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Il mercato del lavoro in una condizione di incertezza

Mentre rallenta la creazione di nuovi impieghi e l’occupazione è sostenuta dal blocco dei licenziamenti, è in atto una rivoluzione che cambierà il nostro modo di intendere il lavoro.

di DANIELE BERTI, Centro studi di Confindustria Trento

CON LO SCOPPIO della pandemia il nostro tes- può notare agilmente la netta differenza dell’implesuto economico e sociale sta subendo degli scosso- mentazione dei premi da parte di grandi e piccole ni non indifferenti. Il blocco dei licenziamenti e il imprese. L’opzione è utilizzata in maniera crescente prorogarsi della possibilità di utilizzo degli ammor- al crescere delle dimensioni aziendali. tizzatori sociali stanno prolungando il momento di L’indagine monitora inoltre la diffusione del welfare staticità del mercato del lavoro, ma la sensazione a livello aziendale. I risultati anche in questo caso comune è quella di una rivoluzione in atto. Si parla riferiti a inizio 2020, restituiscono una chiara confidi rivoluzione, che può essere interpretata non solo gurazione: il 71,5% delle aziende associate a Confincon un’eccezione negativa, ma anche come portatri- dustria mette a disposizione dei propri dipendenti ce di cambiamento e innovazione. non dirigenti uno o più servizi di welfare. La diffuMa partiamo con ordine: l’indagine annuale sul la- sione del welfare è più elevata nell’industria e nelle voro svolta dal Centro Studi Confindustria riferita grandi imprese, come nel caso dei premi collettivi, ai primi mesi del 2020 fornisce una fotografia di elevando la quota complessiva di lavoratori a cui un’industria che aderisce con il 68,5% dei lavoratori tali servizi sono messi a disposizione. Nel welfare ad un contratto aziendale che prevede l’erogazione aziendale l’offerta di sanità integrativa e previdenza di premi variabili collettivi. Mentre scende al 63,7% complementare va per la maggiore. Nello specifico, nei servizi. Scorporando l’aggregazione dei dati, si quasi metà delle imprese associate versa contributi

in fondi di assistenza sanitaria integrativa a favore dei propri dipendenti, principalmente in applicazione di quanto previsto dai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro. Infine, per il terzo anno consecutivo, l’indagine di Confindustria approfondisce il tema dell’organizzazione del lavoro, monitorando la diffusione di forme di lavoro agile, intendendo una modalità di rapporto di lavoro subordinato senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Sulla base della rilevazione effettuata nei primi mesi del 2020, quindi presumibilmente rappresentativa della situazione pre-emergenza sanitaria, si stima che il 16,6% delle imprese associate a Confindustria avesse già introdotto forme di smart working. La diffusione era mediamente più ampia nei servizi che nell’industria (22,2% rispetto a 12,2%). Scorporando l’indagine e analizzando i dati del solo Trentino, si stima che la quota di imprese associate a Confindustria Trento che faceva uso di smart working salga al 21,6%. Ora tiriamo avanti le lancette dell’orologio e catapultiamoci a gennaio 2021. In un anno il mondo è cambiato radicalmente, compreso il nostro modo di lavorare e di intendere il lavoro. L’emergenza sanitaria ha minato le certezze degli italiani sul lavoro e oggi ben il 43% dei lavoratori teme di perdere il posto o non si sente sicuro del proprio impiego. Secondo i dati sul mercato del lavoro nazionale, da settembre sono emersi segnali di un rallentamento nella creazione di posti di lavoro, mentre l’occupazione a tempo indeterminato è sostenuta dal solo prolungamento del blocco dei licenziamenti. Il tasso di attività è tornato a contrarsi (64,2% in novembre), contribuendo così al calo del tasso di disoccupazione al 9,2%. In questo contesto di incertezza e attesa, il concetto di rivoluzione utilizzato nel primo paragrafo prende forma. Le imprese e i lavoratori hanno dovuto adeguarsi alla situazione contingente, accelerando un fenomeno che almeno in Italia stentava ad avviarsi. Oltre che una rivoluzione tecnologica con ingenti investimenti in infrastrutture digitali, è apparsa come una vera e propria rivoluzione culturale che ha modificato per sempre il nostro modo di intendere il lavoro. Uno studio rivela che nel momento di massima asprezza della pandemia, le aziende private italiane che hanno ricorso alla smart working siano l’82,3%, mentre nella Pubblica Amministrazione i picchi di telelavoro sono stati registrati con quote fino al 95%. Le ripercussioni di questo trend, impensabile fino a qualche mese fa, sono evidenti. Rispetto a chi non ha lavorato in smart working, in media i dipendenti che hanno usufruito del lavoro agile hanno conseguito una retribuzione mensile più elevata, per effetto del maggior numero di ore lavorate, e hanno fatto meno ricorso alla cassa integrazione. Diversi studi della analisi qualitative e quantitative attestano i risultati positivi del lavoro agile, non solo dal punto di vista dei lavoratori ma anche per le aziende. Gli economisti della Banca d’Italia concordano sul fatto che lo smart working abbia contribuito a limitare le conseguenze negative dello shock connesso alla pandemia sulla domanda aggregata e sull’occupazione. Da ultimo ma non per questo meno importante, sia nel settore privato sia nel settore pubblico è emersa una forte domanda di smart working da parte delle donne, un aspetto considerato cruciale nelle analisi poiché evidenzia il potenziale di questo strumento come mezzo di conciliazione tra lavoro e cure famigliari e quindi di facilitazione della partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

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