Corriere della piana - n.36

Page 1

solo € 1,5 0

Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro - Nuova serie, n° 36, Anno 2015 - “Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - 70% Aut: ATSUD/CZ/518 val. dal 13/10/15”

In regalo SPORT MAGAZINE (24 pagine)

Calabria alluvioni . . . Quale futuro?

Costituzione, art. 32 Tutela della salute

Porto di Gioia Emergenza continua

Pedemontana Il punto di Foci e Polisena

Terranova S. M. Il restauro del Crocifisso


2

Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663


sommario

Corriere della Piana del 19 Novembre 2015

3

I genitori emigrarono da Cirello e da Cannavà

Francesco Sorbara eletto deputato in Canada

U

n calabrese, Francesco Sorbara, è stato eletto deputato in Canada. Nato in Canada da genitori calabresi -Vincenzo Sorbara e Vincenzina Amante - emigrati negli anni ’60, dal Cirello e da Cannavà le due frazioni di Rizziconi al centro di quella area ricca di storia che nell’800 vide, intorno all’azienda del Principe Acton, crescere e svilupparsi una generazione nuova - di uomini alla ricerca di un futuro diverso da quello legato alla sola agricoltura. Tantissimi furono già dalla fine dell’800 quelli che varcarono il mare per costruire per sè e le loro famiglie nuove realtà oltreoceano scontrandosi, dopo lunghi e talvolta durissimi viaggi sui piroscafi in terza classe o nelle stive con le umiliazioni della schedatura e della quarantena a Ellis Island e poi cominciando a lavorare duramente per costruire la loro nuova vita. I sacrifici che i nostri emigrati hanno fatto sono stati ripagati dai numerosi successi ottenuti, perché moltissimi di loro si sono affermati ed occupano posizioni importanti, di prestigio. I loro figli oggi sono cittadini Americani, Australiani o Canadesi. Della terra dove sono nati si sentono parte pur senza dimenticare la loro radice italiana. Persone che, anche se devono tutto all’America, restano fortemente legate con la mente e con il cuore alla Calabria. Giovanni Nucera, nel suo libro “Reggio New York andata e ritorno”, ne menziona tante: persone che ce l’hanno fatta ad emergere come Tony Brusco, Raffaele La Gamba, Rocco Crudo, Giuseppe

Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Caterina Sorbara, Teta Cosentino, Federica Mamone, Anna Rotundo, Francesco Di Masi, Veronica Iannello, Emma Ugolini, Filippo Marino, Monica Minì, Filomena Scarpati, Antonino Violi, Michelangelo Di Stefano, Vincenzo Vaticano, Domenico De Angelis, Don Giancarlo Musicò, Don Letterio Festa, Emanuele Gatto, Deborah Serratore, Marinella Gioffrè, Francesca Agostino, Giovanni Garreffa, Cterina Mesiano, Maria Stella Giovinazzo, Diego Demaio. Foto: Free's Tanaka Press, Diego Demaio. Grafica e impaginazione:

4 5

6 7

8

Masciana, Frank Corsaro, Mico Delianova Licastro, Enzo Mazzaferro, Domenico Sansalone e tanti altri. Adesso a questi nomi, possiamo aggiungere quello di Francesco Sorbara, che rappresenterà idealmente la Calabria e - segnatamente la Piana del Tauro - all’interno del nuovo Parlamento canadese. Appartenente al Partito Liberale, nel riding Vaughan Woodbridge ha battuto in volata l’ex Ministro della Difesa Julian Fantino, precedendolo di 2500 preferenze. Economista, laureato con il massimo dei voti all’Università di Toronto e Simon Fraser University, possiede oltre 20 anni di esperienza aziendale. E’ sposato con Rose Greco e ha due figlie, Eliana e Natalia. La percentuale più alta dei candidati calabresi l’ha ottenuta la vibonese Judy Sgrò, sempre del partito Liberale, che con 23925 e il 67% ha sbaragliato la concorrenza del riding Humber River-Black Creek nella città di Toronto. Un altro candidato calabrese, Marco Mendicino, sempre nella città di Toronto, ma nel collegio di Eglinton-Lawrence, ha ottenuto 27494 voti pari al 50%, meglio di 11 punti sul conservatore Joe Oliver. Grazie a queste persone, possiamo ancora dire di essere orgogliosi dell’intelligenza e della capacità “Made in Calabria”. Buon Lavoro, On. Sorbara, Nonno Ferdinando e Nonna Caterina Mamone - che forse hai conosciuto poco - come pure Nonno Francesco Amante e Nonna Rosa Mamone - se ancora vivessero sarebbero stati orgogliosi. Caterina Sorbara

Editoriale: Scende la pioggia... Vulnerabilità e violenza Natuzza Evolo: un segno dell'amore materno di Dio

L'art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana

26

11

A proposito di Halloween

12

Vivere la legalità nei gesti quotidiani

13

Legalità nell'impresa

16

Oppido Mamertina: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo

25 Il culto di Nostra Signora dei campi

Porto: L'emergenza continua

15

24

Limbadi: Il baratto amministrativo

10

14

Pedemontana: Lotta continua Nel segno del Minotauro

in Oppido Mamertina

Varapodio: Progetto Dara La fame del nostro vicino

27

Palmi: Il miracolo di una nuova nascita

28 29

Palmi: Miti contemporanei Una piccola artista alla scoperta del mondo

30

Delianuova: Meridionalista di frontiera

31

Palmi: Libriamoci

Avere o essere: J’ai… ou Je suis

18

Gioia Tauro: L'Associazione ALAGA

19

Erasmus+ in Aspromonte

20

Al voto, al voto!

Bova Marina: Museo di Paleontologia e Scienze Naturali dell’Aspromonte

corrieredellapiana@libero.it

22

Gioia Tauro: Laudato si'

36

Il castello di San Giorgio Morgeto

Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999

23

Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@yahoo.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Sede redazione: Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC)

La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 18-11-2015 Visit us on

Facebook

Il restauro del SS. Crocifisso di Terranova S. M.

32

Costituito il Comitato Regionale Giovani

34 35

38

Dal Pollino all'Aspromonte

Maria nei sacri marmi cinquecenteschi della Piana


Editoriale

4

di Teta Cosentino

A

Scende la pioggia…

pprofittando dell’impossibilità del Direttore, impegnato in campagna elettorale a Taurianova, a firmare articoli per una comprensibile par condicio e che ringrazio per avermi dato la possibilità di firmare - almeno per questo numero - il suo editoriale, passo, parafrasando le note di una canzone di Gianni Morandi che tantissimi anni fa cantava:” Scende la Pioggia/ ma che fa? / crolla il mondo intorno a me / che per amore sto morendo…” a fare il punto sulla gravissima situazione del dissesto idrogeologico in Calabria e nella Piana del Tauro. Scende la pioggia e che fa? Crolla il mondo nel senso letterale del termine. Fiumi che esondano e, tracimando, travolgono tutto e distruggono terreni, piantagioni e raccolti. Muri che crollano, ponti che precipitano. Gente che - come l’artigiano 42 enne di Taurianova Salvatore Comandè - muoiono dentro un cunicolo di acque piovane lungo chilometri e nel quale senza soverchie protezioni in più punti è facile accedervi o - come per lui, purtroppo - esservi trascinati. La Calabria è stato sempre un territorio a rischio idrogeologico. La violenza delle fiumare per molti decenni era legata ai racconti di Corrado Alvaro e alla memoria dei vecchi che avevano vissuto disastrose alluvioni come quella del 1951 o quella del 1974. Adesso è un susse-

guirsi di disastri anche senza trovarsi in presenza di un fenomeno particolarmente grave e prolungato. Più che alluvioni in tutte le occasioni ci siamo trovati davanti a eventi temporaleschi, forti, fortissimi ma che talvolta non hanno avuto una durata superiore a 1 o 2 giorni. Ciononostante la Calabria paga il frutto di decenni di errori e di leggerezze. Case costruite sugli argini o addirittura dentro gli alvei delle fiumare. Cementificazione e bitumazione diffuse delle strade poderali e dei sentieri di campagna di fatto impediscono l’assorbimento e lo spandimento sui terreni agricoli delle acque piovane che finiscono per canalizzarsi in torrenti accidentali e comunque impetuosi che invadono le strade principali e per caduta scendono a valle: sempre più giù aprendosi la strada verso il mare. E lungo questo percorso succede il cataclisma. Possibile che non si riesca a trovare rimedio a tali problematiche? I letti dei torrenti che in passato erano stati delimitati da muraglioni a causa della mancanza di manutenzione dentro gli alvei con trincee di pietre a proteggere le fondamenta dei muraglioni sono nuovamente - dopo il crollo dei muri - liberi di erodere i terreni. Sono mancate negli anni opere sistematizzate e organiche di protezione del territorio dal rischio dissesto idrogeologico. La natura si prende - con la forza delle alluvioni - quel che l’uomo le ha rubato. Successe a Soverato anni fa e con tanti morti: un camping era stato realizzato dentro un letto di torrente. Tanto non piove. E invece piovve e vi furono tanti morti. E’ successo il 31 Ottobre. Poco dopo aver chiuso in tipografia questo giornale. Quante altre volte dovrà succedere ancora? Questo è l’interrogativo che poniamo a una classe politica imbelle e inetta. Non è consolatorio sapere che forse delle persone verranno mandate a giudizio per rispondere del crollo del ponte, della frana o della morte di persone a causa del maltempo e per non aver saputo prevedere in anticipo le conseguenze. Non è consolatorio e non paga il dolore e il pianto disperato della madre, della moglie e delle figlie di Salvatore Comandè: strappato alla vita, al lavoro e alla famiglia da una valanga d’acqua e che nonostante tutte le dichiarazioni di vicinanza e di solidarietà non tornerà in vita. Della morte di quest’uomo bisognerebbe farne un monito e un invito alla rinascita. Operando a monte del rischio frane e alluvioni, per attenuarlo o annullarlo. Solo così si renderà giustizia e onore alla memoria di un padre di famiglia che, uscito di casa, mai avrebbe immaginato di non farvi più ritorno per le cause - a tutti note - che lo hanno condotto alla morte.


5

In un territorio da sempre fragile

Vulnerabilità e violenza

di Federica Mamone

alla base del dissesto idrogeologico della Calabria

I

l dissesto idrogeologico è ormai divenuto una costante nello scenario emergenziale della Calabria. Poche ore di pioggia, eventi meteorici assolutamente non alluvionali come le piogge torrenziali prolungate per giorni, sono sufficienti a creare smottamenti e danni ingenti e, purtroppo, come recentemente accaduto a mietere vite umane. Quali le cause della fragilità di un territorio da sempre vulnerabile? A parte quelle connaturate all’orografia del territorio, deve evidenziarsi subito che l’azione spesso scriteriata dell’uomo ha creato molte situazioni dalle quali sono poi derivate conseguenze inimmaginabili. Il territorio violentato da interventi di cementificazione, di desertificazione, di impossibilità di spandimento naturale delle acque sul terreno cede alla violenze delle intemperie. I torrenti, che hanno visto gli alvei ristretti e cementificati pian piano - a causa della mancata manutenzione degli argini - hanno eroso dalle fondamenta i muri di protezione dei terreni caduti come fuscelli sotto la spinta violentissima delle correnti delle acque in piena. In altri casi la mancata manutenzione delle vie fluviali interne, intasate da rifiuti anche di grosse dimensioni, ha originato sbarramenti precari che per qualche tempo, come una diga, hanno trattenuto le acque la cui spinta ha poi prevalso creando ondate di piena che, come nel caso della disastro-

sa alluvione del Budello, a Gioia Tauro nel 2011, vide una imponente tracimazione delle acque, allagamenti e danni per milioni di euro. La responsabilità viene - di solito - e non a torto additata ai politici ma a questi vanno aggiunti i burocrati: funzionari preposti all’attuazione delle direttive politiche e che spesso nulla hanno fatto e nulla intenzionalmente intendono fare in uno scialo di triti fatti volti allo scarico di responsabilità. Le aste fluviali, abbandonate da anni, le ristrettezze economiche e finanziarie degli enti locali, L'assunzione di responsabilità e lo scarico di competenze, i clientelismi - che spesso hanno favorito in nome del principio che più cemento si consuma e più si può lucrare, inutili cementificazioni hanno creato le condizioni dalle quali è derivata la fragilità del territorio, la sua friabilità, il suo sgretolamento. Urge correre ai ripari. Per far questo è necessario creare lo strumento di pianificazione delle azioni a tutela del territorio. La terra si riprende la terra. Le forze della natura producono effetti devastanti sul territorio devastato dall’uomo. In un ambiente ancora integro i danni sono sempre minori. Bisogna pertanto ripensare all’utilizzo indiscriminato del cemento nei sentieri rurali e nelle strade di campagna. Queste devono tornare ad essere strade bianche: terra battuta e ciottoli capaci di far filtrare l’acqua e di assorbirla spandendola sul terreno agrario. I

terreni devono tornare ad essere coltivati e preparati ad accogliere e canalizzare le acque con semplici opere di cordoli di terra. In determinate situazioni la presenza di vasche e invasi è necessaria a far diminuire le quantità idriche in spandimento sul suolo. Vasche di raccolta, a terra e sui tetti delle case, potrebbero attenuare gli effetti della pioggia sul terreno consentendo un minore imbimbimento e una maggiore resistenza dei suoli. Sui tetti e le terrazze dovrebbero essere posti contenitori idonei a raccogliere le acque piovane. Un insieme di azioni biocompatibili si rendono indispensabili per fugare il rischio alluvione, inondazione ed esondazione. Per attenuare o rendere nullo il pericolo delle frane, aumentato a dismisura dove il suolo agrario è stato artefatto o modificato con riversamento di terra di riporto non omogenea. Nell’immediatezza però vi sono da bonificare in urgenza torrenti e canali affluenti e confluenti. Non ci sono i soldi. Però vi è l’esercito. I militari dovrebbero intervenire - in missione di pace - lavorando (paga dei militi a carico dell’ente richiedente) in quei comuni dove sono urgenti interventi ma non si possono fare per via del patto di stabilità. Per fare intervenire i nostri soldati non bisogna attendere l’alluvione. Bisogna prevenirla e l’Esercito Italiano, in quest’ottica, ben potrebbe assolvere al compito richiesto.


6

di Anna Rotundo

N

Natuzza Evolo: un segno dell’amore materno di Dio

on si è ancora spenta l’eco del sesto anniversario della morte di Natuzza Evolo, la mistica di Paravati (VV), che venne a mancare alle 5.15 del primo Novembre del 2009. Aveva 85 anni. Alcune ore dopo Paravati di Mileto divenne meta incessante per giorni e giorni di migliaia di pellegrini. I funerali si svolsero il tre Novembre ai piedi della grande chiesa alla presenza di una folta rappresentanza di vescovi e di migliaia di pellegrini, nonostante l’inclemenza del tempo. Tutto il corpus dei fenomeni che informa l’itinerario spirituale di Natuzza Evolo richiederebbe un’approfondita analisi linguistica e antropologica: richieste di aiuto dai fedeli per le più diverse occasioni, colloqui con defunti e trasmissione di messaggi da parte loro, ma anche da parte di Gesù, della Madonna e degli angeli. Qui riteniamo sufficiente segnalare che queste comunicazioni si svolsero in un’atmosfera di profondo e avvolgente amore materno: Alessandra Bartolomei (titolare di cattedra di Storia della Vita Religiosa presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma) citando Ildegarda di Bingen, recentemente proclamata dottore della Chiesa, spiega come, “nell’Incarnazione, Cristo non ha avuto un padre umano, e quindi ha tratto la propria carne solo da Maria Vergine: in fondo, la carne di Cristo è la carne di sua madre ed è una carne femminile: proprio per questo le donne possono, in questo senso, imitare ancora meglio Gesù rispetto ai modelli maschili”. Natuzza ebbe un continuo colloquio con il suo angelo custode, che la guidava, la consigliava, le faceva conoscere anche gli angeli

protettori delle persone che incontrava e con le quali parlava, permettendole così di dare risposte. Svariate testimonianze attribuirono alla mistica anche il dono dell’illuminazione diagnostica: pur non conoscendo nulla di medicina era infatti in grado di stabilire immediatamente una diagnosi, suggerire un farmaco o la necessità o meno di subire un’operazione chirurgica.

Aveva il dono del “profumo mistico”, che veniva spesso percepito anche a distanza, nei suoi viaggi bilocativi e possedeva la facoltà dell’emografia, cioè della scrittura con il sangue, attraverso la spontanea e strabiliante apparizione di frasi a carattere sacro, anche in lingue straniere, su oggetti (magliette, fazzoletti, garze) che venivano a contatto con il sangue da lei trasudato. Di grande rilievo è il documentario etnografico realizzato su Natuzza da Luigi Maria Lombardi Satriani: per il celebre antropologo “l’attività di Natuzza è in nome della vita; della vita dei superstiti, cui ridà sguardo e parola; dei morti, cui assicura continuità

di discorso; in sintesi, di una comunità rifondata nella quale vivi e morti possono comunque continuare in relazione: la vita è nel rapporto, la vita è il rapporto”. Su sua ispirazione si costituì nel 1987 un’associazione (poi diventata fondazione, presso cui Natuzza ha trascorso il resto della sua vita e che costituisce la sua più grande eredità) con l’obiettivo di creare a Paravati un complesso che inglobasse un santuario mariano e diverse strutture per l’assistenza medica. Ispirati da Natuzza e dalla sua testimonianza di fede sorsero inoltre, dal 1994, dei “Cenacoli di preghiera” riconosciuti dalle autorità ecclesiastiche e diffusi sul territorio nazionale e all’estero. Diversi scienziati si sono occupati di lei, non riuscendo razionalmente a spiegare i fenomeni che le accadevano. Morì alle 5 di mattina del 1 Novembre 2009 , nel centro per anziani che lei stessa aveva fondato grazie alle offerte dei fedeli. Il vescovo di Mileto ha più volte ha espresso pubblicamente il suo giudizio estremamente positivo su Natuzza ed è stata avviata la causa di beatificazione. Il mistero di Natuzza Evolo risponde ancora una volta alla grande domanda antropologica sul senso del dolore con la potenza della Croce: la Croce è il grande esorcismo, è l’ultimo grande esorcismo nei confronti della morte. Il mistero di Natuzza Evolo da più di ottanta anni avvolge le colline di Paravati, nel cuore di una Calabria dolente che vive, comunque, anche grazie a questa donna, nel segno della vita e delle speranza. Lo testimoniano le centinaia di migliaia di persone che hanno raggiunto e raggiungono Paravati per ricevere da Natuzza quello sguardo di bontà e di consolazione che i suoi occhi non hanno mai negato a nessuno.


7

Limbadi:

IL BARATTO AMMINISTRATIVO Un segnale per le persone in evidente stato

di Francesco Di Masi

di difficoltà.

T

anta gente a causa dell'annosa e perdurante crisi economica, viene messa in difficoltà nella gestione della normale vita familiare, ciò si riverbera sulla società civile che non vede sbocchi alle problematiche del vivere civile e dell'ordinaria amministrazione delle città che risentono di questo stato di crisi, in quanto la gente, pur di dar da mangiare e un vivere decoroso ai propri figli, si vede costretta ad evadere il pagamento delle tasse. A tale scopo, viene in soccorso alle pubbliche amministrazioni, una legge di recente emanazione "il baratto amministrativo", che in parole brevi, soccorre le fasce sociali più deboli e impossibilitate a pagare i tributi in cambio di servizi che detti soggetti offrono alle pubbliche amministrazioni, a sua volta in difficoltà ad erogare servizi più confacenti e qualitativamente più idonei ai cittadini. A tal proposito si invitano le locali amministrazioni della Piana del Tauro, a considerare di prendere in esame e di attuare la normativa del baratto, cosa avvenuta nelle realtà vicine ad opera e su proposta di uno dei più giovani amministratori d'Italia, Mattia Caruso del Comune di Limbadi di cui citiamo e riportiamo la proposta per la deliberazione:

Al Sindaco del Comune di Limbadi Agli Assessori del Comune di Limbadi Al Presidente del Consiglio del Comune di Limbadi Oggetto: istituzione NORMATIVA “baratto amministrativo” quale aiuto alle fasce sociali più deboli del Comune di Limbadi. PREMESSO che la persistente crisi economica che sta attraversando il nostro territorio ha determinato per alcune fasce sociali del Comune di Limbadi l’impossibilità a pagare i tributi, anche locali Che, conseguentemente alla difficoltà nella riscossione dei tributi, potrebbe diminuire la qualità dei servizi che l’amministrazione eroga RILEVATO che l’art.24 della legge n.164 del 2014 “Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio”, disciplina: che i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione viene concessa per un periodo di tempo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, permettendo così ai cittadini di poter assolvere al mancato pagamento dei tributi già scaduti ripagando l’ente mediante una loro prestazione di pubblica utilità indirizzata agli interventi che l’amministrazione individui nel territorio comunale CONSIDERATO che gli interventi, in particolare, possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade, o interventi di decoro urbano, di recupero e di riutilizzo, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. TENUTO CONTO che compito di una Amministrazione è quello di tutelare il diritto

di ciascun nucleo a preservare le risorse economiche per i bisogni primari, garantendo al contempo il rispetto delle regole nel pagamento dei tributi; che il baratto amministrativo è una modalità che concilia l’obbligo del pagamento di tributi con le disponibilità economiche del nucleo familiare e si delinea come un ulteriore strumento di politica sociale a favore dei nuclei disagiati Che tale forma di intervento, offre anche il vantaggio al Comune di usufruire di forza lavoro, in un periodo in cui le assunzioni sono bloccate ed i risparmi e tagli nella gestione amministrativa rendono determinate attività di difficile soddisfacimento VISTA anche dell’opportunità di ridare dignità a chi, per le contingenti e transitorie situazioni di emergenza, è costretto a chiedere frequenti aiuti, dando loro la possibilità di mettersi a disposizione della propria comunità e di sentirsi utili a se stessi e agli altri Chiede Di introdurre, il baratto amministrativo, alle condizioni che questa amministrazione riterrà necessarie e utili, in funzione dei bisogni rilevati tra cittadini e compatibilmente con le esigenze di bilancio, in applicazione dell’art.24 della legge n.164 del 2014 come misura di agevolazione della partecipazione delle comunità locali". Nell'era in cui assistiamo impotenti all'abbandono delle regole democratiche e alla disaffezione verso la politica, in modo particolare da parte dei giovani, ben venga questo sprone, scaturito quale esempio da un diciottenne, di amore civico e di solidarietà, con il solo intento di dare un contributo utile e fattivo alla propria comunità.


8

Salute: sembra non avere cittadinanza nella Piana di Gioia Tauro e in altre realtà calabresi

L'art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana di Veronica Iannello

C

i si dovrebbe soffermare a riflettere su questo concetto, soprattutto in regioni come la Calabria, dove le strutture ospedaliere, a volte fatiscenti, non rispondono in modo adeguato alle esigenze sanitarie della popolazione. Ma i Calabresi non si arrendono e manifestano la loro protesta, alzano la voce, scendono in corteo, in tanti, tantissimi, per svegliare le menti “ottuse” di chi ha attualmente potere decisionale a riguardo, per urlare la rabbia di un intero popolo contro chi decide le sorti della Sanità Calabrese, già duramente provata da giochi di speculazione finanziaria.

Art. 32 Costituzione della Repubblica Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

Il 24 Ottobre, dopo Locri, anche Polistena chiede certezze e si accende a difesa del proprio Presidio Ospedaliero “Santa Maria Degli Ungheresi”. La manifestazione di protesta “Su La Testa” ha portato in Piazza la gente della Piana di Gioia Tauro e oltre, le associazioni, le scuole, i comitati, lrfamiglie, i religiosi, le istituzioni locali, il Presidente della Provincia, i Consiglieri Provinciali, i Consiglieri Regionali, i Parlamentari Nazionali, e inoltre circa cinquanta Sindaci dell’area dello Stretto. Il Sindaco di Polistena, Dott. Michele Tripodi sottolinea come il decreto n. 9 del 2/4/2015, approvato dall’Ing. Scura, Commissario alla Sanità della Calabria,

con l’avallo silente e colpevole del Commissario-Presidente Oliverio, che lo ha confezionato prima, punti al superamento dell’Ospedale di Polistena senza alcuna logica di programmazione territoriale e di dimensionamento rispetto alla popolazione residente. Ma prima ancora che tale decreto produca i suoi effetti, forse qualcuno cerca di crearsi un alibi politico per poter meglio eseguire, tra qualche anno, la chiusura ingiustificata dell’Ospedale di Polistena e di altre strutture già esistenti in Calabria, per garantire un taglio illogico alle spese per la Sanità Locale. La tecnica è quella di far agonizzare l’Ospedale di Polistena, rovinandone la reputazione, pur


9

SALUTE: fondamentale diritto dell’individuo… essendo attualmente un importante ospedale di riferimento spoke, che combatte la quotidianità con gli organici ridotti e i posti letto dei reparti inferiori a quelli assegnati dallo stesso decreto n. 9. Come anche il Vescovo della Diocesi Oppido-Palmi scrive, nella sua lettera al Sindaco di Polistena, “non si può negare che ci troviamo a pagare senza sconti, debiti contratti da politiche sanitarie per troppo tempo discutibili e fin troppo prodighe per interessi immediati, prive di quell’oculatezza che guarda al futuro con saggezza ed equità. Ora che una rigorosa manovra finanziaria va imponendosi irreversibile, ci si chiede se drasticità e tagli negli interventi vadano nella giusta direzione per il cambiamento di un’amministrazione controllata rispetto al passato e più efficiente riguardo al futuro”. Ecco, i cittadini si chiedono ogni giorno il perché i Calabresi debbano esser classificati Italiani di serie B, perché invece di potenziare strutture già esistenti, si cerchino escamotage per arrivare alla chiusura degli stessi e alla “possibile” costruzione di ulteriori strutture, con spreco di fondi e risorse; perché non si cercano soluzioni di risparmio creando le condizioni per cure domiciliari, potenziando le ASL territoriali e gli uffici dislocati sul territorio con specifiche competenze come NAD ( Nutrizione Artificiale Domiciliare); perché, superati i 75 anni per un Pronto Soccorso si è troppo “vecchi” per avere il “diritto” alle cure adeguate, quindi bisogna lasciar spazio ai “giovani”; perché sono impossibilitati i medici

dallo svolgimento del loro ruolo a causa di uno stato di ”abbandono” del loro ambiente lavorativo, della mancanza di personale (…)???? Il popolo calabrese continua a porsi domande e a non ricevere alcuna risposta: solo INDIFFERENZA! Non è semplice paura quella che ha mosso la protesta a Polistena del 24 Ottobre, ma terrore al pensiero di non avere più un riferimento sanitario locale SICURO. Vari e forti gli interventi sul palco, a partire dal Vescovo Francesco Milito che, tramite il suo vicario Don Acquaro, ha espresso solidarietà e risolutezza sul tema sanità e diritto alla salute; è stata ribadita, poi, l’importanza di tal diritto da tutti i politici e non “Basta viaggi della speranza!” tuona il Presidente Raffa. “Basta all’omicidio della Sanità Pubblica” grida con forza il Sindaco di Melicucco, Francesco Nicolaci, che si chiede che fine abbiano fatto i 9,5 milioni di euro destinati al miglioramento dell’Ospedale di Polistena, e perché decidere di cancellare l’Hospice di Melicucco. Il Sindaco di Gioia Tauro, Giuseppe Pedà, poi, ribadisce che "non ci sono colori politici quando è in gioco l’interesse di un’intera comunità". In campo anche e con molta forza, i medici dell’Ospedale di Polistena: i Primari dei reparti di cardiologia Dott. Polimeni e pediatria, Dott. Minasi. Tutti a sottolineare la mancanza di strategie organizzative, la difficoltà di svolgere il proprio impegno in modo adeguato. Molto rilevanti gli interventi di alcuni Sindaci presenti: Giuseppe Falcomatà, Sindaco di Reggio Calabria, ha

parlato di “battaglie di civiltà”. Il Sindaco di Sant’Agata Del Bianco, Giuseppe Strangio, ha parlato dell’importanza di una "Sanità efficiente nella fascia territoriale jonico-tirrenica". Anche il Sindaco di Seminara ribadisce l’importanza dell’Ospedale di Polistena con l’affermazione “qui siamo tutti cittadini di Polistena!”. Conclude la manifestazione il Sindaco di Polistena Michele Tripodi. Il suo è un messaggio chiaro e diretto: in piazza ci sono rappresentanti di diversi colori politici, ma soprattutto c’è un popolo di gente umiliata, che è stanca di stare a guardare mentre intorno qualcuno abbatte il loro diritto più importante, quello alla salute. Ben vengano altre strutture ospedaliere, purché non siano ospedali fotocopia di quello già esistente in Polistena. A breve l’apertura del cantiere per la realizzazione dell’elisoccorso, quindi che senso ha il depotenziamento o peggio la chiusura dell’ospedale ad esso adiacente? La lotta per il diritto alla salute non finisce il 24 Ottobre, ma continua e si fortifica perché l’esercizio della medicina e l’assistenza sanitaria toccano da vicino i valori primari della persona umana e Polistena ha dato prova di vera democrazia, perché la battaglia non ha colore, ma ha un solo volto, quello della gente che soffre, che chiede certezze, che vive ogni giorno i disagi dovuti a manipolazioni senza scrupoli, a sprechi, a politiche errate di gestione della cosa pubblica, nonché a sistemi corrotti. La lotta continua ed avrà la voce del popolo!


10

Porto i lavoratori protestano ma… di Emma Ugolini

E

L’emergenza continua

mergenza porto: quale sarà il futuro della struttura portuale Gioiese? Incrementare il volume dei traffici e diversificare le modalità operative o perdere ancora posti di lavoro e pian piano lasciare che il Porto scivoli nel declino che precede l’oblio e l’abbandono. In attesa di essere trasformato (opinione diffusa) in struttura miliare. Questo e altro al centro delle proteste che hanno infiammato le giornate ottobrine in cui i lavoratori e i sindacati sono scesi in campo per rivendicare certezze e un piano programmatico di interventi di rilancio. I protagonisti sulla scena sono sempre gli stessi: i lavoratori, le sigle sindacali e i tanti disoccupati senza idee senza futuro e senza speranze, e di fronte a loro i giganti del transhipment, l’autorità portuale e i politici di vario livello spessore e prestigio che infestano al momento le plaghe politiche della Calabria senza riuscire a concretizzare risultati che diano quelle risposte che i calabresi da troppo tempo attendono. Nell’ombra - come sempre na-

Fra incertezze e ipocrisie le 'ndrine godono scoste dietro le siepi - le presenze invisibili delle 'ndrine che al solo pensiero incutono preoccupazioni. Da sempre hanno segnato i destini e le disgrazie di questa terra. I lavoratori sono tanti. Parlano in gruppetti di infiniti conciliaboli, ascoltano i leader, fanno garrire al vento le bandiere delle loro sigle sindacali. Seggono per i sit-in. Ma tutto resta immobile, fermo statico elefantiaco quanto le grandi gru del porto, molte delle quale ormai poco utilizzate o non più utilizzate. Le prospettive di rilancio del Porto passano attraverso la possibilità di altri operatori del transhipment di utilizzare le banchine e di implementare i servizi. Si rivendica la velocizzazione della ZES della quale di tanto in tanto si parla ma non se ne fa mai nulla. I “padroni” del porto nicchiano. L’emergenza occupazionale non può essere un parametro di carattere sociale che li possa interessare. Nel

mondo del transhipment valgono i numeri, le cifre, le statistiche. Si ragiona per costi, per limiti di costo, per ottimo d’azienda e per strategia di penetrazione sui mercati. I più appetibili dei quali non sono più europei. Ma di altre nazioni del Mediterraneo, che i costi e le tasse di ormeggi li tengono bassi e mantengono viva la competitività delle loro offerte. Quale sarà il futuro, non si sa. Si spera che qualcosa si muova. Intanto la protesta è finita. Per il momento quella che continua è la incertezza e la precarietà. L’unico dato certo, perlomeno verosimile che da questa continua precarietà, questo perenne restare sul filo del rasoio, le uniche a goderci e a rafforzarsi sono le 'ndrine. Ergo se realmente si vuole combattere la 'ndrangheta bisogna rafforzare e dare solidità alle certezze dei lavoratori del porto salvaguardando i livelli occupazionali e creando nuovi canali di lavoro.


11

A proposito di Halloween

Tu ti chiamerai Mosè! Mosè!”: chi non ricorda la sfiziosa tiritera della sorella al fratello ne “I dieci comandamenti”: il film biblico non passa mai di moda ma il ricordo - oh sì, il ricordo! - quello appartiene solo alla persona e può sbiadire col tempo qualora la memoria non sia a dovere rinfrescata. Chi mi conosce bene sa quanto io ami e sia fautore della “festa di halloween” che ormai da qualche decennio a questa parte ha preso piede anche in Italia con lazzi e vagheggiamenti un po’ da Carnevale nostrano un po’ da agile ponte tra il mondo dei vivi e quello dei trapassati. Se è lecito fare un paragone - ma prendete con le pinze ciò che sto per dirvi - una tipologia di tale festa potremmo trovarla in senso positivo a Rosarno laddove fino a qualche anno fa i ragazzini giravano di casa in casa nei giorni di Ognissanti e dei defunti con un lumino acceso chiedendo qualche spicciolo “pe’ li povari morticeddhi”. E’ bella e commovente la tradizione rosarnese, sono profondamente acuti e intelligenti i ragazzi di quella città pianigiana, i quali nella notte dell’alba dei tempi hanno presagito l’esecrando rumore delle discoteche halloweeniane e innocenti qual sono “si sono fatti copiare” una tradizione che ieri era di buon gusto ora è diventata pessima perché frammista a droga, sesso,

spinelli, birra, sigarette e chi più ne ha più ne metta in questo bel Paese dove proprio quella notte capitano cose blasfeme capaci di sfociare nell’esecrando e nel tragico. L’ethos della festa - se mai vuol comparire - è proprio questo: trasgressione, trasgressione, trasgressione! Il macabro è di casa anche nelle nostre contrade che vedono nell’ebbrezza di queste giornate non l’episodico ma il sistematico dell’ormai affermato business. I nostri politici in tutt’altre

faccende affaccendati non hanno a che dire di queste irriverenti cose tanto che la fiera del macabro anziché fare acqua da tutte le parti detta l’inequivocabile comando del “tutto è lecito” allorquando qualcuno si bea del suo “silenzioso silenzio”. Non è meglio istruire questi ragazzi a portare al cimitero un fiore o, anche meglio, una

di Filippo Marino

preghiera presso le indistinte tombe di un povero ignoto. A queste cose ogni ragazzo affezionandosi in diverso modo dagli altri compirebbe un’ “opera di misericordia” i cui frutti si possono vedere anche quaggiù sulla terra. C’è un libro di Jacob Kremer “Il futuro dei morti” edito da Piemme che indica proprio in modo assai facile un itinerario di speranza cristiana di risurrezione. Ma dalle nostre parti non si usa parlare di queste cose un pò per esorcizzare la morte un po’ per celebrarla nei modi più violenti e scandalistici. Le cronache di questi giorni insegnano! Ma le discoteche insegnano alla gioventù a rimorchio verità da baraccone, teatrini da avanspettacolo, comportamenti plausibili neppure col periodo di crisi che stiamo attraversando. Arriverà, poi, il cinese a soppiantare l’inglese? Chi lo sa? E allora? Riappropriamoci delle nostre tradizioni, del rispetto dei morti e dell’aldilà, del senso “anche ironico” della vita che stiamo vivendo. Nelle Catacombe le pitture policrome raffigurano la risurrezione di Lazzaro quale tema più frequentemente rappresentato. Nessuno ha avuto mai il coraggio di scalfire una siffatta rappresentazione cromatica, eppure oggi la lezione positivista fa rinnegare l’evidenza. Col rispetto dovuto per i vecchi, la nostra cara e amata Vitulia non deve mai soffrire per colpe non sue.


12

Noi siamo mafiosi?

Vivere la legalità nei gesti quotidiani

Incontro organizzato dal Lions Club “Polistena Brutium”

di Monica Minì

N

ella prestigiosa Sala Congressi “Giulio Cosentino”, della Banca BCC, di Cittanova, il 24 u.s. Moderato dal Giornalista Pietro Melia si è svolto il primo incontro organizzato dal Lions Club “Polistena Brutium” anno sociale 2015-2016, presieduto dal Dott. Domenico Mobrici: “Vivere la Legalità nei gesti quotidiani per costruire una nuova cultura della convivenza”. Alla presenza della Presidente del Consiglio Comunale di Cittanova, Dott.ssa Bernadette Giovinazzo, del Presidente del Leo Club “Polistena Brutium”, sig. Rosario Milicia, del Responsabile Circoscrizionale Lions per il tema, Dott. Rocco Luppino e del Presidente dell’VIII Circoscrizione Lions Distretto 108 YA, Avv. Ferdinando Iacopino che hanno salutato i partecipanti con le consapevoli parole di chi la legalità la vuole vivere e cerca di costruirla giorno dopo giorno. Il dibattito, organizzato anche in collaborazione con il Leo Club “Polistena Brutium” è stato molto seguito dai ragazzi presenti, anche perché ogni Istituto Scolastico invitato (I.I.S. “Vincenzo Gerace” Liceo Classico e Artistico, Liceo Scientifico “Michele Guerrisi”, di Cittanova e Istituto di Istruzione Superiore “G. Renda”, Istituto Magistrale Statale “G. Rechichi”, “Istituto Tecnico Industriale” di Polistena) aveva diffuso, un questionario, di 17 domande sulla legalità alle quali gli alunni hanno risposto anonimamente, con lo scopo di ottenere un responso il più possibile sincero e veritiero. Il Dott. Antonio Salvati, Giudice del Lavoro del Tribunale di Reggio Calabria, nel suo intervento, ha evidenziato come ancora una volta la furbizia, considerata come valore aggiunto alla già vivace

intelligenza dei ragazzi del Sud, abbia portato gli stessi a scegliere l’opzione di risposta che chi ha posto le domande si aspettava di ricevere. Furbi, sì, ma anche un po’ troppo sfiduciati secondo il Magistrato; pronti più a convivere con “l’illegalità” radicata, che a lottare per una cultura di “legalità”. Incisivo l’intervento del Dott. Paolo Ramondino, G.I.P. del Tribunale di Palmi,che nel riportare le parole di Pier Paolo Pasolini pronunciate argomentando sull’educazione delle nuove generazioni al saper perdere, ha ribadito con intensità il concetto che bisogna apprezzare il valore della sconfitta perché la stessa rende più umani. Energico il contributo del Dott. Ottavio Sferlazza, Procuratore della Repubblica del Tribunale di Palmi. Presentatosi come un “papà” intento a parlare ai suoi figli, ha raccontato, rivivendo anche emozioni dolorose, le tragiche morti di uomini, donne e bambini caduti sotto i colpi della “lupara” o esplosi sulle strade siciliane e calabre. La “cruda” narrazione ha acceso, però, un barlume di speranza. Un testimone oculare di uno degli omicidi, nonostante i disagi vissuti ed il totale sconvolgimento della sua esistenza e di quella di tutta la famiglia a seguito delle dichiarazioni rese, ancora oggi, ad anni di distanza, sarebbe pronto a contribuire, come ha fatto, all’incarcerazione del responsabile del delitto. Il Dott. Silverio Magno, Notaio, ha evidenziato il doppio ruolo: è allo stesso tempo un professionista e un pubblico ufficiale. Quindi, anche la responsabilità è doppia, evidenziando che il Notaio è tenuto al “controllo di legalità” per legge. Don Pino Demasi, referente di “Libera” per la Calabria narrando un episodio personale, ha detto che la vita pone sempre dei bivi, strade molto diverse

da seguire, ma si può sempre scegliere le via giusta. Ha anche letto un monologo di Beatrice Luzzi e Alessandro Cisilin come commento alla risposta data ad uno dei quesiti posti: “Che cosa significa per te Legalità?”. Il 79.5% dei ragazzi ha detto: “Il rispetto della legge, ed in particolare del Codice Civile e del Codice Penale”. Da qui la provocazione di Don Pino: “Ho visto quel padre che aveva un posto al Ministero ed i figli che avevano tutti un posto ai Ministeri, e spiegava: questi sono i Miei figli. Lui è un mafioso? Ho visto quel signore che ha detto che non ha niente contro i neri purchè stiano a casa loro, e spiegava: questa è casa Mia. Lui è un mafioso? Ho visto un Padrone che faceva lavorare uno gratis, senza contratto, senza pagare le tasse, e spiegava: questa è la Mia azienda e lui è un Mio lavoratore…impara il mestiere, se non stesse con me sarebbe in strada. Lui è un mafioso?” La lettura è proseguita sempre con l’intercalare dell’interrogativo finale ed io mi domando, ma per noi loro sono mafiosi? Se non cambiamo tutti, non potrà cambiare proprio niente! L’Avv. Armando Veneto, giurista e Past Governatore Lions consiglia, per costruire una nuova cultura della convivenza “legale”: vivere nelle legalità, costruirla nel rispetto e con il confronto dialettico, vivere i nostri giorni non consentendo a nessuno prese di posizione. In conclusione dei lavori , il Presidente Lions Club “Polistena Brutium”, Dott. Domenico Mobrici ha ringraziato il comitato organizzatore composto dal Dott. Rocco Luppino, Avv. Giuseppe Macino, Avv. Rosalba Sciarrone, Avv. Ettore Tigani e la Vicepresidente del Lions Club “Polistena Brutium”, Avv. Monica Minì nella veste di Cerimoniere.


13

di Filomena Scarpati

Seminario organizzato ad Oppido Mamertina

Legalità nell'impresa

Anticorruzione fra logiche di capitale e profitto ed etica del comportamento

N

ell'ambito delle iniziative scientifiche per l'anno 2015, si è tenuto ad Oppido Mamertina un seminario di studi dal titolo "Etica e legalità d'impresa", di concerto con l'Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Domenico Giannetta e a cura dell'Istituto italiano anticorruzione di cui è direttore scientifico l’Avv. Concettina Siciliano. Dopo i saluti del Sindaco e l'introduzione della Siciliano che ha moderato i lavori, è intervenuto Mons. Francesco Milito, Vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, il quale ha evidenziato l'importante ruolo di divulgazione dell'etica del comportamento da parte della Chiesa, in una società che pone al centro dell'attenzione capitale e profitto, con la tendenza a sfruttare la forza lavoro, senza tenere in considerazione l'aspetto umano. Dall'uomo al quale si chiedono le stesse prestazioni di una macchina, ad una società alla ricerca di uomini corruttibili, sono stati i concetti lanciati ed approfonditi da Mons. Milito, che ha lasciato la sala vescovile della comunità di Oppido M., dove si è svolto il seminario, subito dopo il suo intervento, dovendosi recare a Palmi per l'inaugurazione dell' anno scolastico. Nel nuovo volto scorto della Chiesa pianigiana proposto dal suo Vescovo Francesco, è chiara la volontà di un cambiamento che in Calabria prima che in altri luoghi, coglie il concetto di rivoluzione della fede impostato da Papa Francesco. Si sta manifestando, infatti, la ferma volontà di camminare al passo con l'evoluzione dei tempi, concetto troppo innovativo per trovare subito riscontro nei soliti ignoti, conservatori per convenienza della nostra Chiesa, che non sono diversi da quelli che cercano di osteggiare le innovazioni di Papa Francesco, ricorrendo ad ogni tipo di meschinità. L'intervento del Procuratore della Repubblica di Palmi Ottavio Sferlazza, che si è susseguito a quello del Vescovo, ha sancito la garanzia, per gli abitanti della Piana, del rispetto dei codici e dei regolamenti che è il vero vivere in sicurezza per la cittadinanza. Il rischio di incombere nello sgradevole, rimane a coloro i quali pensano di ricorrere all'antistato perchè ancora non si sono accorti che i tempi sono cambiati, ma d'altra parte, la mafia, la 'ndrangheta e la corruzione, sono alimentate da gente con arretratezza mentale paurosa. I Sindaci che incentrano il loro mandato am-

ministrativo sulla cultura e la conoscenza, da acquisire anche attraverso seminari e convegni, sono coloro i quali tengono al miglioramento delle condizioni sociali e al bene della cittadinanza. La sorpresa è stata quella di ritrovarsi dinanzi ad una sala piena di diciottenni ed intellettuali della Piana, con assenza totale di chi ha più bisogno di apprendere per evitare d'incorrere in situazioni incresciose. I giovani sono la garanzia di un futuro migliore per la nostra società, senza dei quali, il Procuratore Ottavio Sferlazza ha lasciato intendere, non avrebbe impegnato neanche un minuto del suo tempo per partecipare al seminario. Il parlare rassicurante del Procuratore, carpito da chi sa intendere che la preparazione in diversi settori della cultura oltre che in giurisprudenza, con alle spalle una lunga esperienza acquisita come Magistrato impegnato anche nelle stragi più note, tra cui quella di Capaci e con un maestro come Borsellino con cui ha svolto il suo tirocinio, fa intendere e ben sperare che in un breve lasso di tempo, il nostro territorio splenderà di nuova luce chiamata legalità. Il Procuratore della Repubblica Ottavio Sferlazza, è a Palmi da appena sei mesi ed è questa l'opportunità attraverso la quale la gente della Piana può conoscere meglio il suo pensiero. Senza giri di parole, infatti, vanno riportati i concetti che ha introdotto durante i lavori del seminario, considerato di notevole importanza. «La corruzione - ha detto Sferlazza - è dovuta alla caduta etica delle istituzioni e il riscatto può avvenire solo intervenendo attraverso la diffusione della cultura e la crescita morale, che bisogna maturare anche nelle imprese che devono soprattutto rifiutare il pagamento del "pizzo". Gli imprenditori che non lo rifiutano, vanno inquadrati come persone che pagano la tassa di protezione, perchè ritengono che lo Stato non è in grado di proteggere i suoi cittadini. Condivido pienamente - aggiunge il Procuratore - il pensiero di Falcone che ha sempre ritenuto che la mafia ha inizio, crescita e fine, mentre sono in disaccordo con chi dice che il mondo è andato sempre così, perchè fa entrare in un pauroso stato d'inerzia. La politica si deve riscattare con i fatti, dalla mentalità diffusa che non è capace di praticare il bene comune, all'essere intesa come servizio e non come potere. Non mi piace l'atteggiamento tiepido della Chiesa nei confronti della mafia, ha continuato, ap-

prezzo, invece, Papa Francesco che parla di eguaglianza, fratellanza e nella sua enciclica ha introdotto il concetto di responsabilità delle generazioni in ogni settore, ma soprattutto in rapporto all'ambiente. Ritengo che debba essere applicata la filosofia del tedesco Kant per il risanamento sociale, ha aggiunto, che ha sempre sostenuto: bisogna vivere con il cielo stellato sopra di noi e la legge morale dentro di noi». Con queste parole il Procuratore Sferlazza, è riuscito a carpire l'attenzione degli studenti presenti in sala che lo hanno seguito con attenzione per quasi due ore e ha concluso consigliando ai ragazzi di vivere da uomini liberi, da veri cittadini, senza cadere nei favoritismi e nel clientelismo, ma soprattutto, resistere sempre ai fascini della bella vita che i mafiosi propongono. Dopo il Procuratore è intervenuto Federico Bergaminelli, Avvocato e Presidente dell'Istituto Italiano Anticorruzione che pur non essendo un organismo istituzionale, è in possesso del riconoscimento ministeriale. I tre punti basilari su cui il Presidente ha discusso a lungo, sono stati: i giovani visti come fulcro e forte punto di riferimento per avviarci alla cultura della legalità e dell'anticorruzione, la forza interiore che rende uomini di fegato per trasformare in sano l'ambiente che ci circonda e il sentimento che fa interiorizzare e portare nei nostri cuori la legalità e di conseguenza la lotta alla corruzione. Infine, aggiunge, che è difficile individuare la corruzione, ma in ogni caso l'Istituto lavora sulla divulgazione dell'etica della responsabiità che garantisce ottimi risultati. Il seminario si è concluso con tanti altri interventi, tra cui ricordiamo quello di Don Alfonso Franco, Dirigente Scolastico del Liceo Classico "San Paolo" e del Prof. Pasquale Puntillo, responsabile dell'Itis, scuole site in Oppido Mamertina, dell'Ing. Andrea Cuzzocrea, Presidente di Confindustria, del Dott. Giovanni Santoro, Presidente di Confcommercio di Reggio Calabria e dell'On. Angela Napoli, incentrato su un ventennio di esperienza acquisita in Parlamento, soprattutto come membro di commissioni antimafia. Hanno porto i saluti ai presenti, oltre al Sindaco Domenico Giannetta, l'Avv. Concettina Siciliano e l'Avv. Vincenzo Barca. Si ricorda, inoltre, che il seminario si è tenuto con i patrocini morali di Confindustria, Confcommercio, dell'Ordine degli avvocati e dell'Aiga Associazione giovani avvocati, entrambi di Palmi.


14

di Francesco Di Masi

I

n una nota a firma di Armando Foci Ass. del Laboratorio Società Civile e di Aldo Polisena Responsabile CUB per il lavoro e del Comitato per la difesa dei diritti degli espropriati. Si fa il punto sull’annosa questione della Strada “Pedemontana”. Ancora una volta - viene detto - la classe politica locale dimostra superficialità, vanagloria e tutta la sua incapacità a programmare e difendere gli interessi della popolazione di questo territorio. Dopo anni di dure battaglie portate avanti con coraggio, coerenza e professionalità da tanti protagonisti (oggi relegati nell’ombra), sembra giunta a termine l’annosa questione della realizzazione della Pedemontana della Piana, tratto S. Giorgio-Cinquefrondi (oggi quarto lotto), per la quale si prevede una spesa di quasi 22 milioni di euro. La gara d’appalto, finalmente, è stata espletata e i lavori dovrebbero iniziare a Gennaio 2016. Ebbene, i politici nostrani oggi fanno a gara litigando - a mezzo stampa - di santa ragione, per attribuirsi meriti che non hanno (e che avrebbero semmai in negativo), dimenticando che: il primo finanziamento di 12 miliardi di lire, erogato dalla Regione Calabria nel 1990, è stato ottenuto su iniziativa, impegno e progetto della Comunità Montana, grazie anche alle determinanti lotte sindacali dei cittadini e dei lavoratori di Cinquefrondi, e che il secondo finanziamento è del Ministero delle infrastrutture, appositamente programmato e attivato direttamente dalla Regione Calabria (assessore ai LL.PP. On. Ing. Pietro Fuda). Compito dei politici non è soltanto quello di attribuirsi sempre, comunque e in fretta, eventuali meriti, ma anche e soprattutto quello di risolvere i reali problemi dei cittadini, quale ad esempio quello dei piccoli proprietari dei fondi espropriati che da 23 anni non sono mai stati risarciti con l’indennità d’esproprio e per i danni causati alla loro attività produttiva; l’attuale progetto va modificato (in corso d’opera) perché iniquo e devastante per l’ambiente. Impone inutili grossi sacrifici ai piccoli proprietari dei terreni per la realizzazione di ben 4 svincoli in poco più di 4 chilometri, uno dei quali addirittura non voluto da S. Giorgio Morgeto ed uno, a Polistena, inesistente nel

Pedemontana: Foci e Polisena fanno il punto

Lotta continua

L’opera, stravolta, ha devastato l’incantevole “Conca”. Gli espropriati ancora non sono stati pagati per la perdita dei terreni progetto originario della Comunità Montana ed inserito nell’attuale progetto mediante, purtroppo, la cancellazione del collegamento della Pedemontana con la superstrada Rosarno - Gioiosa Jonica, così come previsto invece nel progetto originario (è lo stesso On. D’Agostino che, sostenendo - per un evidente senso di colpa - che si batterà per lo stanziamento di ulteriori cinque milioni per la realizzazione del collegamento della Pedemontana alla Superstrada, prova la verità di quanto affermiamo). I politici, che oggi si sbracciano per attribuirsi meriti, dov’erano quando è stato approvato questo progetto che, di fatto, cancellava quello che era il pilastro portante del progetto originario della Pedemontana? E’ stato compiuto - prosegue la nota - un insanabile scempio ambientale ed economico realizzando a Cittanova un tracciato sopraelevato che, di fatto, ha tagliato irrimediabilmente in due il territorio comunale con una barriera di terra alta quasi cinque metri, svilendo così anche il valore venale dei terreni attraversati (esattamente per questo motivo 20 anni fa il progetto della superstrada che spaccava i centri abitati di Polistena e Cinquefrondi, con una chiara intelligenza politica, è stato variato spostandone il tracciato nella fiumara Sciaropotamo). È stata svilita la natura stessa della “PEDEMONTANA” che, per definizione, doveva essere realizzata appunto ai piedi della montagna (collegando quindi direttamente Molochio, Terranova, Varapodio, etc.) e non a valle (sul vecchio tracciato borbonico), realizzando invece a qualche chilometro di distanza un inutile doppione del tratto Cittanova - Taurianova (a questo scopo bastava

ammodernare l’ex S.S.111), costato forse più di 9 milioni di euro e che ha provocato uno scempio inaudito della “CONCA”, uno fra i migliori paesaggi rurali di Cittanova e Taurianova, ricco di vigne e con pregevoli opere di architettura rurale (muri a secco) frutto e testimonianza del lavoro di intere generazioni. Infine, l’attuale progetto non si è posto, e quindi potrebbe non realizzarsi come abbiamo più volte chiesto con forza senza mai ottenere alcuna risposta (in spregio al principio democratico della partecipazione popolare alle scelte più importanti), l’obiettivo di una mobilità degna di questo nome (pista ciclabile), ecostenibile (utilizzo di materiali naturali e a basso impatto ambientale) e al passo con i nuovi bisogni di un’utenza sempre più sensibile che sta velocemente cambiando il paradigma della mobilità e dell’utilizzo assennato del territorio. Pertanto viene chiesto alle amministrazioni comunali di Cinquefrondi, Cittanova e San Giorgio Morgeto se intendono continuare a guardare alla realizzazione di questa importante opera con la stessa lente deformata del passato (qualunque siano, purché si facciano opere pubbliche!), oppure diventare autentici protagonisti del futuro di questo territorio che non vuole più essere devastato e raccogliere le istanze dei cittadini che non intendono più continuare a subire ulteriori danni economici ed ambientali. “Per quanto ci riguarda, concludono gli estensori della nota, le nostre sigle continueranno a fare la loro parte per il rispetto dei loro diritti, dell’ambiente e della qualità dell’opera ed invitiamo sin da ora i cittadini e le associazioni ad unirsi a noi in questa battaglia comune”.


15

Circolazione a rischio a causa delle vacche sacre

Sotto il segno del Minotauro

S

era del 25 Ottobre u.s. mi stavo recando all’Ospedale di Polistena per prendere servizio nel turno notturno. Tranquillo e puntuale viaggiavo nella tratta Taurianova-Polistena. Una serata come tante, una serata col solito problema per quello che poteva riservare la notte di lavoro. All’improvviso, senza preavviso o alcuna visione premonitrice, uno scoppio, un forte scoppio che dal primo impatto non mi permetteva di rendermi conto se fosse scoppiata la macchina, se mi fossi scontrato con un muro o altro. Un mistero iniziale mi assalì i pensieri e mi torceva la mente ed il corpo. Frastornato mi guardavo dentro la macchina “scoppiata”. Parabrezza frantumato e bucato verso l’interno, una polvere del vetro ha invaso l’abitacolo e l’incredulità e l’incognita della causa mi misero terrore e sgomento. “Che cosa è stato?”. Una specie di ombra in movimento intravista sulla destra, come se fosse stato l’alternarsi delle ombre degli ulivi sotto la luce della luna al mio passaggio, mi fece capire che l’ombra taurina si fosse scagliata contro di me. Memore di esperienze terribili stradali precedenti, tra il terrore e l’incredulità e l’inspiegabile incidente, cominciavo a intuire la causa del terribile scontro. Ancora tremante e vulne-

rabile, mi sono accostato poche decine di metri più avanti, fermato dall’impatto “col buio”. Non saprei descrivere quei momenti, non saprei spiegare i miei sentimenti e le mie paure se non ripercorrendo quei momenti col pensiero, che non è traslabile. Un sospiro, occhi sbarrati alla brutta visione dell’abitacolo della vettura. Poi, scendo dalla macchina, mi guardo intorno e tutto è buio. Le macchine passavano veloci ignorando il mio dramma. Faccio dei passi a ritroso per andare sul posto dell’impatto, nel buio illuminato a tratti dai fari delle macchine di passaggio. Mi aspettavo di vedere un muro, un grande masso sulla carreggiata. Credevo di vedere una vacca, un toro o un extraterrestre. Niente! Non ho visto niente! Ho sentito soltanto una forte puzza di vaccino e, a fianco, una stradina interpoderale che ho cercato di illuminare con gli occhi miei ancora sbarrati, e feci il tentativo di approcciare qualche passo. Un rumore rude mi ha fatto desistere, qualcosa si è dileguata ed io, già taurofobico, di qualcosa o qualcuno lì nascosto per chissà quale scopo, sono tornato sui miei passi, svelto verso la macchina che lampeggiava le sue sofferenze. Probabilmente una vacca o un toro ha stoppato la mia marcia, mi ha recato danni fisici e psicologici, là dove tanti altri automobilisti

di Antonino Violi

da molti anni soffrono gravissimi incidenti stradali a causa di queste “vacche sacre”. Proprio in questi giorni ho avuto approcci con il preistorico toro disegnato nella grotta di Papasidero (CS). Simbolo che pare abbia dato addirittura il nome alla nostra Italia. Gentile animale dalle antiche tradizioni, umile e forte aiuto dell’uomo da millenni. Ma, dimmi cornuto, perché, il tuo padrone ti ha abbandonato? Perché le tue scorribande incontrollate sono lasciate alla sorte come una roulette russa? Che senso ha averti così libero, inutile e selvaggio contro l’uomo? La mia macchina ha subito notevoli danni, io ho dovuto rinunciare al lavoro aggravando sui colleghi il turno notturno ed altri ancora, e solo i Carabinieri, da me chiamati, sono intervenuti per darmi soccorso. Un iter burocratico si è innescato automaticamente e ancora non mi ha lasciato. La solidarietà di tantissimi amici e conoscenti, anche di quelli che hanno subito simili incidenti, ha colmato la mia disavventura, facendo dell’incidente una sorta di rivincita sul “mostro” che mi ha investito e ch’è andato via vittorioso, così come sempre, come un male incurabile di questa società che, purtroppo, deve soffrire muta ed a proprie spese, come in un selvaggio stato di abbandono irrisolto e irrisolvibile.


16

AVERE O ESSERE: J’ai… ou Je suis 3

di Michelangelo Di Stefano

I

l concetto moderno di “educazione civica” ha lasciato in soffitta quegli appunti in cui si parlava di “Commissione dei 75” cioè di quello sparuto gruppo di illustri giuristi e politologi che avrebbe “dipinto” la nostra adorata, quanto martoriata, Carta, e di quel “preambolo” apparentemente invisibile e che, agli occhi di Meuccio Ruini, sarebbe apparso in tutto il suo splendore. Quell’opera architettonica che “[…] costituisce, per dirla con La Pira, la ‘casa di tutti’, con molte e diverse stanze, di cui nessuno può considerarsi in esclusiva ‘proprietario’ (ovvero di cui nessuno possiede l’unica chiave ermeneutica). Per continuare la metafora dell’abitazione, essa non è affatto, ne può essere - come forse qualcuno vorrebbe ‘sbarrata e inospitale’, dovendo rimanere aperta e accogliente (come la dinamica società di cui è espressione). E neppure è - come forse altri presume - nel timore

Il concetto di “Patria” e del giuramento di fedeltà ‘vuota’, contenendo invece beni preziosi e destinati a durare nel tempo (valori formali e sostanziali); né può essere surrettiziamente svuotata (modificazioni tacite), nella presunzione che quel che conta è solo il sistema murario (procedure). Essa piuttosto può, anzi deve, essere arricchita di nuovi arredi (integrazione interculturale), senza che per questo ne venga violato/ stravolto lo stile di fondo che la caratterizza (nucleo duro) […]” Nelle parole di Ruini all’Assemblea Costituente traspare l’essenza ma, soprattutto, l’imponenza di quel preambolo nascosto ed impolverato: “[…] eccolo l’edificio che abbiamo costruito: la casa comune, come la chiama La Pira. Vi è un atrio, che è quasi un preambolo, con quattro colonne: le disposizioni generali sul carattere della Repubblica, nella sua disposizione internazionale, sui rapporti con la Chiesa, sui grandi principi di libertà e di giustizia che animano la Costituzione. Questo è

l’atrio. Poi comincia la Costituzione vera e propria, divisa in due parti; la prima, dei diritti e dei doveri, è ripartita anch’essa in quattro parti: rapporti civili, rapporti etico-sociali, rapporti economici, rapporti politici. Si passa poi alla parte più costituzionale della Costituzione, all’orientamento istituzionale. Ecco i grandi organi dello Stato: il Parlamento, il Capo dello Stato, il Governo, la Magistratura. Vengono in seguito gli organi dell’autonomia locale. Ed infine le garanzie costituzionali. Non è certo l’architettonica da Michelangelo o da Bramante; è una cosa modesta. Ma io voglio rivolgere un invito cordiale ai valorosi colleghi della nostra Assemblea. Mi dicano una Costituzione straniera che abbia una struttura più logica, più quadrata, più semplice di questa che è nel testo che vi abbiamo presentato[…]”. Certo, i nostri Padri Costituenti mai avrebbero potuto immaginare che quell’imponente edificio sarebbe stato oggetto di


17

rivisitazione criminalistico sociologica negli anni a venire, per trovare ridondante riscontro in quella “teoria delle finestre rotte”, giorno dopo giorno, dilagante a macchia d’olio. Ciò in quanto la “cultura” del concetto di Patria e del bene comune trova sempre meno spazio nelle mentalità occidentali capitalistiche, rivolte ad una modalità dell’ “avere”, piuttosto che dell’ “essere”, nell’arena di una “società avida” che fonda i suoi pilastri “sulla proprietà privata, sul profitto e sul potere”. In verità, il concetto di “cultura”, nella sua più profonda accezione dell’essere, ci è stato sapientemente illustrato da quei giovani che, derubati dalle loro aspettative ed alle volte “stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici”, avrebbero voluto semplicemente “ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare, non … essere subito già così senza sogni”, dovendosi poi svegliare bruscamente e trovare la forza per rivendicare il diritto ad un futuro. Ciò, al contrario dei “grandi”, in modo semplice e disarmante ma oltremodo vigoroso, al punto di riuscire a sbarrare il passo, in Piazza Tienanmen, ai carri armati del regime o, con le armi appuntite di Malala, fatte di una matita ed un quaderno, avere il coraggio di affrontare i kalashnikov dei fanatici talebani, spiegandoci, mentre a sedici anni dedica il premio Sakharov a tutte le donne che lottano per difendere la cultura, che “vera superpotenza è un Paese pieno di talenti, non quello che ha migliaia

di soldati”. Ed, allora, come spiegare ai nostri figli che, nel rispetto della nostra Patria, il più significativo concetto di Cultura ci è stato regalato con l’esempio di quanti – come i nostri nonni - hanno sacrificato la loro vita per la “sublime Madre nostra”, insegnandoci che, dietro ogni articolo della Costituzione, i giovani dovranno vedere giovani come loro “che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta” Quanti son morti, hanno patito, o si trovano ristretti per prestare fede a quel solenne impegno che recita “ Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni “, hanno conosciuto a fondo il significato di quel lessico e dell’interpretazione semantica riguardante l’accezione “con disciplina ed onore… per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”. Meno pomposa, e disadorna da linguismi complicati, è l’assunzione d’impegno prevista per i componenti di quel potere dello Stato, a monte dei nostri soldati, tenuto, più semplicemente, nella sua funzione esecutiva, ad un principio di fedeltà e lealtà, giurando “di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le … funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”, anche se, alle volte, quel lessema “onore”, qui mancante, ha trovato - comunque - ridondante menzione nelle aule del Parlamento, come allorquando il capo della Farnesina, Giulio Terzi, si assunse l’onere di rinunciare al proprio mandato dichiarando: “Mi dimetto perché per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l’onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perché solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie…Ero contrario al loro ritorno in India… ma la mia voce è stata inascoltata…Ho aspettato a presentare le mie dimissioni qui in parlamento per esprimere pubblicamente la mia posizione: non posso più far parte di questo governo”. (v)


18

A Gioia Tauro un esempio di volontariato sulle orme di Santa Giovanna Antida di Caterina Sorbara

L'Associazione ALAGA

Pasquale Macrì: vicini ai deboli, ogni giorno

L

a solidarietà è un valore naturale dell’uomo, avvertito come un dovere morale che nasce dalla propria coscienza. Anche in un mondo dilaniato dall’egoismo, dalla competizione, dalla diffidenza, esiste la solidarietà. L’uomo è portato per natura a soccorrere il prossimo: impulso vivo in coloro che cercano di lenire le sofferenze altrui. Nonostante lo Stato garantisca i servizi assistenziali, a volte accade che l’inefficienza delle strutture statali lasci un vuoto nell’assistenza del cittadino che deve essere colmato dall’azione volontaria di persone, le quali offrono il loro aiuto ai bisognosi. A Gioia Tauro l’Associazione Alaga (Associazione Laici Amici Di Giovanna Antida) opera a tutto tondo: assiste i più poveri, attraverso la distribuzione di alimenti, scarpe e vestiti; gestisce giornalmente una mensa; ci sono volontari che si occupano del doposcuola e ci sono a turno dei medici che offrono i loro servizi. ALAGA è presieduta dal Dott. Pasquale Macrì, Vice Presidente è Michelino Verzì, Consigliere e Segretaria Eleonora Mazzacuva. Annunziato Cordiano e Teresa Galasso sono componenti del Direttivo. Come e quando nasce Alaga? “Nel 2007 - spiega il Presidente Macrì - un gruppo di donne laiche, supportate da Suor Giovanna Rositani, Suora della Carità di Santa Giovanna Antida, decisero di creare un’associazione di volontariato per lenire i bisogni primari delle famiglie bisognose della città. E’ stato un cammino faticoso, non privo di umiliazioni e tanti no, ma piano piano l’associazione è cresciuta. Oggi siamo 70 soci quotizzanti e 20 volontari.” Quale è il compito che ci si è dato nel guidare ALAGA?

“Indirizzare la politica dell’associazione al fine di migliorare e incrementare i servizi già esistenti, curando i rapporti con le istituzioni locali e regionali, con le altre associazioni e principalmente con il C.S.V. e più intimamente con il Forum Territoriale della Piana”. La distribuzione viveri è un momento importante della Vs azione? “I rifornimenti che arrivano, mensilmente, dal Banco Alimentare Nazionale (noi facciamo parte di questo importante circuito), sono un punto di riferimento per le volontarie che prestano il loro tempo all’associazione dalle 16.00 alle 20.00, occupandosi delle varie esigenze dei bisognosi. Anche se non sempre è possibile rispondere a tutte le richieste. Devo dire che la città ci è vicina: il Comune ci ha concesso, in comodato d’uso, un bene confiscato. Per questo non smetterò mai di ringraziare l’Avv. Renato Bellofiore e la sua Amministrazione”. L’Associazione si richiama a Santa Giovanna Antida Thouret, svolge attività in parrocchia? “No, in parrocchia non svolgiamo nessuna attività. Noi seguiamo il carisma di Santa Giovanna Antida e le Suore della Carità ci fanno una formazione spirituale una volta al mese per tutto l’anno”. Che dire per invitare qualcuno a svolgere il servizio di volontariato? “All’inizio diremmo che qua siamo tutti necessari ma nessuno è indispensabile. Da noi vige il verbo condividere, non quello di comandare. A chi ci chiede di entrare, chiediamo che indossi la veste dell’umiltà, di un grande spirito di servizio verso tutti i bisognosi, il rispetto delle regole e dei ruoli. A noi piace “fare rete”, pensate che siamo in continuo contatto con la Comuni-

tà di Sant’Egidio di Roma e stiamo organizzando insieme eventi importanti, rivolti verso la preghiera per la pace nel mondo, in particolare quest’anno che è l’anno della Misericordia.” Come immagina l’Associazione nel prossimo futuro? “Spero che l’Associazione diventi ancora di più un punto di riferimento importante nella Piana del Tauro. Fin da adesso ci occuperemo anche degli anziani che sono sempre soli. Ho già sottoposto il progetto all’attenzione della Provincia di Reggio Calabria. Ci tengo anche a dire che l’anno scorso abbiamo collaborato con il Preside Giuseppe Gelardi dell’Istituto SeveriGuerrisi, che ci ha coinvolto nel progetto “alternanza Scuola-lavoro” e abbiamo svolto il nostro servizio con i ragazzi disabili. Quest’anno rifaremo lo stesso progetto e coinvolgeremo i ragazzi disabili a servire nella nostra mensa.”


19

Oppido Mamertina: Cultura senza limiti e frontiere

Erasmus+ in Aspromonte

C

rocevia della cultura e luogo di incontro di studenti provenienti da diversi paesi europei ed extraeuropei. E’ stato questo l’elemento distintivo che ha caratterizzato, negli ultimi tempi, la cittadina preaspromontana, sede di diversi istituti scolastici di tutti gli ordini e gradi. Quindici studenti egiziani da poco giunti in paese passeranno, infatti, i prossimi 9 mesi tra i banchi dell'Itis e avranno la grande opportunità di arricchirsi culturalmente “scoprendo” e, magari, apprezzando le tradizioni, le diversità socioculturali e le diverse opinioni sociali, politiche, religiose esistenti in loco. L’iniziativa è coincisa con l’inizio dell'attività del nuovo Dirigente scolastico Giuseppe Eburnea il quale attraverso anche un costruttivo dialogo con gli amministratori comunali - sin da subito, ha cercato di lavorare concretamente all'insegna della sinergia tra istituzioni. “Il progetto - ha dichiarato il Sindaco Domenico Giannetta accogliendo ufficialmente gli studenti - rappresenta anche un’occasione unica per i nostri ragazzi e per tutta la cittadina di Oppido

di vivere quotidianamente a stretto contatto con ragazzi che hanno una diversa cultura; ciò ci permetterà di allargare le nostre conoscenze e aprire un confronto costruttivo con una cultura diversa dalla nostra. L’accoglienza - ha aggiunto - può accrescere la propria persona e si possono mettere in luce quei limiti culturali, altrimenti inconsapevoli, che sono presenti in qualsiasi cultura, e pertanto anche nella nostra”. L’assessore all’istruzione Elisa Scerra, soddisfatta perché “tutto è iniziato per il meglio”, ha, altresì, dichiarato: “Mi riempie di gioia vedere passeggiare per le vie principali del paese i ragazzi egiziani insieme ai ragazzi oppidesi “Intanto, dopo il gruppo di studenti egiziani, un nuova “ondata” di studenti di varie nazioni europee è giunta in città nell’ambito del progetto “Ready, set, go for live after school as happy europeans” ideato, organizzato e gestito dal locale Istituto d’istruzione superiore in collaborazione con altre scuole europee. Dodici docenti e ventisei studenti ciprioti, lituani, slovacchi, spagnoli e tedeschi, infatti, secondo il programma “KA2 Erasmus+” - così come è avvenuto per gli studenti oppidesi nei diversi viaggi effettuati all’estero nei mesi scorsi - sono stati ospitati per frequentare, in un breve soggiorno, le scuole del luogo in un percorso didattico educativo comune e in una condivisione di esperien-

di Vincenzo Vaticano

ze e conoscenze. L’obiettivo principale dei promotori di questa “partnership” strategica tra scuole è finalizzata allo sviluppo di competenze trasversali per preparare i giovani studenti ad essere cittadini europei felici dopo aver concluso gli studi. Essere, cioè, “happy europeans”, attraverso l’uso consapevole delle tecnologie, delle lingue straniere, l’attività di volontariato e lo sport. A tal fine, nello scorso anno scolastico una delegazione di insegnanti dell’Itis e del Liceo scientifico ha partecipato al secondo “project meeting”, tenutosi a Cipro, per discutere con i propri colleghi europei le modalità di svolgimento e di realizzazione delle attività programmate. “Da oggi - hanno dichiarato, per l’occasione, gli studenti oppidesi - comincia nella nostra scuola l’esperienza dei nostri colleghi europei; avranno, soprattutto, la possibilità di ammirare le bellezze della Calabria, gustare i nostri squisiti e tipici prodotti, vivere con noi esperienze scolastiche e apprezzare l’ospitalità delle nostre famiglie”. “Lo scambio interculturale con paesi diversi - ha ancora dichiarato il sindaco Domenico Giannetta - rappresenta un'occasione formativa irripetibile per gli studenti, ma anche per tutti i cittadini di Oppido che avranno l'opportunità di entrare in contatto con i ragazzi delle scuole straniere ospitati nella nostra cittadina”. L’amministrazione comunale si è adoperata - al pari delle famiglie degli studenti oppidesi - per rendere il soggiorno ad Oppido dei ragazzi delle altre scuole europee il più confortevole possibile.


20

Elezioni a Taurianova di Luigi Ottavio Cordova

Al voto, al voto!

Out Cettina Nicolosi, testa a testa fra Scionti e Biasi

F

ra conferme e sorprese si è svolto il primo turno elettorale per l’elezione del Sindaco e il rinnovo del Consiglio Comunale di Taurianova. I cinque candidati Sindaci e l’esercito dei circa 350 candidati, terminata la ricerca del consenso e fatti i bilanci del risultato, dovranno ora decidere le linee operative per il turno

di ballottaggio del 29 Novembre che decreterà chi fra l’Avv. Rocco Biasi e l’Ing. Fabio Scionti diventerà il nuovo sindaco di una città che sta attendendo speranzosa. La buona percentuale di afflusso alle urne del primo turno è stata la conferma di quanto l’elezione fosse sentita. Tre le coalizioni che partivano con propositi di lotta all’ultimo voto e due candidature di

bandiera: sindaci con una sola lista a sostegno che hanno voluto comunque dire la loro nell’agora dei Comizi a Piazza Italia. I due challenger per la vittoria finale hanno concluso con un distacco di un centinaio di voti l’un dall’altro. Tutto è pronto e nulla deciso. Cosa faranno i Taurianovesi. Ve lo racconteremo - a giochi chiusi - nel prossimo numero del Corriere della Piana.


21


22

di Caterina Sorbara

Un messaggio per la vita” è stato il tema della Seconda Edizione del Premio Pina Alessio che si è tenuto a Gioia Tauro, Venerdì 30 Ottobre nell’antica Sala Fallara. Quest’anno il riconoscimento è stato assegnato al CRO di Aviano, rappresentato per l’occasione dal Dirigente Medico, Dott. Emilio Lucia. L’incontro è stato presentato e moderato dalla Dott.ssa Maria Teresa Bagalà, Responsabile del comitato socio-culturale “Pina Alessio”, ed è iniziato con l’intervento del Presidente della Fondazione, Giuseppe Alessio che si è soffermato sull’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ chiudendo il suo intervento dicendo: “Lasciamo ai bambini un mondo migliore, soprattutto meno inquinato”. Dopo i saluti dei Sindaci di Gioia Tauro e di Villa San Giovanni, Giuseppe Pedà e Antonio Messina, dell’Assessore alla Cultura Francesco Toscano e la lettura del messaggio inviato dall’Assessore regionale Antonella Rizzo, ha preso la parola il Vescovo di Oppido Palmi, Mons. Francesco Milito, che citando l’Enciclica Laudato si’, ha puntualizzato che sorella terra è nostra madre e, se non la rispettiamo, commettiamo un omicidio-suicidio. Subito dopo, Pino Romeo coordinatore del tavolo tecnico per la tutela ambientale, ha brillantemente relazionato sul tema:”Ricerca e tutela ambientale, un binomio per la vita”, illustrando tutte le criticità ambientali che esistono nella Piana di Gioia Tauro; in primis l’altamente inquinante termovalorizzatore che emette nell’aria diossine e altre sostanze dannose alla salute. Bisogna puntare sulla raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti ha detto Romeo - che ha parlato anche degli effetti nefasti che porterebbe al nostro territorio, peraltro soggetto ai terremoti, la possibile costruzione del Rigassificatore. A seguire, il Dott. Emilio Lucia del CRO di Aviano ha parlato dell’incidenza dei fattori ambientali nelle patologie tumorali e ha spiegato al pubblico che al CRO di Aviano si attua in maniera eccellente la ricerca traslazionale, che implica un continuo scambio tra il medico clinico e il medico ricercatore di laboratorio.

Il premio Pina Alessio occasione di un confronto dai contenuti elevatissimi

Laudato si'

Infine il Dott. Lucia ha anche precisato che oggi il 70% delle patologie oncologiche sono guaribili, non solo curabili. Anche per questo - ha detto Lucia - è necessario istituire il “Registro dei tumori” che rappresenta un segno di civiltà per il territorio. Emozionante il momento della consegna del Premio, consistente in una bellissima e raffinata scultura del noto scultore gioiese Cosimo Allera. Ricordiamo che Pina Alessio, oltre ad essere una donna meravigliosa, era un stimato medico. Nel suo nome la Fondazione, negli anni a venire, si impegnerà a sviluppare tematiche ed eventi culturali di forte valenza sociale. Emilio Lucia: L’importanza della ricerca traslazionale Lo stato dell’arte fra obiettivi e traguardi La ricerca scientifica oncologica è un’insieme di metodiche organizzate da più professionisti, finalizzata ad intervenire in maniera fattiva sulle cause, le conseguenze e le possibili soluzioni riguardanti la patologie oncologiche. Al CRO di Aviano, dove io opero, si riesce ad attuare in maniera eccellente la ricerca traslazionale, che è una forma di ricerca che implica un continuo scambio tra il medico clinico e il medico ricercatore di laboratorio. La cosa importante non è la nozione ma il metodo, che è scientifico. Bisogna arrivare alle conclusioni seguendo esclusivamente un metodo scientifico. Gli obiettivi raggiunti sono stati tanti in campo oncologico, basti pensare che il 70% delle patologie oncologiche sono, oggi, guaribili. Resta un campo importante da continuare ad amplificare che è la prevenzione. Pensi che tre persone su quattro muoiono di patologie cardiovascolari. Oggi, nella maggior parte dei casi, di tumore si guarisce. Occorre fare più prevenzione. Sicuramente l’inquinamento ambientale è uno dei fattori di rischio nelle patologie oncologiche; non tutte le persone esposte, però, si ammalano, spesso influisce solo la genetica. La dieta Mediterranea. Occorre seguire i dettami di questa dieta, dobbiamo valorizzare i prodotti della Calabria. La prevenzione è la cosa più importante di tutto. Ancora oggi è l’arma principale per sconfiggere il cancro. Poi bisogna aggiungere lo stile di vita con una buona attività sportiva, sana alimentazione e niente sigarette. Mons. Francesco Milito: Difendere il creato per difendere la vita La difesa del Creato è una caratteristica francescana del pontificato di Papa Francesco. L’enciclica Laudato si’ è una grande enciclica, per come è stata pensata e anche redatta. Ha una visione mondiale del problema, non solo a livello spirituale ma, anche, a livello politico e scientifico, nel senso che se tutte le componenti della famiglia umana, in particolare quelli che hanno responsabilità, si prendono cura efficacemente della casa comune che è il mondo, tutti possiamo condurre un’esistenza vivibile ed armonica, tra noi e il creato. Occorre ricordare che l’uomo è un’amministratore delegato dal Signore, che ha voluto il mondo proprio a nostro beneficio, ma l’amministratore delegato deve svolgere il suo compito in fedeltà alla delega che ha avuto, senza stravolgere con il suo comportamento dissennato il patrimonio che gli è stato affidato.Nell’enciclica di Papa Francesco, nessun aspetto è rimasto in sospeso, per questo è un messaggio universale per tutti gli uomini di buona volontà. L’ecologia è il rispetto mentale, prima che strutturale dell’equilibrio che c’è in natura. Il cambiamento che l’enciclica sottende implica che si debba vivere in sobrietà che significa giusto uso dei beni a favore personale e dell’intera collettività, senza sprechi, senza ricerca del superfluo, quando a tanti manca il necessario. Nella Nostra diocesi sono in programma molte attività e il nostro Istituto Teologico Pastorale, con sede a Gioia Tauro, svolgerà in quest’anno Accademico 2015/ 2016 la presentazione dell’enciclica con lo “sportello”denominato “Chiesa Pellegrina”, cioè presentare e diffondere il magistero ecclesiale nei suoi testi più rappresentativi, in primis agli alunni e in seguito a tutta la collettività. La Chiesa ricorda a tutti gli operatori del settore che tutto ciò che non va in direzione del rispetto delle regole del vivere sano e civile, deve essere rivisto e corretto e , se è necessario, anche rimosso.


23

Da sinistra: Ing. Paolo Martino, Dott. Faustino Nigrelli, Arch. Salvatore Foti, Mons. Francesco Milito, M° Giuseppe Mantella, P. Pasquale Carnovale, P. Rocco Spagnolo

Il restauro del SS. Crocifisso di Terranova S. M.

di Domenico De Angelis

Un intervento necessario ed indispensabile

I

l restauro dell’Effigie lignea del SS. Crocifisso di Terranova S.M. è stato oggetto di un incontro organizzato nella medesima Città il 17 Ottobre u.s. Lo stesso, si presenta urgente ed indispensabile, per l’avanzato stato di degrado. La struggente bellezza del Crocifisso “nero” dovrà essere tramandata ai posteri per essere goduta anche in futuro. L’incontro è stato fortemente voluto dal Parroco P. Pasquale Carnovale (Presidente della commissione per i festeggiamenti in onore del SS. Crocifisso e della Madonna del Rosario). Al tavolo dei lavori hanno preso parte S.E. Mons. Francesco Milito (Vescovo della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi), P. Rocco Spagnolo (Superiore della comunità dei Missionari dell’Evangelizzazione, fondati da P. Vincenzo Idà), l’Arch. Salvatore Foti (Sindaco di Terranova), l’Ing. Paolo Martino (Direttore per i beni ecclesiastici della Diocesi), il Dott. Faustino Nigrelli (Funzionario della Soprintendenza della Calabria), ed il Maestro Giuseppe Mantella (Restauratore). È stata invitata, inoltre, tutta la comunità di Terranova S.M.

affinché ogni dubbio, perplessità, curiosità in proposito, fosse esposto in pubblico e trovasse una risposta chiara, precisa ed esauriente. Infatti l’argomento è stato di fondamentale importanza considerando che Terranova è meglio identificata come la Città del SS. Crocifisso. Ne costituisce il cuore della stessa. Ed è calamitante anche per i molti fedeli che al Santuario si recano quotidianamente anche da altre parti della piana, e non solo. Quando gli intenti sono comuni e condivisi non si può far altro che mettersi d’accordo sui dettagli. È di questi ultimi che si è parlato, precisando che l’opera di restauro si farà direttamente all’interno del Santuario, in un’area debitamente delimitata e che permetta al pubblico di seguire direttamente i lavori. Un invito alla pazienza, alla fiducia ed alla collaborazione è stato rivolto a tutti i terranovesi presenti. Sono essi che hanno particolarmente a cuore il bene più prezioso conservato a Terranova, e lo hanno fatto sentire attraverso le domande rivolte al restauratore. Lo stesso, di indiscussa fama, ha già restaurato e restituito ai fedeli, opere di inestimabile valore. Nella nostra piana pos-

siamo menzionare la “Madonna dei Poveri” di Seminara e la “Madonna delle Grazie” di Sinopoli. Ha inoltre operato su capolavori artistici di Mattia Preti, Caravaggio, Bernini, Canova. Ciò che il restauratore può fare è intervenire sulla materia dell’opera d’arte e di culto, ma è necessario che ad essa segua una restaurazione della fede cristiana (operazione più spirituale che materiale). Intesa come recupero e valorizzazione di originari valori che col tempo (forse) si sono sbiaditi. Parafrasando con l’opera di restauro che si andrà a realizzare, si potrebbe dire che riempire gli spazi che il tarlo ha creato e ridare colore alla fede è un’opera che tutti siamo chiamati a compiere. È bene ribadire che la pagina storica che si sta scrivendo a Terranova ha bisogno del contributo di tutti. Lo stesso si potrà concretizzare in supporto umano, economico, in vicinanza, attenzione, vigilanza. Insomma, è tutto pronto. Si aspetta l’inizio dei lavori con la carica emotiva che precede i grandi eventi. E, a restauro finito, ne siamo certi, sarà motivo di orgoglio per Terranova, per la Diocesi di Oppido M. - Palmi, e per tutti i fedeli.


24

Diocesi Oppido Palmi, lavori in corso

In Gesù Cristo il nuovo umanesimo

di Don Giancarlo Musicò

L

a nostra Diocesi, seguendo come sempre il vento di novità che lo Spirito Santo suscita nella Chiesa Italiana, anche in occasione del prossimo V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana che si terrà a Firenze dal 9 al 13 Novembre prossimi, ha organizzato due Tavole Rotonde per sensibilizzare e preparare i fedeli a questo grande evento ecclesiale. La Prima Tavola Rotonda tenutasi a Rizziconi presso l’Auditorium Diocesano “Famiglia di Nazareth” il 25 Settembre scorso ha avuto come titolo: “Quattro forme incarnate: un Umanesimo in ascolto, in concreto, plurale e integrale, d’interiorità e trascendenza”. Si sono fatte passare in rassegna tutte le realtà che nella Diocesi danno un contributo alla formazione in concreto di un Nuovo Umanesimo Cristiano, rimboccandosi le maniche dell’entusiasmo per la formazione dell’uomo di oggi. Il Prof. Luigi D’Andrea, Ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Messina, ha parlato di un Umanesimo plurale e integrale, in una società come la nostra dove la “globalizzazione dell’indifferenza” come una piovra si estende ovunque corrodendo anche le forze più giovani. Solo una “globalizzazione della solidarietà”, invece, come afferma Papa Francesco, è la soluzione per il disamore alla integrazione ed inclusione dell’altro nella società postmoderna edonista e concentrata sulla follia di una mentalità narcisista che contempla se stessa senza apertura al trascendente e quindi senza vero amore per l’umanità. Il Prof. Filippo D’Andrea, collaboratore di Storia del Cristianesimo della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale in

Due tavole rotonde in preparazione del V° Convegno Nazionale di Firenze

Napoli, ha invece trattato dell’Umanesimo in interiorità e trascendenza. Soltanto infatti una rivoluzione della mistica e dell’interiorità può salvare il mondo di oggi, soltanto un sano bombardamento di sacro può portare la pace nella guerra fredda del cuore dell’uomo contemporaneo. Non è presunzione retrograda di una via utopica, ma l’unica via percorribile perché l’uomo imbrigliato nell’esteriorità periferica dell’essere, possa ritrovarsi nel suo più profondo interiore. La Seconda Tavola Rotonda ha avuto come titolo: “Cinque vie verso l’umanità rinnovata: uscire - annunciare - abitare - educare - trasfigurare”. La prima via “uscire” è stata affidata al Prof. Giovanni Di Rosa, Ordinario di Diritto Privato all’Università di Catania. Uscire è il verbo per eccellenza del pontificato di Papa Francesco e, un Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, non poteva non aprire i battenti se non con questo invito che fu di Gesù ed è dopo duemila anni del Suo Vicario in terra. Uscire per andare verso le periferie geografiche ed esistenziali dell’uomo, dove senza perdersi, al contrario, può ritrovarsi in questo movimento di exitus-reditus, un uscire per tornare meglio a se stesso, un accorgersi dell’altro per non essere indifferenti a se stessi. La seconda via è stata affidata a S. E. Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, Vice Presidente per il Sud del Comitato preparatorio del V Convegno di Firenze. L’Annunciare è arte che diventa vita, l’annunciatore è ciò che annuncia, lo incarna nella sua vita, il fascino del suo annuncio è tutto nella bellezza del suo agire, solo così può essere credibile, trascinatore di mani e

di cuori. L’Annuncio del Cristo all’uomo di oggi si serve di forme comunicative nuove, digitali, ma alla base rimane la semplicità del principio, di quando tutto è iniziato: il guardarsi negli occhi, il sentire il fiato della voce di colui che annuncia, il contatto fisico ed empatico, il compatire, il farsi prossimo dei santi e di tutti coloro che hanno in cuore la causa del Regno. La terza via “Abitare” è stata trattata dal Prof. Giovanni Di Rosa. Abitare la storia per essere lievito che la fa fermentare, un Nuovo Umanesimo in Cristo Gesù, infatti, si può costruire soltanto abitando la città degli uomini e iniettando in essa un'overdose di eternità, essere domiciliati sulla terra ben sapendo che la nostra patria è il cielo. La quarta via “Educare” è stata affidata a Suor Giuseppina Del Core, Preside della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, membro della Giunta del Comitato preparatorio del V Convegno Ecclesiale di Firenze. La Chiesa Italiana ha scelto proprio “l’emergenza educativa” per questo decennio pastorale, perché l’educazione è indispensabile per la formazione umana e cristiana delle nuove generazioni. Senza educazione non c’è futuro! Infine la quinta ed ultima via “Trasfigurare” è stata trattata da Mons. Raspanti. Trasfigurare la storia con la forza che viene dal Cristo Risorto, essere instancabili annunciatori della luce gioiosa che viene dalla vita nuova in Cristo, portare gli uomini alla bellezza trasfigurante di Gesù che si fa prossimo ad ogni uomo, fiduciosi che il prossimo V Convegno Ecclesiale di Firenze sarà occasione di crescita per la Chiesa Italiana e per la nostra amata Diocesi.


25

Il culto di Nostra Signora dei campi in Oppido Mamertina

di Don Letterio Festa

È

un’antichissima tradizione del Popolo di Dio esprimere la riconoscenza per i benefici ricevuti al Signore che ha creato, con ineffabile amore, l’universo e ne ha affidato la cura all’uomo perché, attraverso il lavoro quotidiano, possa assicurare ai fratelli il necessario per la vita. In questo contesto, si inserisce a pieno titolo l’intercessione della Beata Vergine Maria, da sempre invocata a protezione della fatica dei campi e a benedizione dei frutti della terra. Tali principi portarono, nel 1887, alla fondazione, presso la Basilica Cattedrale di Seez Orne in Francia, dell’Arciconfraternita di “Notre Dame des champs”. I membri di tale Associazione avevano come compito specifico quello di pregare per invocare da Dio la benedizione su tutti i lavoratori dei campi e l’impegno a diffondere tra di essi, con le parole e con la testimonianza della vita, i principi della Dottrina cristiana. Il pio Sodalizio e la devozione a Nostra Signora dei campi ad esso legata, ottennero l’approvazione del Papa Leone XIII, nell’ottica della sua attenzione alla realtà sociale, culminante nella nota Enciclica “Rerum novarum” del 1891, e dal suo successore, San Pio X, alla luce del suo motto “Instaurare omnia in Christo”. A diffondere questo nuovo culto e la dottrina ad esso legata nella Diocesi di Oppido Mamertina fu il benemerito Canonico Giuseppe Mangione che, nel 1896, con l’approvazione del Vescovo del tempo,

Mons. Antonio Maria Curcio, fondò la «Pia Associazione di Nostra Signora dei campi», affiliata, «con apposito diploma», alla citata Arciconfraternita francese. Approvato ed incoraggiato dal successore del Curcio, Mons. Domenico Scopelliti, il Sodalizio ebbe sede nella chiesa dell’Oratorio, nel popolare rione “Tuba”. Scopo dell’Associazione era quello di «conservare e ricondurre lo spirito cristiano in mezzo agli agricoltori», esortando alla pratica della fede ed alla preghiera, particolarmente necessaria in un tempo in cui «non poche italiche campagne, squallide e vedovate, par che piangano i lor mancati cultori per le continue emigrazioni negli Stati Uniti di America». Il buon Canonico Mangione, per ulteriormente incrementare e diffondere il culto di Nostra Signora dei campi, diede alle stampe, nel Settembre del 1904, un «Piccolo manuale di preghiere e ricordi» dal titolo «Il fiore di campo». In questo libricino, egli presentava i principi dottrinali della nuova devozione, offriva una raccolta di preghiere specifiche per il mondo dell’agricoltura tratte dai libri liturgici e concludeva con una edificante raccolta di «ricordi, precetti e massime morali ricavate e raccolte dalla Sacra Scrittura» sul tema della vita agreste. A centro e fulcro di tutta l’opera religiosa fu posta una bella e monumentale statua lignea di Nostra Signora dei campi, perfetta riproduzione della omonima statua mar-

morea conservata nella Basilica Cattedrale francese di Seez Orne e pare che proprio dalla Francia sia giunto anche il simulacro oppidese. La bella Madonna, con in braccio il celeste Bambino, stringe in mano delle bionde spighe e un maturo grappolo d’uva, simbolo del lavoro dei campi e dell’Eucarestia, mentre ai suoi piedi si vede un curvo aratro intrecciato alla Croce. Sempre per impulso di Mons. Mangione, fu eretto, alle porte di Oppido, un tempietto dedicato alla Vergine dei campi, restaurato ed abbellito, nel 1968, dal Sac. Antonino Pignataro e dal Prof. Rocco Leale. Il popolo accolse con favore questa devozione mariana che andò sempre più sviluppandosi con il trascorrere degli anni. Il 4 novembre 1958, riconoscendo «la grande venerazione» e «la grande pietà» dei fedeli, «specialmente dei contadini», verso la Madonna dei campi, il Vescovo, Mons. Maurizio Raspini, la proclamava, con apposito decreto, «regale ed augusta Patrona dei Coltivatori diretti e loro particolare Protettrice per tutta la Diocesi». Con lo stesso atto, il Presule autorizzava la pubblicazione e la diffusione «dell’autentica sacra immagine della Madonna dei campi», corredata da una preghiera ed un inno da lui stesso composti, e ne fissava la festa annuale alla seconda Domenica di Novembre. A solennizzare questa ricorrenza, provvidero i diversi Rettori dell’Oratorio - ricordiamo, a tal proposito, il fattivo impegno offerto dal compianto don Salvatore Fotia, che resse la chiesa oppidese per diversi lustri - coadiuvati da numerosi laici, riuniti nel Comitato festa, che ancora oggi continua, con singolare devozione, la sua opera a servizio della Beata Vergine. Possa la Madonna dei campi benedire ancora e rendere fruttuoso il duro lavoro della terra.


26

Varapodio: Ordini cavallereschi e Clubs Service in aiuto del prossimo

Progetto Dara La fame del nostro vicino

Tra il Leo Club “Polistena Brutium” e la Delegazione di Emanuele Gatto

Calabria del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio patto di collaborazione fattiva per lottare le nuove povertà

O

rganizzato dal Leo Club “Polistena Brutium”, la Delegazione Calabria del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, rappresentata dal Delegato Vicario Dott. Aurelio Badolati, Commendatore di Merito con Placca, ha preso parte, come ospite d’onore, ad un importante convegno che ha voluto sancire un patto di collaborazione tra le due importanti organizzazioni, le cui tematiche sociali hanno interessato una “Mission” di solidarietà

molto cara al Gran Maestro dello stesso Ordine, S.A.R. Il Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro. Alla presenza di diversi Cavalieri e Benemeriti della Delegazione, soci Lions e Leo, autorità e numeroso pubblico, l’evento, dal titolo “Progetto Dara - La fame del nostro vicino”, si è tenuto nella sala consiliare del Comune di Varapodio (RC) messa a disposizione per l’occasione dal Sindaco, Dott. Orlando Fazzolari, intervenuto all’interessante convegno che si è incentrato sulle problematiche delle nuove povertà e sulle possibili sinergie, per la loro risoluzione, tra gli ordini cavallereschi e l’associazionismo in generale. I lavori del convegno sono stati aperti da un indirizzo di saluto esternato dallo stesso Sindaco e dal Vice Presidente del Lions Club “Polistena Brutium”, Avv. Monica Minì. A seguire l'intervento di Gino Gatto, studente della Pontificia Università Lateranense, il quale, nella veste di socio Leo responsabile del progetto, ha illustrato i concetti di “Fame del vicino” e “Nuove povertà”, piaghe sociali dovute alla grave crisi economica. Il significato che può ancora

avere, nel terzo millennio, un ordine cavalleresco è stato esposto, a seguire, dal Dott. Rocco Gatto, nella sua duplice veste di Cavaliere di Merito dell'Ordine e di socio Lions. Il Delegato Vicario, Dott. Aurelio Badolati nel concludere i lavori così si è espresso: “Abbiamo deciso di concentrare la nostra attività prevalente in aiuto dei nostri conterranei in Calabria dove la situazione è non pesante ma drammatica. Il nostro è un Ordine religioso che nasce per difendere i valori della Cristianità e l'essere cavalieri oggi vuol dire aiutare in modo concreto i più deboli e bisognosi, aumentati peraltro in modo esponenziale in questi ultimi tempi anche in settori finora esenti dalla piaga della povertà; noi intendiamo così il nostro ruolo”. Il patto di collaborazione fattiva sancito tra il Leo Club “Polistena Brutium” e la Delegazione Calabria, avrà il via a breve, allorquando i giovani soci del Club, a nome dell’Ordine, distribuiranno alla Comunità Luigi Monti di Polistena, una pedana di generi di prima necessità facenti parte di una donazione (l’intero carico di un tir) devoluta all'Ordine da una nota catena di supermercati del Nord Italia. Il tutto, grazie al fattivo interessamento del Gran Prefetto, S.E. l’Ambasciatore Augusto Ruffo di Calabria dei Principi di Scilla che, non a caso, ha scelto proprio la Calabria come destinazione principale di questi beni, in considerazione del triste primato rilevato dall’Istat: prima regione in Italia per povertà assoluta. La “Settimana della solidarietà”, così è stato chiamato il progetto solidale costantiniano, dovrebbe concretizzarsi esattamente entro la fine del mese di Novembre, allorquando tutte le 33 pedane di viveri, trasportate gratuitamente da una nota azienda di autotrasporti di Villaricca (NA), giungeranno in Calabria per essere distribuite attraverso una serie di donazioni programmate in tutte le province della regione e interessanti soprattutto Parrocchie, Organismi Pastorali (Caritas), Comunità di anziani e giovani. ”Siamo entusiasti - hanno dichiarato Rosario Milicia e Giuseppe Pronestì, Presidente e Segretario del Leo Club - di essere qui a sancire una partnership con l'Ordine Costantiniano; saremo il loro braccio sul territorio. Non esitate a chiamarci - hanno aggiunto rivolgendosi ad Aurelio Badolati e a Rocco Gatto - per qualsiasi incombenza e qualora dovessero esserci altre occasioni per renderci utili in situazioni, per esempio di famiglie in difficoltà, di homeless o di altre comunità bisognose”. Da segnalare, alla fine del convegno, un cordiale scambio di doni tra il Delegato Vicario, il Sindaco e il Presidente del Leo Club.


27

Palmi: “Casa della Cultura”, culla dell’incontro con la vita nascente

di Domenico De Angelis

Il miracolo di una nuova nascita

S

cienza e coscienza sono un binomio inscindibile. Infatti, quando la scienza è illuminata dalla fede, l’altezza della vocazione medica tocca l’umanità dell’uomo in modo profondo ed esistenziale. È quanto emerso dalla conferenza del Prof. Giuseppe Noia (nostro conterraneo) presso la “Casa della Cultura” in Palmi il 27 Ottobre u.s. L’evento, che fa parte del secondo ciclo di incontri dal titolo “scienza e vita”, è stato fortemente voluto dal vescovo Mons. Francesco Milito, che ha confermato, ancora una volta, la sua sensibilità nel veicolare tematiche di bioetica nella diocesi di Oppido M. - Palmi. Da notare che nello stesso luogo, vent’anni fa, è stato ospite il Prof. Mancuso (definito un maestro dal Prof. Noia). Ad aprire i lavori, porgendo i saluti di tutta la cittadinanza palmese, è stato il Sindaco Giovanni Barone. Successivamente, l’introduzione di S.E. Mons. Francesco Milito, che ha definito il luogo “tempio della cultura” a Palmi, ha fatto notare quanto sia necessario per l’uomo capire se stesso. Scoprire la verità che lo abita. Considerare che intorno a tematiche quali la vita nascente, c’è bisogno di interrogare persone appassionate, competenti, e che spendono la loro vita per tutelare la vita nascente. Inoltre, che destino lo stupore per l’affascinante realtà della gravidanza, con tutto ciò che precede e succede tale momento della vita di coppia in particolare, e della donna nello specifico. Il Prof. Noia prendendo successivamente la parola, ha presupposto che nella propria vita, la scienza da un lato e la fede dall’altro, sono state le componenti specifiche che hanno guidato il proprio operato professionale. Anche perché “la scienza senza il faro dell’etica è una scienza che s’incaglia” negli scogli delle difficoltà umane. Ha inoltre fatto notare

che intorno alla vita nascente gravitano tante informazioni fuorvianti (alcune decisamente non veritiere) e poca conoscenza. Capace quest’ultima di spostare l’accento dal sapere al sàpere (dal latino “assaporare”). Ha precisato che purtroppo in alcune realtà, intorno alla vita nascente, si registra una deriva sia morale che della ragione. La domanda di partenza è stata: con quali occhi vediamo la vita? Con gli occhi del calcolo matematico o con quelli del cuore? La risposta positiva in un senso o nell’altro porta a conclusioni proprie ed ovviamente diverse. Che la vita umana abbia un senso, tutti lo capiscono, ma quanti la difendono? Proprio per questo oggi è necessario riaffermare la “sensatezza” della vita. Quella nel grembo materno, nello specifico. La sensatezza di una vita che già, in tale delicato momento, trova difficoltà di identificazione. A tal proposito, la beata Madre Teresa di Calcutta ha avuto a dire che proprio loro, i bambini non nati, sono i poveri più poveri. Considerando in particolare che la dignità umana è sempre presente, dal concepimento fino all’ultimo respiro. Dall’alba al tramonto. È stato chiaro che il miracolo di una nuova vita ed il rispetto della vita umana fin dalla sua prima individuazione, non è un sentimento generico, ma l’incontro con una precisa responsabilità: quella di un “vivente” umano la cui dignità non è affidata soltanto ad una nostra benevola considerazione o ad un impulso umanitario, ma ad una chiamata divina. Il concepito, non è solo “me” o “mio” o “dentro di me” ma “davanti a me”. Il figlio è presenza che interroga la vita. A noi il dovere di riconoscerlo fin dal principio e di garantirgli il diritto alla vita. Successivamente, si è aperto un momento di dibattito, in cui il Prof. Noia ha potuto rispondere alle molteplici domande che il pubblico ha voluto

rivolgere. Le conclusioni sono state affidate a S.E. Mons. Francesco Milito che ha approfittato dell’occasione per lanciare un appello al Sindaco Barone ed alla sensibilità comune: “quanto sarebbe bello che anche nella nostra diocesi, magari all’interno del costruendo ospedale, si creasse un perinatal hospice” (un reparto pensato per i “feti terminali”). Lo stesso sarebbe la risposta più concreata ed umana, quando l’unica alternativa prospettata è l’aborto terapeutico. Si tradurrebbe in un accompagnamento per il nascituro, fatto con amore, rispetto e riconoscenza. In conclusione, sembra che il nostro tempo, oltre ad affermare l’esistenza di Dio, abbia bisogno di riaffermare anche l’esistenza dell’uomo, riabilitando antiche domande sulla nostra vocazione originaria e quindi sulla “capienza infinita” della nostra fragilità umana. Dobbiamo sforzarci di rileggere la grammatica della vita, della creazione, della speranza, dell’amore. Tutto questo, restando aperti alla vita, restando aperti all’amore. L’evento, a dir di tutti, ha lasciato il segno. Proprio per questo, incontri di tale spessore, sarebbero l’ideale per tener desta la “sacralità” della vita ed il rispetto della vita nascente.

Intervento del Sindaco Barone


28

di Francesco Di Masi

D

al 4 Novembre, teatro, musica e danza a Palmi con due prime nazionali e la conclusione Domenica 8 con Monica Guerritore al Teatro Cilea di Reggio Calabria. Farà così tappa anche a Palmi, nella Casa della Cultura, il “Festival Miti Contemporanei 2015”, la manifestazione teatrale itinerante - alla quarta edizione - si sviluppa attorno ai luoghi della provincia, con il patrocinio del Comune. E’ stata presentata, in conferenza stampa, dalla Direttrice Artistica Teresa Timpano e dal Sindaco Giovanni Barone. La kermesse itinerante si svolgerà tra Reggio Calabria, Locri, Scilla, Palmi e Bova. Un cammino di scoperta sulle tracce del “Mito” con un cartellone che prevede spettacoli di grande qualità artistica tra cui due prime regionali e le due prime nazionali proprio a Palmi: “Black Lights” della Compagnia di danza Abbondanza/Bertoni e “Odissea. Nessuno ritorna” di Matteo Tarasco del GTS -Teatro Quirino di Roma. Vi sarà anche un intervallo con aperitivo, offerto da “Lovecalabria”, che favorirà il veloce cambio dell’allestimento scenico. Importante è la scelta di una location come la Casa della Cultura, dove proprio in questo momento si svolge la settimana di “Libriamoci”. Ha detto la scrittrice Katia Colica che ha moderato l’incontro «Una simbiosi artistica con il territorio - avvalorata dalla collaborazione di Italia Nostra che cura la visita guidata condotta dall’archeologa Marilena Sica», l’obiettivo è far sì che non solo lo spettatore ma «anche gli artisti che vengono da fuori siano calati nel territorio che li ospita». Il Sinda-

Quarta edizione del Festival teatrale itinerante

Miti contemporanei co Giovanni Barone, ha dimostrato grande sensibilità per il progetto: «La nostra città vive di questo e la Casa della Cultura gestita dalla Dottoressa Garipoli è un’eccellenza». Palmi non si sente seconda a nessuno in questo campo, ha ribadito: «Tanto è vero che Monica Guerritore, che verrà a Reggio

Calabria con il suo spettacolo a conclusione del festival, è palmese, è una nostra concittadina e rappresenta una delle tante eccellenze del nostro territorio”. L’invito è di coinvolgere anche i giovani, non solo con lo spettacolo di teatro ragazzi già previsto nella mattinata, dal titolo “ MYTOS”,

a cura di Renata Coluccini, ma anche negli spettacoli serali: “Spero - ha detto Barone che le scuole capiscano l’importanza della manifestazione e rispondano. Ci accorgeremo dei danni che sono stati fatti alla cultura tra molti anni e dobbiamo colmare questo gap da subito, se non c’è un’avanguardia culturale si perde tutto. Il ringraziamento ha concluso rivolgendosi a Teresa Timpano - è per quello che state facendo perché impegnarsi nel territorio in un momento come questo non è facile». Sviluppato in collaborazione con il MIBAC e le istituzioni locali nel territorio della provincia reggina, il festival lega il fascino del teatro con quello di siti archeologici e borghi suggestivi che testimoniano la grande storia di una terra dalla millenaria civiltà. Il Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria, il prestigioso teatro Francesco Cilea, l’antica Locri Epizephiri con il Museo Nazionale, la Casa della Cultura di Palmi, la Casa della Musica a Bova e il Castello Ruffo di Calabria a Scilla sono i luoghi che ospiteranno gli eventi del festival: spettacoli, incontri e visite guidate. Teatro, danza e musica in quello che gli organizzatori definiscono “un cammino di scoperta sulle tracce del Mito, un percorso semplice di ricerca e studio attraverso le rielaborazioni drammaturgiche contemporanee con un focus sulla natura dell’uomo nella sua complessità”. Il progetto è nato nel 2012 grazie al contributo dell’Ente Provincia di Reggio Calabria e si è ampliato nel 2015 grazie al cofinanziamento della Regione Calabria per valorizzare attraverso l’arte e il teatro i siti che testimoniano la grande storia di una terra dalla millenaria civiltà.


29

Una piccola artista alla scoperta del mondo di Deborah Serratore

A

urora Foti, una delle più giovani cantanti del panorama musicale reggino, alla tenera età di 11 anni è riuscita - grazie alla passione per la musica e all’amore dei genitori - a diventare una giovane “stella” stupendo con la sua potente vocalità sia l’Expo di Milano che il pubblico di RaiDue. Il 1° Ottobre 2015, infatti, la cantante di Palmi si è esibita all’interno della rubrica “Saremo Famosi” - dedicata ai baby talenti canori provenienti da tutta Italia - nella trasmissione targata RaiDue “I fatti vostri”. Aurora - diretta dal maestro Demo Morselli - ha entusiasmato il simpatico team dello storico programma tv (capitanato da Giancarlo Magalli alla conduzione e dal grande Michele Guardì alla regia) cantando con sicura padronanza scenica e personalità “Nel blu dipinto di blu” di Mimmo Modugno e “Piccolissima serenata” di Teddy Reno. Proprio quest’ultimo è stato il patron del concorso canoro Expo “Forza canzone italiana nel mondo!”, primo festival mondiale sulla ricerca della vera melodia italiana nei cinque continenti (questo lo scopo del progetto “Va pensiero”, ideato dal cantante triestino e dalla fisarmonicista Sylvia Pagni), al quale Aurora e il padre Pasquale Foti - celebre cantautore folk - hanno partecipato in coppia vincendo il premio “Sylvia Pagni Music Center” col brano inedito “L’amicizia è”. L’allegria e il significato della canzone, la bravura del padre alla chitarra, la simpatia della bimba: questi i fattori che hanno con-

vinto la giuria di qualità (composta dalla Pagni, Teddy Reno, la musicista swing Elisa Riccitelli, Antonio Vandoni di Radio Italia, il paroliere Loris Cattunar, il referente dei cinque continenti Renato Albini e la referente delle Americhe Gabriela Rodriguez) a scegliere Aurora e Pasquale fra gli otto fortunati vincitori dei premi speciali. Successo del tutto inaspettato perché i partecipanti erano numerosissimi e provenienti da tutto il mondo. Il premio è stato consegnato dallo stesso Reno insieme alla moglie Rita Pavone, che ha dispensato per la piccola artista complimenti e soprattutto consigli: l’invito è quello di continuare a studiare la musica, più che il canto, per migliorare. Ed è proprio quello che la prodigiosa bimba ha intenzione di fare: oltre a suonare già violino, tamburello, percussioni (i bonghi), la piccola Foti approfondirà lo studio del suo amato pianoforte (che suona dall’età di cinque anni) al conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria, dove si è appena iscritta. Aurora però, la sua personale scuola di musica l’ha avuta in famiglia. Ogni singolo attimo della sua breve ma già intensissima vita artistica l’ha condiviso con papà Pasquale. Portavoce della vera canzone dialettale calabrese, compositore insieme al fedele amico Gianni Penna di album di successo come “Calabrisandu” e “Sti cori calabrisi” (otto i lavori all’attivo), ha trasmesso alla figlia la possente voce ricca di vocalizzi e il senso del ritmo proprio della nostra tradizione. Con Calabrisound, la folk-band di Pasquale, Au-

rora si esibisce da anni nelle piazze di tutta la provincia, coinvolgendo il pubblico con allegre canzoni dialettali, in particolar modo quelle di “Viva la Varia”, album inciso con papà nel 2013 che celebra il riconoscimento UNESCO della macchina votiva a spalla palmese. Molto trasmessa nelle radio locali è poi “La canzone di papa Francesco”, grazioso brano in italiano apprezzato anche da Radio Vaticana, che ha invitato la bimba a visitare l’emittente a Roma e a partecipare all’udienza pontificia del Mercoledì, dove ha consegnato una copia del singolo a Bergoglio in persona. Concerti, partecipazioni tv e radio, specie nei programmi prodotti da Marco Renzi, quasi un secondo padre per la piccola; riconoscimenti importanti (ultimo fra i tanti la medaglia di bronzo al merito consegnata dal Presidente della Provincia Giuseppe Raffa in seguito al successo Expo): tutte queste precoci esperienze musicali (addirittura a cinque anni il primo concorso vinto al Bimbo Show 3 di Video 8 Calabria) non hanno però montato la testa alla giovane artista, che ha alle spalle una solida famiglia che non ha mai messo pressioni (frequenti nell’era talent “tutto e subito”) alla piccola “La musica non deve essere una gara” - asserisce mamma Rosa - “Aurora canta per puro divertimento, la cosa più bella è quando risponde il pubblico”. L’Expo, la Rai, i dischi: tutto vissuto come un gioco. Perchè cantare divertendosi insieme alla propria famiglia è il più bel premio che una piccola artista alla scoperta del mondo possa vincere.


30

Delianuova: serata in memoria di Pasquino Crupi

Meridionalista di frontiera di Marinella Gioffrè

U

na serata all’insegna del ricordo è stata organizzata da “Librarsi in Aspromonte”, in collaborazione con “Città del Sole” e l’Associazione culturale “Geppo Tedeschi”, presso il salotto letterario Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro. Il moderatore Raffaele Leuzzi, dopo un saluto all’operatore RAI Pino Anfuso, scomparso qualche anno fa, ha fatto visionare ai presenti un video inedito di Pasquino Crupi e ha affermato che “la sua vita è stata spesa per la cultura, la letteratura, i libri”. Per la poetessa e presidente dell’associazione Geppo Tedeschi Maria Frisina “Crupi è stato un intellettuale e critico letterario che ha lavorato con un progetto di sviluppo del territorio, con la convinzione di non poter limitare il fatto letterario ad una dimensione estetica. Meridionalista di frontiera, amava la cultura popolare”. L’Editore Franco Arcidiaco direttore di Città del sole ha parlato del legame di Crupi con San Leo, santo dei deboli e degli operai al quale dedicò un libro, oltre

che con la Madonna di Polsi. “Caparbio e determinato, volenteroso e voler rimanere nella propria terra, coraggioso pur essendo giornalista, a mettersi contro la stampa al fine di denunciare le ingiustizie della sua terra”, è stato definito dall’Assessore alla Cultura Teresa Carbone. Ha fatto seguito la lettura di uno stralcio del suo libro autobiografico “Gambero Rosso”. Il giornalista Pino Toscano lo ha definito “ intellettuale, storico, politico, polemista strepitoso, saggista, docente, giornalista, ma soprattutto un calabrese e un meridionale che per tutta la vita ha cercato di far passare l’idea di un patrimonio come il nostro, che avrebbe dovuto arricchirci e aiutarci a costruire una nostra storia. Era contro tutto ciò che è ordine e disciplina - ha continuato Toscano - unico e ultimo meridionalista dei nostri tempi, che ha scelto di restare e combattere piuttosto che partire. La sua dipartita è stata l’uscita di scena di un grande attore e di un grande uomo”. Il giovane scrittore Antonio Roselli, lo ha definito “un Don Chisciotte fantasioso, dalla spigliatezza poetica, che

si nutrì di Gramsci, Croce, Perri, Alvaro, con una vocazione populista e il fascino estetizzante della parola. Uomo dallo spirito politico e accademico, indagò la storia della cultura calabrese”. Per Ercole Macrì “la sua cultura non era nozionistica o enciclopedica, ma un giardino da aprire. Ha tentato fino alla fine di rendere meno vorace il capitalismo”. Per Rosario Condarcuri, editore della rivista Riviera, “ha vissuto nell’attesa e nella speranza della rivoluzione”. Ha concluso gli interventi il Sindaco di Bova Marina, nonché figlio di Pasquino, Vincenzo Rosario Crupi, che ha ricordato la figura di un padre che gli ha insegnato che “non si può mai prescindere dalla cultura e che i valori più importanti sono la giustizia sociale, la solidarietà, l’uguaglianza e lottare per chi ha bisogno. Diceva - ha concluso il figlio - che il libro è la fiaccola che rischiara la via dell’avvenire”. Dai molteplici interventi è emerso che Crupi anteponeva l’impegno civile alla propria convenienza ed era un propagandista della società futura.

AICol

ENTel

ALS

FEDER.Agri

CAA

Federazione Pensionati M.C.L.

CAF

PATRONATO SIAS

CEFA Ong

SNAP

Centro Europeo di Formazione Agraria

Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati

EFAL

Gioia Tauro Via Monacelli, 8 Taurianova Via Benedetto Croce, 2

Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori

Associazione Lavoratori Stranieri

Centro Assistenza Agricola

Centro Assistenza Fiscale

Ente Formazione Addestramento Lavoratori

Ente Nazionale Tempo Libero

Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura

Servizio Italiano Assistenza Sociale


31

“LIBRIAMOCI”

Una manifestazione voluta dal Comune di Palmi e dalla Casa della Cultura Leonida Repaci per stimolare la creatività attraverso la lettura

di Deborah Serratore

N

on esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane, diceva Emily Dickinson. La poetessa statunitense, pur non essendosi mai mossa da casa, è riuscita a farsi ricordare per l’eternità costruendo il suo mondo interiore attraverso il magico potere dei libri. In occasione della “Giornata nazionale del libro” (che in realtà ha racchiuso tutta la settimana dal 21 al 26 Ottobre), l’assessorato alla Cultura del Comune di Palmi ha promosso, insieme ai membri della Casa della Cultura “Leonida Repaci” e ai cinque plessi dell’Istituto Comprensivo “PalmiSeminara” l’iniziativa “Libriamoci”, il cui scopo è avvicinare i bambini al libro presentandoglielo non come un polveroso oggetto fatto di parole astruse e difficili, ma come un amico. “Un libro per amico” è appunto la frase-simbolo di Libriamoci, progetto che non consiste nell’effimera esperienza di una settimana, ma vuole essere durevole nel tempo: esso racchiude in sé tutta la voglia di alcune “savie menti” palmesi di voler trasmettere un pezzo del cospicuo bagaglio culturale della propria terra a delle “piccole menti in costruzione”. Si è cercato di far scoprire ai circa 200 (8 classi tra quarte e quinte) bambini coinvolti, che si possono trovare tanti amici non solo sui social, ma anche in biblioteca. Dal 26 al 30 Ottobre gli instancabili “operai” della Cultura palmese della Biblioteca comunale “Domenico Topa” - Rosa Fedele, Renato Lombardo e Sebastiano Oliva-

relli - hanno infatti messo a disposizione dei ragazzi una mostra di libri di narrativa per l’infanzia, soprattutto collezioni di favole, pure quelle della nostra tradizione (proprio in questi giorni la Casa della Cultura si è arricchita dell’edizione rinnovata delle fiabe dialettali di Letterio di Francia). I bambini alla scoperta della biblioteca più importante della Calabria (nonché l’unica della provincia a fornire un servizio inter-bibliotecario) che per l’occasione si è vestita a festa, tappezzata di nuvolette colorate con frasi celebri. Al termine delle visite (due classi al giorno, con alcuni genitori presenti) ai piccoli è stato consegnato un segnalibro colorato con la frase della Dickinson di apertura al nostro articolo. “Libriamoci” è servito allo scopo di far capire ai palmesi del domani l’importanza della lettura: “Leggendo i ragazzi assorbono una cassaforte di vocaboli che sarà loro preziosissima per tutta la vita” - dichiara la caparbia dott.ssa Maria Rosa Garipoli, capoarea assessorato alla cultura del Comune di Palmi - “la lettura favorisce la fantasia e soprattutto la formazione di una propria personalità. Purtroppo i ragazzi sono sempre più coinvolti dal mezzo informatico, il cui uso sbagliato comporta un appiattimento delle menti, non a caso vediamo come i giovanissimi usino quasi tutti nella comunicazione un medesimo linguaggio faxato. La tecnologia può essere un valido ausilio della cultura ma non deve mai sovrastarla”, ammette la Garipoli, che dalla sua esperienza di docente sa bene che questo pro-

getto, derivato da un rapporto di osmosi tra comune e scuole non può funzionare se nelle classi non si adotta un buon metodo di insegnamento: “La classe la fa l’insegnante. Sta a lui coinvolgere ogni singolo alunno”. Valide insegnanti sono sicuramente le due coordinatrici del progetto, la prof.ssa Agresta e Maria Rosa De Leonardis: quest’ultima si dedica con amore ai bambini del plesso di San Leonardo, scuola primaria e dell’infanzia dalla difficile situazione economico-organizzativa. “Abbiamo messo a disposizione libri interattivi, cioè libri morbidi da toccare, letture da colorare, ecc… per i bimbi dai 3 ai 5 anni”, afferma la De Leonardis. “Libriamoci” che va anche oltre i confini del pianeta scuola: “Nella settimana del libro intendevo fornire un supporto culturale ai detenuti, spero infatti di raccogliere più libri possibili, anche dai comuni cittadini, per l’ampliamento della biblioteca della casa circondariale di Palmi”, ha dichiarato il sindaco Giovanni Barone nella conferenza stampa di inizio progetto. “Una buona amministrazione comunale non può occuparsi solo di infrastrutture, ma deve curare anche l’aspetto culturale”, conclude il Sindaco. E dove c’è cultura, c’è il progresso di un intero territorio. Tutto ciò può partire da un libro. Come il gabbiano Jonathan Livingston, che si librava in aria per essere diverso da tutti gli altri gabbiani, anche i ragazzi possono volare in alto trasportati da lettere, pagine frasi, parole. Ogni libro letto può rendere i nostri figli degli adulti migliori. “Libriamoci”!


32

Commissione Nazionale Italiana UNESCO

Costituito il Comitato Regionale Giovani

di Girolamo Agostino

S

elezionati 10 giovani per supportare in Calabria le attività dell’UNESCO nel campo dell’educazione, della scienza, della cultura e della comunicazione, affiancando il Rappresentante Regionale, Andrea Betrò, nel processo di strutturazione ed organizzazione regionale del Comitato giovanile UNESCO nella pianificazione e delle attività del Comitato stesso dirette a promuovere progetti, valori e priorità delle comunità locali, attraverso la partecipazione attiva di giovani e della società civile ad iniziative ed eventi di rilevanza nazionale. Tutti i componenti sono stati selezionati in un range di candidati tra i 20 ed i 35 anni, in possesso di diploma di scuola secondaria superiore e/o universitario, distintisi per merito in ambito scolastico e/o accademico, o professionale, nei campi dell’educazione, della scienza e della cultura, con particolare preferenza per la conoscenza del mandato dell’UNESCO e di pregresse esperienze nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite. Si tratta di un processo integrato di cooperazione internazionale e dialogo tra comunità locali afferenti a questa vastissima organizzazione internazionale ed agenzia specializzata delle Nazioni Unite, istituita nel 1945 con lo scopo di promuovere la pace ed il dialogo tra le Nazioni, attraverso il vettore dell’istruzione, della scienza, della cultura, della comunicazione e dell’informazione, per promuovere “i Fondamentali delle Nazioni Unite”. Il processo di integrazione del Comitato Giovani UNESCO ha interessato tutte le regioni italiane e assume una straordinaria importanza in special modo per quei territori, come la Calabria, dove si registrano tassi inaccettabili

di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile e del fenomeno sociale dei c.d. “NEET” (Not in Education, Employment or Training). Il gruppo selezionato è costituito da giovani dotati di forte motivazione, competenza, preparazione, pronti a offrire il proprio contributo ad un processo propositivo, di cooperazione civile di livello internazionale, fondata sulla cultura, che si faccia interprete di proprietà ed attitudini del territorio e, nel rispetto delle stesse, sappia promuovere momenti di crescita sociale e civile ed interrelazione tra territori, portando alla luce le migliori realtà ed esempi di civiltà emergenti sul territorio per supportare un processo di veicolazione di un’immagine positiva del territorio di provenienza, dando voce a quelle realtà, giovanili e non, orientate al senso civico, al reciproco rispetto, alla legalità e alla giustizia, all’innovazione e alla voglia di fare.

Claudia Ventura, Reggio Calabria. Classe 1981. Dottore in Architettura. Conservatore dei Beni Architettonici e Ambientali e Dottore di Ricerca in Conservazione dei Beni Architettonici, assegnista di ricerca nazionale. Esperta di Progettazione Europea applicata al Patrimonio Culturale, attualmente è ricercatore 7th FP UE - Progetto Rovina. Coordinatore Nazionale Giovani Professionisti ICOMOS Italia, organo consultivo di UNESCO

IL TEAM Questi i giovani che porteranno avanti questo importante processo culturale in Calabria:

Sebastiano Rodà, Palizzi. 31 anni, avvocato del Foro di Locri. Si laurea in Giurisprudenza a Messina e subito dopo consegue un Master di II livello in Politiche di Pace e Cooperazione allo Sviluppo. Nel 2009 partecipa al National Model United Nation presso l’ONU a New York. In passato ha ricoperto cariche pubbliche ed oggi si occupa di contenziosi civili ed amministrativi.

Andrea Betrò, Tropea. Classe 1983. Rappresentante per la Regione Calabria nel Comitato Giovani dell’UNESCO, Dottore Commercialista iscritto all’Ordine di Roma ed al Registro dei Revisori contabili, Presidente dell’Associazione Giovani per la Calabria, dottorando in teoria generale del processo tributario e docente universitario aggiunto.

Carla Filetti, Palmi. Cresciuta professionalmente nel mondo delle ONG giovanili, è esperta in programmazione e gestione di progetti volti alla partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale e politica del Paese. Carla è da anni attivamente impegnata dell’organizzazione della “Varia di Palmi”, patrimonio immateriale dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO nel Dicembre 2013.


33

Francesca Agostino, San Giorgio Morgeto. Classe 1987, in possesso di laurea specialistica in Scienze Politiche, presso l’Università La Sapienza, è laureanda in giurisprudenza. Dal 2012, collabora con i servizi di documentazione e analisi ed uffici legislativi della Camera dei Deputati. Dal 2013 cura per il Comune di San Giorgio Morgeto con il patrocinio UNESCO, la kermesse “San Giorgio. Una rosa, Un libro”. Collabora altresì in ambito didattico con l’Università La Sapienza di Roma e con le riviste eurocomunicazione.com e Polimnia Magazine. Federico Iannello, Vibo Valentia. Classe 1983, laureato in Scienze Economiche presso l’università Bocconi con specializzazione in Economia e Gestione dei Beni Artistici e Culturali presso l’università Cattolica di Milano. Master in Studi Diplomatici presso la SIOI, ha lavorato per l’International Jazz Festival di Vancouver, l’Ambasciata d’Italia ed alcuni progetti europei nel settore turistico-culturale. Vincitore del concorso nazionale “500 giovani per la cultura”, attualmente è tirocinante nell’ambito gestionale presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Giulia De Francesco, Cosenza. Classe 1988, laurea in Architettura con un progetto

di riqualificazione di un insediamento informale brasiliano tramite tecniche di autocostruzione e processi di self-help, esperienza che l’avvicina al mondo della cooperazione internazionale e locale. Attualmente vive a Roma dove collabora con uno studio di architettura, occupandosi di promozione e realizzazione di progetti di rigenerazione urbana Maria Cristina Mirabello, Vibo Valentia. Classe 1985, laureata in Scienze della Politica e delle Relazioni Internazionali presso l’Unical. Da sempre appassionata di diritti umani ha collaborato con Amnesty International in Spagna, quale vincitrice del progetto Erasmus Placement, e Oxfam Italia a Roma nel settore del fundraising. Dopo uno stage presso il Ministero degli Affari Esteri e un’esperienza nel settore dei Fondi Europei presso il Ministero del Lavoro, da qualche anno collabora con la Scuola Nazionale dell’Amministrazione, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Giuseppina Cassalia, Reggio Calabria. Classe 1981. Dottore di ricerca in Conservazione dei beni architettonici ed ambientali, curriculum Valutazione Economica di Piani e Progetti, con tesi sul tema dei Piani di Gestione Unesco e dello sviluppo locale sostenibile applicato al paesaggio culturale dell’Area Gre-

canica (RC). Tra ricerca universitaria e associazionismo, opera nel campo della progettazione europea, della valorizzazione dei Centri Storici Calabresi e del supporto ai processi partecipativi per la promozione del patrimonio identitario. Andrea Filippone, Soverato. Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche, Università di Bologna-Forlì. Lettore di lingua e cultura Italiana a Chicago presso due scuole superiori: Maine South High School e Prospect High School. Aspirante studente alla National Louis University di Chicago per un Master of Arts in Teaching dove ha svolto tirocinio al Consolato Generale d’Italia e ha partecipato al Summit NATO 2012 come responsabile della delegazione Italiana del Governo Monti. Cinzia Fragomeni, Gerace. Architetto jr e conservatore dei beni architettonici ed ambientali. Cultore della materia Estimo presso Università Mediterranea di RC, con particolare riferimento ai mercati immobiliari; sistemi di insediamenti urbani; valutazione per sistemi dei beni culturali e paesaggistici; valutazione economica della sostenibilità architettonica; sistemi generali di informazione per la valutazione e la stima.


34

Dal Pollino all'Aspromonte Parco del Pollino

di Giovanni Garreffa

P

er chi, percorrendo l'autostrada (A3), valica, da Nord, il confine della Calabria, il primo impatto è, senza dubbio, con un paesaggio caretterizzato, sulla sinistra, da un imponente massiccio montuoso, il Pollino, che la nostra regione condivide con la limitrofa Basilicata. Proseguendo il viaggio in direzione sud, catalizza l'attenzione, sempre a sinistra fino all'estrema punta dello stivale, una lunga ed ininterrotta catena, quella stessa che si diparte dall'arco alpino, diversamente articolata e dalle caratteristiche variegate, quasi in corsa per un tuffo nelle acque di Capo dell'Armi, nel periplo reggino, la quale, seguendo, senza soluzione di continuità, la rotta del geologico scalone subacqueo dello Stretto, riaffiora alle spalle della dirimpettaia Messina, prendendo il nome di Monti Peloritani, si snoda fino al centro dell'isola per ivi concludere il suo itinerario all'acrocoro, dopo essersi incontrata con le altre due relativamente piccole dorsali dei Nebrodi e delle Madonie, con cui formano l'ossatura della Sicilia. Il Pollino sembra quasi un gigantesco mo-

Le cascate delle Forgiarelle

nolite compatto, un monumento di madre natura, indubbiamente venuto su anche per via di movimenti epeirogenetici e tellurici di tempi che furono; proprio a motivo di questa sua singolare conformazione, rappresenta un capitolo a parte nell'ambito dello studio del sistema orografico calabrese, che è articolato in tre precise regioni geografiche, di cui la prima comprende l'area cosiddetta bruzia, fino al lametino (Sila grande e piccola), la seconda percorre il territorio catanzarese e vibonese (Serre) ed infine la terza, che accompagna l'intera provincia di Reggio Calabria (Aspromonte). A seguire, in direzione sud, sfida, poi, i cieli, un altro blocco abbastanza esteso, un vasto altopiano, da alcuni secoli denominato Sila, che da una parte declina verso il vasto marchesato crotonese, lambendo il mar Jonio, mentre dall'altra segue la direzione della punta di questa lunga Penisola, fino alla gola di Marcellinara, da cui si diparte una catena di media altitudine, ma anche arricchita da qualche cima avanzata che svetta a notevoli altezze, la quale presenta costanti peculiarità paesaggistiche e boschive fino alla piana di Rosarno, porta a nord della provincia di Reggio Calabria; si tratta delle Serre catanzaresi e vibonesi, che sembrano tenere ben saldo l'asse che collega l'altipiano silano al contrafforte aspromontano, struttura portante che si snoda lungo la naturale direttrice del territorio fino alla punta d'Italia. In fondo, la nostra regione presenta un sistema orografico meravigliosamente progettato da chi l'ha ideato e realizzato, come egregiamente ha scritto l'illustre nostro conterraneo Leonida Repaci. Nei secoli che furono, però, i nomi che hanno contrassegnato le due realtà, diciamo di testa e di coda, di tale sistema non sono stati quelli di oggi; si sa per certo, infatti, che anticamente i greci hanno attribuito il nome Sila all'intera catena che si dipartiva dallo stretto di Messina e s'interrompeva all'istmo di Marcellinara, le cui distanze, allora stimate, corrispondono, quasi con esattezza, a quelle attuali, così come sembrerebbe indiscutibile che tale denominazione, in seguito, abbia coperto anche tutto il territorio bruzio, comprendendo, quindi, al completo, l'ossatura montuosa calabrese. Sull'etimologia, dal latino "silva", non sembra vi siano dubbi; è certo, comunque, che, almeno sin dal primo secolo a.c., i geografi, tra questi Strabone, con detto nome hanno battezzato l'area in questione, nell'ambito della quale veniva prodotta pece della migliore qualità. L'attuale toponimo del blocco garibaldino, parte terminale dell'odierno Appennino calabrese, s'impone, invece, soltanto verso la metà del secondo millennio, ma, in merito, alquanto divergenti sono state e rimangono le posizioni degli studiosi, che non sembrerebbero tanto propesi a far derivare il nome dalla natura selvaggia del sito, quanto da altre ipotetiche caratteristiche, probabilmente sbiadite dal tempo. Il problema rimane, tuttavia, aperto, sempre in attesa di ulteriori apporti, da parte di volenterosi ed appassionati ricercatori, che certamente non mancheranno.


35

INFORMAZIONI E VISITE GUIDATE: Città: Bova Indirizzo: Via Rimembranza CAP: 89033 Telefono: 0965.762013 Cell: 3295629072 Caterina Mesiano Responsabile e guida museo E-mail: museodipaleontologia@libero.it Responsabile Museo Caterina Mesiano

Bova Marina:

Museo di Paleontologia e Scienze Naturali dell’Aspromonte

P

er conoscere i principali momenti della storia evolutiva della Calabria, tappa obbligata è Bova, uno dei Borghi più belli d’Italia, la Chòra dell’Area Grecanica, uno dei “21 Gioielli d’Italia”, porta dello splendido Parco Nazionale dell’Aspromonte e “Bandiera Arancione” del Touring Club Italiano. Allestito nei locali dell’ex pretura, il Museo di Paleontologia e Scienze Naturali dell’Aspromonte, con una superficie complessiva di circa 300 mq, è un interessante punto di riferimento per ricercatori e appassionati del settore perché in grado di offrire abbondante materiale di studio specifico della Calabria. Unico nel Meridione per l’importanza dei reperti che custodisce all’interno delle sale espositive, poiché i ritrovamenti testimoniano importanti momenti della storia evolutiva della Calabria. La collezione comprende un gran numero di esemplari fossili, circa 15.000 concernenti faune e flore calabresi, utili testimonianze paleogeografiche, di clima, di ambiente che abbracciano un gran lasso di tempo da 100.000 a 120 MA fa, in seguito, la collezione è stata arricchita con reperti provenienti da diverse parti del mondo per far capire l’evoluzione della vita durante le diverse ere. Visitare il Museo è come fare una passeggiata nel tempo, percorrendo le diverse ere geologiche e l’evoluzione

M2

di ANGELO MILONE Arredamenti su misura - Mobili Cucine Componibili - Negozi e Vari

C/DA GIAMBATTISTELLO, 4 - TEL. 0966/946333 SAN GIORGIO MORGETO (RC)

La migliore qualità a prezzi contenuti

di Caterina Mesiano

delle specie, e del territorio, in quanto è stata allestita anche una piccola sezione riguardante la geologia con le rocce e minerali che costituiscono l’Aspromonte. Il Museo riaperto soltanto nel Dicembre del 2012, ospita molte scuole alcune delle quali partecipano al laboratorio didattico “Un giorno da paleontologo” che integra il percorso museale per aiutare a comprendere in modo facile i primi fondamenti della paleontologia, dove i piccoli dovranno ritrovare dei fossili, ripulirli, osservarli e poi catalogarli, inoltre accoglie molti gruppi di associazioni e visitatori escursionisti interessati a conoscere il nostro territorio dal punto di vista geologico. Il Museo aprirà anche di domenica per gruppi organizzati, e su prenotazioni, quindi invito tutti a venire e conoscere il passato del nostro territorio, che sorprenderà gli adulti, e divertirà i più piccoli!!! Il Museo è aperto al pubblico dalle ore 8:00 alle 14:00, tutti i giorni da lunedì a venerdì. Su prenotazione apertura anche in orari pomeridiani e nei giorni festivi.


36

Calabria fortificata: impronte di dominazioni passate

Il castello di San Giorgio Morgeto

di Maria Stella Giovinazzo

I

nteresse umano fondamentale, è sempre stato quello della difesa: contro le insidie della natura e contro quelle, ben più pericolose, di altri uomini. Difesa personale, con corazze ed armi, ma anche stabili costruzioni erette a difesa di luoghi abitati, di aggregati umani legati dal comune interesse alla sopravvivenza: recinti, mura, fortificazioni, torri. Tra queste strutture difensive, nel Medioevo ha occupato un posto d’onore, il castello. Ai limiti di un centro urbano o di un borgo, o arroccato in sommità, il castello ha arricchito la sua funzione difensiva per divenire sede sicura per il potere politico, strumento di controllo del territorio, presenza intimidatoria per sudditi e potenziali nemici. Negli ultimi decenni, studi e ricerche sui castelli medievali hanno contribuito all’identificazione tipologica delle strutture

Tra leggenda, feudi e signorie territoriali difensive esistenti in Calabria. Operazione non facile e immediata come si potrebbe immaginare, dal momento che nella maggior parte dei casi sono riscontrabili interventi e successivi rifacimenti delle strutture originarie, riflettenti le esigenze manifestate dai vari dominatori. È singolare in quest’ottica che ad oggi non esista un’opera che abbia esaminato e approfondito gli studi sulla fortificazione di San Giorgio Morgeto; ad essa si accenna brevemente in cataloghi riguardanti gli insediamenti fortificati in Calabria o in volumi che ripercorrono la storia del centro omonimo, ma è del tutto assente un’opera monografica di carattere storico-architettonico che la riguardi. Tale silenzio si giustifica in parte con le difficoltà insite nell’interpretazione delle stesse strutture; ruderi stratificati richiedono letture specializzate ed è indispensabile

e doveroso un lungo lavoro di analisi per ottenere risultati concreti in tale ambito di ricerca. San Giorgio Morgeto presenta ancor’oggi inalterata la tipica struttura urbanistica medioevale, costituita da una fitta trama di vicoli stretti e tortuosi che improvvisamente aprono in piccole piazzette; il tessuto edilizio è tendenzialmente povero con costruzioni di modeste dimensioni e fortemente condizionate dai caratteri orografici del sito. La formazione del borgo ebbe inizio con la tendenza della popolazione a lasciare le coste calabresi, a causa delle incursioni dei saraceni, per andare a stanziarsi nell’entroterra. Il punto nodale e culminante dell’insediamento è ovviamente il castello, posto nella zona più alta del colle a conformare in modo esclusivo, ergendosi solitario, l’immagine paesistica. L’origine e le vicende del castello si incrociano implicitamente con quelle del borgo su cui si erge, per il controllo e per la difesa del quale fu probabilmente edificato. Un accostamento del leggendario Re Morgete al fortilizio di San Giorgio si può ipotizzare in base alle asserzioni e testimonianze di alcuni scrittori di età classica, pur tenendo presente che, mancando fonti storiche ed attestazioni scritte e materiali certe, tale identificazione si ricollega necessariamente ad una tradizione mitico-leggendaria e non può qualificarsi come storia. Tra le varie ipotesi formulate riguardo all’epoca di fondazione, quella che a buon diritto può considerarsi storicamente più attendibile, ne colloca l’edificazione tra il IX e il X sec. d.C. ad opera dei Bizantini, su una preesistente postazione di evidente rilievo strate-


37

gico-militare e di difesa. Coerentemente alla tradizione tramandata, lo storico Marafioti riferisce che l’antico castello Morgeteo era anche sede di un oracolo sorto presso il sepolcro del Re Morgete, il quale era venerato come una divinità e soleva apparire ai soli abitanti di Morgetum. Secondo alcuni studiosi la popolazione di Morgetum si ingrandì grazie allo spopolamento della limitrofa città di Altanum, a seguito della sua distruzione. Durante le incursioni dei Saraceni che distrussero gran parte dei centri della Vallis Salinarum, Morgetum ed il monastero, ivi edificato dai monaci bizantini e dedicato al santo martire Giorgio di Cappadocia, non subirono alcun danno, anzi accolsero parte dei profughi di Taureana. I monaci bizantini, la cui presenza era principalmente volta a convertire al Cristianesimo gli abitanti di Morgetum - i quali erano invece propensi a venerare come divinità il re Morgete - attribuirono tale incolumità alla protezione di San Giorgio e per la miracolosa salvezza ottenuta nel 1075 mutarono il nome del borgo da Morgetum in San Giorgio. La prima menzione del castello di San Giorgio Morgeto su fonti scritte affidabili, si attesta storicamente con l’instaurarsi della dominazione normanna, precisamente nell’anno 1104. Il monaco Pietro Pompilio Rodotà citando un Monastero Basiliano detto dell’Odegitria, cui il conte Ruggero aveva fatto concessioni di feudi e casali con due istrumenti del 1104 e del 1112, menzionava tra gli altri anche il casale di San Giorgio. Solo a partire dalla dominazione sveva e in misura maggiore nel successivo periodo angioino le informazioni sul castello si fanno copiose, il che consente di conoscere nello specifico le mansioni del maniero nell’articolato sistema difensivo della Calabria. Una fonte storica attendibile, contenu-

ta nei Regali Registri Angioini, risale all’anno 1265: San Giorgio è annoverato tra le terre del Giustiziere di Calabria, Carlo I d’Angiò, insieme a Polistena, Melicucco ed altri luoghi vicini. Nel 1283 si accerta il titolo di una provvista, nel quale si nomina San Giorgio che, pur non essendo un feudo di vasta estensione, possedeva un mediocre castello. Uno dei castellani che resse la castellania nel biennio 1282-83 fu un tale Raimondo Carbonello, appartenente alla familiaris militia. Il fatto che costui facesse parte della familiaris militia, ossia all’esercito stipendiario, non esclude che vi potessero installare anche cavalieri nomi militia; tali ad esempio furono alcuni cavalieri francesi (come Nicola de Totavia e Jean Taforet) che si succedettero nella castellania di San Giorgio per la politica seguita dall’Angiò il quale, per garantirsi il controllo effettivo dei territori recentemente conquistati, li compensava per l’aiuto fornitogli nella difficile impresa. Nel 1296 dopo che Federico d’Aragona, in vista della pace stipulata tra suo fratello e Carlo II d’Angiò, fu nominato re di Sicilia, tutte le terre della Calabria passarono sotto il suo dominio. Durante le azioni condotte da Carlo II per la conquista del Giustizierato di Calabria, il castellano di San Giorgio, il quale deteneva anche la giurisdizione dei castelli di Taverna e di Squillace, mosso da avidità, cedeva alla parte angioina il possesso di questi, a patto che gli venisse restituito il denaro che spettava da Federico d’Aragona. Quando Gerace, Cetraro e altre terre vicine furono sottoposti alla circoscrizione angioina, anche il castello di San Giorgio, in virtù di una compravendita del principe Giacomo d’Aragona, passò alla parte angioina. Il primo castellano di cui si possiedono attestazioni certe fu un tale Guerriero di Squil-

lace, il quale era stato precedentemente spogliato dei feudi di Pomito e di Varapodio da Federico II; nel 1251 alla morte dell’imperatore, Innocenzo IV gli restituì il feudo di Varapodio a condizione che lasciasse la castellania di San Giorgio. Dal 1271 al 1281 subentrò nella reggenza il castellano Georgico Lacara, sostituito in seguito dal cavaliere francese Nicola de Totavia, il quale tuttavia detenne la carica per breve tempo, avendo preferito sposare la figlia del defunto Tancredi da Lentini, detentore del casale di Carbonara. Il 1 Settembre del 1282 la castellania venne affidata a Raimondo Carbonello. Alla fine del 1283 la custodia della fortezza venne concessa al giudice fiorentino Aldebrandino de Aquerolo, che rappresentò il primo di una lunga serie di feudatari, tra cui Palamede de Riso, Blasco de Luna, Ricario di Stella ed il fratello Ingennaro di Stella, arcivescovo di Capua. A partite dall’anno 1337 il feudo di San Giorgio passò sotto la dominazione di Arnaldo da Villanova, poi dei Caracciolo, dei Correale e dei Milano nel XVII secolo. Nel 1684 si stabilirono i confini della Baronia di San Giorgio, che si estendeva dalla parte est del fiume Vacale sino al Feudo di Prateria e dalla parte ovest sino a San Fili. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1783 il castello di San Giorgio rimase sotto la reggenza dei Milano fino al 1806, quando sopravvenne la legge Eversiva della Feudalità, che pose fine al potere feudale. Lo guardiamo oggi con ammirazione, arroccato sulla montagna, quando da Occidente il sole lo investe con l’incerta luce del tramonto; laddove tacciono i testi supplisce una memoria collettiva, tramandata di generazione in generazione, che giunge a noi carica di un inesauribile pathos.


38

Maria nei sacri marmi cinquecenteschi della Piana La Madonna del Soccorso in Terranova S. M. a cura di Diego Demaio

3

N

ella navata destra della Chiesa di S. Maria Assunta e di S. Elia in Terranova Sappo Minulio è collocata, dentro una stretta nicchia, l’interessante scultura della Madonna del Soccorso. La diffusione di tale frequente culto sul territorio pianigiano la ritroveremo trattando, nel corso cronologico della nostra rubrica, le omonime Madonne di Scido (del Mazzolo), ancora di Terranova (del Bottone) e di Taurianova (del Bonanno). La significativa iconografia delle stesse inizia da una leggenda siciliana del XV secolo dove una donna, ottenuta dalla Vergine la grazia per il proprio figlio tormentato dal Demonio, avrebbe commissionato una statua offerta come ex voto al convento agostiniano di Palermo. La pregevole opera terranovese in bianco marmo di Carrara, alta cm. 145 (inclusa la base indipendente con il Demonio), risale al 1515 ed è oggi attribuita, secondo alcuni autorevoli studiosi, allo scultore napoletano Cesare Quaranta. La Madonna con il Figlio in braccio ed un impaurito bambino aggrappato alla veste, la sottostante base col mostruoso Demonio assieme ad un’inginocchiata Madre implorante col bimbo che la cinge (ovviamente da ammirare nella non distante collocazione) sarebbero tre pezzi scultorei superstiti di un unico dossale originario della cappella, ordinata (come si evince da una predella con iscrizione custodita nella sagrestia) da Francesco Spatafora. Il piccolo marmo riporta infatti il seguente brano datato - <<HANC CAPPELLAM ET FIGURAM FRANCISCUS DE FRA IOHANI SPATAFORA FIERI FECIT A D MDXV>> La dinamica e bella scultura raffigura Maria, mirabilmente avvolta in un mantello, che brandisce un randello contro il Demonio, mentre Gesù Bambino, sereno e benedicente, tiene nella manina la sfera, che rappresenta il mondo nelle mani di Dio.

La Madonna del Soccorso

(Foto Dr. Diego Demaio - Riproduzione vietata)



CannatĂ Vincenzo

S.r.l.

Ingrosso Carta e Cancelleria Mobili e Complementi per l’Ufficio

Via S.S. 111 Km. 13 89029 Taurianova (RC) Italy Tel. +39 0966 - 611497 Fax +39 0966 - 610301


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.