Consap Magazine Settembre 2011

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CONSULTA NAZIONALE POLIZIA STRADALE

Periodico Ufficiale Nazionale della CONSAP - C.N.P.S. anno XIII numero 9 settembre 2011 - Registrazione Tribunale Civile Roma n. 542/99

All’interno: la nostra proposta di revisione del Regolamento di Disciplina

SINDACATO MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVO DELLA POLIZIA DI STATO


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U-BOAT I TA LO F O N TA N A


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Sommario

Sommario

IN COPERTINA

DIRETTORE RESPONSABILE Massimo D’Anastasio ufficiostampa@consapnazionale.com COORDINATORE DI REDAZIONE: Gianni Valeri DIREZIONE EDITORIALE www.consapnazionale.com Consap Segreteria Generale Nazionale Via Nazionale, 214 - 00184 Roma Tel. 06 47825541 Fax 06 47825538 info@consapnazionale.com

Controllo di ordine pubblico EDITORIALE

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Si avverte che gli incaricati alla diffusione non possono essere appartenenti alla Polizia di Stato né a Forze dell’Ordine. In ragione di ciò vi invitiamo a segnalare anomalie rispetto a quanto sopra.

Noi poliziotti figli di tutte le opposizioni ed orfani di tutti i governi La consulta sommozzatori di Polizia incontra il Capo dello Stato Inadeguatezza della segnaletica a bordo delle auto della PolStrada Manovra: i sindacati di polizia chiedono le dimissioni di cinque ministri Il fondo del barile è stato raschiato ma la pretesa rimane pressante La sicurezza della rete contro gli attacchi degli hackers La ricetta di Brunetta è incostituzionale: “trasforma la malattia in un lusso” Immigrazione un fenomeno in grado di destabilizzare la sicurezza La proposta della Consap di revisione del regolamento di disciplina Ruoli tecnici: revisione ordinamento o smantellamento? Da Lampedusa a Roma è emergenza sicurezza nei CIE L’arruolamento (non)democratico della Polizia di Stato Il rispetto delle regole è il tema dell’iniziativa della Fondazione ANIA Autostrade per l’Italia: una campagna per la sicurezza dei bambini Prima Difesa, tutela e difende i diritti del personale in divisa Un’associazione che nasce dalla volontà e dal coraggio...! Massimo Onnis, poliziotto pittore omaggia di un suo quadro la Prefettura di Nuoro Al via ad Olbia il condizionamento fisico per i conducenti di moto d’acqua Massimo Ciancimino, offende la Polizia, toglietegli la scorta Poliziotti nella Capitale insoddisfacente la risposta del Ministero dell’Interno Doppio lavoro, per il personale in divisa, un divieto ancora al passo con i tempi? Poligoni in Sardegna i colleghi costretti a fare il “tiro alla zecca” Una gomma salva la vita, ma il 10% viaggia “sgonfio” Stress.... come riconoscerlo fisiologico, patologico o cronico Intervista a Marco Liorni, un cittadino che si sente sicuro Reparto mobile, si gioca a basket Solo Moda

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Editoriale

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Noi poliziotti figli di tutte le opposizioni ed orfani di tutti i governi

Giorgio Innocenzi Segretario Generale Nazionale Consap

La manovra finanziaria non riconosce agli uomini della sicurezza l’impegno ed il sacrificio quotidiano che essi hanno mostrato in questi anni con la lotta serrata alla criminalità che ha portato ad un calo della delittuosità ed ha assicurato allo Stato miliardi sottratti alla criminalità organizzata. Si prolunga il blocco dei contratti sino al 2014, si cancella l’atteso riordino delle carriere e delle funzioni, si continuano a negare al personale gli aumenti sui trattamenti accessori, si riducono le risorse per l’acquisto di beni e servizi indispensabili per garantire la sicurezza del nostro Paese dentro e fuori i confini nazionali e si riducono i fondi per la formazione del personale. Una manovra iniqua e sbagliata che non affronta i temi strutturali della riforma del fisco e del welfare, non agevola lo sviluppo delle imprese, non rilancia i consumi interni, anzi li deprime ancora. I tagli ai costi della politica e ai generosi e numerosi benefit dei nostri politici sono solo annunciati. Il Governo non riesce ad assolvere neppure gli impegni assunti con l’art. 8, comma 11 bis del decreto legge 78/2010 e l’art. 1 della L. 74/2011 relativi alle misure perequative sul blocco del trattamento economico, ope-

rato con la manovra finanziaria del luglio scorso. Tutto ciò perchè gli operatori di polizia non hanno gli strumenti di lotta sindacale necessari per poter ottenere il rispetto di quanto previsto. Nonostante ciò la Consap non smetterà mai di rivendicare un migliore trattamento normativo ed economico per il personale ma soprattutto spingerà affinchè venga emanato al più presto, per l’anno 2011, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per corrispondere agli interessati l’assegno una tantum pari al cento per cento dell’importo, che avrebbero dovuto percepire senza il blocco del trattamento economico al 2010, avendo fiducia, altresì, di trovare nel 2012 le risorse aggiuntive per il soddisfacimento degli impegni presi. Non smetteremo mai di affermare che la sicurezza non è un costo sociale ma un investimento perché migliora le condizioni e la qualità di vita delle persone. Per gli uomini e le donne “in uniforme” la misura è ormai colma: questa volta contro gli ulteriori tagli del governo Berlusconi l’esasperazione tra il personale è oramai dilagante e riassumibile in questa amara considerazione: i poliziotti sono figli di tutte le opposizioni ed orfani di tutti i governi.


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CONSULTA NAZIONALE POLIZIA STRADALE Responsabile Nazionale SPAGNOLI STEFANO Vice Responsabile Nazionale GIANLUCA PANTALEONI

Responsabile Italia Settentrionale MORELLO GIANMARIO

Responsabile Italia Centrale VANNONI MASSIMO

Responsabile Italia Meridionale ed Isole COSTANTINO GIOVANNI

Sezione Polizia Stradale Aosta BICCIATO PAOLO

Distaccamento Polizia Stradale Fano PU TENAGLIA IVAN

Sezione Polizia Stradale Asti BENFATTO ROBERTO

Sottosezione Autostradale Pescara TOMEI ROSSANO

Sottosezione Polizia Stradale Avellino Ovest DILUISO PASQUALE

Sezione Polizia Stradale Pisa LAI GESUINO RINO

Sottosezione Polizia Stradale Avezzano SANTUCCI PIETRO

Sezione Polizia Stradale Pordenone FIORINI GIANLUCA

Sezione Polizia Stradale Benevento MIRRA UGO Sezione Polizia Stradale Biella LAZZARINI DANIELE Sezione Polizia Stradale Bologna CORBISIERO LUIGI Sezione Polizia Stradale Bolzano COCEANO PINO

Distaccamento Polizia Stradale Brancaleone RC BRUZZESE GIUSEPPE Distaccamento Polizia Stradale Passo Corese RI COPPOLA IMMACOLATA Centro Operativo Autostradale Polstrada Centro Italia BOVE ANDREA Sezione Polizia Stradale Roma QUAGLIERI MASSIMILIANO Centro Operativo Autostradale Roma Nord LOTITO VINCENZO

Sezione Polizia Stradale Campobasso PICA PEPPINO Sottosezione Polizia Stradale Albano Laziale RM DI CEGLIE MARCO Sezione Polizia Stradale Catania MILITELLO MICHELE Sottosezione Polstrada Civitavecchia RM MORMINO MATTEO Distaccamento Polizia Stradale Scalea CS STABILITO ANTONIO Sezione Polizia Stradale Salerno DE SANTIS ANTONIO Distaccamento Polizia Stradale Soverato CZ PETROSILLO TOMMASO Sottosezione Polizia Stradale Angri SA AURICCHIO RAFFAELE Sezione Polizia Stradale Firenze CAFIERO VINCENZO Sottosezione Polizia Stradale Eboli SA APPIERDO ROBERTO Sezione Polizia Stradale Foggia CASSANO TEODORO Sezione Polizia Stradale Sassari POLO CRISTIAN Sezione Polizia Stradale Frosinone OTTAVIANI DOMENICO Sezione Polizia Stradale Gorizia BELTRAMINI WALTER Sezione Polizia Stradale Isernia DE FALCO DOMENICO Sezione Polizia Stradale L’Aquila MASTRANGELO ANTONIO

Distaccamento Polizia Stradale Città di Castello TR STAZI LUCIO Sezione Polizia Stradale Terni ZUMBO FRANCESCO Sezione Polizia Stradale Siracusa BIANCA ANGELO Sezione Polizia Stradale Udine PREDAN ETTORE

Distaccamento Polizia Stradale Aprilia LT MASTROMANNO MASSIMILIANO

Sezione Polizia Stradale Mestre VE ANGIOLINI SANDRO VITTORIO

Sezione Polizia Stradale Napoli IZZO GIUSEPPE

Sezione Polizia Stradale Vercelli LA MARCA MELCHIORRE

Sottosezione Polizia Stradale Romagnano Sesia NO PANE BRUNO

Sezione Polizia Stradale Jesi AN BELLI ANTONIO

Sezione Polizia Stradale Perugia PETRONI MAURIZIO

Sezione Polizia Stradale Lucca INDRO MARCHI


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La consulta sommozzatori di Polizia incontra il Capo dello Stato L’organismo sindacale miete successi, ottenuta la revisione del compendio normativo per gli operatori del settore

Grazie alla Consap e alla Consulta Nazionale Sommozzatori finalmente il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha proceduto a predisporre il nuovo regolamento della attività specialistica. Si tratta della revisione del compendio normativo che praticamente tutti i Sommozzatori della Polizia di Stato d'Italia attendevano già dalla emanazione della prima stesura risalente al 2002 e subito rivelatasi inapplicabile. Grazie al lavoro continuo, pressante e a volte addirittura fastidioso svolto dai rappresentanti della Consulta Sommozzatori CONSAP e grazie alla massiccia vostra adesione alla CONSAP è stato possibile, dopo decine e decine di incontri presso i Reparti Speciali e dopo centinaia di pagine di documenti prodotti, raggiungere il sospirato obiettivo. Vale quindi la pena dire che:"CHI LA DURA LA VINCE e ancora una volta... L'UNIONE FA LA FORZA!". Nel compendio normativo si racchiude l'essenza di tutto quanto ci eravamo proposti di fare durante la prima riunione della Consulta tenutasi a Roma meno di un anno fa... In particolare abbiamo ottenuto: 1. Una definitiva revisione della problematica relativa all'assistenza sanitaria con il risultato di aver sanato una profonda lacuna normativa e con un enorme vantaggio per tutti gli SMZ che potendo partecipare ad appositi corsi di primo soccorso medico (i corsi inizieranno verso settembre presso la MM) aumenteranno il proprio bagaglio professionale. 2. Il definitivo riconoscimento della qualifica OSSALC e di tutti i brevetti rilasciati dalla MM (OSSALC/SMZ/PALOMBARO/ARO-ARA/IPERBARICO) con il risultato di non dover più ripetere i corsi, se già in possesso di brevetto MM (vedi


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Primo piano casi Saito, Grimaldi, ecc.) ed il conseguente diritto alle relative indennità (vedi Jeri De Palma e altri OSSALC, se impiegati presso un nucleo SMZ o in aggregazione o in condizione di trasferimento definitivo). Risolta anche la diatriba sui brevetti rispetto ai gradi. Il Comandante di Squadra SMZ, se non in possesso delle previste abilitazioni e/o brevetti non rivestirà la qualifica di Direttore d'immersione per quelle operazioni che non rientrano tra le sue specifiche mansioni (vedi limiti di profondità, EOR, ecc.). In ultimo gli OSSALC possono tutti (se interessati) prestare servizio in un Nucleo SMZ o esservi aggregati,

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poichè l'Ammistrazione li ritiene una risorsa e non più un problema... 3. Finalmente si mette nero su bianco che un Sommozzatore non più idoneo all'immersione non è un vecchio rincoglionito da cacciare al primo Commissariato sotto-organico, ma cito le parole dell'allegato:"Una preziosa professionalità ed esperienza di cui continuare ad avvalersi presso il C.NeS. o presso le Squadre distaccate". (Di fatto riconoscimento di un SETTORE LOGISTICO!). In ultimo, ma MOLTO IMPORTANTE a pagina 6 viene aggiunto alla normativa vigente il seguente dettato: "Le mansioni del "Direttore dell'immersione"


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e di "guida al sommozzatore" possono essere espletate anche da personale sommozzatore non più idoneo alle immersioni", e questo apre la porta al prossimo lavoro: IL RICONOSCIMENTO DELLE INDENNITA' ANCHE AI COLLEGHI NON PIU' IDONEI. Un anno denso di innumerevoli successi sindacali, come quello che ormai volge al termine, non poteva chiudersi per i Sommozzatori della Consulta Nazionale CONSAP in modo migliore che con il saluto dell'amato Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Prima del termine del noto dispositivo di Sicurezza e Salvamento, che ogni anno si rinnova, presso la Tenuta Presidenziale di Castelporziano il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha infatti voluto salutare tutti i membri del Team Sommozzatori alle sue dirette dipendenze. Durante il piacevolissimo incontro, il Responsabile del Team Sommozzatori, Giuseppe Randazzo ed il Coordinatore Nazionale della Consulta Sommozzatori CONSAP, Giuseppe Carriera, hanno consegnato al Presidente Napolitano una copia del libro del 50° Anniversario della fondazione del Reparto Sommozzatori . Il Presidente, piacevolmente interessato alla storia ed alla tradizione dei Sommozzatori della Polizia di Stato, si è cortesente intrattenuto con gli operatori ringraziandoli per l'ottimo operato e lodandone la preziosa ed instancabile opera. Al termine dell'incontro una informale foto, ricordo di questa bella esperienza, chiude la prima fase dell'azione sindacale che ha visto la CONSAP protagonista al fianco dei Sommozzatori della Polizia di Stato per il raggiungimento degli obiettivi prefissati nella prima riunione della Consulta tenutasi nella Segreteria Nazionale a Roma poco meno di un anno fa. In particolare, grazie alla forte ed incessante azione della CONSAP, del suo Segretario Generale, Giorgio Innocenzi, dei tantissimi Segretari Generali Provinciali di Venezia, Sassari, La Spezia, Palermo, Bari e Napoli e delle numerose adesioni che sono pervenute e che hanno dato forza alla CONSAP è stato possibile in meno di un anno: • Ribabire la intoccabilità delle indennità di specialità spesso messe in discussione ed ingiustamente decurtate; • Ripristinare adeguandolo alle vigenti nor-

Primo piano mative l'impianto iperbarico lasciato in disuso da una miope dirigenza; • Risolvere gli annosi ed inconprensibili vuoti normativi presenti nelle vecchie "Disposizioni normative sulle attività d'immersione"; • Risolvere il problema dell'assistenza sanitaria all'immersione; • Provvedere al riconoscimento delle figure professionali OSSALC e ARO/ARA così come previste dalla Marina Militare; • Sancire l'obbligatorietà del possesso di un titolo nautico per gli operatori subacquei della Polizia di Stato; • Istituzionalizzare la figura del Sommozzatore non più idoneo all'immersione (logistico); e tantissime altre piccole e grandi azioni sindacali che sono state portate avanti con impegno e dedizione in ogni singola realtà territoriale in cui è presente una Sezione Sommozzatori. Il lavoro però non è terminato! A breve la Consulta Nazionale Sommozzatori si riunirà nuovamente per approfondire alcune problematiche all'ordine del giorno e per valutare, a seguito delle tantissime e pressanti richieste giunte, di allargare questo organo sindacale anche ai colleghi specialisti di mare, i quali visti i risultati ottenuti, cominciano a comprendere quanto importante ed indispensabile sia l'unione di intenti e di forze per il raggiungimento di obiettivi importanti.


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Inadeguatezza della segnaletica a bordo delle auto della PolStrada La lettera inviata al Direttore del Servizio dal Responsabile per l’Italia Centrale della Consulta Nazionale Polizia Stradale

Egregio Direttore, sono giunte a questa O.S. numerose segnalazioni negative relative alla segnaletica di cui sono dotati i veicoli d’istituto per l’espletamento dei servizi di Polizia Stradale. Tali cartelli sono costruiti in maniera da poter essere ripiegati su se stessi in modo tale da formare un quadrato dello spessore di pochi centimetri così da poter essere riposti negli appositi spazi ubicati nel contenitore posto all’interno del bagagliaio del veicolo. Per occupare poco spazio la struttura dei cartelli è costituita da barre in metallo molto sottili che sono frequentemente soggette a piegature, rotture e fuoriuscite dai propri alloggiamenti, tutte anomalie che li rende inutilizzabili. Gli stessi, a causa della leggerezza e della particolare struttura, sono facilmente soggetti al ribaltamento con gli spostamenti d’aria, motivo per cui con gli ultimi veicoli assegnati (BMW per la viabilità ordinaria) sono stati forniti dei sacchetti contenenti materiali inerti da utilizzare come zavorre. In questo modo, oltre che in-

gombrare ancora di più i bagagliai dei veicoli già colmi di materiali, si rende di fatto sempre più complessa la posa della segnaletica che, essendo di norma effettuata in situazioni di emergenza e di pericolo, dovrebbe al contrario essere semplice e veloce. Fino a qualche anno fa la società concessionaria “Autostrade per l’Italia” forniva alle Sottosezioni un tipo di segnaletica formata da un cavalletto e da vari pannelli applicabili sullo stesso. Tali cartelli oltre ad essere posti in essere in modo semplice e rapido, sono strutturati in maniera tale da risultare molto stabili, purtroppo però non vengono più acquistati perché ai veicoli viene fornita la dotazione prevista. Confidando in un Suo tempestivo e risolutivo intervento e rimanendo a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento, si porgono distinti saluti. Massimo Vannoni resp. Consulta Nazionale Polizia Stradale


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Manovra: i sindacati di polizia chiedono le dimissioni di cinque ministri Tagli inaccettabili, si va verso una grande manifestazione unitaria nazionale

(AGENPARL) - Roma, 07 set - Comparto sicurezza sul piede di guerra per i nuovi tagli - pari a 600 milioni di euro - in arrivo al bilancio del Ministero dell'Interno. Tagli che andranno a pesare sui mezzi a disposizione di Polizia e Vigili del Fuoco, porteranno ad un blocco fino al 2014 di avanzamenti di carriera e promozioni e che si tradurranno in una drastica riduzione dei servizi sul territorio. Tanto che le principali sigle sindacali del settore, tra cui Consap, Sap e Siulp, annunciano per le prossime ore un comunicato congiunto in cui chiedono le dimissioni dei ministri Maroni, La Russa, Nitto Palma e Romano, titolari rispettivamente del Ministero dell'Interno, della Difesa, della Giustizia e dell'Agricoltura. E non se la passano meglio Carabinieri e Guardia di Finanza, anche loro duramente colpiti dai tagli. L'annuncio arriva direttamente da Giorgio Innocenzi, segretario generale del maggiore sindacato di Polizia, la Consap, nel corso della conferenza stampa organizzata anche con altre sigle sindacali (Coisp, Siap, Silp, Siulp, Uil Poli-

zia, Uil Vigili del Fuoco, Cisl Vigili del Fuoco, Cisl penitenziaria e Cisl Forestale) insieme all'Udc per denunciare i tagli lineari che colpiscono il settore sicurezza e che si aggiungono alla scure che giĂ si era abbattuta con le manovre finanziarie degli ultimi due anni. A dar voce ai sindacati, il senatore Achille Serra e il segretario Udc Lorenzo Cesa. "Noi non vogliamo - dice Serra - essere complici del degrado della sicurezza", con ripercussioni pesanti come a Roma "dove - continua l'ex prefetto della Capitale - le organizzazioni criminali stanno cercando di allungare le mani". Critica duramente i tagli lineari Lorenzo Cesa, che chiede al ministro Maroni di "fare chiarezza sui tagli del Viminale" e di non toccare "i gangli della sicurezza e di non mortificare il comparto". (ANSA) - ROMA, 7 SET - I ministri di Interno, Difesa, Tesoro, Giustizia e Politiche Agricole si devono dimettere ''per aver completamente disatteso gli impegni'' presi con il comparto sicu-


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Primo piano rezza. E' quanto affermano in una nota diversi sindacati del comparto - Siulp, Sap, Ugl polizia di Stato, CONSAP, Fsn Cisl, Sappe, Ugl Polizia Penitenziaria, Uilpa penitenziari, Sapaf, Ugl Corpo Forestale, Uilpa Forestali, Uilpa Vigili del fuoco, Ugl Vigili del Fuoco - annunciando ''in mancanza di ulteriori risposte'' una ''grande manifestazione nazionale''. ''Per far fronte alle difficolta' finanziarie ed economiche del Paese - dicono i sindacati - si puo' e si deve operare in termini di ottimizzazione delle risorse a disposizione, evitando gli sprechi e superando le duplicazioni istituzionali presenti, al fine di rendere il sistema piu' efficiente e migliorare la risposta ai cittadini''. Ed invece ''con le scelte scellerate del Governo non vengono penalizzati soltanto coloro che operano per la sicurezza, ma anche e soprattutto i cittadini''. Nei confronti del comparto, dicono i sindacati, governo e maggioranza hanno disatteso diversi impegni presi, ''anche per iscritto'', disconoscendo ad esempio il principio di specificita' della professione e bloccando la corresponsione delle indennita' relative alle anzianita' di servizio e agli avanzamenti di carriera, pur essendo state finanziate ''con soldi nostri accantonati da anni!''. Senza contare che ''le organizzazioni sindacali e le rappresentanze militari sono state escluse da qualsiasi confronto'' in vista della manovra. Maroni, La Russa, Tremonti, Palma e Romano, Ministri dell'Interno, della Difesa, del Tesoro, della Giustizia e delle Politiche Agricole devono quindi dimettersi ''per aver completamente disatteso gli impegni e per non aver rivendicato nelle sedi competenti il principio di Specificita' dei vari Corpi dello Stato di riferimento, con il

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risultato di indebolire le relative Amministrazioni e di aggravare le condizioni in cui si trovano ad operare gli appartenenti ai vari Comparti''. E' necessaria, infine, ''l'immediata convocazione di un serio tavolo di confronto per discutere delle varie problematiche esposte, trovando risposte concrete''.


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Il fondo del barile è stato raschiato ma la pretesa rimane pressante Nessuno osi più toccare i diritti dei poliziotti vittime di vessazioni che hanno offeso la dignità funzionale

Mauro Pantano Segretario Nazionale Consap

Pensavamo di avere toccato il fondo, ma ci sbagliavamo; abbiamo imparato sulla nostra pelle che ad ogni male può seguire il peggio. La manovra finanziaria 2010 sembrava aver fatto il massimo del danno ai lavoratori della sicurezza, con congelamenti contrattuali, peggiorativi pensionistici e tagli lineari diffusi sulla generalità dei moduli retributivi. Ci sbagliavamo; la nuova manovra finanziaria 2011 ci è piombata addosso come un macigno, peggiorando la disastrosa situazione retributiva e pensionistica. Gli effetti più devastanti dell’ultima ed ennesima specifica vessazione ai pubblici dipendenti si sentiranno sulla retribuzione, congelata per un altro anno in aggiunta ai tre previsti dalla precedente manovra, nonchè sul trattamento di quiescenza, sempre più sottile e sempre più lontano nel tempo. Il ritornello è sempre lo stesso, a pagare la crisi sono le classi meno abbienti, i pubblici dipendenti, quelli che non possono evadere dal fisco un solo centesimo e che devono farsi carico delle spese dell’esercito degli evasori. Ma il Governo pretende di combattere l’evasione con lo spot televisivo, facendo pressione su principi di moralità sociale e qualifi-

cando come parassiti coloro che non pagano le tasse. Il Governo vuole mettere in galera solo i grandi evasori per ottenere un ravvedimento operoso di tutti gli altri, inducendoli a versare nelle casse dello Stato quanto dovuto. Oltre agli effetti diretti della manovra sulle nostre retribuzioni e sulle pensioni, peseranno sulle nostre tasche anche oneri aggiuntivi derivanti dai tagli a Regioni e Comuni, che comporteranno aumenti generalizzati sui servizi erogati alla comunità cittadina. L’aumento dell’Iva di un punto percentuale, avrà l’effetto per i meno abbienti di contrarre la spesa, con effetti recessivi sugli andamenti economici. Una manovra dunque che non coglie nel segno e che avrà effetti peggiorativi sull’intero sistema economico del Paese. La discriminazione governativa tra pubblico e privato appare evidente riguardo al c.d. contributo di solidarietà; i dipendenti pubblici sono chiamati a versare il 5% per i guadagni oltre i 90 mila euro ed il 10% per quelli oltre i 150 mila, mentre i privati devono contribuire con il 3% per i guadagni oltre i 300 mila euro. Noi della sicurezza, pur non rimanendo vittime per la quasi totalità di questa super Irpef, possiamo


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certamente rilevare un sostanziale ed indicativo trattamento disparitario, posto in essere in violazione dei più elementari principi di uguaglianza e di giustizia. I motivi del disastro economico sono molteplici ed alcuni vengono da lontano nello spazio e nel tempo. La crisi partita dall’America con la c.d. finanza spazzatura si è abbattuta in maniera violenta su una Europa divisa ed incapace di gestire in maniera unitaria il turbinio degli eventi. Una comunità unita solo per la moneta ma vittima degli interessi dei singoli stati che la compongono, con una Banca Centrale incapace di fronteggiare la crisi e preoccupata esclusivamente di tenere sotto controllo l’inflazione. Alla incapacità della comunità internazionale si è aggiunta la grave inadeguatezza di un governo che ha infierito sui più deboli minando dalle fondamenta la

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già precaria condizione lavorativa, di retribuzione e previdenziale. Il presente è cupo, ma il futuro appare ancora più nero, anzi catastrofico. In questo momento storico di grave difficoltà economica del Paese è di fondamentale importanza che il Sindacato vigili ed intervenga per censurare duramente le anomalie gestionali e di distribuzione del sacrificio. Siamo pronti e reattivi a qualsiasi sopruso, orgogliosi della nostra rappresentanza di una categoria di lavoratori che è sempre stata cardine di garanzia per l’intera società civile e che purtroppo negli ultimi tempi è rimasta vittima di determinazioni vessatorie che ne hanno offeso la dignità funzionale. Siamo pronti ad alzare il livello dello scontro verso chiunque oserà nuovamente calpestare i nostri diritti.


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La sicurezza della rete contro gli attacchi degli hackers Manganelli: la Polizia di Stato con l’apposita sezione CNAIPIC è all’avanguardia nel settore

Elisabetta Ricchio Dirigente Nazionale Consap

La frontiera del cyber crime sta diventando il teatro virtuale dove dovrà muoversi, con sempre maggiore capacità, l’azione di tutela della sicurezza. Nella rete viaggiano ormai le nostre vite, interessi economici, professionali ed umani, ma anche le relazioni sociali trovano on line uno sviluppo impensato, enormemente vasto e per questo difficile da controllare. La nostra Polizia di Stato ha cercato di fare il punto sulla situazione della sicurezza delle reti in un convegno tenutosi presso il compendio Tuscolano di Roma. L’apertura del dibattito che ha visto coinvolte le maggiori realtà del Paese che si muovono negli

spazi del web è stata affidata al Direttore Centrale per le Specialità della Polizia di Stato. Santi Giuffrè che ha aperto la strada a relazioni di altissimo livello tecnico fra tutti i protagonisti e che ha visto in qualità di moderatore Luigi Contu dell’agenzia di stampa ANSA. Alle autorità, ai manager ed al pubblico presente si è rivolto il saluto del Prefetto Antonio Manganelli. Il Capo della Polizia ha evidenziato il rapporto che deve sussistere tra pubblico e privato ed ha preannunciato la febbrile attività in seno alla Polizia di Stato che porterà alla firma di prestigiose collaborazioni con le so-


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cietà pubbliche e private del settore: ci saranno altre 8 convenzioni da firmare in aggiunta alle 14 già sottoscritte; ha poi messo in guardia sulle devastanti conseguenze di attacchi informatici ai data base nazionali: i danni che potrebbero causare in caso di attacco possono investire le fondamenta della collettività e basti pensare ad un tilt alle reti di distribuzione idrica ed energetica nonché a siti e network e reti intranet istituzionali. Il Prefetto Manganelli ha dichiarato con orgoglio che la Polizia di Stato è stata eletta “sentinella del web attraverso la Polizia delle Telecomunicazioni”. Un ruolo di prestigio e responsabilità che siamo pronti ad assolvere nel migliore dei modi. Un modo concreto è il CNAIPC – Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche che è tra i 4 centri di eccellenza nel mondo. Un grande terminale di intelligence ed investigazione e non una struttura burocratica. Sono intervenuti all’interessante dibattito: il Procuratore Aggiunto del tribunale di Roma Pietro Saviotti, l’Amministratore delegato di Enel Fulvio Conti in collegamento da Madrid; il Presidente di Telecom Italia Franco Bernabè; l’Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, l’Amministratore delegato di Poste Italiane Massimo Sarni, il Vice Presidente dell'Abi Giovanni Pirovano. Fra i contributi video utili a dare concretezza

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ad un simposio di tale portata sono state illustrate le metodiche che gli hacker usano per inserire un Trojan, attraverso collegamenti alla rubrica dei diversi pc utilizzando dei richiami in oggetto che stimolano la curiosità del cybernauta, oggetto con riferimenti a vincite, e non di rado con messaggi di carattere seduttivo come le migliaia di email inviate con scritto in oggetto “per sole donne” e quindi atti a stimolare la curiosità ad aprirli. Ognuno per la propria competenza ha parlato delle minacce sul Web e di come con un parternariato con la Polizia di Stato si possa combattere un attacco congiunto agli hacker. Sono stati descritti i danni che possono provocare gli hacker e le metodologie comuni messe in campo per evitare che ciò accada. E’ stato proiettato il filmato del team di hacker internazionali che si riconoscono nella sigla di Anonymous postato su youtube dove un hacker mascherato da Joker dichiarava propositi di rappresaglie on line per gli arresti di adepti subiti dal gruppo in Italia ed in Svizzera. Minacce che si sono rivelate fondate visto che a distanza di una settimana dal convegno, i database del Cnaipic (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche) hanno subito un attacco informatico. Contro tale rischio la nostra organizzazione sindacale ha chiesto più mezzi per la attività di controllo e per l’aggiornamento professionale degli operatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni.


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Convenzioni

Convenzione riservata agli iscritti Consap


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La ricetta Brunetta è incostituzionale: "Trasforma la malattia in un lusso" Per i giudici del lavoro di Livorno viola gli articoli 3, 32. 36 e 38

La Consap sin dal primo momento aveva denunciato gli aspetti assurdi e abnormi del provvedimento Brunetta, aveva manifestato in tutte le piazze d'Italia e raccolto firme per un ricorso all'autorità giudiziaria. Questa sentenza ci da ragione. "Di fatto la malattia diventa un 'lusso' che il lavoratore non potrà più permettersi e ciò appare in contrasto con l'articolo 36 della Costituzione che prevede che sia garantita una retribuzione proporzionata ed in ogni caso sufficiente a garantire un'esistenza libera e dignitosa". Il giudice del lavoro di Livorno Jacqueline Monica Magi ha sollevato con un'ordinanza la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 71 della legge 133/2008, la legge cosiddetta Brunetta, che prevede per i dipendenti pubblici una decurtazione dello stipendio per i primi 10 giorni di malattia. Per il giudice la norma presenta profili di incostituzionalità con riferimento agli articoli 3, 32, 36 e 38 della Costituzione. In particolare, riguardo all'articolo 3, nell'ordinanza si rileva "un'illegittima disparità di trattamento nel rapporto di lavoro dei lavoratori del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato". Sul "diritto alla salute" di cui all'articolo 32 la norma "crea di fatto un abbassamento della tutela della salute del lavoratore che, spinto dalle necessità economiche, viene di fatto indotto a lavorare aggravando il proprio stato di malattia, creando così un vulnus a se stesso e al Paese". Con riferimento all'articolo 36 in sostanza con la decurtazione il guadagno, "dati gli stipendi che percepiscono ad oggi i lavoratori del comparto pubblico, diventa tale da non garantire al lavoratore una vita dignitosa". "Pri-

vare durante la malattia un lavoratore di parte dello stipendio e della retribuzione globale di fatto - scrive infine il giudice con riferimento all'articolo 38 - integra esattamente quel far venire meno i mezzi di mantenimento e assistenza al cittadino in quel momento inabile al lavoro". Rimane il fatto che i poliziotti per evitare le ingiustificate decurtazioni dello stipendio hanno dovuto sacrificare i fondi contrattuali rinunciando a una parte degli aumenti.


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Immigrazione un fenomeno in grado di destabilizzare la sicurezza Inserimento nel tessuto sociale ma nel rispetto dei nostri ordinamenti e delle nostre leggi

Gianluca Pantaleoni Segretario Nazionale Consap

La percezione della sicurezza è determinata da una molteplicità di variabili, la prima delle quali è costituita da un rapporto di positività, una interazione che ci deve essere tra cittadini e istituzioni. Non esiste un misuratore a freddo della sicurezza, esiste un livello di sicurezza che invece deve essere valutato, di volta in volta, sulla base del disagio sociale che ciascuno di noi prova di fronte a difficoltà contingenti che, non necessariamente possono essere determinate da una specifica aggressione criminale. Dobbiamo avere un’idea flessibile del principio di sicurezza sapendo che questo principio va adattato alla reale difficoltà che si può trovare sul territorio. La sicurezza può sembrare un bene astratto ma si traduce a volte in ricadute concrete nella vita dei cittadini. Vivere sicuri è l’aspirazione di chiunque a prescindere da opinione pubblica o spirito sociale. Il fenomeno dell’immigrazione oggi ha destabilizzato il tenore della sicurezza. L’Italia è diventata un paese di immigrati negli anni 70 che hanno fatto anche la fortuna di interi paesi ma che a volte hanno portato anche la malavita della camorra e della mafia.

Quindi alla luce di questa esperienza, i tantissimi immigrati che arrivano in casa nostra, portano una diversità di cultura e di esperienza che possono arricchire il nostro paese ma allo stesso tempo, dobbiamo cercare di ripararci dai rischi di radicalizzazione religiosa di criminalità e di terrorismo. Sono aumentati i provvedimenti di espulsione, quindi sarebbe arduo negare che l’apertura delle frontiere abbia contribuito ad incrementare la criminalità ed i loschi traffici della malavita. Se si considera che il tasso di fecondità di queste popolazioni è molto più alto del nostro è facile concludere che noi abbiamo già da oggi delle città italiane che nel volgere di pochi decenni saranno a maggioranza di immigrati. Devono inserirsi nel tessuto sociale, è giusto, ma rendendosi partecipi dei nostri ordinamenti e delle nostre leggi. Uomini e donne di religione diversa, devono quindi imparare a conoscersi e rispettarsi, ad individuare ciò che li unisce ma anche ciò che li divide e che li rendono diversi ma non per questo nemici. Rispetto reciproco e riconoscimento delle pari dignità, di tutte le fedi religiose e del diritto di


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tutti i credenti a praticarle in tutto il mondo, ma rispetto e riconoscimento della identità altrui, senza pretendere di piegare il tutto ad una logica personalizzata. Se la diversità si manifesta anche con ostentazione di simboli religiosi ma in maniera pacifica senza urtare le leggi, noi dobbiamo accettarla, tanto più però dobbiamo tutelare la nostra. Dobbiamo essere fermi e decisi con determinate idee di queste popolazioni. E’ da censure il comportamento di colui che strappa il crocifisso dalla parete per non urtare la sensibilità di un bambino islamico, perché il crocifisso è un simbolo religioso di grandissimo valore, non solo, è il simbolo di duemila anni di cultura e di civiltà ai quali non possiamo rinunciare per nessuna ragione al mondo. Dobbiamo assicurare il diritto di famiglia. Se un musulmano chiede il ricongiungimento per la seconda moglie, il governo italiano deve negarlo perché in Italia per la nostra legge esiste una sola moglie ed una sola famiglia. Occorre poi avere la consapevolezza che servono maggiori qualità e maggiore efficacia al sistema della sicurezza investendo in essa le migliori professionalità e competenze oltre alle risorse necessarie.

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Serve sicuramente un coordinamento migliore di intelligence tra le varie forze di polizia in collaborazione con i comuni e le province che devono lavorare con sinergia. L’organizzazione, le attività le competenze delle forze di polizia dovranno essere valorizzate nel quadro di un più efficace coordinamento da sviluppare sia nei rapporti istituzionali sia nell’attività di controllo del territorio, collaborazione dei cittadini che devono essere aiutati e favoriti nella propria protezione. Potenziamento degli organici di polizia e rafforzamento delle pattuglie di vigilanza, il presidio di punti sensibili, il potenziamento di risorse, organici e strumenti dell’amministrazione pubblica e giudiziaria. Maggiore attenzione va prestata alle vittime del reato. Riteniamo inoltre che settori vitali dello stato non devono subire tagli economici perché questi incidono sulla sicurezza pubblica. La nostra attività sindacale non è finalizzata a fare proselitismo di bandiere politiche, difatti non entriamo mai nel dibattito partitico poiché siamo poliziotti. In qualità di sindacalisti abbiamo però il giusto proposito di svolgere un’azione politica sui provvedimenti che hanno un’incidenza negativa sugli operatori di polizia e sui cittadini. Noi oggi in veste sindacale siamo qui a rappresentare un diffuso malessere in cui vive la polizia di stato che nonostante sia in un momento di notevole difficoltà, continua ad amare il proprio lavoro e a mantenere un’ atteggiamento improntato alla correttezza per il bene dei cittadini.


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La commissione del sindacato ha elaborato una proposta a seguito di incontri convegni ed assemblee fra gli iscritti in tutta Italia.

La proposta della Consap di revisione del regolamento di disciplina Pena pecuniaria - Revisione degli effetti - Eliminazione del richiamo orale Semplificazioni procedurali - Accesso agli atti - Obbligo del segreto Revisione della deplorazione - Sospensione dal servizio, anomalie Revisioni degli Organi collegiali - Precisazione di alcune competenze, azione disciplinare Riabilitazione - Ricusazione, astensione ed incompatibilità Previsione di un funzionario istruttore, per sanzioni più lievi Sospensione cautelare obbligatoria Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del c.p.p., Art. 16 Connessione tra procedimento penale e disciplinare di Luciano Tenace Pena pecunaria - Revisione degli effetti Si ritiene che la pena pecuniaria debba essere ridotta nella sua portata afflittiva in misura non superiore a tre trentesimi della retribuzione mensile. Si reputa opportuno, infatti, che l'afflizione massima di cinque trentesimi debba essere prevista - insieme ad altre conseguenze - per le fattispecie che integrano I'irrogazione della sanzione più grave. Per le mancanze previste nell'articolo 4 la riduzione dello stipendio per un mese nella misura di uno, due o tre trentesimi è già sufficientemente afflittiva per il dipendente (che si traduce in una diminuzione di stipendio pari ad una somma, per un agente, a lordo da un minimo di euro 80,00 fino a euro 300,00). Si ritiene poi necessario eliminare la sanzione disciplinare della "consegna in Istituto” in luogo della pena pecuniaria per gli allievi degli Istituti di Istruzione. Tale fattispecie aveva infatti motivo di esistere alcuni anni or sono, ed aveva quindi

una reale valenza afflittiva, quando le c.d. "libere uscite" dagli Istituti di Istruzione erano limitate a 2 o 3 alla settimana. Attualmente, invece, non risulta che vi siano più limitazioni temporali per le libere uscite, talché I'irrogazione di un giorno di consegna perde sostanzialmente di significato. AI contrario l'applicazione di un danno patrimoniale agli allievi degli istituti, che percepiscono regolari emolumenti mensili, potrebbe rivitalizzare il contenuto dell'irrogazione della sanzione disciplinare della pena pecuniaria, costituendo valido deterrente per certi comportamenti disciplinarmente censurabili. Eliminazione del richiamo orale L'articolo 2 del D.P.R. 737/81 prevede la fattispecie disciplinare del "richiamo orale", che "consiste in un ammonimento con cui vengono punite lievi mancanze non abituali od omissioni di lieve entità causate da negligenza o da scarsa cura della persona o dell'aspetto esteri-


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Primo piano ore”. Prevede, inoltre, che lo stesso possa essere inflitto da qualsiasi superiore senza obbligo di rapporto. Nella sua attuale formulazione questa norma ha dato origine a non poche difficoltà sul piano applicativo. La previsione, infatti, di una formale sanzione disciplinare, che non trova poi riscontro in un atto amministrativo definito, appare in contrasto con quei canoni di trasparenza verso i quali si sta indirizzando tutta l'azione amministrativa. E' indubbio che si è di fronte ad una sanzione disciplinare vera e propria, alla irrogazione della quale lo stesso ordinamento ricollega attualmente effetti precisi e puntuali (si pensi alla fatti specie della reiterazione di lievi mancanze previste dall'art. 3 n. 1 che porta all'irrogazione del richiamo scritto). Si è, quindi, in presenza di un atto amministrativo ablatorio della posizione giuridica di un dipendente, che non ha, peraltro, un riscontro documentale. Tale circostanza porta, invero, a delle confusioni sotto il profilo tecnico procedurale di non agevole risoluzione. In primo luogo ci si pone il quesito se possa essere ammesso ricorso (gerarchico o giurisdizionale) avverso un siffatto provvedimento. Se, infatti, da un lato non dovrebbero esserci dubbi sull'ammissibilità del gravame, (del resto garantito anche dalla Costituzione), atteso che - come visto -viene in un qualche modo lesa la sfera giuridica del soggetto, dall'altro si pongono serie perplessità sulla procedibilità concreta del ricorso, visto che non esiste un atto amministrativo documentale, nel quale ravvisare vizi di legittimità o di merito, in un procedimento amministrativo. In secondo luogo il richiamo orale, nella sua attuale formulazione, lede il fondamentale principio del diritto alla difesa ed al contraddittorio. l'art. 2 prevede, infatti, tout-court che qualsiasi superiore gerarchico possa irrogare una tale sanzione disciplinare “senza obbligo di rapporto". Tale procedura si traduce in un sostanziale atto unilaterale del superiore nei confronti del sottoposto, senza che costui possa minimamente esercitare il diritto alla difesa, esponendo formalmente proprie ragioni che potrebbero anche giustificare il comportamento

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originariamente ritenuto disciplinarmente censurabile. In terzo luogo la sanzione del richiamo orale, originariamente concepita dal legislatore in forma esclusivamente “orale", assume necessariamente, talvolta, la forma "scritta"; ciò avviene nel caso in cui viene iniziato un procedimento per una sanzione più grave e poi questo si conclude con I'irrogazione del richiamo orale. Anche in questo caso la discrasia con l'originario modello voluto dal legislatore è evidente. L'abolizione, quindi, del richiamo orale, inteso come formale sanzione disciplinare, non può che portare più chiarezza e trasparenza nella procedura disciplinare. Tale assunto, del resto, non priverebbe certamente il responsabile di un ufficio, o generalmente qualunque superiore gerarchico, del potere - dovere di esortare e/o redarguire il personale sottoposto all'esecuzione di giusta attività istituzionale e ad una condotta deontologicamente corretta, in virtù del c.d. “Jus corrigendi", elemento fondamentale per il buon andamento dell' Amministrazione; ma eliminerebbe soltanto il discusso, e foriero di confusione, crisma di formalità ad una sanzione disciplinare che allo stato non riveste alcuna forma esteriore "tangibile". Semplificazioni procedurali L'esercizio della potestà disciplinare deve assolvere il fondamentale compito di salvaguardia del corretto funzionamento dell'Amministrazione per il raggiungimento dei fini istituzionali, garantendo lo svolgimento di un "giusto" procedimento per l'accertamento delle responsabilità nel più ampio rispetto dei principi della tutela sostanziale del diritto alla difesa. Tale primario obiettivo non può essere raggiunto se non con uno strumento agile, scorrevole, forte nella sostanza e trasparente nella forma, che consenta la verifica dei fatti ed il formarsi di un giudizio nel più breve tempo possibile. Oggi, il procedimento disciplinare risulta appesantito da alcuni formalismi tecnici, voluti dal legislatore del 1981, quando, in linea con i tempi, si pensava che sbarramento formale potesse voler dire garanzia sostanziale, che invece nella pratica hanno dimostrato non solo di


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non assicurare all'incolpato maggiori e/o migliori possibilità di difesa, ma addirittura sortendo in alcuni casi l'effetto opposto, a danno sicuramente anche dell'interesse primario dell'Amministrazione, che non è quello di perseguire il dipendente, ma solo di stabilire con certezza il reale verificarsi dei fatti in relazione a specifici comportamenti del personale. L'eccessivo formalismo non si traduce in garanzia, come l'esperienza ha provato. Tant’è che non solo in materia disciplinare, ma più in generale nell'ambito legislativo si registra una forte tendenza alla semplificazione delle procedure per il pronto raggiungimento degli interessi pubblici. Solo procedure chiare, veloci e leggibili da chiunque possono assicurare trasparenza e quindi costituiscono garanzia sostanziale del rispetto di ogni interesse giuridicamente tutelato, senza possibilità alcuna di esercizio arbitrario di poteri anche legalmente riconosciuti. Quindi, anche in materia disciplinare si rende necessario rivedere alcuni passaggi tecnici del procedimento che al momento provocano solo un allungamento dei tempi, alimentando ombre e sospetti, senza tradursi in benefici e garanzie di tipo sostanziale. A tal fine, si è dell’avviso di operare i seguenti correttivi: a) regolamentazione dei termini entro i quali il procedimento deve essere concluso. Sarà necessario prevedere pochi termini, tutti però perentori, per assecondare l'esigenza di accelerazione dell'azione amministrativa e di certezza dei rapporti tra il dipendente e I' Amministrazione; b) facoltà dell'inquisito di accedere a tutti gli atti del procedimento disciplinare; c) revisione degli organi collegiali ; d) necessità di intervenire sullo svolgimento delle sedute degli organi collegiali. AI fine di eliminare una elevata "farraginosità” della procedura prevista che non consente uno snello ed agevole svolgersi del procedimento, appare opportuno abolire la prima delle due sedute attualmente previste innanzi ai Consigli di disciplina, sostituendola con la preventiva visione degli atti da parte dei componenti (secondo la prevista revi-

Primo piano sione degli organi, professionalmente più specializzati) che non deve necessariamente estrinsecarsi in una seduta collegiale appositamente convocata. Inoltre, alcune attività previste nella fase di 1^ seduta, come la nomina del relatore, potrebbero essere effettuate dal Presidente all'atto della convocazione e del deposito degli atti in Segreteria; e) previsione espressa e tassativa dei casi, per l'inquisito ed il difensore, di impossibilità a partecipare alle sedute degli organi, per evitare in tal modo il differimento delle deliberazioni con l'attuazione di tattiche dilatorie; f) formalizzazione della procedura della notifica degli atti all'inquisito, specie nel caso di sua irreperibilità; g) previsione di specifiche ipotesi di astensione e di ricusazione dei soggetti che intervengono nel procedimento disciplinare; h) previsione che gli accertamenti relativi agli illeciti possano essere esperiti da funzionari incaricati dal titolare della potestà punitiva. Accesso agli atti - Obbligo del segreto Nell'ambito della necessità di semplificazione del procedimento disciplinare secondo i criteri di economicità efficacia e pubblicità, assume una particolare rilevanza l'opportunità di inserimento di una specifica norma che dettagliatamente preveda il diritto dell'inquisito ad accedere a tutti gli atti del procedimento. In via preliminare, occorre osservare che attualmente, alla luce di quanto disposto del D.P.R. 737/1981 e della L.241/1990 in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso, l'inquisito può già conoscere tutti gli atti del procedimento, eventualmente richiedendone anche estrazione di copia. Quanto sopra non esime, però, dal porre in essere ogni migliore sforzo affinché gli interessi dell'inquisito e dell'Amministrazione ad una rapida definizione del procedimento in osservanza dei criteri di giustizia sostanziale, trovino soddisfazione in un nuovo sistema che compiutamente assorba e realizzi il diritto di accesso agli atti. D'altre parte il principio della partecipazione al procedimento amministrativo, che trova più


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Primo piano ampia realizzazione nel previsto contraddittorio, impone in via primaria che l'inquisito disponga degli atti relativi al procedimento. Pertanto, si rende necessaria l'espressa previsione di una norma che stabilisca i modi ed i tempi di consegna degli atti del procedimento al dipendente, considerato che la semplice visione degli atti costituisce solo il livello minimo di informazione. A questo punto, però, si rende necessaria una differenziazione tra la realizzazione del diritto di accesso durante le varie fasi del procedimento e la realizzazione dello stesso diritto al termine del procedimento. Non vi è dubbio che a conclusione del procedimento risponderebbe a criteri di giustizia la previsione che la notifica del provvedimento inflittivo sia accompagnata dalla materiale consegna di tutti gli atti formati durante il procedimento. Con riguardo alle varie fasi dell'iter procedimentale occorrerà, invece, individuare i momenti conclusivi dei singoli sub-procedimenti al termine dei quali dovrà essere prevista la consegna dell'atto conclusivo all'inquisito (ad esempio: relazione del funzionario istruttore). Diversamente si potrebbe correre il rischio di appesantire il procedimento prevedendo la consegna di ogni singolo atto, non corrispondente alla conclusione di una fase, sortendo così l'effetto opposto rispetto a quello di sopra enunciato e perseguito. Inoltre, si evidenzia la necessità che l'inquisito non solo conosca i singoli atti conclusivi delle varie fasi del procedimento, ma venga formalmente notiziato su ogni rilevante circostanza che possa essere utile all'esercizio del diritto alla difesa (ad esempio: composizione degli organi collegiali). La compiuta realizzazione del diritto di accesso, come su esposto, comporta anche il correlativo obbligo del segreto per tutti coloro che trattano il procedimento disciplinare. Gli interessi dell'inquisito, infatti, si risolvono nella soddisfazione di massima pubblicità degli atti, ma ovviamente solo nei suoi confronti, così pure l'Amministrazione ha interesse a far conoscere gli atti, ma solo all'inquisito, sia per garantirgli un migliore diritto alla difesa, sia per consentirgli una più ampia partecipazione al

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procedimento che può, sicuramente, giovare ad un rapido accertamento dei fatti. Quanto sopra in osservanza del generale principio costituzionale alla riservatezza che non si oppone al diritto di accesso, ma piuttosto ne costituisce il genus che solo può consentire un corretto esercizio dello stesso. Si sottolinea l'importanza di sancire espressamente l'obbligo del segreto, considerato il gran numero di persone che potranno avere la materiale disponibilità degli atti e la correlata necessità di tutela del diritto di accesso riconosciuto all'inquisito. Revisione della deplorazione La sanzione della deplorazione è stata introdotta dal legislatore del 1981 come "quid novi" rispetto alla disciplina contemplata nel Testo Unico del 1957 n. 3, che, nella scala delle sanzioni, passa dalla "riduzione dello stipendio" alla "sospensione dalla qualifica ". L'introduzione di tale sanzione si inquadra nell'esigenza di "graduare" l'entità inflittiva del provvedimento amministrativo, essendosi ritenuta troppo "ampia" la cesura tra pena pecuniaria e sospensione dal servizio. In tal modo sì è approntata una maggiore garanzia per l'inquisito, il quale per mancanze leggermente più gravi di quelle previste per la semplice pena pecuniaria, non subisce I'irrogazione della grave sanzione della sospensione che comporta pesanti conseguenze sullo status giuridico. Non si ritiene, pertanto, opportuno suggerire di eliminare dal sistema disciplinare la sanzione della deplorazione. Qualora la si volesse, invece, abolire occorrerebbe riconsiderare l'inserimento delle attuali fattispecie previste nell'art. 5 del D.P.R. 737/81 in altri articoli che non potrebbero non essere I'art. 4 (pena pecuniaria) o I'art. 6 (sospensione dal servizio), con il concreto rischio, peraltro, di incorrere nei pericoli sopra evidenziati, a detrimento proprio dell'incolpato, che vedrebbe di molto ridotto, probabilmente a suo danno, lo "spazio di valutazione" del titolare della potestà disciplinare. Cosicché la violazione di una norma di condotta, o una mancanza gravemente lesiva della dignità delle funzioni potrebbero essere


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sanzionate con la sospensione dal servizio, che - come noto - per il suo particolare "impatto sociale" sia nell'ambiente di lavoro, sia in ambito familiare, procura un rilevantissimo danno al dipendente. Ritenendo, pertanto, valida la permanenza nell'attuale sistema di questa sanzione, sarebbe necessario rivedere gli effetti che la stessa comporta, atteso che quelli attualmente previsti dal legislatore del 1981 non hanno - allo stato - alcuna valenza sanzionatoria, se non quella che può definirsi di mero "valore morale". L'art. 5 del cennato D.P.R. 737/81 nel 2° comma, nella sua attuale formulazione, sancisce che la deplorazione "comporta il ritardo di un anno nell'aumento periodico dello stipendio o nell'attribuzione della classe di stipendio superiore a decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata”. L'art. 3 del D.P.R. 150 del 1987 ha congelato la progressione economica per scatti e classi dal 1.1.1987 ed ha, però, istituito la R.I.A. (Retribuzione Individuale di Anzianità). Allo stato, quindi, ad eccezione dei dirigenti (ed equiparati ex art.43) che hanno mantenuto le classi stipendiali, tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato non hanno più la progressione economica con scatti e classi e, pertanto, la sanzione della deplorazione non ha effetti concreti. Si propone pertanto l'attribuzione di un contenuto pecuniario alla deplorazione (5/30 dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo) congiunto con una previsione di riflessi negativi sull'accesso agli scrutini ed ai concorsi interni, per un periodo limitato di tempo. Circa le conseguenze economiche v'è da evidenziare che esse non sono peggiorative rispetto all'attuale previsione, anzi sono identiche a quelle attualmente previste nella misura massima, per la pena pecuniaria a 5/30. Con la seconda previsione si riporterebbe tale sanzione nel giusto alveo della gradazione degli effetti negativi sulla sfera giuridica del dipendente dal momento che si incide non su una situazione giuridica attuale, data e certa, ma solo su “aspettativa" di carriera, nella parte relativa all'avanzamento.

Primo piano Vengono così ripristinate le distanze tra gli effetti della sanzione immediatamente più lieve (pena pecuniaria) e gli effetti di quella immediatamente più grave (sospensione dal servizio). Si renderà poi necessario procedere alla rivisitazione della procedura inflittiva della sanzione della deplorazione dal momento che proprio tale elemento è stato negativamente considerato per la sua farraginosità. Sospensione dal servizio - Anomalie L'art. 6 del D.P.R. 737/81 concernente la sospensione dal servizio, dopo aver enunciato nel 1° comma il primo e più immediato effetto che la sanzione comporta, e cioè l'allontanamento dal servizio per un periodo da uno a sei mesi, prevede, altresì, nel 2° comma, che la stessa – “comporta la deduzione dal computo dell'anzianità di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio nonché il ritardo di due anni nella promozione o nell'aumento periodico dello stipendio o nell'attribuzione di una classe superiore di stipendio con la decorrenza di cui all'art. 5. Tale ritardo è elevato a tre anni se la sospensione dalla qualifica è superiore a quattro mesi”. E' emersa una sostanziale dicotomia, con conseguente grave difficoltà di applicazione, del combinato disposto dell'art. 6, nella parte sopra riportata, e dell'art. 61 del D.P.R. 24 Aprile 1982, n. 335. Tale norma (rubricata "norme relative agli scrutini”) prevede nel 1° comma che “non è ammesso a scrutinio il personale di cui al presente decreto legislativo che nei tre anni precedenti lo scrutinio abbia riportato sanzioni disciplinari più gravi della deplorazione". Da un Iato, quindi, l'art. 6 prevede il "ritardo nella promozione", dall'altro I'art. 61 prevede la preclusione dell'accesso allo scrutinio per tre anni. Le due disposizioni normative vanno armonizzate, specificando in particolare: a) se il ritardo incide sulla promozione o sull'accesso agli scrutini; b) il momento dal quale dovrà operare questo effetto. Attualmente la letterale applicazione del sopra esposto combinato normativo porta a conclusioni che originano una sostanziale disparità di


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Primo piano trattamento tra il dipendente al quale viene irrogata questa sanzione poco tempo dopo una conseguita promozione e quello al quale viene irrogata poco tempo prima di conseguire la promozione: nel primo caso la sospensione non ha quasi mai effetti sulla progressione in carriera, nel secondo, invece, ritarda in modo netto l'avanzamento. Si riterrebbe quindi opportuno prevedere che l'effetto “sbarramento" operi sull'ammissione agli scrutini per un tempo da definire (due o tre anni), a decorrere, però, non dalla data di inflizione della sanzione, ma da quando il dipendente matura il diritto ad essere scrutinato per l'avanzamento alla qualifica superiore. Solo in tal caso si darebbe piena attuazione alla volontà del legislatore del 1981, che all'art.70 della L. 121/81 ha voluto attribuire un effetto negativo sulla progressione in carriera al dipendente al quale è stata irrogata: la sospensione. Revisione organi collegiali In ossequio al generale principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione e delle più specifiche esigenze di trasparenza, efficienza e speditezza dell'azione amministrativa, si sottolinea la necessità di procedere ad una revisione degli organi collegiali (Commissione Consultiva e Consigli di Disciplina), previsti dal D.P.R. 737/1981, per lo svolgimento del procedimento disciplinare. In particolare, la Commissione Consultiva si è rivelata un appesantimento per la irrogazione della deplorazione, senza un corrispondente effettivo aumento di garanzia per l'inquisito. Tale Commissione è chiamata ad esprimere un parere che ha natura di atto complesso, in quanto raccoglie i singoli pareri espressi dai tre componenti (due designati dall'organo competente ad infliggere la sanzione ed uno dai sindacati maggiormente rappresentativi). Per tale motivo il parere reso non è vincolante per il titolare della potestà disciplinare e l'unica garanzia in più a favore dell'incolpato risulta essere, nella pratica, la possibilità concreta di esplicare a voce, innanzi ai componenti della Commissione ed al titolare della potestà disciplinare, le proprie ragioni suffragandole con eventuali riscontri testimoniali.

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E' chiaro, quindi, perché l'aggravamento della procedura non ha consentito una maggiore garanzia difensivistica dell'inquisito, contrariamente alle intenzioni del legislatore del D.P.R. 737/1981. Ma non basta: l'esperienza ha evidenziato due ulteriori problematiche, la prima attinente alle difficoltà di composizione della Commissione, che ha provocato non poche disfunzioni, la seconda inerente l'elevato numero di Commissioni, una per ogni Ufficio o Reparto (quindi molteplici per ogni sede), che ha sicuramente ostacolato I'auspicata parità di trattamento e uniformità di indirizzo. E' necessario, quindi, al fine di salvaguardare il principio di graduazione delle sanzioni disciplinari, prevedere che il procedimento per I'inflizione della deplorazione, che delimita il confine con le sanzioni direttamente incidenti sullo status giuridico, si svolga celermente anche innanzi ad un organo collegiale che possa consentire all'inquisito ogni migliore forma di garanzia di difesa. A tal fine si propone che la deplorazione, rivista anche negli effetti, venga inflitta dal titolare della potestà disciplinare, acquisito il parere di un Consiglio di Disciplina unico per la provincia, composto da due funzionari e da un terzo componente designato volta per volta dalle Organizzazioni Sindacali interessate secondo un criterio di rotazione: verrà così anche eliminata l'autonomia nella scelta dei componenti da parte del titolare della potestà disciplinare che attualmente compie le sue designazioni attingendo dall'elenco annualmente predisposto su indicazioni delle stesse Organizzazioni Sindacali. A questo punto si rendono necessarie alcune importanti considerazioni sulle difficoltà riscontrate nei procedimenti inflittivi delle sanzioni più gravi (sospensione e destituzione), direttamente incidenti sullo status giuridico. In via primaria deve essere risolto il problema della eccessiva frammentazione degli organi consultivi per I'inflizione delle sanzioni della sospensione e della destituzione per gli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza fino alla qualifica di Sostituto Commissario. La semplificata procedura, già illustrata, com-


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porta però che gli organi collegiali siano formati da componenti che vantino nel campo una certa professionalità ed esperienza. Questo consentirà un iter più rapido e snello, senza alcun pregiudizio alle possibilità di difesa. Si potrebbe, pertanto, esaminare la possibilità di prevedere la creazione di organi consultivi permanenti, altamente specializzati nel settore disciplinare, con competenza territoriale “allargata", così da garantire una certa uniformità di indirizzo nella delicata materia ed anche una maggiore imparzialità derivante dal più ampio distacco con l'Ufficio di appartenenza. Precisazione di alcune competenze in marito all’azione disciplinare Il D.P.R. 737/81 ha evidenziato difficoltà interpretative per I'individuazione degli organi competenti all'esercizio dell'azione disciplinare. La problematica emerge nettamente dalla lettura degli artt. 3 e 4 del prefato D.P.R., laddove l'art.3 prevede genericamente che la sanzione del richiamo scritto venga inflitta dal "capo ufficio o dai comandanti del reparto" dal quale il trasgressore gerarchicamente dipende, e l’art. 4, seppure più puntuale, nell'ultima parte si presenta particolarmente nebuloso giacché, altrettanto genericamente, indica, quale organo competente all'azione disciplinare nei confronti del personale in servizio presso "ogni altro ufficio non compreso tra quelli indicati, il funzionario preposto all'ufficio stesso”. Peraltro, poiché in attuazione dell'art. 31 della legge n.121/81, in data 19.3.1989 sono stati emanati i Decreti Ministeriali relativi all'organizzazione degli uffici di Polizia Stradale, Ferroviaria, di Frontiera e Postale, si avverte l'esigenza di armonizzare la nuova organizzazione della Specialità di Frontiera con il testo dell’art.4 del D.P.R. 737/81, lasciando la potestà disciplinare ai dirigenti delle zone di frontiera e abrogando la parte in cui si attribuisce tale competenza ai dirigenti degli "Uffici di Pubblica Sicurezza di Frontiera Marittima e Aerea". Ciò stante, appare necessario dare una connotazione inequivocabjle al termine "Ufficio", prevedendo una norma che faccia esplicito rinvio ai provvedimenti concernenti l'assetto organizzativo degli uffici, emanati in attuazione del’art. 31 della legge 121/81.

Primo piano La medesima norma, inoltre, dovrebbe essere sufficientemente "aperta", capace cioè di recepire, per le esigenze del diritto disciplinare, gli eventuali mutamenti strutturali dell' Amministrazione che in futuro potrebbero verificarsi. Sempre in merito alla competenza va aggiunto che il D.P.R. n. 737/81 individua il titolare dell'azione disciplinare, a prescindere dal luogo ove il fatto si è compiuto, nel Dirigente dell'Ufficio ove il dipendente è in forza. Detta autorità avendo cognizione dei fatti materiali e degli elementi valutativi del trasgressore potrà esprimere un giudizio di responsabilità tenendo conto dell'art. 13 del D.P.R. n. 737/81 (circostanze attenuanti, precedenti disciplinari e di servizio, carattere, età, etc). L'appartenenza di un dipendente ad un determinato ufficio e, quindi, i conseguenti riflessi sul rapporto gerarchico nonché, principalmente, sulla dipendenza disciplinare, può rappresentare però un aspetto mutevole e, quindi, suscettibile di subire modificazioni incidenti sull'azione disciplinare e sull'esatta individuazione del c.d. "giudice naturale". I casi più rilevanti riguardano: 1) il dipendente sottoposto all'azione disciplinare, che "medio-tempore" viene trasferito ad altro ufficio; 2) il dipendente inviato in missione presso altra sede di servizio; 3) il dipendente frequentatore di corso presso istituto di istruzione. Ferma restando I'impostazione di base, si avverte l'esigenza di incardinare saldamente l'azione disciplinare nel titolare della potestà sanzionatoria per tutta la durata del procedimento, a prescindere dall'intervento di cause che potrebbero determinare incertezze nell'individuazione del titolare della potestà. Pertanto, in relazione al precedente p.1) sarà necessario prevedere esplicitamente che la competenza disciplinare permanga in capo all'Autorità che ha dato propulsione all'iter sanzionatorio con la formalizzazione delle contestazioni e che, peraltro, ha operato già le sue prime valutazioni. Se così non fosse, viceversa, verrebbe snaturato il fine dello strumento sanzionatorio. In relazione al p. 2), sarà necessario prevedere in modo esplicito che nei confronti del dipen-


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Primo piano dente inviato in missione, la potestà sanzionatoria rimanga al titolare dell'ufficio cui il dipendente è stabilmente in forza. Nel caso di dipendenti frequentatori di corso presso istituto di istruzione (p. 3), la titolarità dell'azione disciplinare compete indiscutibilmente al Direttore dell'Istituto, così come stabilito dall'art. 16 del Decreto Ministeriale 9 marzo 1983. Occorrerebbe precisare, però, che il personale in argomento è assoggettato alla competenza disciplinare del Direttore dell'Istituto solo nei casi strettamente connessi all'attività formativa, addestrativa e, più in generale, alla vita d'Istituto. Per tutte le altre questioni e/o vicende vale la regola generale che la potestà sanzionatoria rimane in capo al titolare dell'ufficio cui il dipendente è in forza. Riabilitazione Attualmente l'istituto della riabilitazione, in campo disciplinare, non è espressamente e specificamente previsto per il personale della Polizia di Stato, cui si può applicare tale beneficio solo con il rinvio al D.P.R.10/1/1957,n.3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) che lo disciplina all'art. 87. L 'inserimento di tale istituto nel testo normativo regolante la disciplina per il personale della Polizia di Stato consente una sua generale conoscibilità e quindi la possibilità per tutti i dipendenti di richiederlo, ricorrendone i presupposti. Circa questi ultimi, poi, v'è da notare che i procedimenti attualmente previsti dal citato art. 87 si limitano soltanto ad una generica previsione di conseguimento della qualifica di "ottimo”, nelle note di qualifica, da parte del dipendente nei due anni successivi all'irrogazione della sanzione. Lo stesso art. 87 prevede, inoltre, che possono essere resi nulli gli effetti della sanzione disciplinare, esclusa ogni efficacia retroattiva. Questo provvedimento viene adottato con decreto Ministeriale, sentito il consiglio di Amministrazione e la Commissione di Disciplina. Attesa l'attuale formulazione di questa norma, sono sorte alcune difficoltà applicative sul piano

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interpretativo. Sarebbero opportune precisazioni in sede di formale previsione di tale istituto anche per il personale della Polizia di Stato. In primo luogo si rileva che la letterale dizione dell'art.87 (che parla si "sanzione") ha indotto dubbi, suffragati anche da alcune pronunce giurisprudenziali, sull'ammissibilità della riabilitazione per più sanzioni. Si dovrebbe quindi intervenire con una previsione esplicita di ammissibilità anche in presenza di pluralità di sanzioni disciplinari, regolandone, peraltro, le procedure, a seconda della qualità delle stesse. In secondo luogo, perplessità sono state sollevate in merito alla questione se per tutti i tipi di sanzioni debba seguirsi lo stesso iter e prevedersi gli stessi presupposti o non sia piuttosto opportuno differenziare la procedura, e i requisiti richiesti, necessari a seconda del tipo di sanzione e della sua gravità, dopo aver acquisito un formale parere al riguardo da parte del dirigente dell'Ufficio. Tutti questi elementi oggettivi, che dovrebbero formalmente essere previsti nella nuova formulazione, dovrebbero poi concorrere all'emanazione del parere da parte di un organo collegiale (da individuare), in base al quale l'Autorità competente assuma discrezionalmente una decisione in merito. Ricusazione, astensione ed incompatibilità L'art.16 del D.P.R. 737/1981, per quanto attiene alle situazioni di astensione e ricusazione del Presidente e dei membri dei Consigli di Disciplina, fa espresso rinvio all'art.149 del D.P.R. 10.1.1957, n.3. Con riferimento alla normativa sopracitata è necessario evidenziare che nell'applicazione pratica sono state registrate da più parti significative obiezioni circa la ristrettezza delle ipotesi individuate dalla norma, soprattutto in relazione al circoscritto ambito di soggetti nei confronti dei quali i casi di astensione e ricusazione possono farsi valere. AI riguardo, occorre sottolineare la diversa impostazione dei sistemi disciplinari. Le norme del T.U. degli impiegati civili del 1957 accentravano la titolarità dell'azione disciplinare, mentre la volontà del legislatore nel 1981 è stata


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quella di attuare un decentramento di detta potestà. Inoltre, il rinvio espresso al citato T.U. può considerarsi ormai superato laddove l'art.149 riproduce quasi integralmente le ipotesi di ricusazione ed astensione previste dal vecchio codice di procedura penale, mentre l'attuale legislazione penale ha rovesciato I'impostazione della fatti specie in esame, elencando espressamente nei casi di astensione le vecchie casistiche concernenti i casi di ricusazione, integrandole con la previsione delle situazioni di incompatibilità del giudice (ex artt.34 e 35 C.P.P.) e con la sussistenza di "gravi ragioni di convenienza" per l'astensione. Quanto sopra al fine di rendere più incisivo l'obbligo di astensione del giudice ed evitare che la semplice dichiarazione di ricusazione determinasse l'automatica preclusione del compimento di qualsiasi attività processuale. In sede di riesame dell'attuale regolamento di disciplina, occorrerebbe prevedere dunque espressamente l'istituto della ricusazione e dell'astensione dell'autorità procedente, alla luce della innovativa previsione dell'attuale legislazione penale, riproducendo e rielaborando le casistiche di specie riportate dagli artt.36 e 37 C.P.P., in quanto quasi integralmente compatibili. Occorrerebbe prevedere, altresì, la possibilità di ricusazione ed astensione, anche se in via del tutto eccezionale, del titolare della potestà disciplinare in quanto anch'egli organo decidente, oltre che del funzionario istruttore, del Presidente e dei membri del Consiglio di Disciplina, come nell'attuale disciplina (derivante dal semplice rinvio al citato T.U.). La competenza sulla decisione sull'istanza di ricusazione ed astensione e sulla nomina del titolare subentrante, potrebbe essere così deferita: – al Questore: per la ricusazione del funzionario istruttore; – al Capo della Polizia: per la ricusazione del Presidente e dei membri degli organi collegiali e del titolare della potestà disciplinare; – al Presidente del Consiglio di disciplina: per la ricusazione dei componenti. Andrebbe anche definito, analogamente a quanto previsto dal codice di procedura penale, il termine per il proponimento delle istanze

Primo piano di ricusazione ed astensione al fine di dare certezza allo svolgimento del procedimento disciplinare e per consentire la ammissibilità del proponimento dell'istanza anche in sede di ricorso contro un provvedimento definitivo che infligge la sanzione disciplinare, nel caso in cui l'incolpato riesca a dare prova della tardiva conoscenza dei fatti da denunciare. Per quanto attiene invece alla situazione di "incompetenza del giudice naturale" per ragioni di parentela, affinità o coniugio. questa potrà essere dichiarata o eccepita negli stessi termini di cui sopra, in sede di astensione o di ricusazione, così come attualmente prevede l'art.35 c.p.p.. Previsione di un funzionario istruttore anche per le sanzioni più lievi L'art. 14 del D.P.R. 737/81 prevede le modalità di formulazione delle contestazioni degli addebiti per gli illeciti disciplinari. Nel 3° comma tale articolo stabilisce che, dopo la succinta ma puntuale esposizione del fatto che si contesta, l'incolpato “deve essere avvertito che entro il termine di dieci giorni dalla notifica egli potrà presentare giustificazioni documenti o chiedere l'audizione di testimoni o indicare le circostanze sulle quali richiedere ulteriori indagini o testimonianze”. Conseguenza pratica di tale enunciato è quella che il titolare della potestà disciplinare, dopo aver contestato un addebito per le sanzioni del richiamo scritto, pena pecuniaria e deplorazione, se richiesto dall'incolpato, deve attivarsi (o comunque motivare l'eventuale inerzia nel successivo provvedimento conclusivo del procedimento), in una attività istruttoria, che in taluni casi può essere anche abbastanza complessa. Del resto il principio del diritto alla difesa deve essere garantito, con la concessione all'inquisito della più ampia facoltà di poter ricorrere a tutti i mezzi legittimi per provare la propria innocenza. Questa attività istruttoria suppletiva, sul piano pratico, non è eseguita in maniera tale da rispettare quei canoni di trasparenza e di partecipazione al procedimento la cui presenza, già di per se auspicabile, ora necessaria alla luce della L. 241/90.


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Primo piano Non è infatti codificata alcuna procedura di istruttoria, e tale circostanza si traduce, in pratica, in un'attività del titolare della potestà disciplinare che non viene poi conosciuta dal sottoposto al procedimento disciplinare, con violazione proprio di quel diritto alla difesa di cui sopra si è fatto cenno. Nei casi più complessi si è talvolta ricorso all'istituto del funzionario istruttore previsto dall'art. 107 del D.P.R. 10.1.1957 n.3 (Testo Unico impiegati civili dello Stato), che prevede la nomina di tale organo qualora le circostanze procedurali lo richiedano per accertare il reale andamento della vicenda oggetto del procedimento disciplinare, attesa la frequente discrasia tra il contenuto degli addebiti e quello delle giustificazioni. In realtà questo istituto previsto dal T.U. 3/57 si inquadra in un contesto procedurale del tutto differente da quello del 737/81 e, pertanto, mal si concilia con le esigenze del procedimento disciplinare previsto per il personale della Polizia di Stato. Sarebbe opportuna una precisa previsione di quell'istituto anche nella normativa che regola il procedimento disciplinare per il personale della Polizia di Stato. In tal modo il Questore, o comunque il titolare della potestà disciplinare, avrebbe la facoltà di delegare questi tipi di accertamenti ad un funzionario "ad hoc" nominato, il quale, senza essere legato alla particolare complessa procedura prevista per il funzionario istruttore ex art. 19 (per la sospensione e la destituzione), potrebbe svolgere tutti gli accertamenti, richiesti dall'incolpato o che comunque possano essere ritenuti opportuni per accertare la verità, compendiando poi le risultanze in una relazione scritta da presentare al titolare dell'ufficio, il quale sarà così messo in grado di pronunciarsi sul caso in esame. Naturalmente dovrà prevedersi questo istituto come facoltativo, rimesso cioè alla valutazione discrezionale del titolare della potestà disciplinare, il quale nominerà il funzionario istruttore soltanto laddove sarà effettivamente necessario. Sospensione cautelare obbligatoria (art. 9 - 1° comma D.P.R. 737/81) Diversi sono i problemi che insorgono per la sospensione cautelare obbligatoria.

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L'art. 9 -1° comma del D.P.R. 737/81, nella parte ancora in vigore, prevede la sospensione cautelare obbligatoria allorquando sia stato emesso ordine o mandato di cattura o quando, comunque, vi sia uno stato di carcerazione preventiva. Questi, però, erano provvedimenti restrittivi della libertà personale dell'imputato previsti dal vecchio c.p.p. e non più presenti nel nuovo, che contempla invece altre e diverse misure cautelari, restrittive e non. Occorre in proposito considerare che le finalità proprie del provvedimento in questione sono quelle di far sì che in presenza di un atto di natura giurisdizionale limitativo della sfera di libertà emesso nei confronti di un dipendente, quest'ultimo non può più essere considerato, per tale periodo, in servizio a tutti gli effetti perché impossibilitato, a volte anche fisicamente, allo svolgimento del servizio stesso. L'istituto della sospensione obbligatoria non si prefigge quindi lo scopo dell'allontanamento dal servizio del dipendente (finalità invece propria della sospensione cautelare facoltativa) posto che lo stesso, a causa del provvedimento giurisdizionale, è già di per se stesso impedito di accedere all'ufficio. La sospensione obbligatoria è, invece, da intendersi come un rimedio per evitare di considerare assente ingiustificato un dipendente interinalmente recluso o comunque limitato nella libertà e quindi a definire la sua posizione di status giuridico, relativamente a quel periodo, e il conseguente trattamento economico. Circa, poi, i provvedimenti giurisdizionali che si pongono come necessario presupposto per quello di sospensione obbligatoria, si osserva che il nuovo c.p.p. prevede come disposizione a carattere generale che le libertà della persona possono essere limitate solo con le misure cautelari espressamente in esso previste. Anche le esigenze di giustizia per cui possono imporsi tali limitazioni sono tassativamente indicate, ed in particolare sono analiticamente esaminate in ragione della posizione processuale della persona nei cui confronti vengono disposte. Così, a differenza del vecchio c.p.p. che trattava al capo Il del libro Il "della libertà personale dell'imputato”, nel nuovo codice l'appli-


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cazione delle misure cautelari è prevista sia per l'indagato sia per l'imputato. Inoltre, diversamente dal vecchio sistema processuale penalistico che annoverava solamente provvedimenti restrittivi della libertà personale, (tuttora previsti nel cap. Il del libro IV del nuovo c.p.p. con la denominazione di misure coercitive), il nuovo sistema prevede (nel successivo cap. III) anche le misure interdittive, che sono quelle che, senza limitare la libertà personale, purtuttavia impediscono la piena e libera espansione della personalità umana che senza apposita previsione normativa, non potrebbe essere assolutamente cancellata in nessuno dei suoi aspetti. Correttamente, infatti, I'art. 272 C.P.P., parla di "limitazioni alle libertà della persona", significando con il plurale le molteplici implicazioni ed aspetti delle libertà della persona. Tra le misure cautelari del nuovo c.p.p., quelle che rilevano ai fini della sospensione obbligatoria sono: – la misura coercitiva degli arresti domiciliari (art. 284); – la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere (art. 285); – la misura coercitiva della custodia cautelare in luogo di cura (art. 286); – la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficiale o servizio (art. 289). E' pertanto necessario che tali considerazioni siano recepite un una nuova e più completa formulazione del primo comma dell'art. 9 del D.P.R. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale Art. 6 Secondo il disposto dell'art.16 disp. att. c.p.p. è preclusa a questa Amministrazione la possibilità di esercitare l'azione disciplinare nei casi in cui la commissione di cui al successivo art.17 abbia già assunto le proprie determinazioni. L'iniziativa dell'azione disciplinare è rimessa alla valutazione del Procuratore Generale senza che, per altro, vi siano chiari limiti all'esercizio della sua discrezionalità in quanto a competenza. Ciò comporta che spesso I'Autorità Giudiziaria

Primo piano vada ad esercitare questa sua potestà disciplinare nei confronti di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria per il solo fatto che abbiano omesso o compiuto atti afferenti la qualifica, pur senza avere uno specifico legame di dipendenza. Altre volte può capitare che I'Autorità Giudiziaria non eserciti la potestà attribuita nei confronti di personale posto alla sua diretta dipendenza, chiedendone l'allontanamento. Per quanto sopra possono verificarsi gravi casi di disparità di trattamento tra casi simili trattati in maniera diversa. Quindi, alla luce delle gravi disfunzioni che sono state già rilevate (si pensi solo che non vi è rispondenza tra le sanzioni disciplinari comminabili dalla predetta Commissione e quelle previste dal D.P.R. 737/81), si impone una nuova revisione della normativa attuale che conceda, comunque, la possibilità di valutare disciplinarmente il comportamento del dipendente, oppure una dettagliata individuazione delle fattispecie di competenza esclusiva dell'Autorità Giudiziaria. Connessione tra procedimento penale e disciplinare Il problema appare già risolto a seguito della circolare n. 333-A/U.C./9825.3 datata 15 febbraio 2009 dell'Ufficio Contenzioso e Affari Legali. Tale circolare analizzando il parere emesso dall'Adunanza Plenaria n. 1/2009 con cui ha ritenuto che "presupposto ostativo all'attivazione o alla prosecuzione del procedimento disciplinare é l'esercizio dell'azione penale e la conseguente assunzione della veste di imputato del soggetto al quale é attribuito il fatto di rilevanza penale" Tale indirizzo, peraltro già seguito legittimamente attuata dal Dipartimento, può considerarsi un punto fermo sulla problematica in argomento. Vale la pena analizzare come, condividendo l'interpretazione del Dipartimento, si era data interpretazione all'art. 11 del D.P.R. 737/1981. Il problema della connessione tra il procedimento disciplinare e quello penale si pone riguardo alla interpretazione e applicazione degli artt.9 e 11 del 737/81, concernenti


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Primo piano rispettivamente la sospensione cautelare dal servizio e la sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di quello penale. L'attuale art. 11 dispone che "quando l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della P.S. viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato" . L'art.9, al secondo comma, dà facoltà all'Amministrazione di sospendere il dipendente quando" sia sottoposto a procedimento penale" per un reato connotato dalla particolare gravità. Con riguardo al momento squisitamente applicativo, l'esperienza consentiva di osservare che le norme in questione ingeneravano gravi incertezze nei titolari della potestà sanzionatoria. Infatti, dall'esame dei numerosi procedimenti disciplinari instaurati, emergeva che "l'operatore del diritto disciplinare" si poneva costantemente il problema della corretta interpretazione da dare alla dizione "procedimento penale" e, quindi, della esatta individuazione del momento in cui gli artt.9 e 11 devevano operare in relazione alle, fasi di una vicenda penale. La questione era di primaria importanza poiché, in ragione della soluzione che si adottava, ne derivava una maggiore o minore elasticità dell'esercizio del potere dell' Amministrazione. Invero, dal contenuto dei citati articoli scaturiva dal recepimento del vecchio Codice di Procedura Penale e pertanto, rispetto alla innovata disciplina processuale, appariva impreciso e foriero di fuorvianti interpretazioni. Infatti, l'art.3 del vecchio c.p.p. fissava la regola secondo cui si aveva la sospensione del processo civile, amministrativo nonché del giudizio disciplinare, in tutti i casi in cui la "cognizione del reato influiva sulla decisione della controversia". La sospensione di tutti i processi extra-penali era necessaria conseguenza dell'affermato e consolidato principio della “pregiudizialità penale", in base al quale la sentenza sulla causa pregiudiziale si presentava come presupposto logico giuridico vincolante nella causa pregiudi-

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cata che, quindi, andava fino al passaggio in giudicato penale. Orbene, il principio della “pregiudizialità penale” è stato radicalmente modificato dal nuovo c.p.p. il quale ha posto una regola generale di carattere completamente opposto: quella della separazione dei giudizi. A tale principio sono ispirati gli arti. 2 e 3 del nuovo codice. Il primo dispone, tra l'altro, che la decisione del giudice penale ha effetti limitati al processo penale cui si riferisce, senza alcuna efficacia di giudicato in altri processi. Con I'art. 3 si è circoscritta l'efficacia di altri giudizi pregiudiziali rispetto a quello penale che, invertiti i termini della questione, diventa causa pregiudicata. Tutto ciò sembra confermare, già di per se, che non vi è più spazio nell'attuale contesto normativo per il principio generale della “pregiudizialità penale" che comportava - come detto - la conseguenza della necessaria sospensione degli altri processi in pendenza di quello penale. Il legislatore del nuovo c.p.p. ha fatto, quindi, una scelta antitetica a quella posta dal previgente Codice; negato quel principio generale, ha circoscritto entro limiti ristretti e rigorosi l'ambito di rilevanza del fenomeno delle questioni pregiudiziali. Il legislatore del nuovo c.p.p. ha fortemente limitato gli effetti extra penali del giudicato; non può più, quindi, parlarsi di pregiudizialità tra cause né della necessità, in via generale, della sospensione di processi extra-penali in pendenza di quello penale, a meno che questo istituto non sia espressamente previsto. Deve perciò anche escludersi la possibilità, per la sospensione del procedimento, del ricorso all'interpretazione analogica. Ora, circa i rapporti tra procedimento penale e procedimento disciplinare, occorre richiamare anzitutto le disposizioni dell'art. 653 c.p.p. che recita “La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste e che l'imputato non lo ha commesso" e quella dell'art. 654 che stabilisce l'efficacia della sentenza, quanto all'accertamento del fatto materi-


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ale, negli altri giudizi civili o amministrativi, pronunciata in seguito a dibattimento. Per i motivi esposti appare evidente come non possa più ritenersi sussistente l'art.3 ex c.p.p. nell'attuale ordinamento giuridico, nemmeno con riferimento al solo procedimento disciplinare. Gli artt. 9 e 11 del D.P.R. 737/81 quindi si inquadrano nel contesto normativo del vecchio c.p.p. ove le espressioni "sottoposizione a procedimento penale" ed "inizio dell'azione penale" erano considerate equivalenti. Occorre ora, quindi, stabilire quando si imponga la sospensione del procedimento disciplinare nel nuovo sistema processuale penale. Nel precedente sistema tale momento era stato individuato dalla giurisprudenza, in quello in cui il Procuratore della Repubblica, esperite le indagini preliminari, ovverosia formalizzata l'istruttoria, richiedeva al giudice istruttore di procedere contro un determinato soggetto e restavano così fuori dal procedimento penale stesso sia l'attività investigativa della polizia giudiziaria (atti di polizia giudiziaria, atti di istruzione preliminare del Pretore, del Procuratore della Repubblica e del Procuratore generale), sia l'attività dei privati (querela), sia l'attività istruttoria del P.M. (istruzione sommaria). Nel nuovo codice sono state superate le equivoche formulazioni del precedente ed è espressamente stabilito che l'esercizio dell'azione penale si ha con la formulazione dell'imputazione (art. 405 c.p.p.). Sono poi chiaramente previsti, nell'art.60, gli atti tipici con i quali si ha l'imputazione; quindi quelli in base ai quali si ha il passaggio dalla qualità di indagato a quella di imputato. Anche nell'attuale sistema, quindi, al di là della chiara ed inequivocabile definizione dell'inizio dell'azione penale, che tanti dubbi interpretativi aveva fatto insorgere con il vecchio c.p.p., sostanzialmente non vi è stata alcuna modifica con l'elaborazione giurisprudenziale dell'istituto. Oggi si può con certezza affermare che l'azione penale non comincia quando la notitia criminis giunge a conoscenza del Pubblico Ministero e della polizia giudiziaria. Fra la notitia criminis (che può risultare infondata) e l'inizio dell'azione penale si colloca tutto l'iter delle cosiddette "indagini preliminari", che,

Primo piano in omaggio al nuovo sistema accusatorio del processo penale, non servono più a raccogliere prove da far valere in giudizio, ma solo elementi di convincimento del P.M.. Solo al termine delle indagini preliminari, e se queste conducono al convincimento della possibile colpevolezza del soggetto indiziato, il Pubblico Ministero inizierà l'azione penale. Dal combinato disposto degli artt. 405 e 60, primo comma del c.p.p. emerge infatti chiaramente che l'assunzione della qualità di imputato coincide con la formulazione della imputazione definitiva in uno degli atti tipici con i quali viene iniziata l'azione penale (richiesta di rinvio a giudizio, richiesta di giudizio immediato, ecc.). Sono solo questi atti, invero, che segnano il momento rilevante dell'inizio del processo penale (essendo tutti gli altri atti precedenti compiuti nei confronti di persone semplicemente sottoposte ad indagini preliminari) ed è questo il momento da prendere a riferimento per sospendere un procedimento disciplinare che sia eventualmente iniziato, ovvero per dichiarare la momentanea improcedibilità di un procedimento disciplinare ancora da iniziare, allorquando tra questo e la vicenda penale ricorra identità di fatti e di responsabili. Qualsiasi sospensione disposta anticipatamente rispetto ad uno di questi sarebbe chiaramente illegittima. Quanto sopra viene confermato dall'art. 129, punto 1, del D.L. 28 luglio 1989, n.271, contenente le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedure penale che prescrive, "quando esercita l'azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il Pubblico Ministero informa l'autorità da cui l'impiegato dipende, dando notizia dell'imputazione…”. Tale informativa è certamente finalizzata a porre l'Amministrazione nella condizione di adottare i provvedimenti, obbligatori o facoltativi, di competenza. Essa è, infatti, abilitata a conoscere delle situazioni in argomento soltanto a partire da tale momento. Con la sottoposizione a procedimento penale insorge per I'Amministrazione sia il dovere di sospendere il procedimento disciplinare sia la facoltà di sospendere cautelarmente dal servizio l'imputato, in quanto si tratta di due aspetti della stessa questione, così come se fossero le due facce della stessa medaglia. La ratio del primo dovere va ricercata nella ne-


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Primo piano cessità di attendere che il giudice penale si esprima sulla vicenda, avendo alcune sentenze effetti e rilevanza in ambito disciplinare. Contestualmente anche il dipendente ha diritto a vedere sospesa la sua posizione di inquisito in sede disciplinare, così da potersi dedicare interamente alla sua difesa in sede penale, anche perché poi questa decisione si riverbererà in quella disciplinare. Correlativamente, però, insorge anche, per l'Amministrazione, la facoltà (si tratta infatti di un potere discrezionale) di allontanare provvisoriamente, dal servizio il dipendente imputato, la cui permanenza in attività può rivelarsi dannosa sotto vari aspetti (danni all'immagine dell'Amministrazione, grave nocumento alla correttezza dell'attività amministrativa, ecc.). Privata, quindi, seppur momentaneamente, della sua potestà disciplinare, l'Amministrazione se ne e vista, riconosciuta un'altra, a carattere provvisorio e temporaneo, consistente nella sospensione cautelare. L'esercizio dell'azione penale (espressione, come detto, equivalente e coincidente con quella di "sottoposto a procedimento penale") è quindi produttivo di due contemporanei effetti sul piano amministrativo: la sospensione del procedimento disciplinare (ai sensi dell'art.11) e la sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale (ai sensi dell'art.9, 2° comma). Ne discende, come necessaria conseguenza, che se non si ha l'imputazione ai sensi dell'art. 60 c.p.p., non può aversi la possibilità di sospendere cautelarmente il dipendente ai sensi del 2° comma dell'art.9 del suddetto D.P.R. 737/81 (come anche non può aversi sospensione del procedimento disciplinare). Proprio al fine di colmare il divario esistente tra l'attuale Codice di Procedura Penale e la formulazione dell'art.11 del D.P.R. 737/81, già da tempo ci si è orientati nel senso di un sollecito ed "autonomo" giudizio disciplinare da definire nelle more delle determinazioni dell'Autorità Giudiziaria, prima, cioè, che le indagini preliminari siano giunte a conclusione e, quindi, prima che il soggetto incolpato di una fattispecie sanzionatoria abbia assunto, in sede penale, la formale veste di imputato con la contestazione del fatto-reato. Tale orientamento, che peraltro trova conferma nella decisione dell'Alta Corte richiamata" appare lineare alla struttura del nuovo Codice di

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Procedura Penale, allo stato della normativa disciplinare rappresenta solo un atteggiamento tendenziale dell'Amministrazione e, pertanto, richiede l'urgente riformulazione dell'art. 11 affinché venga indicato, in modo preciso ed inequivocabile, che il procedimento disciplinare deve essere sospeso in coincidenza dell'atto con il quale l'indagato acquisisce la formale veste di imputato o con quello che determina l'inizio dell'azione penale. Analogamente, la possibilità di adottare il provvedimento di sospensione cautelare dovrà coincidere con lo stesso momento dell'inizio dell'azione penale, così come sopra intesa. AI fine, quindi, di evitare l'insorgere di qualsiasi equivoco si ritiene di sostituire, nell'art.9 e nell'art.11 del D.P.R. 737/811'espressione di "sottoposto a procedimento penale" con quella di "inizio dell'azione penale”. Per quanto riguarda, inoltre, la "gravità del reato”, richiesta espressamente dall'art. 9 per la legittima applicazione della sospensione cautelare facoltativa, si evidenzia che tale concetto, oltreché generico, pare derivato dal diritto penale. Invero, nella pratica può accadere che un fattoreato considerato non grave dalla dottrina, dalla giurisprudenza e pure dal senso comune, possa, viceversa, assumere uno spessore di particolare consistenza se messo in relazione agli speciali compiti istituzionali che l'appartenente all'Amministrazione della P.S. è chiamato ad assolvere. Ne deriva, quindi, l'opportunità di rendere più chiaro il collegamento tra il concetto di gravità richiesto dall'art. 9 del D.P.R. 737/81 e le particolari con notazioni che informano il rapporto di impiego del "poliziotto". Occorrerà, infine, precisare che i termini per l'inizio o la ripresa del procedimento disciplinare conseguente alla definizione di un procedimento penale decorrono dalla data in cui I' Amministrazione ha avuto notizia della sentenza, completa in tutte le sue parti e non solo del dispositivo di essa. Tale precisazione è importante perché il pronunciamento del giudice penale in una sentenza penale irrevocabile a seguito di dibattimento è l'unico caso rimasto nell'ordinamento di pregiudizialità del giudicato penale; l'unico caso cioè in cui la sentenza penale ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento dei fatti, negli altri procedimenti, ivi compresi quelli disciplinari.


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Ruoli tecnici: revisione ordinamento o smantellamento? Il 13 ottobre convegno nazionale dedicato ai ruoli tecnici di Polizia

Gianni Valeri Segretario Nazionale Consap

Da una attenta disamina del progetto dell’Amministrazione di “rivedere” l’assetto ordinamentale dei Ruoli Tecnici, appare evidente, che l’intenzione del Dipartimento di P.S. è di eliminare ed annientare il predetto Ruolo. Con la creazione di un unico profilo professionale per Revisori, Collaboratori ed Opera-

tori, di fatto, i ruoli tecnici sarebbero smantellati. Infatti con questo progetto, avremmo tecnici che per più di venti anni, hanno svolto, per esempio, servizi prettamente di motorizzazione, impiegati nella gestione di software, o addetti al casermaggio ed equipaggiamento, che si “arrampicano” sui tralicci per installare dei ponti radio. ASSURDO. Inoltre, l’eliminazione dell’art. 42 della legge 337/82, comporterebbe l’impiego di personale tecnico in servizi di vigilanza ed operativi. Questo sarebbe pericolosissimo, in quanto personale che svolge solamente determinati servizi tecnici da più di venti anni e personale arruolato con criteri diversi da quelli previsti per il ruolo ordinario andrebbero a svolgere compiti molto delicati, con i rischi che ne potrebbero conseguire. Eliminare il “limitatamente alle proprie funzioni” e l”’esclusività del servizio” in pratica farebbe dei tecnici dei “burattini” da impiegare in base “all’umore” di qualche “zelante” Dirigente, una sorta di “riserva”. Quindi, secondo il progetto del-

l’Amministrazione il tecnico deve svolgere tutti i servizi del proprio ruolo, più tutti i servizi operativi previsti per il ruolo ordinario; è evidente che lo scopo è quello di “distruggere” un settore fondamentale per la Polizia di Stato. Altro aspetto singolare, è che nel caso di un servizio operativo, dove sono presenti, Ufficiali di P.G. del Ruolo Tecnico ed Agenti di P.G. del Ruolo Ordinario, il responsabile gerarchico è quest’ultimo. Questo progetto di Revisione dei Ruoli Tecnici è “devastante” e lede profondamente la dignità professionale ed umana del personale che ne fa parte. La CONSAP contrasterà con tutte le proprie forze, se necessario predisponendo migliaia di ricorsi, questo progetto(?), con iniziative anche clamorose. A settembre si riuniranno la Consulta Nazionale Ruoli Tecnici CONSAP e le Consulte Provinciali Ruoli Tecnici, per decidere le idonee iniziative da adottare per contrastare, un progetto che annullerebbe la grande professionalità raggiunta dagli appartenenti al Ruolo Tecnico della Polizia di Stato.


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Da Lampedusa a Roma è emergenza sicurezza nei CIE La Consap interviene sui quotidiani nazionali in difesa degli operatori

LAMPEDUSA : ALLARME SCORTE SULLE NAVI. ESPOSTO DENUNCIA CONSAP. La Segreteria Nazionale è intervenuta presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza per sollecitare la massima attenzione nella predisposizione dei servizi di scorta sulle navi che trasportano immigrati. Di seguito pubblichiamo l'intervento del Segretario Nazionale, Giuseppe Bennardo. "Dobbiamo per forza aspettare che ci scappi il morto? Così potremo intitolare un’altra sala ad un’altra vittima predestinata? Scellerati Dirigenti (spesso senza esperienza specifica) non riescono a capire che le scorte tecniche sulle navi con centinaia o addirittura oltre mille extracomunitari non possono essere gestite con poco più di 30/40 operatori? Esse sono un’affronto alla sicurezza!!!!! Già è proprio così dopo le innumerevoli proteste su come vengono gestite (orari, impiego massacrante e doppi turni) questi viaggi a bordo delle navi traghetto, ci giunge la scandalosa notizia che sta per partire una nave, la MOBY, con a bordo oltre 1000 CLANDESTINI, avete letto bene 1000/1200, E UNA SCORTA DI 30 UNITA’, facciamo un calcolo veloce 40 migranti per ogni operatore. QUESTI OPERATORI METTONO A RISCHIO LA PROPRIA VITA OGNI BENEDETTO GIORNO, MENTRE CHI DECIDE PROPONE NUOVI TAGLI AI LORO STIPENDI GIA’ FATISCENTI. E LORO NON VOGLIONO RINUNCIARE PROMUOVENDO RICORSI SUI DIRITTI ACQUISITI!! E’ PAZZESCO!!!!!! In caso di rivolta (e sappiamo bene di cosa sono capaci quei poveri disperati denominati clandestini), I NOSTRI OPERATORI NON AVREBBERO NEMMENO UNA VIA DI FUGA!! CIO’ E’ INSOPPORTABILE. E sappiamo bene quello che è da poco accaduto nei centri di accoglienza di tutta Italia.

In attesa di conoscere i provvedimenti che il Dipartimento intenderà adottare in merito, la Segreteria Nazionale ha dato mandato al proprio Ufficio Legale di predisporre un argomentato e motivato esposto denuncia cautelativo da presentare all'Autorità Giudiziaria. PONTE GALERIA: SASSAIOLA CONTRO LE FORZE DI POLIZIA E POI LA FUGA. INNOCENZI: SITUAZIONE INSOSTENIBILE IIl quotidiano “Il Tempo” ha dato grande spazio alla dura presa di posizione della Consap sugli ennesimi incidenti verificatesi al CIE di Ponte Galeria. "Circa novanta extracomunitari l'altra sera dopo le 23 sono evasi dal Centro d'identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Due poliziotti feriti con cinque e sette giorni di prognosi, e qualche contuso anche tra i militari di Esercito e Guardia di finanza. Non è la prima volta che il Cie è teatro di rivolte, anche spettacolari. L'ultima a fine luglio. Quattro algerini hanno tentato la fuga, sono stati ripresi dalla polizia e una volta all'interno hanno distrutto alcune stanze, dato fuoco a materassi e coperte e lanciato oggetti contro gli agenti. Un pandemonio durato circa tre ore. «La situazione è esplosiva - commenta Giorgio Innocenzi, segretario generale del maggiore sindacato di polizia, la Consap - Non è la prima volta che denunciamo l'allarme. Il personale a disposizione del Cie non è molto e come dimostrano i frequenti episodi di violenza, gli immigrati che si trovano temporaneamente nel Centro non sono tutti tranquilli. Sono soggetti sottoposti a controlli amministrativi, non hanno voglia di essere costretti in quell'ambiente e forse neppure agiscono da soli. In questi giorni - aggiunge Innocenzi - ci sono state rivolte nei Cie di altre città: c'è il sospetto di una regia unica». F.D.C.


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L’arruolamento (non)democratico della Polizia di Stato

Di Igor Gelarda

La Polizia è una istituzione civile ad ordinamento speciale, lo dice l’articolo 3 della 121/81. Certo dopo anni di dura lotta del Movimento dei poliziotti che volevano, e riuscirono, ad ottenere una polizia smilitarizzata e democratica questa dicitura “civile ad ordinamento speciale” dovette sembrare una grossa conquista. Restano certo gravi pecche, come il fatto di non potere scioperare, di non potere essere giudicati da un organismo indipendente e, fino a poco tempo fa, neanche di potersi iscrivere ad un partito politico. A volte mi sembra che ci troviamo di fronte ad una specie di peccato originale che la Polizia, e quindi ciascun poliziotto, si portano addosso: il fatto che non si è militari. Ma neanche impiegati civili. Siamo una specie di ibrido la cui concettualizzazione trovò una soluzione brillante da parte del legislatore, ma una soluzione prevalentemente linguistica, nell’espressione “civile ad ordinamento speciale”. Tuttavia la Polizia ed i poliziotti smilitarizzati, mezzi civili e mezzi “speciali” sono comunque la spina dorsale del sistema democratico italiano, una spina dorsale spesso maltrattata e sovraccaricata, ma sulla quale Stato e Cittadini sanno che è stato ed è sempre possibile contare. L’ultimo concorso pubblico bandito in Polizia è quello del dicembre del 1996: 780 posti, poi elevatisi di alcune migliaia, con una graduatoria da cui l’Amministrazione continuò ad attingere per un certo numero di anni. Questo fu l’ultimo concorso pubblico, aperto a tutti i cittadini italiani, per indossare le divise blu della Polizia di Stato. L’ultimo concorso in Poli-

zia pienamente rispettoso di quanto recita il principio costituzionale secondo cui tutti i cittadini, dell’uno o dell’altro sesso, possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza (art. 51 cost.). Nel 2001, infatti, cominciò a prendere campo il Nuovo Modello di Difesa: ad inaugurarlo il Ministro Sergio Mattarella, del governo Amato bis. E così nel DLgs 215/2001(articolo 18, comma 1) venivano riservate delle quote ai volontari in ferma prefissata e in ferma breve per l’accesso nelle carriere iniziali delle Forze dell’Ordine: Polizia, Forestale e Vigili Fuoco (per ciascuno il 45% di posti riservati), Polizia penitenziaria (60%), Carabinieri e Finanza (70%). Già nel 2001 la Consap lanciò un grido di allarme contro una legge che permetteva che la metà dei Poliziotti, dei Forestali, dei Polpen e dei Vigili Fuoco potesse provenire da una istituzione non civile. Ma il peggio doveva arrivare, nel silenzio e nell’indifferenza di quasi tutti. Con la legge sulla sospensione anticipata sulla leva (Legge n° 226/2004 – Ministro Antonio Martino, governo Berlusconi bis) venne disposto che tutti i posti messi a concorso per le forze dell’ordine, cioè il 100%, fosse riservato a militari. Infatti, proprio a causa della legge sulla sospensione anticipata sulla leva, l’esercito italiano si sarebbe trovato, già l’anno successivo, con una diminuzione improvvisa di organico di oltre 30.000 uomini! (si vedano in merito le ammissioni fatte nell’audizione del maggio del 2007 del COCER presso la Commissione Difesa alla Camera). Questa riserva di posti, prevede la legge, varrà fino al 2021! Cioè significa che,


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fino a quella data, in barba al citato articolo 51 della Costituzione ed al principio costituzionale secondo cui i pubblici uffici devono essere organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97), nessun concorso civile, aperto a tutti, verrà più espletato per entrare nella Polizia di Stato, né nella Forestale, Carabinieri e così via. Questo principio di selezione oltre ad essere poco costituzionale, è anche paradossale, almeno per quanto concerne le Forze dell’Ordine ad ordinamento civile “vittime” di questo reclutamento. Non è infatti un paradosso che un’istituzione civile, come Polizia di Stato, Penitenziaria, Forestale e Vigili del Fuoco debbano arruolare i loro uomini, tutti i loro uomini, solo tra i militari? Inoltre, in aperta violazione ai principi delle pari opportunità, è drasticamente diminuito il numero delle donne che sono entrate in Polizia dal 2004 ad oggi: infatti, la percentuale delle donne che fa parte dell’esercito italiano non supera neanche il 3% (contro il 10% della Francia e l’8% del Regno Unito). Pertanto le donne che da soldato diventano poliziotte sono, inevitabilmente, ancor meno di questo 3%: la composizione dei Corpi di Polizia con questo meccanismo è destinata a tenere le donne fuori dalla porta, annullando la ricchezza della differenza di genere. Certo il sistema militare italiano ha bisogno di risparmiare. Se ne è reso conto anche il Consiglio Supremo di Difesa (CSD), in una riunione del marzo scorso stabilendo la necessità di “semplificare l'organizzazione delle Forze armate, laddove possibile e conveniente, impiegando metodologie e criteri innovativi e privilegiando un approccio interforze alle soluzioni”. Bisogna “arrivare a un organico totale di 177.000 unità'' (contro i circa 184.000 di adesso) e di arrivarci con “tagli alla dirigenza, tagli alle promozioni, una razionalizzazione della struttura di vertice'', e con una riduzione (10-20%) degli Ufficiali generali e il trasferimento altrove del personale in esubero. (fonte: Il nuovo giornale dei militari). Mi pare ovvio che una parte di questo personale in esubero troverà sbocco proprio nella Polizia di Stato e nelle altre forze ad ordinamento civile. Inoltre, con la speranza di potere accedere ad una Forza Armata, il numero di giovani italiani che

In evidenza ha fatto richiesta per entrare a fare parte dell’Esercito è aumentato in maniera esponenziale dal 2005 ad oggi, evitando, insieme a quella carenza di organico seguite all’abolizione della leva militare obbligatoria, la soppressione di numerose strutture militari altrimenti destinate alla chiusura. La Consap è ben lieta che l’esercito italiano venga impegnato nel controllo del territorio, ma non è d’accordo sul fatto che i nostri uomini, gli uomini della Polizia vengano reclutati esclusivamente tra le loro fila: c’è un rischio grave di militarizzazione e degenerazione dei corpi di polizia, sulla base di modelli che non appartengono alla cultura ed alla tradizione democratica italiana.

La Consap di Pesaro cambia pelle Recentemente, in occasione della riunione tenuta dal Segretario Generale Nazionale, Giorgio Innocenzi unitamente al Segretario Generale Regionale Marche, Ciro Re a Pesaro, sono stati nominati Paolo Canti Segretario Generale Provinciale e Ivan Tenaglia, Segretario Provinciale Aggiunto. Questi due colleghi, ai quali è stato assicurato ogni supporto da parte degli organismi regionale e nazionale, rappresentano il punto di riferimento per il nuovo cammino della Consap a favore dei propri iscritti e di qualsiasi altro collega che avesse bisogno di essere tutelato nei modi e nelle forme previsti dalle cogenti regole. Nella mattinata la delegazione Consap ha incontrato il Questore di Pesaro, dottor Italo D’Angelo, al quale è stata presentata la nuova “formazione” provinciale. E’ stato un incontro molto importante che ci ha dato spunti per comprendere i motivi per cui si rivela di grande utilità il “rinnovamento” della Consap di Pesaro, e ci ha fatto “incassare” la disponibilità dell’Amministrazione ad un leale e costruttivo confronto per il bene dei Poliziotti e della Polizia, guardando al risultato del nostro lavoro in termini di sicurezza per i cittadini.


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Convenzione riservata agli iscritti Consap

Via Grottazzolina 6/A - 00138 Roma - Tel. 06-45595757 - fax 06-45595750 Sala Operativa: Tel. 06-45595751 - info@mcsisgroup.it

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Il rispetto delle regole è il tema dell’iniziativa della Fondazione ANIA Dopo alcool e velocità e le distrazioni alla guida

di Giorgio De Carolis cipale causa degli incidenti stradali, oltre 4 mila ogni anno con 200 morti e un milione di feriti. Per ridurre lutti e costi sociali in Italia deve nascere una nuova cultura delle regole». L'ha dichiarato Sandro Salvati, nella foto, presidente della Fondazione ANIA per la Sicurezza Stradale, presentando una nuova campagna di comunicazione. Nella campagna del 2009 è stato affrontato il tema della velocità e dell'alcol e in quella del 2010 il tema della guida distratta. Nel 2011 la Fondazione ANIA ha deciso di combattere i comportamenti scorretti che gli italiani assumono quando sono al volante, e ha lanciato un messaggio chiaro e inequivocabile: «Quando siamo alla guida–ha aggiunto il presidente Salvati–ci sono delle regole che vanno rispettate. Sempre. Se ciò non avviene rischiamo di ucciderci o di uccidere».

«Nove italiani su dieci dichiara no inaccettabile violare le regole della strada ma sette su dieci affermano di commettere infra zioni quando sono al volante. Questo comportamento è la prin-


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Autostrade per l’Italia: una campagna per la sicurezza dei bambini I danni stradali colpiscono anche chi non guida

Ogni anno diecimila bambini sono coinvolti in incidenti stradali. Spesso nei centri urbani, dove erroneamente l'attenzione alla sicurezza tende a diminuire. Sulla sicurezza dei bambini in auto si concentrerà l'attenzione della campagna informativa "I 12 mesi della Sicurezza Stradale", realizzata da Autostrade per l'Italia. Nella campagna si sottolinea l'importanza dei dispositivi di sicurezza, di cinture e seggiolini, che possono davvero fare la differenza. L'uso adeguato delle cinture di sicurezza anteriori e posteriori infatti assicura ai sedili conducente e passeggeri, evitando che in caso di incidente siano sbalzati fuori dalla macchina. "Allo stesso modo - spiega Autostrade - il seggiolino può salvare la vita dei piccoli viaggiatori, che sono più

esposti degli adulti a questo rischio potendo essere proiettati fuori dall'abitacolo in caso di sbandamento del veicolo anche attraverso un semplice finestrino aperto. L'uso del seggiolino quindi non è solo un obbligo imposto dalla legge (art. 172 C.d.S.) ma una scelta responsabile a tutela della vita dei più piccoli". MAI FARLI VIAGGIARE IN BRACCIO AD UN ADULTO DISATTIVARE L’AIRBAG DEL SEDILE ANTERIORE DESTRO QUANDO VI E’ POSIZIONATO IL SEGGIOLINO MAI FAR VIAGGIARE I BAMBINI AL DI FUORI DEL SEGGIOLINO Per sottolineare l’importanza del seggiolino per la sicurezza dei bambini e per promuoverne l’acquisto, Autostrade per l’Italia e Bebe’ Confort hanno definito un’iniziativa che prevede la possibilità di scaricare dal sito www.autostrade.it un coupon valido come buono sconto – da 80 a 100€ a seconda del modello di seggiolino prescelto – da spendere nei negozi Bébé Confort convenzionati.


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Prima Difesa, tutela e difende i diritti del personale in divisa Inizia con questo numero la collaborazione fra la Consap e l’Associazione Prima Difesa

Prima Difesa, si prefigge lo scopo di fornire gratuitamente una tutela legale, per fatti derivanti da causa di servizio, alle forze dell'ordine e armate e di sensibilizzare sia le Istituzioni, che la società civile, affinché sia finalmente sollevato quel velo d’ignoranza che sfocia spesso nel mare torbido dell’ipocrisia, sotto il quale, da decenni, si nascondono situazioni gravissime che vedono i nostri ragazzi in divisa, vittime abbandonate o dimenticate di un sistema perverso che, mentre da una parte li investe di grandi responsabilità, quali la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, dall'altra non tutela “loro”, lasciando che ne siano calpestati i Diritti Civili e Umani o, peggio ancora, lasciando che siano divorati da un sistema giudiziario, che ha spesso dimostrato di avere più pesi e più misure; ma soprattutto, di avere un metro di giudizio espressamente dedicato loro che, di solito, è spietato e penalizzante. Prima Difesa, si rapporta e da voce a un'umanità discreta, che è sempre rimasta in silenzio, ma che rappresenta un universo di emozioni, pensieri e necessità, che non sono soltanto loro, ma coinvolgono, per forza di cose, i loro cari e chiunque gli si avvicini. Prima Difesa è un’Associazione di promozione sociale, a favore dell’immagine delle Forze dell’ordine e armate o, per meglio dire, della percezione che il cittadino ha, di

chi indossa una divisa. In tal senso, Prima Difesa, profonde il suo impegno, al fine di sensibilizzare le coscienze, ed il comune sentire, affinché venga abbattuto il muro dell’isolamento sociale che, molto spesso, avvolge chiunque indossi una divisa. Per perseguire questi obiettivi, l’associazione ha in predicato di portare avanti, contemporaneamente, più progetti, organizzando: “Convegni ed Eventi”, in più città, in ogni regione d’Italia, con il coinvolgimento di esponenti del mondo giuridico e politico, sia locale sia nazionale, ma soprattutto con il vitale apporto delle testimonianze di chi, ogni giorno, indossa una divisa per compiere il proprio dovere; e, non ultimo, il coinvolgimento del pubblico, che rappresenta il comune sentire di ogni cittadino. “Seminari della Legalità”, nelle scuole italiane di tutti gli ordini e gradi, al fine di umanizzare la figura di quelle donne e di quegli uomini in divisa, per avvicinare, fin dalla più tenera età, i giovani ad altri giovani, che hanno scelto di mettere la propria vita al servizio dello Stato, e quindi di tutti noi, tutelando e difendendo i nostri valori, i nostri ideali, la nostra sicurezza, la nostra libertà; tutelando e difendendo le nostre famiglie; tutelando e difendendo ognuno di noi. IL PRESIDENTE Simona Cenni


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Un’associazione che nasce dalla volontà e dal coraggio…! Il discorso di presentazione del progetto alle commissioni parlamentari tenuto dal Presidente Simona Cenni

In questo ambizioso progetto mi sono avvicinata timorosa delle istituzioni; ma mossi dall’ormai noto spirito di corpo, si stanno affiancando molti operatori delle Forze dell’Ordine, convinti che Prima Difesa sia estremamente necessaria in un periodo storico segnato dalla confusione. Le compagne di vita e i compagni di tutti coloro che operano per la sicurezza nazionale ascoltano dai media slogan aberranti contro i loro cari impiegati nel dovere giornaliero. Essi assistono a scene di violenza d’altri tempi che i media modificano a seconda dello storico politico…Tutti in silenzio… finora hanno pregato in lacrime affinché i loro cari, impegnati in un compito difficilissimo e sottopagato, avessero fatto ritorno indenni, ancora una volta, a casa. E domani? Domani un‘altra preghiera… e cosi per tutta una vita di sacrifici. Che dire poi del dolore provocato quotidianamente da coloro che non vedono crescere i propri figli a causa di turni massacranti?…. Ecco nascere i primi contrasti e malumori familiari, che ti segnano a vita, stati d animo imposti da una realtà lavorativa che nel tempo, in poco tempo, logora l’uomo che é dentro l’uniforme…. Allora l’uomo in uniforme è angelo o demone …o forse tutt’e e due? Chi prevarica chi, dentro quella

divisa? Fuori da essa c’è la famiglia, ci sono gli amici, c’è la propria vita, una vita a volte spezzata da un tradimento inaspettato, a volte da un agguato improvviso, a volte da una giustizia che, fin troppo terrena e latente, permette all’errore umano di perseverare per dar manforte all’etichetta di facciata, voluta da una società di perbenisti che non inseguono valori ben definiti. In un paese scosso dall’instabilità economica e sfregiato dal terrore delle armi, decine di caduti si contano tra gli operatori delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate. Decine di morti in casa, e decine di vittime nei più disparati angoli del mondo conta il nostro bel paese. Tutti caduti inseguendo un unico legittimo ideale: la libertà. Una bandiera distesa su di una bara, un berretto solitario, secche note di un silenzio che rimbomba e che strazia anima e cuore di una nazione ferita, ma viva, di una nazione che non può e non deve dimostrare il tricolore solo negli eventi sportivi di rilievo. A tal proposito, a proposito di sport, ricordiamo Filippo Raciti, ispettore della Polizia di Stato caduto nell’adempimento del dovere, a causa degli scontri con le agguerrite tifoserie calcistiche. Un poliziotto, un marito, un padre morto per una partita di calcio, incredibile, che malumore e nel con-


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tempo, che vergogna nazionale. Che dire poi di Nassiriya e dei vergognosi slogan che hanno fatto rabbrividire il mondo intero? C’è davvero chi ne vorrebbe 10-1001000? C’è davvero, tra noi chi vorrebbe la morte degli operatori in divisa? E fra i caduti del dovere, come non omaggiare il poliziotto Nicola Calipari? Che dire poi del tragico periodo del g8 di Genova? E che dire di tutti i militari morti nei teatri di guerra esteri? Vorremmo ma non possiamo citarli tutti, né segnalare ogni singolo caso di coloro che hanno contribuito, a rendere migliore il nostro paese con l’estremo sacrificio. Pero’ possiamo ricordarli giornalmente con un icona, la nostra… prima difesa… difendiamo i difensori… difendiamo tutti gli invisibili operatori delle forze dell’ordine e forze armate italiane, loro sono nei nostri cuori, essi difendono il bene primario del paese, essi ci difendono e non hanno mai goduto di un difensore. Ci garantiscono la vita a costo della loro, noi gli dobbiamo tutto. Prima Difesa difende i difensori perchè sono loro l’unica salvezza di questa grande nazione fin troppo martoriata dall’ingiustizia e dall’iniquità. In noi non c’è colore politico, non c’è religione, non c’è distintivo, nè una classificazione sociale, non c’è politica, prima difesa è apoli tica e apartitica sia chiaro, l’unica sua ragione di vita è la legalità, la giustizia giusta, e non in ultimo la garanzia dei diritti di tutti coloro

che ci permettono di uscire di casa senza doverci necessariamente guardare alle spalle. Un poliziotto, un finanziere, un carabiniere e tutti coloro che hanno giurato fedeltà alla Repubblica Italiana, devono ricevere ed ottenere l’opportunità del sacrosanto diritto di vivere in modo sereno il resto della loro giornata dopo aver rischiato la vita per dei perfetti sconosciuti, da secoli chiamato “popolo”. In questo scenario scende in campo Prima Difesa, struttura ideata e voluta da gente comune, da cittadini qualunque, pronti a garantire una tutela legale privilegiata per gli operatori delle forze dell’ordine e armate. I legali di Prima Difesa presenti in quasi tutto il territorio nazionale, valuteranno ogni singolo caso giudiziario che gli verrà sottoposto. I nostri avvocati penalisti di nota pubblica stima professionale, grazie ad uno storico accordo con lo staff di Prima Difesa, garantiranno la migliore strategia difensiva con un compenso adeguato per chi vive di stipendio. Questo e’ il nostro obiettivo. Mai più innocenti condannati. Dentro la divisa c’è un uomo, una donna, un amico, un compagno, una madre, un padre, c’è un figlio…. “Signori, sappiate meritare le speranze e i sogni dei nostri figli! noi li abbiamo concepiti, noi li abbiamo allevati e con gioia li abbiamo donati alla nostra patria! voi li gestite, siate degni, quindi della vita dei nostri ragazzi…grazie!


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Massimo Onnis, poliziotto pittore omaggia di un suo quadro la Prefettura di Nuoro

Un quadro della Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia fa bella mostra di sé presso i locali della Prefettura di Nuoro. L’opera è stata realizzata da Massimo Onnis uno dei più brillanti e creativi dirigenti del nostro sindacato che ricopre il ruolo di Segretario Generale Provinciale della Consap di Nuoro. Massimo infatti oltre che un valente poliziotto ed un capace sindacalista è anche un artista di tutto rispetto, che nei suoi quadri si ispira spesso alla vita vissuta in uniforme. Tele in cui traspare una raffinata ricercatezza del colore non di rado intitolate a momenti particolari della nostra Polizia di Stato o a colleghi che hanno pagato con la vita il loro spirito di devozione al difficile compito sociale che sono chiamati a svolgere. Nato a Villacidro nel 1963, Massimo Onnis

è noto negli ambienti artistici nazionali ed internazionali per la forza del colore che traspare dalle sue opere. La consegna del prestigioso dipinto è stata effettuata dallo stesso Massimo Onnis al prefetto dottor Pietro Lisi nell’ufficio territoriale del Governo di via Deffenu che ha rilasciato al collega una pergamena firmata dal prefetto con i ringraziamenti al pittore. Le eccezionali doti pittoriche di Massimo Onnis hanno spesso reso prestigio anche alle iniziative del sindacato, come un recente congresso nazionale in cui le sue opere furono consegnate come ringraziamento per la partecipazione ai lavori, alle autorità presenti fra le quali ricordiamo l’attuale Capo della Polizia prefetto Antonio Manganelli e l’attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno.


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Una vittoria della Consap

Al via ad Olbia il condizionamento fisico per i conducenti di moto d’acqua. L’iniziativa in fase sperimentale, può dare benefici all’Amministrazione ed agli operatori Il nostro valente Segretario Generale Provinciale di Sassari, Massimiliano PALA ha inviato una lettera di ringraziamento al Questore di Sassari per aver dato corso, a decorrere dal 12 Luglio u.s., mantenendo così fede agli impegni assunti nell’incontro svolto di recente con la Consap, in ordine all’avvio, in fase sperimentale, del condizionamento fisico per i conduttori di moto d’acqua in servizio alle Squadra Nautiche di Olbia e Palau. Analoga riconoscenza è stata estesa al Dirigente l’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura di Sassari, Dottoressa Bibiana PALA, per aver anch’essa sostenuto la suddetta proposta. L’aver accettato un progetto a lungo caldeggiato dalla nostra organizzazione sindacale, frutto della passione e dell’impegno dell’Assistente Capo Alfonso Iovieno, in servizio alla Squadra Nautica di Olbia, ci rende oltremodo orgogliosi del risultato raggiunto consapevoli

che di ciò avrà beneficio l’Amministrazione e gli operatori interessati. Il propedeutico impegno profuso a tutti i livelli, anche attraverso specifico incontro presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha favorito l’esito sperato nonostante le cassandre vaticinassero ad ogni piè sospinto che l’intuizione di cui sopra e successivo piano di programma non avrebbe mai avuto corso.

…ma l’impegno per l’ottimizzazione del servizio prosegue.. La Consap traccia un bilancio dei servizi di polizia nella stagione estiva della regione Sardegna Signor Questore, anche per il corrente anno, al termine della stagione estiva, da parte della scrivente Organizzazione Sindacale è d’obbligo un’attenta riflessione circa il meritevole ed encomiabile servizio svolto dal personale della Squadra Nautica di Olbia, anche attraverso il

pattugliamento delle coste e dei litorali in sella alle moto d’acqua. Prima di addentrarmi in alcune considerazioni è d’uopo evidenziare l’atteggiamento collaborativo e soprattutto fattivo degli organi competenti a prendere tali decisioni finalizzate ad un


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migliore servizio da parte degli operatori ed in particolare, come già fatto in precedenti occasioni, mi pregio manifestare il personale ringraziamento degli operatori della Squadra Nautica di Olbia addetti alla conduzione delle moto d’acqua, per essere Lei stato protagonista e decisivo ambasciatore presso il Ministero dell’Interno di una ormai più che legittima annosa battaglia della CONSAP che, finalmente, inizia a portare a dei concreti risultati. Per quanto riguarda invece le modalità e gli orari degli allenamenti si ritiene necessario un ulteriore sforzo, e nella fattispecie appare fondamentale focalizzare alcune problematiche emerse nel corso del periodo sperimentale. Si converrà che qualsivoglia preparazione fisica, mirata ad una proficua attività operativa, ha bisogno di costanza nel tempo giacché è evidente che determinati risultati, sotto il profilo psico-fisico, sono frutto certamente di programmazione e non d’improvvisazione o di un periodo breve e determinato, ma piuttosto necessitano di un investimento a lungo termine, a maggior ragione nei confronti di quei dipendenti oltremodo soggetti ad attività usuranti, quali appunto la conduzione di tali mezzi nautici. Per meglio comprendere di cosa si discute, a puro titolo d’esempio, si rileva che il noleggio

Obiettivo su delle moto d’acqua presso stabilimenti balneari, comunemente, è proposto per 15 minuti, 30 al massimo, proprio per l’impegno fisico che la loro conduzione richiede. Appare importante illustrare la situazione tipo che, di sovente, caratterizzava gli addetti alla conduzione degli acquascooter i quali, al termine dell’allenamento mattutino, oltre ai normali tempi dettati dall’igiene personale (doccia e cambio d’abbigliamento), era costretto a recarsi presso il locale Commissariato di Pubblica Sicurezza per agganciare il carrello con il natante al fuoristrada per svolgere il servizio con le immaginabili conseguenze sia di tipo stress fisico sia di un’ottimale attività operativa. Alla luce di quanto evidenziato, pertanto, pur condividendo la frequenza bisettimanale degli allenamenti, mi sia consentito proporre e trovare la Sua condivisione sull’esigenza di perfezionare il condizionamento fisico, infatti uno scambio d’informazioni intrattenute con il personale operante di Olbia e Palau, tra le altre cose, ha evidenziato l’esigenza di differenziare gli orari ed i giorni in cui svolgere gli allenamenti il tutto, ovviamente, compatibilmente con le esigenze di servizio dei rispettivi Uffici. IL SEGRETARIO PROVINCIALE Massimiliano PALA


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Massimo Ciancimino, offende la Polizia, toglietegli la scorta

La Segreteria Provinciale della Consap (Confederazione autonoma di Polizia) esprime sconcerto e sgomento a seguito di quanto appreso dal quotidiano “La Repubblica” in un articolo dell’ 8 settembre 2011. Dalle intercettazioni telefoniche degli inquirenti è emerso che il figlio dell’ex sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, si sia vantato con un presunto affiliato alla criminalità calabrese di riuscire a fare tutto quello che voleva, perfino di entrare ed uscire dal palazzo di giustizia di Palermo. Massimo Ciancimino, attualmente agli arresti domiciliari per calunnia, godeva del privilegio della scorta della Polizia. Scorta composta da due mezzi e da cinque uomini della Polizia di Stato, in servizio presso il reparto scorte di Palermo. “E’ intollerabile - aggiunge Domenico Milazzo, segretario Provinciale della Consap di Palermo che Ciancimino si permetta di offendere e deridere gli Agenti della scorta definendoli una squadra di calcetto. Ciancimino ha proditoria-

mente abusato di un servizio offerto dalle Istituzioni, pagato con i soldi pubblici, servizio che nella buona fede di tutti doveva servire a salvaguardare la sua vita mentre invece – da come si legge dalle rivelazione del quotidiano – è stato sfruttato per i suoi sporchi affari. In un momento di grave crisi economica, come quello che stiamo attraversando, in cui i tagli alle Forze di Polizia stanno riducendo i tutori dell’Ordine sulla soglia della povertà - conclude Milazzo - è semplicemente paradossale e vergognoso constatare che personaggi a dir poco ambigui possano raggirare le istituzioni riuscendo perfino ad ottenere una scorta. Alla luce di tutto ciò, ed in attesa di riscontri ufficiali e definitivi, la Consap di Palermo ha già contattato l’Ufficio legale della Consap nazionale per valutare l’opportunità di intraprendere azioni legali nei confronti di Massimo Ciancimino a tutela della dignità professionale degli uomini del reparto Scorte di Palermo e della Polizia tutta. Palermo, 9 settembre 2011

Segreteria Provinciale di Palermo C onfe de derazioneSindac ale a leA utonom a di oli P zia

Comu omunicato stampa

La Segreteria Provinciale della Consap (Confederazione autonoma di Polizia) esprime sconcerto e ƐŐŽŵĞŶƚŽ Ă ƐĞŐƵŝƚŽ Ěŝ ƋƵĂŶƚŽ ĂƉƉƌĞƐŽ ĚĂů ƋƵŽƚŝĚŝĂŶŽ ͞>Ă ZĞƉƵďďůŝĐĂ͟ ŝŶ ƵŶ ĂƌƚŝĐŽůŽ ĚĞůů͛ ϴ ƐĞƚƚĞŵďƌĞ ϮϬϭϭ͘ ĂůůĞ ŝŶƚĞƌĐĞƚƚĂnjŝŽŶŝ ƚĞůĞĨŽŶŝĐŚĞ ĚĞŐůŝ ŝŶƋƵŝƌĞŶƚŝ ğ ĞŵĞƌƐŽ ĐŚĞ ŝů ĨŝŐůŝŽ ĚĞůů͛Ğdž sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, si sia vantato con un presunto affiliato alla criminalità calabrese di riuscire a fare tutto quello che voleva, perfino di entrare ed uscire dal palazzo di giustizia di Palermo. Massimo Ciancimino, attualmente agli arresti domiciliari per calunnia, godeva del privilegio della scorta della Polizia. Scorta composta da due mezzi e da cinque uomini della WŽůŝnjŝĂ Ěŝ ^ƚĂƚŽ͕ ŝŶ ƐĞƌǀŝnjŝŽ ƉƌĞƐƐŽ ŝů ƌĞƉĂƌƚŽ ƐĐŽƌƚĞ Ěŝ WĂůĞƌŵŽ͘ ͞ ͛ ŝŶƚŽůůĞƌĂďŝůĞ - aggiunge Domenico Milazzo, segretario Provinciale della Consap di Palermo - che Ciancimino si permetta di offendere e deridere gli Agenti della scorta definendoli una squadra di calcetto. Ciancimino ha proditoriamente abusato di un servizio offerto dalle Istituzioni, pagato con i soldi pubblic i, servizio che nella buona fede di tutti doveva servire a salvaguardare la sua vita mentre invece ʹ da come si legge dalle rivelazione del quotidiano ʹ è stato sfruttato per i suoi sporchi affari. In un momento di grave crisi economica, come quello che stiamo attraversando, in cui i tagli alle &ŽƌnjĞ Ěŝ WŽůŝnjŝĂ ƐƚĂŶŶŽ ƌŝĚƵĐĞŶĚŽ ŝ ƚƵƚŽƌŝ ĚĞůů͛KƌĚŝŶĞ ƐƵůůĂ ƐŽŐůŝĂ ĚĞůůĂ ƉŽǀĞƌƚă - conclude Milazzo è semplicemente paradossale e vergognoso constatare che personaggi a dir poco ambigui possano raggirare le istituzioni riuscendo perfino ad ottenere una scorta. Alla luce di tutto ciò, ed ŝŶ ĂƚƚĞƐĂ Ěŝ ƌŝƐĐŽŶƚƌŝ ƵĨĨŝĐŝĂůŝ Ğ ĚĞĨŝŶŝƚŝǀŝ͕ ůĂ ŽŶƐĂƉ Ěŝ WĂůĞƌŵŽ ŚĂ Őŝă ĐŽŶƚĂƚƚĂƚŽ ů͛hĨĨŝĐŝŽ ůĞŐĂůĞ ĚĞůůĂ ŽŶƐĂƉ ŶĂnjŝŽŶĂůĞ ƉĞƌ ǀĂůƵƚĂƌĞ ů͛ŽƉƉŽƌƚƵŶŝƚă Ěŝ ŝŶƚƌĂƉƌĞŶĚĞƌĞ ĂnjŝŽŶŝ legali nei confronti di Massimo Ciancimino a tutela della dignità professionale degli uomini del reparto Scorte di Palermo e della Polizia tutta. Palermo, 9 settembre 2011 Segretario Generale Provinciale Domenico Milazzo

Ufficio Stampa Consap Palermo Cell. 3313753457 313753457 Fax 0916569767 ʹ email: admin@palermoconsap.com


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Polizia, la denuncia del Consap “Troppi sprechi per i trasferimenti” Chi fa regolare domanda facendo risparmiare l'erario non è preso in considerazione. Il ministero dell'Interno non fornisce spiegazioni. Il segretario nazionale per il Nord Italia del sindacato: " Si assiste a un valzer di spostamenti decisi dall'amministrazione della pubblica sicurezza” che ha emanato provvedimenti di “vera e propria natura di 'Casta' della sicurezza pubblica” Trasferimenti d’ufficio di dirigenti della Polizia di Stato che costano migliaia di euro ai contribuenti. Chi invece ha fatto regolare domanda e farebbe risparmiare l’erario non è preso in considerazione. Denaro speso per favorire gli “amici degli amici” e garantire interessanti emolumenti ai prescelti, mentre il ministero dell’Interno non fornisce spiegazioni e il Palazzo studia una manovra che richiederà sacrifici ai cittadini per milioni di euro. La denuncia arriva dalla Confederazione sindacale autonoma di polizia (Consap) del Piemonte che, come spiega Gian Mario Morello, segretario nazionale per il Nord Italia, ha assistito al “valzer di trasferimenti decisi dall’amministrazione della pubblica sicurezza” che ha emanato provvedimenti di “vera e propria natura di ‘Casta’ della sicurezza pubblica”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il trasferimento d’ufficio di Cinzia Ricciardi, dirigente della polizia stradale di Torino, dal capoluogo piemontese alla stradale di Roma. Al suo posto è arrivata direttamente da Catanzaro Dolores Maria Rucci, anche lei dirigente della Polizia di Stato. Entrambi i trasferimenti richiedono “una spesa per le casse dello stato di circa 9mila euro in 24 mesi, come compenso per il trasferimento d’autorità” oltre a un emolumento mensile di 490 euro per due anni, il pagamento nell’alloggio di servizio e il trasloco alla nuova sede di lavoro. Tutto pagato dal ministero dell’Interno. Soldi che potevano essere risparmiati visto che un altro dirigente di Torino aveva inoltrato formale domanda di poter essere assegnato alla stradale locale. Ma non è neppure stato preso in considerazione. Perché? Da Roma tutto tace. “Dinanzi alle nostre richieste – spiega Morello – al Dipartimento centrale del ministero hanno spiegato che la motivazione era l’esperienza. Tuttavia si tratta solo di una scusa fragile visto che esistono i corsi di aggiornamento per assumere le competenze e, soprattutto, ci sono numerosi precedenti. Ad esempio, in passato ex capi della Criminalpol sono stati trasferiti alla stradale, o altri che provenivano da incarichi precedenti diversi. Insomma, a parità di competenze e giurisprudenza dal Dipartimento centrale preferiscono favorire ‘alcuni’ dirigenti”. Inoltre la spesa sulle spalle dello Stato è gravosa: “Proprio in questo momento in cui nel paese prevalgono le difficoltà economiche e finanziarie, il ministero non prende in considerazione chi ha fatto domanda d’ufficio ed è residente nei pressi del nuovo incarico. Uno spreco che grida vendetta”. Infatti si tratta di decine di migliaia di euro che solo in questo caso potrebbero essere impiegate “per mandare alcune vetture di servizio in riparazione o pagare gli straordinari spesso percepiti con mesi di ritardo. Alcune caserme poi – puntualizza Morello – hanno l’erba alta un metro nei cortili e altri uffici sono in condizioni di degrado”. Eppure lo spreco per i trasferimenti della “casta della polizia” è ormai prassi sul territorio nazionale. “Siamo davanti a una cricca che a parità di competenze preferisce trasferimenti d’ufficio a danno di chi ne ha fatto richiesta, senza scrupoli nei confronti dei contribuenti”. Un allarme condiviso anche da Giorgio Innocenzi, segretario generale del Consap: “Purtroppo si tratta di una pessima abitudine che c’è al Ministero. Alcuni funzionari usufruiscono di queste agevolazioni mentre altri, se vogliono essere trasferiti, devono presentare la domanda. Non solo: l’aspetto più grave – puntualizza Innocenzi – è che per spostare gli ‘amici degli amici’ segnalati e raccomandati si usano i soldi dei cittadini, oltre a ignorare le graduatorie”. E all’ingiustizia del metodo si somma la complessità della burocrazia che ostacola il percorso di attribuzione delle responsabilità perché, chi ha deciso “si limita a spiegare che si tratta di una scelta del Ministero”. Ma il Consap intende fare chiarezza sui trasferimenti. “Per ora abbiamo presentato una diffida al dipartimento centrale – conclude Innocenzi -, ma se non sortirà alcun effetto, siamo pronti ad andare davanti al giudice”.


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Poliziotti nella Capitale insoddisfacente la risposta del Ministero dell’Interno

Prima dell’estate la Consap si era fatta portavoce di una pressante richiesta verso la Questura di Roma e le autorità ministeriali competenti. La denuncia riguardava l’annosa carenza di personale operativo nella capitale, che rendeva complicato dare una risposta ad una crescente aggressione della criminalità, che aveva visto a Roma a dintorni reiterati ed efferati fatti di cronaca nera. La Consap sottolineava come la difficoltà nel garantire il controllo del territorio dovuta senz’altro all’inadeguatezza delle forze in campo ma anche al distoglimento pressochè quotidiano delle stesse da compiti operativi, aveva di fatto consentito alla criminalità di alzare il tiro e mettere sotto scacco la città, minacciando la sicurezza dei cittadini. 27-LUG-2011

da pag. 24 Quotidiano

Roma

Direttore: Mario Sechi

Lettori Audipress n.d.

Numeri alla mano la Consap rivendicava da una parte l’invio immediato ed urgente di personale e dall’altra una maggiore parsimonia nel depauperare gli uffici operativi della questura e dei commissariati, comandando di servizio gli operatori nelle attività di ordine pubblico. Una risposta seppur in tono minore arrivava dalle autorità competenti che per questo mese di settembre hanno annunciato l’invio di nuovo personale che però già appare insufficiente. Tanto che la Consap per perorare la cause dei colleghi e le esigenze della città diramava questo comunicato stampa; “Speriamo che i violenti vadano in vacanza” questa la provocazione della Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia che rende noti


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i contingenti di poliziotti che sono stati destinati alla Questura di Roma per ripianare gli organici e le quiescenze. A Roma stanno per arrivare circa 30 poliziotti: 15 operatori destinati alla prevenzione e 15 ai commissariati: “Una goccia nel mare – denuncia la Consap di Roma – un invio che copre appena il 20% del turn over, visto che quest’anno per vari motivi a Roma sono mancati quasi 150 operatori”. “Continuiamo a ritenere poco efficace la gestione della sicurezza dell’attuale questore – afferma il sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato – scelte incomprensibili che aggravano la situazione già fortemente deficitaria di uomini e mezzi; questi 30 operatori garantiranno poco in tema di incremento dei controlli, infatti quelli destinati alla pre-

venzione, ossia al Reparto Volanti, andranno a costituire una sorta di VII nucleo dal quale attingere per i ripetuti servizi di ordine pubblico”. Per quanto riguarda la gestione del dottor Tagliente – conclude la Consap – siamo ancora in attesa di sapere perché nelle settimane scorse, in piena emergenza crimine ed a fronte di carenze di personale alla Questura, ha siglato il trasferimento di 20 operatori dal settore operativo della prevenzione, per inviarli dietro le scrivanie dell’Anticrimine. Una polemica a 360 gradi che ha visto nel mirino anche il problema dell’eccessivo uso delle scorte, che distolgono personale, la Consap ha reclamato un uso più oculato di questi dispositivi che spesso sono solo uno status symbol della casta.

23-LUG-2011

da pag. 3 Quotidiano

Roma

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Direttore: Ferruccio de Bortoli

Lettori Audipress n.d.


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Doppio lavoro, per il personale in divisa, un divieto ancora al passo con i tempi? La discrezionalità dei Ministeri competenti, determina disparità inaccettabili

Guglielmo Frasca Segretario Nazionale Consap

Il Legislatore Costituzionale ha previsto che tutti i dipendenti pubblici siano al servizio esclusivo della collettività quale presupposto per poter disimpegnare le mansioni affidate loro con assoluta diligenza e nel miglior modo possibile, mantenendo, anche al di fuori del proprio ufficio, una condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni. Prendiamo atto che il dovere di esclusività della prestazione costituisce quindi espressione e manifestazione del più ampio dovere di fedeltà all’Istituzione assunto all’atto del giuramento ed il suo rispetto contribuisce in maniera determinante a stabilire un rapporto di completa fiducia e sincera collaborazione fra i cittadini e la Pubblica Amministrazione. Il legislatore è tornato più volte sull’argomento e, soprattutto negli ultimi tempi, ha riservato grande attenzione al tema delle incompatibilità e del cumulo degli incarichi, con la finalità dichiarata di disciplinare in maniera più puntuale la materia, responsabilizzando le stesse pubbliche amministrazioni ed ancorando l’esercizio concreto del connesso potere discrezionale a criteri valutativi oggettivi e predeterminati. Ogni singola organizzazione è chiamata oggi a darsi regole comportamentali precise ed a vigilare sul loro rispetto, così da garantire il regolare svolgimento ed il buon andamento del servizio,

prevenendo ogni possibile conflitto d’interessi che possa, anche solo astrattamente, pregiudicare la bontà dell’azione quotidiana dei propri appartenenti, nonché inibendo la formazione di centri d’interessi alternativi rispetto all’ufficio pubblico e preser vando l’indipendenza del singolo e dell’Istituzione nel suo complesso. La presente direttiva, innovando le disposizioni nel tempo emanate dalla Guardia di Finanza alla luce delle novità legislative intervenute e della prassi amministrativa consolidatasi, rappresenta un testo di riferimento che riconduce a sistema unitario e coerente le diverse fattispecie e le connesse procedure ed è stata predisposta affinché, oltre a costituire uno strumento di chiara ed agevole consultazione per il personale tutto, fornisca, nel contempo, idonee linee guida per una provvida e rigorosa azione di comando da parte dei Comandanti di ogni livello. E' lo stesso ministero della Difesa, con la circolare di luglio 2008, a stabilire le condizioni per lo svolgimento di attività extra-professionali. Nella circolare si legge in modo inequivocabile che tali attività devono essere "compatibili con la dignità del grado e con i doveri d'ufficio, svolte fuori dall'orario di servizio, effettuate senza carattere di continuità, nonché senza eccessivo impegno temporale, in modo da non pre-


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giudicare la capacità lavorativa ed il rendimento in servizio del militare, meramente isolate e saltuarie ovvero purché consistano in prestazioni singole, ben individuate e circoscritte nel tempo." E' evidente che fatta la legge trovato l'inganno; infatti queste premesse solenni riportate nelle direttive, circolari ecc. trovano applicazione solamente nei casi in cui le istanze prodotte provengano dalla comunità militare o para militare intesa in senso generale! Le eccezioni ci sono e stravolgono ogni riferimento normativo! In passato abbiamo assistito addirittura all'avvio di procedimenti disciplinari gravi per lo svolgimento di attività extra-professionali da parte di personale della polizia o militare! Ma esistono eccezioni sorprendenti! Basti pensare al caso di 3 anni fa della Carabiniere Margherita Granbassi, medaglia d'oro olimpica. "E' incomprensibile il motivo per cui il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri abbia concesso alla Granbassi l'autorizzazione a partecipare alla trasmissione televisiva "Annozero",

Il Carabiniere Margherita Granbassi

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dopo aver emanato una dettagliatissima e recente circolare della Direzione del personale militare, che dettava delle precise regole che devono essere osservate per tutti i militari. Così non sembra. Mentre alla Granbassi viene concesso di svolgere una seconda attività ben remunerata e sicuramente impegnativa, pur mantenendo il proprio posto di lavoro all'interno dell'Arma, vi sono numerosi casi che pur rientrando tra le attività che non necessitano di alcuna autorizzazione ministeriale sono stati valutati in modo nettamente differente e, a volte, come già detto, hanno avuto pesanti conseguenze disciplinari. "Se esistono delle regole è bene che siano uguali per tutti", e soprattutto è necessario considerare i lavoratori delle forze dell'Ordine e militari, come risorse umane capaci ed intellettualmente evolute, superando i tradizionali ed antiquati preconcetti in cui tale personale viene collocato in un ottica dell'uomo “Signor si” che deve esclusivamente e incondizionatamente sacrificarsi per il proprio turno di servizio e per lo Stato.


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Poligoni in Sardegna i colleghi costretti a fare il “tiro alla zecca”

La situazione dei poligoni di tiro per la Polizia di Stato già affrontata nel numero scorso si sta rivelando estremamente preoccupante. Dopo la denuncia circa l’assenza a causa di un trasferimento quantomeno inopportuno, degli addetti altamente specializzati per la manutenzione e la funzionalità dei poligoni virtuali, in uso fra gli altri anche ai reparti americani Navy Seals saliti alla ribalta delle cronache per l’uccisione del terrorista saudita Osama Bin Laden, registrata presso il poligono di Roma Tor Carbone; segnali preoccupanti arrivano anche dalla struttura di Uri che si trova in Sardegna nella provincia di Sassari. Il nostro Segretario Provinciale della provincia sarda, Massimiliano Pala, è stato costretto a segnalare al Questore un clamoroso episodio che mette a rischio la salutare del personale che si reca presso il centro di addestramento di Uri. Nella lettera inviata al Questore di Sassari, la Consap locale ha denunciato la presenza di zecche. Nel dettaglio il sindacato ha fatto riferimento ad un episodio verificatosi qualche settimana fa al termine della prevista giornata di addestramento al tiro per il personale, allorquando dopo la sessione di tiro un collega che aveva partecipato all’esercitazione, dopo aver fatto ritorno alla sua abitazione, notava sul ginocchio destro un piccolo animale, rivelatasi poi una zecca, che verosimilmente gli si era attaccata nel lungo periodo in cui aveva sostato nel poligono in attesa del suo turno di spari. Lo stesso è stato poi invitato dal suo medico di fiducia a rimuovere l’animale con tutte le cautele e gli accorgimenti del caso per evitare ulteriori danni fisici a lui ed alla sua famiglia, cautele riconfermate anche dal medico di turno dell’Ufficio Sanitario della Questura che somministrava allo

stesso terapia antibiotica a scopo cautelativo. La vicenda – spiega la Consap – non è un episodio in quanto situazione di questo tipo si erano già verificate nei giorni scorsi in danno di altri colleghi che si erano recati presso il suddetto poligono di tiro, anche se in quel caso la zecca era stata avvistata, oltre che nei pantaloni di un collega anche sul furgone adibito al trasporto del personale. Una delle cause del proliferare è lo stato di abbandono della struttura di addestramento, visto che la letteratura in medicina chiarisce che le zecche attecchiscono sulle erbe, tra i cespugli e nel sottobosco, in aree abbandonate prive di insediamenti umani stabili. Le conclusioni della Consap nella lettera inviata al questore sono quelle di voler provvedere rapidamente alla disinfestazione dell’area ed al taglio dell’erba presente nei luoghi dove si reca il personale della Polizia di Stato per l’esercitazione al tiro, analoga disinfestazione si richiede anche per tutti i mezzi adibiti al trasporto degli operatori presso la struttura di Uri.


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Una gomma salva la vita, ma il 10% viaggia “sgonfio” Diffusi i dati di una ricerca dell’Automobile Club in collaborazione con la Michelin

La tecnologia, in quanto a sicurezza, ha fatto passi da gigante: ci sono sistemi che ti aiutano a frenare, che ti rimettono l'auto in carreggiata se s'imbocca male una curva, che riducono rollio e beccheggio. Sistemi frenanti sofisticatissimi e sistemi anti-imbarcata, però, servono a poco, se i pneumatici, sono inadeguati, usurati, mal gonfiati o danneggiati; ed un'auto su dieci, in Italia, gira con gomme al di sotto di 1,6 mm di battistrada, il limite minimo imposto dalla legge. Aci e Michelin, che hanno recentemente siglato un accordo quadro in tema di sicurezza stradale, ci forniscono dati europei letteralmente inquietanti: il 65% degli automobilisti viaggia con pneumatici sgonfi, il 40% si muove con almeno una gomma molto sgonfia e il 12% dei guidatori si è trovato in una situazione di pericolo per cause imputabili ai pneumatici. In seguito a test organizzati da Assogomma, mettendo alla frusta auto di tutti i tipi, il limite legale del battistrada di 1.6 mm è risultato insufficiente a garantire il massimo rendimento in tema di sicurezza. Al di sotto dei 3 mm le prestazioni cominciano a calare vistosamente, soprattutto su bagnato ed in frenata, anche a velocità contentissime (gli spazi d'arresto quasi raddoppiano). Non parliamo poi di chi gira con le carcasse dei copertoni lesionate, che possono cedere da un momento all'altro, con conseguenze immaginabili. Lo stesso dicasi per chi si lascia tentare da pneumatici a basso costo, senza prestare attenzione all'effettiva omologazione degli stessi. Cosa fare? È molto semplice: innanzitutto far controllare periodicamente i propri pneumatici a gommisti autorizzati (ricordare sempre che, in Italia, il «fai da te» non è permesso ed i pneumatici andrebbero sempre montati da personale autorizzato); control-

lare la pressione almeno una volta al mese, possibilmente a freddo e comunque mai dopo un massimo di 3 km di percorrenza; in caso di controllo a caldo, mai sgonfiare i pneumatici e calcolare un incremento fisiologico di almeno 0,3 bar. Oltre che la sicurezza, poi, il sotto-gonfiaggio influenza parecchio la resistenza al rotolamento, il che si traduce in un aumento del consumo di carburante, che può arrivare anche al 20%. Calcolate che solo con il 25% di pressione in meno, si consuma il 2% in più. I pneumatici sgonfi sono anche più esposti al rischio di rotture: affrontando un marciapiede, sempre alla stessa velocità, con una buona pressione non succede nulla, con un sotto-gonfiato, la carcassa non regge e si danneggia. Non trascuriamo neanche l'aspetto pratico. Una ricerca effettuata dal soccorso stradale Aci, evidenzia i problemi alle ruote come quarta causa di sosta forzata durante le vacanze estive.


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Stress.... come riconoscerlo fisiologico, patologico o cronico

Di Giovanni Iaquinta

Lo stress è una sindrome di adattamento a degli stressor (sollecitazioni). Può essere fisiologica, ma può avere anche dei risvolti patologici, anche cronici, che ricadono nel campo della psicosomatica. Si definisce stress una reazione dell'organismo sottoposto ad una pressione psichica o fisica o entrambe; la parola stress significa essere pressato, quindi compiere un lavoro in condizioni di fatica, contro il fisiologico adattamento del corpo umano e, pertanto, significa che l'organismo mette in atto tutta una serie di stimoli adattativi, che vanno sotto il nome di Sindrome Generale di Adattamento che si caratterizza per: 1) Reazione di Allarme 2) Fase di resistenza 3) Fase di esaurimento. 1) Allarme. Quando ci troviamo di fronte ad un fattore stressante, il nostro organismo ci lancia una sorta di S.O.S. per avvertirci che sta accadendo qualcosa di imprevisto e non controllabile: dobbiamo mobilitare tutte le risorse disponibili. L'organismo risponde, agli stressor mettendo in atto meccanismi sia fisici che mentali per fronteggiare questa situazione. Questa reazione è indispensabile dal tipo di stimolo stressante (studio, lavoro, ecc) che l’ha innescata e determina come prima conseguenza un aumento dei livelli di adrenalina, che nel nostro organismo funziona come un messaggero di un pericolo o di una minaccia imminente e comunica ai vari or-

gani ed apparati la necessità di preparasi a reagire, (attivazione psicofisiologica), quin di si verificherà l'aumento del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna, irrigidimento del tono muscolare. 2) Resistenza, A questo punto l’organismo è pronto a combattere e diventa importante scegliere la strategia più adatta al nemico che vogliamo vincere. Questa fase della risposta allo stress è infatti fortemente specifica nei confronti del fattore che lo ha scatenato; ciò significa che se lo stress iniziale è stato di tipo fisico come, ad esempio, un eccessivo dispendio di energie a causa di un lavoro particolarmente faticoso, la strategia vincente sarà quella di rendere disponibili le riserve di energia ed aumentare i tempi di sonno per favorire un buon recupero. Se l’organismo ha utilizzato la giusta strategia, si raggiunge il cosiddetto “ adattamento “, che ci consente di trovare un nuovo equilibrio. Quello che succede è in altre parole che il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell'affaticamento prolungato, producendo risposte ormonali specifiche da varie ghiandole, ad es. le ghiandole surrenali. 3) Esaurimento, se gli stressor continuano ad agire,fino a oltrepassare una determinata intensità critica, il soggetto può venire sopraffatto. Le riserve energetiche dell’organismo si consumano poco a poco fino ad esaurirsi e lo


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Obiettivo su stato di adattamento raggiunto nella precedente fase viene perduto lasciando il posto ad uno stato di malessere generale sia psichico che somatico La diagnosi del livello di stress cronico a cui è soggetto un individuo non è semplice, né univoca, data la genericità del fenomeno e la soggettività nel reagire ai diversi fattori di stress, per non parlare dei molteplici meccanismi attraverso cui dallo stress (somatopsichico) si passa alla malattia psicosomatica. In pratica avviene una riduzione di comunicazione trai i sistemi omeostatici (il sistema nervoso, il sistema endocrino, e il sistema immunitario e fra le cellule di ogni sistema). Le cosìddette sostanze messaggere come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina sono tra le principali sostanze chimiche che iniziano a funzionare male e vengono prodotte, in situazione di stress, in minore quantità. La serotonina per esempio è importante per dormire bene, per la regolazione del nostro orologio interno, per la regolazione della temperatura corporea, per la contrazione della muscolatura liscia dei vasi, dell'intestino, dei bronchi, dell'utero e della vescica, nella regolazione dell'automatismo intestinale, nella modificazione della pressione arteriosa, interviene nei processi allergici e infiammatori, riduce il tempo di sanguinamento, determina la sintomatologia dell'emicrania, etc. La noradrenalina "setta" i livelli di energia del nostro corpo. Senza noradrenalina nel cervello, ci si sentirà sempre stanchi. La noradrenalina funge da mediatore chimico della trasmissione nervosa, determina la trasmissione degli impulsi nervosi dalle fibre agli organi effettori, controlla il tono dei vasi sanguigni, la muscolatura liscia dell'intestino, dell'utero, dell'iride, la replezione della milza, la produzione pancreatica di insulina, la scissione epatica del glicogeno in glucosio. La dopamina è importante per la produzione delle endorfine, sostanze tra l'altro regolatrici del senso del dolore, nella regolazione del piacere, etc. Lo stress ha azione immunosoppressiva, attraverso la produzione di noradrenalina e di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali.

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Si comprende bene che con la produzione fisiologica degli anticorpi in forma ridotta, e il conseguente aumento di autoanticorpi abbiamo l’aumento dei neurotossici, Ciò comporta un danneggiamento della regione dell’ippocampo e si accelerano i fenomeni di involuzione somatopsichica caratteristica dell’invecchiamento. Si parla di gestire lo stress non di eliminarlo completamente, proprio perché lo stress è una caratteristica della vita. Si può agire intervenendo direttamente sugli stimoli stressanti, modificando i pensieri che generano dall'evento stressante, attraverso tecniche di rilassamento. La prima cosa da fare è cercare di riportare ai livelli normali l'orologio interno. Il metodo più classico per misurare il livello di stress, di impianto prettamente psicologico, si basa sulla compilazione di questionari che indagano: o la presenza nella vita del paziente (nel presente o nel passato prossimo) di fattori di stress (quali la perdita d persone care, del lavoro, etc), oppure il manifestarsi di sintomi legati allo stress o alla depressione (problemi del sonno, attacchi di panico, etc...). Risulta chiaro come la soggettività nel reagire ai fattori di stress, o nella stessa valutazione dei sintomi, sia il principale problema di questa metodologia, comunque ampiamente adottata allo stato dell'arte. Si è cercato negli ultimi anni una valutazione il più oggettiva possibile, si è passati a studiare le alterazioni fisiologiche dello stress, che principalmente dipendono da un' iperattivazione simpatica e un'inibizione del compartimento parasimpatico, principalmente riguardanti gli effettori cardiaci. Oppure tramite microneurografia, una tecnica complessa e delicata che registra il livello di attività di un nervo periferico tramite microelettrodi; è tuttavia non adatta per essere applicata su vasta scala. Per saperne di più Wikipedia Stress emozioni e malattia www.sapere.it www.spazioinwind.libero.it/gastroepato www.nienteansia.it/


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Attualità

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Intervista a Marco Liorni, un cittadino che si sente sicuro

La tua carriera comincia alla radio, in un'emittente laziale: che ricordi hai? Lavoravo per una radio che si poteva ascoltare solo nel palazzo dal quale trasmetteva! Il segnale era sovrastato da RDS, chissà se era un segno del destino! Si chiamava Tele Radio Domani, un nome che adesso suona sarcastico! Dopo quell’esperienza ho lavorato per altre radio, poi è venuta la tv regionale e dal 1996 quella nazionale con Verissimo. Se mi chiedi in generale il ricordo più vivo, ti rispondo quello della passione: una passione per questo lavoro che è stata subito travolgente, come quella per una donna che non ti fa ragionare più.

schio di cadere nel tuo percorso. Fortunatamente ai conduttori danno molta importanza, ma il pubblico sceglie il programma: se gli piace, sopporta anche un conduttore così così, ma se non gli piace non se lo guarda certamente per la bella faccia di chi conduce. Eppure i flop e i successi incidono ancora in maniera troppo forte sul percorso professionale. Ho visto pessimi conduttori andare avanti senza alcun merito e viceversa. Quindi tu rischi di non poter fare il tuo lavoro per motivi che prescindono del tutto da te. Insomma le crisi ci sono, soprattutto se vuoi fare soltanto cose che ti senti, che ti corrispondono, nelle quali credi di poter dare il meglio di te.

Per 7 anni sei stato l’ inviato-traghettatore della casa più famosa d'Italia: hai qualche aneddoto o qualche curiosità da raccontare? Tutto e niente. Del Grande Fratello ricordo ogni dettaglio, ma ormai è passato e vorrei davvero lasciarmelo alle spalle.

Nella tua carriera hai vinto 3 telegatti: qual è quello a cui sei legato di più? Grande Fratello, ovviamente. In realtà a casa me ne sono arrivati quattro (due e non uno per GF): era anche la trasmissione dell'anno, ma credo che all'ultimo momento abbiano cambiato idea dopo la protesta spettacolare di Alessandro Cecchi Paone.

E’ difficile il mestiere del conduttore? Molto. Più vai avanti in questo mestiere e più diventa qualcosa di particolare, un lavoro sempre più spericolato. Nel senso che ci sono insidie da tutte le parti, sia nella vita che fai, sia nel ri-

C'è stato un momento in cui ti sei sentito in imbarazzo? Sì, nella prima puntata del primo Grande Fratello: il figlio di Salvo che piangeva come un disperato in diretta perché il papà stava entrando nella casa. Più provavo a distrarlo più singhiozzava! E da studio non si riprendevano la linea…

Tra radio e tv, cosa sceglieresti? Dipende quale radio e quale tv: in radio e in tv sappiamo tutti che ci sono cose belle e cose


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Attualità senza senso. La radio è fascino, la tv è palcoscenico. L'incontro più importante della tua vita? Quello tra i miei genitori, altrimenti non sarei qua! E poi con le mie donne (con la mia ex moglie con la quale ho avuto un figlio, Niccolò, e con la mia compagna Giovanna, con la quale ho avuto una figlia, Emma). Il complimento più bello che hai ricevuto? Ne ricordo alcuni di persone che hanno notato dettagli. Quei dettagli che bisogna sempre curare perché c'è chi guarda o ascolta superficialmente, ma c'è anche un pubblico che è attento e che merita la cura, la qualità. Sogni nel cassetto? I sogni hanno stancato, meglio passare ai desi-

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deri. Intendo dire che il sogno è una parola abusata, il desiderio mi fa pensare più a un qualcosa di realizzabile, che puoi raggiungere: devi solo passare all'azione, perché stai sicuro che ci metterai tutto te stesso. Ecco, penso che sia proprio ora di passare all'azione in tante cose della vita. Se il mondo non ci piace, cominciamo a scegliere, iniziamo a portare avanti le cose, a prendere iniziative con gli altri. Se vuoi proprio un sogno, ti dico questo: che si possa tutti insieme tornare a fare qualcosa di 'storico', di bello, di positivo, qualcosa che dia il segno che l'Umanità si è svegliata e vuole cambiare le cose in meglio e anche più in fretta possibile. Ti senti un cittadino sicuro? Più di quanto la cronaca suggerirebbe. Simone Bracci


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Attualità

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Reparto mobile, si gioca a basket Senigallia Allenamenti di basket nella palestra del Reparto mobile che ha aperto le porte alla città. La fortezza di via delle Caserme ha mostrato ieri l’animo nobile di chi lavora dietro quelle mura inespugnabili. Da anni le squadre cittadine di pallacanestro chiedono di poter usufruire degli ampi spazi, a disposizione del XIV Reparto mobile, e finalmente hanno trovato nel comandante Antonio Adornato un ottimo interlocutore.“Abbiamo siglato un protocollo con la A.S.D. Maior Basket – ha spiegato il comandante Adornato nel fare gli onori di casa –, che da tempo cercava degli spazi. Per tre pomeriggi alla settimana ospiteremo bambini dai 6 ai 10 anni mentre un altro pomeriggio sarà dedicato ai ragazzi che hanno delle problematiche di tipo autistico. Siamo contenti di poter essere loro utili”.Due canestri sono stati predisposti nella palestra per consentire quindi gli allenamenti. “Da tempo inseguiamo questo sogno – ha aggiunto Stefano Catalani, presidente della Maior Basket – perché siamo cresciuti velocemente e abbiamo bisogno di più spazi”. Uno sport che aiuta a crescere, come evidenziato da Claudio Moroni, presidente della Pallacanestro Senigallia che ha aggiunto: “l’avere aperto le porte della caserma alla città è un grande segnale, dimostra davvero come la polizia sia tra la gente”. Un ringraziamento al comandante è stato rivolto anche dal sindaco che in cambio ha ricevuto, come segno di grande collaborazione tra le due istituzioni, una targa. “Mi fa piacere notare questa apertura – le parole di Maurizio Mangialardi – questo mettersi a disposizione dei cittadini. È un gesto importante. Spesso il Reparto mobile viene vissuto come qualcosa di estraneo alla città, dove fortunatamente non ha motivo di operare perché non abbiamo problemi di ordine pubblico. Per tanti anni – ha ricordato - si è tentato di raggiungere questo accordo sempre ritardato dalla burocrazia. Le carte partono e devono tornare con un timbro che dia l’ autorizzazione, spesso però una carta parte ma non torna ed in quel timbro mancato restano tutti i problemi della gente. Ma non questa volta”.

Solo Moda

di Paola Pietrucci

Durante le sfilate di questi giorni abbiamo assistito a mescolanze di tessuti, quale: lana, camoscio, cachemire, pelle, jersey ma anche molta pelliccia. E sì, care lettrici, è proprio la pelliccia il “must have” della prossima stagione fredda. Le collezioni di questo autunno/inverno si ispirano al passato e nella moda tutto torna; la donna sarà ultrafemminile. Quest’autunno vede il ritorno di un capo d'abbigliamento intramontabile che non può mancare nel nostro armadio: l'impermeabile. Un capo che secondo gli abbinamenti può essere casual, chic, elegante. Perfetto sia di giorno che di sera, abbinato ad uno stivaletto da pioggia è ideale. Questo è un capo perfetto per ogni donna ovviamente scegliendo il modello adatto. Per i primi freddi, quando ancora non c'è bisogno di coprirsi con capi pesantissimi, è bello poter indossare un maxi-cardigan che scalda e veste senza ingombrare. Di gran moda è la "lana". Maglie calde e morbide, pull tricot dai colli insoliti, mantelle, dolcevita, tutto perfetto per scaldare le più fredde giornate invernali. I colori di gran moda sono il bordeaux, il nero, il marrone, il grigio, spesso accostati al color avorio o al rosa cipria. Quest'autunno, abbiamo il colore più classico e glamour: il grigio. Tailleur color canna di fucile. Di giorno s'indossa con una camicia bianca,la sera è super chic indossarlo con un top. E che dire di un tubino principe di Galles con collo quadrato e maniche a palloncino? È “trendissimo” indossarlo con calze pesanti e anfibi. Non mancano gli intramontabili jeans, a vita altissima, portati con cinture dalle fibbie in metallo. I cinque tasche di taglio maschile che hanno una vestibilità comoda e larga, s'indossano con il risvolto e scarpe basse stringate tipo francesine. Jeans stretch e slim sono perfetti abbinati ad una giacca di pelliccia. Se sono tagliati come una tuta da jogging con l'elastico sull'orlo, le sneakers alte in tela o pelle sono perfette, l'importante è che il nuovo trend le vuole vissute. Tra le tendenze autunno/inverno di quest'anno resta sulla cresta dell'onda il 'cappotto' nella versione lunga e ampia, slim e corta, ma l'importante è che sia "doppiopetto". È il doppiopetto il cappotto di tendenza per questo inverno... Nello scegliere il prossimo modello non dimenticate che in un guardaroba trendy non può mancare!


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