lettera a lenin, sull'estremismo, H.Gorter

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centinaia di migliaia di operai lottassero con accanimento, affinché i Consigli conservassero il loro carattere di nuove unità dell’organizzazione di classe. Furono necessari cinque anni di conflitti incessanti, talvolta di combattimenti armati, e il massacro di 35.000 operai rivoluzionari, perché il movimento dei Consigli fosse definitivamente sconfitto dal fronte unico della borghesia, dal vecchio movimento operaio e dalle “guardie bianche” costituite dai signorotti prussiani e dagli studenti reazionari.

LE CORRENTI POLITICHE

A grandi linee si possono distinguere, sul versante operaio, quattro grandi correnti politiche: a. I socialdemocratici. Essi intendevano nazionalizzare gradualmente le grandi industrie utilizzando la via parlamentare. Tendevano ugualmente a riservare ai sindacati soltanto il ruolo di intermediari tra i lavoratori ed il capitale di Stato. b. I comunisti. Ispirandosi più o meno all’esempio russo, questa corrente preconizzava un’espropriazione diretta dei capitalisti ad opera delle masse. Secondo loro, gli operai rivoluzionari avevano il dovere di “conquistare” i sindacati e di “renderli rivoluzionari”. c. Gli anarco-sindacalisti. Essi si opponevano alla conquista del potere politico e alla sopravvivenza di qualsivoglia Stato. Nella loro concezione, i sindacati rappresentavano la formula dell’avvenire; bisognava lottare affinché i sindacati acquistassero un’estensione tale da renderli capaci di gestire l’intera vita economica. Uno dei più conosciuti teorici di questa corrente, nel 1920, scriveva che i sindacati non dovevano essere considerati come un prodotto transitorio del capitalismo, bensì come i germi della futura organizzazione socialista della società. Proprio all’inizio nel 1919, sembrò che l’ora di questo movimento fosse finalmente venuta. I sindacati anarchici iniziarono a gonfiarsi, a partire dal crollo dell’Impero. Nel 1920, essi contavano circa 200.000 membri. d. Tuttavia, quello stesso anno, gli effettivi dei sindacati rivoluzionari iniziarono a diminuire. Una gran parte dei loro aderenti si volgeva ora verso un’altra forma di organizzazione, più adatta alle nuove condizioni della lotta: l’organizzazione rivoluzionaria di fabbrica. Ogni fabbrica aveva, o avrebbe dovuto avere, la sua propria organizzazione, agente indipendentemente dalle altre – che, in un primo stadio, non era nemmeno collegata alle altre. Ogni fabbrica assumeva dunque l’aspetto di una “repubblica indipendente”, ripiegata su sé stessa. Senza dubbio, questi organismi di fabbrica erano una realizzazione delle masse; tuttavia, bisogna sottolineare che essi facevano la propria apparizione nel quadro di una rivoluzione, se non già sconfitta, quantomeno stagnante. Divenne presto evidente che gli operai non potevano, nell’immediato, conquistare ed organizzare il potere economico e politico per mezzo dei Consigli. Bisognava dunque innanzitutto sostenere una lotta senza quartiere contro le forze che si opponevano ai Consigli. Gli operai rivoluzionari cominciarono dunque a raccogliere le proprie forze

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