Il restauro della Porta Palatina di Torino. Passato, presente e futuro di una città fluida.

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La Porta Palatina e le mura romane di Torino: simboli della dignitas urbana attraverso i secoli Stefania Ratto*

A partire dall’inizio del ‘900, quando d’Andrade la liberò definitivamente dalle superfetazioni, restituendole autonomia funzionale e riscattandone le origini dall’oblio, la Porta Palatina rappresenta la più evidente testimonianza della fondazione romana di Torino.

babilmente di riscossione dei dazi, e di eventuale trappola per gli assedianti che fossero riusciti a forzare la prima porta; torri laterali poligonali fungevano da rinforzo solo della cortina esterna o anche di quella interna.

In età romana gli ingressi allo spazio urbano, che segnavano il punto di passaggio dall’esterno all’interno, erano dotati di una forte valenza simbolica che ne richiedeva, a prescindere da reali esigenze difensive, una monumentalizzazione spesso corrispondente anche a un’evoluzione del tutto separata da quella delle cortine murarie1. Dal punto di vista della tipologia architettonica la Porta Palatina costituisce, insieme alla Porta Leoni di Verona (fig. 1), forse di poco precedente, e alla coeva Porta Pretoria di Aosta (fig. 2), il punto di arrivo di una sperimentazione che si sviluppa in Italia a partire dalla fine del III sec. a.C., traendo spunto dal modello delle porte greche ed ellenistiche “a tenaglia” e “a corte aperta”, e che ha il suo primo esempio compiuto nella Porta Venere di Spello, ancora di età triumvirale2. Si tratta di porte doppie a cavedio centrale, dotate di una facciata rivolta verso la campagna, chiusa da una saracinesca o da battenti, e di una aperta rivolta verso la città, che racchiudono un cortile interno circondato da alte mura (fig. 3). Esso, oltre a costituire un monumentale vestibolo d’ingresso, svolgeva la funzione di posto di controllo e pro-

Fig. 1. Ricostruzione della Porta Leoni di Verona (ASAV, dis. di R. Giacometti) Il restauro della Porta Palatina di Torino -

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