, in adesione al concorso scolastico della prima edizione 2013: il drago alato, le cui ali sono le pagine di un libro aperto, che stringe tra i denti una rosa, divenuto l’emblema e la sintesi di tutti gli elementi dell’affascinante leggenda legata alla figura di San Giorgio: leggenda che vede il cavaliere impegnato nell’atto di trafiggere il drago, simbolo del male che afflige la città e con l’intento di liberare la principessa prigioniera. Dal sangue del drago trafitto, fiorisce una rosa, che il giovane dona alla fanciulla. Lei in cambio, dona a lui un libro, in segno di amore ed affetto reciproco. Da qui la tradizione diffusa in tutto il mondo, di scambiarsi rose e libri in segno d’amore ed affetto reciproco. Una tradizione ben più significativa, rispetto alle tante che in Italia, siamo stati ben pronti ad accogliere senza neppure interrogarci troppo rispetto alla conformità con i nostri elementi culturali e valori fondativi… basti pensare alle tradizioni legate alla festa di Halloween che hanno avuto un enorme successo senza che ci si rendesse neppure conto delle ragioni dell’adesione a quella che più che una tradizione culturale rappresenta una semplice moda. Tradizione, cultura, libri e partecipazione, sono così gli elementi che fanno

grande una piccola manifestazione, senza fine di lucro e portata avanti esclusivamente su base volontaria, talmente significativa da ottenere anche per il 2016 il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO che ne giudica obiettivi e finalità, coerenti con i principi della prestigiosa organizzazione internazionale. Cosa rappresenta tutto questo? E’, più di tutto, il segnale del cambiamento possibile. Il premio Nobel per la pace 2006, l’economista bengalese Muhammad Yunus, fondatore della Banca dei poveri, afferma che “dove ci sono le maggiori criticità, lì ci sono le maggiori opportunità di cambiamento”. E’ a partire da questo assunto che, attraverso la manifestazione “Una Rosa, Un libro”, con il beneplacito dell’UNESCO, a San Giorgio Morgeto si tenta, con successo, di promuovere una rivoluzione culturale necessaria, con una manifestazione primaverile, non solo nel senso stagionale del termine, ma anche con un riferimento più ampio ad un momento di rigenerazione generale di una società desiderosa di mettersi in moto che, attraverso il dialogo con l’esterno e l’adesione a processi internazionali, inaugura una nuova stagione tutta rivolta alla valorizzazione delle risorse endogene ed alla tutela del patrimonio culturale, attraverso momenti di sana partecipazione sociale e civile. Non mancate dunque a questo fresco appuntamento culturale, il 23, 24 e 25 Aprile, immergetevi ancora una volta nel dolce profumo, dei libri e delle rose. A San Giorgio Morgeto! Informazioni e programma: www.unarosaunlibro.it.


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Torna Katia Colica con un nuovo libro:

“Lo spazio adesso”

di Francesco Di Masi

alla rassegna “Calabria d’autore”

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l nuovo appuntamento di “Calabria d’autore”, la riuscitissima rassegna ideata e condotta da Antonio Calabrò a cura dell’Associazione Incontriamoci Sempre, vede il ritorno di un’autrice poliedrica: Katia Colica. Il nuo-

vissimo romanzo dal titolo “Lo spazio adesso”, edito da Ottolibri, ha un’impronta diversa dai testi fino adesso pubblicati dalla scrittrice calabrese. La storia, ambientata in un immaginario paese sudamericano, racconta di Fabrice, un vecchio rivoluzionario che dopo aver pagato con quarant’anni di carcere l’omicidio del dittatore Satò, si ritrova a tornare in un mondo diverso da quello che ha lasciato ma non certamente migliore. Ad aspettarlo c’è la sua donna Arel, ormai demotivata, che diventa lo spietato specchio delle illusioni e dei fallimenti del compagno. Intanto la crisi economica si fa sentire e la vita, in quel piccolo centro di Gerneeye, tende pericolosamente verso lo spettro di una nuova dittatura, non più fatta di militarizzazione e proibizionismo ma di mass media e distrazioni di massa. Fabrice, dal canto suo, sceglie di sorvolare sugli insuccessi della sua antica rivolta e affronta - con grande tenerezza e con forzata premura - la sua più impegnativa battaglia: quella della perdita del suo amor. Dopo aver pubblicato libri reportage, racconti, sillogi e un monologo teatrale, Katia Colica si dedica al romanzo ma senza abbandonare quell’attenzione al sociale e alle condizioni umane che caratterizzano la sua produzione. Appuntamento per Venerdì 4 Marzo 2016 ore 18:30 presso l’Associazione “Incontriamoci Sempre” ex Stazione FS - S.Caterina (Reggio Calabria). A presentare la scrittrice e dialogare con lei ci sarà lo scrittore Antonio Calabrò accompagnato da Daniela Mazzeo. BIOGRAFIA: Katia Colica è scrittrice, giornalista e sceneggiatrice. Ha pubblicato il monologo teatrale “Un altro metro ancora” da cui è tratto uno spettacolo a cura di SpazioTeatro. I libri inchiesta “Ancora una scusa per restare” e “Il tacco di Dio” (Città del Sole Edizioni), la silloge “Parole rubate ai sassi” (IRE). Ha contribuito all’antologia poetica “Saper leggere il libro del mondo – Vol. II” (a cura della Fondazione De Andrè), ha pubblicato la narrazione “Col mare dentro”, (Oscar Mondadori). È redattrice della rivista letteraria “Uno Nove” e collabora per “Sdiario” di Barbara Garlaschelli. È co-fondatrice dell’associazione culturale Adexo e si occupa di comunicazione, ufficio stampa, corsi di scrittura e tecniche editoriali. Ha sviluppato la stesura di sceneggiature teatrali, cortometraggi e documentari; altri suoi scritti sono pubblicati in diverse antologie. “Lo spazio adesso” edito da Ottolibri, è il suo ultimo libro.

Valente e affermato pittore si affaccia alla poesia

"L’Anomalia" di Francesco Del Grande Esordio poetico di un artista poliedrico

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itorna in scena Francesco Del Grande, singolare figura d’artista col volto d’uomo, il sorriso di un ragazzo e gli occhi di un bambino che - genuino - si affaccia a scandagliare il mondo. Finora avevamo conosciuto Del Grande come un valente pittore, un fotografo poliedrico autore di numerose opere, figlie della sua grande padronanza tecnica e della capacità di fascinatone di colori, e che oggi, invece, riscopriamo in veste di poeta. In questi giorni, infatti è giunto in libreria un volumetto contenente la sua prima silloge di versi, introdotta da una copertina che ripropone un formidabile dipinto astratto di Giuseppe Del Grande (evidentemente l’arte scorre nel sangue di tutta la famiglia!), intitolato “L’Anomalia”, come l’ultimo componimento della raccolta. Di anomalo, in tutto questo, vi è senz’altro l’umiltà con cui l’artista si affaccia alla poesia. Lo dimostra il fatto che non vi è alcun prezzo di copertina, ma viene chiesto solo un simbolico contributo, a piacere, per le spese di stampa. Ma questa umiltà traspare soprattutto dai singoli versi! Francesco Del Grande, infatti, nel versificare, non cerca affatto di impressionare il lettore dedicandosi alla costruzione di elefantiaci lirismi o alla trattazione dei grandi temi sociali alla moda, ma nella sua opera si appresta, invece, a descrivere, con immane chiarezza, le miserie quotidiane dell’uomo comune, adoperando un linguaggio semplice e delicato, di facile comprensione, ma comunque capace di toccare la sensibilità del lettore ed indurlo alla riflessione. Si tratta di una semplicità che, quindi, non svilisce l’arte poetica e non la priva della sua musicalità,

di Gaetano Errigo ma, anzi, la rende più grande. “L’anomalia” è proprio questo, il poeta che, secondo gli insegnamenti di Salvatore Quasimodo, abbandona la torre d’avorio, che lo isola e lo erge sopra la testa del volgo, per diventare cantore dell’uomo di strada e svolgere, così, all’interno della civiltà, un’importante funzione, non solo artistica, ma anche sociale.


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Mastru Peppi, Rosina e a Calata i Melina di Mina Raso

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’è un luogo a Taurianova che tutti, indistintamente grandi e piccini, conoscono ed è “ a calata i Melina”. E’ una discesa (da qui il nome “calata”) che si trova subito oltre il cimitero di Radicena, alla cui fine c’era un ponte, proseguendo ancora ci si ritrova in una zona detta “Conca” dove scorre un torrente che diventa, nei giorni di piena, una fiumara di acque ribollenti e impetuose. Qui si recavano un tempo le donne a fare il bucato. “A calata i Melina” è così chiamata perché in tempi lontani (c’è chi sostiene ai primi dell’Ottocento) una donna molto bella di nome Melina appunto, fu uccisa dal marito geloso, convinto che la moglie avesse un’amante. La povera Melina era innocente, non aveva mai tradito il marito, la sua unica colpa era di essere bella ma l’uomo, accecato dalla gelosia non le credette e con un coltellaccio le tagliò la gola e poi gettò il corpo dal ponte. Nel tempo

sono nate molte storie su questo luogo. Si narra che l’anima inquieta di Melina si aggiri in quella zona invocando clemenza e protestando la propria innocenza. Proprio di questo tratta la storia che sto per raccontarvi. Circa 70-80 anni fa viveva a Taurianova Mastru Peppi, contadino del luogo, con la moglie Rosina e i figli. Mastru Peppi era un brav’uomo, gran lavoratore e di buon carattere, era stimato e benvoluto da quanti lo conoscevano, aveva un solo difetto…..era gelosissimo della moglie. La povera Rosina doveva sempre indossare abiti dalle maniche lunghe, un fazzoletto che le nascondeva parte del bel volto quando usciva e lunghe gonne. Anche nei torridi mesi estivi quando andava a fare il bucato alla Conca, ed era sola con le altre donne il suo abbigliamento non cambiava. Una sera, dopo una lunga giornata nei campi, Mastru Peppi era seduto intorno al fuoco con la moglie ed altri braccianti con le loro famiglie. Mentre

gli uomini parlavano tra di loro, le donne facevano piccoli lavori di rammendo alla luce delle fiamme……avete presente quando capita che qualcuno vicino a voi sbadigli e subito viene da sbadigliare anche a voi? Quella sera successe proprio questo, ad un certo punto uno dei giovani braccianti presenti sbadigliò seguito quasi subito dalla povera Rosina che sbadigliò a sua volta. Mastru Peppi subito si insospettì pensando che quell’innocente sbadiglio fosse un segnale tra i due. Nei giorni che seguirono la gelosia lo rese quasi folle, controllava ora il giovane contadino, ora la bella Rosina e qualunque cosa vedesse lo rendeva sempre più sicuro del tradimento della moglie, persino se lei gli chiedeva il permesso di appartarsi per un bisogno naturale, lui sembrava divenire matto. Alla fine si convinse che la moglie l’aveva tradito e decise che la sua vendetta sarebbe stata terribile. Una mattina Rosina andò a fare il bucato con le altre donne e, durante


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la mattinata arrivò Mastru Peppi che la chiamò dicendole di andare con lui. Rosina, ignara di quel che passava nella testa del marito, lo seguì docilmente. Ora intorno alla fiumara c’erano molte grotte e il piano dell’uomo era molto semplice, avrebbe portato la moglie in una delle grotte e lì l’avrebbe uccisa facendole pagare il suo tradimento e lì l’avrebbe abbandonata. Appena furono entrati nella prima grotta, Mastru Peppi strinse le dita intorno al coltello che teneva in tasca preparandosi a colpire ma…..in quel momento sentì un movimento alle sue spalle, una mano gelida sfiorargli il volto e una voce che bisbigliava : “ Non lo fare…” Mastru Peppi, impaurito, trascinò via la moglie e si mise a cercare un’altra grotta dove entrò tirandosi dietro la povera Rosina, ma anche stavolta non riusci’ nel suo intento perché la presenza che aveva sentito nella prima grotta era anche lì e di nuovo fuggì quando sentì bisbigliare al suo orecchio “Non lo fare… ascoltala….” Rosina era sconcertata seguiva il marito ma non riusciva a capire dove volesse andare o cosa volesse fare; ad un certo un punto ella si fermò e gli disse (dandogli del voi, come si usava a quei tempi facesse una moglie verso il marito): “Marito mio, ma che avete? Perché mi portate di grotta in grotta come uno sbadiglio di bocca in bocca?” (in dialetto “Pecchì mi levati i grutta a grutta comu gasma i ucca a ucca?”) Mastru Peppi la fissò senza capire e mentre la guardava vide vicino a lei una giovane e bella donna che lo

guardava sorridendo triste, per un attimo fu come se fossero solo loro due e la bella Melina parlò: “Ascoltala….non ti ha tradito, come io non avevo tradito mio marito….uno sbadiglio è solo uno sbadiglio non un segnale. Vattene a casa e sii felice con lei, se le farai mai del male…..verrò a cercarti e non avrai più pace!” . Detto questo la donna svanì, Mastru Peppi guardò la moglie, alla quale ancora stringeva furiosamente il polso e capì…. Ricordò la storia di Melina e si rese conto a cosa lo stava conducendo la sua folle gelosia, gettò il coltello nelle acque ribollenti della fiumara, si girò verso le grotte e gridò: “Mai più …..non accadrà mai più!”. Prese la moglie per mano e se ne andò, vivendo insieme a lei serenamente fino a quando furono molto vecchi, e quando la gelosia tornava a farsi sentire, Mastru Peppi ripensava alla bella Melina, si recava alla Conca e, inginocchiato sul ponte con il cappello in mano chiedeva perdono per quello che era stato sul punto di fare…e di nuovo rinnovava il suo giuramento “Non accadrà mai più…..”. Allora guardandosi intorno scorgeva a volte una figura di donna evanescente che sorrideva. Si dice che Melina sia ancora lì e che ogni tanto qualcuno riesca a vederla….. N.d.A – Le fonti utilizzate sono assolutamente riservate e confidenziali, i nomi dei protagonisti sono di fantasia.


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Conferimento Diploma di "Benemerenza Costantiniana"

di Domenico De Angelis

Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio a Terranova S.M. Scelta la “perla della Piana” per aprire il “mese della Misericordia”

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a Città di Terranova S.M. è stata scelta dal Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio per aprire il “mese della Misericordia”, progetto solidale promosso dalla Delegazione Calabria. L’encomiabile iniziativa, prevede la distribuzione di generi di prima necessità a favore delle persone bisognose della regione. Ciò è stato possibile grazie alla cospicua donazione (l’intero carico di un tir) fatta dalla Esselunga S.p.A. Il tutto, grazie alla sensibilità dimostrata nei confronti della nostra terra, da parte del Gran Prefetto, S.E. l’Ambasciatore Augusto Ruffo di Calabria, dei Principi di Scilla. Venerdì 4 marzo, presso il Santuario del SS. Crocifisso, è stata celebrata una S. Messa, preceduta, come di consueto in tempo di quaresima, dal S. Rosario e dalla via Crucis. La funzione liturgica è stata officiata da P. Rocco Spagnolo (Sup. Gen. Missionari dell’Evangelizzazione). Prima della S. Messa, il parroco, P. Pasquale Carnovale, ha ringraziato i Cavalieri dell’Ordine presenti. Al termine della Celebrazione il Dott. Comm. di Merito con Placca, Aurelio Badolati, ha voluto ringraziare per l’ospitalità ricevuta, conferendo, successivamente,

Alcuni Cavalieri dell'Ordine con P. Rocco Spagnolo

due onorificenze. Il “Diploma di Benemerenza Costantiniana” è stato riconosciuto ai Dott.ri Giuseppe Pietropaolo e Marcello Bagalà (volontari dell’Ordine). I Cavalieri, per tramite dell’Avv. Ettore Tigani, hanno voluto che anche la più piccola Città della Piana, attraverso una donazione, fosse interessata dall’operato dell’Ordine. In tale occasione erano presenti: Il Delegato Vicario, Dott. Comm. Aurelio Badolati; I Cavalieri di Merito: Dott. Rocco Gatto, Dott. Pasqualino Guerrisi, Dott. Giovanni Surace, e il rappresentante dei Benemeriti, Dott. Roberto Bendini. Inoltre, sono stati invitati la Dott.ssa Simonetta Sgariglia (Pres. dell’Ass. Kairos di Monsanpolo) e la Dott.ssa Patrizia Pirri (Pres. dell’Ass. Hope Corner) entrambe di Ascoli Piceno. Ma da dove si origina quest’Ordine? Ecco di seguito un excursus storico. Si tratta di un Ordine Cavalleresco-Religioso le cui origini, per tradizione, risalgono all’Imperatore Costantino I “il Grande”, il quale lo fondò all’indomani del celebre episodio della visione della Croce luminosa in cielo, prima della vittoriosa battaglia di Ponte Milvio dell’ottobre del 312 d.C. Tale evento, cambiò le sorti della storia e interessò fortemente anche la Cristianità. Infatti,

l’Imperatore si convertì definitivamente al cristianesimo permettendo l’esternazione pubblica con lo storico “Editto di Milano” del 313 d.C. Quello Costantiniano può considerarsi il più antico Ordine Cavalleresco della storia e della cristianità. Come stabiliscono gli Statuti, esso si propone: la glorificazione della Croce, la propaganda della Fede e la difesa della Santa Romana Chiesa, alla quale è strettamente legato per speciali benemerenze acquisite durante i secoli. Molteplici, inoltre, sono le prove di riconoscenza e di benevolenza esternate dai Sommi Pontefici. L’Ordine Costantiniano gode di credibilità istituzionale e diplomatica, che si concretizza nella concessione, da parte delle autorità preposte di vari Paesi, alla portabilità delle insegne e delle decorazioni per civili e militari (lo Stato italiano, dal 1963, autorizza i cittadini a fregiarsi delle decorazioni del medesimo ai sensi dell’art. 7 della Legge 178 del 3 marzo 1951). Attualmente, Gran Priore dell’Ordine è S.E.R. il Cardinale Renato Raffaele Martino, mentre Gran Maestro è S.A.R. il Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie Duca di Castro. Si rammenta, inoltre, il precipuo dovere dei Cavalieri, di vivere da perfetti cristiani, ma sarà proprio di essi l’associarsi a tutte quelle manifestazioni che concorrono all’incremento dei princìpi religiosi negli uomini e cooperare con tutti i mezzi, affinché si ridesti nella pratica quotidiana la vita cristiana. L’Ordine, per rispondere meglio alle esigenze del tempo, si propone anche di dare il suo maggior contributo d’azione e di attività alle due grandi opere sociali dell’assistenza ospedaliera e della beneficenza. Sicuramente, la testimonianza offerta, esempio luminoso di prossimità, è servita per riaccendere la speranza. È auspicabile che altri laici ne seguano le orme per il bene comune.


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II PARTE

I sette vizi Capitali

di Domenico Caruso

”L'invidia”

nella letteratura e nel folklore

L'

invidia, degna congiunta della superbia, ha sempre rispettato la sua subdola sembianza di ipocrisia, inganno, livore e malevolenza. L'invidioso si sente frustrato della felicità altrui, che ritiene ingiusta e tenta di demolirla ad ogni costo. "Se l'invidia fosse febbre, ognuno l'avrebbe", afferma un noto aforisma corrispondente al detto dei nostri avi: Se 'a mbìdia fussi guàdara tutti l'avarrìanu. (Se l'invidia fosse ernia nessuno ne sarebbe privo). La Bibbia ci tramanda la storia di Lucifero, il portatore di luce cacciato da Dio a motivo del suo orgoglio, che si tormenta per aver perduto il paradiso e odia gli uomini che possono sperare nella salvezza. Non per nulla si dice: 'A 'mbìdia jesti a' casa du' diavulu. (L'invidia dimora nel diavolo).La condanna e la crocifissione di Gesù sono una conseguenza dell'invidia: 'A mbìdia ammazzàu 'u fìgghju di Ddeu. (L'invidia ha ucciso il figlio di Dio). Pilato, infatti, aveva chiesto la liberazione di Cristo «perché sapeva che i capi dei sacerdoti l'avevano portato da lui soltanto per odio». (Mt 15, 10) La mitologia riporta la dolorosa vicenda di Aracne, tramutata in ragno da Atena gelosa dei meriti della rivale fanciulla. Avendo la valente tessitrice e ricamatrice sfidato la dea greca, questa sdegnata l'ha condannata a vedere lacerata la sua meravigliosa tela. L'invidioso non tollera che un altro riesca ad ottenere di più e meglio. Ddiu mu ti scanza di' figghj picciusi e di' vicini 'mbidijùsi! (Dio ci scansi dai bambini piagnucolosi e dai vicini invidiosi!). Il verbo invidiare proviene dal latino invid re,

che significa guardare di malocchio, e inviso vuol dire malvisto. Dalla stessa radice deriva il termine francese envie che, oltre ad invidia, sta ad indicare voglia, desiderio, brama. E chi più dell'invidioso, non desidera le cose altrui e non soffre per i successi del prossimo? Gli antichi dicevano: E' mègghju di' cani muzzicàti ca di' vicini 'mbidijàti! (E' preferibile venire azzannati dai cani famelici anziché venire invidiati dai cattivi vicini!). Il malocchio, così temuto in Calabria, è una carica di influenze negative che le persone invidiose esercitano con lo sguardo: Non duvi sedi, ma duvi meri la pìgula feri! (Non dove si posa, ma dove fissa gli occhi la civetta è di cattivo auspicio!). In passato, quando si costruiva un'abitazione, veniva posto in alto un gobbetto e sulla porta una maschera di terracotta per proteggersi dalla jettatura. L'invidioso non trova un momento di pace e può commettere qualsiasi reato. Così, l'odio verso il fratello ha portato Caino a commettere il primo delitto del mondo. 'A mbìdia gùnchja 'u panza. (L'invidia riempie lo stomaco). Ma a lungo andare, l'invidia consuma se stessa, come un animale che in assenza di altre zampe divora le proprie: 'A mbìdia si mangia 'a mbìdia. A questo punto, "l'invidioso si rode e l'invidiato se la gode!". L'invidia, come una lente deformante, tende a sopravvalutare ogni cosa ed a scorgere soltanto ciò che il risentimento presenta. La falsa apparenza, purtroppo, spesso nasconde un'amara realtà, come sostiene il Metastasio: Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai che invidia fanno, ci farebbero pietà!

L'invidia fa bruciare gli occhi come la cipolla, annulla il raziocinio e rende tristi: 'A 'mbìdia brùscia l'occhj comu 'a cipuda. Dante nel VI canto (vv. 73-75) dell'Inferno ricorda che in Firenze poche sono le persone oneste e non ascoltate, e la città arde si superbia, invidia e avarizia: Giusti son due, e non vi sono intesi: superbia, invidia e avarizia sono le tre faville ch'hanno i cuori accesi. In seguito, nel Purgatorio, il Divino Poeta si commuove nel vedere le anime degli invidiosi coprirsi di ruvidi panni, sorreggendosi a vicenda con la testa ciondoloni come i mendicanti sulle scalinate delle chiese. Un filo di ferro cuce le loro palpebre come si fa per gli sparvieri addomesticati: E come alli orbi non approda il sole, così all'ombre quivi, ond'io parlo ora, luce del ciel di sé largir non vole; ch'a tutti un fil di ferro i cigli fora e cuce sì, come a sparvier selvaggio si fa, però che queto non dimora. (Purg. XIII, 67-72) L'invidia è, come osserva Giuseppe Giusti, un vizio comune: Sempre il ciacco invidia il bottegaio; il bottegaio invidia il negoziante; il negoziante invidia l'usuraio e l'usuraio invidia il benestante; questo il patrizio, e questi farabutti il sovrano, e il sovrano invidia tutti. Si condanna questo peccato occulto e spesso segreto, ma poi non si riesce a frenarlo, dimentichi che l'invidia fa la fossa agli altri e poi vi casca dentro.

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Ente Nazionale Tempo Libero

Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura

Servizio Italiano Assistenza Sociale


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Maria nei sacri marmi cinquecenteschi della Piana La Madonna del Pilerio in Oppido Mamertina a cura di Diego Demaio

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I

n attesa dell’istituendo “Museo del Santuario di Maria SS. delle Grazie”, è provvisoriamente collocata, nei preposti locali di Palazzo Vorluni (casa natale della mistica Pia Rosa 17991871), sito nella via Maria SS. delle Grazie in Tresilico (Oppido Mamertina), la pregevole scultura della Madonna del Pilerio, risalente al terzo-quarto decennio del XVI secolo. La bella statua in marmo di Carrara, alta cm 168 incluso lo scannello pertinente (l’altro funge comunque da artistica base al contesto dell’opera), è attribuita all’illustre maestro carrarese Giovambattista Mazzolo. Il culto della Madonna del Pilar, come si è già detto nell’apertura della nostra rubrica trattando l’omonima Madonna in Sinopoli Superiore, venne introdotto in Calabria dagli Aragonesi per poi avere una particolare diffusione nel corso del secolo XVI. La simbologia della piccola colonna, purtroppo monca nella parte superiore, tenuta da Gesù Bambino in braccio a Maria, rappresenta infatti il Pilar (pilastro o colonna) che la Madonna stessa donò, apparendo miracolosamente nei pressi di Saragozza, all’apostolo San Giacomo il Maggiore per invitarlo ad iniziare a costruire un tempio in suo onore. Della medesima scultura si apprezzerà, oltre alla soave dolcezza della Madre che si appresta ad allattare il divino Figliuolo, la pregevole fattura dell’attinente scannello raffigurante nel riquadro centrale la splendida Natività, con ai due lati l’Arcangelo Gabriele e l’Annunziata. In riferimento all’altra interessante base (quella non pertinente all’opera) che è attribuita al grande scultore siciliano Rinaldo Bonanno, risalente all’ottavo decennio del ‘500, si noteranno, mirabilmente scolpite sin nei dettagli del bassorilievo, le scene della Madonna della Misericordia, al centro, con nei riquadri laterali quelle dell’Annunciazione e dell’Epifania. Da ciò si può ipotizzare che l’artistico manufatto fosse probabilmente lo scannello di una purtroppo distrutta (si pensi ai frequenti catastrofici terremoti) statua della Madonna della Misericordia o forse delle Grazie. La Madonna del Pilerio (Foto Dr. Diego Demaio - Riproduzione vietata)



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