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CONTRADA CAPITANA DELL’ONDA
2/2016
CULTURA
ARCHIVI CULTURA CURIOSITA’ MUSEO STORIA
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dopo il 3 luglio, sul sito della Contrada, la versione completa degli articoli “condensati� in questa edizione OnLine, su la Sezione
REDAZIONALE
“...un numero bestiale”
“Bestiale”. Per l’importanza e autorevolezza degli argomenti e per l’impegno che questo numero ha richiesto. Quando lo guarderete, e leggerete, speriamo, lo capirete facilmente. Ci sono cose che diamo per scontate, ma se ci domandiamo “perché” molte volte non è facile trovarle nemmeno con i potenti mezzi messi a disposizione dalla Rete. “Wiky” in testa, ma non solo. Ad esempio, così a caso, PERCHE’ l’Onda “gira” quando “gira” e cosa è, e come viene rappresentata la Visitazione di Maria a cui è dedicata la nostra Festa Titolare. E su tale “Visitazione” ci sono un monte di belle cose da conoscere. Continua poi la ricerca delle “nostre radici” con interessanti note sui Legnaioli e la loro realtà nel ’700. Oltre ad una “chicca” succulenta: Il Sonetto ORIGINALE del 2 luglio 1717 che veniva distribuito durante il Corteo dei Carri di quel Palio. Evidentemente l’Onda aveva già la sua Agenzia Multimediale che editava siffatti eleganti materiali “pubblicitari”. Ultima ma non per importanza, una dettagliata ricerca su Policarpo Bandini. L’Asilo a Lui dedicato,già Scuola Materna dove molti di quelli di “noi” con i capelli bianchi hanno passato la loro infanzia, oggi diventa il Fiore all’occhiello della Nostra Contrada. Non sarà male se noi impariamo qualcosa su “..chi era costui” (grazie alla collaborazione dell’Amico Marco Falorni) anche perchè si tratta di un personaggio DAVVERO importante del suo tempo. E poi, lo ripetiamo, quello che ormai per tutti è “IL POLICARPO” oggi viene inaugurato come lo spazio Museale Ufficiale della Contrada dopo anni di lavori e premurose cure. E di cui vi diamo una ANTEPRIMA, grazie all’On.do Priore che ci ha permesso un servizio a ”volo d’uccello escheriano” che ci proponiamo di ri-proporre in seguito con dovute didascalie e spiegazioni, grazie alla collaborazione di Giovanni Baldassarri e Roberto Rossolini che hanno già dato la loro disponibilità. Buona lettura, A.
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l’Agenzia Multimediale dell’Onda
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Siena, Pinacoteca nazionale, inv. 426. Pietro di Francesco Orioli, Visitazione con due santi, tavola.
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LA VISITAZIONE DI MARIA. FESTA DELL’ONDA 5
di Alberto CORNICE
2. Siena, Duomo. Nicola Pisano, Pulpito, part. del primo specchio
1. Siena, Duomo. Nicola Pisano, Pulpito.
6 L’avvenimento è narrato nel vangelo di Luca: capitolo 1, versetti dal 39 al 56. Maria era incinta di Gesù e lo aveva concepito, pur restando vergine, per intervento divino quando non era ancora sposata ma soltanto promessa a Giuseppe. Volle andare a trovare la parente Elisabetta. Questa pure, in età avanzata, si era trovata incinta non per contatto umano ma per intervento soprannaturale. L’incontro è di alto significato religioso: sarebbe nato Giovanni che avrebbe battezzato Gesù nel Giordano. Entrambi destinati a una morte violenta; uno decollato, l’altro crocifisso. Negli altri tre vangeli non si fa parola dell’episodio. Forse non lo conoscevano (ma pare strano) o forse i compilatori – che vanno sotto il nome degli apostoli Matteo, Marco e Giovanni – lo ritennero poco importante. In Siena la più antica figurazione è in duomo, nel pulpito di Nicola Pisano, meridionale immerso nella cultura di Federico II, divenuto cittadino di Pisa ove aveva realizzato (1260) il pulpito del Battistero. Sulla risonanza di questo l’Operaio del duomo senese, il converso cistercense fra’ Melano, era andato a Pisa e aveva commissionato il pulpito senese, più elaborato e grandioso, che fu eseguito dal 1266 al 1268. Nelle sette lastre istoriate la prima comprende il racconto di Luca: Annunciazione, Visitazione, Natività di Gesù, Annuncio ai pastori. Nella nostra scena lo scultore ha efficacemente insistito sulla giovinezza e sull’aspetto senile contrapposti. Alla seconda metà del Duecento si riferiscono le pitture sulle pareti della ‘Cripta’ (che cripta non è) della cattefrale, il più importante ritrovamento medievale dei tempi recenti. Un largo brano è dedicato all’Infanzia:
Annunciazione, Visitazione, Natività, Adorazione dei magi e poi il resto. La Visitazione ha un solido impianto monumentale, essenziale e imponente, con le figure inserite in un arco trilobato che era ignoto a Siena prima del pulpito di Nicola. Tutti gli artisti sono della pre o della proto-storia di Duccio, una generazione indagata di recente. Nella Maestà di Duccio (13081311) la Visitazione non c’è. Stupisce non poco: in una grande tavola dedicata alla Vergine, sull’altare maggiore della cattedrale a lei intitolata, in una città dichiaratamente mariana. Non ho trovato altre figurazioni trecentesche senesi: varie invece altrove, da Giotto a Andrea Pisano a Taddeo Gaddi. Per il Quattrocento si deve segnalare una splendida miniatura di Liberale da Verona in un Graduale ora nella Libreria Piccolomini. Ma ancora più notevole è una pala già in Santo Spirito e ora nella Pinacoteca, la Visitazione e sei santi di Pietro di Francesco Orioli: Il gruppo è dominato da un arco trionfale 7
3. Siena, Duomo, ‘Cripta’. Seconda metà del sec. XIII, Visitazione, affresco.
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4. Siena, Duomo, Libreria Piccolomini. Liberale da Verona, Visitazione, iniziale G di Gaudeamus (Cod. 28.12, c.12v).
8 romano con quattro cavalli dorati: vero trionfo di euritmia e monumentale classicità. Un gioiello prezioso del Cinquecento è l’oratorio di San Bernardino, con i dipinti di Beccafumi, Girolamo del Pacchia, Sodoma. Questi dipinse la visitazione. L’impianto è solenne, armonioso, equilibrato: ma anche convenzionale, dolciastro, in definitiva non indimenticabile. Lo è invece – in ambiente fiorentino – quella del Pontormo a Carmignano, di forme solenni ma venate di inquietudine, di instabilità emozionale che rende l’opera incisa nella memoria: quasi una scheda autobiografica di un uomo perennemente inquieto. Mentre a Trento e poi a Bologna si teneva il concilio ecumenico (15451563) al quale si devono molti cardini irreversibili della Riforma cattolica, a Siena accadeva il cosiddetto ‘miracolo’ di Provenzano. Se tale fu, lo direi un miracolo cattivo. Non guarigione o pericolo scampato, tutt’altro. Un povero soldato spagnolo, di certo ubriaco e fuori di testa, puntò contro un tabernacolo lo schioppo che scoppiò e lo uccise. Invece di compiangerlo tutti gridarono al miracolo: il tabernacolino divenne la Madonna di Provenzano
5. Siena, Pinacoteca nazionale, inv. 436. Pietro di Francesco Orioli, Visitazione con sei santi, tavola.
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. Siena, San Bernardino. Sodoma, Visitazione, affresco.
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e, ovvio, fu diligente per frequenti, continui miracoli. Il tabernacolo divenne cappellina, e poi basilica. Fu dedicata alla Visitazione: si legge sul portale di facciata. L’iniziativa fu favorita dai Medici: è chiaro l’intento di incoraggiare una icona granducale contrapposta a quella repubblicana, la Madonna del voto nel duomo che era stata presidio dei senesi nelle battaglie contro i fiorentini.
La festa fu fissata il 2 luglio. Tra i riti strettamente religiosi (novene, messe, prediche, vespri, processioni) si introdusse un rito con celebranti laici: il palio di luglio. Quello che si correva per l’Assunta, il più antico, era nato ‘aperto’, ad esempio i cavalli del duca di Mantova o quello del Sodoma. Invece il palio di luglio nacque riservato alle Contrade ed è modello per quello di agosto.
La basilica di Santa Maria in Provenzano, intrapresa nel 1594 e terminata nel 1611, era Collegiata ossia con un collegio di canonici e un rettore, quasi a emulare la Maria Assunta ossia l’Opera del Duomo. Poiché il percorso di approccio era poco adeguato, da piazza Tolomei, nel 1681 il rettore Alcibiade Lucarini Bellanti acquistò le case verso la via Sallutio Bandini, le fece demolire e creò, con l’apertura della via Lucherini, la prospettiva ‘barocca’ che nell’estetica di allora era necessaria per processioni e cerimonie. Ma il 2 luglio era già festeggiato nell’Onda (non so quanto era accaduto, o accadrà, nel Bruco). Un verbale del 1576 attesta che “sempre è preso da noi per consueto fare la festa a dì 2 di luglio per la Visitatione della Madonna”. Gli ondaioli onoravano una immagine mariana collocata all’aperto, nella ”piazeta fuori de l’uscio della chiesa” di San Salbadore. Ma per il “santo Concilio”, di Trento, “non si posi celebrare la santa messa dove no sia luogo coperto”. È una sorta di atto di nascita del Chiesino, tanto più che ser Filippo Macarelli, “honorando patrino”, “mostrò uno disegno per doversi seguire”.
Fu la prima delle quattro chiese che in Siena sono state intitolate alla Visitazione. Alla Visitazione è dedicata anche 11
la piccola chiesa del monastero femminile delle Sperandie dentro la porta San Marco, di fine Seicento, monache dette anche le Trafisse. La
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8. Siena, Santa Maria in Provenzano e via Lucherini.
7. Carmignano (Prato), Santi Michele e Francesco. Pontormo, Visitazione, tavola.
piccola chiesa, oggi aperta di rado, è affrescata da Giuseppe Nicola Nasini protagonista del Settecento senese. Il singolare archivolto sulla strada è il coro delle monache, che potevano assistere – senza essere viste – alle funzioni sacre. Il culto senese per la Visitazione non termina qui. Fra Otto e Novecento fu eretta in via dei Rossi la chiesa della Visitazione delle Sorelle dei poveri di santa Caterina, la comunità fondata dalla beata Savina Petrilli. Sull’altare maggiore è la tela di Alessandro Franchi (1838-1914), il maestro egemone del secondo momento purista: una pala corretta e commendevole, però di emozione
10. Siena, Visitazione delle Sorelle dei Poveri. Alessandro Franchi, Visitazione, tela.
9. Siena, Visitazione delle Sperandie. Coro delle monache.
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devozionale. La chiesa dell’Onda, San Giuseppe, fu in origine dell’Arte dei Legnaioli e pervenne alla Contrada alla fine del Settecento. Nel 1827 la Contrada volle onorare il santo dei Legnaioli con il paliotto festivo dell’altare maggiore: legno intagliato e dorato, con tre inserti in rame argentato sbalzato, firmati dall’orafo Gaetano Macchi che era il più importante in Siena. Dei tre soggetti quello di destra è la Visitazione: ideale raccordo tra il primo culto dell’Onda e il santo della sua chiesa.
Alberto CORNICE
11. Siena, San Giusppe. Gaetano Macchi, Visitazione, rame argentato, part. Del paliotto dell’altre maggiore.
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L’unico rimedio contro i mali dell’Italia: Asimmetria informativa e Analfabetismo funzionale!!!
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quel “non più oscuro” oggetto del desiderio Anche se, secondo i recenti sondaggi pubblicati nel Regno Unito la maggioranza dei cittadini britannici sembrava favorevole a dire addio all’Unione Europea ed era convinta che l’Inaugurazione della Nuova Area museale al Policarpo Bandini, (il divario potrebbe essere anche superare i 6-7 punti percentuali) i bookmaker fornivano un’indicazione diversa, essendo disposti a pagare vincite più basse per il successo di chi non voleva la Brexit e Chi si dichiarava convinto che, SI (YES), l’Inaugurazione ci sarenne stata. Nonostante TUTTO. Nel dettaglio l’agenzia Bet365 ad una settimana esatta dalla Prevista Inaugurazione quotava l’esito “Open” a 1,50 (vincita di 1,50 euro per ogni euro scommesso), in linea con William Hill (1,45), Unibet (1,50) e Betfair (1,52). Ovviamente erano allineate anche le quote relative al “Closed”. La vittoria del fronte degli Ottimisti veniva quotata a 2,62 da Bet365, a 2,60 da William Hill, a 2,45 da Unibet e 2,69 da Bet Fair. Insomma, il risultato del referendum non sembrava affatto scontato. E cresceva ancora il numero di coloro che si chiedevano da tempo: ma il nostro Museo al Policarpo, quello che ormai viene chiamato “Il Museo” per antonomasia e che dovrà contenere tutti i nostri tesori : con quanto ci hanno lavorato e lavorano, sarà davvero una “chicca”? Siccome, lo ripetiamo, IL MUSEO è un soggetto ghiotto (e tangibile) oltre che una miniera inesauribile quindi per il nostro “virtuale” MALBORGHETTO Online , splendido Compagno di Viaggio, abbiamo avuto l’ESCLUSIVA in Anteprima Assoluta dall’On.do Priore per un breve ma esaustivo Servizio sui Tesori che, da oggi in poi, potranno essere ammirati in maniera razionale e piacevole. Dalle Ondaiole e Ondaioli, Contradaioli e Cittadini del mondo interessati alla Storia e ai suoi documenti. Belli e..VERI. IL MUSEO APRE. Alla barba dei Bookmaker (come la Brexit). E quindi.....Benvenute/i! La Redazione del MoL 15
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POLICARPO Chi era Costui? a cura di Mario ASCHERI
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Policarpo BANDINI
Siena 1801 - Badia a Quarto (Siena) 1874 Di idee liberali, che lo portarono anche in carcere nel 1832, si dedicò a varie attività imprenditoriali e finanziarie; fu suo merito la promozione e gestione di una importante linea ferroviaria toscana. Contribuì anche allo sviluppo di scuole per l’infanzia e continuò l’attività politica una volta eletto deputato dopo l’Unità. http://www.chieracostui.com/costui/docs/ search/schedaoltre.asp?ID=17655
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34 Si ringrazia la Dott.ssa Tiziana BRUTTINI per la gentile concessione della Riproduzione della Sua Pubblicazione.
Cav. POLICARPO BANDINI FONDATORE DEGLI ASILI INFANTILI DI SIENA “...Gli asili infantili di Siena nascono il 7 aprilee 1834. La lapide commemoratiova, tuttora esistente in quella che è divenuta la tale “Policarpo scuola materna staBandini”, riporta i nomi dei fondatori: Policarpo Bandini, Celso Bargagli Petrucci,Luigi Bianchi, Scipione Bichi Borghese, Leonida Landucci, Assunto Quadri, Giorgio Mugnaimni, Giulio Del Taia, Niccolò Piccolomini, Antonio Palmieri Nuti, Giovanni Pieri, Salustio Malavolti, Luigi Nencini, Gian Battista Brancadori. Tra di loro la figura emergente è quella di Policarpo Bandini, nato a siena nel 1801, studioso di scienze fisiche e naturali , uno dei primi senesi ad aderire alla Giovane Italia......”
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38 Ringraziamo vivamente l’Autore, l’Amico Marco FALORNI per averci autorizzato a riprodurre un testo caricato nel suo profilo Facebook.
DAI “PIANIGIANI” SENESI, DELL’ONDA.LA FAMIGLIA DI GIUSEPPE PREZZOLINI: I GENITORI SONO SEPOLTI AL CIMITERO DELLA MISERICORDIA.
Forse non tutti sanno che Giuseppe Prezzolini, notissimo giornalista e scrittore, nato a Perugia il 27 gennaio 1882 e morto ultracentenario a Lugano il 14 luglio 1982, era un oriundo senese, o meglio “un senese scappato da Siena”, come si definiva. Egli infatti era figlio di genitori senesi, e nacque, “per caso”, sempre per seguire la sua definizione, a Perugia, mentre il padre Luigi Prezzolini ne era prefetto. La madre Emilia Pianigiani era invece figlia dell’ingegner Giuseppe Pianigiani, il costruttore della ferrovia SienaEmpoli, inaugurata nel 1849. Entrambi i genitori di Prezzolini sono sepolti al cimitero monumentale della Misericordia a Siena, dove ci sono due belle lapidi, e quella del padre
Luigi fu dettata dallo stesso Giuseppe Prezzolini. Ma quello che c’è da sapere sulla senesità di Giuseppe Prezzolini lasciamo che sia lui stesso a raccontarcelo. Egli infatti scriveva nel 1979: “Nato a Siena non sono; ma senese chiamar mi posso. Padre e madre senesi erano di antiche famiglie. Mia madre era figlia di Giuseppe Pianigiani, illustre matematico, fisico ed ingegnere che costruì la ferrovia tra Siena ed Empoli, tuttora in uso con le medesime gallerie ai suoi tempi, allora costruite più con l’intuito d’ingegno che con metodi scientifici, e persino posso risalire nei miei antenati per parte di padre ad un Giuseppe Prezzolini (1771-1836) di cui una storia manoscritta della mia famiglia dice che era uno spirito liberale, in una rara incisione fattagli in Vienna ha infatti l’immagine d’un uomo schietto, sincero, e pienamente soddisfatto della vita”. E più avanti scriveva ancora Prezzolini: “Posso far paragoni autentici e anche aggiungere che in casa mia da giovine, si parlava senese e che non
39 Nella foto: le lapidi di Luigi e Emilia Pianigiani Prezzolini al cimitero della Misericordia.
ho mai parlato fiorentino, anche quando vivevo in Firenze: cioè sapevo che cosa voleva dire citta (cioè figlia, bambina) e che esisteva un Dizionario Cateriniano compilato da Girolamo Gigli in contrasto con quello della Crusca, ossia del dialetto senese che si trova nelle Lettere di Santa Caterina (Protettrice d’Italia) anche se qualche filologo francese pretenda che non furono scritte da lei, ma da un segretario (ma basta la sua firma per dire che la dizione senese era approvata da lei come appartenente alla di lei lingua). Non la finirei più se volessi elencare le tracce di senesità che mi hanno lasciato i miei genitori, seppelliti nel cimitero di Siena, mia madre con una iscrizione dettata dal mio babbo, e una sulla tomba del mio babbo dettata da me (la mia è più maschia e persino politica)”. 39
Infine Prezzolini si lasciò andare ad una profezia che nel 1979 doveva suonare strana, ma che nel 2016 lo è molto meno, anzi è pienamente attuale: “C’è chi prevede che tutti gli uomini del mondo mescoleranno razze, costumi, lingue e leggi. Chi lo sa? A me non importa, perché ho quasi cento anni e non m’importa molto di quello che faranno i miei pronipoti. Ma mi preoccupo un po’ di quello che disfaranno, e spero che lasceranno Siena com’è, dove già troppo fu distrutto o distratto dagli scopi per i quali era stato creato”.
40 Ma facciamo un passo indietro nel tempo. Abbiamo visto che il nonno materno di Giuseppe Prezzolini era proprio il famoso ingegnere senese Giuseppe Pianigiani, nato a Siena, nell’Onda, il 12 maggio 1805 e morto a Siena il 23 ottobre 1850. Parliamo dunque di costui, che è passato alla storia come il realizzatore della ferrovia Siena-Empoli, la seconda costruita in Toscana e una delle prime in Italia. Ingegno vivacissimo, fin dai suoi primi anni di attività, si mise in luce per la modernità delle sue concezioni e per la costante, appassionata ricerca tecnologica. Dopo gli studi compiuti a Firenze, egli fu docente all’Università di Siena. Nel 1836 un suo viaggio in Francia e in Inghilterra lo mise in contatto con le punte più avanzate della tecnologia dell’epoca; in particolare, ebbe modo di approfondire la conoscenza delle linee ferroviarie inglesi, la qual cosa gli sarebbe presto servita in patria. Tornato in Toscana, il Pianigiani esercitò pressioni di ogni genere per fare approvare il suo progetto di una nuova linea ferroviaria che, partendo da Siena, si doveva ricongiungere, nei pressi di Empoli, con la linea Firenze-Livorno, detta la “Leopolda”, la quale era allora in corso di costruzione. Con l’aiuto dell’imprenditore senese Policarpo Bandini, e facendo leva anche su altri importanti sostegni a livello politico e finanziario, riuscì infine a fare approvare il progetto della nuova linea, detta la “Centrale Toscana”; i lavori iniziarono nel 1845 e la direzione di essi venne naturalmente affidata al Pianigiani. L’ingegnere senese superò brillantemente tutte le molte difficoltà tecniche dell’impresa, realizzando anche la galleria di Montarioso, presso Siena, che con i suoi 1.516 metri era in quel momento la più lunga d’Italia. La linea fu inaugurata il 14 ottobre 1849 fra grandissimi entusiasmi ed alla presenza del granduca Leopoldo II di Lorena; nell’occasione fu anche corso un Palio straordinario, vinto dalla contrada dell’Oca. Un Palio dominato fra l’altro da ingerenze politiche. Favorite erano Tartuca e Aquila, che per colori e simboli erano gradite ai regnanti, ma grazie al fantino Gobbo Saragiolo vinse come detto l’Oca, con il tricolore che ricordava la montante voglia di italianità. Da allora al Pianigiani, ormai famoso, venivano commissionati i più delicati incarichi da parte del granduca Leopoldo. L’ingegner Pianigiani, purtroppo, al culmine della sua carriera, si ammalò improvvisamente durante un suo soggiorno per lavoro a Montebamboli, presso Massa Marittima; tornato a Siena, di lì a poco, nonostante le cure somministrategli dallo stesso medico di corte Luigi Del Punta, inviato espressamente dal granduca, il Pianigiani morì, la mattina del 23 ottobre 1850. Un bel monumento sepolcrale in sua memoria, opera di Enea Becheroni e Tito Sarrocchi e terminato nel 1855, si trova nella basilica di San Domenico a Siena.
Marco FALORNI
Stazione Vecchia, Viale Mazzini, SIENA
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POLICARPO BANDINI SANESE
BENEMERITO DEGLI STUDI NATURALI APPLICATI ALL'INDUSTRIA E ALL'AGRICOLTURA FAUTORE INSTANCABILE D'OGNI UTILE IMPRESA FU PROMOTORE PRINCIPALE E GESTORE DELLA VIA FERRATA CENTRALE TOSCANA E DATO PRINCIPIO ED IMPULSO ALLE AMPIE OFFICINE CHE HANNO SEDE IN QUESTA STAZIONE MOSTRÒ FRA I PRIMI IN ITALIA POTERSI ANCHE IL LAVORO REDIMERE DALLA SERVITÙ STRANIERA QUESTA MEMORIA IL 7 MAGGIO 1883 NOVE ANNI DOPO LA SUA MORTE GLI POSE IL COMUNE
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SIENA, Basilica di San Domenico - Monumento in memoria di Giuseppe Pianigiani (1805-1850) Opera di Enea Becheroni e Tito Sarrocchi (1855)
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Mario ASCHERI
CI SIAMO: RIPARTE LA RICERCA SUI LEGNAIOLI!
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Ci siamo: riparte la ricerca sui Legnaioli Mario Ascheri
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Il libro Di Sacro e di Profano, curato da Simonetta Losi nel 2011, era dedicato in primo luogo ai restauri importanti allora conclusi, grazie al finanziamento della banca Monte dei Paschi, della statua di San Giuseppe, del Crocifisso e di alcuni drappelloni, nonché ai lavori di consolidamento di volta e solaio della sagrestia e della chiesa di San Giuseppe, ove le opere sono custodite. Ma fu anche l’occasione, grazie al lavoro di Narcisa Fargnoli e Simonetta Losi, per offrire un primo approfondimento sulla storia della corporazione dei ‘Legnaioli’, com’erano detti i falegnami proprietari della chiesa di San Giuseppe poi pervenuta, soppressa quell’ arte in epoca leopoldina, alla Contrada dell’Onda. Purtroppo delle ‘arti’ senesi si sa poco, salvo per alcune più importanti o che hanno lasciato documentazione più importante, specie se connessa con opere d’arte, oggetto di ricerca sin dal Settecento per la loro notoria alta qualità. Che ci sia spazio per ulteriore ricerca non è quindi dubbio. Perciò nel primo numero di Malborghetto online, apparso per la ricorrenza di san Giuseppe del 2016 (cui si giunge via sito ‘Contrada Capitana dell’Onda’) abbiamo pubblicato le feste a calendario nel primo statuto dell’arte di cui conosciamo il testo, del 1426, quando i legnaioli erano uniti ai maestri di pietra (dominati allora dalla fortissima personalità ed arte di Jacopo della Quercia). Ebbene, notammo.... che non c’era elencata la festa di San Giuseppe! Non è incredibile, come parrebbe a prima vista. In realtà essa fu ‘sollecitata’ da Sisto IV (papa dal 1471) e imposta solo dal 1621… Il santo dei legnaioli era invece, allora, Pietro Martire Novello e i Quattro Coronati, come dice l’invocazione dello statuto stesso. Quando sia avvenuta l’opzione per il babbo/papà legnaiolo rimane da
48 chiarire. Io ho potuto solo accertare – e anticipato per San Giuseppe nel mio profilo Facebook - che anche un 40 anni prima di quello statuto l’arte era senza San Giuseppe. Non solo. Nel 1388, cioè nel periodo in cui i francescani promuovevano la devozione per San Giuseppe, a Siena l’arte aveva come protettore san Lorenzo, festeggiato ovviamente il 10 agosto. Lascio agli specialisti di storia della religiosità popolare spiegare questa ‘labilità’, che del resto richiama altri casi come quello dei Giudici, Avvocati, Notai e Procuratori, che erano protetti dai santi Simone e Giuda. mentre era già diffuso, altrove, il culto per sant’Ivo, il santo del gratuito patrocinio. La ricerca va quindi ampliata, ma senza trascurare quanto è già stato fatto. In particolare, quasi una quindicina di anni fa (a fine dell’anno accademico 2002-2003) è stata discussa a Siena la tesi di laurea in Giurisprudenza di Sara Notarnicola (relatore il sottoscritto) su L’organizzazione corporativa dei falegnami a Siena dal secolo XV al secolo XVIII. Sulla questione ritorneremo su questa stessa rivista per dare ulteriori materiali utili per la ricerca più complessiva. Intanto, utilizziamo la tesi, grati all’Autrice per l’autorizzazione, per due scorci brevi ma molto significativi. Nel primo, grazie a un registro di Girolamo Macchi, famoso dipendente dell’ospedale di Santa Maria della Scala per aver lasciato volumi manoscritti di vario genere (ora all’Archivio di Stato di Siena) con notizie e documenti preziosi, si rende conto del numero e dislocazione dei legnaioli nel 1700 secondo i dati risultanti al Macchi. Si noterà il numero limitato di maestri (era periodo di forte crisi) e la loro dislocazione sparsa, anche se con predilezione per il Terzo di Città (san Pietro e Casato), che vengono in qualche modo confermati dalla relazione del 1739, per l’ubicazione delle proprietà dell’arte.
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LE BOTTEGHE DEI FALEGNAMI DELL’ANNO 1700 Sara Notarnicola Dal “Registro dell’Arti e del numero degli Artigiani che erano
nella città di Siena nell’anno 1700” realizzato dal Macchi, si ricava il numero delle botteghe presenti nella città, la loro ubicazione e in alcuni casi i nomi dei maestri che vi operavano all’interno. Le botteghe erano in numero di 23 ed erano collocate in diverse zone della città: presso l’Ospedale vi era la bottega del maestro Ranieri Neri, in via di San Pietro l’officina del maestro Torniaini ed un’altra di cui non conosciamo il proprietario, mentre in via del Casato quella del maestro Giovanni Gioncolini; in via di Città vi erano 3 botteghe di cui una del maestro Giuseppe Drogalini, mentre delle restanti due non abbiamo altre notizie; presso “l’Arte della Lana” vi era la bottega del maestro Frittelli ed un’altra di cui non conosciamo il proprietario, mentre “alla Dogana” la bottega del maestro Posi. Della altre 14 botteghe, in base al “Registro” apprendiamo solo l’ubicazione: una bottega si trovava “al Laterino”, una “dall’Uffitiali”, una in via San Pellegrino, una “da Provenzano”, due presso l’Arco de’ Rossi, una “dal Re”, una “dall’Umiliati”, una in via Campansi, una a capo Salicotto, due in Pantaneto di cui una presso la Fonte di Pantaneto, infine l’ultima “in Banchi”. Al termine della pagina del “Registro” (segnato MS D 53, c. 10 verso) viene ricordato che la festa titolare è il 19 marzo e che veniva svolta nella “lor propria chiesa dalla Porta già detta di sant’Agata hoggi detto il Portone di Santo Giuseppe”.
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RELAZIONE SULL’ARTE DEI LEGNAIOLI Sara Notarnicola
Nel 1738 la Reggenza affidò all’auditore Pompeo Neri l’incarico di attuare la riforma amministrativa dell’Università di Siena. Il Neri decise di disporre la tassazione dei luoghi pii laicali di Siena a favore dell’Università stessa, alla quale erano venute a mancare le sovvenzioni governative. Al fine di predisporre la tassazione voluta dall’abate Neri, il capitano del popolo di Siena Giulio del Testa Piccolomini trasmise, “per biglietto” del 30 marzo 1739, ai responsabili dei luoghi pii laicali di Siena e delle Masse l’ordine di compilare una serie d’informazioni sugli enti da loro diretti. Dalle relazioni emersero dunque tutta una serie di dati relativi agli scopi, al regolamento amministrativo, alla situazione economica e sullo stato della proprietà immobiliare. Sono comunque interessanti anche le notizie storiche che ciascuna compagnia fornì circa le proprie origini, anche laddove le stesse risultano inesatte o leggendarie, in quanto attestano proprio la perdita della documentazione per mancanza o cattiva manutenzione degli archivi. Pochissime furono le Arti senesi presenti nelle informazioni del 1739, si tratta, infatti, soltanto di quelle che ancora possedevano un proprio oratorio e pertanto potevano essere comprese nella dizione di luogo pio laicale. Tra queste arti figura proprio l’Arte dei legnaioli con sede nell’oratorio di San Giuseppe. In base alla relazione compilata da Antonio Posi, che nel 1739 era il depositario dell’Arte dei legnaioli, risulta che il regolamento della stessa prevedeva l’elezione di tre rettori in carica per due anni, di un depositario, appunto, di un camarlegno e di due sottoposti con il titolo di operai. Il depositario curava l’esazione dei canoni dei numerosi immobili di cui l’Arte era proprietaria, riceveva “la carità de’ bossoli e cassette, che vanno per la città alle botteghe de’ maestri” e l’elemosina della Dogana; teneva un libro di entrata e uscita; pagava le spese di cera, olio e quanto necessario per la chiesa, provvedeva ai risarcimenti degli immobili dietro decreto degli operai i quali si occupavano della loro manutenzione; elargiva le elemosine agli infermi e pagava le messe derivanti da obblighi. Il camarlengo, all’epoca Giulio Carnicelli, riceveva i denari da parte dei maestri
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e dei lavoranti, in particolare 1 lida ai primi e 10 soldi dai secondi; teneva i libri dell’amministrazione ed erano a suo carico le spese per le feste solenni, quelle per le liti, quelle per le messe in memoria di maestri e lavoranti defunti; il depositario e il camarlengo provvedevano, con un contributo di 12 lire ciascuno, ad acquistare la cera per la chiesa. Al termine del mandato, di durata biennale, la loro amministrazione era oggetto di revisione da parte di tre maestri nominati dai rettori. Il cancelliere dell’Arte, all’epoca il signor Salvi cancelliere della Mercanzia, riceveva un onorario di 3 lire ogni adunanza e il sacerdote con il titolo di custode, all’epoca il reverendo Giovanni Battista Sili, riceveva 40 scudi all’anno e la casa annessa alla chiesa in uso gratuito. Le entrate dell’arte erano composte fondamentalmente dalle pigioni riscosse dagli immobili di proprietà, dai tributi imposti a maestri e lavoranti e dalle varie elemosine; di converso i denari dell’arte venivano utilizzati per acquistare cera e olio; suppellettili sacre, biancheria; riparazione di case e chiesa; carità a maestri e lavoranti infermi; messe; salari; spese di cancelleria; spese di “liti per esigere pigioni ed altro”. Gli immobili che formavano le proprietà dell’arte erano costituiti da un forno sito in Piazza Paparoni e pervenuto nel 1667 con obbligo di messe, dato in enfiteusi agli eredi di Giovanni Pellini; da una casa sopra il Vicolo delle Scalelle di Salicotto, frutto di un lascito da parte di Laura Musoni con obbligo di messe; da un’altra casa in Salicotto che fruttava una pigione di 6 scudi, si trattava di un lascito del caporale Giulio Boccetti dietro l’obbligo di messe; da un’altra casa sotto il forno di San Marco, in parte lascito di Francesco Ponetti e in parte acquistata dall’Arte che vi aveva “fabbricato per farvi appartamenti liberi”; da un’altra casa in detto luogo, contigua alle monache di S. Marta; da un’altra sotto la chiesa di San Giuseppe; da un’altra al Laterino con orto, lascito di Antonio Bastiano di Castelpiano, gravato da alcuni obblighi e infine da una casa nel vicolo del Sambuco. 51
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“... ne veniva poi la Contrada dell’Onda ...”
Il ritratto di Violante di Baviera è stato inserito da Ranuccio Bianchi Bandionelli nella sua edizione del testo di Veridico ragguaglio....di Giuseppe Torrenti, Roma 1973, della quale si riproduce di seguito il frontespizio
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La “macchina” portata in Piazza dall’Onda, compare nel volume di Giuseppe Torrenti, prima delle pagine (non numerate) dedicate all’Onda (di seguito riprodotte, pp 43-49 nell’edizione Bianchi Bandinelli) 55
56 Ne veniva poi la Contrada dell’Onda, che comparve in tal guisa. La pompa teatrale di questa Contrada consisteva in una ben’ordinata, e ben’intesa Cavalcata, i principali Personaggi della quale rappresentavano le principali Nazioni d’Europa, cioè la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia. Vedeasi in primo luogo sopra d’un’ Cavallo addobbato di Nobile Bardatura una Figura Maestosamente vestita esprimente la Germania coronata del Diadema Imperiale con scettro in mano ed assistita da quattro Pedoni vestiti all’uso de Trabanti, e seguitata poi da quattro Uomini a Cavallo vestiti di verde, ma però figurati nudi, e le Urne d’argento, che portavano sotto il braccio, denotavano esser questi quattro Fiumi dei maggiori, che scorrono per l’Imperio, cioè Reno, Isera, Danubio, ed Elba. A questi seguiva la Francia col suo abito proprio, e distintivo sopra di un Cavallo bizzarramente bardato, servita alla staffa da quattro valletti vestiti di color celeste, cioè il Rodano, la Senna, la Garonna, e Loire.
Procedeva dietro a questi con gravità maestosa, e con l’abito riguardevole la Spagna vestita all’uso di quella Nazione con quattro Paggi a piedi ricuperti con vestiti simili, e a questa servivano parimente a cavallo quattro altri Fiumi vestiti di giallo, cioè il Tago, l’Ebro, il Guadalquivir, e ‘l Duero. E finalmente l’Italia con abito ricco, e proporzionato alla sua rappresentanza, conducendo seco a piedi quattro Parafrenieri vestiti vagamente; Indi le med.me quattro figure a cavallo vestite di bianco, e rappresentanti il Po’, il Tevere, l’Arno, e la nostra Arbia. Colla Comparsa loro vollero dimostrare queste quattro Nazioni la stima ben’ giusta, che ciascuna fa degli alti pregi, e delle doti singolari della Ser.ma Gran Principessa; Poiche la Germania, che le diede i Natali contava i gradi più cospicui, e i posti più sublimi, che in essa hà goduto nei tempi la Real Casa di Baviera fino all’istessa dignità Imperiale, e che vi gode di presente ne due gran Fratelli Elettori. Vantavano con giustizia e la Francia, e la Spagna la stretta congiunzione del Sangue, che ella
tiene colle Maestà de due Regi viventi suoi Invitti Nipoti, e l’Italia finalmente andava festosa, pregiandosi di rappresentarle nel Po’ l’attinenza colla Casa Real di Savoia, nel Tevere la stima, che meritamente fa la S. Sede delle due Regie Prosapie di Toscana, e di Baviera; nell’Arno gli Sponsali, che ella contrasse in Fiorenza colla Reale Altezza del Gran Ser.mo Gran Principe Ferdinando di sempre gloriosa memoria, e nell’Arbia la gran sorte, che riconosce aver ricevuto Siena nel godere il saggio e prudentissimo Governo di lei. Ne seguiva poi un’ ben’inteso Carro formato da un’ grande Scoglio in mezzo al Mare, ed in mezzo scorgeasi Nettuno in compagnia di varie Deità Marine. Fingeasi, che questo Nume informato da i Fiumi dell’Europadelle sublimi e alte prerogative della Ser.ma Gran Principessa, invogliatosi di vederla aveva in una gran Perla formata la Reale Effige di Lei per regalarne uno dei Fiumi, che tutti aspiravano a onore si grande. Fermatosi il Carro davanti alle Reali AA. Nettuno aprì col Tridente una grande Conchiglia,
da cui ne trasse la Perla coll’accennato Ritratto, e chiamata a se l’Arbia, a questa presentollo, facendola poi sedere nel suo luogo situato, nella più aòta parte del Carro.
Veniva espresso tutto questo pensiero da un’ Sonetto, e da due Odi, che si dispensavano per la Piazza da due Cartellanti a Cavallo vestiti all’Eroica, ed erano di questo tenore. A lato Sonetto originale dell’Onda del 2 Luglio 1717
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NETTUNNO
Corteggiato da molti nobili Fiumi Della Germania, della Francia, della Spagna e Italia Vien rappresentato in Comparsa dalla Contrada dell’ Onda per la Corsa del Palio nel 2. Luglio 1717. All’A. Reale della Ser.ma Violante Beatrice di Baviera Gran Pnpessa di Toscana Governante della Città, e Stato di Siena.
Sonetto Mira o Gran Donna, di più fregi altera, Che le virtù più scelte hai per retaggio, Come ‘l tuo antico Imperial Lignaggio Passa di Regno in Regno, ed ivi impera. Ecco l’Istro, ove l’Aquila guerriera Prende dal sangue suo lena, e coraggio, Sangue, che ancor ne spande un’ nobil raggio Alla Gallica Sponda, ed all’Ibero. Mira Nettuno poi, che in ricco, e vago Cerchio di rara Perla orna, e raccoglie La tua temuta, e riverita Imago. Indi all’Arbia la dona, e altrui la toglie, Sol dell’Onda di lei contento, e pago, E l’Arbia in sen’ si gran Tesoro accoglie. Eccelsa Donna, che deggli Avi Augusti Tutte hai nel Seno le Virtudi, e i pregi, Per cui gli aviti egregi Nomi, che ornano i Secoli vetusti Ridice ancora a Noi la Fama altera Dell’Immortal Baviera; E facendo di lor te stessa Tempio Mostri a Nipoti il glorioso esempio. A te d’avante in volto umil’ s’inchina
La Gran Germania, e de Germani tuoi Narra giuliva a noi Le Sacre Mitre, e la fatal ruina, Su cui cadde Belgrado oppresso, e vinto, Ch’era d’assedio cinto Fia, che si vegga, e appaghi i nostri Voti Il Nascente valor de duoe Nipoti. Seco è l’Istro Guerrier, che incurva il dorso Al fato d’Asia, alle Cesaree Navi, E ‘l Ren, che non più gravi Di Civil’ Sangue hà l’Onde, e quel, che il corso Volge per la Sassonia, e ancor fa fede De Trofei della Fede; E quel, ch’è cinto di superbe sponde, E nel Baltico Mar poi si confonde. Ecco in ordin’ simile Iberia viene Del Regio tuo Nipote Inclito Regno; E ‘l Fiume guida pregno D’illustri flutti, e di splendenti arene. E col Guadalquivir poscia conduce Il Duoro, e l’Ebro al Duce Confin prescritto, ch’all’Esperia Terra Portò da Libia poi ruina, e guerra. Indi mira venire Augusta Donna La Gallia Madre di Guerrieri Eroi, Che de gran Fiumi suoi Loira, Senna, Rodano e Garonna, A te l’onde tributa, e seco esulta, Che nell’età più adulta L’Infante suo Monarca, ad emulare Qual tuo Nipote il tuo gran Cuore impare, Ma più d’ogni altra viensene superba L’Italia nostra, e seco il Re dei Fiumi Ove da caldi lumi Stilla lacrime aurate, e disacerba
59 Il fiele amaro del concetto duolo Di suore affflitto stuolo, E ‘l Tebro vien’ del nuovo ossequio altero Viepiù che fosse dell’onor primiero, Mira fra lor contender poi di vanto E l’Arbia, e l’Arno: quei lieto e ridente, L’altro mesto, e dolente Grave le Ciglia di perpetuo pianto. Tal differente effetto in lor produce, ch’ha pianto, e gioia induce L’uno il cordoglio della sua partenza, L’altro il novello onor di tua presenza. Or’ qual Cocchio s’appressa, ove s’asside Il Re del Mare, e Glauco, e Proteo lieti, Ed Anfitrite, e Teti, E de Tritoni Stuol, ch’esulta, e ride, E alle Nereidi in buccine sonore Cantan rime d’Amore? E qual dalla gran Conca Immagin’esce Ch’ai Dei del Mar la gioia in volto accresce, O Violante immortal s’io ben’ ravviso Ivi risplende la tua chiara Imago: Ben la distinguo al vago Nobil Sembiante, ove balena il riso. E in maestade alteramente umile Traspira un Cuor gentile, Che del Popol’ tuo fido a voti serve, E solo a suo pro’ voglia, e d’Amor ferve, Felice è l’Arbia, che l’Imagin prende, Ma più dell’Arbia è Siena avventurosa, Che placida riposa Sul tuo stabil Amor, che la difende. Girale sopra di Clemenza un’ raggio, E ‘l riverente omaggio 59
Accogli, e appaga il generoso, e pio Desio di Cosmo, ed il comun’ desio. Nettunno Allor che a Giove il Cielo, il fosco, e Nero Erebo a Pluto in don diede la sorte, A me Nettunno del secondo Impero Toccò il governo, e del temuto, e forte Tridente ebbi la cura, onde l’altero Eolo, e i Venti, e le procelle insorte Ebbi solo in pensier del muto Armento, E dell’ondoso mio Regno contento. Cos’ Marini Dei, Ninfe, e Tritoni Furon lunga Stagion mie cure, e affetti, Nulla curando in Ciel se Giove tuoni, S’a Pluto l’ombre l’agitar s’aspetti E pago sol de preziosi doni Che ‘l Mar m’offria fra i più pregiati eletti Novelle non cercai, s’entro la Terra Fosse Vizio, o Virtude, o pace, o guerra. Ma da quel dì che dalla primiera luce Donna Reale, i vostri lumi apriste, E vostre alme Virtudi, onde riluce La Terra, intorno sfolgorar fur viste, Da che nostra mercè si riconduce Quaggiù parte del Ciel d’onde veniste, Ogni Fiume, che al Mar portava i suoi Tributi, a me parlar s’udia di Voi. Gran Dio, tal mi dicea, più che non sei Ricco di Flutti, è la Germania piena De nuovi pregi, e del valor di Lei, Di Lei, che nacque dall’Augusta vena Del Chiaro Sangue, che i superbi, e rei
60 Popoli d’Oriente abbatte, e offrena, Sangue Belgrado a debellare eletto. Poi venne il Savo, e confermommi il detto. E venne ‘l Tebro, e mi dicea, gran parte Dal Sacro Impero ormai da voti pende De Palatini suoi, ma più comparte Essa di fama a quelli onde discende, Altri nel Franco Rege a parte a parte Mostrommi come il vostro Sangue splende: L’Ibera Teti, e l’Itala dicea, Che nei suoi Regi di Voi parte avea. E sen’ pregiava, e mel dicea fastosa Così, che in me la voglia accese Di vedere la Gran Donna alta, e famosa, Che Nome Eccelso entro ‘l mio Regno stese, E della Corte mia superba algosa Corteggiato oggi fammi a voi palese; Enel vedervi oh quanto cresce, oh quanto Di vostre Lodi, e vostra Gloria il vanto! Questi poi che mirate in lungo, e vago Ordin’ disposti, sono i Regni, e i Fiumi, Che a farmi Corte, ed a veder l’Imago Vostra, ed i Vostri Onesti, e santi Lumi Vennero, e lor desio contento, e pago Rende vostra presenza, e i bei costumi, E godon che io ritrovo in voi più rare Quelle Virtù, che mi dicean’ del Mare. Prima vien la Germania, e seco il Reno, L’Isara, l’Elba, e l’Istro; Indi l’Ibero Regno il Tago conduce, il vasto seno
D’aurate arene onusto, Ebro, e Duero, E Guadiana: Poi la Gallia il pieno D’onde rapaci Rodano, e d’Impero Sede la Senna, e la Garonna in mostra Offre, e Loyre alla presenza Vostra. Il Po’ Reale in fin’ l’Italia avanti Vi guida e ‘l Tebro Augusto, e di felici Arno, ed Arbia che i vostri almi sembianti Godon nell’amenissime pendici: Indi ‘l mio Cocchio, e seco i varj, e tanti Numi vedrete, e i lieti volti amici Delle Ninfe, e ‘l grande don, che ‘l Carro serba, Onde sia l’Arbia vostra oggi superba. Gran Conchiglia, e gran prezzo entro di quella Io porto all’Arbia, onde a ragione altera Andranne, ah non più ricca unqua e più bella Ebbe il mio Regno: Qui l’Imago vera E’ di Colei, che al ben’ oprar rappella Col saggio esempio la Senese Schiera, Che dentro la mia man’ scorgesi inciso Vostro Ritratto in vaga Perla, e ‘l Viso. Ecco ch’io l’apro, in lui si specchi, e miri Oggi Siena, se umil’ teme fissarsi Nel vostro Volto, e l’altra luce ammiri Senza timor, che in lei deva abbagliarsi. Dell’Onda mia fedele i vaghi giri Mirate alta Eroina, intanto farsi Vostra gloria, che al Mare io torno, e pieno Hò di stupor de’ Vostri Pregi il seno.
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malborghettoonline n.2 25 giugno 2016
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