Connessioni n°16 | febbraio/marzo 2009

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scenari non raccontavo i miei progetti perché pensavo che avrei potuto perdere un'occasione di business. Poi ho sperimentato la condivisione: all'interno di un mercato in espansione, è una cosa possibile. La prospettiva deve essere globale, non regionale, altrimenti essere competitivi significherebbe solo esser capaci di battere il concorrente della porta accanto. C - Il possesso di una capacità, o di una informazione, perché sia utile, obbliga a un duro lavoro di messa in pratica, che non tutti sono disponibili o capaci di fare. Martin - Sì, è vero. Non condividerei mai una proprietà intellettuale, come un software creato per i miei clienti, ciò che invece condivido con i membri CEDIA sono le questioni che ci riguardano collettivamente come industria. Farò un esempio: la prima volta che sono andato a una conferenza di management ci hanno dato una graffetta e ci hanno chiesto di elencare il Un momento dei seminari

maggior numero di cose che si possono fare con questo oggetto. I più hanno scritto quattro o cinque possibili

organizzati da CEDIA

usi, ma elencando le proposte di tutti siamo arrivati a 18. Quindi, ovviamente, la conoscenza ottenuta mettendo in comune gli sforzi è migliore e più ampia. È anche utile parlare con un collega incontrato all'aeroporto, chiedergli come vanno gli affari, raccontarci cosa possiamo fare per migliorare il nostro business, confrontarci sulla qualità dei prodotti... Certo non penso che il mio collega mi stia rubando qualcosa! Hallam - Penso che la condivisione delle informazioni sia utile per l'industria in generale, come anche per le società che sono entrate in CEDIA. Sicuramente serve nel nostro ambiente perché ci consente di elevare la consapevolezza su quello che realizzano i soci. Per fare crescere l'industria abbiamo bisogno che ciascuno elevi i propri standard, questo genera clienti più soddisfatti e ci permette di scoprire nuovi modi per utilizzare la tecnologia che migliorano l'esperienza del cliente. Coloro che sono gelosi del loro pezzettino di mercato, anche se conservano il loro 10%, avranno sempre solo il 10% di una torta molto più piccola rispetto a quella che ci si potrebbe dividere a livello globale. Il protezionismo poi è concretamente inattuabile: l'unica possibilità sarebbe un monopolio, cosa che ovviamente non si può avere. Martin - Ciò che CEDIA può fare è portare e condividere la propria esperienza in forma di seminari. Questo dovrebbe spingere le aziende a fare network, dando loro delle motivazioni per condividere le proprie conoscenze e cominciare a guardarsi intorno, fuori dal mercato locale. C - Quanti iscritti italiani ci sono in CEDIA? Hallam - Sono ancora pochi, anche se in crescita. Per questo è utile la presenza di un ambasciatore che abbia la conoscenza delle consuetudini locali, ma che allo stesso tempo non sia percepito come legato a interessi specifici, che sia in grado di spingere le persone a elevare gli standard del proprio lavoro, far crescere il mercato in generale e ovviamente affermare CEDIA come un marchio di qualità, che poi è il nostro obiettivo a livello globale. Godwin Demicoli (InfoComm Regional Director Europe e CTS) invece ci ha offerto il suo bilancio di ISE 2009. Demicoli - Fantastica! È stata una fiera fantastica. All'inizio eravamo un po' preoccupati per l'affluenza, perché il successo dello show dipende dalla quantità dei visitatori qualificati, e quest'anno l'orientamento delle aziende era al risparmio, ma sono sicuro che c'è stata più partecipazione dell'anno scorso, anche se non ho dati conclusivi. Mi sembra di vedere una crescita dell'interesse da parte degli italiani: non parliamo ancora di grandi numeri, ma quest'anno i membri italiani di InfoComm sono più che raddoppiati, molti di loro espongono all'ISE e

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