Corriere della piana - n.14

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Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 14, Ottobre 2013 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999

solo € 1,5 0

Alessia Siclari

Miss Calabria Siria:

Pace Possibile?

Pierluigi Taccone

Agricoltura: Mission Possible

Giusepe Pedà

Al vertice della F.D.C.

Cittanova:

Il museo delle Varette

S. Giorgio Morgeto:

Aspettando Prim'olio


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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663


Corriere della Piana del 25 Ottobre 2013

sommario

Riceviamo e pubblichiamo

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on il ciclo di ritrovi estivi “I Giardini Letterari”, l’Associazione Culturale “Geppo Tedeschi”, ha inteso rinnovare il suo proposito di impulso intellettuale e di divulgazine del messaggio letterario del poeta futurista di Oppido Mamertina, a vent’anni dalla sua scomparsa in Roma. L’occasione culturale della rassegna, che dal 20 agosto all’8 settembre ha rappresentato uno “sciame sismico” per la intorpidita piana del Tauro, ha significato una proposta di ampia veduta critica, di vasta concezione intellettuale e di forte afflato letterario. Gli otto appuntamenti, accolti da un lusinghiero numero di adesione di pubblico, sono stati qualificati dalla partecipazione di una nutrita cerchia di intellettuali autorevoli e influenti della nostra regione, orientati ad inquadrare le figure e le opere degli artisti indicati negli incontri. Con viva riconoscenza intendo rendere grazie, in questa sede, alle associazioni ed agli amici artisti e studiosi che hanno cooperato con noi, attestando la loro spontanea solidarietà artistica, la loro fiducia e l’apprezzamento per la nostra azione. Un senso di profonda gratitudine, per la paterna e propositiva partecipazione, raggiunga S.E. Mons. Francesco Milito, vescovo della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Ma il sentimento non biasimevole di dignità e la giustificata fierezza dell’opera che ci appartiene consiste nella capacità di aver programmato tutti gli eventi della nostra Associazione senza mai richiedere e percepire, fino ad oggi, alcun finanziamento da parte delle istituzioni comunali, provinciali e regionali, ma sorreggendoci soltanto con il nostro modesto contributo e con quello di tanti amici sensibili e generosi all’arte. Alla libreria “Librarsi” di Delianuova, che ha sponsorizzato la stampa di manifesti e locandine, ed alle realtà aderenti alla rassegna (Museo Diocesano di Arte Sacra di Oppido Mamertina; Corriere della Piana; Medmarte onlus e Centro Studi Medmei; Roubiklon; Proloco di Delianuova; Centro Studi Polistenesi; Mythos; Eliopoli) giunga il nostro fervdo ringraziamento. Maria Frisina Pres. Ass. Cult. “Geppo Tedeschi” Oppido Mamertina

Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi

Hanno collaborato a questo numero: Carmen Ieracitano, Girolamo Agostino, Caterina Sorbara, Giovanni Rigoli, Angiolo Pellegrini, Marzia Matalone, Xenos Acronos, Cecè Alampi, Eleonora Palmieri, Caterina Patrizia Morano, Mara Cannatà, Rosa Maria Pirrottina, Teresa Martino, Erik Pesenti Pace, Diego Demaio. Foto: Diego De Maio, Giovanni Musolino Free's Tanaka Press, Ester Sergi Grafica e impaginazione:

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c r e a tdievs ie gn

Mariachiara Monea cell. 392 1128287 smartcreative@virgilio.it Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Visual by Mariachiara Monea Stampa: litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@alice.it - locordova@libero.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) e-mail: corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 22-10-2013 Visit us on

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Editoriale Germania: alle elezioni si riconferma la Merkel Siria: Damasco sulla via della pace La nuova Miss Calabria: Alessia Siclari, taurianovese Seconda festa regionale Slow-Food Calabria Intervista a Pierluigi Taccone

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Mons. Giuseppe Caruso torna alla casa del Padre

Museo delle Varette e festa S. Girolamo

Le feste in onore di S. Rocco nella Piana del Tauro

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70° anniversario della battaglia dello Zillastro

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L'Arma dei Carabinieri Reali dopo il Regno d'Italia

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I "Giardini letterari" approdano a Delianuova

L'anima, il genio e lo scalpello di Stefano Albano

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Pedà prende la littorina Don Pino Puglisi Vent'anni dopo

Dialetto, delicatezza e società nel "Canto di Giovanni, Abate e Poeta"

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Convegno Pastorale Diocesano "Il fuoco della Carità"

I giorni della festa L'Orchestra di Laureana di Borrello a Palermo In memoria di Giovanni Paolo II L'arte del bonsai La collezione Alagna Chip, pillole di informatica

Occhio al mouse! Trading on-line

La malattia mentale ed il cervello

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Un libro di Padre Rocco Spagnolo "Fare della propria vita un capolavoro"

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Perchè ho scritto la biografia di Fortunato Seminara La leggenda dell'Olivarella La decorata cornice della Piana

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Editoriale

Povera Italia! di Luigi Mamone

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l Governo Letta continua nel suo fragile equilibrio politico, costruito da Napolitano nel tentativo di evitare l’irreparabile. Il governo di larghe intese PD, PDL e Scelta Civica, superato lo scoglio della fiducia proseguirà, a vista, ma non si sa per quanto, il suo cammino incalzato da un centro destra ancora apparentemente unito intorno a Berlusconi ma che in realtà è fortemente frastornato e già ha mostrato i segni di un cambiamento epocale nel momento in cui Alfano e le “Colombe” garantivano a Letta i numeri della fiducia e il suo leader storico – dopo la lunga e travagliata fase di confronto intero, alla fine ha dichiarato che il PDL – nella sua interezza – avrebbe confermato fiducia all’Organigramma. Si impongono una serie di valutazioni. UTILITARISMO: Berlusconi avendo compreso che Letta, avrebbe comunque, ottenuto la fiducia grazie ai transfughi del PDL e che, da ciò sarebbe comunque per lui derivata la decadenza da senatore, fa il grande gesto, apparentemente maturato dopo un “lungo interno travaglio”. In realtà davanti all’ineluttabilità del fallimento dell’estremo tentativo di far saltare il piatto – certamente non suo – ma verosimilmente opera dei suoi fedelissimi (cattivi?) storici consiglieri, che unitamente ai gerarchetti cresciuti sotto la sua ala protettrice e che nulla comprendono di politica e della crisi che investe l’Italia, impegnati come sono solo a far passerelle televisive e a mettere da parte quanto più possibile per un “dopo” nel quale qualcuno forse chiederà loro conto e ragione di anni di un regime becero finalizzato ad impoverire gli italiani e a costruire – per loro e solo per loro poteri e ricchezza – ha preferito

tentare di evitare una implosione che comunque ci sarà e rivitalizzerà molte delle sigle oggi assorbite dal PDL. RASSEGNAZIONE: Berlusconi si avvia a larghe falcate al capolinea della sua lunga e controversa parabola di leader politico, capo di governo e satrapo. Da oggi per lui e molti berlusconoidi l’interesse per il futuro dell’Italia, delle ormai milioni di famiglie oltre la soglia della povertà, dei loro bisogni, della necessità di creare lavoro per ridare ai giovani fiducia nel futuro e per combattere la criminalità diventerà un fatto secondario. Questo comunque non legittima nessuno su altri fronti a cantare vittoria. Lo sfascio dell’Italia è una responsabilità condivisa fra centro destra e centro sinistra. IL PD e i Grillini stanno continuando a dimostrare solo l’interesse a voler gestire potere e non a riformare l’Italia. RAGION DI STATO: Il dramma è che grazie anche all’ottusa intransigenza di coloro i quali non sanno dire altro che “Dura lex sed Lex!” (“Legge spietata ma legge”, a beneficio di quei tanti – seguaci e vittime del nulla e della Gelmini – purtroppo sempre più numerosi che ignorano il latino) in questo momento – e chi scrive non è mai stato tenero con Berlusconi – non si è inteso privilegiare la ragion di stato, evitando di infierire sul satrapo caduto in disgrazia al punto da apparire non solo peggiori di lui ma anche cinici e spietati al punto da invocare l’applicazione della legge solo per liberarsi di un avversario politicamente fortissimo. Berlusconi, imprenditore multieuromiliardario, anni 78, ove volesse anche dall’esterno, avrebbe le capacità di condizionare politiche e governi. L’amnistia – di cui egli pure avrebbe beneficiato – avrebbe con l’uscita dal carcere di molti sventurati reso meno amaro il dorato privilegio di cui il potente avrebbe goduto consentendo una maggiore fase di consolidamento e rilancio dello scenario italiano dando risposte all’Europa e alla

Merkel che attende sorniona il naufragio della politica italiana. INCIUCIO: Il comportamento di Grillo e del Movimento 5 Stelle in questo frangente ha fatto sorgere parecchie perplessità sulla buona fede di Grillo, sull’equilibrio psichiatrico di alcuni di loro e psicologico di molti altri. In ogni caso ha fatto balenare sospetti atroci e in particolare. “Grillo è l’alleato segreto di Berlusconi?” L’interrogativo non è peregrino. Anzi. Se così non fosse, avrebbe dovuto, l’intero branco a cinque stelle, garantire la fiducia a Letta imponendo però l’inizio di quel percorso di riforme che – solo a parole – dicono di voler attuare. Se invece anche il M5S – che non parla mai di abolire il porcellum – ha pensato di ritornare alle urne per rimescolare le carte è evidente che Grillo sia solo uno sfascista, politicamente ottuso e assetato solo di gestir potere. BASSO PROFILO: Continua la strategia del basso profilo della Lega Nord, impegnata a far cadere l’oblio su Renzo Bossi e sulla sua congrega di scialacquatori di soldi pubblici. Per un fatto di par condicio vi sono giudici iperattivi tanto quanto lo sono stati con Berlusconi che vogliano giudicare e condannare le malefatta del giovane virgulto della politica lumbard? Ripeto il concetto del precedente editoriale: Berlusconi – scaltro maneggione ed evasore fiscale ma creatore di 30.000 posti di lavoro. Bossi jr no! DESAPARECIDOS: I parlamentari calabresi. In blocco.

«I Parlamentari calabresi... no comment!»


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Germania: alle elezioni

si riconferma la Merkel

di Filomena Scarpati

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uattro buoni anni di politica sono stati promessi dalla Merkel alla Germania, dopo il risultato delle elezioni di Domenica 22 Settembre che hanno riportato per il CDU consensi pari al 41,50% dei votanti. Una vittoria per Angela Merkel leader del partito, che ha sfiorato quasi la maggioranza assoluta del Bundestag, la differenza è infatti di soli 5 seggi e ne sono stati riportati 311 rispetto alla maggioranza che corrisponde a 316. Il plebiscito storico ha fatto esultare i militanti nella sede della CDU di Berlino, la Cancelliera resta infatti l’unica leader in Europa ad essere rieletta per la terza volta e a sopravvivere politicamente alla crisi dell’euro e dell’economia ancora in atto. Mentre in Spagna, Francia, Gran Bretagna e Italia gli elettori hanno preferito il cambio di guardia, i tedeschi hanno dato per la terza volta fiducia ad una “Lady di ferro” che ha saputo dotare il suo Paese delle garanzie necessarie per la stabilità, in un periodo in cui l’economia mondiale stava vacillando. Sono invece rimasti fuori dal Parlamento tedesco gli alleati liberali Fdp che non sono riusciti a superare lo sbarramento del 5% rimanendo al 4,8%, come da risultato ufficiale delle elezioni. Si avvierà quindi un governo di larghe intese che si ripercuoterà positivamente su tutta l’Europa. Non potranno certo mancare come interlocutori i socialdemocratici della SPD, che si è collocata al secondo posto in Germania come partito politico, riportando voti pari al 25,7%. Non vi sono invece entusiasmi per gli altri due partiti che pur entrando a far parte del Bundestag, hanno riportato voti intorno all’8%. Della sinistra radicale si può dire che ha mantenuto il suo elettorato ottenendo stabilità di voti nelle regioni orientali della Germania, mentre qualche delusione è a carico dei Verdi. Più che ad un risultato di partito, la Germania, vede nella vittoria della Merkel un fatto personale. Certo le sue scelte di politica economica hanno messo in ginocchio gli altri paesi dell’Unione Europea, per la capacità di dettare legge ovunque, anche se non bisogna dimenticare che la Germania è la prima potenza industriale d’Europa. Non avere altri Paesi leader con la sua tempra crea qualche disagio. Tra i primi a porgere le congratulazioni alla Merkel, sono stati il Presidente francese Francois Hollande, il quale ha subito provveduto ad invitare la Cancelliera all’Eliseo per uno scambio d’idee sul futuro, il presi-

Nelle foto: il Cancelliere di Germania Angela Merkel.

dente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy che si è augurato che il Governo della Germania possa continuare a mantenere il suo impegno contributo alla costruzione di una pacifica e prospera Europa al servizio di tutti i cittadini. Enrico Letta, nostro Presidente del Consiglio ha invece commentato che il risultato riportato è un buon segnale per l’UE. E’ certo che un governo aperto a larghe intese lascia sperare maggiormente nella stabilità che è il toccasana per risanare le problematiche politiche, economiche e sociali che oggi si ritrovano ad essere affrontate non solo in Europa, ma nella maggior parte dei continenti, escluse quelle poche nazioni dove l’economia si sta profilando sotto altra ottica.

«Angela Uber Alles»


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di Filomena Scarpati

Caso Siria: Damasco

sulla via della pace

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n barlume di speranza si è aperto alle prime affermazioni del Presidente iraniano Hassan Rohani, secondo il quale “non dobbiamo spegnere la guerra con altra guerra, ma con la politica e il dialogo”, seguite poi da un monito ai paesi occidentali a scongiurare una nuova guerra per evitare di pentirsene. Un capo di stato può avere l’obbligo morale di non mostrarsi debole per mantenere gli equilibri di una nazione, ma può continuare a percorrere strade diverse dalla vera pace per paura di mostrare debolezze che tali non sono, inoltre, non aiuta ad uscire da uno stato di tensione che dura da circa due mesi, oltre che non placare i bollori di coloro i quali sono sempre pronti ad attaccare al fine di garantire la sicurezza con l’uso della forza! Sembrerebbe un razzolare male mentre si predica bene; d’altra parte, l’attenzione maggiore in momenti come questi, va rivolta oltre che alle azioni, al modo di esprimersi, che è spesso causa di danni irreparabili, se non si fa buon uso della tolleranza. Se non esiste nelle coscienze dei capi di Stato interessati una vera convinzione alla necessità della pace, qualsiasi ipotesi di risoluzione diplomatica potrebbe essere vanificata, anche quando tutto sembra appianato. La Siria, come altri paesi del Medio Oriente, è già afflitta da continui scontri interni che generano uno stato di guerriglia senza tregua, pertanto non sarebbe stato opportuno aggiungere altri effetti negativi scaturenti dall’ormai scongiurato, attacco militare. Conformarsi alle direttive del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, rinunciando alle armi proibite e consentire agli ispettori preposti ai controlli, di fare liberamente

A destra il Presidente dell'Iran Hassan Rohani.

il proprio lavoro è quindi divenuta una necessità impellente. Putin sembrerebbe sostituirsi in questo momento all’ago della bilancia che in posizione d’equilibrio segna sempre il centro. Bisogna ammettere che si sarebbe giocato la sua credibilità nel caso in cui l’adesione al trattato contro le armi chimiche, che in questi giorni sta prendendo corpo, assieme a quella del presidente Siriano Assad, se venisse solo utilizzata come mossa strategica per posticipare eventuali interventi militari. Ciò era quanto si poteva pensare, fino a quando non si è appreso che il Consiglio di Sicurezza Onu ha approvato, all’unanimità, la risoluzione per lo smantellamento dell’arsenale chimico della Siria che ha trovato d’accordo lo stesso Assad a patto che le spese di smantellamento siano a carico dell’Onu. Secondo le affermazioni di Barack Obama, la volontà di risolvere la questione dell’atomica così rapidamente, è stata una grande vittoria per la comunità internazionale. La bozza del documento firmato tra la notte di Venerdì 27 e Sabato 28 Settembre dai cinque Paesi membri permanenti, è frutto di un capillare lavoro svolto in questi ultimi giorni, dalla quale risulta che non viene attribuita a nessuna delle parti la responsabilità dell’attacco ad Al Ghouta, periferia di Damasco, avvenuto lo scorso 21 Agosto, pur rimanendo chiara la posizione degli Stati membri: «Chi ha usato le armi chimiche deve finire davanti alla giustizia». Passerà anche alla storia la telefonata intercorsa tra Obama, presidente degli Stati Uniti, e il presidente dell’Iran, Hassan Rohani, sul dossier nucleare, cosa che non accadeva dalla rivoluzione islamica del 1979. E’ chiara quindi la volontà di risolvere entro tempi brevi, la questione pacificamente, considerata anche la premura al dialogo che questa volta proviene da Rohani, colui il quale, dopo le prime affermazioni equivoche, sembra essersi ammorbidito. Dell’incontro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che si terrà in Svizzera e annunciato da Obama, per fine Ottobre si lavorerà per la Conferenza di Pace prevista per metà Novembre a Ginevra.


La taurianovese Alessia Siclari finalista a Miss Italia

Traguardo possibile per la nuova Miss Calabria di Carmen Ieracitano

Nella foto: La vittoria di Alessia Siclari.

damente di non uscire molto, di essere un po’ timida. Mi ricorda molto alcune attrici, riservate per natura nella vita ma capaci poi di sdoppiarsi sul set. “E’ proprio quello che accade anche ad Alessia” mi racconta sorridendo la sua gentile e altrettanto bella mamma. Riservata dunque sì, ma decisa e consapevole nelle risposte e nelle cose che contano, dal lavoro agli affetti. Cosa pensi di trovare nell’esperienza che ti attende a Jesolo? “Tanta bella concorrenza indubbiamente, – risponde con un sorriso – e tanti impegni quotidiani, con sveglia dal primo mattino, prima di giungere alla finale. Una cosa a cui tengo molto – aggiunge, spontaneamente – è ringraziare l’agenzia Promo-Italia e Dante Zardi, senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile. Ho partecipato perché lo sognavo fin da piccola, lavoro nell’ambiente della moda e della fotografia da quando avevo quattordici anni e ho atteso i diciotto per farlo. Non mi aspettavo di vincere il titolo regionale, ho solo pensato che partecipare magari mi avrebbe consentito di farmi notare nell’ambiente, ma so che questo mi da il vantaggio di non dover affrontare le pre-finali e accedere direttamente alla fase conclusiva del concorso, quindi il mio desiderio, in un certo senso, è già stato esaudito”. Il discorso fila e ci guardiamo con una certa complicità. Tutte e due sappiamo e pensiamo, credo, la stessa cosa. E cioè che molto spesso a fare la migliore carriera non sono state quelle che hanno vinto. A questo punto infilo la domanda a cui tengo anche personalmente, da spettatrice affezionata che si sente defraudata. Cosa pensi della decisione Rai di rinunciare alla trasmissione della finale in diretta? “Ammetto di aver pensato con rammarico che capitava proprio nella mia edizione. Penso che ci siano molti modi in cui le donne vengono sfruttate, situazioni terribili in cui vivono molte donne e vorrei invitare la Presidente Boldrini a prestare a questi casi la massima attenzione che essi meritano piuttosto che alle polemiche su un mondo dell’immagine in cui ragazze che si ritengono fortunate, proprio come me, posso assicurarlo, scelgono liberamente di entrare e altrettanto possono fare se decidono di uscirne”. Chiara e decisa, condivido il pensiero, facendo la guerra a Miss Italia si stanno combattendo i sogni degli italiani, mentre i loro incubi restano a perseguitarli. Ok, cambiando argomento, si è parlato molto di te e del tuo fidanzato “vip” (n.d.r. Andrea Tacconi, figlio di Stefano, ex portiere Juventino), in un certo senso questo ti fa già protagonista di un primo gossip, come ti senti? “Innanzitutto io e Andrea ci vogliamo bene e per me conta questo. E’ normale poi che si parli di lui, lo comprendo, e ne sono felice in fondo, perché lui mi è stato molto vicino in tutto, ha condiviso con me ogni singola ansia ed emozione di questo percorso ed è stato per me un sostegno prezioso”. In un attimo di pausa Alessia chiede alla madre cosa c’è per cena e alla risposta “ho fatto gli arancini”, si illumina. A quanto pare ti piace anche mangiare, vuoi svelare almeno qualcuno dei tuoi segreti per rimanere così in forma? (Si mette a ridere) “So che non mi si crede facilmente ma non faccio molto. Niente sport e in palestra ci sono andata pochissimo, tra la scuola, i set fotografici, le sfilate, il poco tempo che rimane lo dedico agli affetti. Mangio normalmente, solo magari tendo a limitare i dolci. Tutto qui”. Progetti per il futuro? “Quest’anno mi attende la maturità classica (al liceo Vincenzo Gerace di Cittanova), poi vorrei iscrivermi a Giurisprudenza e diventare avvocato”. La guardo e penso che sia troppo bella e solare per perdersi nel grigiore dei Tribunali. E sinceramente le auguro molto di meglio. Alessia Siclari, Miss Calabria.

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aurianova può anche dimenticarsi, almeno per un attimo, delle sue penose vicessitudini amministrative e ritrovare un motivo d’orgoglio nell’aver dato i natali alla nuova Miss Calabria, finalista di diritto alla settantaquattresima edizione di Miss Italia. E’ infatti Alessia Siclari, diciotto anni, mora dai sensuali lineamenti mediterranei, cinquanta chili splendidamente distribuiti su un metro e settantacinque di altezza, ad aver sbaragliato la concorrenza proveniente da tutta la regione e conquistato, al teatro Rendano di Cosenza, l’ambita fascia che la dà il diritto d’accesso diretto alla finalissima di Jesolo, che si terrà il prossimo 27 ottobre. L’ho incontrata un pomeriggio, senza sapere che cosa aspettarmi, preparandomi ad attendere due ore per gli infiniti ritocchi al trucco di una modella sempre insoddisfatta del risultato. E’arrivata entro un quarto d’ora dalla chiamata dell’editore, accompagnata dalla mamma Daniela Gallo e dalla zia, in leggins e camicia di jeans, trucco leggero in armonia con i suoi colori naturali, sorriso fresco. Bella da mozzare il fiato, anche senza perderci tempo, indubbiamente consapevole ma nient’affatto altezzosa. Mi piace subito, proprio per quella naturalezza con la quale si porta addosso la sua non comune bellezza e con la quale affronta tutto quello a cui questa l’ha portata. Mi stupisco di non averla mia incontrata prima, è certamente una ragazza che avrei ricordato. E lei ammette candi-

Dopo le vittorie di Maria Perrusi e Stefania Bivone grandi speranze di portare a Taurianova corona e fascia


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di Girolamo Agostino

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alle alture di San Giorgio Morgeto, guardando verso il mare, la vista spazia sopra un esteso territorio fino alla costa tirrenica, segnata in parte dalle case di alcuni centri abitati e in parte dall’area semideserta e degradata della zona industriale dell’imponente porto. Lo spazio fisico si prospetta delimitato a destra, dall’altopiano del Monte Poro e termina con il promontorio di Capo Vaticano, apparendo in un addensamento di grandi, medi e piccoli paesi sparsi fra vallate, poche strade, pericolosi torrenti e coltivazioni di piante di olivo e di agrumi; a sinistra invece, ai piedi degli altipiani dell’Aspromonte che terminano con il promontorio di Sant’Elia, si estende una vasta superficie pianeggiante con grossi e medi centri abitati, è la Piana di Gioia Tauro, colorata dal verde omogeneo di secolari piante d’olivo, le quali nel tempo hanno tracciato la storia dell’economia della nostra gente. In quest’area, nella zona rurale del Comune di San Giorgio Morgeto opera una grande azienda agricola di origini antiche ma altamente specializzata e all’avanguardia nelle tecniche di coltivazione, di raccolta e di trasformazione del prodotto per la produzione dell’olio extra vergine d’oliva: la “Olearia San Giorgio dei f.lli Fazzari”, sede didattica dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. È in questa sede che la sera del 6 settembre 2013, si è tenuta l’importante tavola rotonda aspettando primolio: “approfondimento tematico sulla peculiarità degli oli extra vergini

San Giorgio Morgeto Aspettando Primolio

Seconda festa regionale Slow-Food Calabria d’oliva calabresi, partendo dal manifesto Slow-Food in difesa dell’olivicoltura”. (Slow-Food è un’Organizzazione Onlus fondata a Bra nel 1986 da Carlo Petrini, mirante all’educazione alimentare e del cibo e alla tutela del territorio). Durante il convegno autorevoli dotti, nel proporre il turismo gastronomico quale fattore di sviluppo, hanno sostenuto l’importanza di valorizzare l’olio d’oliva calabrese per le sue pregiate qualità, date dalla biodiversità della specie e dalle caratteristiche organolettiche, cioè le proprietà delle sostanze percepibili ai nostri sensi (gusto, olfatto), mettendo in rilievo i composti fenolici (sono i grassi vegetali antiossidanti contenuti naturalmente negli olii d’oliva), per l’effetto benefico che esercitano su alcune diffuse patologie come l’ipertensione, l’arteriosclerosi e la prevenzione di alcuni tipi di tumore. Sottolineamo che, nonostante l’olio d’oliva calabrese contenga un’elevata ed importantissima quantità di composti fenolici (circa 300 mg/Kg) data dalla diversa varietà e principalmente dal completo processo di maturazione del frutto, solo una piccola quantità viene imbottigliata ed immessa sul mercato, mentre grandi quantità finiscono nel commercio all’ingrosso in preda a molti speculatori. Grande attenzione è posta poi sulla tracciabilità del prodotto invitando a vigilare sulla sleale concorrenza e sulla contraffazione, diffidando dai bassi costi della merce affinché l’oro giallo di Calabria non venga discreditato. A conclusione del dibattito, il proseguimento della serata

si è spostato nel centro storico del paese, nella Piazza dei Morgeti e lungo la via principale dove numerose persone affluirono per visitare gli stand allestiti con una ricca esposizione gastronomica di prodotti e sapori mediterranei. La riuscita della


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Foto in alto: momenti della festa regionale Slow-Food nel centro di S. Giorgio Morgeto.

manifestazione ha dimostrato la grande importanza che ricopre il settore agricolo in Calabria, suscitando in molte persone l’attenta riflessione che sottovalutare le potenzialità produttive della nostra terra è un danno irreversibile all’economia e all’occupazione, per cui, non a caso nel governo Monti il ministro Elsa Fornero sosteneva che l’agricoltura poteva essere una grande fonte occu-

pazionale. Oggi la Calabria sta pagando un prezzo molto caro in termini di ritardi, di produzione e di competitività di mercato, con forte penalizzazione del tenore di vita delle famiglie e grande danno per le aziende a causa dell’irresponsabile abbandono politico che dagli anni passati a tutt’oggi si mantiene costante ed immutato. Gli aiuti comunitari previste dai regolamenti CEE e da Agenda 2000 non hanno trovato spazio per una giusta applicazione nella nostra regione, così gran parte dei fondi messi a disposizione dalla CEE sono rimasti inutilizzati e stornati ad altri paesi della comunità per la totale mancanza di informazioni agli utenti ed a causa della non corretta interpretazione delle norme che prevedevano adeguati progetti e piani di miglioramenti materiali. Tutto ciò è accaduto nonostante negli anni scorsi molti funzionari preposti furono inviati in sede comunitaria per seguire degli stage formativi. Nell’attuale contesto di degrado politico, economico e sociale che stanno attraversando le popolazioni calabresi, non è utile e non aiuta a migliorare le cose l’informazione negativa che tende a fare di tutte le erbe un fascio, mettendo in cattiva luce anche la brillante preparazione di molti giovani che affrontando gli studi con sacrificio e conseguendo eccellenti risultati. La gente di Calabria vuole cambiare e può farcela ma deve fare una scelta obbligata, abbandonare i vecchi sistemi di lavoro, di produzione e di commercio, adeguandosi alle normative europee, operando nella salvaguardia dell’ambiente, nel rispetto della persona e della legalità. A questo proposito è opportuno che tutti gli operatori della cooperazione, tutte le organizzazioni che intendono lavorare per il bene comune e la crescita civile, prendano atto della difficile realtà raccogliendo e portando in alto il disperato grido di aiuto che si leva dalla gente bisognosa di soddisfare le esigenze primarie, affinché le istituzioni intervengano con adeguati mezzi risolutivi e non restino inerti nel fronteggiare una situazione sociale di così grande bisogno.

Convegno presso l'olearia dei f.lli Fazzari.

Pianta millenaria d'ulivo in contrada "Malizia" di Cittanova.

«l'olio calabrese, ricchezza da promuovere»


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A Cannavà nel cuore dalla Piana del Tauro L’azienda Acton volano di una nuova agricoltura

Intervista a Pierluigi Taccone di Caterina Sorbara

lunga intervista. Cannavà, a sei chilometri da Rizziconi e altrettanti da Gioia o Taurianova è un bellissimo borgo l Marchese Pierluigi Taccone, nel quale si respidiscendente dalla nobile fami- ra un’atmosfera glia dei Marchesi Taccone di senza tempo. Il Sitizano è il marito della prin- centro di Cannavà cipessa Eleonora Acton, diretta discen- – spiega Taccone dente dell’Ammiraglio Acton, che godet- – è costituito da te dell’amicizia della Regina Carolina la uno degli ultimi agricoli cui famiglia era di Cannavà, dove ancora sistemi sorge una residenza gentilizia, fu volano multifunzionali leimprenditoriale grazie al quale nei primi gati alla feudalità, anni dello scorso secolo, si sviluppò una difatti a fine '700 organizzata e alacre comunità di contadini inizi '800 il borgo e artigiani che grazie alla famiglia Acton di Cannavà, con trovarono lavoro e conobbero il benessere. i suoi alloggi per Cannavà resta ancor oggi, per molti aspetti l’ospitalità degli il centro della attività agricola dell’azien- operai, possedeva Nella foto: il Marchese Pierluigi Taccone. da che oggi grazie a Pierluigi Taccone, è ambienti che assoll’esempio di come possa e debba pensarsi vevano tutte le funzioni sociali, oggi competenza dello Stato. Vi era una medicheria, un all’imprendioria agricola. Dopo gli studi asilo nido, uno spaccio alimentare, un barbiere e tutto questo si è protratto fino agli anni di Economia e Commercio, ed una im- 50 del secolo scorso. Oggi manifesta ulteriori possibilità come location agritursistica e portante esperienza come consulente della sarebbe intenzione dell’azienda operare in questo senso, compatibilmente con le risorse Fao, Taccone ha dedicato la sua vita all’a- che l’attività agricola ci consente. Ma è necessario andare per gradi e a piccoli passi. gricoltura, gestendo le aziende familiari. Mi occupo di varie aziende agricole – spiega – dislocate nella provincia di Catanzaro e Reggio Calabria. In particolare questa di Cannavà, che deriva dai beni feudali della famiglia Grimaldi, principi di Gerace e che dopo vari passaggi “jure hereditatis” succedutisi nei secoli è pervenuta agli Acton, nei primi del '900. Negli anni '70, dopo la morte di mio suocero, Ferdinando Acton, ho iniziato ad occuparmene, trasformando successivamente l’olivicoltura e l’agrumicoltura tradizionali, già presenti nell’azienda, in frutticoltura. In particolare pesco e ulivo di tipo innovativo totalmente meccanizzabile e, contestualmente alla meccanizzazione dell’olivicoltura esistente, nei limiti delle possibilità che questa varietà permette. Ma quali sono oggi le produzioni per le quali l’azienda Taccone è rinomata? Produciamo pesche, kiwi, olive e agrumi. Le produzioni sono legate alla necessaria qualità che il mercato richiede. Riguardo le olive, siamo stati i primi nella Piana ha utilizzare gli scuotitori meccanici per la raccolta delle ulive, ottenendo il primo extravergine. E’ difficile fare l’imprenditore nella Piana di Gioia Tauro? Quali sono le difficoltà? E’ difficile perché ti trovi tra l’incudine e il martello. Da un lato c’è quella poca parte “malata” che riesce ad inquinare l’ambiente, dall’altra la convinzione delle istituzioni che quanto si riceve di aiuti dalla Comunità Europea sia sufficiente a far vivere dignitosamente gli agricoltori. Se questo può andar bene per pochi, per la gran parte non è così. Soffriamo quindi Nella foto: un impianto di kiwi dell'azienda Taccone. di questa disattenzione costante, che trova danaro per qualsiasi velleitaria impresa e lesina sovvenzioni a chi È un fine intellettuale, adora la lettura, la opera nell’unica attività che questa nostra terra può offrire con successo. Non pensa che in Italia vi sia bisogno di occasioni e luoghi specialistici che conmusica classica e la terra in cui – dice – tutti noi viviamo. Ed infatti – in passato – sentano di poter promuovere la cultura e la degustazione dell’olio d’oliva? L’olio puro è quello che nasce quando le olive vengono raccolte direttamente dalla da esterno – ha anche accettato un incarico politico nel comune di Rizziconi come As- pianta: quando le olive vengono giù da sole l’olio che nasce non è extravergine. Sarebbe sessore all’Agricoltura. In esclusiva, per importante che la gente apprezzasse l’olio di ottima qualità. Una diffusione e un’educail Corriere della Piana ci ha concesso una zione a questo prodotto sarebbero davvero indispensabili.

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Come creare maggiore occupazione nel settore agricolo? Considerando che un posto in agricoltura costa dai 50 ai 100 mila euro e nell’industria più di un milione, se le Istituzioni fossero state più attente alle necessità del settore primario, in Calabria non esisterebbe la disoccupazione. Guardi se avessi dei finanziamenti per nuovi investimenti sostitutivi della vecchia e obsoleta olivicoltura, sarei in grado di offrire un posto di lavoro per ogni 100 mila euro impiegati. In un momento di crisi come il nostro, si può ancora puntare sull’agricoltura per venirne fuori? Va da sé che il settore agricolo è sottovalutato, quando con risorse limitate, potrebbe dar lavoro e garantire un migliore impatto ambientale di quanto non lo faccia un qualsiasi manufatto industriale e si sposerebbe perfettamente con le risorse naturali e di conseguenza con il turismo. Allora quali sono secondo lei le priorità che le politiche agricole devono risolvere?

«Taccone ha fatto

dell'agricoltura un campo di impegno per la sperimentazione di nuovi modi di gestione aziendale»

Nella foto: l'antico palazzo Acton a Cannavà.

Le politiche agricole dovrebbero, in primis, avere una visione d’insieme e di lungo periodo per programmare futuri scenari che non vedano intaccare lo sviluppo equilibrato del territorio. Ricordiamo che tra territorio agricolo e ambiente esiste una sostanziale differenza. Il territorio agrario esiste solo se è capace di dare reddito altrimenti deperirà, malgrado gli sforzi ambientali necessari per farlo sopravvivere. Ha mai pensato, oltre all’olio d’oliva, di produrre anche dei saponi e delle creme di bellezza. Una specie di antica erboristeria calabrese da vendere in tutto il mondo? Si ci stiamo pensando, insieme all’attività primaria dell’imbottigliamento dell’olio è in programma anche una linea di cosmetici. Quale futuro immagina per la Calabria e la sua economia? Risolto l’errore storico di aver pensato ad una Calabria industriale che ancora “si lecca” le ferite di un’industrializzazione beffa, non c’è dubbio che il futuro della Calabria è quello legato all’agricoltura. SAREBBE BENE CHE I POLITICI LO CAPISSERO UNA VOLTA PER TUTTI.

Pedà prende la littorina

di Luigi Cordova

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eritato riconoscimento per Giuseppe Pedà. Il dirigente e giornalista gioiese, già facente parte del Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie della Calabria, recentemen-

Giuseppe Peda - PDL.

te è stato nominato Presidente della azienda che in Calabria rappresenta ancora un punto di riferimento per il traffico passeggeri e la movimentazione delle merci su tratte interne e montane. La crisi economica, finanziaria e – crediamo – soprattutto di idee, ha portato negli ultimi anni alla chiusura delle Taurensi e a una conclamata crisi di competitività delle FDC i cui vertici hanno aperto un tavolo di confronto serrato fra la Regione Calabria e il personale delle FDC che nonostante i tanti, troppi, ritardi nella corresponsione degli stipendi che caratterizza l’attuale fase della vicenda è fermamente convinto della potenzialità della azienda e delle sua possibilità di salvataggio e di rilancio. Grandi sono pertanto le attese che si legano alla nomina di Pedà: giovane, capace, entusiasta e lungimirante. Il ruolo manageriale al quale Giuseppe Pedà è stato chiamato è visto come la risposta concreta alle ansie di cambiamento e di rilancio dell’azienda, che sarà chiamata nei prossimi anni a sfide importanti: rinnovarsi, morire, o forse, come l’araba fenice risorgere dalle ceneri di una quarantennale gestione priva di grandi spunti di innovazione, incapace di conquistarsi spazi operativi nuovi nella logistica ferrata e nell’evoluzione più moderna del trasporto integrato urbano passeggeri. Le FDC – che oltre al ferrato – hanno una potente flotta di pullman, hanno grandi potenzialità per rilanciarsi. Di questo Pedà né è sempre stato convinto assertore e proprio con questo obiettivo si è messo da subito all’opera.

«Meritato incarico

al manager gioiese»


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L’eroismo di Don Pino Puglisi resta esempio di grande attualità

Vent’anni dopo

Il Parroco ucciso dai mafiosi palermitani

di Giovanni Rigoli

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ono passati vent’anni dalla sua uccisione. Ma il ricordo di Don Pino Puglisi è fortissimo e alta risuona la sua voce: “È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell'uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”. Prete di frontiera, Don Puglisi, cercò di combattere la mafia predicando valori di fratellanza, pace, amore e rispetto del prossimo. Don Giuseppe Puglisi è nato a Palermo il 15 settembre 1937. È un “prete di frontiera” Don Pino, di quelli che, nati in un quartiere difficile, trovano nel Vangelo e nell’aiuto al prossimo la loro missione di vita. Dopo una intensa attività spirituale di assistente (collaborò fra le altre, con

l’Azione Cattolica), parroco ed insegnante, divenne, nel settembre del 1990, parroco della Parrocchia S. Gaetano di Brancaccio. Realizzò il sogno di una vita: essere parroco nel quartiere dove era nato. Brancaccio è una delle roccaforti della malavita palermitana, fucina di manovalanza in cui arretratezza socio culturale e sfiducia nello Stato regnano sovrane (come in tutti i quartieri di mafia, ndr). Don Pino, che ama la vita, ama Palermo e il quartiere in cui è nato e cresciuto, intuisce che bisogna fare qualcosa per salvare i giovani, alcune volte bambini, altre adolescenti che, come nel caso delle ragazze, rischiano di finire nel giro della prostituzione e mentre i ragazzi, di essere assoldati per azioni criminali più disparate. Fonda la sua attività di parroco sul predicare i valori di legalità e giustizia, di rispetto delle regole, e fonda un oratorio in cui i ragazzi di Brancaccio possano trovare una alternativa alla vita di strada. Nell’oratorio ci si confronta, si gioca, si impara a socializzare ed accettare e rispettare le regole. Don Pino Puglisi nelle omelie va giù duro con i mafiosi, nella vita quotidiana toglie la manovalanza alle cosche con l’impegno in parrocchia. È un palermitano doc, così come il giudice Falcone conosce il linguaggio non scritto di Palermo, sa come porsi e come confrontarsi con tutti, ed essere capito. Don Pino diviene sempre più pericoloso socialmente e quindi inviso ai clan. Verrà ucciso il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, guardando negli occhi il suo assassino sorridendo e dicendogli “me lo aspettavo”. A Don Pino Puglisi è dedicato, tra gli altri, un film intitolato “Alla luce del sole” (regia di Roberto Faenza, 2005). La voce di Don Pino Puglisi non si è spenta come forse i suoi assassini speravano, la comunità delle suore di Don Puglisi è presente a Palermo in Sicilia e anche in Calabria, al bosco di Bovalino, nel cuore della ancor oggi riottosa Calabria jonica. Nel 2006 su input della Associzione Bisantium di Taurianova fu organizzato il Derby della Vita: partita di calcio fra i sindaci della Locride e la Nazionale Attori per ricordare Don Puglisi e il suo sacrificio in difesa della legalità e al contempo contribuire ad una raccolta di fondi necessari al completamento della struttura di accoglienza per giovani donne vittime di violenza o traviamento che in quegli anni le suore stavano realizzando.

Nelle foto: Don Pino Puglisi.

«A vent'anni

dalla sua uccisione il ricordo di Don Puglisi è vivissimo»


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Per non dimenticare:

“Commemorato il 70° anniversario della Battaglia dello Zillastro”

di Francesco Di Masi

to silenzio diverse postazioni nemiche. In questo frangente e nel tentativo di liberare il Cap. Conati caddero valorosamente, accanto al S.Ten. Paolo Lucifora che ne ha dato ampia testimonianza, il Serg. M. Luigi Pappacoda, il Cap. Ludovico Piccolli de’ Grandi e il paracadutista Vittorio Albanese. Solo verso le ore 9.00 dell’ 8 Settembre, sfiniti dalla battaglia e dopo aver terminato le ultime munizioni, riescono a sganciarsi dal combattimento e scendere verso Platì dove vengono accolti da una popolazione ansiosa e trepidante dalla quale appresero, ironia della sorte, che mentre loro combattevano era entrato in vigore l’armistizio firmato il 3 Setnche quest’anno e tembre a Cassibile in Sicilia. Onore e Gloria per questo sfortunato reparto di paracadutisti, che precisamente, Do- rasentando l’assurdo, combatterono quest’ultima battaglia nell’Italia meridionale coprendosi menica 8 Settembre di valore davanti alle forze Anglo-Americane. L’adunata delle varie associazioni d’arma e 2013, sui piani dello dei commilitoni, per commemorare questo 70° anniversario, è avvenuta, come sempre, davanti al Cristo di Zervò, Zillastro, si è svolta la sfilando in corteo con cerimonia di commela Banda musicale dei morazione del 70° ancongedati della Folgore niversario dell’ultima “Eugenio Nigro”, fino Battaglia combattuta ai tumuli con le crodal Regio Esercito nel ci, deponendo corone secondo conflitto mondi fiori e rendendo gli diale, tra i circa 400 onori militari sul luogo paracadutisti del 185° dove sono caduti, la meBattaglione “Nembo” daglia di bronzo Serg. comandati dal Cap. M. Luigi Pappacoda e il Gianfranco Conati e i parà Vittorio Albanese, 5.000 soldati canadesi successivamente, ragdei Reggimenti “Edgiunto il monumento ai monton e West Nuova caduti per la Patria, nei Scozia” che già avevacui pressi perse la vita no combattuto durante la medaglia d’argento lo sbarco degli AngloCap. Ludovico Piccolli Americani in Sicilia. de’ Grandi, dopo l’Alza Nell’attraversare le Bandiera e la deposiimpervie montagne zione della corona di dell’Aspromonte, per alloro è stata officiata la congiungersi con il CoSanta Messa dal cappelmando di Reggimento, Nella foto: la banda musicale dei congedati della Folgore "Eugenio Nigro". all’alba del 4 Settembre, nei pressi di Gambarie, avvenne lano militare paracadutista Don Alfio un primo scontro tra le truppe italiane Spampinato, hanno preso la parola, della “Nembo” e i soldati del Reparto per gli onori di rito, il Sindaco di Opcanadese. I nostri soldati, con un’a- pido Mamertina Dr. Bruno Barillaro, bile manovra riuscirono a sganciarsi il Presidente Nazionale dll’ANPd’I dal combattimento e a marce forzate Gen. Giovanni Fantini, il Segretario attraverso le montagne, i dirupi e la Questore del Consiglio Regionale folta vegetazione, scarsamente arma- della Calabria On. Giovanni Nucera, te e poco fornite di vettovaglie, cam- Tommaso Daidone consigliere X° minando sotto una pioggia costante e Gruppo Regionale Calabria, Il reduce dormendo all’addiaccio, riuscirono a di El Alamein, Serg. Parà Pasquale raggiungere ed acquartierarsi, dopo Pizzuti dell’ANPd’I Sicilia, Il Gen. due giorni di fatica e 35 Km di marcia, Pasquale Martinello ex Comandante all’imbrunire del 7 Settembre, in una dell’Esercito Regionale Calabria, il zona denominata “PIANO dello ZILPicchetto d'Onore al monumento dei caduti della "Nembo". LASTRO”, località posta a cavallo tra Nella foto in basso: il Sindaco di Oppido, Bruno Barillaro, i Comuni di Oppido Mamertina e Pladepone una corona di fiori sul luogo dei caduti. Commissario capo CFs Rocco Maria tì, non accorgendosi che in quel luogo Lupini, il Luogotenente Parà dei Caerano già precedentemente giunte, rabinieri Cosimo Sfameli e il figlio forti di uomini, di mezzi e meglio del Cap. Paolo Lucifora che partecipò equipaggiate, le truppe canadesi. Realla battaglia da sottotenente. Ognuno sisi conto di essere circondati, i nostri di loro durante la cerimonia ha avuto paracadutisti, consapevoli dell’impari parole di elogio per questi valorosi ralotta, ingaggiarono una violenta batgazzi che ignari, e a sprezzo della protaglia e dopo la cattura fortuita del pria vita, seppero scrivere con il loro Cap. Conati, il comando passò al Cap. coraggio e il loro sangue una dolorosa Diaz, che prodigandosi in ripetuti atpagina della nostra storia a perpetua tacchi, riuscì, con le mitragliatrici e i memoria delle future generazioni. mortai da 81 pollici, comandati dai S. Ten. Lucifora e Moleti, a mettere sot-

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L’Arma dei Carabinieri Reali dopo la proclamazione del Regno d’Italia

di Angiolo Pellegrini Generale dell'Arma dei Carabinieri

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opo la proclamazione del Regno d’Italia, l’Arma ebbe la possibilità di contare su un organico di 503 Ufficiali e 17.958 tra Sottufficiali, Appuntati e Carabinieri, impiegati in una organizzazione che prevedeva un Comando Generale (Comitato), 14 Legioni, 36 Divisioni, 103 Compagnie o Squadroni, 191 Luogotenenze e 2000 Stazioni. Seguirono tempi difficili, soprattutto per la sicurezza, che videro l’Arma in prima linea nella lotta al “brigantaggio” postunitario nel sud d’Italia, fenomeno che sconvolse dal 1860 al 1869 il territorio dell’ex Regno delle Due Sicilie. Il fenomeno aveva alla base le ragioni di sempre: l’insofferenza verso l’autorità costituita e lo stato di emarginazione delle classi più povere. La Casa di Borbone era riuscita, in qualche modo, a non sottovalutare le esi-

Nella foto: arresto di briganti.

Nella foto: il Capitano Chiaffredo Bergia.

genze dei ceti più bassi, soprattutto attraverso la tradizionale tendenza al “paternalismo”, che comunque lasciava irrisolti i problemi. Quando ai Borboni si sostituì il braccio forte dello Stato Italiano, mentre i liberali ritennero che patteggiare con il Piemonte avrebbe consentito

di uscire dal provincialismo in cui si sentivano relegati ed i militari in carriera videro la possibilità di maggiori gratificazioni in un esercito a dimensione nazionale che era riuscito ad allearsi con Francia ed Inghilterra nella campagna di Crimea, il latifondo vedeva cadere i privilegi concessi da Ferdinando II che, nel tentativo di accontentare tutti, aveva concesso ai contadini di condurre fondi a titolo gratuito ed ai proprietari di ricevere tributi. L’avvento dello Stato italiano veniva a sconvolgere tale situazione: il demanio assumeva la titolarità dei fondi non legittimamente posseduti ed i diritti per il loro sfruttamento. Inoltre, i militari del disciolto esercito borbonico che non avevano voluto accettare situazioni di “opportunismo politico” non ebbero altra via che costituirsi in formazioni irregolari cui venne dato il nome di brigantesche. A fronteggiare il brigantaggio venne impiegato un contingente di circa 90.000 uomini, al quale partecipò l’Arma con circa 5.000 Carabinieri. Mentre all’esercito competevano le azioni di guerra vera e propria, i Carabinieri ebbero il compito di debellare ogni residua forza brigantesca: compito estremamente difficile e pericoloso tenuto conto che i capi banda ed i loro fedelissimi erano soliti rifugiarsi, dopo gli scontri con l’esercito regolare, in luoghi inaccessibili in cui godevano dell’omertà della popolazione. Numerosissime furono le operazioni che videro i Carabinieri protagonisti assoluti: arresto di feroci latitanti, scontri a fuoco con le bande, liberazione di ostaggi. I militari dell’Arma si distinsero per numerosissimi episodi di eroismo, a tal proposito, vorrei citare il racconto intitolato “Fortezza”di Edmondo De Amicis, l’autore del libro Cuore, da cui si può cogliere una testimonianza stupenda di un episodio realmente accaduto nel luglio 1861, che vede protagonista un eroico giovane Carabiniere. Una menzione particolare merita la figura di Chiaffredo Bergia che giunse sino al grado di capitano per meriti eccezionali. Durante la sua carriera, durata sino alla morte, all’età di 52 anni, venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, dell’Ordine di Cavaliere dell’Ordine Equestre della Corona d’Italia, di una Medaglia d’Oro al V.M., di tre d’Argento e due di Bronzo al V.M., 17 Menzioni Onorevoli e numerosi encomi. I Carabinieri ebbero complessivamente 1.285 ricompense su 7.398 assegnate a tutte le Forze Militari impiegate nella lotta al brigantaggio.


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I “Giardini Letterari” approdano a Delianuova di Marzia Matalone

“Il mio credo selvaggio - Saverio Scutellà”

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i è tenuto a Delianuova, lo scorso mercoledì 4 Settembre, presso la Villa Comunale, il sesto appuntamento della rassegna culturale “I Giardini Letterari”. La rassegna di iniziative, promossa dall'Associazione Culturale “Geppo Tedeschi” di Oppido Mamertina, e avviata in un percorso itinerante nella piana di Gioia Tauro, intende omaggiare la figura dell’illustre poeta futurista Tedeschi a vent’anni dall’anniversario della sua morte. L’incontro di Delianuova, dal titolo “Il mio credo selvaggio - Saverio Scutellà”, ha riscontrato la collaborazione dell’Associazione Turistica Pro loco e dell’Associazione Culturale “Roubiklon” di Lubrichi. La serata ha reso tributo al poeta, narrato- Nella foto: l'incontro dei "Giardini Letterari" a Delianuova. re e pittore deliese Saverio Scutellà fondatore, con la raccolta di tra memorie ed analisi letteraria, la figura dello scrittore, definendolo “una composita versi Cattedrale di Nuvole, della corrente figura che si staglia alta nell’immenso campo della cultura, e che ha saputo diversificare poetica dell'Astralismo e di quella pitto- l’Essere e il Creato, creando un tutt’uno, votato com’era, alla ricerca simbiotica tra il rica definita “Panismo”. Moderatore del fatto ed il fattore”. Rocco Polistena, poeta e presidente dell’Associazione “Roubiklon”, convegno, il giovane scrittore Antonio ha altresì esposto il suo esame critico dei testi poetici, definendolo un autore “immerso Roselli, che nel salutare il pubblico inter- nell’alterità delle cose, delle quali conosce ogni singolo movimento vitale, essendo egli venuto, ha introdotto il tema della serata stesso umanizzazione transfigurata del contatto con la natura predominante”. Il convegno ed ha presentato la giovane clarinettista si è concluso, infine, con la testimonianza dell’editore Raffaele Leuzzi e del commosso Veronica Marraffa che, con le sue note, professore Ugo Verzì Borgese. ha intramezzato gli interventi. Come ha sottolineato la poetessa Maria Frisina, presidente dell’Associazione Culturale “Geppo Tedeschi”, “Saverio Scutellà ci porta il messaggio della terra di Orazio nelle arti sorelle della pittura e della poesia; con quest'ultima approda ad un innato misticismo contemplativo nell'abbandono di rimpianti espressi in forme ed armonie tendenzialmente classiche e leopardiane”. Intervenuti per l’occasione anche numerose figure istituzionali, quali Teresa Carbone, Assessore alla Cultura del Comune di Delianuova e il Sindaco, Rocco Corigliano, che ha ricordato la figura dell’amico Scutellà e il valore inestimabile del i è tenuto a Polistena, sabato 7 Settembre, presso l’incantevole giardino suo contributo nell’Arte nelle varie forme “Russo” in via dei Fiori, il penultimo appuntamento della rassegna culturautilizzate, “con orgoglio di essere deliese le di ritrovi estivi “I Giardini Letterari”. L’incontro di Polistena, “Omaggio nel mondo“. Tra gli ospiti, anche Arcana Stefano Albano – scultore”, ha riscontrato la collaborazione del Centro gelo Carbone, presidente della Pro loco di Studi Polistenesi. La serata ha reso tributo allo scultore di Oppido Mamertina nel deDelianuova, che ha salutato il pubblico e cennale dalla scomparsa. Stefano Albano (1947-2003), che ricevette nel 1971 il Premio ribadito l’importanza della Cultura e de- Minerva dall’Accademia di Belle Arti di Roma, fu un brillante ed eclettico artista, sempre gli eventi ad essa connessi per “cacciare intento nel fervente lavoro di approfondimento di concetto senza pensare a facili guadalle secche del disfacimento la fascia dagni o pretendere niente prima di un autentico merito. Ad accogliere il folto pubblico, pre-aspromontana”. Primo relatore del intervenuto anche dal paese di origine dell’artista, sono state le declamazioni del giovane convegno, lo scrittore Saverio Italiano, attore palmese Antonio Tedesco: un componimento in memoria dell’Albano di Totò Fricugino dello Scutellà, che ha delineato, sina e degli scritti di Don Luca Asprea. La poetessa Maria Frisina, presidente dell’As-

L’anima, il genio e lo scalpello di Stefano Albano

Al centro dei “Giardini Letterari” la memoria dello scultore di Oppido Mamertina e la proiezione di un’intervista inedita

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sociazione “Geppo Tedeschi”, nel salutare il pubblico intervenuto e nel presentare i cenni biografici dello scultore ha affermato: “Nel dinamismo dell’arte dell’Albano identifichiamo l’eterna aspirazione alla pace ed alla luce, alle astrazioni al di sopra della razionalità umana”. Ad intramezzare gli interventi oltre le declamazioni del Tedesco vi è stata la proiezione di un repertorio fotografico sulla vita e l’arte dello scultore. Giovanni Russo, storico e presidente del Centro Studi Polistenesi, ha offerto la testimonianza della sua amicizia con lo scultore: “Le scalpellate di Albano sono fresche e concepite da uno studio d’amore. Ricordo sempre i nostri incontri nella sua officina, nelle esposizioni che abbiamo insieme organizzato; la spigliatezza artistica lo stringeva sempre”. La parola è poi passata al giovane scrittore Antonio Roselli che ha tracciato una cronistoria del sodalizio amicale tra l’Albano e lo scrittore Da sinistra: Antonio Roselli, Maria Frisina Presidente Associazione "Geppo Tedeschi", Mons. Don Luca Asprea (alias Carmine Ragno) Milito Vescovo Diocesi Oppido-Palmi, Ing. Paolo Martino Direttore Museo Diocesano, Don Letterio attraverso diari, lettere e scritti appartenuti Festa Direttore Archivio Diocesano. all’ Asprea: “L’interscambio serrato tra i due artisti, homme d’intelligence dello stesso paese, ha rappresentato un proiezione del video – intervista “Stefano Albano spiega intreccio ideologico e spirituale peculiare, un dialogo culturale che assu- la Via Crucis di Oppido”: un documento raro e prezioso meva consistenza nell’esclusività del loro rapporto; l’Albano, divenuto della storia di Oppido Mamertina. L’evento si è conclul’unico amico conterraneo dell’Asprea, era solito accompagnarlo in mac- so con le testimonianze di amici, estimatori e familiari china di notte, alla chetichella, tra le contrade di Oppido”. E’ seguita la dell’artista.

di Xenos Acronos

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Dialetto, delicatezza e società nel “Canto di Giovanni, Abate e Poeta”

ell’ edenico fondale del giardino dell’Episcopio di Oppido Mamertina, domenica 8 Settembre, si sono conclusi i lavori della rassegna culturale “I Giardini Letterari” promossi dall’Associazione “Geppo Tedeschi” di Oppido Mamertina. Gli otto appuntamenti nella piana del Tauro hanno collazionato la partecipazione di una nutrita cerchia di intellettuali autorevoli e influenti orientati ad inquadrare le figure e le opere degli artisti sviscerati negli incontri: dallo scrittore ed editorialista Totò Frisina al senatore e poeta Emilio Argiroffi; dalla poetessa Ermelinda Oliva al pittore e scrittore Saverio Scutellà; dallo scultore Stefano Albano all’abate e poeta Giovanni Conia. Di forte risonanza sono apparsi anche la presentazione del volume di memorie familiari di Natino Aloi e la tavola rotonda dal tema “L’amor che move il sole”. La stagione letteraria, all’insegna del non profit, ha rilevato come sponsor ufficiale la libreria “Librarsi” di Delianuova di Raffaele Leuzzi e Caterina Di Pietro. Quanto mai preziosa è stata la collaborazione con la Diocesi di Oppido - Palmi, con il periodico di politica, attualità e costume “Corriere della Piana” e con le realtà associative aderenti all’evento: Medmarte onlus e Centro Studi Medmei (Rosarno); Roubiklon (Lubrichi); Proloco di Delianuova; Centro Studi Polistenesi; Mythos (Cinquefrondi); Eliopoli (Palmi). La serata di chiusura della rassegna, dal titolo “Il Canto di Giovanni Conia, Abate e Poeta”, ha riscontrato la collaborazione con il Museo Diocesano di Arte Sacra. L’artista Nuccio Gambacorta, con l’interpretazione dei versi di Geppo Tedeschi “Spara mio lirico giardino”, ha inaugurato i lavori. Sotto lo sguardo tutelare del busto ligneo, di anonima bottega calabrese del XIX secolo, il “mastru cantaturi” Ciccio Epifanio ha deliziato il numeroso pubblico intervenuto con la declamazione della “Risposta della lingua Calabra a quella Italiana” e poi con la Canzone Faceta “Pistatimi sta testa”. La poetessa Maria Frisina, presidente

L’ottavo ed ultimo incontro della rassegna di ritrovi culturali “I Giardini Letterari”

dell’Associazione “Geppo Tedeschi” e moderatrice del convegno, ha affermato: “La poesia del Conia è carica di leale passione, di esuberanza, di condiscendente benevolenza per le volubilità degli uomini… è voce del popolo e voce di Dio”. Paolo Martino, direttore del Museo Diocesano di Arte Sacra, offrendo la sua cronografia del busto ligneo del Museo diocesano, ha asserito: “Dal busto viene fuori l’uomo di estrema umiltà che, conscio della propria sapienza e delle eccelse capacità, ha sempre cercato di mitigarle nel proprio cuore vivendo in modo gioviale sano e cristiano, come si può dedurre da tutti gli studi che lo hanno riguardato”. La parola è poi seguita all’intervento di Don Letterio Festa, direttore dell’Archivio Storico Diocesano, che ha illustrato la biografia dell’abate poeta: “Tra le pieghe di un animo innamorato della classicità, il gusto del bello e la ricerca appassionata di una filologia, la figura dell’abate Conia, ci fa intuire come anche da noi ci furono umanisti intransigenti e frange di cultori che agli studia humanitas hanno dedicato le loro forze”. A delineare la fisionomia della poetica di Giovani Conia è stato il giovane scrittore e studente universitario Antonio Roselli che, nel suo intervento, ha affermato: “La produzione arcadica e l’efficacia secentesca, con le sue forme smancerose, fu il fulcro della macchina compositiva e religiosa del Conia: nel sentimento popolare ed affettivo, nelle formule canzonatorie e leggermente mordaci e nella struttura pedagogica dei suoi sonetti”. A trarre le conclusioni del convegno è stato il Vescovo di Oppido Mamertina Palmi, Mons. Francesco Milito, che entusiasta del tenore dell’incontro, ha dichiarato: “L’abate Conia ancora oggi offre le primizie del suo intelletto e del suo sentimento; lodevoli iniziative, come quella di questa sera, sono indice di civile sviluppo nell’ottica di una letteratura che freme in eterno sotto i detriti della memoria”.


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Convegno Pastorale Diocesano

“Il fuoco della carità” 4-5 ottobre 2013, Rizziconi (RC)

Introduzione

«Dall’Anno Cantiere agli orizzonti della Nuova Evangelizzazione»

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i sentiamo vicini al Santo Padre in questo giorno del Suo Pellegrinaggio ad Assisi e primo del nostro Convegno Diocesano, che ci introduce al nuovo anno pastorale in legame, sviluppo e novità dell’Anno delle Fede avviato verso il suo epilogo, ma non a conclusione. «Se, infatti, la fede è fondamento che di ciò che speriamo e prova delle cose che non vediamo» (Eb 11,1), questa primogenita delle virtù teologali ci consegna alla prima delle virtù divine: la carità. Ce ne ha dato la spinta Benedetto XVI, in Porta fidei, quando ha scritto: «La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia». Ce ne offre quotidiana conferma Papa Francesco con parole inequivocabili e gestisegno altrettanto eloquenti per una Chiesa che, riformanda e riformata in capite et membris, attira con quella purezza dalla mondanità voluta dal Suo Sposo e Signore. Dall’Anno Cantiere agli orizzonti della Nuova Evangelizzazione “Cantiere”: un luogo ed un tempo di attrezzi, idee, maestranze, concentrazione di concertazione per un progetto da realizzare, in lotti successivi e attuazioni in corso d’opera. “Orizzonti”: una linea prospettica che divide sempre due piani – quello di un territorio operativo, terrestre, ed uno superiore, che ha il cielo come custode e congiungimento. Un limite, più o meno visibile, in condizioni di luce demarcante, ma che rimanda un successivo oltre prima di attingere alla meta fissata. L’orizzonte è sempre irraggiungibile, ma non per questo espanso all’infinito, pur se ne resta segno, perché è un’attrattiva che attiva un dinamismo che non può fermarsi.

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’Anno delle fede è stato per noi Anno Cantiere nel senso che vi si sono concentrate esperienze spirituali – a livello personale e comunitario, – ma anche tante idee e prospettive da approfondire e da sviluppare oltre la conta dei giorni fino a far capolino, in più di uno, un’idea-comunione: «il Cantiere sarà permanente e noi, tutti, coinvolti in esso».

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n effetti la promozione della Nuova Evangelizzazione non può conoscere giornate lavorative a scadenza o qualcosa che la paragoni a un progetto a termine. È una prospettiva dagli orizzonti ampi e di lavoro da tempi apostolici della Chiesa nascente. Se chiari devono essere – e sono – gli obiettivi, tutta o quasi da inventare e governare è la navigazione a vista, così attente devono farsi nuove sensibilità e perizia perché si possano abitare gli spazi della modernità maturando quei linguaggi di dialogo con gli uomini del nostro tempo e vivere la trasmissione della fede come esercizio permanente di risposta ad un ascolto attento alle domande di chiarezza e di luce, che lo spirito umano da sempre si pone in cerca di riscontri convincenti. Lumen Fidei, l’enciclica di Benedetto-Francesco, dà preziosi indicazioni. «La luce della fede, possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo... La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo... Poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è luce che viene dal futuro, che schiude dinanzi a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione» (LF, 4). Comprendiamo allora che la fede non abita nel buio, che essa è una luce per le nostre tenebre...». E ancora «Fede, speranza e carità costituiscono in un mirabile intreccio, il dinamismo dell’esistenza cristiana verso la comunione piena con Dio» (LF, 8). Dall’Anno delle fede (2012-2013) all’Anno della carità (2013-2014) Nella dinamica biblica si coglie una verità: «La fede cristiana è dunque fede nell’Amore pieno, nel suo potere efficace, nella sua capacità di trasformare il mondo e di illuminare il tempo. “Abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1Gv 4,16). La fede coglie nell’amore di Dio manifestata in Gesù il fondamento su cui poggia la realtà e la sua destinazione ultima» (LF, 15). Da qui una certezza radicale «La prova massima dell’affidabilità dell’amore di Cristo si trova nella sua morte per l’uomo» (LF, 16), e una conseguenza ancora più radicale: la prova autentica della credibilità che un cristiano può dare è corrispondere con la sua vita alle consegne avute, come pratica dell’amore a partire dalle opere compiute con sguardo di fede.

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inanzi a noi sta la riproduzione del Giudizio Universale di Michelangelo: è una possente lettura d’arte di Mt 25, il cui testo che scorre ai lati è guida chiarissima all’agire cristiana. A fronte l’Uomo della Sindone nella composta, solenne dignità di una morte che ha lasciato evidenti i segni della sua tragica dinamica. A


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lato le due più antiche rappresentazioni del Vangelo della carità conservate nella nostra terra di Calabria: Il Tradimento di Giuda e la Lavanda dei piedi nel contesto dell’Ultima Cena; la Parabola del Buon Samaritano (Codex Purpureus Rossanensis, Tav. V e Tav. XII). Anche qui i testi di commento rinviano ad una riflessione del profondo: per la Sindone in sosta meditativa; per i due episodi come comando del Signore perché si continui nei secoli ciò che fu un kairós «Signore, Tu lavi i piedi a me?». (Gv 13,6) «Va’ e anche tu fa’ così». (Lc 10,37)

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aranno queste icone di oggi ad accompagnarci fino al I Congresso Eucaristico Diocesano che celebreremo dal 12 al 19 giugno 2014, culmine di quest’Anno della Carità verso la cui aurora ci muoviamo a partire da questo Convegno.

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’Eucaristia – infatti – come sacramentale presenza permanente di Cristo amore fino alla fine dei tempi è il viatico della Chiesa pellegrina e la fonte per riconoscere e servire le altre presenze che egli ci ha indicato nella rivoluzione sullo sbocco finale della storia umana. Per questo saremo aiutati a riscoprire tutte le ricchezze che i riti e la teologia delineano chiarissimi per una permanente mistagogia. L’equazione Anno della Carità – Anno Eucaristico è perfetta. Viviamo la carità in misura corrispondente a come viviamo di Eucaristia.

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’Anno liturgico, dall’Avvento a Pentecoste, sarà scandito ogni mese dall’invito alla pratica delle sette opere di misericordia corporale: dicembre: gli affamati; gennaio: gli assetati; febbraio: gli ignudi; marzo: i pellegrini; aprile: gli infermi; maggio: i carcerati; giugno: i morti.

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on si tratta, evidentemente, di seguirne una, tralasciando le altre – i bisogni forti sono sempre contemporanei e contestuali a se stessi –, ma di sviluppare intorno ad ogni singolo mondo, una sinergia di pensiero, di azione, di preghiera, di crea-

tività operativa che serva anche in seguito, e di farlo con cuore e mente aperti a tutte le piaghe e le pieghe che ogni opera suggerisce alla nostra sensibilità umana e cristiana.

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nche in questo non siamo soli. I Santi e i Beati della Carità, che fanno corona all’Uomo della Sindone come discepoli che hanno creduto all’amore e sviluppato le esigenze, li assumiamo come “Maestri della Carità possibile”. Ognuno di loro – e tanti altri della stessa tempra spirituale – intercettando l’invocazione di aiuto incontrato negli ambiti del loro agire quotidiano sotto l’azione dello Spirito, hanno dato le risposte suggerite dalla fantasia dello Spirito e dell’intelligenza delle cose diventando profeti credibili. A far da capofila, oggi, scegliamo Francesco d’Assisi, del quale Jacopone de Todi ammirava «la smisurata amanza / de lo core ‘nfocato» (Laude 61,78)

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l “Lumen fidei” è capace così di trasformarsi in “Lumen caritatis”, la luce della fede in fuoco dell’amore. Quando c’è fuoco c’è sempre luce – specie nelle tenebre e nel buio della notte; c’è calore, gioia, vita, e il processo naturale che fa di un materiale combustibile una fonte d’energia trova nella fiamma una carica ideale sul consumarsi per gli altri annullando se stessi.

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questo Cero Pasquale della Fede vogliamo accendere sin da ora la nostra Candela del fuoco di Pentecoste: quello che, finalmente, ha fatto dagli Apostoli e dei loro più vicini collaboratori i primi missionari della novità del Vangelo, i testimoni unici della trasmissione della fede, gli evangelizzatori di un mondo nuovo, come noi siamo chiamati ad esserlo in unità per un nuovo mondo di cui potremo talora sentirci spettatori spiazzati, ma non confusi, se immersi nella luce del Vangelo. «Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta» (LF, 1). Francesco Milito

di Filomena Scarpati

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arità, fede e nuova evangelizzazione, sono i tre temi fondamentali trattati durante il convegno dal titolo “Il fuoco della Carità” organizzato dal Vescovo della Diocesi di Oppido – Palmi Mons. Francesco Milito, presso la casa di Nazareth di Rizziconi nei giorni 4 e 5 Ottobre. Durante le due giornate hanno relazionato oltre a Mons. Milito, Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova

Evangelizzazione e Mons. Francesco Soddu, Direttore della Caritas Italiana. Va anche sottolineata l’importanza del Master di secondo livello in formazione alla carità politica dell’Università Europea di Roma con possibilità di frequentare le lezioni nella nostra Diocesi, presentato durante il convegno. Chi volesse aderire all’iniziativa deve compilare uno dei moduli che troverà all’interno del giornale, ricordando che le iscrizioni si possono effettuare fino al 30 Novembre, data di scadenza. Le sollecitazioni al conseguimento del Master, stanno nel fatto che in un particolare momento di caduta dei valori soprattutto a livello politico, educare i giovani che vogliano intraprendere questo genere di carriera a rivoluzionare il mondo politico applicando principi di carità e rispetto della dignità umana, che oggi vengono assolutamente ad essere calpestati, significa ridare la speranza che ancora è possibile gettare le basi per la costruzione di una società più giusta a dimensione d’uomo. Chi non volesse conseguire la formazione da Master, può partecipare alle lezioni come uditore. E adesso riflettiamo sul “Giudizio Universale” tema a cui tiene Sua Eccellenza Mons. Milito per le pagine di questo mese. Cosa intende comunicarci il nostro Vescovo? Ai lettori, la risposta!


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Dopo settantadue anni di sacerdozio

Mons. Giuseppe Caruso è tornato alla casa del padre di Cecè Alampi

fatto conoscere durante i cinque anni del mio ministero diaconale a Molochio dove Mons. Caruso era nato l’11 Agosto del 1915 e dove tornava spesso per rivedere i suoi parenti e i suoi amici e soprattutto per celebrare l’Eucaristia nelle Chiesa di ons. Giuseppe Caruso Santa Maria de Merula, di San Giuseppe, dopo un lunga degenza di San Vito e della Madonna Immacolata in ospedale per la frat- di Lourdes, verso i quali nutriva una grantura del femore, giorno de devozione. Erano tantissime le perso19 Settembre u.s., alla veneranda età di ne che venivano a trovarlo durante le sue 98 anni, di cui settantadue di sacerdozio, permanenze a Molochio e lui, con molta è ritornato alla casa del Padre. “Il giusto semplicità, sapeva sostenere e confortare fiorirà come palma, crescerà come cedro tutti. Sapeva arrivare sempre al cuore delle del Libano; piantati nella casa del Signo- persone con la preghiera e l’affetto e a me re, fioriranno negli atri del nostro Dio. piaceva stargli vicino e ascoltarlo, col suo Nella vecchiaia daranno ancora frutti, fare pacato e la sua voce calma e saggia, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare perché sapevo che, accanto a lui, potevo quanto è retto il Signore...” Il Salmo 92 arricchirmi tanto spiritualmente che umadescrive bene la vita di Mons. Caruso il namente. Aveva il dono di saper comprenquale ha sempre servito instancabilmente dere, di saper incoraggiare e ridare fiducia la Chiesa di Reggio Calabria cooperando anche solo con il suo sorriso sereno. Aveva all’opera di Dio con cuore sincero e sem- il dono della socialità, della cordialità e del pre aperto allo Spirito e ai segni dei tempi. dialogo aperto e sincero con tutti. Ordinato La testimonianza di fede e di amore che presbitero il 21 Dicembre 1941 dal VescoMons. Caruso ha donato a tutti coloro che vo Mons. Canino, esercitò il suo Ministero lo hanno conosciuto, durante la sua lunga fino alla fine della guerra nominato vicevita, soprattutto attraverso il sacramento parroco di Zurgonadio in Oppido Mamerdell’Eucaristia e il sacramento della Pe- tina, durante la quale istituì nel suo paese nitenza e poi attraverso i suoi consigli e una scuola privata per aiutare i ragazzi la sua saggezza confortanti, oltre che il nella scolarizzazione ed alfabetizzazione suo impegno di Economo Diocesano del- e, con il permesso dei suoi superiori, ebbe la Chiesa di Reggio, ci fanno evidenziare nel suo paese, una breve esperienza come principalmente il sacerdote, l’educatore amministratore, consigliere comunale di vita, il dirigente preparato e scrupoloso con la carica di Vice Sindaco con delega che ha diretto l’Ufficio Economato per ben ai lavori pubblici, primo eletto con 836 54 anni e con ben quattro Arcivescovi. È voti. Innamoratosi, negli anni degli studi, stato questo Mons. Caruso, un sacerdote dell'archidiocesi reggina, chiese al Vescoche si è speso completamente per la Chiesa vo del tempo Mons. Lanza di accoglierlo e quindi per le persone. Io personalmente in quella realtà e di assegnargli una parvoglio ringraziare il Signore che me lo ha rocchia, cosa che avvenne con il permesso del Vescovo di Oppido Mamertina Nella foto: Mons. Giuseppe Caruso. nel 1947, Fu nominato parroco di Pellaro dove, tra l’altro, cominciò il suo “ministero” di costruttore di edifici per il culto, per l’educazione e per la socializzazione, realizzando la Scuola Materna. Nel 1954, l’Arcivescovo Mons. Giovanni Ferro lo nominò Economo Diocesano, carica che detenne fino al 2008 quando alla veneranda età di 93 anni la lasciò, ma continuò ancora per qualche anno la direzione della Casa Emmaus “il grande albergo” di Gambarie, una delle sue tante realizzazioni. Sotto la direzione di Mons. Giuseppe Caruso, infatti, dal 1954 ad oggi, sono state costruite 22 nuove chiese, 27 case canoniche, 22 asili, 6 saloni parrocchiali, la colonia estiva di monte Cucullaro, l’Auditorium “S. Paolo” nella sede Arcivescovile di Reggio e il restauro della statua del Redentore a Montalto. Mons. Caruso, inoltre, ha fatto restaurare 30 chiese, tra le

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quali la riedificazione della chiesa di S. Pietro Apostolo in Aspromonte ad Acerello di Scilla sui piani dell’Aspromonte a 1011 metri di altitudine. Ha fatto restaurare, altresì, il Duomo di Reggio Calabria, i monumenti agli Arcivescovi di Reggio Mons. Antonio Lanza, Mons. Giovanni Ferro e Mons. Aurelio Sorrentino. Mons. Caruso, inoltre, ha fatto costruire la Casa Madre della Congregazione del Volto Santo e la Casa della Carità a Scilla. Mons. Caruso, oltre ad essere stato economo diocesano, è stato anche Assistente delle Associazioni Guide Italiane (Age), dell’Agesci, del Masci, della Comunità Scout Brutia ed è stato anche Assistente Diocesano dell’Azione Cattolica. Il 16 Agosto 2004, il Santo Padre Giovanni Paolo II, riconoscendo il suo impegno non comune per la Chiesa reggina, lo ha nominato “Protonotario Apostolico Soprannumerario”, primo Cancelliere della Curia – anticamente nella Curia Romana “Prelato incaricato di ricevere gli atti dei Concistori e dei processi di Beatificazione”. Da molti anni era il decano del capitolo diocesano ed era sempre accanto all’Arcivescovo a tutte le cerimonie liturgiche istituzionali della Chiesa di Reggio. L’Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria Giuseppe Fiorini Morosini, unitamente all’Arcivescovo Emerito, S.E. Mons. Vittorio Mondello, al Capitolo Metropolitano, ai Presbiteri diocesani e religiosi, e a tutto il popolo il popolo di Dio, nel dare l’annuncio della morte di Mons. Caruso ne ha ricordato “la straordinaria dedizione alla missione evangelizzatrice della Chiesa, come anche la coinvolgente passione con la quale ha amministrato i beni temporali della Diocesi per lunghissimi anni”. La Solenne Liturgia Esequiale si è svolta il 20 settembre scorso nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria ed è stata presieduta dall’Arcivescovo Mons. Morosini e concelebrata dall’Arcivescovo Emerito Mons. Vittorio Mondello, dal Vescovo di Oppido-Palmi, Mons. Francesco Milito, dai presbiteri reggini e di altre diocesi della Calabria. Al termine la salma è, poi, stata trasferita a Molochio, paese natale di Mons. Caruso dove è stata celebrata una messa e al termine è stata tumulata nella tomba di famiglia. Penso che la grande eredità che Mons. Giuseppe Caruso lascia alla Chiesa reggina, ma anche alla Comunità molochiese e a tutti coloro che lo hanno conosciuto, è principalmente la fede, la speranza e la carità e la volontà di offrirsi al Signore e ai fratelli senza mai risparmiarsi. Ci lascia la perseveranza nel diurno impegno a favore del bene comune, della solidarietà, della pace. Anche dal cielo, per tutto questo, sono sicuro che resterà sempre un punto di riferimento per tutti e continuerà a pregare per ognuno di noi, ad illuminarci e a benedirci.


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Museo delle Varette e festa S.Girolamo

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ivevano un giorno all’anno, il Venerdì Santo che precede la Pasqua, durante la Processione dei Misteri, poi sparivano nuovamente nell’oblio di un ignoto deposito. Ma da oggi saranno sempre sotto gli occhi di tutti coloro che vorranno ammirarne la bellezza o farne oggetto di meditazione. Sono quelle che comunemente vengono dette “varette”, i capolavori d’arte sacra realizzate dal maestro napoletano Biangardi su commissione del comune di Cittanova tra il 1865 e il 1892 rappresentanti le varie fasi della passione e morte di Nostro Signore Gesù. Grazie all’impegno della Parrocchia di San Girolamo e dell’Amministrazione Comunale oggi hanno un vero e proprio museo tutto per loro, il “Museo delle Varette” appunto. Un nome che è sembrato riduttivo al vescovo Mons. Francesco Milito giunto da Oppido per impartire ai locali la benedizione durante l’inaugurazione ufficiale. In un intervento, insolitamente brioso, il Vescvo ha invitato ad allargare il museo a tutto ciò che riguarda la Passione di Cristo e l’arte sacra in genere, e la Chiesa cittanovese a provvedere da sé al restauro delle statue, senza attendere interventi e benefici “calati dall’alto”. Presenti, oltre al vescovo, naturalmente il sindaco Alessandro Cannatà, l’arciprete don Giuseppe Borelli, e il maggiore dei carabinieri Giovinazzo che ha parlato dei nuovi sistemi di sicurezza e schedatura delle opere sacre, sempre nel mirino di possibili furti. Tra le personalità in sala anche gli onorevoli Angela Napoli e Giovanni

Nucera. Non casuale nemmeno la scelta del giorno dell’inaugurazione, quel 30 settembre in cui Cittanova festeggia appunto il suo patrono, San Girolamo. Alla fine della Messa Solenne è avvenuta l’inaugurazione del “Museo delle Varette” sito in una parte dei locali facenti parte del complesso dell’ex Mercato Coperto, dove si è continuata a svolgere anche la manifestazione Ready to Start, una tre giorni artistica, con esposizioni di pittura, fotografia,artigianato, laboratori creativi di ceramica, porcellana fredda, cake design, realizzazione di profumi, ed estemporanee nonché concerti serali, voluta e realizzata dall’associazione PraticaMente. Tutto un nuovo fermento quindi, attorno alla festa del santo patrono che solitamente a Cittanova ha sempre teso a rimanere un evento meno clamoroso di altri, più legato ai cittadini e alla Chiesa che non ai grandi eventi che portano movimento all’interno della cittadina e lustro al suo nome all’esterno. Forse merito anche del nuovo direttivo del comitato Festa San Girolamo, che vanta il più giovane presidente d’Italia nel settore, il diciassettenne Giuseppe Corica. Anche lui presente all’inaugurazione del “Museo delle Varette”, il giovane presidente, da noi raggiunto per una breve Nella Foto: la Crocifissione, Varetta del Biangardi. dichiarazione, ha espresso il desiderio di “riuscire a portare la festa del Santo patrono più vicino ai giovani, innovandone la forma senza comprometterne in alcun modo la sostanza”. Il programma civile Nella Foto: Varetta di S Girolamo di Cittanova.

di Carmen Ieracitano

Nella Foto: La Pietà, statua lignea del Biangardi.

quest’anno si è composto di due serate in cui si sono esibiti rispettivamente domenica 29 il noto cantastorie nostrano Nino Forestieri e lunedì 30 il gruppo degli Studio3.


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Alle origini della devozione le feste in onore di S. Rocco nella Piana del Tauro

di Cecè Alampi

Roma dove incontra il Papa. Sulla via del ritorno, si ammala di peste e si ritira in campagna nelle vicinanze di Piacenza. La leggenda narra che mentre era ammalato e in solitudine è stato nutrito da un cane che gli portava un pane al giorno. Una volta guarito, Rocco ritorna a Montpellier dove non viene riconosciuto e viene arrestato come spia e rinchiuso in prigione. In Nella foto: gli spinati alla festa di San Rocco di Palmi. prigione trascorreva le sue giornate nella preghiera e nelle frequenti estasi. Un giorno un carceriere vide la prigione inondata da una grande luce e il Santo con il volto irradiato in estasi. Il prodigio venne subito divulgato e la folla commossa richiese la revisione del processo, reclamandone la liberazione. Ma ormai era tardi. San Rocco moriva poco dopo. Era il 16 Agosto del 1327. Subito dopo la sua morte il culto di San Rocco si diffonde rapidamente in Italia, in Francia e in tutta Europa e sorgono in suo onore numerose Chiese, Cappelle e Confraternite. San Rocco viene invocato contro tutti i morbi ritenuti inguaribili. La devozione a San Rocco più importante nella nostra Diocesi è certamente quella che si celebra ad ACQUARO di Cosoleto piccolissimo centro alle falde dell’Aspromonte. Il Santuario di San Rocco ad Acquaro, infatti, è uno dei più frequentati della Diocesi di Oppido Mam. - Palmi e della Calabria, specialmente in occasione delle due feste, il 16 Agosto giorno della sua festa liturgica e il 1° Novembre, festività di tutti i Santi, quando, per antica tradizione, a mezzogiorno, la sua statua viene riportata nella sua nicchia dopo essere rimasta alla pubblica venerazione in mezzo alla Chiesa dal 16 Agosto in poi. Sull’origine del Santuario non si sa quasi niente. La tradizione parla di una nobile signora Francese venuta da Montpellier, il paese francese dove è nato San Rocco, in cerca di pace e di tranquillità, e si stabilita ad Acquaro, dove fece erigere una Chiesa barocca. La tradizione dice anche che su ordinazione della Signora francese, i pastori locali scolpirono la statua che ancora oggi si venera nel Santuario. Caratteristica della Festa sono gli spinati che accompagnano la processione che si svolge verso mezzogiorno. La Chiesa attuale, a tre navate, con affreschi raffiguranti alcuni episodi della vita del Santo, è stata costruita dal Mons. Paolo Albera, Vescovo di Mileto. Con Decreto del 12 Dicembre 1956 di Mons. Vincenzo De Chiara, Vescovo di Mileto, alla Chiesa venne ufficialmente riconosciuto il titolo di Santuario. Il 16 Agosto la festa in onore di San Rocco, si celebra anche a PALMI, dove è compatrono insieme alla Madonna della Lettera. La statua del Santo custodita nella Chiesa dell’Immacolata, viene portata in processione, a spalla, per tutta la città, per ben quattro ore. Il corteo è aperto da due file di “spinati”, che per voto o grazia ricevuta, scalzi e a dorso nudo camminano sotto una cappa di spine pungenti di ginestra selvatica chiamati spalassi. La festa viene anticipata dalla sfilata dei giganti e dal palio. Moltissime sono le bancarelle dei venditori ambulanti e dei dolciumi tipici, oltre ai giochi popolari che arricchiscono di suoni e vivaciNella foto: la statua di San Rocco di Acquaro.

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na delle devozioni più sentite e seguite nella nostra Piana e quindi nella nostra Diocesi, fin dai tempi più antichi, è certamente quella in onore di San Rocco di Montpellier. Sono tante, infatti, le cittadine e le comunità parrocchiali che venerano il santo francese, considerato un grande uomo di Dio e taumaturgo. Le celebrazioni iniziano il 16 Agosto con la festa liturgica del Santo e poi si prolungano fino alla terza domenica di settembre. Della vita di San Rocco, si hanno poche notizie che si confondono a episodi leggendari e avvolti nel mistero. Si sa per certo che San Rocco è nato a Montpellier, in Francia intorno al 1295, dalla nobile famiglia Giovanni Rog e Liberia. La sua nascita è attribuita alle speciali preghiere dei genitori che erano senza figli e già avanzati in età. Rimasto orfano a venti anni, Rocco distribuisce tutti i suoi averi ai poveri e parte in pellegrinaggio diretto a Roma. Giunto ad Acquapendente, vicino Viterbo, si ferma ad assistere i malati di peste in un ospedale, dimostrando eccezionali capacità taumaturgiche. Si reca in varie altre città per svolgervi lo stesso servizio curativo e poi raggiunge


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sorgente d’acqua e relativo ruscelletto, l’Ospedale raffigurante la cura dei malati, la Prigione che rappresenta il periodo di prigionia del Santo. Altra tradizione a Cinquefrondi è il rito della “Svestizione” in dialetto “Spogghiatina”. I devoti del Santo, per grazia ricevuta o per voto si spogliano dei propri vestiti e li donano al Santo. Anche a Cinquefrondi c’è la tradizione degli spinati durante la processione. La terza domenica di settembre si svolge la festa di San Rocco a CITTANOVA. È la festa che chiude il grande ciclo delle feste della Piana. Per alcuni anni è stata una festa che si è contraddistinta per le imponenti celebrazioni civili con grandi spettacoli di musica leggera. La Chiesa di San Rocco Nella foto: la statua di San Rocco di Palmi.

tà la festa, durante la quale vengono messi in mostra gli ex voto in cera, che riproducono le parti del corpo malate, per le quali si chiede la guarigione al Santo e che testimoniano le intercessioni del Santo. Anche a MELICUCCO, la festa in onore di San Rocco si celebra il 16 Agosto di ogni anno, con riti religiosi, festeggiamenti musicali e giochi pirotecnici preceduti dal “ciuccio”, un asino di cartapesta con i fuochi pirotecnici. La statua, come si evice da una iscrizione alla base, è stata scolpita nel 1820 da Fortunato Morani di Polistena ed è stata restaurata nel 1969 da G. Tripodi. Altra importante festa di San Rocco si celebra a STELLANTONE di Laureana, dove la chiesa è piena di ex voto di argento e di cera, per grazia ricevuta. Sono raffigurazioni che riproducono non solo le parti del corpo guarite dal Santo, ma anche animali che S. Rocco ha salvato o parti di essi. La seconda domenica di settembre, San Rocco si festeggia anche a CINQUEFRONDI dove, in occasione della festa, nei rioni del paese vengono realizzati i cosiddetti “Deserti” composti da impalcatura in legno rivestita da una particolare pianta. I “Deserti” hanno l’intento di rappresentare particolari momenti della vita del Santo, e così il Deserto vero e proprio con la raffigurazione di San Rocco in un ambiente desertico con una

Nella foto: la statua di San Rocco di Cinquefrondi.

è la più vasta di tutte le chiese della Piana e La sua costruzione risale all’anno 1884. E’ stata costruita in soli 32 mesi ad opera della signora Donna Rosa Tarsitani. A Cittanova in onore del Santo, in piazza davanti alla Chiesa, prima dell’inizio della novena, viene acceso un grande falò.

«Una devozione

antica e radicata nei paesi della Piana»

Siti

Partners

Circolo “Don Pietro Franco”

Centro servizi E.N.Te.L

Ente Nazionale Tempo Libero

Ufficio Zonale Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) info: 347.6954218

Canale Digitale 636


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Maria SS. della Montagna e la Fiera del Parco Nazionale d’Aspromonte. di Girolamo Agostino

I giorni della festa

Importanti occasioni di vitalità culturale, religiosa e di scambi commerciali

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alendo dalla strada provinciale, che da Polistena porta a San Giorgio Morgeto, si giunge in un punto dove una lunga curva delimita un’altura rocciosa sulla quale spicca la statua del Santo Padre Pio da Pietrelcina. Più in avanti sulla

Nelle foto: momenti della festa.

destra, fra la scuola ed alcune case vi è uno spiazzo da dove è possibile incamminarsi in una stradina di campagna che porta ad una vallata nei pressi di un torrente dalle acque perenni. In questo luogo, ai margini del paese, la Venerata Vergine Maria SS.

della Montagna ha trovato la sua dimora nell’umile chiesetta della Melia. Pur scosceso, il percorso si presenta non difficoltoso, ben curato con una pavimentazione in pietra, protetto in parte da una bellissima staccionata in legno rustico e in parte da caratteristici muri in pietra a secco. Passando poi il ponticello sopra il ruscello, si accede nel recinto del selciato davanti alla piccola chiesa che, anche se situata ai piedi dell’impervia montagna, non desta alcun timore, apparendo invece graziosa ed accogliente. Durante i giorni lavorativi della settimana in questo luogo regna solitudine e calma e nel silenzio si può ascoltare il canto degli uccelli, il gorgoglio delle limpide acque del fiumiciattolo e della fresca sorgente che sgorga dalla roccia, il fruscio del vento. Qui, in alcuni periodi dell’anno, nelle ore vespertine molti cattolici del paese si ritrovano per la reciNelle foto: momenti della festa. ta del Santo Rosario e spesso questo luogo, per le sue particolari caratteristiche, è meta di tanti giovani sposi per celebrare il loro matrimonio. E’ dai tempi più antichi che nella chiesetta della Melia si celebra la ricorrente festività in onore alla Madonna di Polsi. Così quest’anno l’evento si è svolto nelle giornate di Sabato 31 Agosto e Domenica primo settembre, con grande partecipazione dei fedeli a tutte le funzioni religiose che in gran numero hanno assistito alla messa officiata dal nostro parroco Don Salvatore Larocca. Il nostro Sacerdote, durante l’omelia, li ha esortati a proseguire il cammino di fede con umiltà e fiducia, usando parole dure e di rimprovero non solamente verso i mali sociali ed i malfattori ma anche nei confronti dell’inerzia di chi ha l’obbligo e il dovere di operare e tracciare percorsi di vita civile nella nostra società. Nelle stesse giornate, in località Parco Aosta, ha avuto luogo la tradizionale Fiera del Parco Nazionale d’Aspromonte curata dall’Associazione Onlus “San Giorgio Soccorso” e con grande impegno i suoi volontari hanno allestito gli stand gastronomici dove si potevano gustare le prelibatezze ed i sapori dei prodotti d’Aspromonte e in particolare della melanzana ripiena. Ad animare le serate non sono mancati poi i divertimenti per grandi e bambini fra musica, giochi, canti popolari e balli. In tale occasione è da riconoscere l’importanza della Fiera del Parco Nazionale d’Aspromonte nella salvaguardia delle tradizioni calabresi ed è da riproporla in tema di economia e di sviluppo nell’area territoriale al fine d’incentivare ed incrementare le attività produttive ed agrituristiche, stimolando la cultura dell’ospitalità e della solidarietà spesso ignorate. Nelle foto: momenti della festa.


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Ideato da Domenico Gareri Un format di successo giunto all'8^ edizione

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’ giunto all’ottava edizione l’evento culturale Nella memoria di Giovanni Paolo II, ideato dall’autore e conduttore televisivo Domenico Gareri, e divenuto format tv di successo in Italia e all’estero. In prossimità della canonizzazione di uno dei Pontefici più amati della storia, l’evento assume un grande significato, perché realizzato all’interno dell’Istituto Penale Minorile Malaspina di Palermo. Contributi artistici di: Orchestra di Laureana, Unione Italiana dei Ciechi ed Ipovedenti di Catanzaro, Artedanza di Catanzaro, attrice Eleonora Cadeddu, Trombone basso del Teatro Massimo di Palermo Gianluca Gagliardi, gruppo di musica rap One Crew e alcuni ragazzi del penitenziario. Il Premio Giovanni Paolo II è assegnato, tra gli altri, all’attore Beppe Fiorello e alla tennista Mara Santangelo. Il Capo Dipartimento della Giustizia Minorile Caterina Chinnici e il Vicario del Prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta consegnano al Direttore del carcere la medaglia del Presidente della Repubblica. Nella Giuria che ha assegnato i premi: il conduttore Rai Daniele Piombi, l’autore televisivo Stefano Santucci, S.E. Mons. Carmelo Cuttitta (Vescovo ausiliare di Palermo) e il costituzionalista Luigi Ventura. L’Orchestra di Laureana apre la serata con Pirati dei Caraibi. Esegue l’Inno di Mameli cantato dal coro UNC. Con African Symphony accompagna il bellissimo balletto di Artedanza. Suona l’Ave Maria, cantata da Maria Caterina Scrivo. In Nessun Dorma accompagna al Trombone basso solista Gianluca Gagliardi. Durante tutta la serata, gli stacchetti e i sottofondi orchestrali. I nostri ragazzi dimostrano versatilità; in una serata tv, padroni del palcoscenico.

Nella foto: l'orchestra di Laureana di Borrello a Palermo con al centro il cantante Rosalino Cellamare, meglio conosciuto come Ron.

L’orchestra di Laureana di Borrello a Palermo

In memoria di Giovanni Paolo II Intense emozioni all’istituto penale Malaspina di Palermo

di Eleonora Palmieri

Questi ragazzi hanno il diritto ad avere infinite possibilità”. Sono le parole di augurio verso i piccoli carcerati, che pronuncia Beppe Fiorello al momento della sua premiazione. Giovanni Paolo II sarebbe stato d’accordo; lui che “trasmetteva un messaggio d’amore con la mano sulla croce”, come afferma la Dott.ssa Chinnici, che prosegue con un monito di riflessione verso la società: “Questi ragazzi hanno sbagliato, ma io dov’ero?!”. Ogni singolo è responsabile dell’educazione dei giovani. Messaggi d’amore attraverso musica e danza, nella serata dedicata ai detenuti e ai diversamente abili. Lezioni di umanità semplice e diretta quando uno dei sordomuti “dice”: <<I nostri non sono dei gesti, ma la

nostra voce>>. Durante l’Ave Maria, la voce della cantante accompagnata dall’Orchestra e il bianco dei costumi dei ballerini emanano il candore, che arriva come una preghiera. Innumerevoli le emozioni della serata, nelle magistrali esibizioni, ma anche in gesti quasi impercettibili; il ragazzino down straniero, a cui è stata assegnata la cittadinanza italiana, salendo sul palco bussa alla schiena del Maestro Managò, che senza smettere di dirigere lo stacchetto si volta: due luminosi sorrisi si incontrano. Non poter scattare foto durante la serata è un peccato per chi non vi assiste. Per gli altri, ogni istantanea rimarrà nel cuore. Il pubblico scruta i gesti e gli sguardi dei detenuti, che esprimono i sentimenti di ogni ragazzo della loro età: lo smarrimento, i sogni, ma anche la malinconia di chi sa di aver sbagliato e spera in un riscatto. Alla fine della serata, le telecamere si spengono e uno dei detenuti dice: <<A nome di tutti i ragazzi, grazie per questa giornata diversa che ci avete fatto passare>>. In queste semplici parole si racchiude il senso della serata: l’arte ha commemorato nella forma più alta la figura di Giovanni Paolo II. Un effetto boomerang ha arricchito i nostri ragazzi, che hanno donato qualche ora di felicità a quelli del penitenziario. Scambio umano suggellato dalla stretta di mano tra un ragazzo dell’Orchestra e uno del carcere: emblema del sentirsi simili, di un arrivederci e di un augurio per un futuro migliore…


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Preziose espressioni di amore per la natura di Carmen Ieracitano

L’arte del bonsai Al centro dell’azione del bonsai club Polistena

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apace di incantare tutti ma che è possibile realizzare con i corsi gestiti dal Bonsai Club Polistena, tenuti da Luca riservata alla pazienza di Bragazzi, istruttore certificato IBS (n.d.r. Istruttori Bonsai Suiseki) per principianti che pochi, l’arte botanica di vogliano avvicinarsi all’affascinante mondo del bonsai.Tra gli scopi del Bonsai Club origine giapponese che Polistena, oltre all’insegnamento della tecnica che si avvale anche dell’organizzazione di consente di riprodurre in scala ridotta i workshop di studio e modellatura delle piante a cura di Rocco Cicciarello, messinese c'è giganti del mondo vegetale, comunemenla diffusione e valorizzazione dell’arte del bonsai tramite incontri, conferenze, mostre a te detta “bonsai”, vanta anche sul territorio della Piana diversi appassionati che Antonio Galluccio, polistenese, ha voluto riunire, in nome della passione comune, sotto le insegne del Bonsai Club Polistena, associazione no profit costituitasi tre anni fa, di cui è presidente e che gestisce assieme al vicepresidente Salvatore Esposito, di Taurianova, e al segretario Giuseppe Monteleone, di Gerocarne. «Tutsinistra: Bouganville - Proprietario Giuseppe Monteleone. to nacque con un A A destra: Pino Nero - Proprietario Galluccio Antonio. regalo che feci a mia moglie – racconta Antonio – all’epoca in cui eravamo carattere locale, regionale e nazionale, lo stimolare i rapporti con club analoghi in tutta ancora fidanzati, nel 2003. Cominciai ad Italia, l’organizzazione di viaggi a scopo di ricerca, e il patrocinio di studi e ricerche nel appassionarmi e a ricercare varie letture campo. Nel 2012 è stata realizzata a Polistena, presso l’Istituto Industriale (che per il nel settore. Poi la decisione di provare con primo anno ha fatto anche da sede al club) una mostra in collaborazione con il club “Linla pratica. Da sei anni frequento assieme a fanigra” di Cosenza, ed anche la scuola elementare Brogna ha prestato i proprio locali Giuseppe Monteleone la scuola Med Boncome laboratorio e per lo svolgimento dei workshop. «Ci piacerebbe molto entrare a fare sai di Catanzaro, per affinare la tecnica». E parte dei progetti scolastici» ammette Antonio Galluccio «Da gennaio del 2013, grazie affinamento delle tecniche di coltivazione all’Amministrazione Comunale abbiamo una sede, sita in via contrada Calù. C’è poi una applicate al bonsai, con nozioni di agropagina Facebook a nome del Bonsai Club Polistena, e chiunque desideri informazioni o nomia e fitopatologia, sono anche quello voglia iscriversi può scrivere all’indirizzo mail: bonsaiclubpolistena@gmail.com». Nella foto: soci del Bonsai club di Polistena.


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A Gioia Tauro una piccola preziosa proposta museale privata di Caterina Sorbara

La collezione Alagna

Un caleidoscopico universo fra quattro mura

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uando parliamo di cultura di un popolo o di un periodo vogliamo identificare il patrimonio di idee, spirituali, politiche, scientifiche, religiose, tutti i reperti che ci hanno lasciato, di quel determinato popolo e di quel determinato periodo. Da qui l’importanza di un museo in una città. Esso è un luogo deputato alla ricerca, all’innovazione e alla creatività. Una città che tende al suo sviluppo attraverso la cultura non può non avere un museo. A Gioia Tauro, oltre al Museo Metauros, c’è un museo privato, aperto però a tutti, il museo Alagna. Leone Alagna è un distinto e dolcissimo signore,ex ferroviere che, sin dall’età di 16 anni ha iniziato a raccogliere strumenti, attrezzi, oggetti, utensili, fino a realizzare, a Gioia Tauro, nella centralissima Piazza Mercato, in un locale che un tempo era adibito a magazzino d’olio, un museo, aperto alla cittadinanza e agli appassionati di collezionismo. Visitare il museo è una grande emozione,

In alto: ingresso del museo Alagna. A sinistra: il titolare del museo, Leone Alagna.

è un tuffo nella storia. Nel museo c’è la storia della bilancia, della falegnameria, dell’illuminazione, le sveglie, gli orologi, le penne, i telefoni, il telegrafo, il riscaldamento, l’igiene personale, le caffettiere,le macchine fotografiche, collezioni di monete antiche, c’è persino uno Stradivari del 1731, le locomoNella foto in basso: particolari del museo Alagna.

tive, il fascio littorio, le sigarette, i primi accendini, le misure dell’olio, del vino e persino del “rosolio”. C’è la prima macchina per fare i panini, arrivata in un panificio della città nel 1950. La famosa bottiglia della “Gassosa ca pallina” e persino un catalogo di vendita per corrispondenza del 1940. Per ogni reperto il signor Alagna ci fa notare la differenza tra gli oggetti che possedevano le classi agiate e quelle meno agiate. Il signor Alagna ha girato anche per botteghe e mercatini, dal “Gran Balò” di Torino, al “Mercato delle Pulci” a Firenze, dal Naviglio a Milano e a Lione. Nel corso della sua vita, ha avuto parecchi riconoscimenti e alcuni oggetti gli sono stati donati. Recentemente lo storico gioiese Rocco Ruggiero ha scritto un libro su questa collezione, che è stata ed è meta di visitatori, persino dall’Australia. C’è però una nota di amarezza in questo dolcissimo signore che, ha dichiarato al nostro giornale che solo la città di Gioia Tauro non ha dato alla sua collezione il giusto peso che merita. In conclusione, invito i nostri stimati lettori a visitare il Museo Alagna. Io mi sono emozionata, ho sognato, ho ricordato e mi sono sentita felice.


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CHIP, pillole di informatica:

il nostro pc, conosciamolo meglio di Caterina Patrizia Morano

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niziamo a prendere un po’ di dimestichezza con il nostro computer, cercando di capire come esso sia organizzato. Come abbiamo avuto modo di sottolineare nell’articolo del numero precedente, il nostro caro cervellone non è niente altro che un insieme di componenti elettroniche. Ogni componente ha una funzione ed è stato programmato per assolvere dei compiti specifici. L’immagine mostra le varie componenti di un computer, così come quello che abbiamo sulla nostra scrivania. Possiamo distinguere il case per l’esecuzione delle elaborazioni, il monitor per la visualizzazione dei risultati delle elaborazioni stesse, infine la tastiera ed il mouse per l’interazione dell’utente con il calcolatore. Il case è, ovviamente, la parte più importante: esso contiene al suo interno il cuore pulsante del computer: la CPU (in inglese Central Processing Unit: unità di elaborazione centrale) e vari tipi di memorie. Quelle di cui ci interessa principalmente sapere sono la RAM e l’HARD DISK. La differenza sostanziale tra le due è che la

monitor

case

tastiera mouse Ram (Random Access Memory: memoria ad accesso casuale) è volatile, mentre l’Hard Disk (letteralmente, disco pesante) consente di memorizzare permanentemente le nostre informazioni. Che cosa vuol dire? Facciamo un banalissimo esempio per capire come funzionano. Supponiamo di voler scrivere una lettera con il nostro programma di videoscrittura (per esempio Word). Ciò che facciamo per prima cosa è aprire il programma, così che ci appaia un foglio bianco pronto per essere riempito. Presi dall’impeto delle nostre idee che corrono veloci e che non vedono l’ora di essere impresse sul foglio digitale, iniziamo a scrivere caratteri, su caratteri, su caratteri... Mentre scriviamo, i caratteri che appaiono sul video verranno trasformati, senza che noi ce ne accorgiamo, all’interno del case in un nuovo linguaggio: quello compreso dalla CPU. All’interno infatti vi è un programma che fa da interprete e traduce le parole scritte nel nostro alfabeto in quello del computer, fatto di 0 e 1. Ovviamente, il computer, dopo la traduzione, deve mantenere traccia di ciò che sta scrivendo e quindi memorizza tutto nella memoria RAM. Ogni carattere che digitiamo viene prelevato, tradotto e memorizzato in una posizione casuale della Ram, che si comporta come un archivio disordinato. Passato qualche tempo, abbiamo scritto e quasi completato la lettera quando… ZAC! Va via la luce!!!! Il computer si spegne e siamo costretti a riavviare... Apriamo nuovamente Word, cerchiamo la lettera ma.. NON C’È! Che cos’è successo? Poiché non abbiamo salvato il documento né in fase di creazione né durante le operazioni di scrittura, purtroppo per noi, abbiamo perso tutto il lavoro! Cerchiamo di capire il perché. Prima abbiamo detto che mentre scrivevamo il contenuto veniva trasferito e memorizzato disordinatamente nella Ram, che, nella sua definizione, avevamo indicato come volatile. L’esempio ci è servito per fornire una spiegazione pratica di questo aggettivo. La Ram infatti funziona fin quando è alimentata dall’energia elettrica: quando questa manca (perché non c’è corrente o perché abbiamo spento noi stessi il computer) le informazioni in essa memorizzate vengono cancellate e si perdono irrimediabilmente. L’hard disk, invece, che viene scritto quando noi diamo il comando di Salva, conserva permanentemente le informazioni fin quando non siamo noi stessi a cancellarle. Per questo motivo, è sempre importantissimo, quando creiamo un nuovo documento e fintanto che stiamo inserendo nuove informazioni, ricordarci di salvare costantemente e più volte in corso d’opera, il nostro lavoro che verrà inviato all’hard disk per un’archiviazione senza sorprese.


di Mara Cannatà

Occhio al mouse!

Quando il Trading on-line diventa pericolosa dipendenza!

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ggigiorno, il commercio elettronico è il servizio con le maggiori prospettive di crescita tra quelli messi a disposizione da Internet. L’EC (ovvero Electronic Commerce) riguarda di attività commerciali e di transazioni per via elettronica. Questo comprende attività diverse quali: la commercializzazione di beni e servizi, la distribuzione on-line di contenuti digitali, l’effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa, appalti pubblici ed altre procedure di tipo transattivo della pubblica amministrazione. Due le categorie principali: 1) Business to Consumer: insieme delle vendite dei beni e servizi tra le imprese e i consumatori finali. È il risultato dell’evoluzione della presenza di aziende in Internet: dai siti di carattere istituzionali passivi (storia e presentazione dell’azienda, elenco prodotti, contatti, ecc.), si è arrivati a quelli che permettono l’acquisto da parte di consumatori finali (creazione ordini, pagamento con carte di credito, ecc.). 2) Business to Business: che riguarda le transazioni effettuate da un’impresa nei confronti di altre organizzazioni, siano esse partner commerciali, fornitori, clienti o istituzioni. Un’azienda può effettuare ordini ai propri fornitori e pagare tramite Internet, la merce ricevuta, con il vantaggio di non vincolarsi agli stessi partner grazie ai bassi costi d’esercizio, d’avere la possibilità di cambiare l’azienda controparte con investimenti minimi. I

vantaggi del trading on-line, quindi dell’acquirente sono per primo, un incremento della possibilità di acquisto di prodotti indipendentemente dalla localizzazione dei venditori; la possibilità di accedere a prodotti diversificati; la riduzione sensibile dei prezzi e una migliore qualità del prodotto/servizio. In Italia il trading on-line non è ancora molto sviluppato, sono ancora poche le persone che, nella nostra nazione, affiderebbero il loro numero di carta di credito ad un computer. Tuttavia, se viene abusato, il trading on-line può diventare dipendenza, facendo parte della famiglia dei disturbi legati ad Internet (IAD, Internet Addiction Disorder). Il trader non tende semplicemente ad essere vittima dello stress, ma spesso svolge un ruolo attivo nel contribuire a generarlo. Spesso crea e provoca, non volendo, reazioni che mantengono o addirittura incrementano, delle risposte disadattive stressanti. Solitamente, il trader oscilla tra due estremi: la paura e l’avidità. Quando queste entrano in cortocircuito, possono minare le capacità di controllo dell’investitore che, spinto da una sensazione d’invincibilità, corre rischi sempre più grandi e prende decisioni più frettolose. Questo processo viene esaltato da Internet, perché la rete dà la sensazione di poter tenere sotto controllo i mercati a qualunque ora del giorno e della notte con la contemporanea situazione, in quanto permette di conoscere l’andamento delle possibilità di operare on-line. Questa patologia ha un doppio profilo. Il primo è legato alla piacevole perversione angoscia-eccitazione, comune tanto ai giocatori d’azzardo che agli investitori in Borsa. Il secondo, invece, è tipico degli investitori ed è legato al bisogno di mantenere un controllo che, non essendo mai sufficiente, porta alla perdita dello stesso. Il trader compulsivo agisce proprio come un giocatore d'azzardo, facendosi guidare dall’istinto invece che dalle competenze e dalla ragione. Il dipendente non sa mai quando fermarsi, non riconosce i propri limiti e, come accade spesso ai malati di poker, finisce per perdere grosse cifre. Non ci sono statistiche, ma gli specialisti concordano nel dire che è un fenomeno “molto sottovalutato”. Rispetto al gioco d’azzardo, il gioco in borsa on-line è molto più pericoloso, poiché la persona che lo utilizza, gli attribuisce legittimità e non è attraversato dai sensi di colpa. Dunque manca quel freno che il senso di colpa può indurre in chi perde per aver “giocato”, rispetto a chi perde per aver “investito”. La particolarità del trading on-line è la velocità delle transazioni e la solitudine dell’operatore di fronte al computer. Entrambi questi aspetti possono creare un contesto in cui le componenti emotive hanno il sopravvento su quelle cognitive che dovrebbero guidare un investimento finanziario.


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Fra eredità e ambiente, fattori di interazione di Rosa Maria Pirrottina Neuropsicologa

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l comportamento umano è il prodotto dell’attività cerebrale, ed il cervello è il prodotto dell’interazione tra due fattori: l’eredità e l’ambiente. Ovviamente, un fattore determinante della nostra individualità è il nostro patrimonio di DNA, il quale, a meno che non abbiamo un gemello identico a noi, è unico. Questo significa che, dal punto di vista fisico, il nostro cervello, come le nostre impronte digitali, è diverso da tutti gli altri. Un secondo fattore che rende unico il nostro cervello è la storia della nostra esperienza personale. Delle esperienze fanno parte i traumi e le malattie ma, come abbiamo visto nel caso della plasticità cerebrale nel numero di Agosto, le stesse esperienze sensoriali possono lasciare un marchio permanente sul nostro cervello. Salute e malattia sono concetti relativi, compresi lungo un continuum di funzioni corporee, e lo stesso si può dire della salute mentale e della malattia mentale. Nonostante tutti possediamo i nostri tratti distintivi, un individuo è dichiarato “malato mentale” quando riporta un disturbo diagnosticabile del pensiero, dell’umore o del comportamento, che causa angoscia e disfunzioni. Una conseguenza sfortunata della nostra passata ignoranza sulle funzioni cerebrali è la distinzione che comunemente è fatta tra salute “fisica” e “mentale”. Le radici filosofiche di questa distinzione possono essere fatte risalire alla separazione proposta da Cartesio tra

La malattia mentale ed il cervello

corpo e mente. Si riteneva che i disturbi del corpo avessero una base organica e fossero di competenza dei medici generici e della medicina. I disordini della mente, dall’altra parte, erano di origine spirituale e morale ed erano di competenza del clero e della religione. A rinforzare questa dicotomia è valso il fatto che molti disordini dell’umore, del pensiero e del comportamento sono rimasti, fino a poco tempo fa refrattari alle spiegazioni biologiche o alle terapie. Un importante avanzamento nella comprensione della malattia mentale si è avuto con la comparsa della psichiatria, branca della medicina che si occupa della diagnosi e della terapia dei disturbi mentali. Attualmente – quasi un secolo più tardi dalla formulazione delle teorie che spiegavano la malattia mentale con l’utilizzo di termini quali “inconscio” e “conflitto” – si considera la malattia mentale come il risultato dell’alterato funzionamento di una o più parti del cervello; ciò ci porta a concludere che anche per i disturbi mentali, come per quelli fisici, vi sono delle valide basi neurobiologiche, organiche e/o funzionali, che possono spiegare la manifestazione del disturbo. L’eziologia, o causa, di tali patologie è, dunque, da attribuire a fattori genetici, fisiologi, chimici e/o neurologici e non, come nell’immaginario sociale, ad una responsabilità personale o a “colpe” di chi ne è affetto. Anche all’interno della famiglia stessa la malattia mentale veicola sentimenti di vergogna e paura, che spesso

«Il cervello

centro direzionale di ogni essere vivente» ne impediscono la ricerca di aiuto. Il risultato? Un' immagine sociale negativa di colui che ne è affetto e che è da tenere a debita distanza. Possiamo parlare, quindi, di una progressione logica e cronologica nella sequela dei “danni” inflitti al malato mentale, in quanto, alla malattia segue lo stigma a cui in un secondo momento è legata la discriminazione sociale. La piena comprensione e la diffusione di quanto appena detto può cambiare profondamente il modo in cui i malati mentali vengono visti dalla società, perché il sospetto o il terrore verso questo genere di malattie possa lentamente venir sostituito con l’empatia.Le malattie mentali oggi sono, dunque, riconosciute come malattie del corpo, esattamente come lo sono il cancro ed il diabete.


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La storia di Santa Domenica di Placanica e di Cosimo Fragomeni in un libro di Padre Rocco Spagnolo

Fare della propria vita un capolavoro di Teresa Martino

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adre Rocco Spagnolo scrive Fratel Cosimo. Un bagno di luce, edito da San Paolo, pubblicato quest’anno, con la Prefazione di S. E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, già vescovo di LocriGerace ed ora arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova. Mons. Morosini scrive: «Il titolo del libro, Fratel Cosimo. Un bagno di luce, è tutto un messaggio, Chiesa sui fatti di Santa Domenica di Placanica. Scrive Padre Rocco: «Quante meraviglie perché cerca di esprimere la luce di fede del Signore! Prima poche persone ricevute nella sua casetta, poi un capanno di lamiere che brilla in Santa Domenica di Placanica, (1969-1970), poi una chiesetta con campanile svettante nell’azzurro del cielo, poi i libri ove vive Fratel Cosimo Fragomeni, ter- stampati, poi la spianata, poi la Fondazione, poi milioni di pellegrini, poi i testimoni del ziario francescano al quale il Signore ha Rosario, poi i meeting dei giovani, poi il progetto del tempio della Vergine, il più grande voluto affidare in questo luogo una missio- della Calabria con 5000 posti, poi…poi…poi… Rendendo Santa Domenica l’ombelico ne di grazia, che egli svolge con umiltà e del mondo». Il libro esprime la voglia di presentare Fratel Cosimo e il suo mondo. La sua semplicità, in piena e totale obbedienza al è una personalità discussa ma seguita da migliaia di persone per le preghiere, i consigli Vescovo Diocesano». L’autore ripercorre di intercessioni, le guarigioni. È proprio la speranza miracolosa che spinge migliaia di la storia di Santa Domenica di Placanica persone a recarsi nella parte più interna della locride da più di quarant’anni. Perché tanta e di Cosimo Fragomeni rievocando ricordi gente? La risposta la suggerisce lo stesso Mons. Morosini: Digitus Dei est hic (qui c’è il personali, osservati e vissuti molto da vi- dito di Dio). La gente viene qui a offrire la propria inquietudine e Fratel Cosimo fa loro cino. Santa Domenica di Placanica è una scoprire che Dio è la sorgente della vera pace. Scrive Padre Rocco: «Lo Scoglio è pervaso delle zone più depresse e dimenticate della da spiritualità fuori dal comune, in grado di attirare e di erogare una corrente di grazia. provincia di Reggio Calabria, è un luogo Qui c’è una liturgia viva, meditazione biblica rigorosa e ricca di senso, predicazione di rovi, cespugli e burroni, in cui Fratel gioiosa e appassionata, forme di preghiera più semplici. Sul cielo di Santa Domenica si è Cosimo opera per realizzare un grande innalzato un arcobaleno che unisce cielo e terra». È il luogo del silenzio e della calma in centro di spiritualità. La storia inizia l’11 cui s’innalzano all’unisono canti di lode e di ringraziamento al Signore. Maggio 1968 quando a CoNella foto: il Santuario Mariano di S. Domenica di Placanica. simo, giovane contadino calabrese, apparve su uno la Madonna, a questa seguiranno altre apparizioni per quattro giorni consecutivi. La Vergine chiede a Cosimo di costruire una cappella per pregare, che sia meta di pellegrini. L’ambizioso sogno di Cosimo diventa quello di dare alla Vergine una sede adeguata e decorosa e a tutti i pellegrini un’oasi di pace dove poter trovare ristoro e conforto. Nel corso del tempo i fedeli che si recano alla Madonna dello Scoglio sono migliaia e nel 2008 il vescovo della Diocesi di Locri-Gerace emana un decreto col quale riconosce la Madonna dello Scoglio come luogo di culto eletto, il 7 Dicembre 2008, durante la solenne celebrazione presieduta dallo stesso Mons. Giuseppe Fiorini Morosini. Un decreto che non vuole prevenire in alcun modo il giudizio della


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Perché ho scritto la biografia di Fortunato Seminara di Erik Pesenti Rossi

(Erik Pesenti Rossi, Vita di Fortunato Seminara, scrittore solitario, Cosenza, Pellegrini, 2012.)

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e opere letterarie non nascono dal nulla, sono vita e si nutrono della vita osservata e vissuta dagli scrittori; spesso sono anche una risposta a questa vita. Questa affermazione sembra particolarmente pertinente per Fortunato Seminara, scrittore di Maropati (1903-1984), non tanto per gli aspetti autobiografici (numerosi) della sua opera letteraria, quanto per le motivazioni esistenziali di questa. Per cinquant’anni, egli non fece che sviluppare nei suoi vari aspetti un mondo romanzesco estremamente denso, coerente e totalmente originale che aveva già in sé sin dal primo scritto (un racconto del 1932 pubblicato sulla rivista polistenese Nosside). Fu la vita poi, vita difficile e solitaria, per colpa di avvenimenti storici ed esteriori, ma anche per colpa del carattere difficile dello scrittore, a dare l’impulso fondamentale che permise l’edificazione lunga e paziente di un’opera sincera e importante nel panorama letterario meridionale e italiano (Le baracche, Il vento nell’oliveto, Disgrazia in casa Amato, Il diario di Lau-

ra, L’Arca, ecc.). Dopo il tentativo fallito grafia era di fare dialogare in permanenza di emigrazione negli anni ’30-’32, con il la vita e l’opera dello scrittore, mostraritorno a Maropati e il suo ritiro sul poggio re come si influenzino a vicenda, dando di Pescano, Seminara, intuì probabilmente spesso la sensazione di un materiale che due cose depassa in permaterminanti: era nenza dai Diari meglio cercare (e dalla vita) in se stesso e ai romanzi (e nella scrittura viceversa) senuna libertà che za distinzione si era illuso di particolare tra trovare emiimmaginario grando; inole reale. Contre, l’allontatrariamente a namento dalla certi scrittori, Calabria per 2 Seminara aveanni gli aveva va molte cose dato il senso da dire e quasi del distaccaogni suo romento necessamanzo costirio per parlare tuisce una “ricon giustezza sposta” (spesso delle cose della da lui stesso sua terra; pure sperimentata e tornato in Calaspesso disperabria egli avrebta e sbagliata) be saputo condei vari persotemplarla con naggi all’inla sua giusta sopportabilità distanza, con In basso: lo scrittore Fortunato Seminara. del reale messo uno sguardo loin scena: lotta cale e universale (quasi) mai campanilista. politica (vedi La masseria, suo unico roLa sua vita difficile con molte costrizioni manzo veramente impegnato), emigrazioesteriori, gli permise di coltivare una sua ne, suicidio (La fidanzata impiccata), soforza interiore, una volontà ferrea di liber- gni impossibili, violenza disperata, fuga, tà morale, la libertà di ogni uomo di fronte ritorno e disillusione e altro ancora. Come al contesto in cui nasce. Proprio per questo per i suoi personaggi, anche per Seminara motivo l’intento generale della mia bio- “costa lacrime e sangue” vivere in questa Calabria arcaica e violenta, terra in cui l’intellettuale soffre ancora più duramente degli altri perché è asIn basso: Erik Pesenti Rossi, autore del libro. solutamente solo. Ma la sua vera risposta è la testimonianza lasciata nella sua opera nonché la sua fiducia nella ragione e nell’educazione, unica salvezza di fronte a tutte le barbarie di ieri e di oggi, in Calabria e altrove.

«Un poeta

da conoscere nella sua affascinante solitudine»


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La Leggenda dell’Olivarella

di Luigi Cordova

È

il mito di Enea che si rinnova nell’avventura del Principe alla Tonnara di Palmi; a distanza di migliaia di anni due destini s’incrociano: l’uno darà origine alla fondazione di Roma l’altro allo Scoglio e la sua Olivarella, all’uno la perdita di Didone all’altro quella della sua bella entrambe abbandonate per ordine degli dei e del fato. Entrambe non sopravviveranno al dolore per la perdita dell’amato e da queste storie rimangono due tracce perenni: Roma e lo Scoglio dell’Olivarella. La storia ha origine alla fine del XVII° secolo, quando un Principe fortunosamente scampato ad un naufragio raggiunge una spiaggetta di aspri e neri scogli dove viene soccorso e nutrito da una bellissima ragazza del posto che infine lascerà per ritornare al suo regno. Il Principe viene a sapere che per ordine del Fato il luogo dove è avvenuto il suo salvataggio avrebbe accolto lo “Scoglio più bello al mondo” che, ancora sommerso dalle acque, verrà fatto emergere con la forma del suo cane Argo. La giovane appena vede lo Scoglio comprende che non rivedrà mai più il suo amato e si lancia dalle sue cime. La profezia si completa quando le cime dello Scoglio vengono ornate da un bellissimo alberello: l’Olivarella a cui viene prescritta l’inviolabilità. La seconda parte riporta quanto narrato dal Prof. Domenico Ferraro sulla leggenda dello “Scoglio Errante” quando

Nella foto: l' Olivarella della Tonnara di Palmi.

negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso circolavano innumerevoli foto dello Scoglio e della sua Olivarella testimoni di prestigiose località turistiche italiane. La terza parte narra quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale e tratta dell’anatema che colpì Liberato e Carmela per aver colto un ramoscello dell’Olivarella e del destino dell’Olivarella a seguito della loro morte (dopo la morte di Liberato, Carmela si porta sullo Scoglio e prima di precipitare lo maledice); col tempo l’Olivarella deperisce fino a pietrificarsi. La quarta, infine, è il racconto che giunge fino alla cronaca attuale e viene narrata dal protagonista Santino, che, come un Antico Condottiero, mosso dallo smisurato amore per la sua città, intraprende azioni con un manipolo di valorosi riportando in vita l’Olivarella. A completamento della cerimonia che opera il reimpianto dell’olivastro che integrerà la perita Olivarella, la benedi-

zione di don Vittorio cancella ogni maleficio e consacrando l’Olivarella a simbolo dell’Amore per tutti i Valentini. Il breve racconto è incentrato sulla credenza popolare circa l’inviolabilità dell’Olivarella e delle spaventose conseguenze che avrebbero potuto colpire i sacrileghi. Il testo utilizza una narrazione favolistica e poetica ed è integrato da foto e disegni: il luogo al tempo del Principe, il disegno del cane Argo perfettamente replicato dalla forma dello Scoglio, la riproduzione delle cartoline di rinomatissime località che spacciavano per proprio lo Scoglio dell’Olivarella ed infine le foto del 16 Giugno 2012 Copertina del libro.

Nella foto: l' Olivarella della Tonnara di Palmi 60 anni fa.

dell’evento del “reimpianto” della nuova Olivarella accanto a quella ormai pietrificata. Alcune poesie in vernacolo con la traduzione in italiano scandiscono alcuni passaggi fondamentali, il libro si completa con un inno “Canto all’Olivarella”.


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La Decorata Cornice della Piana

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Crocifisso dello Zillastro - Natile Vecchio Asceterio Rocce di San Pietro - Pietra Cappa

Proprio all’entrata della frazione carerese si lascerà la nazionale per imboccare una stradina sulla destra che porterà, superato il ponte sulla fiumara Platì-Careri, ai 328 m. di Natile Vecchio. Lasciando il paesino, tristemente noto per le vittime dell’alluvione del 1951, si affronterà una ripida salita asfaltata che diventerà agevole e larga strada bianca lungo il panoramico falsopiano. Percorsi poco più di 2 km. dall’abitato si arriverà all’altezza di un sentiero, alla sinistra dello sterrato, contraddistinto da un ovile. Parcheggiata l’automobile ci si immetterà in esso per scendere, piegando ulteriormente a sinistra, sino ad un cancelletto che, una volta aperto o aggirato, condurrà alla base delle pittoresche Rocce (o Rocche) di San Pietro. Tenendosi sulla sinistra di queste si giungerà in una selletta dalla quale, grazie ad alcuni comodi gradini di recente ricavati nella ripida parete rocciosa, si salirà facilmente ai 578 m. del suggestivo Asceterio dentro il quale si rifugiavano gli eremiti basiliani, seguaci di San Basilio di Cesarea detto “il Grande”. Gli antichi monaci, perseguitati dai musulmani, affluirono nella nostra terra in tre successive immigrazioni, avvenute tra il VI ed il X secolo, provenendo in gran parte dalla Siria, dalla Palestina, dall’Egitto ed anche dalla Sicilia invasa dagli arabi. Anche per questi riferimenti storici l’emozione che si proverà all’interno del romitorio, magistralmente scavato mille anni addietro (senza alcun moderno martello Il Crocifisso dello Zillastro sparato al cuore. pneumatico…), sarà indimenticabile. L’architettonico eremo si compone infatti di un “piano terra” e di un “piano superiore”, probabilmente per poter ricavare un maggior numero di giacigli. A pochissimi metri dall’asceterio vi è un’altra grotta di minore dimensione. Il tutto al maestoso cospetto degli 829 m. di Pietra Cappa che, da questa panoramicissima angolazione, appare veramente come la litica “regina d’Aspromonte”. Ridiscesi nella selletta si ritornerà sul largo sterrato per risalire in auto e proseguire ancora di poco in avanti sino ad una segnalata digressione sulla sinistra. Da qui, lasciata nuovamente la macchina, si salirà lungo il pietroso sentiero che, passando da un piccolo rifugio in legno con annessa fontanella, conduce a Pietra Cappa (da cauca che vuol dire vuota) magicamente emergente, con le sue tre “figlie”, dalla rigogliosa lecceta. Nel girare attorno alle verticali, imponenti ed erose pareti di roccia si passerà sotto una fenditura formatasi, alla base della Pietra, da un lastrone rimasto inclinato. Usciti dalla suggestiva “galleria” si scenderà, lungo uno stretto ma ben identificabile camminamento, verso il vicino Casello di San L'asceterio delle Rocce di S. Pietro con sullo sfondo Pietra Cappa (Foto Diego Demaio - riproduzione vietata). Giorgio, ricadente nel territorio di San Luca. Poco prima di raggiungerlo si andrà brevemente a sinistra per visitare i ruderi dell’omonima chiesa, eretta forse tra la seconda metà del secolo XI e l’inizio del XII, all’interno del monastero. Il luogo di culto era lauritico, ovvero importante punto d’incontro e di preghiera dei tanti basiliani eremiti nella zona. La sua importanza doveva essere pure culturalmente notevole in quanto, alla fine del XII secolo, era già un’officina sciptoria di testi greci. Secondo alcuni studiosi le colonne, ancora riverse tra i diruti muri, testimonierebbero di un’ architettura forse simile addirittura a quella della Cattolica di Stilo. Una di queste nel 1979 veniva trasportata a Polsi per sorreggere, all’esterno del Santuario, la bianca Madonna di Giancarlo Riccomini, offerta dai devoti sanluchesi.Raggiunto infine l’adiacente Casello, caratterizzato da un secolare castagno, si sosterà nell’attrezzata area picnic per rifocillarsi e quindi ritornare sul largo sterrato dove è parcheggiata la macchina. Da qui, rifacendo l’identico percorso dell’andata, si ripasserà da Natile Vecchio e Nuovo per risalire sullo Zillastro e declinare nella Piana.

rendendo lo spunto dal precedente itinerario della nostra rubrica che, nello scendere dal Casello di Cano verso Polsi, consentiva di ammirare dall’alto l’incantevole “Vallata delle Grandi Pietre” si avrà stavolta come meta la dominante Pietra Cappa, opportunamente identificata per la sua singolare mole come la “regina d’Aspromonte”. Salendo inizialmente da Cittanova o da Molochio, oppure dalla SS 112, per i provenienti da Oppido o da Santa Cristina, si giungerà ai 1057 m. del Crocifisso dello Zillastro che, nel 1987, venne per la seconda volta ucciso da una brutale mano deicida che gli sparò nel Sacro Cuore. A pochissima distanza dal bronzeo Cristo, dentro la dirimpettaia pineta, si trova anche il monumento eretto nel 1995 in ricordo della battaglia dell’8 Settembre del 1943, ad armistizio già firmato, tra gli ignari paracadutisti della Div. Nembo ed i soldati anglo-canadesi. Per tal motivo ogni anno sul pianoro, alla presenza di autorità militari, civili e religiose, vengono ufficialmente commemorati i numerosi caduti, con il toccante intervento dell’anziano capitano Paolo Lucifora, superstite al cruento scontro. Usciti dal bosco si scenderà, usufruendo della 112, a Platì per procedere verso Natile Nuovo.

Foto Diego Demaio - riproduzione vietata

di Diego Demaio

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