

Il sogno
19 hIBStory
Storia dei prodotti
Un viaggio tra innovazione e territorio
49 Le voci di IBSA
59 Il valore della sostenibilità
67 Scienza per tutti
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Il sogno
19 hIBStory
Storia dei prodotti
Un viaggio tra innovazione e territorio
49 Le voci di IBSA
59 Il valore della sostenibilità
67 Scienza per tutti

Intervista ad
Arturo Licenziati
Presidente e CEO di IBSA
a cura di Paolo Rossi Castelli

Tutti dicono cose molto belle di Lei...
Non gli dia retta!
... Raccontano della Sua idea di azienda come una grande famiglia, e del Suo modo di “fare impresa” molto diverso da quello della maggior parte degli altri industriali...
È questione di abitudine: se uno è un semplice, come me, vede le cose in modo semplice e comprensibile per tutti, e quindi le fa...
Molti ricordano, per esempio, che quando eravate nella vecchia sede di IBSA Lei andava spesso negli uffici, conosceva le persone, beveva un caffè con loro, si informava sui problemi e cercava di risolverli...
Ognuno è fatto in un certo modo. Io, come dicevo, sono un semplice, e faccio le cose semplici.
Se una persona ha bisogno di aiuto, glielo do. Sulla mia tomba scriveranno: “Non aveva
In tante altre aziende – come si sa – non è così, e a volte i dirigenti non conoscono nemmeno i nomi dei collaboratori, non sanno realmente quale sia il loro ruolo. Pensano soprattutto a fare bella figura durante i consigli di amministrazione.
Che senso ha?
Infatti... Le aziende gestite così, in modo impersonale, spesso vanno incontro a problemi. Bisogna avere una forte sensibilità, comunque, per scegliere una strada diversa.
Io non ho particolare sensibilità. È fisiologico, come lo sono altre attività quotidiane, anche piccole...
Farsi la barba e la doccia tutte le mattine: è fisiologico... Non riesco nemmeno a concepire quello che mi sta dicendo (ride). Non è nel mio DNA. Siamo su due mondi diversi.
Qui in IBSA, quando si timbra per la presenza, si può leggere la scritta: “In questa azienda si pretende il rispetto a tutti i livelli”.
Licenziati e Antonio Melli con due collaboratrici IBSA, Agnese Milesi e Irma Foglia
Davvero c’è questa scritta?
Sì, vada giù e legga. Non sono ammessi soprusi, non sono ammessi abusi di potere. Punto. Ogni persona che lavora qui deve rispettare tutti. Lei rispetta me, e io rispetto Lei. Qui la porta è sempre aperta. Per quanto riguarda me, l’unico “abuso” che mi permetto è quello di leggere il Corriere della Sera in ufficio (agli altri non è consentito...).
Da tempo mi chiedo perché Lei, che era un importante dirigente della Zambon, non abbia cercato di passare in un’altra grande azienda farmaceutica, invece di rischiare il tutto e per tutto comprando IBSA, che nel 1985 era sull’orlo del fallimento...
Io avevo un grande rispetto per il mio presidente, Alberto Zambon, che mi lasciava completamente libero. Per tanti anni ho potuto fare quello che volevo. Però a un certo momento l’organizzazione del lavoro è cambiata e non mi sono più trovato a mio agio. Allora ho detto: “Caro presidente, l’azienda è sua, la vita è mia. Lei faccia della sua azienda quello che ritiene giusto, e io farò altrettanto della mia vita”. Più semplice di così, si muore...

Sì, ma in questo modo Lei ha messo a repentaglio tutto quello (intendo i beni economici) che aveva accumulato fino ad allora.
Perché mi sembrava il momento adatto.
Aveva cinquant’anni esatti. Non è facile cambiare completamente la propria vita in quella fascia di età.
Io sono fatto in un modo diverso, più semplice, gliel’ho detto... Sono un animale preistorico.
Lei ha preso tutti i soldi che aveva...
... E me li sono giocati. Ognuno è matto come gli pare! Ho fatto un aumento di capitale al 50% per rilanciare IBSA, che in quel momento produceva pochissimo: un farmaco chiamato Urogastrone e antibiotici generici. L’Urogastrone era un estratto di urina di donne gravide, che aveva un’attività antiulcerosa, perché faceva diminuire la motilità gastrica. Questo passava il convento...
C’è voluta una certa incoscienza...
Io lavoro nell’industria farmaceutica da settant’anni (adesso ne ho novanta). Una gran parte delle aziende della Zambon all’estero le avevo aperte io. Ho imparato il mestiere.
IBSA, però, aveva una quarantina di dipendenti, quando Lei l’ha acquisita... Quindi quaranta stipendi da pagare ogni mese.

Sì, sono entrato in una situazione abbastanza pericolosa. La prima cosa che ho fatto è stata chiedere se c’era la possibilità di licenziare la metà delle persone che lavoravano lì. E da quel momento siamo arrivati a oltre 2.500 persone e a quasi un miliardo di fatturato!
Ma li ha licenziati veramente quei primi collaboratori?
Non ho avuto tempo...
Quanto avete impiegato per risollevare l’azienda?
Siamo ripartiti da subito, praticamente.
Ma come avete fatto?
Abbiamo lavorato, cercato di ridurre i costi e di inventare nuovi prodotti.
Avevate un reparto di ricerca e sviluppo?
(Ride) Ero io... La prima mossa è stata quella di portare in Italia i cosiddetti “plaster”, cioè la versione moderna dei cataplasmi (gli impacchi di sostanze naturali o medicamentose, applicati direttamente sulla pelle, che preparavano le nostre mamme e nonne). In Giappone erano molto bravi a utilizzarli, in una versione aggiornata (un tessuto non-tessuto che poteva essere imbibito di princìpi attivi): me ne sono reso conto quando sono andato in Estremo Oriente, per seguire le vendite dell’Urogastrone, che aveva come principale mercato proprio il Giappone. Così ho deciso di abbinare il moderno cataplasma a una sostanza antinfiammatoria nota: il diclofenac, per combattere i dolori del ginocchio, della schiena o anche i dolori artrosici. Ha funzionato, ed è nato il Flector.
Com’era l’iter per l’approvazione dei farmaci, da parte delle autorità sanitarie?
Molto diverso da quello di oggi ma, in ogni caso, anche quarant’anni fa bisognava preparare un complesso dossier di registrazione, all’interno del quale era necessario indicare le caratteristiche tecniche del prodotto e il loro effetto. Nel caso del Flector, invece di ricorrere a un gel, o a una crema da strofinare sulla gamba (come accadeva di solito), abbiamo dimostrato che bastava applicare il nostro cerotto nel punto dolente, per ottenere un’attività antinfiammatoria.
Quindi, Lei ha avuto l’idea e poi l’avete sviluppata fra di voi...
C’erano pochissime persone nella IBSA di allora. Abbiamo utilizzato anche centri esterni, per i test. Sono state eseguite molte prove, in laboratorio e in ospedale, e si è visto che il farmaco aveva un ottimo effetto. Così abbiamo cominciato a produrlo. O, meglio, lo facevamo produrre in Giappone.
Questo avrà avuto un costo, che si sommava a quelli generali per la gestione dell’azienda...
Sì, certo. Se mi chiede quanti miei soldi personali ho investito, glielo dico subito: avevo 1,2 milioni di franchi, ottenuti ipotecando la casa e raccogliendo tutti i miei risparmi, più un debito verso IBSA di 2,4 milioni (per eseguire l’aumento di capitale), che liberavo a seconda delle necessità, facendomi prestare i soldi dalle banche. È stata una questione di fortuna... Se Lei ha fortuna, ci azzecca, come quando va al casinò: se dice rosso ed esce rosso, ha vinto; se esce nero, ha perso.
Non basta solo questo... Per andare avanti e realizzare i propri progetti, soprattutto quelli più arditi, occorrono anche costanza, coraggio e cervello, come Lei ha detto in varie occasioni.
Sì, ma ci vuole fortuna! Se non c’è quella, se non arriva, si fallisce.
Qual è stato il Suo colpo di fortuna?
Sono riuscito a portare a casa il primo prodotto.
In realtà è stato il frutto di una Sua bella intuizione...
Sì, è vero. Però poi ho lavorato 12 ore al giorno, per lungo tempo, con grande intensità...
E quando avete visto che il Flector funzionava...
Abbiamo cominciato a mettere in cantiere anche altri farmaci. Certo, il nostro centro di ricerche continuava a essere molto casalingo...

Come Le venivano le nuove idee? Dove trovava l’ispirazione, non avendo ancora un team fisso di ricercatori all’interno dell’azienda?
La necessità fa virtù. È come avere una faretra, con dentro una sola freccia. Si comincia a lanciare quell’unica freccia. Se arriva a destinazione, si può arricchire la faretra.
Anzi, bisogna avere altre frecce. Questa sfida non mi spaventava. Non era stata l’unica... Quando avevo 28 anni, per esempio, Zambon mi aveva spedito in Belgio per aprire un nuovo stabilimento. Ero solo. Mi hanno preso e buttato lassù, e mi hanno detto: arrangiati! E sono sopravvissuto... Insomma, quando ho rilevato IBSA ero abbastanza abituato a queste avventure.
Cosa ricorda dei suoi primissimi giorni nella sede “storica” di Massagno?
Il contabile se n’era andato. La centralinista, che aveva 70 anni, o qualcosa di simile, pure. Le pareti degli uffici erano tutte colorate... Un soffitto era rosso, un altro nero, un altro ancora giallo, in modo caotico. E poi c’erano i gabinetti alla turca.
Mi hanno detto che non Le piaceva neppure la reception...
L’ho cambiata tutta, pezzo per pezzo!
In effetti si nota nelle vostre attuali sedi, anche in quelle più periferiche, il gusto per il bello, per l’architettura...
Le cose, belle o brutte, costano uguale. Tanto vale farle belle! È soltanto una questione di gusto.
L’edificio cosmos è particolarmente elegante...
Sì, sembra un albergo a 5 stelle.
La ricerca della bellezza ha sempre accompagnato la Sua vita (anche quella privata)?
Certo! Per me è fisiologico. Non posso fare una cosa brutta. Mi rifiuto.
Bisogna averla dentro, però, questa “necessità” della bellezza...
Quando sono arrivato in Belgio, come Le raccontavo, ero solo. Vedevo quei prati enormi, gialli, rossi, verdi... Per i miei primi clienti ho deciso di far preparare un’edizione speciale di Pinocchio, illustrata, di grande formato, in francese e in fiammingo. Una scelta forse inconsueta per un’azienda farmaceutica, ma era bella, appunto, e mi ha permesso di farmi conoscere in modo diverso.
Che rapporto ha con il denaro?
Il denaro mi serve, ma non vivo per il denaro. Ho bisogno del denaro, per fare, ma vado in giro con una Panda.
Come mai?
Quando avevo quarant’anni, o cinquanta, possedevo una Mercedes (una bellissima macchina) e avevo comprato anche una Maserati. Ma a novant’anni non mi importa. Anzi, mi vergognerei...
Per la verità, oltre alla Panda ho anche una 500 Abarth. Adopero la Panda in inverno, perché è una 4x4 e sta sempre in piedi, anche con la neve e con il ghiaccio. Con la 500, invece, vado da marzo a settembre. Guidare quella macchina mi diverte, in autostrada, dietro alle Porsche... I soldi che possiedo li reinvesto sempre nell’azienda. IBSA non ha mai distribuito utili agli azionisti.
Anche in questo caso Lei va contro corrente. Sono moltissimi, invece, i casi di grandi aziende che vengono spremute come limoni solo per pagare un alto dividendo.
Incomprensibile per me... Come si fa? Investiamo tanti soldi nella nostra azienda: il cosmos è costato 140 milioni.
Evidentemente Lei crede molto nei Suoi progetti...
È quello che sento. Per citarne un altro, ad Avellino ho fondato Altergon, un’azienda in cui lavorano 350 persone. Prima non c’era niente. Adesso quell’azienda produce acido ialuronico che viene venduto in molti Paesi. È una grande soddisfazione personale, che nessuno mi può togliere.
Com’è la Sua vita sociale?
Se è possibile non mi faccio mai vedere. Meno appaio, e più mi diverto.




farmaceutica. Segue la costituzione della filiale belga del Gruppo Zambon, sviluppando ed espandendo la società in centro Europa.

Arturo Licenziati assume la carica di Vicepresidente di Merck Sharp & Dohme (MSD).

Arturo Licenziati viene richiamato in Zambon, dove sviluppa tutti i processi di ricerca, produttivi e commerciali della filale svizzera.

svizzera, sorta a Lugano nel 1945, la cui ragione sociale era e rimane IBSA Institut Biochimique SA. Il business di questo piccolo laboratorio era concentrato soprattutto in Giappone.


1969

1970
1963 1982
6 milioni di CHF 40 collaboratori 1985


Registrazione in Svizzera di Condrosulf granuli 1986








IBSA ottiene il suo primo brevetto per il diclofenac epolamina (DHEP).

Registrazione in Svizzera di Solmucol granuli

Investendo 6 milioni di franchi, Arturo Licenziati rinnova le linee di produzione, crea un reparto marketing e R&D, attivando collaborazioni con centri di ricerca in Italia, Francia e UK. Avvia inoltre la partnership con Laboratoire Genevrier (oggi IBSA France).



20 milioni di CHF 72 collaboratori
Registrazione in Svizzera di:
• Myrtaven capsule
• Ialugen crema
• Ialugen garze medicate
Registrazione in Svizzera di Solmucol compresse 1989
Registrazione in Svizzera di:
• Flector gel
• Condrosulf compresse
Arturo Licenziati inizia a gettare le basi per quella che sarà la filiale più grande del Gruppo IBSA (IBSA Italy), aprendo la casella postale di IBSA Farmaceutici.

Viene costituita IBSA Pharma Kft. (IBSA Hungary)

Registrazione di:
• Flector plaster medicato 180













53 milioni di CHF 120 collaboratori
Registrazione di Diclofenac epolamina in granuli in Svizzera
Registrazione in Svizzera di:
• Fostimon (FSH) 75, 150, 225, 300 UI
• Meriofert (hMG) 75, 150, 225, 300 UI
Registrazione in Svizzera di Biovigor




laboratori di Manno e Lamone, in Svizzera, e i laboratori di Qingdao Huashan Biochemical in Cina.

154 milioni di CHF
240 collaboratori

Viene avviata la produzione di cerotti transdermici e di acido ialuronico.
Viene acquisita Gelfipharma (sito produttivo di Lodi 1, Italia).

Viene costituito un nuovo sito produttivo in Cina, Rizhao Lanshan Biochemical (IBSA China) e viene inaugurato il nuovo sito produttivo di Lamone (Svizzera).


Viene costituita IBSA Slovakia s.r.o. (IBSA Slovakia)



263 milioni di CHF
545 collaboratori
Registrazione in Italia di Choriomon (HCG) 250, 1.000, 2.000, 5.000 e 10.000 UI


Viene aperto un nuovo stabilimento per la produzione di capsule molli a Manno (Svizzera).
Viene autorizzata dall’FDA l’immissione in commercio dell’ormone T4 in capsule molli.


Registrazione di:
• Tirosint (T4) softgel capsules in Svizzera
• Tirosint (T4) softgel capsules in US
Viene costituita IBSA İlaç San Ve Tic. Ltd. Şti. (IBSA Turkey).
IBSA è la prima casa farmaceutica europea a portare un anti-infiammatorio nel mercato americano.


Viene fondata IBSA Foundation for children. IBSA entra nel mercato statunitense con Flector Patch (dolore e infiammazione) e Tirosint (endocrinologia).

Registrazione di Flector in US
Registrazione in Italia di Tirosint multidose oral drop solution (T4)
Viene acquisita Bouty Healthcare (sito produttivo di Cassina de’ Pecchi, Italia)

Nasce ufficialmente IBSA Farmaceutici Srl (IBSA Italy) con 50 collaboratori

420 milioni di CHF 1289 collaboratori
Viene costituita IBSA Poland sp. z o.o. (IBSA Poland)

Registrazione in Italia di Tirosint monodose
4 dosaggi con alcol (T4)









450 milioni di CHF 1430 collaboratori


Registrazione in US di Tirosint Sol
Viene costituita
IBSA Pharma HK Ltd (IBSA Hong Kong)

Registrazione in Svizzera di Tirosint Sol 2018

Viene costituto l’Instituto Bioquímico Ibérico IBSA SL (IBSA Iberia) 2019

diventa IBSA
Pharma SAS (IBSA France) e costituite IBSA
Viene acquisita IBI, spol. s r.o. e costituita IBSA
Pharma s.r.o. (IBSA Czechia)

559 milioni di CHF 1748 collaboratori
Registrazione in Italia di Tirosint Sol (Levotirsol) 2020
Pharma GmbH (IBSA Austria), IBSA Pharma BV (IBSA Netherlands) e Yaral Pharma Inc (USA)



GmbH (IBSA Germany).
Vengono costituite
IBSA Pharma Srl (IBSA Belgium) e IBSA Pharma Oü (IBSA Baltic).


Viene inaugurato il sito produttivo cosmos, a Lugano, lo stabilimento produttivo più grande del gruppo IBSA 2022

Viene costituita IBSA Pharma Pte Ltd (IBSA Singapore) 2023
Forte della sua esperienza, IBSA guarda al futuro con determinazione, investendo in una nuova struttura organizzativa per affrontare le sfide di domani su basi solide e strutturate.

883 milioni di CHF 2617 collaboratori 2024

2025




«Le piccole aziende hanno la possibilità di sopravvivere soltanto se sono intelligenti, ossia se risolvono problematiche che spesso per le grandi sono insignificanti.
L’unica strada per arrivarci è la ricerca, che deve essere mirata alle necessità dei pazienti. Noi non possiamo competere con i ‘mostri sacri’: questa attenzione a risolvere i bisogni reali di medici e pazienti è l’unico modo per far crescere una piccola azienda. In ogni fascia di mercato, ci sono necessità specifiche e noi vogliamo occupare quelle aree che non sono oggetto di particolari studi da parte delle multinazionali del settore farmaceutico.
Ciò che possiamo fare è indirizzarci verso molecole le cui proprietà sono già note, e individuarne indicazioni e applicazioni non utilizzate o sfruttate. Sulla base degli studi di mercato che mettono in evidenza certe carenze in ambito terapeutico, capiamo quali sono i bisogni di medici e pazienti, e siamo in grado di trovare nuove forme farmaceutiche per sostanze già note, che ne consentano un più facile utilizzo».
Arturo Licenziati



Nel 1985 IBSA è ancora un piccolo operatore nel settore farmaceutico, con appena due prodotti in portafoglio. Il primo è l’Urogastrone, farmaco anti-ulcera distribuito esclusivamente in Giappone, che da anni sostiene l’azienda come unica fonte di ricavi stabili. L’altro è il Condrosulf in capsule rigide, un trattamento per l’osteoartrosi lanciato nel 1982, che però non decolla.

Ma Arturo Licenziati non si arrende. Decide di puntare tutto su quel principio attivo sottovalutato. Cambia forma, cambia approccio: nel 1986 lancia i granuli, poi nel 1991 le compresse. La nuova veste rende Condrosulf più maneggevole, più pratico.
I pazienti iniziano a preferirlo. I medici lo consigliano. E il successo arriva.
Spinto da questa prima vittoria, Licenziati inizia a guardare oltre i confini svizzeri. Alla fine degli anni ’80 individua una piccola azienda nei dintorni di Parigi, Laboratoires Genévrier. Produce pomate e compresse. Scatta l’intesa. IBSA porta in casa la produzione e comincia a registrare i suoi prodotti in Francia. I risultati non si fanno attendere: le vendite esplodono.
Quello che sembrava un esperimento si trasforma presto in un modello di espansione. L’Italia è il passo successivo, seguita da Regno Unito, Belgio e Spagna. Poi il Sudafrica. Poi Hong Kong. Ovunque c’è una nicchia scoperta, IBSA arriva.
Ma non si tratta solo di esportare. Con la mente sempre accesa, Licenziati elabora nuove idee. Due intuizioni diventano nuovi prodotti: il cerotto antinfiammatorio Flector Tissugel e lo sciroppo mucolitico Solmucol. Innovazioni semplici, concrete, pensate per chi usa davvero i farmaci. È l’inizio di una nuova era per IBSA.
Tutto parte da un piccolo incidente al mare. Arturo Licenziati si ferisce a una mano contro una roccia. Niente di grave, ma abbastanza per farlo riflettere: curare una ferita in certe posizioni è scomodo, poco efficace. Gli torna in mente un viaggio in Giappone, dove aveva visto una fabbrica che produceva un cerotto innovativo: morbido, adattabile alla pelle, adesivo, con un principio attivo spalmato su un tessuto speciale. Lì scatta l’intuizione.

Nel cassetto dei brevetti IBSA c’è già un ingrediente prezioso: il diclofenac epolamina, un sale solubile in acqua e grassi. L’idea è semplice e geniale: fondere quella tecnologia giapponese con un principio attivo potente, per ottenere un cerotto capace di rilasciare lentamente il farmaco direttamente sulla pelle, dove serve davvero.
Nasce così Flector Tissugel, registrato ufficialmente nel 1993. Ma quella è solo la prima tappa. Flector si trasforma in una vera famiglia di soluzioni contro il dolore: arriva il gel da spalmare (1991), i granuli in bustina (1995), le iniezioni (2015), le capsule (2021). Ogni versione ha un target preciso, una funzione pensata per migliorare l’esperienza del paziente.
E non finisce lì. Nel 2007 IBSA segna un altro primato: diventa la prima azienda farmaceutica europea a portare un antinfiammatorio topico negli Stati Uniti. Flector diventa un simbolo: dell’innovazione pratica, della capacità di ascoltare il paziente, dell’intuito che trasforma un’idea semplice in un successo globale.
Tutto parte da una domanda semplice: perché uno sciroppo deve essere così complicato da preparare? Arturo Licenziati, come spesso accade, intercetta un problema reale segnalato da medici e farmacisti. Troppe confezioni di mucolitici richiedono la ricostituzione manuale: versare, agitare, sperare di aver dosato bene. Poco pratico, poco preciso.
Così convoca i suoi tecnici e pone la sfida: trovare una soluzione semplice, sicura, pronta all’uso. Il problema è che la N-acetilcisteina, principio attivo di Solmucol, è altamente instabile. Ma la soluzione arriva: un flacone di vetro con dentro il liquido, un tappo contenente la polvere e, nel mezzo, una sottile membrana in alluminio sigillata con termolacca. Si preme, si rompe la barriera, si agita. E lo sciroppo è pronto. Geniale nella sua semplicità.
Non solo: questa tecnologia permette di lavorare con quantità significative di principio attivo — fino a 20 grammi — superando i limiti delle soluzioni tradizionali.

Una piccola rivoluzione nel packaging farmaceutico che, nel 1995, vale a Solmucol il premio per l’imballaggio più innovativo de Il Sole 24 Ore.
IBSA non si ferma: dallo sciroppo si passa a granulati, compresse effervescenti, orosolubili. Il principio resta lo stesso: facilitare la vita a chi il farmaco lo deve davvero usare. È questa attenzione pratica che trasforma Solmucol da semplice mucolitico a prodotto simbolo di un nuovo modo di fare innovazione.
Le gonadotropine sono ormoni prodotti naturalmente dalla ghiandola ipofisaria che, una volta rilasciate nel sangue, si accumulano nelle urine, con particolare abbondanza nelle donne in menopausa e in gravidanza.
Dopo l’incendio nello stabilimento di Massagno, Arturo Licenziati decide che è tempo di reinventare l’azienda. Tra le molte opzioni, sceglie quella che tutti gli sconsigliano: investire nelle gonadotropine. Troppo complesso, troppo costoso, troppo rischioso. Un settore di nicchia, destinato — secondo molti — a esaurirsi nel giro di dieci anni.
Ma Licenziati, come sempre, va controcorrente. A Lamone fa costruire uno stabilimento su misura, esclusivamente dedicato alla produzione di gonadotropine. Inizia così una delle avventure industriali più audaci della storia IBSA. Il cuore pulsante del processo è a migliaia di chilometri di distanza: in Cina, nei villaggi densamente popolati della costa orientale, dove ogni giorno vengono raccolti centinaia di migliaia di litri di urina da donne in menopausa. Una prima lavorazione avviene sul posto, poi il materiale — concentrato in una polvere grezza — arriva in Svizzera.

Per ogni 600.000 litri raccolti, solo 3 kg di polvere utili raggiungono Lamone. Da lì, dopo un processo rigoroso e delicato, nascono più di 200’000 flaconi di farmaco iniettabile. È una filiera complessa, che richiede conoscenze chimiche, biologiche e ingegneristiche di altissimo livello. Ma funziona.
Nel 2013 IBSA introduce un’altra innovazione di rottura: una nuova formulazione idrosolubile del progesterone, somministrabile per via sottocutanea. È un unicum sul mercato mondiale. Semplifica la vita delle pazienti nei programmi di procreazione medicalmente assistita (PMA), migliorando la tollerabilità locale e l’aderenza alla terapia.
Tutto questo avviene sotto le regole più severe: condizioni di produzione asettiche, controlli microbiologici continui,
investimenti pesanti in ambienti sterili. Basta un dato per capire l’impegno: 1 m² di area asettica costa sei volte più di 1 m² destinato al confezionamento. Ma IBSA non ha mai temuto i costi quando l’obiettivo è la qualità.
Oggi quell’investimento coraggioso è diventato uno dei pilastri della crescita aziendale. IBSA è tra le prime quattro aziende al mondo nella medicina della riproduzione. E tutto è partito da una scelta controcorrente.
Con l’acquisizione di Gelfipharma nel 2001, Arturo Licenziati intuisce le potenzialità di applicare ai farmaci la PEARLtec technology, una tecnologia inizialmente utilizzata solo nel campo degli integratori alimentari (food supplements).

Nel 2006 viene quindi inaugurato il nuovo stabilimento di Manno, specializzato nella produzione degli ormoni tiroidei T4 e T3 in soluzioni orali liquide e in capsule molli (softgel capsules). Il 13 ottobre dello stesso anno la Food and Drug Administration (FDA) statunitense autorizza l’immissione in commercio del Tirosint capsule molli per il mercato americano.
L’assunzione per via orale di alcuni farmaci in forma solida rappresenta una sfida dal punto di vista tecnico, poiché alcuni principi attivi possono essere oleosi o scarsamente solubili in acqua.
La PEARLtec technology consente di incorporare una matrice liquida in un involucro continuo di gelatina molle, andando a formare la capsula molle. Questa tecnologia offre alcuni vantaggi importanti: una migliorata stabilità del principio attivo e la lavorazione a freddo, in modo da evitare il surriscaldamento che si genera nella compressione delle compresse tradizionali e, soprattutto, una grande precisione di dosaggio.

Tramite la PEARLtec technology è dunque possibile assumere in forma solida una soluzione liquida, garantendone l’uniformità di dosaggio, in particolare per le formulazioni a bassissime concentrazioni.
Una volta nello stomaco, la capsula di gelatina si scioglie, liberando il principio attivo già disciolto, che viene assorbito rapidamente.
La levotiroxina (T4), la vitamina D e il diclofenac sono solo alcuni esempi di principi attivi in capsule molli che IBSA mette a disposizione in ambiti terapeutici di grande impatto sociale, che – da tempo – non registravano innovazioni significative nelle forme di assunzione.
Più volte nel corso degli anni Arturo Licenziati sintetizza così la sua visione imprenditoriale:
«Noi non possiamo competere con i ‘mostri sacri’: la nostra ricerca deve essere rivolta a risolvere i bisogni pratici di medici e pazienti. È questo l’unico modo per far crescere una piccola azienda».
Grazie alle sue proprietà, l’acido ialuronico (HA) può essere impiegato in vari settori in ambito medico e cosmetico. Le sue diverse applicazioni dipendono dal peso molecolare e dal grado di purezza.
Per anni, l’estrazione da tessuti animali è stata il metodo principale di produzione dell’acido ialuronico. Nel 1989, Shiseido è stata la prima azienda a svilupparne e brevettarne la produzione fermentativa.
Per produrre acido ialuronico con il processo di biofermentazione vengono utilizzati diversi batteri, e le fasi più importanti per ottenere un prodotto con un elevato grado di purezza sono l’estrazione e la purificazione.
Nel 2011 Arturo Licenziati avvia una nuova iniziativa imprenditoriale creando Altergon Italia, e sviluppando e brevettando un innovativo processo di fermentazione biotecnologica per la produzione di acido ialuronico con un elevato grado di purezza.
Il brevetto riconosce l’originalità del processo di produzione di acido ialuronico per applicazioni farmaceutiche iniettabili.
Sebbene sul mercato siano presenti numerosi prodotti a base di acido ialuronico, negli ultimi anni IBSA ha sviluppato alcune innovazioni in collaborazione con l’Università Vanvitelli di Napoli (Prof. De Rosa e Prof.ssa Schiraldi).
Tra queste, spiccano i nuovi complessi ibridi cooperativi di acido ialuronico ad alto e basso peso molecolare (H-HA e L-HA) e di acido ialuronico e condroitina sodica (SC) non solfata, sviluppata presso i laboratori biotecnologici del sito IBSA di Qingdao Huashan Biochemicals (IBSA China).


Il portafoglio di prodotti IBSA a base di acido ialuronico comprende una gamma di preparati sviluppati per uso intra-articolare, per trattamenti di medicina estetica, per la cicatrizzazione delle ferite e per soluzioni uro-ginecologiche.
I complessi ibridi di acido ialuronico ad alto e basso peso molecolare (HA-HL)
Attraverso la tecnologia NAHYCO (ossia “complesso ibrido di sodio ialuronato”, un processo termico unico e brevettato che si realizza nel sito di Lodi), gli acidi ialuronici ad alto e basso peso molecolare vengono miscelati per produrre un complesso ibrido cooperativo, in cui le catene corte e lunghe sono legate da legami a idrogeno senza l’uso di agenti chimici reticolanti.
Questo trattamento innovativo consente di:
• raggiungere un’elevata concentrazione di acido ialuronico senza compromettere la facilità e la sicurezza della procedura (cioè l’iniezione),
• migliorare la resistenza alla degradazione operata dalle ialuronidasi, poiché l’enzima ialuronidasi non è in grado di riconoscere la conformazione di questi complessi.
Inoltre, la tollerabilità del complesso ibrido è garantita dall’assenza di modifiche chimiche che possono aumentare il rischio di reazioni. Un grado di reticolazione troppo elevato rende, infatti, il polimero meno idrofilo, favorendo reazioni localizzate come dolore e gonfiore. La reticolazione potrebbe anche aumentare l’immunogenicità del prodotto, rendendolo sempre meno simile all’acido ialuronico naturale.
Complessi ibridi cooperativi di sodio ialuronato e condroitina sodica biotech
L’eccipiente tecnologico utilizzato da IBSA per regolare la viscosità delle soluzioni di acido ialuronico ad alto peso e alta concentrazione è la condroitina biotecnologica (biotech) o non solfata (SC).
IBSA è in grado di produrre la condroitina non solfata tramite un processo di fermentazione biotecnologica brevettato. L’impiego della condroitina non solfata permette di raggiungere una concentrazione più elevata di glicosamminoglicani senza un aumento significativo della viscosità.


DOVE NASCONO I PRODOTTI IBSA: UN VIAGGIO TRA INNOVAZIONE E TERRITORIO

Tutto comincia nel 1999, quando scoppia un incendio nel magazzino e nella fabbrica annessi agli uffici di Massagno. Non rimane più nulla, laboratori, materie prime… tutto da ricostruire.
L’evento dà nuovo slancio agli investimenti: Arturo Licenziati decide di spostarsi a Collina d’Oro, dove compra un primo stabile per avviare il prima possibile la produzione dei prodotti, poi una seconda palazzina, e altri due stabili a Lamone e Manno.
È così che avvia uno straordinario programma di sviluppo industriale.
Dopo l’importante incendio che colpisce lo stabilimento di Massagno, IBSA non si arrende. Anzi, rilancia. Nasce così il sito produttivo di Collina d’Oro, simbolo di rinascita e determinazione. È qui che la produzione riparte con slancio, portando alla realizzazione di sciroppi, creme, pomate in tubo, liquidi orali in stick, compresse e capsule in blister, oltre a polveri granulari in bustina. Un impianto polivalente, al servizio di molteplici aree terapeutiche: dall’osteoarticolare all’urologica, fino al dolore, alla respiratoria e alla cardiometabolica. Ogni linea produttiva rappresenta una risposta concreta e innovativa ai bisogni terapeutici emergenti.

Nel 1996, Arturo Licenziati guarda a Oriente con una nuova idea: sviluppare ormoni per la fertilità. Con i suoi tecnici mette a punto un metodo di purificazione originale. Serve però la materia prima: la trova in Cina, nella provincia dello Shandong. È lì, nei villaggi ben organizzati, dove ogni donna in menopausa o in gravidanza è registrata, che IBSA trova un terreno fertile. Dopo 18 mesi di trafile burocratiche nasce, nel 1998, il sito produttivo Qingdao Huashan Biochemicals.
Salvatore Cincotti ricorda così quel periodo: «Nel momento in cui il Dottor Licenziati decise di darmi il mandato per avviare il progetto degli ormoni in Cina, la provincia dello Shandong presentava le condizioni ottimali per avviare la raccolta delle “materie prime“ (ossia le urine di donatrici in gravidanza e in menopausa). Potevamo contare su un sistema molto organizzato dei villaggi, con facilità di accesso alle case e alle potenziali donatrici, grazie a registri in cui si trascrivevano i nomi delle donne in stato di gravidanza e in menopausa.»
Oggi il sito si estende su oltre cinque ettari, ospita quattro stabilimenti di produzione, due piattaforme di ricerca e sviluppo, uno stabulario e un reparto di controllo qualità completo. Qui vengono lavorati ormoni come hCG e hMG, che poi proseguono il loro percorso fino a Lamone per la purificazione finale. Nel 2016 parte anche un progetto innovativo per la produzione biotecnologica di polisaccaridi tramite processi produttivi di fermentazione e ultrafiltrazione.
Alessandro Ruggiero racconta: «In ventisette anni abbiamo avuto un’espansione importante. Nel 1998 la superficie occupata dall’azienda era di 2.580 m², l’area edificabile era di 950 m², l’area verde disponibile di soli 80 metri. Oggi le aree verdi raggiungono i 9.000 m², l’area complessiva è dieci volte più estesa e abbiamo ancora 27.000 m² a disposizione per future espansioni. Siamo partiti con 12 dipendenti, ora il nostro team è composto da quasi 100 persone.»
Nel 2017 si passa da 10.000 m² a 26.000 m² di superficie occupata. Dal punto di vista industriale, ciò ha comportato la costruzione di un impianto di produzione di condroitina fermentativa, un impianto di produzione del crudo hMG, un sistema di trattamento delle acque reflue e un parco stoccaggio solventi.

Nel 2002, IBSA inaugura lo stabilimento di Lamone, interamente dedicato alla purificazione di proteine. Si tratta di un impianto sofisticato, il cuore pulsante della strategia industriale dell’azienda, che ha richiesto investimenti ingenti e una pianificazione precisa. Lì si lavora con rigore scientifico e altissimi standard tecnologici per ottenere gonadotropine come FSH, hMG e hCG, estratte da urine di donatrici in menopausa o gravidanza.
Il processo produttivo comincia in Cina, a Qingdao, con la raccolta delle urine e la preparazione del materiale grezzo. Ma è a Lamone che avviene la vera trasformazione: la purificazione si svolge in condizioni di asepsi assoluta, per garantire la totale assenza di contaminanti e preservare la struttura glicoproteica degli ormoni.

Gli ormoni purificati vengono poi liofilizzati e confezionati in un ambiente completamente controllato. Ogni fase è soggetta a rigorosi controlli microbiologici. Il laboratorio analitico di IBSA è uno dei pochi al mondo riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per effettuare analisi di precisione sugli ormoni della fertilità.
Sempre a Lamone nasce anche una formulazione unica al mondo di progesterone idrosolubile, somministrabile per via sottocutanea, usata nei protocolli di procreazione medicalmente assistita (PMA). Questa innovazione migliora notevolmente la tollerabilità e l’aderenza terapeutica da parte delle pazienti.
L’investimento su Lamone è continuo. IBSA ha potenziato progressivamente le linee produttive, migliorando l’efficienza e l’output. Con una media di 25 milioni di fiale all’anno, Lamone è oggi il simbolo della capacità di IBSA di coniugare ricerca, qualità e produzione industriale d’eccellenza.

Nel 2000, a Manno, Arturo Licenziati avvia i laboratori di Ricerca e Sviluppo. È qui che, sei anni dopo, nasce uno degli impianti più avanzati del Gruppo IBSA: uno stabilimento interamente dedicato alla produzione di capsule molli (softgel capsules). Questa forma farmaceutica, versatile e in continua espansione, si presta a molteplici applicazioni terapeutiche.
Il sito di Manno si impone da subito come centro di eccellenza, ottenendo anche l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense. Coniugando ricerca scientifica e produzione industriale, IBSA riesce a realizzare prodotti all’avanguardia in un contesto altamente regolamentato e competitivo.
CorPharma e cosmos: il nuovo cuore pulsante di IBSA in Ticino
Tutto comincia quasi per caso nel 1999, quando Arturo Licenziati, dopo l’incendio di Massagno, acquista alcuni edifici nel comparto del Pian Scairolo, in Canton Ticino. Nessuno poteva immaginare che da quell’episodio sarebbero nate le fondamenta di un intero distretto industriale. Ma Licenziati, già allora, aveva in mente qualcosa di più. Nel 2001 manifesta la volontà di avviare un progetto sull’unico fondo non edificato della zona, con un obiettivo chiaro e ambizioso: riunire le attività IBSA in un’unica sede, anticipando il concetto moderno di sostenibilità a 360 gradi, unendo visione sociale, ambientale ed economica.
Per lui nulla si butta, tutto si trasforma: ogni edificio riqualificato diventa parte di un sistema che punta alla bellezza, all’efficienza e alla vivibilità. Un pensiero che guida l’intero sviluppo di quella

Ma cosmos è solo un tassello di un piano più grande. L’idea è quella di centralizzare tutte le sedi IBSA, fino a quel momento sparse tra Lamone, Cadempino, Manno e Collina d’Oro, per accompagnare la crescita eccezionale che l’azienda sta vivendo. A confermare la visione, nel 2024 le autorità cantonali e i comuni di Lugano e Collina d’Oro approvano ufficialmente il Piano di Quartiere PQ4 Garaveggia, segnando la nascita del quartiere CorPharma.
Frutto di anni di impegno per l’integrazione armoniosa nel territorio, CorPharma oggi ospita:

• l’Headquarters del Gruppo IBSA (1),
• lo stabile cosmos (2),
• genesis (3), edificio recentemente ampliato con 112 nuove postazioni,
• altri edifici a supporto delle attività aziendali.
Un’ulteriore innovazione firmata Licenziati è il tunnel sotterraneo tra il magazzino dell’Headquarters e cosmos: 210 metri di lunghezza, sotto una delle strade più trafficate del Canton Ticino.
Inaugurato a giugno 2024, consente il trasporto automatizzato di 350 pallet al giorno, riducendo traffico su gomma, impatto ambientale e migliorando l’efficienza logistica.
Realizzare quest’infrastruttura ha richiesto due anni di lavori, un intenso sforzo multidisciplinare e soluzioni tecniche avanzate. Un’impresa ingegneristica che diventa simbolo di una logistica nuova, più sicura e sostenibile.

E non finisce qui: dal 2026, cosmos ospiterà anche il reparto di produzione delle gonadotropine per i programmi di procreazione medicalmente assistita (PMA), trasferendo in questo polo le attività ora svolte a Lamone.
La crescita di IBSA conosce un’accelerazione decisiva grazie agli investimenti mirati che Arturo Licenziati sceglie di dedicare all’Italia.
Il percorso comincia nel 1992 con la nascita di IBSA Farmaceutici Italia, seguita da un’espansione strategica fatta di acquisizioni: Amsa nel 1996, Gelfipharma nel 2001 (oggi sito IBSA Lodi 1) e Bouty Healthcare nel 2010 (oggi sito IBSA Cassina de’ Pecchi).
L’acquisizione di Gelfipharma, avvenuta nel 2001, rappresenta una vera sfida: lo stabilimento versa in condizioni difficili. Ma Licenziati non si lascia scoraggiare e dà il via a una ristrutturazione profonda e progressiva, costruendo una nuova unità produttiva e installando linee ad alta tecnologia per sviluppare soluzioni innovative nella somministrazione di farmaci, dispositivi medici e integratori alimentari.
Il sito di Lodi 1 si specializza nella produzione di prodotti finiti a base di acido ialuronico e ospita un impianto sterile avanzato per la produzione di siringhe preriempite. Oggi serve tutti i mercati del Gruppo IBSA con:
• iniettabili (in asepsi e sterilizzati terminalmente), in fiale tradizionali e siringhe preriempite,

• formulazioni topiche (creme, gel, soluzioni), anche in tecnologia BoV (Bag-on-Valve),
• capsule molli (softgel capsules).
Le linee produttive sono tecnologicamente avanzate e sostenibili. Gli investimenti nella modernizzazione hanno portato a standard elevati di efficienza, rendendo il sito un polo di eccellenza certificato dai principali enti regolatori internazionali, FDA inclusa.
Nel 2009, Licenziati decide di fondere la controllata AMSA.
Nel 2010, IBSA Farmaceutici Italia inizia ufficialmente l’attività di promozione medico-scientifica con i primi 50 informatori scientifici. Nello stesso anno, IBSA acquisisce Bouty Healthcare, fondata nel 1994 e con sede a Cassina de’ Pecchi,
vicino a Milano. Bouty porta in IBSA un know-how ventennale nella produzione di:
• cerotti medicati per uso topico e transdermico,
• cerotti con attivi naturali per applicazioni cosmetiche e dispositivi medici,
• film orosolubili/orodispersibili (ODF).
Proprio i film orodispersibili rappresentano una delle tecnologie più all’avanguardia dello stabilimento.
Nel 2017 parte la produzione del sildenafil in film orosolubile, e nel 2019 comincia anche quella degli integratori alimentari nella stessa formulazione. IBSA si distingue così come uno dei pochi player
europei attivi sia nel farmaceutico che nel nutraceutico.
Nel 2019, IBSA Farmaceutici Italia e Bouty Healthcare si fondono ufficialmente, consolidando la presenza del Gruppo nel Paese.
Oggi, IBSA Italy comprende:
• la sede antares a Lodi,
• i due siti produttivi di Lodi (ex Gelfipharma) e Cassina de’ Pecchi (ex Bouty),
• tre laboratori di ricerca e sviluppo,







Tutto è cominciato quarant’anni fa a Massagno, in quella palazzina di via al Ponte 13 con l’intonaco grigio e le tapparelle verdi, cinque gradini che conducevano verso un ingresso piccolo e tetro (mai amato, almeno all’inizio, da Arturo Licenziati), la moquette ovunque (anche sulle pareti della sala riunioni), gli uffici con i soffitti dai colori tutti diversi, secondo una logica difficile da decifrare, e i gabinetti alla turca. Lì nell’agosto 1985 era la sede della vecchia IBSA, fondata nel 1945 da un gruppo di biochimici svizzeri, e da lì bisognava ricominciare con la nuova gestione di Licenziati.
In verità IBSA, nell’85, era vicina al fallimento, con poche decine di dipendenti e un fatturato modesto, circa 6 milioni di franchi, che derivava solo da due “fonti”: la produzione di antibiotici, ormai quasi esaurita, e un farmaco per la cura dell’ulcera, l’Urogastrone. «Questo medicinale, destinato esclusivamente al Giappone, era l’unico che offriva un certo margine di profitto - ricorda l’attuale
Vicepresidente di IBSA Antonio Melli - ma per il resto la situazione appariva disastrosa».


I guai di IBSA avevano preso il via circa 6 anni prima, nel 1979, quando era iniziato il crollo delle esportazioni di antibiotici, un mercato che rappresentava circa il 70% delle vendite.
«In quel periodo, tra la fine degli anni ‘70 e il 1985, - continua Melli - IBSA non fu in grado di sostituire con nuovi prodotti una flessione dei ricavi così importante. Vennero immessi nuovi capitali, che tuttavia si esaurirono presto a causa della situazione economicamente deficitaria dell’azienda. Erano tempi ben diversi, rispetto alla realtà che conosciamo oggi. Me li ricordo bene».

Ma perché Licenziati, allora cinquantenne, ha deciso di affrontare un’avventura così a rischio, investendo e ipotecando tutti i suoi beni, per acquisire un’azienda ormai al capolinea?
Lui era un dirigente di successo (guidava Inpharzam, filiale svizzera di Zambon, dopo aver aperto altre sedi europee del gruppo italiano), con un lavoro sicuro e – crediamo – con un buon pacchetto retributivo.
Forse, i successi accumulati fino ad allora e l’amore per il rischio (calcolato…) lo convinsero a prendere in considerazione una nuova strada, più “pericolosa” ma
sicuramente più
eccitante.
«Un suo conoscente gli aveva riferito di IBSA, una piccola società che si diceva fosse in vendita - racconta Melli. - I vecchi proprietari avevano probabilmente esaurito le risorse per il rilancio dell’azienda e quindi erano arrivati alla decisione di cedere la loro impresa. Licenziati ha subito colto questa sfida, per mostrare, credo, di cosa fosse capace, anche come imprenditore. Grazie alla sua esperienza in Inpharzam, aveva una grande credibilità presso il sistema bancario svizzero, e questo gli ha permesso di ottenere il supporto necessario per rilanciare IBSA. Ma, certo, ha dovuto mettere in gioco tutto quello che aveva accumulato fino a quel momento».
Così è iniziata la nuova vita di Licenziati, e anche quella di IBSA, nell’edificio di Massagno che ospitava gli uffici e la fabbrica. Per prima cosa Licenziati ha chiamato gli imbianchini e ha fatto ridipingere tutto di bianco, all’interno... Poi ha reso più accogliente l’ingresso. E naturalmente ha subito “estratto” le sue migliori energie, insieme ai pochi collaboratori di allora, per mettere in sicurezza i conti aziendali: operazione tutt’altro che facile.
«IBSA non aveva grandi dimensioni, ma possedeva comunque un laboratorio e una linea produttiva - ricorda Michela Lazzaroni , all’epoca responsabile dell’ufficio acquisti. Soprattutto c’era una gran voglia di costruire qualcosa. Licenziati era sempre presente, attento a ciascuno di noi. Sapeva ascoltare, e rispondeva con estrema chiarezza e con un senso di rispetto (a volte, se necessario, anche con una certa severità). Era una figura paterna, molto stimata. Ci incontravamo, soprattutto la mattina presto, davanti al fax (l’unico dell’azienda) nella segreteria, accanto al suo ufficio. Guardavamo insieme la corrispondenza che era arrivata durante la notte (qualcuno forse pregava di trovare tra i vari messaggi qualche buon ordine),

e la dividevamo, a seconda dei vari destinatari. Molto spesso Licenziati si presentava con i caffè, e insieme parlavamo di quei documenti: era un momento di scambio e confronto, in un clima “caldo”, familiare».
Aggiungono Rosalba Brogna e Maria Teresa Gilardoni , entrate in “fabbrica” qualche tempo dopo: «Tre erano i reparti principali: liquidi, polveri e confezionamento. Tutto molto manuale, con l’aiuto di macchine semi-automatiche. Si pesavano a mano i componenti, si preparavano le creme nei miscelatori, e si riempivano i tubetti uno per uno. Poi questi prodotti andavano inseriti nelle scatole, con i foglietti illustrativi. Per fare un lotto di pomata ci voleva una settimana intera».
La battaglia per la sopravvivenza di IBSA è passata attraverso l’Urogastrone, appunto, ma anche

Come si dice: non si scartava niente, bastava che portasse un po’ di margini. «Nel 1988 e 1990 - spiega Melli - siamo riusciti a stringere un accordo per il confezionamento di un antibiotico, prodotto da una ditta italiana e destinato agli Stati Uniti. Già all’epoca la Svizzera era considerata una nazione leader in campo farmaceutico, tanto che i requisiti regolatori delle autorità USA, per le aziende elvetiche, erano molto meno stringenti rispetto a quelli richiesti ad altri Paesi. Il confezionamento di questo prodotto avveniva negli appositi reparti, ma dopo l’orario normale di lavoro, verso le 16:30, arrivavano i rinforzi, a partire da Licenziati, la signora Isabella, impiegati vari, chiamati a riempire con una vecchia ma efficace “contacapsule King” i flaconi con 100 capsule ognuno. Quel business si è rivelato essenziale per garantire il futuro di IBSA nei primi periodi difficili.
Ci ha permesso di andare avanti e di cominciare a investire in Ricerca e Sviluppo, nuovi impianti di produzione e attività commerciali».
Azienda in crescita, ma impostazione sempre familiare. Licenziati conosceva tutti per nome. A Natale passava a consegnare di persona le buste con la tredicesima, a Pasqua brindava nei reparti. Anche per la Festa della Donna portava le mimose.
«Aveva creato un ambiente - racconta Rosalba Brogna - dove tutti si sentivano parte di qualcosa. Eravamo un piccolo gruppo che faceva tutto: dalle capsule alle pomate, dalla pesatura alla confezione. E non c’erano molte procedure scritte, si imparava sul campo, spesso a memoria, oppure si annotava su un block-notes... Lavoravamo come se fosse casa nostra.
Attente agli sprechi e ai dettagli. Quando abbiamo dovuto lasciare la sede di Massagno, è stato come salutare una parte della nostra vita».
Licenziati sapeva bene, però, che era assolutamente necessario innovare e investire in nuovi farmaci. Dopo una visita in Giappone, ha avuto l’intuizione di sviluppare il Flector Patch, basandosi su un supporto transdermico, il cerotto medicato, molto diffuso in Estremo Oriente per trattamenti estetici, ma non ancora per i farmaci.
«Come principio attivo - dice Melli - abbiamo utilizzato il diclofenacepolamina, un principio attivo brevettato da IBSA che aveva la particolarità di essere sia idrosolubile sia liposolubile, dunque ideale per un’applicazione topica attraverso il cerotto. Questo è stato il punto di svolta per IBSA».


In realtà, se si guardano i grafici che mostrano l’andamento del fatturato aziendale, non compaiono “scatti” particolari, ma una crescita lineare, costante e, per certi aspetti, impressionante (grazie al Flector, appunto, e ai numerosi altri farmaci che sono stati via via introdotti sul mercato).
Ogni dieci anni, infatti, il fatturato di IBSA è cresciuto in modo esponenziale: nel 1985 era di 6 milioni di franchi svizzeri; nel 1995 è salito a 65 milioni; nel 2005 è passato a quasi 300 milioni; nel 2015 a 450 milioni. Infine quest’anno (2025) potrebbe arrivare al miliardo di franchi.
«La nostra strategia - spiega Melli - è stata quella di sviluppare farmaci e sistemi di rilascio innovativi
partendo da principi attivi noti e non coperti da brevetti (“farmaci nella forma migliore“). Abbiamo investito molto nelle persone, in Ricerca e Sviluppo, in stabilimenti di produzione e in promozione.
All’inizio eravamo concentrati solo sul mercato svizzero: non avevamo filiali all’estero, poiché non avevamo la capacità finanziaria necessaria... Poi, piano piano, abbiamo cominciato a dare in licenza i nostri prodotti ad aziende, anche multinazionali, che erano presenti in diversi Paesi con una rete capillare di distribuzione. Il passo ulteriore è stata l’acquisizione diretta, da parte nostra, di aziende all’estero (spesso ex distributori) e la creazione di filiali commerciali in Europa, Cina e Stati Uniti».
Anche il numero dei collaboratori è cresciuto proporzionalmente al business, ma senza perdere di vista la visione iniziale. «Nonostante il suo ruolo di vertice, Licenziati era uno di noi - racconta Maria Teresa Gilardoni. - Diceva sempre:
Una matita sola si spezza. Tante matite insieme difficilmente si rompono.
E noi siamo tutte queste matite. Ha trasmesso il senso di squadra, l’importanza del gruppo».
Uno stile che è rimasto nel cuore: «Il giorno in cui è nato mio figlio - ricorda Michela Lazzaroni - il dottor Licenziati è venuto a trovarmi in ospedale con un enorme mazzo di rose. Non potrò mai dimenticarlo».
Uomo romantico, ma anche imprenditore super-determinato. «Quando l’ho incontrato la prima volta, durante il mio colloquio di assunzione - ricorda Tiziano Fossati, attuale Head of Products
Development di IBSA - Licenziati mi ha detto:

Oggi produciamo un milione di unità, voglio raddoppiarle in pochi anni. E ce la farò.
Aveva ragione. Oggi non siamo a due milioni, ma a più di venti milioni!» . Fossati arrivava da Novartis, dove ognuno, in una sorta di ingranaggio perfetto, era chiamato a occuparsi di un singolo pezzo del lavoro.
«In IBSA, invece - racconta - l’interazione con tutti i dipartimenti appariva continua e indispensabile. Le regole non erano rigidamente definite, serviva spirito imprenditoriale» . Certo, a volte, bisognava fare i conti anche con qualche piccolo inconveniente... «Quando ho cominciato a lavorare in aziend a - ricorda sorridendo Fossati
- ho scoperto che il mio primo ufficio si trovava all’interno della sala in cui erano stati sistemati anche i server aziendali! Troppo rumore per lavorare... Così ho cercato e trovato un’altra scrivania. Nulla era organizzato alla perfezione, in IBSA, ma questa flessibilità diventava anche un punto di forza: era necessario adattarsi e agire in modo autonomo» .

Questa flessibilità è emersa anche in uno dei momenti più difficili per l’azienda: l’incendio che nel 1999 ha distrutto la fabbrica annessa alla palazzina di Massagno. «Io ero a casa in maternità - ricorda Michela Lazzaroni - e dalle finestre vedevo il fuoco, perché abitavo proprio di fronte alla nostra azienda (in linea d’aria), su un’altra collina di Lugano. Non si è fatto male nessuno, per fortuna, ma le fiamme sono andate avanti a lungo, perché lo stabilimento aveva solette parzialmente di legno, e l’incendio è partito dal magazzino, pieno di carta e di tanti altri prodotti che bruciavano facilmente. Alla fine, non c’era più nulla: laboratori, materie prime, tutto da ricomprare e ricostruire. Ma è stata anche la svolta: il trasferimento a Collina d’Oro, la costruzione di nuovi stabilimenti, la riorganizzazione... È lì che IBSA ha cominciato davvero a crescere» .

Nel giugno del 1985, varcando la soglia di quel laboratorio sull’orlo del fallimento, Arturo Licenziati pensa a come avrebbe potuto trasformare quella piccola realtà.
Il futuro della nuova IBSA non poteva limitarsi allo sviluppo economico: doveva includere anche la sostenibilità.
Alla parola sostenibilità Licenziati attribuisce un significato molto ampio, strettamente legato al concetto di rigenerazione, dove il bello, la centralità della persona, l’equilibrio e l’etica sono gli elementi centrali di ogni scelta strategica.
Nel maggio del 2001, Licenziati manifesta la volontà di elaborare un progetto sull’unico fondo non edificato del Pian Scairolo, in Canton Ticino (Svizzera), con l’obiettivo di riunire tutte le attività IBSA. Costruire non basta: è necessario preservare le risorse, migliorarle e trasformare ogni intervento in un’opportunità per creare bellezza e armonia.
Nel 2024 il piano di quartiere PQ4 Garaveggia (ossia il quartiere CorPharma) viene ufficialmente approvato dalle autorità cantonali e dai comuni di Lugano e Collina d’Oro. Il progetto del quartiere CorPharma, figlio della visione originaria di Licenziati, diventa realtà.
Guardare al futuro con la consapevolezza che ogni impresa, oltre ai risultati economici, ha il compito di restituire valore alla comunità e al territorio, è la filosofia che ha portato a definire i pilastri su cui si fonda IBSA: Persona, Innovazione, Qualità e Responsabilità.
Nel 2021 nasce il claim “IBSA Noi ci siamo”, una visione che abbraccia i valori di condivisione, sostenibilità, innovazione e bellezza, e si traduce in azioni e investimenti a favore della comunità; un filo conduttore che ha dato vita a una serie di progetti concretizzando così l’impegno dell’azienda.
Al centro di questo pensiero, c’è il simbolo del quadrifoglio. “IBSA Noi ci siamo” significa mettere al centro dell’ecosistema le persone, significa crescere ed evolversi, affermandosi come attori e promotori di un processo di reale cambiamento.
La sostenibilità come valore fondante e trasversale
La strada che IBSA ha scelto per il suo futuro è quella della sostenibilità integrata nelle dimensioni sociale, ambientale ed economica. Questo impegno è stato formalizzato per la prima volta nel 2015 con la pubblicazione del primo Rapporto di Sostenibilità. Nel 2024, IBSA ha pubblicato il suo sesto Report, mostrando quanto l’azienda sia progredita e quanto sia forte la sua volontà di essere presente in ambito terapeutico e – soprattutto – di promuovere benessere e innovazione.

Si è passati, quindi, da una visione chiara, ovvero conciliare innovazione e sostenibilità, a un obiettivo definito: creare un equilibrio tra progresso tecnologico, benessere sociale e rispetto per l’ambiente. Una sostenibilità che non si limita all’ambiente, ma che diventa un valore trasversale, che permea ogni aspetto della strategia aziendale, includendo iniziative volte a migliorare il benessere dei collaboratori e a generare un impatto positivo sulla comunità.
La sicurezza degli spazi di lavoro, le opportunità di crescita professionale e i percorsi di formazione sono i capisaldi di un impegno che guarda al futuro delle persone e del pianeta.
In linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite, IBSA ha integrato nella propria strategia aziendale 8 dei 17 obiettivi, concentrandosi su quelli che riflettono maggiormente il suo impatto e il suo contributo. Questo impegno si è tradotto in azioni concrete, come l’adesione all’UN Global Compact nel 2023, una scelta che rafforza la responsabilità dell’azienda nell’ambito dei diritti umani, del lavoro, dell’ambiente e della lotta alla corruzione.
L’impegno di IBSA verso la sostenibilità è stato un processo a tappe che si è sviluppato nel tempo, a partire da quella visione lungimirante di Licenziati. Oggi, questo impegno è una realtà che abbraccia ogni livello dell’azienda, guidandone lo sviluppo presente e futuro. Un viaggio che ha portato a costruire una multinazionale solida nei suoi valori e sensibile nei confronti dell’ambiente, e che ha permesso di progettare un quartiere costituito da edifici, uffici e stabilimenti in perfetta sintonia con questa premessa. Per dare forma a questo approccio integrato, nel 2024 IBSA ha deciso di codificare la propria filosofia in un documento strategico che rappresenta un punto di riferimento per tutte le sue attività.
Il Manifesto della Sostenibilità è nato così, come una dichiarazione di intenti e una guida per le sfide future. Questo documento consolida i valori che da sempre animano IBSA e li proietta verso obiettivi ambiziosi, organizzati intorno a tre pilastri fondamentali: prosperità circolare, armonia sociale e cura dell’ambiente.
1. Prosperità circolare: creare valore economico condiviso, promuovendo modelli di business sostenibili e collaborativi.
2. Armonia sociale: favorire il benessere delle persone attraverso iniziative che migliorano la qualità della vita e promuovono l’inclusione.
3. Cura dell’ambiente: integrare pratiche sostenibili in ogni fase del processo produttivo, dalla scelta delle materie prime alla distribuzione dei prodotti.
Benessere della Persona e delle comunità
Nuovo modo di fare business, più etico e responsabile
Ricerca scientifica
Investimenti importanti, con il rinnovamento tecnologico e nuovi modi di operare


Ciò che distingue IBSA è la capacità di andare oltre i tradizionali confini della responsabilità, abbracciando un concetto più ampio. Non si tratta solo di compensare l’impatto ambientale, ma di contribuire attivamente alla costruzione di un futuro migliore. Un approccio che si riflette anche nella volontà di instaurare un dialogo con le nuove generazioni, trasmettendo i valori dell’etica, della cura e dell’innovazione.
Licenziati ha scelto di comunicare attraverso azioni concrete, facendo leva su qualità, innovazione e responsabilità, attibuendo alla responsabilità sociale un ruolo fondamentale, che nel corso degli anni ha dato vita a:

• IBSA Foundation for children, istituita nel 2008 per fornire un aiuto concreto ai collaboratori IBSA e favorire un miglior equilibrio tra genitorialità e impegni lavorativi. Oggi il Nido Primi Passi è aperto anche alla comunità locale ed è stato ufficialmente riconosciuto dalle autorità del Canton Ticino.

• IBSA Foundation per la ricerca scientifica, istituita nel 2012 per promuovere una scienza per tutti, tramite iniziative che favoriscono il dialogo tra sapere umanistico e sapere scientifico, con approcci che coinvolgono la comunità a tutti i livelli (dal mondo istituzionale alla scuola) e linguaggi creativi e innovativi per formare le nuove generazioni e ispirare i loro percorsi di crescita.










Seguendo la volontà di Arturo Licenziati e sotto la guida di Silvia Misiti, nasce IBSA Foundation per la ricerca scientifica con la missione di diffondere una scienza per tutti attraverso un’informazione accessibile e attività che supportano la ricerca, la formazione e la divulgazione unendo la cultura umanistica e quella scientifica.


2016
Viene lanciato il primo bando delle IBSA Foundation Fellowship. Queste borse di studio intendono valorizzare i progetti di ricerca in aree scientifiche tendenzialmente poco finanziate e si rivolgono a ricercatrici e ricercatori sotto i 40 anni di età.
Nasce questo progetto narrativo e di condivisione, concepito come comunità di story sharing digitale per permettere alle persone che incontrano difficoltà a procreare di condividere la propria storia e leggere altre esperienze.


IBSA Foundation organizza il suo primo forum scientifico, seguito da altri 25 negli anni successivi. Si tratta di giornate gratuite e aperte al pubblico, in cui relatori internazionali approfondiscono temi di frontiera nell’ambito della scienza e della salute.


Sin dal primo anno accademico con un accordo decennale, IBSA Foundation supporta la Facoltà di scienze biomediche dell’USI Università della Svizzera italiana, assegnando scholarship annuali rinnovabili agli studenti del Bachelor e del Master.



distanti come l’arte e la scienza. Dal 2017 al 2022 sono stati organizzati 10 eventi.
IBSA Foundation inaugura Let’s Science!, il percorso creativo e plurisensoriale di divulgazione scientifica dedicato ai più giovani. L’obiettivo del progetto è promuovere i temi della scienza e della salute, attraverso mostre, laboratori esperienziali e coinvolgendo direttamente i ragazzi anche nella creazione di fumetti divulgativi. Let’s Science!





IBSA Foundation e la Città di Lugano presentano il progetto Cultura e Salute, nato per promuovere sinergie tra il mondo della cultura e quello della salute e per dimostrare i benefici delle attività culturali sul benessere delle persone. Tra le iniziative: il sito www.culturaesalute.ch, corsi universitari per studenti di medicina presso l’USI di Lugano, progetti di ricerca applicata e convegni tematici.






2022-2023
In occasione del suo 10° anniversario, IBSA Foundation si trasferisce nella storica Casa Carlo Cattaneo a Castagnola–Lugano, completamente ristrutturata. Questo luogo d’importanza culturale si trasforma in un laboratorio di ricerca e pensiero, un nuovo punto di riferimento per la Città di Lugano.
IBSA Foundation, insieme al giornalista scientifico Paolo Rossi Castelli, lancia Ticino Scienza, un giornale online per informare sull’intensa attività di ricerca – pubblica e privata –presente nel Canton Ticino.





IBSA Foundation, MASI Lugano e LAC Lugano Arte e Cultura organizzano il primo incontro di SciArt SwitzerlAnd, un progetto nato in un percorso di ricerca internazionale sulla Scienza e sulle Arti per promuovere la cultura scientifica all’interno di istituzioni culturali.
IBSA Foundation organizza il Lugano Happiness Forum, il primo forum in Svizzera dedicato all’approfondimento del tema della felicità e del benessere umano, riunendo esperti internazionali per condividere le più recenti scoperte scientifiche sul tema.







IBSA Foundation, la Città di Lugano e l’Istituto di Medicina di Famiglia dell’USI avviano il primo studio clinico pilota di social prescribing in Svizzera, con l’obiettivo di promuovere la prescrizione medica di attività culturali per pazienti over 65.
IBSA Institut Biochimique SA Via del Piano 29 CH 6926
Collina d’Oro - Montagnola Svizzera
www.ibsagroup.com
